Ricerca per Volume

PRIMA SERIE

AVVERTENZA

l. -Questo volume, V della I Serie dei Documenti Diplomatici, comprende la documentazione relativa al periodo 1° luglio 1864-15 maggio 1865, dalla fase conclusiva delle trattative per la convenzione dì settembre al trasferimento della capitale a Firenze.

2. -Il volume si basa principalmente sulla documentazione conservata nell'Archivio Storico del Ministero degli Affari Esteri nelle serie seguenti:

I -Gabinetto e Segretariato Generale:

a) registri copia-lette1·e di co1·rispondenza confidenziale; b) istruzioni per missioni all'estero (buste 19 e 20): c) corrispondenza telegrafica; d) cm·teggio confidenziale e riservato (busta 202 relativa alla questione

romana; buste 215 e 216 relative alìe relazioni segrete con l'Ungheria, i Principati Danubiani e la Polonia; busta 225 contenente corrispondenza di yari ministri; busta 232 riguardante • Affari d'Africa in genere •).

II -Divisione delle Legazioni e Divisione Consohre:

a) registri copialettere legazioni; b) registri copialettere consolati; c) mpporti degli agenti diplomatici e consolari all'estero.

3. --Numerosi documenti sono tratti da archivi privati: l'Archivio Visconti Venosta di Santena, le Carte Pepoli conservate presso l'Archivio Storico del Ministero degli Esteri, le Carte La 1'-/Iarmora, conservate presso l'Archivio di Stato di Biella, le Carte Minghetti conservate presso la Biblioteca Comunale dell'Archiginnasio di Bologna e le Carte Eredità Nigra conservate presso l'Archivio Storico del Ministero degli Esteri. Alcuni documenti sono infine tratti dalle " Copie Artom » esistenti presso la Commissione. 4. --Una parte dei documenti pubblicati, soprattutto relativi alla convenzione di settembre, erano già editi nella Gazzetta Ufficiale, negli Atti Parlamentari e nelle pubblicazioni seguenti (diamo tra parentesi le abbreviazioni usate nel testo):

Libro Verde n. 8. DoctFnenti Diplomatici presentati al Parl<>.mento dal Ministro degli Affari Esteri Presidente del Consiglio dei Ministri il 12 dicembre 1865 (LV 8);

R. MoRI, La questione 1·omana 1861-1865, Firenze, 1963 (MoRI);

H. BASTGEN, Die Romische Frage, II, Freiburg im Breisgau, 1918 (BASTGEN);

Carteggi e Bibliografia di Costantino Nigra per cura di A. CoLOMBO, L. COLLINI,

W. MATURI, E. PAsSAMONTI, N. MADAHO, Torino, 1930 (Carteggi Nigra);

A. LA MARMORA, Un po' più di luce sugli eventi politici e militari deH'anno 1866, Firenze, 1873 (LA MARMORA);

L. CHIALA, Giacomo Dina e l'opera sua nelle vicende del Risorgimento Italiano, II, Torino, 1899 (CHIALA);

A. MoNTI, Vittorio Emanuele II, Milano, 1941 (MONTI); ANoNIMO, Un po' più di luce sulla convenzione del 15 settembre 1864 in • Nuova Antologia • Serie IV, LXXX (marzo 1899), pp. 65-108 (Un po' più di luce);

Le lettere di Vittorio Emanuele II raccolte da FRANcEsco CoGNAsso, I, Torino, 1966 (Lettere Vitto1·io Emanuele II);

P. PIRRI, Pio IX e Vittorio Emanuele II dal loro carteggio privato, Roma 19441961 ( PIRRI);

M. MINGHETTI, La convenzione di settembre, Bologna, 1899 (MINGHETTI);

5. -Nel licenziare il volume desidero ringraziare il dott. Giovanni Silengo, dh-ettore dell'AIDchivio d[ Stato di Novara e il dott. Maurizio Cassetti, direttore deLl'Archivio di Stato di Ve11celli che cortesemente hanno facilitato le ricerche nell'Archivio Visconti Venosta e nelle Carte La Marmora.

RuGGERO MoscATI

Alla scelta dei documenti e alla redazione dell'app:tmto critico ha collaborato la dott. Emma Ghisalberti.


DOCUMENTI
1

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, E AI MINISTRI RESIDENTI A CARLSRUHE, OLDOINI E A FRANCOFORTE, DE BARRAL

D. (1). Torino, 1 luglio 1864.

L'avortement complet des Conférences de Londres justifie pleinement la politique de réserve et d'attente que nous avons suivie à l'égard de la question Dana-Allemande.

D'après les informations que je reçois de Londres, la politique d'abstention adoptée par le Cabinet anglais aurait toutes les chances d'etre définitivement acceptée par le Parlement, et si, contre les probabilités actuelles, les Chambres venaient à manifester des dispositions plus belliqueuses, il en résulterait la dissolution du Parlement et de nouvelles élections. La Prusse et l'Autriche ont donc le champ libre devant elles. On compte à Londres sur la promesse faite par l'Autriche au Cabinet britannique de ne pas envoyer des forces navales dans la Baltique; on s'y attend aussi à ce qu'après avoir suhni. jusqu'au bout

la Prusse dans les opérations militaires, l'Autriche fera défection à son alliée dans le règlement de la question territoriale et politique. Le ;peu de faveur que trouve à Vienne la candidature du Grand-Due d'Oldenbourg, le bon accueil que ,celle du Due d'Augustenbourg y a rencontré du moment où ce prétendant a commencé à perdre du terrain à Berlin, indiqueraient que l'entente entre les deux puissances germaniques n'est guère assurée que dans les limites de leur action militaire actuelle. C'est au reste un objet sur lequel vous voudrez bien continuer, M. ile Ministre, à porter toute votre attention.

M. le Baron de Schwelzer, chargé d'affaires du Grand-Duché de Baden auprès du Gouvernement du Roi, vient de présenter ses lettres de c~réance. Le Gouvernement du Roi, vous le savez, attache un intéret particulier aux rapports qu'inaugure avec lui l'un des Gouvernements allemands les plus éclairés. D'après ce que nous apprenons de diverses sources, le commerce allemand commencerait à sentir, et notamment en Bavière meme, l'inconvénient de rester, à l'égard de l'Italie, dans une situation aussi défavorable aux intérets matériels.

La mort du Roi de Wurtemberg ne parait pas devoir changer l'attitude de ce Royaume dans la Confédérati.on, veui.llez toutefois me renseigner à cet égard, et examiner les dispositions qui se manifesteront à Stuttgart pendant les débuts du nouveau règne.

Je vous accuse réception et je vous remercie de vos (Pour Berlin) 10,11 poildtiques, 50 et 57 confidentielles (2). J'ai communiqué à

M. le ministre de la Guerre votre n. 49 confidentielle. Il l'a agréée et m'a ré

pondu, en ce qui regarde l'établissement Krupp d'Essen, que les méthodes de fabrication en sont connues, et que si elles ne peuvent etre imitées, c'est à cause des moyeiliS de production exceptionnels dont dispose cet étabUssement, sans égal en Europe à certains égards.

(Pour Francfort) de vos 36 à 54 politiques.

(Pour Baden) de vos nn. 17, 18 rpolitiques, XVI et XVII confidentielles comme aussi de vos annexes en chiffres du 29 mai et 18 juin et de vos lettres particulières en chiffres en date de Kissingen du 25 et 28 juin.

(1) -Il dispaccio venne inviato a Berlino e Carlsruhe col n. 8 e a Francoforte col n. 9. (2) -E' edito il solo R. confidenziale 57. Cfr. Serie I, vol. IV, n. 831.
2

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (AVV, ed. in MINGHETTI, pp. 68-70)

L. P. 18. Torino, 2 luglio 1864.

Siamo ancora ingolfati alla Camera nella discussione finanziaria e politica che, se Dio vuole, finirà oggi o domani al più tardi. E così potremo ridiventare padroni de' nostri pensieri. Il Ministero del resto non dubita di avere una considerevole maggioranza.

Ho letto col ,più goc-ande interesse la Vostra ultima lettera (1) che mostrai a Minghetti e a Peruzzi. Essa conferma appieno quanto Pepoli ci ha riferito. La comunicazione di Pepoli ci parve di natura così grave, che il mio primo pensiero fu che era necessario di combinare tosto con Voi un convegno per controllare colle Vostre impressioni e colle Vostre calme apprezzazioni l'impressione di Pepoli.

Intendo bene la logica della proposta dell'Imperatore. Egli vuole che la caduta del potere temporale non sia l'immediata conseguenza del ritiro delle sue truppe; vuole che la soluzione, ottenuta d'accordo con noi, abbia l'aria di nna soluzione seria e durevole. La quistione fra noi e la Francia era tutta delle garanzie pratiche. Supponendo che, sgombra Roma dei francesi, sia impossibile al Governo italiano durare lungamente a Torino, vede nel trasporto della capitale la sola garanzia possibile.

* Se ci si dice nel modo il più positivo essere questa la sola condizione, la condizione irrevocabile dello sgombro dei francesi da Roma, i miei colleghi ed io non possiamo non accogliere in massima il progetto *.

La proposta ha, è vero, il vantaggio di non imporci alcuna essenziale concessione sul programma nazionale. Ma essa ci impone di fatto una grave crisi per il paese. Il trasporto della Capitale sarà una crisi che, date alcune condizioni, e, prima di tutto, il concorso volonteroso del Re, io confido si supererà, ma ciò non toglie che sarà una crisi gravissima. Vi assicuro che il solo pensiero è tale da colpire seriamente anche gli animi i più risoluti. Si tratta di spezzare i numerosissimi vincoli che legano il Governo a queste antiche Provincie, dove esso ha la sua tradizione, il suo centro di gravità, la sua base e i suoi migliori elementi di Governo. Per giudicare quanto sia il pericolo se l'elemento piemontese si avesse a disaffezionare dal nuovo ordine di cose, vi

basti considerare l'importanza di questo elemento, il prevalere, checché se ne dica, della sua influenza nella macchina governativa, la sua importanza nella armata, il solido cemento ch'esso offre pel nuovo edificio. Questa è la difficoltà e questo il problema.

Del resto, quando l'Imperatore non creda a nessun'altra garanzia, quando questa sia la condizione sine qua non, e quando si tratta d'ottenere che i francesi sgombrino Roma, che la qutstione Romana s'incammini, presto o tardi, a una evidente soluzione, che in Italia invece di due stranieri non ne rimanga che uno solo, è impossibile ·credo ad ogni patriota italiano rifiutare H progetto.

Del resto, a più tardi. Vi ho scritto queste righe di furia *prima di andare alla Camera, dove sono chiamato, per approfittanni d'un'occasione sicura che mi si offre per Parigi* (1).

(1) Cfr. Serie I, vol. IV, n. 832.

3

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 108/59. Londra, 2 luglio 1864 (per. il 5).

Devo oggi chiamar l'attenzione di V.E. sulla pubblicazione dal Morning Post di due lettere, l'una del Barone Werther, l'altra del Signor Bismarck che son destinate a creare una grave impressione sul mondo politico.

Ho già a varie riprese nella mia corrispondenza fatto allusione a certe carte che in modo misterioso erano venute alla conoscenza del Governo Inglese. Questi documenti son precisamente fra quelli che eran venuti a cognizione del Governo. So chi poté procurarseli. Ma come fece, lo ignoro.

Inoltre si ebbe Q.Ua una lettera delJ.'Augustenburg a un suo intimo a Londra nella quale lo informava che interrogato a Berlino se intendeva governare costituzionalmente ed avendo risposto di sì, gli fu fatto intendere che ne scapiterebbero totalmente agli occhi della Prussia i suoi diritti al Trono.

Questo confermò l'idea che si ha qua che scopo finale della nuova S. Alleanza sia l'abolizione delle Costituzioni in Prussia ed Austria. Ma esistendovi in Prussia un forte partito liberale, sarà a veder<si se il Ministro Bismarck sarà da tanto da ottenere questi suoi fini.

Intanto mi vien supposto qua che, per aver creduto il tempo opportuno per distaccarsi dalla Prussia, il Conte Appony siasi messo in contraddizione col proprio Governo. Ed in non lieve imbroglio.

Quello che v'ha di certo è che non più tardi di ieri sera l'Ambasciatore di Prussia mi disse che stessi pur sicuro che essi tenevan gli Austriaci solidamente legati alle loro fortune. Al che risposi che temevo purtroppo che l'Italia ne fosse il Trait d'union.

Mando in annesso le lettere stampate nel Post (2) pel caso cve V. E. non le avesse notate. Ed inoltre devo informarla d'averle io due giorni fa trasmesso per la posta lo stampato dei Protocolli della Conferenza di Londra.

Mi pregio poi farle noto come non mancai di comunicare a Lovd RusseH il di lei Dis!pacdo di Gabinetto n. 10 (1) circa le misure contrarie ad ogni principio di tol:leranza religiosa state prese ;recentemente a Roma contro ai RR. sudditi uniti in matrimonio con delle suddite Britanniche di religione Protestante.

Nell'accusarle parimenti ricevuta del Dispaccio del 25 scorso mese n. 11 gabin.etto... (1).

(1) -I brani fra asterischi non sono editi in MINGHETrr; la lettera è parzialmente edita anche in BASTGEN, pp. .323-324. (2) -Non si pubblicano.
4

IL GENERALE KLAPKA AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI (2)

T. Ginevra, 3 luglio 1864, ore 13,15 (per. ore 14,15).

Le Comte Osaky de :retour de Hongrie sera demain et moi après-demain à Turin. Garibaldi a répondu qu'il ne peut encore s'engager définitivement.

5

IL CONTE SCHERRTOSSZ AL GENERALE KLAPKA (3)

T. Bucarest, 3 luglio 1864.

Prince Couza effrayé et irrité pour affaire Frigessy. Je ne ferai rien sans nouvel ordre. Nous pouvons désavouer complètement Frigessy. Il importe avant tout que Fazy me télégraphie directement et les pouvoirs pour traiter de l'emprunt ce qui m'assurerait ici un bon accueil. Dans les papiers Frigessy rien de positivement compromettant pour le Gouvernement Italien et pour Klapka (4).

6

IL MINISTRO DELLA GUERRA, DELLA ROVERE, AL GENERALE LA MARMORA

(AS Biella, Carte la Marmora)

T. Torino, 4 luglio 1864, ore 15.05 (per. ore 18,20).

Per lui solo. Discussione finanziaria impedì a Minghetti scriverle. Spera scriverle domani relazioni Pepoli su disegni Garibaldi che lascerà fra poco Italia sul quale cornviene vigilare. Scriverò pur io domani.

(1) -Non pubblicato. (2) -Il telegramma fu trasmesso tramite il consolato a Ginevra. (3) -Il telegramma fu trasmesso tramite il consolato a Bucarest. (4) -La documentazione sulla politica segreta italiana nei paesi danubiano-balcanici conservata in ASME è frammentaria. Su questo argomento cfr. Politica segreta italiana (1863-1870), Torino-Roma, 1891.
7

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 648. Londra, 4 luglio 1864, ore 21 (per. ore 5 del S).

Lord Palmerston ce soir à l'ouverture de la séance a fait part à la Chambre que le Gouvernement prussien venait de désavouer la :::orrespondance publiée par le lVforning Posi. Lord Palmerston n'a pas dit un mot de son opinion personnelle et il l'a fait avec intention.

8

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

'T. 649. Costantinopoli, 4 luglio 1864, ore 22 (per. ore 23,55 del S).

Aali pacha que je viens de voir, conteste vivement notre droit d'intervenir à la conférence de SY'rie soutenant qu'hl compète seulement aux cinq puissances qui ont des engagements antérieurs au traité de Paris avec la Turquie. J'ai combattu avec les al'guments de la dépeche de V.E. du 22 juin (1), Aali pacha a répondu qu'il en aurait conféré avec ses collègues et que du reste on ne tiendra pour le noment des conférences pour les affaires de Syrie (2). Ambassadeur de France étant à la campagne je lui ai écrit en attendant particulièrement. L'ambassadeur d'Angleterre n'a pas encore reçu instruction, le ministre de Prusse non plus.

9

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 109/60. Londra, 4 luglio 1864 (per. il 7 ).

Seguita la pubblicazione per paxte del Morning Post dei documenti spettanti la triplice alleanza delle Corti del Nord. In questi, come nei due primi dispacci mandati avant'ieri, V.E. troverà fatta menzione della quistione Italiana, dicendo il Signor Bismarck nella sua lettera al Conte Bernstorff del l" Marzo,

-Documenti diplomutici -Serie I -Vol. V

che la Prussia ha offerto il suo appoggiò all'Austria, la quale ne mostrò la sua riconoscenza, benché non credesse imminente una guerra !n Italia. Naturalmenteha a nascere fiera guerra fra il sì ed il nò ed abbondanza di denegazioni. Ad uno dei miei coHeghi Tedeschi che mi diceva ieri con aria di trionfo avere il Conte Bernstorff ricevuto per telegrafo le più ampie facoltà di denegazione, risposi che non servirebbero a molto, poiché era evidente che se veri i documenti si negherebbero, se falsi pure. Ma anche per un altro verso rimane sterile per ora questa discussione, poiché veri o falsi, il Governo qua per ora vi crede. E Lord Palmerston me lo confermò avanti ieri sera al suo ricevimento. Accadde anzi in quella circostanza che il Conte Bernstorff incontratosi col direttore del Morning Post, e domandatolo se prestasse fede a quei documenti, ed avutane ri1sposta affermativa, egli con collera proruppe nell'espressione seguente, che almeno presenta il merito della chiarezza se non dell'urbanità:

• It is a most abominable lie • (È un'abominevole menzogna). Anzi !asciatolo stupefatto ed ammutolito passò presso Lady Palmerston, che appunto discorreva con me, e gli raccontò testualmente questa scena; quindi parti.

Ma prima di decidere contro alla verità di questi scritti, conviene vedere se quanto essi contengono, non concordi colle informazioni pervenutesi successivamente. E mi pare che questo modo di prova sia totalmente in loro favore, poiché se apocrifi, si direbbe che sono stati modellati, avendo sott'occhio la cronaca confidenziale contemporanea. Voglio dire che in essi si parla dei tentativi dell'Inghilterra per neutralizzare l'azione della Russia a favore delle Potenze Tedesche, di cui nella mia corrispondenza, avevo informato V.E. dietro ad osservazioni fattemi dall'Ambasciatore di Francia. Si parla dell'oggetto della missione Manteuffel e del suo buon esito. Si parla di trattative per gruranzie in Italia, per combinazioni relative alla Polonia, per l'occupazione del Yutland, ed il modo di colorirla.

Parecchi dubitano dell'opportunità di questa pubblicazione. Sentii anzi il direttore del Post a dire che con molte diffkoltà egli aveva ottenuto da chi aveva queste carte, la permissione di pubblicarle, temendosi che questa pubblicità non ne esaurisse la sorgente. Comunque sia la verità finirà per apparire; ed intanto non saranno un male per tutti.

(1) -Non pubblicato. (2) -Su questo colloquio con Alì Pascià cfr. anche il R. confidenziale 9 del 6 luglio, non pubblicato.
10

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

T. 247. Torino, 5 luglio 1864, ore 16.

Les renseignements de Londres et de Paris laissent entrevoir que la correspondance prussienne publiée par le Morning Post, tout en n'étant pas textuellement authentique contient au fond la vérité sur la situation politique. Je tiens beaucoup à avoir votre jugement personnel là-dessus et à connaitre les déclarations du Cabinet prussien.

11

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AI MINISTRI A LONDRA, D'AZEGLIO, E A PARIGI, NIGRA

'T. (1). Torino, 5 luglio 1864, ore 16.

Tàchez de savoir de lord Palmerston (du Gouvernement français) ce qu'il pense réellement de la coalition du Nord annoncée par le 1\llorning Post et surtout si la Prusse et la Russie ont garanti à l'Autriche ses possessions italiennes.

12

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 654. Costantinopoli, 5 luglio 1864, ore 13,50 (per. ore 9,10 del 7).

L'ambassadeur de France vient de me dire que ses instructions sont limitées à aider l'admission du représentant italien à la conférence pour les affaires de Syrie, qu'il connait la vive opposition d'Aali pacha et du baron de Prokesch pour vaincre laquelle il faudrait un accord formel de la majorité des puissances garantes et m'a assuré que la conférence, contrairement assertion Aali pacha, se tiendra dans 8 jours au plus tòt, et que meme en cas d'une entente en dehors ..de la conférence, nous devrions y prendre iPart.

13

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL GENERALE LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in Un po' più di luce, pp. 90-91) (2)

:L. P. Bologna, 6 luglio 1864.

La lunga ed accanita discussione che ha avuto <luogo in PaTlamento, e che nonostante le tre opposizioni di sinistra, di destra, e di centro-sinistra, si è conchiusa iersera con un voto di fiducia al ministero, vi avrà spiegato il mio lungo silenzio. Veramente tra gli affari correnti, e la Camera, io non ebbi mai un minuto di libertà, ed era così stanco che sono corso a casa mia a prender fiato per ventiquattr'ore. Domani però conto tornare a Torino.

Prima di tutto mi rallegro di nuovo che la vostra salute sia ristabilita. Un momento abbiamo temuto che fosse una malattia, ma fortunatamente nel suo nascere fu troncata, e spero che ora vi sentite al tutto bene come prima.

Pepoli vide l'Imperatore a Fontainebleau lungamente, e lo ha visto poi Nigra il quale conferma di tutto punto l'asserto di Pepoli. Furono conversazioni senza conclusione definita, ma il risultato n'è questo. L'Imperatore non vede altro possibile componimento se non se uno che si fondi sul progetto Cavour, cioè a dire sgombro dei Francesi, impegno dell'Italia di non attaccare e di non permettere che si attacchi il territorio pontificio. Tutte le altre soluzioni, tutti gli altri mezzi termini esso li va scartando or per una or per altra ragione. Ma quella stessa soluzione ch'egli vede possibile ha però una difficoltà ed è la seguente che io vi riferisco colle parole testuali • Dans la pensée de l'Empereur il faut que le traité signé entre la France et l'Italie sur la question romaine ait un .caractère sérieux, et ne laisse pas planer des soupçons sur la loyauté des parties contractantes. Il faut empecher à tout prix que les catholiques et surtout les catholiques de France puissent accuser le Gouvernement Français d'avoir adopté un faux-fuyant pour livrer la Papauté à ses ennemis, n'osant pas la leur livrer ouvertement. Cette solution aurait alors tous les inconvénients d'une solution radicale sans en avoir la grandeur et les avantages. Il faut donc imprimer un •caractère sérieux au traité qui en !l'elève l'autorité. Il faut chel'lcher par quels actes on peut en assurer le succès moral. C'est ce coté de la question que S.M. se reserve d'examiner sans écarter cependant la possibilité d'accepter le projet ».

Certamente lo sgombro dei francesi dal territorio italiano è un risultato grandissimo, il quale merita bene che noi facciamo ogni sforzo ed ogni sacrifizio compatibile coi nostri principii. Ma la soluzione del problema è difficile, e le guarentigie che l'Imperatore va cercando per dare al trattato un carattere di serietà e lealtà, vogliono essere studiate accuratamente. Ma siccome io spero che voi presto sarete a Torino così mi riservo di parlarvene a lungo allora: ciò che mi premeva di assicurarvi è che non è perduta la speranza di un componimento, mentre d'altra parte nulla può dirsi de:finito.

Cosa farà Garibaldi? Regna un gran mistero intorno alle sue deliberazioni. Garibaldi a quanto mi si a1ssicura ha tre impegni scritti di suo pugno: uno con Mazzini che se il Veneto insorge, egli andrà colà ad appoggiare l'insurrezione; uno coi Romani ai quali ha detto che il suo destino è di morire di una palla francese sotto le mura della città eterna. Uno finalmente cogli Ungheresi e coi cospiratori danubiani di mettersi a capo delle rivoluzioni orientali. La ultima volta che Sutherland fu qui mi assicurò di aver trovato Garibaldi in spiriti temperati, e non credo Sutherland uomo abile né capace di condurre intrighi. È un buon diavolo, ma di mente corta; bensì potrebbe esere inconscio strumento di altri. Ad ogni modo Sutherland credeva che tornasse a Caprera: io nol credo. Ora Mazzini soffia a più non posso nel Veneto, ma noi siamo convinti che non riuscirà a far nulla. Per cui il dubbio più fondato sta o che si volga sul littorale pontificio, ovvero in Oriente. A questa ultima parte ha altre spinte che voi facilmente immaginate, essendovi state recenti comunicazioni fra Ischia e il luogo che supponete. Per buona ventura non ne sono ignaro, e la stessa persona non me le negò, ma soggiunse essere utile che· Garibaldi si allontani dall'Italia, e cerchi altrove ventura e complicazioni che potrebbero tornare a nostra utilità. Sembra che la sua'dimora a Ischia sarà ancor breve: se di là con bandiera italiana vuole andare ad attaccare o i francesi, o gli austriaci, mi par chiaro che noi dobbiamo ad ogni costo impedirlo, e agire con tutto il rigore.

Di un terzo argomento pur grave dovrò intrattenervi al vostro arrivo, ed è la situazione interna. Dopo la legge di perequazione non si può dissimulare che è rimasto nei deputati delle antiche province un lievito di rancore contro di noi. Dico nei deputati più che nel paese, il quale ciò che vuo,le è un pronto ed equo subriparto interno; ma del contingente generale riconosce la giustizia. Queste irritazioni sono naturali, e non potevano mancare: ma a mio giudizio bisogna finirle. Tanto più che il partito dell'ordine ha qui i suoi più fermi difensori. Questo sentimento della necessità d'intendersi è comune anche a Peruzzi ed agli altri miei colleghi. E crediate pure che sebbene abbiamo avuto una Yittoria superiore a quella che noi stessi credevamo, pure non disconosciamo punto le necessità della situazione, e desideriamo provvedervi. Ma questo è un argomento del quale preferisco intrattenervi a voce.

Mi resta dunque il desiderio di vedervi il più presto, e la preghiera di farlo che coincide colle vostre intenzioni già da tempo annunziate. La sola difficoltà sarebbe la presenza di Garibaldi in codesti contorni. alla quale si contrappone la vostra grande autorità. Ora voi giudicherete se l'allontanarvi possa portare un pericolo, nel qual caso io non ho che ringraziarvi di rimanere: ben rsapendo e contando sul vostro patriottismo. Ma appena crediate di poter venire a Torino, fatelo perché vi siete molto desiderato, c qui ancora potrete far moltissimo bene.

Scusate la fretta di questa lettera...

(1) -Il telegramma venne inviato a Londra col n. 248 e a Parigi col n. 249. (2) -Parzialmente edito anche in MINGHETTI, pp. 49-50 e in BASTGEN, pp. 318..319.
14

L'AGENTE DIPLOMATICO E CONSOLE GENERALE A TUNISI, GAMBAROTTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE S. N. Tunisi, 6 luglio 1864 (per. l'11).

lVIi giunsero contemporaneamente il Dispaccio Confidenziale N. 5 (Gabinetto) ch'ella mi ha fatto l'onore d'indirizzarmi il 22 dello scorso Giugno (1)" ed il Dispaccio Circolare in data 17 dello stesso mese (2).

Ringrazio l'E. V. dell'approvazione che si degnò esprimermi per la riserva tenuta fin ora da me e dall'Ammiraglio Conte Albini, nonché delle spiegazioni favoritemi sulle dichiarazioni in risposta alle interpellanze del Deputato Mordini. Siamo lieti ambedue di aver ben compresa la politica del Governo del Re nella questione di Tunisi, ed io posso accertare l'E. V. che, esistendo perfetto accordo

c2) Non pubblicato

fra noi su tutti i punti, la nostra condotta, modellata sulle istruzioni e sugli ordini ricevuti, tenderà sempre a viemmeglio consolidare l'influenza dell'Italia in questo paese, ed a proteggere e garantire in qualunque evento la vita e gl'interessi de' nostri connazionali.

La notizia del richiamo probabile del Signor De Beauval era giunta anche in Tunisi, accreditata da una nota inserita in capo alla prima colonna del Moniteur nella quale si annunziava l'arrivo del Signor Roches al Giappone e la partenza di colà del Signor Duchène de Bellecour, nominato molto prima d'ora Agente e Console Generale di Francia in Tunisi. Il Signor De Beauval mi parlò egli stesso il primo di quella nota, ed io mi limitai a rispondergli essere mia opinione che la stessa fu inserita nel Moniteu1· per annunziare puramente e semplicemente l'arrivo del Signor Roches e la partenza del Signor Duchéne de Bellecour.

In Tunisi da circa dieci giorni corre anche la voce di prossimo richiamo del Console Generale Inglese e della sua nuova destinazione ad Alessandria. Il Signor Wood stesso non smentisce questa notizia e parla piuttosto favorevolmente e con compiacenza del clima dell'Egitto.

Io porto opinione che la pronta partenza dei Signori De Beauval e Wood, faciliterebbe in certo modo il ristabilimento della tranquillità nella Tunisia, perché sono quasi ormai interamente persuaso che ambidue hanno rapporti diretti con Capi di diverse tribù nell'interno, e che ambidue agiscono ed agitano il paese in senso opposto. Sono poi nel tempo stesso d'avviso che qualunque cambiamento di persone non farà cessare l'antagonismo della politica francese ed inglese, che si disputa la prevalenza nella Tunisia per fini che ora nasconde colle dichiarazioni di voler conservare la dinastia regnante, ma che paleserà senza dubbio il giorno lin •CUi verrà seriamente sul tappeto [a questione d'Oriente.

Mi duole assai che i miei sforzi per mettere in qualche accordo questi due miei colleghi di Francia e d'Inghilterra non siano riusciti che a ravvicinarli per poco materialmente. Il Signor Wood fece una visita al Signor De Beauval, questi la restituì quattro giorni dopo, ma si separarono poi portando seco le stesse rispettive convinzioni e le stesse diffidenze.

Lo stato politico della Reggenza si riassume presentemente nei fatti seguenti: l" Impotenza morale e materiale delle autorltà in tutti i paesi della costa ove gli oppositori al Governo comandano, rifiutano il pagamento delle imposte sebbene ridotte al tasso anteriore alla rivoluzione, e defraudano i diritti d'esportazione vendendo mercanzie portate a bordo ed aumentandone il prezzo coll'ammontare dei diritti medesimi; 2'' attitudine sempre ostile degli Arabi e dei Beduini dell'interno i quali vogliono la caduta del Kasnadar, la resa dei conti ed un intero cambiamento d'amministrazione; 3" Insipienza fatale e lentezza colpevole degli uomini del Bardo che in due mesi riuscirono appena a radunare un piccolo nucleo di truppe, (un campo di circa 2000 uomini in tutto, composto di elementi i più eterogenei), e vivono della sola speranza che presto

o tardi le tribù vengano alle mani tra loro, per quindi vincerle facilmente.

Le finanze poi presentano un vuoto spaventevole. Il Governo deve si può dire a tutti i negozianti, nonché a quasi tutti i venditori al dettaglio, ed ha poi anche un debito all'estero di circa quaranta milioni di franchi. Il Kasnadar chiese nella scorsa settimana m:;zzo milione di piastre alla piazza offreudo la

sua firma come Ministro e come privato, ma non trovò credito neppure per un

soldo. Ieri finalmente per far denari ad ogni costo, vendé cento mila metalli

d'olio sul raccolto futuro a piastre sedici e mezza, mentre il prezzo corrente

è di piastre ventiquattro ciaschedun metallo, ed incassò in tal modo un millione

e sei cento cinquanta mila piastre, eguali a poco più d'un millione di franchi.

Il Bey stesso ha non pochi debiti sulla piazza i quali non paga da molto tempo

per l'ingordigia de' suoi spenditori, tutte creature del Kasnadar.

Or dunque questo povero Bey e questo disgraziato paese non possono

sfuggire al seguente dilemma: o il campo viene ingrossato da molti partigiani

del Governo attuale e da adesioni sincere e risolute di molte tribù dell'interno,

ed allora è probabile che la calma 'Si r.i:stabntsca a rpoco a poco e con essa i'autorità

del Bey; o il campo incontra invece, cosa più probabile, popolazioni ostili,

ed è distrutto, oppure, come è anche probabilissimo, incontra popolazioni indif

ferenti ed in attitudine passiva, che lo lascino passare, e che quindi rifiutino,

come presentemente, il pagamento di qualunque imposta, in tal caso non rimane

al Bey altra via di salvezza che quella di chiamare in suo soccorso l'intervento

estero.

In previsione di tale eventualità io aveva chiesto al Kasnadar a quale partito si appiglierebbe il Governo Tunisino in caso estremo, e ne ebbi in risposta le parole riferite nel precedente mio rapporto confidenziale, parole cui l'E. V. non credette di dare un valore assoluto, perché probabilmente pronunciate anche nei colloquii del Bey con altri Consoli. Dopo ricevuto il Dispaceio cui rispondo io ebbi un nuovo colloquio così col Bey come col Kasnadar sull'argomento medesimo, e sono ora in grado di assicurare l'E. V. nel moda il più formale e più positivo che nel caso estremo Sua Altezza chiederà soccorso alla Francia, all'Inghilterra ed all'Italia contemporaneamente, affinché s'intendano tra esse sul modo di ricondurre l'ordine nella Reggenza ed il rispetto verso la sua autorità. Al momento di congedarmi, il Bey accostassi vivamente a me e prendendo le mie nelle sue mani mi disse con visibile emozione: • Tu sai che per non destare nuovi sospetti e nuove rivalità, io non posso chiedere l'ajuto di una sola delle tre potenze, ma ti autorizzo a farr conoscerre al Re Vittorio Emanuele ed al suo Governo che le mie simpatie sono per l'Italia il cui intervento isolato combinato a Parigi ed a Londra terrebbe lontano il mio Paese dal pericolo di cadere in ScHla volendo evitare Cariddi (sic); per l'Italia che mi diede recenti prove di vera e leale amicizia '.

Posso inoltre accertare l'E. V. che il Signor De Beauval interpellò prima di me il Bey sulle sue determinazioni in caso estremo, ma che Sua Altezza rispose evasivamente non poter ancora dire in modo positivo qual partito sarà per prendere nel caso suindicato. Il Signor Wood nei suoi colloqui col Bey non portò mai finora la conversazione su tale argomento.

I Consoli Generali di Olanda, di Spagna e di Svezia e Norvegia, (il primo rappresentante anche la Russia, e quest'ultimo anche la Prussia), credettera bene di lasciare il loro posto nelle presenti difficili contingenze, per cui rimangono in Tunisi soltanto i Consoli d'Austria, di Francia, d'Inghilterra e d'Italia, non contando i Consolati del Belgio e di Danimarca il cui titolare è l'Agente francese residente alla Goletta. Così il Signor De Beauval come il Signor Wood sono meco d'avviso che avendo il Governo Tunisino voluto tentare l'esperimento del campo, la nostra condotta, al punto che sono le cose, dovrà ùipeHdere dalla riuscita del medesimo. Siamo poi anche perfettamente d'accordo sulla necessità e sulla convenienza di proteggere e difendere la persona del Bey in ogni qualunque peggiore ipotesi.

Nei primi giorni della rivoluzione due o tre carovane provenienti dal Chef avendo dovuto traversare le tribù degli insorti comandati dal nuovo Bey, questi diede ordine che fossero rispettate le mercanzie ed il denaro appartenenti agli europei, ed infatti le carovane stesse giunsero in Tunisia alleggerite soltanto di tutto ciò che era diretto ai cittadini di Tunisi ed agli uomini del Bardo. Questo fatto non si è più verificato posteriormente per la buona ragione che nessuna carovana è più partita né dal Chef né da altro punto alla volta di Tunisi. A ciò devo aggiungere che le proprietà degli Europei furono fin ora rispettate dai rivoltosi di Susa e di Sfax, ma che quelli di Nebel nulla rispettarono, letteralmente nulla.

Io credo infine che i Ministri di Turchia e d'Inghilterra abbiano ragione di affermare che il fanatismo religioso contro gli Europei non è uno dei moventi dell'insurrezione. Devo però fare conoscere all'E. V. che dopo l'arrivo del Commissario della Porta, non pochi europei furono pubblicamente insultati così a Tunisi come a Susa, Sfax ed altrove con minacce accompagnate da bestemmie contro la religione cristiana ed israelitica, e che in Tunisi stesso un maltese ricevette ultimamente nove colpi di pugnale da un moro il quale offriva ciaschedun colpo vibrato al Dio di Maometto. Il Console Inglese non ha chiesto soddisfazione per evitare mali maggiori, e fu generalmente approvato, ma non è perciò men vero che quel fanatico agi o per convinzione propria, oppure eseguì una coE<missione d::<tagli per m~o scopo facile ad indovinarsi. Intanto il Maltese che ebbe il polmone traforato vive tuttora, ed il moro, riclamato dai suoi commilitoni, dovette essere messo in libertà. Questa sola circostanza basta per dare un'idea dell'impotenza assoluta del Governo (1).

(1) Cfr. Serie I, vol. IV, n. 817

15

IL MIN1STRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 110/61. Londra, 6 luglio 1864 (per. il 9).

Siccome V.E. avrà potuto interpretare dal mio Telegramma di Lunedì (2), Lord Palmerston non esprimendo la sua opinione riguardo alle Carte pubblicate dal Morning Post ne ammetteva l'autenticità.

Questo del resto scrissi a V.E. nel mio Dispaccio del medesimo giorno (3).

Intanto credo, per render più completo lo stato delle cose attualmente, dover dire che esiste da per tutto un dubbio che nei più propende pel sì. l\'[a nessuno può dire ancora con certezza nulla di preciso.

Kon si sa come queste Carte sian state sottratte. Si osserva nella loro redazione un'assenza di certe forme ed elocuzione non propria delle Cancellerie Tedesche.

Ma so inoltre che nell'Ambasciata Austriaca si riconosce bensì che quel giorno in cui citasi un Dispaccio di Lord Palmerston parlando di una conversazione col Conte Appony, andò di fatto quest'ultimo dal Primo Ministro.

Del resto le Legazioni di Svezia e Danimarca ebbero cognizione di queste carte un mese fa. E le ·comunicarono a Lord Russell il quale le credette apocrife. Ora, mi si assicura, abbia cambiato idea. Lord Clarendon disse a un amico che queste Carte se non erano vere almeno dicevan la verità at a hair'.~ breadth (la misura di un capello).

E Lord Strattford de Redcldffe il quale le crede vere mi disse ieri averle avute per le mani un mese e mezzo fa. Questo dirò soltanto riguardo alle asserzioni di coloro che le pretendono rubate a Kissingen.

Del resto l'Ambasciatore di Francia, al quale ne domandai ieri sera, parve dubitarne. E ad ogni modo mi disse contrariamente a quanto mi si era assicurato qua che Drouyn de Lhuys gli avea scritto crederle false.

Ma quello che mi ripeté e che qua si crede generalmente è che la guarentigia per le Provincie Venete fu bensì richiesta dall'Austria, ma non ottenuta.

Lord Palmerston sta molto occupato riguardo al voto di doman l'altro.

Difficilmente potrei vederlo. Ma appena se ne presenterà l'occasione lo interrogherò. O anche meglio lo farò interrogare in modo da non semplicemente averne una risposta Diplomatica.

P. S. Da quanto mi venne fatto di scoprire or ora la prima sorgente di queste corrispondenze par venuta da certi rifugiati polacchi che per mezzo di loro affiliati le ebbero da Berlino e le comunicarono a varie Legazioni estere e quindi a qualcuno che avvicina Lord Palmerston.

(1) Sulla questione tunisina nel 1864 cfr. M. GABRIELE, G. Farz, La Flotta come st1·umcnto di politica nei primi decenni dello stato unitario italiano, Roma, 1973, pp. 115-145.

(2) -Cfr. n. 7. (3) -Cfr. n. 9.
16

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. RR. Parigi, 6 luglio 1864.

Vi sono cose che non posso scrivervi per la posta, e tali sono quelle che vi mando con questa lettera, della quale affido il recapito all'egregio Fortis.

Appena il telegrafo portò il sunto dei dispacci pubblicati dal Morning Post, dubitai che questi documenti fossero stati fabbricati qui, quando poi lessi i dispacci stessi, il mio dubbio si convertì in quasi certezza. Alcune delle frasi contenute in essi mi erano state testualmente ripetute a Fontainebleau. Ho quindi tutta ragione di credere che i dispacci furono confezionati da Mocquard sui dati contenuti nella corrispondenza della diplomazia francese. Del resto anche qui può applicarsi la massima is fecit cui prodest. Lo scopo di questa

pubblicazione è evidente. Sconcertare i maneggi delle tre Potenze settentrio

nali; atterrire 'l'Inghilterra; dimostrare la n&essità d'un accordo tra le Potenze

occidentali; mettere sull'avviso le piccole Potenze Germaniche e tentar di sepa

rarle dalle due grandi Potenze tedesche; segnalare al mondo intiero concetti

e tendenze riprovate dalla pubblica opinione etc. etc. L'impressione qui fu

profonda. Si crede generalmente che il fondo dei dispacci è probabile. In

quanto al Governo francese, esso sa benissimo, cred'io, che finora nessun

trattato fu firmato, ma teme che si venga ad un accordo. La convinzione del

l'Imperatore si è che, se la Venezia fosse minacciata od attaccata, la Prussia,

anche senza impegno scritto, sarebbe forzata in questo momento ad ajutare,

direttamente od indirettamente l'Austria. Intanto è per me evidente che qui si

tenta un riavvicinamento coll'Inghilterra. Ma sventuratamente il terreno danese

non è propizio ad un tal fatto. Ripugna all'Imperatore il far la guerra all'Alle

magna contro il principio di nazionalità da questa invocato; e d'altra parte

ripugna all'Inghilterra, e più al Partito Tory che al Whig, e soprattutto poi

alla Regina il far la guerra all'Austria. Cionondimeno il risultato di tutto ciò

sarà, a mio avviso: l o che le tre Potenze del Nord si limiteranno ad un accordo

verbale difenJSivo; 2" che un riavvicinamento, H quale non andrà fino ad una

alleanza di guerra, si verrà operando fra la Francia e l'Inghilterra (1).

Ho pregato la Principessa Matilde di scrivere alla Regina d'Olanda pel

riconoscimento del Wiirtemberg, ossia per meglio dire, per tastare le disposi

zioni del nuovo Re a questo soggetto. Promisemi di farlo. Vi scriverò a suo

tempo quello che la Principessa Matilde avrà ricevuto da sua cugina. Quanto

alla Sassonia, non ho potuto parlarne all'Imperatore, perché, essendo egli a

Fontainebleau, non ebbi più occasione di vederlo. Ne dirò un motto domani

a Drouyn de Lhuys. Ma non credo che sia questa la buona via. La Duchessa

di Genova, meglio d'ogni altro, può convenevolmente tastare il terreno. Tutto

ciò che vien da Parigi, giunge sospetto all'Allemagna.

P. S. Ricevo il telegramma (2) che annunzia la vittoria del Ministero. Non ne dubitavo. M'affretto a mandarvi i miei complimenti.

• Dal momento soprattutto in cui la conferenza andò a vuoto sono andato predicando a tutti indistintamente la necessità anche senza per questo prendere in considerazione casi di guerra, almeno di metter da banda i rancori e le diffidenze, e combinarci in idee d'unione colla Francia, l'Italia e l'Inghilterra onde in ogni caso far fronte alle coalizioni del Nord.

Ma anche oggi ho dovuto convincermi che per nulla gli animi si son mutati e il fascio del Nord, se realmente si unisce, ci troverà sempre ugualmente disposti a tirar ciascuno dal canto nostro.

Ne parlai coll'Ambasciatore di Francia, col quale andiamo perfettamente d'accordo. Fortuna, che cosi reciprocamente ci potremn aiutare. Ma ieri ancora egli mi citava una lettera confidenziale che aveva ricevuto da Pal"igi e in cui gli si mostrava una certa tendenza a agire d'accordo. Ma gli si diceva che ad ogni modo, trovasse modo di scoprire quale realmente fosse la politica dell'Inghilterra. Poiché finora vacillazioni e concessioni dimostravano l'assenza di un piano stabilito. Sette o otto volte mi parlaste dell'invio della flotta, diceva La Tour d'Auvergne a Lord Russell l'altro giorno. E con che risultato lo vediamo.

Se la Francia parla di pace, si sospetta che intenda guerra. Se propone guerra, le si attribuiscono progetti d'ingrandimento a danno dell'Inghilterra. A Parigi l'Imperatore non vuol andare avanti se non vede l'Inghilterra impegnata, onde poi essa, se lui si trova negli imbrogli, non diventi arbitra della situazione.

A Londra si applica il medesimo ragionamento alla Francia.

Qui si dice esser evidente la volontà d'aver le Provincie renane. E s'aggiunge, prendetele se potete ma non domandateci dichiarazioni o assistenza. L'Imperatore risponde, quando anche foste sinceri ora promettendomi neutralità, può accadere che l'opinione pubblica, dopo i primi eventi militari, muti, ed allora mi troverò sulle braccia non solo 50 milioni di tedeschi ma anche l'animosità britannica •·

(1) Si pubblica qui un brano di una l. p. di D'Azeglio a Minghetti del 1° luglio (AVV):

(2) T. 251 del 5 luglio, non pubblicato.

17

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

T. 255. Torino, 7 luglio 1864, ore .l7,30.

Greppi mande que Bulwer n'a pas encore reçu des instructions relatives à notre admission à la conférence pour le Liban. AaU pacha :poussé rpar l'Autriche s'oppose à notre intervention dans les affaires de Syrie. Demandez à lord Russell si le moment est bien choisi pour nous saorifier encore une fois à l'Autriche.

18

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

T. 255. Torino, 7 Luglio 1864, ore 17,30.

Après votre appréciation de la politique prussienne croyez-vous convenable encore la souscription du protocole? (1).

19

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 60. Berlino, 7 Zuglio 1864 (per. l'(1).

Le Cabinet de Berlin n'est pas à Berlin; mais à Carlsbad. C'est de là que

M. de Bismarck expédie lui~meme toutes les affaiTes se rattachant à la haute politique. Le 15 Juillet il se rendra avec le Roi directement à Gastein, pour quelques semaines. Ce sera eneore une période pendant Iaquelle il nous sera très difficile d'etre renseignés sur la situation. Aussi la plupart de mes collègues ont déjà pris ou se disposent à prendre des congés.

Cependant j'ai jugé à propos de me ménager un entretien avec le secrétaire général, sous le prétexte de lui demander où en étaient nos négociations commerciales.

La conversation ne pouvait manquer de s'engager sur les récentes communications du Morning Post.

M. de Thiele m'a cité les démentis formels transmis à Londres et à Paris sur la première série de ces documents. C'est une infame fausseté. C'est une pure invention. C'est une honteuse spéculation de gens intéressés à semer la discorde. Il a également opposé un démenti à la seconde série des publicatìons

de ce meme journal. Il émettait l'espoir que je ne me préoccupais nullement de cet incident.

J'ai répondu qu'heureusement l'Italie était en mesure de pourvoir ellememe à sa sécurité, si jamais elle devenait l'objet de quelque menace étrangère. Que je m'inquiétais plutòt des dangers que courait la Prusse par l'effet de circonstances qui la poussaient dans une voie que ses adversaires pourraient faire tourner à piège. Le désintéressement apparent de l'Autriche et de la Russie n'auraient-ils pas pour but, en gagnant sa confiance, de l'amener par une pente insensible à contracter des engagemens contraires à ses véritables intérèts et à ceux de l'Allemagne? Le Cabinet de Berlin devait me rendre la justice que mon langage n'avait jamais varié. Dès le début de son alliance avec l'Autriche, j'avais cherché à le mettre en garde. Je voulais prévenir que l'Italic et la Prusse, 'SÌ bien faites pour s'entendre, ne se rencontrassent pas dar.s des camps opposés. Vis-à-vis de mon Gouvernement je n'ai pas été moins explicite, et, aujourd'hui encore, je maintiens l'opinion si souvent émise de tendances à une entente entre les trois Cours du Nord, ;provenant non du fait de la Frusse, mais qui sont exploitées à St. Pétersbourg et à Vienne surtout.

J'ajoutais pleinement foi aux dénégations officielles de M. de Bismarck sur les prétendues révélations du Morning Post, mais je ne restais pas moins d'avis que ces dépeches, malgré leur caractère apocryphe, contenaient certains aperçus, signatura temporis, exacts sur la situation.

lVI. de Thiele combattait mon raisonnement: • Les conférences de Londres ont à elles seules fourni la meilleure preuve d'une absence d'accord avec la Russie dont le Plénipotentiaire ne se rangeai.t pas du coté de l'Allemagne. Nous avons nié l'existence d'une convention pour la Pologne. Quant à l'Autriche,

M. de Bismal'Ck vous a déjà dit: "si elle veut nous suivre jusqu'au bout, nous la mènerons loin". En d'autres termes, nous ne sommes pas les séduits, mais les séducteurs. Si les relations étaient aussi intimes qu'on se plait à les représenter, nous ne nous disputerions pas sur le terrain commercial, nous ne serions pas à la veille de signer des arrangemens avec l'Italie ».

Ayant cité à mon interlocuteur la lettre confidentielle qui, à la date du Ier Mars, aurait été écrite par le Général de Manteuffel, alors en mission à Vienne, il m'a répondu qu'il ne pouvait que s'en référer aux explications qu'il avait déjà été chargé de me donner à ce sujet d'une coopération de la Prusse dans le cas d'une attaque contre l'Autriche. (voir mon rapport confidentiel N" 34 du 8 Avril dernier) (1).

Je n'ai pas voulu pousser plus loin mes investigations au Ministère des Affaires Etrangères. Je me suis rendu chez mon collègue de France. Comme nous, il était assez d'avis que la correspondance publiée à Londres, tout en n'étant pas authentique, contenait, au moins pour ce qui concernait la seconde série des documents, des vérités sur la situation. Il y retrouvait mème, quelque tronquées qu'elles fussent, des appréciations qui se rapprochaient, entre autres sur la Pologne, du langage que lui avait tenu M. de Bismarck. Quant à la coalition si elle était déjà ébauchée, cela tenait à des fautes commises de part et d'autre. Ainsi la Russie a eu grandement tort de maltraiter ses sujets Polo

nais. Mais compter sur l'Angleterre et sur l'Autriche pour soutenir leur cause, e'était aller au devant d'un mécompte, comme l'a démontré l'expérience. Après cette malheureuse campagne diplomatique, il eùt fallu s'appliquer, sans s'écarter de la dignité voulue, à dissiper progressivement la mauvaise impression à St. Pétersbourg. Tandis que la Russie lailsse son Ambassadeur à Paris, le Due de Montebello est absent de son poste depuis plus d'une année. Ce seui fait n'était-il pas de nature à provoquer des caprices d'humeur, des sentimens de défiance? Rien de plus nature! que l'Empereur Alexandre, croyant ne plus pouvoir compter sur l'alliance Française, cherche un contrepoids à Vienne et à Berlin. Cette attitude de la part du Cabinet des Tuileries était explicable sous le règne de Louis-Philippe, en rprésence du mauvais vouloir, de:s procédés dédaigneux de l'Empereur Nicolas. Mais, depuis la guerre de Crimée, son successeur avait tendu ila main à la France, il n'eut dépendu que d'elle de maintenir ces bonnes relations en ménageant davantage l'amour propre de son alliée. Et c'est précisément au moment où il serait le plus important d'etre instruit à fond sur I'attitude de ,ce Gouvernement qu'H lui manque un organe assez autorisé à St. Pétersbourg, pour des interpellations catégoriques. Le Baron de Talleyrand voyait au reste un grave inconvénient dans le fait des publications du Morning Post. Elles impressionnent vivement l'opinion publique en France, et preteront un nouvel élan à ceux qui voudraient pousser l'Empereur à tirer le canon, lors meme que les conjonctures actuelleis ne comportent

pas une attitude belliqueuse. Il serait temps d'en finir avec les tiraillements entre les Puissances oocidentales, et de rétablir sur un bon ;pied les relations avec la Russie. A cette condition seulement la France pourrait compter sur la Prusse. Pour le moment il serait imprudent de trop s'y fier, malgré ses protestations amicales. Et cependant, toujours au dire de M. de Talleyrand, lors de l'entrevue des Souverains de Prusse et de Russie à Potsdam, M. de Bismarck avait lui-meme pris l'initiative de lui donner les explications les plus satisfaisantes. Le mot Pologne n'avait été prononcé qu'à deux reprises, pour émettre l'espoir que l'attitude de la Russie dans la guerre contre le Danemark serait conforme à celle de la Prusse lors de l'insurrection Polonaise, et pour c01:nbiner quelques facilités commerciales sur les frontières du Grand-Duché de Varsovie. Les deux Souverains s'étaient l'un et l'autre exprimés avec beaucoup de bienveillance envel'is J.'Empereur Napoléon. Entre autres M. de Bismar~ck chargerait le Comte de Goltz de fournir au Cabinet des Tuileries tous les renseignements désirables sur les entrevues soit de Potsdam soit de Carlsbad. « Néanmoins, ajoutait l'Ambassadeur de France, défiance est mère de sureté! ».

Telles sont les ind:icatlions que j'a.i recuetllies.

Relativement à ma manière de voir, je ne puis que me référer à ma correspondance depuis plusieurs mois. A défaut de preuves matérielles difficiles, pour ne pas dire im:possibles, à p!l'ocurer, toutes les présom,ptions mOII'ales révèlent que la coalition existe virtuellement grace aux taquineries entre l'Angleterre et la France, et la froideur entre Paris et St. Pétersbourg. La Prusse ne sachant à quel Saint se vouer, se laisse entrainer sur la pente, prete l'oreille aux suggestions de l'Autriche et de la Russie. ll s'agit avant tout pour elle de mener à bonne fin sa campagne contre le Danemark, et jusque là du moins elle n'aura pas les coudées franches. M. de Bismarck, en dépit de l'assertion de M. de Thiele, n'est pas le séducteur mais le séduit. Sous lecharme de la perspective d'annexer le Schleswig-Holstein, il vendrait père et mère. Avec une promesse d'un assentiment à cette conquete, il serait facile de Z'enguirZande1· et de l'amener de plus en plus à jouer son ròle dans le trio. N'oublions pas d'ailleurs que le vent souffle à la réaction dans !es trois Cours, et q_u'à leurs yeux l'Empereur Napoléon n'est et ne sera jamais qu'un parvenu. EHes peuvent craindre de montrer les dents tant qu'elles auront le sentiment de l'autorité considérable qu'il exerce dans son pays. Mais que son prestige s'efface; que cette existence précieuse s'éteigne; que la France donne encore une fois au monde le triste spectacle de la division des partis, et l'entente se manifestera pour s'élever contre les principes de liberté et de nationalité. Bref si l'Empereur Napoléon, par aveuglement ou par des terreurs exagérées, ne s'applique pas à étouffer la coalition dans son germe, elle deviendra aussi pernicieuse à son prestige, à sa dynastie, que dangereuse pour nous, englobés comme nous le sommes dans les injustes défiances de bon nombre de tetes couronnées contre la France.

Si mon collègue de France regrette la publication des pseudo-dép€ches, je ne partage pas son avis. L'empressement à les démentir en dehors des formes usitées, prouve jusqu'à un certain point qu'on n'a pas la conscience entièrement nette. Viendront des explications ultérieures qui contribueront à éclairer la situation, à la dégager peut..etre de ses incertitudes. Pour le moment en voulant trop nous fermer les yeux, il me parait, qu'on a obtenu le résultat contraire en !es ouvrant meme aux aveugles. Mais je crois, ave<:' le Baron de Talleyrand, qu'un rapprochement de la France avec la Russie et l'Angleterre, est de toute nécessité. La Prusse ne tarderait pas à suivre, et l'Autriche, qui est le faux jeton dans tous les jeux de la politique, se· trouverait isolée et deviendrait le bouc émissaire de l'Europe. M. de Bismarck se verrait alors sans remords et sans regrets débarrassé d'une surveillance· incommode soit dans la péninsule Cimbrique, soit en Allemagne.

(1) Questo telegramma fu inviato in seguito al t. 652 di Launay del 6 luglio, non pubblicato perchè è il riassunto del rapporto edito al n. 19.

(1) Cfr. Serie I, vol. IV, n. 669.

20

IL CONSOLE GENERALE AD AMBURGO, GALATERI DI GENOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 18. Amburgo, 7 luglio 1864 (per. l'(1).

L'andata del Principe Giovanni di Danimarca a Berlino ha qui sollevato grandi speranze di prossima pace. Si crede che l'esposizione fatta da Lord Palmerston ai Comuni delle trattative della Conferenza avendo finalmente persuaso il Governo Danese che in nessuna eventualità mai riceverà soccorsi materiali dall'Inghilterra siasi quello deciso a por fine alla rovinosa lotta che disperatamente sostiene-colle grandi Potenze Germaniche, mandando il Principe Giovanni a Berlino per trattare direttamente colla Prussia del fine della guerra alle meno pessime condizioni possibili. Difatti personaggio, che pur dovrebbe sapere qbalche cosa della politica inglese, mi ha nuovamente assicurato, che nemmeno l'occupazione di Copenaghen besterebbe a spingere l'Inghilterra a sortire dalla via dei consigli per entrare in quella dell'azione, giacchè la nazione inglese, egli dice, vuole anzitutto la pace e non trova nella quistione danese ragion d'interesse sufficiente per impegnare la sua potenza in un conflitto tremendo senza poterne ricavare un adeguato compenso.

La curiosa pubblicazione di corrispondenza politica che stiamo leggendo nelle colonne del Mo1·ning Post, occupa, come di ragione, tutti gli uomini politici. Il principale e più importante argomento di questa corrispondenza fu già da me assai prima accennato all'E.V. nella mia corrispondenza, conseguentemente senza potere garantire la precisione materiale di essa, non avendo prove materiali alla mano, credo alla sostanza della medesima e persisto più .che mai a ritenere che le intime intelligenze, che fin dallo scorso anno già esistevano fra le tre grandi Potenze del Nord per comprimere lo spirito delle nazionalità e di libertà e reciprocamente difendersi i mali acquistati territorii, si concretarono nelle ultime conferenze dei tre monarchi a Carlsbad, non saprei se colle vesti solenni di trattati, o di semplice convenzione, o di scambio di note, ovvero di personali verbali assicurazioni.

La Francia che non può aver cosi facilmente perdonato all'Inghilterra il

suo improvviso abbandono nel Messico fa mostra di temere la ripetizione di

un simile fatto e non tirerà in questa quistione la spada contro le Potenze

federate del Nord, se prima l'Inghilterra, che nulla ha da temere per la sua

sicurezza dai formidabili eserciti di queste tre Potenze, non si sarà talmente

impegnata da tranquillare la Francia su d'una defezione nel fervore della

lotta. Inoltre l'Imperatore Napoleone si compiace a mostrare all'Inghilterra,

che se la Francia deve essere prudente e non temeraria colle grandi Potenze

Europee, l'Inghilterra da sola è poco meno che impotente contro le medesime.

Questa, direi, bouderie fra la Francia e l'Inghilterra è. desiderabile che

non troppo si prolunghi per non invogliare le tre nordiche Potenze a fare

scomparire, come già fecero della Polonia, i Regni Scandinavi dal novero degli

Stati Europei, ed a convertire il Mar Baltico in un lago Russo-Germanico.

L'Austria, che per la sua geografica posizione non potrebbe aver parte delle

spoglie Scandinave, troverebbe compenso o con iscambio di territorii, o con

usurpazioni di alcuno di quelli che diedero segni di non esser ligii e servi

della politica egoistica delle due grandi Potenze della Confederazione.

La propaganda nei Ducati a favore del Duca di Oldenborgo continua

attivissima, ma con poco risultato nella massa di quelle popolazioni che si

mantengono fedeli al Duca di Augustenborgo divenuto loro più simpatico

pella sua resistenza alle domande ambiziose e dominatrici della Prussia, anzi

il Duca di Augustenborgo, sarebbe già stato dalle Assemblee invitato a pren

dere subito egli stesso lo scettro ed il Governo dei Ducati, se la certezza di

esserne impediti dalle forze militari che occupano il paese, non li rattenesse.

Intanto mentre la Prussia con sessanta e più mila uomini sul campo

deve ancora comprimere le sue velleità d'annessione per la decisa ripugnanza

dei popoli e non ottenere fin qui che una tregua dal partito liberale nazionale,

l'Austria invece cominciò a burlarsi nella quistione polacca della Francia e

dell'Inghilterra e poi mettendo lo stato d'assedio nella Galizia, ed inviando

ventimila uomini nella penisola Cambrica, conseguì di già tre importanti ri

.sultati: cioè assicurò a sè la potente cooperazione della Russia e della Prussia

per opprimere le provincie male affette nei loro possibili tentativi di indipendenza, acquetò le ire del Nationalverein e pose in evidenza all'Alemagna, priva di marina militare, di quanta utilità siale il mantenersi stretta all'Austria pell'ajuto marittimo che in tali contingenze può ricevere dalla flotta di essa.

Benchè da qualche tempo non siami più stata segnata ricevuta di alcun mio dispaccio di questa serie, io spero che tutti saranno pervenuti all'E.V.

21

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, STRAMBIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 8. Bucarest, 7 luglio 1864.

Ebbi già ad informare col telegrafo l'E. V. dell'arresto qui avvenuto dell'unghere.se Frigyesy. Si dice che il vero nome di lui sia Sutak e fos5e sottoufficiale nel Reggimento austriaco D. Miguel prima di disertare in Italia ove, nell'armata garibaldina sarebbe pervenuto al grado di maggiore e in Aspromonte promosso luogotenente colonnello; decorato pure della croce di cavaliere dell'Ordine militare di Savoia e di altre croci e medaglie. Qui venne in ultimo da Jassy con titolo di viaggio rilasciato da quella polizia sotto il nome d'Ivanovich. Il Principe disse che quest'individuo pericolosissimo gli era già stato da tempo segnalato dalla polizia indigena e da Parigi e da Costantinopoli e che invano finora se n'era fatto ricerca spendendosi anche considerevoli somme di denaro, che l'ordine d'arresto era stato dato dappertutto ed il di lui ritratto fotografico che si aveva avuto modo di avere in Bucarest e si era fatto riprodurre, era stato trasmesso a tutte le Prefetture e Sotto Prefetture dei Principati, come si seppe anche dipoi che, per richiesta di questo Governo, eguali ricerche, per cattura, facevansi dalla polizia turca in Costantinopoli.

Il Frigyesy era indicato come uomo audacissimo, capace d'ogni colpo, più mazziniano che garibaldino, agente del partito d'azione europeo e del comitato centrale rivoluzionario di Londra dal quale avrebbe qui ricevuto considerevoli somme di denaro, cospirante, assieme ad altri e specialmente col Signor Rossetti, capo del partito democratico rumeno, contro la vita del Principe Couza, ed il Governo di questo paese, incaricato dell'organizzazione di legioni ungheresi che, d'accordo con quelle polacche, avrebbero fatto, con armi alla mano, un'irruzione in Transilvania ed in Gallizia, insomma un uomo formidabile e chi ne avesse solo dimostrato qualche dubbio, veniva in sospetto di complicità almeno morale.

Anch'io aveva avuta occasione di fare ricerca del Frigyesy, riescita vana, ed avendo in ultimo appreso dalla R. Legazione in Costantinopoli che il medesimo era passato per colà e se n'era perduta la traccia, sperai, che, informato ed insospettitosi della vigilanza che aveva destata, si fosse deciso a sfugglrne le conseguenze ritornando in Italia o rifugiandosi altrove e che· perciò non dovesse più occorrere di occuparmi del fatto suo.

Ma con mia penosa sorpresa il Frigyesy comparve tutto ad un tratto alla mia presenza, elegantemente vestito, con guanti giallognoli e nastri all'occhiello dell'abito. Infingendomi dapprima dell'essere suo, egli mi esibì un passaporto scaduto, rilasciato da codesto R. Ministero ed in cui è notata la sua naturalizzazione italiana. Dissemi come già da lungo tempo fosse in questi Principati e, passato l'ultimo inverno in Moldavia, si occupasse dell'organizzazione di corpi franchi per l'Ungheria e la Polonia ed ora attendesse più precise istruzioni per tali scopi e per adoperarsi a fondere assieme i due partiti di Klapka e Kossouth e cementare accordi coi polacchi, non avendo finora ricevute le sue direzioni che dal Generale Garibaldi il quale, dopo i1 viaggio di Londra, gli aveva trasmesso 7 od 8/m franchi coi quali ebbe soccorso alle estreme strettezze in cui si trovava.

Io risposi che non ne sapeva nulla nè che aveva alcuna comunicazione a fargli, che però credeva di avvertirlo che le più gravi accuse pesavano sopra di lui, che l'azione sua politica si era fatta manifesta e grandemente fors'anche esageravasi e che tutte le polizie erano in moto per ricercarlo ed assicurarsi della sua persona, che perciò vedesse se non fosse urgente di provvedere ai casi suoi.

Egli, a sua volta, dissemi che nulla ignorava e che contava giustificarsi delle strane e calunniose imputazioni e mettere al netto la sua posizione; che perciò poco prima si era egli stesso presentato al Ministro Cogalniciano che non l'aveva ricevuto e doveva ripresentarsi verso sera accompagnato dal Commissario Polacco, in relazione con questo Governo quale seconda visita non ebbe miglior successo.

Era troppo tardi e l'ordine d'arresto era già stato impartito, da eseguirsi dopo essere stati seguiti per alcun poco i passi suoi ed al momento in cui n medesimo si fosse disposto a partire, siccome aveva già fissato una carrozza per farsi trasportare a Plojesti, di dove avrebbe fatto ritorno in Jassy nella quale città contava trovare più sicuro ricovero, come in passato, presso l'amico suo il negoziante Bogusz.

Il Prefetto di Polizia si recò egli stesso all'albergo Fieschi per intimare l'arresto al Frigyesy. Questi rispondeva che era Ivanovich ed in pari tempo cercava di por mano sopra un revolver che teneva sopra il tavolo. Oppose successivamente una viva resistenza e vi fu scambio d'ingiurie e di minacce fra lui ed il Prefetto suddetto, la cui condotta mi si disse essere stata sconvenientissima. Colla forza e la scorta di molti soldati ed Agenti di polizia venne infine il Frigyesy tradotto in arresto nelle dipendenze del Ministero della Guerra.

Prima che questo atto si compiesse il Signor Cogalniciano era venuto da me. Mostravasi esaltato per modo che era difficile fargli intendere ragione. Io gli dissi, ciò che al certo già sapeva, che il Frigyesy era venuto da me, come era stato due volte da lui, che aveva confessato che si occupava o meglio aspettava circostanze per occuparsi degl'interessi politici del suo paese nativo, ma che protestava altamente contro ogni altra imputazione e voleva egli stesso difendersene, epperciò non mi pareva fosse il caso di un formale arresto, mentre altrimenti per evitare chiassi e scandali, si avrebbe potuto provvedere ad una inchiesta. in seguito ai primi risultati della quale si avrebbe potuto agire siccome sarebbe apparso necessario; che, del resto, io non difendeva che la questione di principio e delle convenienze, non precisamente la persona del Frigyesy che io non conosceva e che, se realmente appartenente ai partiti estremi, non .poteva aver rapporti di sorta cogli Agenti del Governo di Sua :..Iaestà e neanco coi capi del partito moderato ungherese.

Il Signor Cogalniciano disse che si trattava di troppo gravi accuse, che la vita del suo Principe e gl'interessi maggiori del paese erano in pericolo, e non si poteva fare altrimenti che procedere all'arresto immediato di sì temuto personaggio, che d'altronde non trattavasi di un suddito italiano ma del rumeno Ivanovich o del Sutak ungherese; che, se fosse trovato innocente delle accuse che riguardavano questo paese e solo implicato in mene aventi esclusiva relazione colla patria sua, non avrebbe tardato ad essere posto in libertà alle frontiere della Rumenia; che infine instava vivamente perchè io non contrastassi ad una misura necessaria ed irrevocabile.

Risposi che se tale era da lui ravvisata una simile misura ed una sì grande importanza si attribuiva a questo rivoluzionario facesse egli quel che credesse, ma usasse moderazione ed evitasse scandali, ciò che poi non avvenne.

Il giorno appresso assistei, col Ministro suddetto, all'apertura del piego contenente le carte del Frigyesy che erano state sequestrate. Pare impossibile e certo non l'ho preveduto, che un rivoluzionario simile tante ne scrivesse e stupidissimamente ne conservasse. Eranvi parecchie lettere del Generale Garibaldi, ma non contenenti che vaghe raccomandazioni e direzioni, un bigliettino di Mazzini all'inchiostro 1simpatico del quale però non 1leggevaìsi che la firma c l'intestazione al caro Frigyesy, una lettera assai vivace, egualmente all'inchiostro simpatico, del comitato di Londra, molte altre lettere, indirizzi, cifre, un lungo discorso che doveva pronunziare ai polacchi per fraternizzare con essi ed organizzarsi assieme sul territorio di questi principati. A ·voi la Moldavia, ivi egli loro diceva, a noi la Valachia, lettere e certificati del comitato nazionale polacco, copia di una lettera da esso diretta, con segreto accordo col comitato suddetto e per trascendentali combinazioni politiche, al Generale Kotzebue un piano completo di organizzazione di legioni ungheresi e polacche sul territorio rumeno e con molte altre carte più minute, un giornale, in lingua ungherese in cui, minutamente e giorno per giorno, il Frigyesy annotava quel che aveva detto o fatto, visto ed appreso, nonchè parecchi passaporti per suo uso, e vario nome, Turchi,.Rumeni, Russi ecc.

Fu rapida e superficiale la disamina di tali carte, ma mi parve che nulla contenessero che possa compromettere il Governo di S.M. od i capi stessi del partito moderato ungherese, nè che accennassero precisamente a complotti contro la vita del Principe Couza od il suo Governo. Ma rimane evidente che, d'accordo coi capi dei partiti estremi in Europa volesse qui esercitare azione politica ed organizzare legioni armate, senza crucciarsi menomamente del Principe Couza e del suo Governo, e dei Rumeni tutti, dai Carpati al Mar Nero, dicendosi anzi che la missione dei magiari è di spandere la civiltà, cosa che ferisce qui profondamente l'amor proprio nazionale, incolpandosi gli ungheresi di non nutrire che disprezzo verso i rumeni i quali s'inaspriscono tanto più in quanto che sentono forse nella loro coscienza di meritarselo.

Furono fatti tradurre i documenti scritti in lingua ungherese e mi si disse che nel giornale abbia perfino narrato, il Frigyesy, la visita fatta a me il giorno prima dell'arresto, siccome troverebbonsi notati i colloquii avuti col Console Vignale in Galatz il quale avrebbe. pure, per buona ventura, usato riserva.

Il Principe poi assicurò, presenti con me gli altri Agenti esteri, che trovaronsi altre carte in cui dl Frigyesy accenna che converrà forse, in certe eventualità, impossessarsi della persona di Sua Altezza ma non toglierle la vita che in caso di estrema necessità; e che altrove dlce che quando il Generale Klapka persiste ne' suoi rifiuti si dovrebbe aver ricorso al Ti.irr, essendo necessario che chi si porrà alla testa della insurrezione abbia un nome conosciuto ed influente, quale non crede ancora essere il suo, che perciò egli dichiarasi disposto a comandare una semplice compagnia o meglio ancora ad adoperare il suo braccio in prò della patria, esterminando, cogli ajuti che si procurerebbe, tutti i membri delle case di Absburgo e di Romanow.

Tutte queste cose furono dette ed ascoltate con serietà, ma io non potei trattenermi dall'esclamare che c'était trop fort e che se il Frigyesy era o doveva essere un gran rivoluzionario ed un gran scellerato, conveniva che non apparisse un grand'imbecille.

Venne anche arrestato un altro ungherese chiamato il Colonnello Kerestely che da Bacan ove mi si dice dimorare da pare<:<:hi anni, era qu.i venuto per colloquio col Frigyesy.

Il Signor Rossetti, Direttore del Romanul venne già chiamato due volte dal procuratore di Stato. Si vorrebbe assolutamente trovare un nesso fra lui ed il Frigyesy e le prove di cospirazione in comune contro al Principe ed al suo Governo. Il Prefetto di Polizia, Marghilomano, ha affermato, ed a me stesso, che il Rossetti, dopo che entrò in relazione col Frigyesy, organizza una società segreta di cui primo scopo deve al certo essere quello di ammazzare il Principe, ma di questa società, della quale vuolsi perfino conoscere il giuramento e che da molti mesi si organizzerebbe, non si è potuto trovar finora alcuna traccia positiva. Si è sperato di averla per mezzo del Frigyesy e di poter cosi esercitare vendetta politica contro al Rossetti ed al suo partito, ma due sole imputazioni vennero constatate, la prima che d1 Rossetti servi d'intermediario per recapito di lettere al Frigyesy che gli era stato raccomandato, la seconda che, dietro garanzia dello stesso Rossetti, il Frigyesy riusci ad ottenere passaporti rumeni sotto il nome di Fischer. Il Rossetti stesso le confessa, le giustifica, queste cose, nel suo giornale, dicendo che servizii simili egli ricevette durante il lungo suo esilio in Francia ed altrove e che altrettalì si sente in debito di rendere a chi, cercato rifugio in questo paese, non può adoperarsi che con azione segreta per la liberazione della sua patria, e nello stesso giornale, malgrado il regime che è attualmente in vigore nella stampa, ridicoleggia l'accusa che si fa al Frigyesy di essere qui venuto per porre la Rumenia sossopra, perchè se ne avesse, egli solo, il potere ne conseguirebbe che questo sarebbe un paese di vigliacchi e se vi ha intelligenze, se vi sono complici, questi dovrebbero essere molti e potenti e dovrebbero anzitutto venir scoperti.

D'altra parte il giornale Buciumula del Signor Balliac, che ha relazioni intime col palazzo principesco e frequenti col Ministero, pubblicava, posteriormente all'arresto del Frigyesy, l'articolo che mi fo dovere di trasmettere qui compiegato all'E.V. perchè ne rilevi la significazione, malgrado che il Signor Cogalniciano, da me interpellato se l'articolo suddetto sia stato inspirato da lui o da altra persona del Governo, abbia negato recisamente.

So che l'Agente Russo e l'Austriaco l'hanno egualmente trasmesso ai loro Governi come una prova evidente delle intenzioni ostili di questo che, per tal modo, sarà riuscito a spiacere da ogni parte.

Forse agli arresti suddetti non sono anche estranei il Buda ed il Seres che dal servizio ungherese passarono, siccome non ne ha più dubbio, al servizio della polizia austriaca e rumena. Già da qualche tempo e profittando di altri incidenti, ho tolto al Buda la protezione italiana, qualmente ne ho privato il Seres da alcuni anni.

Dopo tanto chiasso che fu fatto, il Frigyesy, terminata l'inchiesta, verrà semplicemente espulso dal paese. Tanto annunziarono il Principe ed il Signor Cogalniciano. Fu questo uno spiacevole incidente che scoppiò in mal punto, ma che non producendo altre scoperte nè altri risultati, non tarderà forse lungo tempo a cadere in dimenticanza fra le preoccupazioni della trasformazione politica di questo paese e non fia improbabile che si possa anche trar buon partito da esso.

Rinnegato il Frigyesy come un enfant penlu della rivoluzione, come uno di quegli uomini dei partiti estremi che fanno torto alle migliori cause, io mostrai di abbandonarlo affatto alla discrezione di questo Governo e di non essere intervenuto nei primi momenti che per osservanza della legalità e dei riguardi dovuti a questa R. Agenzia, quando ancora non poteva essermi noto che le accuse mosse contro di lui potessero avere un reale fondamento. Bene ponderate le cose non ho creduto <:li poter far meglio e mi parve anzi che la mia attitudine disarmasse le ire, acquietasse le paure, e ponesse in imbarazzo questo Governo cui mostrando confidenza si lasciava maggiore responsabilità.

Mi fu promessa copia dei documenti sequestrati al Frigyesy che come informazione politica, potrebbero interessare H Governo di Sua Maestà e mi parve di rinvenire in quello di Sua Altezza l'intenzione di osservare riguardi, sia nello stile calmo dell'articolo del Buciumu!.a> sia nella forma del telegramma spedito all'lndépendance ove non è manco espresso il nome del Frigyesy.

22

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI,

AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(Ed. in 1VIINGHETTI, pp. 73-75) (1)

L.P. Torino, 8 luglio 1814.

Finita la battaglia (cioè la discussione in Parlamento) vi scrivo dell'importante affare, del trattato per Roma.

Pepoli disse, e voi confermate: la sola garanzia che l'Imperatore riguarda ,come seria, per poter sgombrare Roma, è il trasporto della capitale. Più: non v'è altra soluzione che si presenti come accettabile dalla Francia.

Posta in questi ,termini la quistione, come principio, non mi pare possibile di esitare.

La partenza dei francesi da Roma è tal cosa che merita qualunque sacrifizio, e per quanta ripugnanza aver si possa a lasciare questo terreno solido e tranquillo, pure bisogna risolversi. Non parlo ora della scelta del luogo dove portar la sede del Governo: su questo punto differisco dal vostro concetto, ma tratterò l'argomento in altra lettera. Per ora bisogna avvisare a due punti. L'uno è il tenore del trattato, l'altro il modo di eseguirlo.

Quanto al trattato, il punto sul quale converrà insistere si è la brevità del tempo che dovrà scorrere dalla firma di esso allo sgombro dei francesi. Se questo tempo dovesse essere lungo,-si perderebbe gran parte del buono effetto, e inoltre resterebbe sempre l'incertezza che fosse osservato. Imperocchè, chi asskura che, fatto il trasporto della capitale, se l'intervallo non è corto, non sorgano avvenimenti che impediscanp alla Francia di sgombrar Roma? Sicchè noi avremmo corso il gran pericolo senza pro. E pochi mesi bastano certo per completare la legione papale intorno al nucleo che già ne esiste.

Quanto al modo, io credo che prima di tutto il Ministero debba ricomporsi

coll'aggiunta del Generale La Marmora e di qualche altro piemontese, e son

dell'avviso che La Marmora non rifugga dall'entrarci, e sia più di ogni altro

atto ad intendere la grandezza del progetto e l'importanza della questione ro

mana, ma non posso parlare a La Marmora, se non quando egli giunga qui;

e la presenza di Garibaldi a Ischia lo trattiene.

Inoltre debbo dire a voi un mio dubbio, e cioè che se gli riferisco tutto

ciò come derivante da Pepoli, esso per avventura non ci dia tutto il peso che

la cosa ha in sè veramente.

Per ora gli ho scritto solo la prima pagina del rapporto Pepoli, dove la

questione era posta in termini generici, di trovare cioè una guarentigia pei

cattolici che il trattato sia serio e leale; e che la Francia non voglia tradire il

papato in mano dei suoi nemici. Mi sono fermato li. Ma credo che sarebbe

utile che voi mi scriveste una lettera ostensibile a La Marmora, nella quale

prendendo le mosse da quel punto, che egli conosce come risultato della con

ferenza con Pepoli, procedeste più oltre ed esponeste i pensieri dell'Imperatore,

e la qualità della guarentigia che egli esige, e come questa sia la sola solu

zione possibile...

Quanto al restante degli eventi politici, mi pare che più che mai siano

lontani dalla possibilità di guerra. E l'anno 1864 sembra annunziarsi nella sua

maturità e vecchiaia più tranquillo che nella puerizia e nella giovinezza. Il

partito mazziniano si agita nel Veneto, ma non credo riuscirà a nulla (1).

(1) Edita anche, in tedesco, ad eccezione del primo capoverso, in BASTGEN, pp. 323-325.

(1) Di questa lettera, probabilmente incompleta, non si è rinvenuto l'originale in BCB. -C'Zlfte Minghetti.

23

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 61. Berlino. 8 luglio 1864 (per. ill2).

En suite des appréciations contenues dans mon télégramme du 6 Juillet et dans mon rapport n. 60 (1), on pourrait se demander s'il est encore convenable de procéder à la signature du protocole commerciai avec la Prusse.

Je n'héslite pas à répondre affirmativement. En voici les raisons.

Depuis l'ouverture des négociations, nous n'avons aucun indice qui équivaille à une certitude que la situation politique se soit sensiblement changée. L'incident des publ,ications du Morning Post n'a fait que révéler aux yeux de tous des préoccupations qui, depuis plusieurs mois, avaient cours dans le monde officiel. Alors comme aujourd'hui la coalition existait à l'état latent. de meme que le chene est virtuellement renfermé dans le gland. Mais elle ne sera viable qu'autant que les circonstances se preteront à son développement. Les entrevues des Souverains du Nord auront encouragé leurs tendances réactionnaires. S'il y a eu des promesses verbales échangées, jusqu'ici dumoins elles sont encore secrètes, et meme de là à des engagemens écrits, à des actes, la distance ne saurait etre franchie sur un terrain pratique que dans le cas où la France et l'Angleterre continueraient à s'observer avec une méfiance réciproque, où le Cabinet de Paris s'obstinerait à ne pas renouer de meilleures relations avec le Gouvernement Russe.

Quel motif alléguerions-nous d'ailleurs pour battre en retraite? Nous pouvons garder notre manière de voir sur le degré plus ou moins intime de l'entente entre les trois Cours du Nord. Mais après les démentis si catégoriquement formulés par M. de Bismark à propos des révélations du journal Anglais, il se considérerait comme offensé s'il pouvait supposer un seui instant que nous doutons de sa parole. Nous donnerions en quelque sorte gain de cause à l'Autriche qui ne manquerait pas d'exploiter notre refus, quelque fùt notre soin de le déguiser de notre mieux.

En oltre les négociations ne sont-elles pas trop avancées pour les rompre ou les ajourner indéfiniment? Je sais, par le directeur de la section commerciale, que le protocole et la convention Uttéraire sont déjà copiés au net; et qu'on n'attend plus qu'un ordre de M. de Bismark, pour les soumettre à sa signature. M. Philipsborn regrettait des reta:rds indépendans de sa volonté, et qui tenaient à l'absence du Ministre, et aux pourparlers qui se poursuivaient entre les Etats du Zollverein. M. de Thiele, de meme que M. Philipsborn, ne doutait pas un seui instant que notre affaire n'aboutìt à bon terme. Le secrétaire général s'en prévalait meme comme d'un argument pour combattre les assertions d'un rapprochement avec l'Autriche. Si cependant, contre toute attente, la signature de M. de Bismark devait nous faire défaut, nous aurions aloDs une preuve irrécusable qu'il est plus engagé vis-à-vis de l'Autriche, qu'il ne l'avoue. Ce sera la pierre de touche. Laissons lui l'odieux du procédé.

En attendant il y a déjà une semaine que ne recevant aucun avis cor:iraire de V.E., j'ai remis à M. Philipsborn les minutes: l" de la note par laquelle je demanderai des explications sur certain passage de l'article premier du protocole; 2° d'une dépeche dans le sens de celle n. 16 du 26 Juin (série commerciale). J'ai dù la retoucher pour qu'elle fùt de nature à etre, au besoin, communiquée à la commission qui sera chargée de présenter un rapport. à la chambre. J'ai entre autres intercalé quelques phrases de M. de Bismark, que j'ai extractes de ma dépèche n. 15 du 14 Juin. M. Philipsborn s'est réservé de me faire connaitre si le Ministre en confirmera le contenu.

Je dois insister sur un autre point.

Si nous nous trouvions dans une position normale vis-à-vis des Etats Germaniques, de manière à nous permettre de signer et d'échanger les ratifications d'un Traité de commerce, jamais je n'aurais conseillé au Gouvernement du Roi d'accepter un protocole qui ne règle qu'un modus vivendi provisoire dont les avantages immédiats sont moins pour nous que rpour l'autre partie contractante. Mais précisément parceque le vent souffie à la réaction, rien ne nous garantit qu'à l'expiration des anciens Traités du Zollverein, nous rencontrions chez la plupart de ses membres de meilleures dispositions qu'aujourd'hui, à reconnaitre le Royaume d'ltalie, et à autoriser la Prusse à traiter avec lui sous ce nouveau titre. Il importait donc d'assurer pour l'avenir à notre commerce le marché de l'Allemagne, aux conditions avantageuses du tarif FrancoPrussien et cela, si non de jure, au moins de facto aussitòt après la mise en vigueur du Traité conclu le 2 Aoùt 1862, entre Paris et Berlin. Tel est le but essentiel du protocole. Ju.sque à ces jour.s derniers on pouvait encore concevoir quelques appréhensions sur la reconstitution d'une union douanière. Depuis le 28 Juin, elle est assurée au moins pour le groupe des Etats suivans: la Prusse, la Saxe, la Thuringe, Francfort, la Hesse Electorale et Bade dont les territoires contigus s'étendent aux frontières principales. A cette date, ils ont signé entre eux un Traité sur la base du tarif. Franco-Prussien. Oldenbourg ne tardera pas à donner son assentiment. Le Hanovre débat le prix de son accession. C'est pour lui une question d'argent, et non de principe. Ce groupe d'Etats assure donc l'existence d'une nouvelle ligue à des conditions qui excluent implicitement l'entrée de l'Empire d'Autriche dans le Zollverein. Ainsi moins que jamais notre protocole ne restera lettre morte.

Ces différentes considérations m'induisent à maintenir l'avis que nous devons, soit au point de vue commerciai, soit au point de vue politique, ne pas varier dans nos dispositions à signer les clauses du protocole. Seulement comme il ne serait pas digne de nous poser en solliciteurs pour la conclusion d'un arrangement dont l\:I. de Bismark a lui-méme pris l'initiative, j'attendrai désormais qu'on vienne au devant de moi. Si avant hier j'ai vu M. de Thiele c'était plus pour l'entendre que pour lui parler; car c'était lui-meme qui m'avait prié de passer chez lui pour me tenir au courant de cette affaire.

V.E. se rappelle que M. de Bismark avait tout d'abord pressenti à cet égard l'Ambassadeur de France. De mon còté j'ai eu soin de le renseigner sur mes négociations avec le Ministère Prussien. Aàmettons, ce qui ne me parait pas vraisemblahle, qu'elles échouent par <la faute de Ila Prusse, nous aurions au moins montré notre bon vouloir pour des arrangemens dont un des mérites

eui été dc faire immédiatement apprécier au Zollverein les avantage' d'un systè!ne df.jà con;ja~ré p:.1~ L' Tr~~ité cL~ conln1eree c~;tre la Fr::il:~c et l'Iialic.

II y a un tems d'arret dans les opérations militaires contre le Danemark, ce qui donne lieu de supposer que l'Angleterre négocie à Copenhague. On prétend mème que, d'après son conseiL le Due de Gllicksbourg a reçu la mission de se rendre ;ì Carlsbad auprès du Roi de Pru~se pour s'entendre directement sur les conditions de la paix.

(1) Cfr. n. 19 e p. 15, nota.

24

IL MINISTRO RESIDENTE A STOCCOLMA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CIFRATO 18. Stoccolma, 8 luglio 1864 (per. il 15).

Le Gouverr1ement de Danemarck ayant invité celui de Suède à presscntir Ies dispositions de la Prusse sur la possibilité d'entrer en négociations de paix ce Gouvernement a décliné d'interposer ses offices. On suppose que le départ du frère du Roi de Danemarck pour Berlin ait eu lieu par suite de ce refus et dans le but de nouer des n«'gociations directes.

25

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, STRAMBIO, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI

H. S. N. Bucarest, 8 luglio 1864.

Ho chiamato in Bucarest dl Cavalier de Gresti per incaricarlo di recare costì la lettera che il Conte Scheerthoss dirige al Generale Klapka, cui vi aggiungo, in risposta, una mia particolare, anche qui unita, restituendo in pari tempo quella che non occorrerà certo più mai di consegnare al Maggiore Frigyessy. Il mio confidenziale poi n. 8 (1) servirà di complemento ai dispacci telegrafici che ebbi l'onore d'indirizzare a V.S. Illustrissima.

In altro piego racchiudo dispacci di servizio corrente.

Siccome ne scrivo al Generale l'incidente Frigyess~' è certo deplorabile, ma non bisognerà scoraggiarsene e cercare invece di trarne partito. Non conosco sufficientemente la situazione delle cose, specialmente sotto il rapporto militare, per poter esprimere un'opinione, ma infine se il tempo è giunto e preme, perché non tentare francamente? Sarà con noi o contro di noi, ma questo avremo almeno guadagnato di certo, di sapere cioè che ci rimanga a fare.

Sono profondamente devoto e per simpatia e per convinzione alla causa che è nobHmente ~opugnata dal Generale Kla~pka e che sl davvicino si connette con quella della nostra Italia. Mi adopero da anni per infondere le mie convinzioni nell'animo dei Rumeni, ma fu tempo e fatica perduta -era d'altronde superfluo, perché nei Principati non v'ha che il Principe Couza e tutto il resto

(J J Cfr. n. 21.

ora più che mai, conta nulla affatto -è dunque una fatale necessità che si tratti con lui e si agisca con lui per quanto è possibile, e gli si usino anzi i maggiori riguardi.

Eccellente la scelta del Conte Arturo Scheerthoss. Espressi al Generale il desiderio che il suddetto qui rimanga il più lungamente possibile, avendo sempre sentito il bisogno di avere presso di me una persona sicura, intelligente e devota che possa servire d'intermedis.rio.

Duolmi infinitamente di dover scrivere con tanta fretta e quasi al momento della partenza del Signor dc Gresti, ma con tante cure d'ufiicio e di fuori c tutti i rapporti che dovrei redigere posso ben dire di non :wer sciupato un momento.

La S.V. Illustrissima farà cosa equa ordinando il rimborso al Cavalier de Gresti delle spese dei due viaggi fatti da Giurge_vo a Bucarest e viceversa per ragioni di servizio e che non possono essere comprese in quelle del viaggio consolare da Torino a Galatz e viceversa.

26

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, STRAMBIO

T. 257. Torino, 9 luglio 1864, ore 14,30.

D'après les dernières communications turqucs la Porte insistait pour le maintien de l'ancienne formule protocole afìn de ne pas donner caractère solenne! d'une convention à un acte qu'elle regarde comme la simple exécution d'un traité. Vous ferez remarquer à cet égard avec vos collègues que les précédents relatifs au Rhin et à l'Escaut excluent cette manière de voir. Cependant <>i la majorité de vos collègues ne s'oppose pas à adhérer aux voeux de la Turquie vous pouvez signer l'ancien préambule. En cas contraire ne signez pas que comme représentant du Royaume d'Italie.

27

IL MINISTRO A BERLINO DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 662. Berlino, 9 luglio 1864, ore 14,45 (per. ore 18,35).

Le chef de la division comi1'Cl'ciale me renvo[c aujourd'hui en cn approuv<Jut le contenu les minutes que je lui avais envoyé depuis une semaine. ConfonDément à mon rapoort. n. 16 du 26 ,Juin avant d'cn remettre officiellement copie au ministère prussien, j'attends quelques ordres par le télégraphe de V.E. qui m'autoriseront je pense, d'après ma dépéche télégraphique d'hier (1), à signer. Le protocole et la convention sont déjà mis au net pour signer, il ne manque qu'un dernier ordre dc ~\L dc Bi<>marck.

(ll Non pubblicato, ma cfr n. 23.

28

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 664. Londra, 9 luglio 1864, ore 18,40 (per. ore 21,25).

Lord Russell n'a pas de données très précises sur la coalition des puissances du nord, il croit à des tendances en ce sens non encore passées à l'état de faits, mais il ne croit nullement à une garantie de la Vénétie. Celle de Pologne plus probable; en réservant son opinion quant à authenticité des documents publiés, il croit leur contenu conforme à la vérité.

29

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

T. 258. Torino, 10 Luglio 1864, ore 17,15.

J'attends la dépéche (1) que vous m'annoncez pour porter la question en Conseil des Ministres et vous envoyer les instructions nécessaires pour la signature du protocole.

30

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 33. Londra, 10 luglio 1864 (pe1". il 14).

Dai miei precedenti Rapporti V.E. avrà potuto accorgersi che, sia allo sciogliersi della Conferenza, sia mentre il Ministero stava in forse sull'esito dell'ultima discussione, sarebbe stato inutile il chiamare la loro attenzione altrove. Lord Russell sempre difficile a fissare sovra una quistione e a intraprenderla operosamente era tra il soggiorno in campagna e i dubbii fra un trionfo e uno smacco più difficile eh~ mai a vedere. E sfortunatamente il primo non impedì per lui anche l'altro.

Ieri però senza perder tempo, poiché gli domandai l'abboccamento quando la notte prima egli lasciava la Camera dei Pari dopo il voto alle tre del mattino, potei vederlo riguardo a quanto V.E. mi telegrafò circa la Conferenza del Libano.

Entrai in materia quasi senza preambolo e gli dissi che dovevo, prima di fargli conoscere il modo in cui la pensava il mio Governo, dimandargli se avesse fatto qualcosa e cosa avesse fatto riguardo alla nostra ammissione alla predetta Conferenza.

Egli mi ripetè quanto varie volte m'avea detto circa il Dispaccio di Rechberg su quel soggetto rimessogli dal Conte Appony e come egli avesse risposto non

dividere l'opinione dell'Austria. .J\:a alla mia domanda se ne avesse scritto a Costantinopoli rispose di sì. e, toccato un campanello, dimandò gli si portasse lo schizzo dell'ultimo Dispaccio che aveva spedito a Sir H. Bulwer circa un 10 o 12 giorni prima. Tornato il Segretario col documento, gli fece osservare che quel dispaccio in fatti non era ancor partito, poiché l'ultima settimana non si era spedito il solito Corriere che partirebbe regolarmente Giovedì venturo. Questa rivelazione che parve imbrogliare il Ministro mi diede appunto la occasione di parlar con minori reticenze.

E gli dissi che precisamente di questo ero incaricato di venirgli a parlare; poiché a Torino pareva strano che tante dilazioni complicassero la quistione.

Gli diedi anzi conoscenza del Telegramma (1) e, benché non volessi nemmen supporre che si potesse realizzare la supposizione di V.E. che l'Inghilterra volesse in questo momento sacrificarci all'Austria, gli feci osservare che evidentemente il Governo del Re si considerava come non trattato con quei riguardi che pensava meritare.

Rispose non senza un pò di vivacità di non poter ammettere queste recriminazioni. Non aver da rispondere di quanto facevan le altre Potenze. Che egli aveva aderito alla nostra domanda. Avea creduto partito il Dispaccio e per questo non aver mandato Telegrammi. Ma che non v'era dubbio che nella corrispondenza sua privata Bulwer, benché dichiarandosi disposto a conformarsi alle istruzioni, facea sentire che con la nostra ammissione si ammetteva un avversario. Che del resto il Governo Turco non differiva molto da quelle idee. E che qui non ci avean celato che, se essi Inglesi non obbiettavano, potrebbero altre Potenze pensarla altrimenti.

Risposi che a quelle interpretazioni avevo già risposto vittoriosamente con le prove in mano, cioè con i Documenti mandatimi testé da V.E. e che egli Lord Russell non avea potuto che ammettere come giusti.

Del resto gli dissi che conveniva prender l'animo più ancor che le parole del Telegramma.

E che evidentemente era l'idea del Governo del Re che il Gabinetto Inglese, oltre al non dissentire alla nostra ammissione, dovesse ancora appoggiarla presso le altre Potenze. La Francia essendo disposta a farne altrettanto, le difficolt.-\ con Ali Pacha si supererebbero. Non bastava dunque che, come diceva il dispaccio di cui m'avea letto qualche frase, non bastava dico che si scrivesse a Costantinopoli che Lord Russell aderiva alla nostra domanda d'ammissione e che Lord Palmerston non vedeva motivo per escluderci. Ma si voleva dir di più, cioè che intendeva l'Inghilterra che fossimo ammessi dagli altri. Gli dissi ancora che non conveniva dissimularcelo. Er'lvamo giunti a quel tal momento in cui in Europa le amicizie si disfacevano e si rifacevano. Facevo dunque un appello al suo buon giudizio se non era necessario stringersi coi nodi antichi invece di separarci. Quanto ,gli domandavamo avea un'importanza relativa per noi, ma non era poi negli affari Europei di così grave momento. Eppure da questa sua risposta potrebbero nascere conseguenze di una portata tutt'altra che si aspetterebbe. Inoltre riflettesse se, invece di permettere all'Austria d'abbindolar<li, non sarebbe stato preferibile di farle vedere che, ove intendesse

andare a modo suo, anch'essi adotterebbero una politica indipendente dalle viste che così vivamente si sostenevano a Vienna.

Ad ogni modo conchiudevo con la prima domanda, cioè che dovevamo avere, oltre al non dissentire dell'Inghilterra, attenerne un appoggio insistente ed effettivo [sic].

Pare che questo mio appello ad hominem non sia rimasto senza effetto. poiché alla mia dimanda diretta e precisa se potevo scrivere in quel senso, egli rispose né si né no, ma volle prima sapere se non v'era pericolo che, una volta ammessi, portassimo il peso delle nostre determinazioni in opposizione alla politica Anglo-Turca. Ed io gli risposi che pensavo non sarei désavoué dandogliene l'assicurazione.

Questo parve determinarlo e disse allora che farebbe quanto gli domandavo. Anzi mi soggiunse d'intendermela con il Signor Stuart già Segretario Protocollista deHa Conferenza, il quale partiva fra breve per Costantinopoli a surrogarvi il Signor Erskine che va in Grecia come Ministro. Ed anzi deve temporariamente rimpiazzare il Signor Bulwer come Incaricato, dovendo l'Ambasciatore assentarsi per due mesi. Di fatto il Signor Stuart deve venire a vedermi e lo trovai già in ottime disposizioni. Egli partirà per Costantinopoli Sabato prossimo per esservi ai primi d'Agosto.

Trovai poi la sera Lord Palmerston in casa sua e gli diedi un sunto di quanto avevamo discusso col suo Collega. E non potei a meno di lagnarm.i della sua trascuranza prima di tutto e in generale del suo fare inconcludente che faceva nascere l'idea di poco buon volere anche dove non ne fosse l'intenzione. Egli cercò debolmente a difenderlo e scusarlo. Ad ogni modo più vivamente ancora gli esposi la necessità di rimpiazzare l'indifferenza con la cordialità e lo sfasciarsi col collegarsi. Ed egli mi promise di secondare quanto avevo cercato d'inculcare a questo riguardo.

Dimenticai che Lord Russell promise intanto mandare un Telegramma prima che giunga il Dispaccio. Onde spero che per parte mia non avrà mancata né l'attività né l'energia onde ottenere la riuscita d'un affare che interessa il Governo di S.l\'I. il Re.

(1) Cfr. n. 23.

(1) Cfr. n. 17.

31

IL MINISTRO RESIDENTE A COPENAGHEN, DORIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CIFRATO 57. Copenaghen, 10 luglio 1864 (peT. il 16).

Le Roi a joué M. Monrad et s2s collègues à l'exception toutefois de lVI. Quaadc qui était au courant des intentions de S.M. (1). Toute cette affaire qui ressemble assez à un intrigue de palais et dans laquelle le grand maréchal a joué le premier role était préparée de longue main E't après plusieurs tentatives inutiles S.~\I. a enfin réussi au gré> de ~;t:s désirs. Il est permis de s11pposer

qu'aussttòt après s'ètre assuré du concours du Comte Moltke le Roì a chargé son frèrc d'apporter à Berlin la nouve!le de la formation imminente d'un ministère sympathique à l'Allemagne. On assure meme qu'un accord tacite seralt déjà intervenu à l'effet de ne pas pousser le,; opérations militaires avec vigueur: qu'à peine entré en fonctions le nouveau ministère pre>poserait aux puissances alliées un armisticc de plusieurs mois et que l'on traiterait ensuite directement avec les alliés pour la eonclusion de la paix. J'ai lien de croire que les futurs conseillers de S.M. ne sont pas favorables à l'idée de l'entrée du Danemark dans la Confédération germanique mais qu'ils prcndront l'union personnelle des duchés pour bv.se des négociations. Si, comme il est permis de le prévoir, l'Allemagne ne se contente pas d'une telle solution l'existance du nou\·eau ministère est fortPment compromise. On vient de m'apporter la liste suivante des personnages qui sauf changement imprévu sont appelés à former la nouvelle administration:

président du conseil et ministre sans portefeuille: comte ì'.'Ioltke; Intérieur:

M. Tillisch; Finances: M. David; Justice: M. Heltzen; Guerre: général Hansen: Affaires Etrangères: M. Quaade, membre du Cabinet précédent; Marine: M. Lutken, membre du Cabinet précédent; Ministre de Schleswig: M. Johannsen. membre du Cabinet précédent.

Pour le ministre du Holstein on parle d'un Comte Moltke Espe. Dans les circonstances actuelles ces deux derniers portefeuilles sont une véritable sinecure, la nomination des titulaires pour le min1stère des duchés est tout au plus une protestation. Le nouveau Cabinet est un ministère Heilstadts qui sera le bienvenu en Allemagne (1).

(1) Con R. cifrato 56 del 9 luglio Doria aveva informato che il Re di Danimarca avevP. improvvisamente imposto le dimissioni al Ministero Monrad.

32

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 260. Torino, 11 luglio 1864, ore 14,15.

Le Gouvernement russe a l'intention de nommer ministre à Turin M. dc Kisseleff qui était à Rome. Si ayez mo,ven de n1e donner des infonnat:ons sur lui, veuillez me les transmettrc.

33

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 671. Parigi 11 luglio 1864, ore 17.05 (per. ore 18,10).

M. Kisseleff est celui-là meme dont le mariage avec la princesse Ruspoli a fait tant de bruit à Rome. Les informations sur son compte lui sont très favo

rables, il est très anti-romain; son frère qui était ambassadeur de Russie à Paris, était très porté pour l'ItaLie et j'ai eu toujours à me louer de mes rap.ports avec lui. Son beau-frère est officier d'ordonnance du J)Tince Gortchakoff; le choix me parait incontestablement bon.

(1) Con R. 41 dell'H luglio Doria comunicò che la presidenza del consiglio, il portafoglio degli Esteri e quello del ducato di Holstein erano stati affidati a Bluhme e che Moltke e Quaade erano entrati nel Gabinetto come ministri senza portafoglio.

34

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

L. P. 19. Torino, 11 luglio 1864.

Minghetti vi ha soventi scritto intorno al viaggio del Principe Umberto. Il Principe, come sapete, è ora al campo di Somma e Sua Maestà des,idera ch'egli vi rimanga sino alla fine. Il campo finirà con questò mese. Non sarebbe che nei primi giorni d'agosto che il Principe potrà partire. Fatemi il piacere di dirmi quando finirà il campo di Chàlons e se l'Imperatore vi si reca e quando.

35

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONIFIDENZIALE 34. Londra, 11 luglio 1864 (per. il 14).

V.E. ha ricevuto nella mia precedente corrispondenza di questi ultimi giorni sia telegrafica, che ufficiale e privata quanti dati ho potuto procurarmi circa le pubblicazioni del Morning Post e sulle opinioni, che fecero nascere negli uomini di Stato in Inghilterra.

Non ho quindi gran cosa ad aggiungere a quanto V.E. mi chiedeva per telegrafo, però presi occasione dalla mia visita a Lord Russell sabbato e più tardi a Lord Palmerston per discorrere con quei Ministri di queste faccende.

Lord Russell mi parve più riservato nell'ammettere l'autenticità dei documenti, però non negò di crederli in gran parte veri, e quelli di cui molti dubitavano, pareano di certo redatti dietro a dispacci, dei quali non potevasi muovere dubbio. Però lo trovai tuttoché persuaso delle tendenze delle Corti Nordiche ad unirsi in un'intesa sopra varie quistioni, soprattutto sulla questione polacca, d'opinione pure non v'era nulla combinato per scritto, e che principalmente consistevano in scambio d'idee .fra le teste coronate. Non si presta poi la menoma fede alla guarantigia all'Austria delle sue possessioni Italiane.

Siccome ebbi a notare già l'idea, che par predominare in quegli accordi è che quelle potenze trovando pericolose certe massime rivoluzionarie che riconoscono nella politica francese vorrebbero mettersi al sicuro coll'unirsi a combatterle.

Lord Palmerston mi ripeté a un dipresso le medesime idee, aggiungendovi in quanto alla Venezia, che non c'era caso poiché la Prussia non poteva vincolarsi senza domandare il parere delle ;;ue Camere, e che per fare la

guerra coll'Austria bisognava domandare danari e questi sia il partito liberale li negherebbe sia quel partito, che non vedrebbe tanto di mal occhio un'occasione d'indebolimento per l'Austria. E quando gli dissi se non era a credersi che l'idea di Bismarck fosse d'annullare la costituzione, egli mi rispose, che' equivarrebbe ad una rivoluzione.

Lord Palmerston ha del resto parlato nel medesimo senso cogli intimi suoi e in famiglia. Osservazione, che credo necessaria onde dimostrare, che non si esprimeva con me in linguaggio per così dir diplomatico.

Comincia a capirsi meglio come questi documenti sleno venuti in luce. Vengono dal Comitato Polacco, che ha potuto procurarseli di mano in mano per mezzo dei suoi affiliati nelle varie cancellerie. Già da sei settimane la maggior parte eran stati comunicati a varie persone qua e a Parigi. Non tutti vennero pubblicati. La Prussia fu la più viva nelle sue denegazioni. Quindi l'Austria. La Russia molto meno e mi disse Lord Russell avergli detto il Barone Brunnow di non aver voluto esporsi ai sorrisi coi quali la Camera accolse le denegazioni del Conte Bernstorff. Questi documenti furono poi comunicati al M01·ning Post non dal governo, ma da qualche amico del governo. Al più il governo consultato può aver lasciato fare.

Queste osservazioni indicano, che molte delle ciarle, che si son fatte sull'origine dei documenti che da chi vennero pubblicati eran false.

Ma devo aggiungere per amor della verità che Lord Palmerston mi ripeté che la più gran parte di quelle pubblicazioni erano a parere suo perfettamente autentiche.

Del resto la cordialità dei rapporti colla Francia non fa progresso.

Sempre si dice a Parigi di nulla poter fare in senso d'alleanza se non si dichiara qui esplicitamente un piano politico per l'avvenire e se non si accompagna di impegni presi quand'anche la Francia forzata in una guerra volesse derivarne un aumento di territorio, che l'Inghilterra non si ritirerà per questo dall'alleanza.

Ma questo è non solo il voler forzare l'Inghilterra a uscir dalle sue solite teorie riguardo a combinazioni ipotetiche, ma il volerla mettere al caso di legalizzare non solo un atto, che gli mette timore per altre ulteriori conquiste della Francia, ma che costituisce un aumento delle forze della Francia, che può tutt'al più sopportare, ma non promuovere.

Intanto la causa Danese sulla quale si fondavano varie di queste teorie pel rinnovamento d'Europa se ne va poco per volta in malora.

E se si fa la pace colla Germania come ne corre voce, e come molti indizii sembrano indicarlo sarà tolta di mezzo una delle basi sulle quali si potea operare.

Inoltre non v'ha dubbio, che il voto di venerdì non abbia dato ragione alla parte inattiva del Ministero. E questi ora travasi colle mani legate se anche avesse prima avuto velleità di guerra.

Entriamo del resto in quel periodo dell'anno in cui a nessun costo si può impedire, che Ministri e deputati non vadano a riposar dall'immense fatiche della prima parte dell'anno, e non ho quasi credo mai visto un'eccezione.

Il Parlamento per quanto pare sarà prorogato prima della fine di questo mese ma lungo tempo prima i suoi componenti si saran dispersi.

36

IL MINISTRO RESIDENTE A STOCCOLMA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CIFRATO 19 (1). Stoccolma, 11 luglio 1864 (per. il 18).

On sait ici que la correSIPondance relative à la Sainte Alliance, récemment publiée par le Morning Post, a été fournie à ce journal par M. Drouyn de Lhuys. Les quatre premières dépeches on été communiquées à Paris par le ministre des affaires étrangères (voir ma dépèche chiffrée du 4 mai). Alors le Gouvernement français répondit qu'il y pretait peu de foi, maintenant il a jugé 2, propos de les faire publier.

37

ÉDOUARD THOUVENEL AL CONTE VIMERCATI

(AVV)

L. P. Parigi, 11 luglio 1 864.

Votre lettre du 6 Juin (2) m'est arnvee au milieu d'un vilain accès de rhumatisme, et il m'a été impossible de vous répondre tout de suite conune je l'aurais désiré. J'ai eu ensuite le chagrln de la mort de Pauline Benedetti et ensuite des inquiétudes sur la santé du Marquis de Lavalette. J'ai enfin attendu la solution de la cTise Rouher, et, de fil en aiguille, plus d'un mois s'est passé pendant lequel vous n'aurez pas manqué de maugréer contre moi. Et pourtant, que puis-je vous dire? de quel poids est l'avis de quelqu'un qui ne sait r-ien? Après vous avoir promenés de Février à Avril, d'Avril à Mai, de Mai à Juillet, M. Rouher ajourne ses résolutions à la fin d'Aoùt pour les reporter, sans doute, de cette date au mois d'Octobre et d'Octobre en Janvier! Je ne veux plus jouer ce jeu agaçant pour les nerfs, et j'ai pris le parti de laisser couler l'eau qui, de longtemps, j'en ai la conviction, ne ramènera ma barque au quai d'Orsay. C'est peut-etre ma bonne étoile qui le veut ainsi; les nuages en affaire s'épaississent et je ne vois poindre nulle part la lueur qui dissipcra les ténèbres. Pour ce que je puis conseiller à l'Italie, par ce temps noir et obscur, c'est de naviguer avec prudence et de se tenir prete pour Ics jours d'épreuve, cn évltant de pro\oouer personne. Chaque année qui pass<:?. en définitive, vous rend bataille gagnée pour votre établissement de 1860, et cette réflexion me semble de nature à calmer bien des impatiences. En dehors de cette règle de conduite générale, je n'ai vraiment rien à vous indiquer; il me parait impossible, néanmoins, qu'un changement de Règne plus ou moins pro{'hain à Rome n'ami'>ne pas une modiflcation dans la politique de I'Empe

(21 Cfr. Serie I, vol. IV, n. 783, allegato.

_36

Teur, mais tout ce à quoi l'Italie doit tendre, c'est à obteni1· l'évacuation de :nos troupes sans trop se soucier des conditions. Mon opinion, au surplus, n'a pas varié. Rome serait une déplorable capitale pour vous, et il suffit que la ville éternelle cesse d'etre un foyer de réaction anti-libérale et anti-italienne. La voie d'absorption, comme je le disais à M. le Comte Pasolini, me parait la meilleure, pour ne pas dire la seule à suivre. Pour cela, il faut abolir la Prélature, organiser une forte Municipalité, accorder aux Romains les droits civils et politiques en Italie, faire ~l'union douanière et laisser le S. Père et le Sa·cré Collège à Rome tranquillement sur cette enclave devenue inoffensive. Ce qui adviendra après dix ou vingt ans de ce régime, Dieu le sait, mais ce qui ne me semble pas douteux, c'est que le sort de l'Empereur, le voulut-il, ne peut plus quitter Rome que lorsque vous vous serez engagés à n'y pas entrer, et que vous aurez reconnu pour votTe bien, croyez-le, tout autant que pour le bien du catholicisme, que le Roi d'ltalie et le Pape ne doivent pas tenter l'essai d'une cohabitation impossible et plus fatale, à mes yeux, pour le premier que pour le second.

Si la santé et la bonne humeur me reviennent, je condenserai mes idées, ..soit dans une note à l'Em,pereur, soit en discours au Sénat, pour déjouer ce que fait Rouher dont les incertitudes m'ont paralysé cette année-ci. Je désirerais beaucoup faire un tour au-delà des Alpes avant de me mettre au travail, mais tant de choses peuvent traverser mes projets que je n'ose plus en former.

Adieu, mon cher Comte, la forme de ma lettre vous indique assez qu'elle ,est pour vous seui.

(1) Annesso al R. confidenziale 5, pari data. che non si pubblica.

38

IL GENERALE LA MARMORA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(AS' Biella, Carte La Marmora; ed., ad eccezione del brano fra asterischi, in Un po' più di luce, pp. 92-93) (1)

L. P. Napoli, 12 luglio 1864.

Vi ringrazio per la lunga e interessante lettera che da Bologna mi dirigeste colla data del 6 (2). Ve ne sono tanto più grato che dovevate essere ben stanco, per l'accanita lotta che avete sostenuta alla camera. Io sono oltremodo penetrato della gravità delle questioni di cui giustamente vi preoccupate, e sarei ben fortunato ·se in qualche modo io v'i potessi aiutare. *Riguardo a Garibaldti vedo con dolore, che si confermano i miei sospetti, sui suoi intrighi con un alto personaggio, e Dio voglia che questi si limitino al meno pericoloso per noi, fra i tre progetti di questo fastidioso avventuriero. Meno male s'egli volesse realmente andarsene sul Danubio, con buona parte della sua comitiva; ma io temo che se ha riuscito a strappare una lettera, o un documento Reale qualsiasi, anziché recarsi con questo presso ai Rumeni, troverà più comodo valer

·4 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. V

sene per ingannare i Romani, e compromettere il Governo. È però una brutta fatalità che quel Signore cosi alto locato voglia sempre mischiarsi, colle persone, e colle {!Ose più basse*. Sull'abilità di Sutherland (in materia politica) sono con voi perfettamente d'accordo. Egli ha però una tal smania di dividere la popolarità di Garibaldi ch'egli è capace di qualunque atto di debolezza. Comunque poi, da quel che voi mi scrivete, e da ciò che mi viene da Ischia, ritengo che Garibaldi non tarderà a lasciare questi lidi, e io potrò recarmi a Torinoprima della fine del mese.

Sulla questione interna di cui mi volete anche intrattenere io nulla oso· dirvi, poiché malgrado io abbia letto qua e là i discorsi che si pronunciaronoalla camera, io mi sento poco al corrente. Ma sulla questione Romana, permettetemi che io vi esterni fin d'ora il mio intimo convincimento. Che a noi non conviene, in nissun modo, intavolare trattative col Governo Francese, sulle basi del progetto Cavour che mi dite accarezzato dall'Imperatore. Come! Il Governo Italiano dovrebbe prendere l'impegno di non attaccare, e non permettere che altri attacchi il territorio Pontificio? A queste condizioni preferiscoche i Francesi rimanghino. Giacché accettandole, noi ci troveressimo a fronte del tremendo dilemma. O fallire all'impegno preso; e in quel caso avressimO' contro di noi, non solo tutta la Francia, ma molte altre potenze, e la certezza di riavere a Roma i Francesi, per non più andarsene. Ovvero proteggere noi, a nostre spese, e col nostro sangue, i nostri più accaniti nemici, nelle mura di quella stessa Roma, proclamata dal Parlamento capitale del Regno. Io credo che non si troverebbe un Ministero capace di governare sotto il peso di tanta odiosità. E quale può essere mai Z'acte che l'Imperatore sta studiando per dare a quel bel pro-getto un caractère sérieux? A mio avviso, non può essere altro, che il trasporto della capitale a Firenze, o in qualche altra città (che non sia Roma). Ma per ciò fare, 1se ci saremo obbligati, mi pare che no-n abbiamo bisogno, né del permesso della Francia, né di promettere all'Imperatore che rispetteremo, e faremo eternamente rispettare i nostri nemici a Roma.

Per carità non vi lasciate lusingare dal piacere di vedere i Francesi abbandonare Roma a tali patti. .l\lla notizia dello sgombro, può bensì destarsi fra gli Italiani, una momentanea generale soddisfazione, ma appena sarebbero note le condizioni, si solleverebbe ne sono certo una tale tremenda burrasca, capace di ingoiare, e governanti e governati.

(1) -Parzialmente edita anche in MINGHETTI, pp. 51-52 e in BASTGEN, pp. 319-320. (2) -Cfr. n. 13.
39

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 683. Costantinopoli, 13 Zuglio 1864, ore 16,20 (per. ore 17,20 del 15).

Quoique Aali Pacha affirme que la conférence de Syrie ne se tiendra pas, il me revient d'autre part qu'elle aura lieu prochainement. En cas que cela arrive sans notre participation et malgré mes démarches je désire savoir l'attitude que je dois garder et la date de la protestation du général Durando, document qui ne se trouve nulle part ici. L'ambassadeur anglais a reçu les instructions (1).

40

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, GAMBAROTTA

D. 6. Torino, 13 luglio 1864.

Mi è regolarmente pervenuto il dispaccio confidenziale indirizzatomi dalla

S.V. IllustrisSiima il 6 luglio (2) e la ringrazio delle notizie in esso contenute circa la situazione politica della Reggenza.

La partenza simultanea o quasi simultanea dei due Consoli di Francia e d'Inghilterra potrebbe essere una tacita concessione reciproca, che avvierebbe forse quelle due potenze ad un accordo che se non sarà definitivo e completo, gioverà pur sempre a far superare la crisi attuale e ad allontanare il pericolo di complicazioni ulteriori.

Le parole pronunciate dal Bey nell'ultimo suo colloquio colla S.V. Illustrissima accennano ad una soluzione, la quale è forse la sola possibile nello stato attuale dell'Europa. Quelle parole dimostrano altresì che il Governo del ·ne ben s'apponeva non interpretando in senso assoluto le altre che venivano pure pronunciate dal Khasnadar in una precedente occasione. Importa però di eonoscere esattamente se il Bey perduri in tale proponimento, e se nei suoi colloqui coi rappresentanti della Francia e dell'Inghilterra abbia tenuto esattamente lo stesso linguaggio. È pure d'uopo che Ella vegli affmché il R. agente € console generale d'Italia sia dei primi a ricevere la domanda d'intervento, ed a trasmetterla al Governo del Re, il quale non frapporrà indugi a mettersi in comunicazione coi Gabinetti di Parigi e di Londra pei necessari accordi.

41

IL GENERALE KLAPKA AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI

L. P. Ginevra, 13 luglio 1864 (3).

Oserais-je vous prier de bien vouloir remettre la lettre avec les pièces qui l'accompagnent au Chevalier Artom. Je profite en meme temps de cette

c Sir H. Bulwer ebbe le istruzioni dal suo Governo su questo argomento, ma dimorando fuori di Costantinopoli nella sua isola di Platy, cosi non potei per anco inter:rogarlo di viva voce. Gli ho però fatto conoscere il mio desiderio d'essere istruito sulle ulteriori sue intenzioni.

L'incaricato di Prussia mi disse che non aveva ricevuto direzione alcuna; le sue disposizioni personali ci sono assai favorevoli.

Non bisogna far calcolo nessuno sull'appoggio del rappresentante russo, il quale come ()r sono più mesi, ebbi l'onore di palesarlo in via particolare all'E. V., ha delle istruzioni affP.tto consone a quelle del suo collega d'Austria».

occasion pour vous prier d'imposer à M. Kupa à son retour des Principautés,.

le plus strict silence. Après vous avoir fait son rapport il pourrait me rejoindre·

ici, pour le cas où cela serait indiSipenisablement nécessaire.

Nous allons sous peu organiser ici, après le retour du Comte Csaky et du

Général Eber, une direction centrale, subdivisée en sections pour nos intéréts

à l'étranger. Cette organisation, je l'espère, calmera, à la fin les inquiétudes

de mes COIIliPatriote.s :relatives à mes ambitieux desseins et leur prouvera que

je n'étais pénétré que d'un seul désir, celui de servir le mieux possible la cause

de mon pays.

Au moment de l'action ce serait avec cette représentation à l'étranger que

le Gouvernement italien aurait seul à s'entendre et auquel devrait se soumet

tre aussi M. Kossuth.

Ma responsabilité en sera de beaucoup allégée. J'avoue que j'en avais assumée une bonne dose. En ce moment je suis harassé chaque jour par les demandes en dommages et intéréts et les récriminations de tous les gens qui furent employés dans le Tyrol, la Styrie et la Hongrie pour l'affaire des armes suisses. Une partie de ces personnes a été jetée en prison, les autres se sont refugiées en Suisse où ils assiègent notre ami M. Peyer, qui de :son coté se replie sur moi. Je suis désolé que nous n'ayons pu rien obtenir pour ce dernier en Italie. C'était une compensation qui lui était bien due. Il ne pourra plus se rendre en Autriche, et son établd.ssement a perdu toutes ses commandes pour les cheniins de fer Autrichiens. Si au moins nous pourrions lui obtenir la remise de l'amende pour laquelle vous avez déjà eu l'obligeance de faire quelques demarches.

Je ne pourrai partir que 5 ou 6 jours pour aller voir le Prince Napoléon, ainsi que nous en sommes convenus. Veuillez, je vous prie, m'adresser ici vos lettres et dépéches jusqu'au 20 du mois présent.

Je vous prie, mon cher Conimandeur, de bien vouloir agréer l'expression de ma gratitude pour tous les services que vous avez rendus à notre cause.. Aucun Hongrois ne saura jamais les oublier!

(1) Si pubblica qui un brano di una L p, pari data di Greppi a Visconti Venosta, conservata in AVV:

(2) -Cfr. n. 14. (3) -Sic, ma la lettera per Artom a cui si fa cenno (cfr. n. 45) è datata 14 luglio.
42

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

T. 265. Torino, 14 luglio 1864, ore 15.

Veuillez me dire si le projet qu'on attribue au nouveau Cabinet danois de· faire entrer tout le Danemarck dans la Confédération germanique ait des chances de réussir et quelle serait en ce cas l'attitude de l'Angleterre (1).

(1) Uguale richiesta venne rivolta al ministro a Parigi con t. 266, pari data, e al ministro a Berlino con t. 268 del 15 lu&llo.

43

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 678. Parigi, 14 luglio 1864, ore 20,20 (per. ore 21,35).

Drouyn de Lhuys vient de me dire que le projet de faire entrer tout le Danemark dans la Confédération germanique n'est appuyé que par l'Autriche. L'ambassadeur de Russie a déclaré que le Cabinet de Pétersbourg ne l'admettrait pas. Le Cabinet anglais s'est aussi prononcé contre; la France le désapprouve hautement. Drouyn de Lhuys ne sait pas encore quelle serait l'attitude du Gouvernement français si contre toute attente on donnait suite au projet mais vous pouvez etre sùr qu'ìl ne tirerait pas l'épée pour cela. La Reine d'Espagne viendra rendre visite à l'Empereur vers la moitié d'aoùt.

44

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 680. Berlino, 14 luglio 1864, ore 23,22 (per. ore 8,30 del 15).

Hier on a reçu la nouvelle officielle que des courriers étaient partis de Copenhague pour Berlin et Vienne avec des propositions d'armistice et de paix; déjà avant de connaitre le texte des dépeches on déclare ici ne vouloir traiter que sous condition de la séparation complète des duchés du Danemark.

M. de Bismarck arrivera à Berlin le 18 et ne s'y arretera que deux jours; je dois insister pour réponse prompte et définitive à mon dernier télégramme (1).

45

IL GENERALE KLAPKA AL CAPO GABINETTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, ARTOM

L. P. Ginevra, 14 luglio 1864.

Je viens de recevoir des nouvelles du Comte Scherrtoss de Bukarest. Son dernier télégramme en date d'hier, est ainsi conçu:

" Si désirez acquisition projetée, il est urgent ne plus tarder ».

Il paraitrait donc que malg:ré l'a.rrestation de Frigyessy et les autres inconvéniens que nous devons aux Agents m.azziniens de toutes nationalités, le terrain est loin d'etre gaté, et qu'on pourrait sérieusement entamer les négociations directes avec le Prince Couza.

Je crois le moment venu pour donner l'ordre au Comte Schertoss cte

suivre les instructions que je lui ai données à cet efl'et, en supprimant la pre

m1ere lettre d'introduction dont il était nanti et en remettant au Prince celle que j'ai l'honneur de joindre à ia présente, avec la prière de la lui faire parvenir par l'intermédiaire de Votre Consul à Bukarest, ainsi que les autres pièces.

Dans ma lettre confidentielle à Scherrthoss (1), je lui dis de pousser l'affaire pour avoir le plut tot possible une réponse décisive du Prince, laquelle obtenue et les détails pour l'exécution de l'entreprise arretés, il devra immédiatement revenir pour etre remplacé par un Officier supérieur d'Artillerie, chargé du controle et du transport des armes que le Prince voudra nous délivrer.

Je profite de cette oc:casion, mon cher Chevalier, pour vous dire combien j'ai été peiné de cette série de malentendus qui tout récemment encore faillirent compromettre notre grand travail et rendre impossible toute tentative sérieuse contre l'Autriche.

En effet, rien ne pourrait etre plus agréable à l'Autriche que des expéditions organisées à <l'instar de celle de M. Borzyslawski. C'est le meilleur moyen pour nous mettre immédiatement les Russes sur les bras, chose qu'on doit ardemment désirer à Vienne.

Le but de l'expédition Borzyslawski travaillant conjointement avec Frigyessy est si peu défini que tout agent Russe ou autrichien pourra-s'en servir à son gré aU!SISi bien que Mazzini lui-meme (2). Mais espérons que nos dernières démarches à Turin et la mission du Général Eber auprès de Garibaldi, mettront un terme à cette confusion et que tout rentrera dans une voie régulière et normale.

• Il Signor Carlo Borzyslawski nativo della Gallizia (Polonia Austriaca) dopo aver militato nell'Armata Italiana, si presentava verso i primi mesi del 1864 al Signor Conte di Castiglione, Segretario di Sua Maestà per ottenere dei mezzi onde recarsi nei Principati Danubiani e di là nella Gallizia per gettarvi i germi di una insurrezione militare.

Pare che egli contasse sul concorso di molti amici e su quello d'un suo prossimo pa

rente che aveva militato come Tenente nell'Armata Austriaca e che aveva poi fatta la campagna contro i Russi sotto il Dittatore Langiewitz.

Sua Maestà alla quale ne venne fatto rapporto dal Conte Castiglione non accolse che con estrema riserva questa offerta e fece sapere al proponente che Essa non intendeva per nulla di assumere la morale responsabilità di tentativi che potevano compromettere seriamente le persone chiamate a prendervi parte. Vedendo però che il Signor Borzyslawski era fermamente deciso di andare in Oriente, volle provvedere alle spese del suo viaggio e somministrargli i mezzi di far fronte al bisogni dei primi mesi del suo soggiorno in quei paesi.

Il Signor Borzyslawski si presentava il 5 luglio 1864 al Ministero degli Affari Esteri per attenervi un passaporto per i Principati Rumeni, ma il Segretario Generale glielo rifiutava recisam!'nte e si limitava a dargli una lettera confidenziale per il Marchese Gualterio in allora Prefetto in Genova affinché lo munisse di un passaporto per l'Oriente e la Grecin,

La missione assuntasi dal Borzyslawski non ebbe migliore effetto di tante altre di simile natura che sono ordinariamente, prima del loro compiersi, conosciute dal pubblico per l'imprudenza dei loro autori. Fu conosciuta a Costantinopoli dai Turchi, in Bucharest dal Principe Couza e, ben inteso, da tutti gli Agenti austriaci, russi ed inglesi in Turchia e nei Principati.

Arrivato il Borzyslawski a Bucharest e presentatosi al Comm. Strambio, Console di

Sua Maestà, gli parlava di questa missione, dicendo che aspettava da Torino nuove istruzioni.

Appunto in quei giorni venivano espulsi dai Principati otto o dieci ungheresi e polacchi per le imprudenze di altro sedicente Inviato del R. Governo Signor Frigesy, già Maggiore nell'Esercito Meridionale e militare di distinzione.

Il Borzyslawski era obbligato di partire egli pure e di ritornare a Costantinopoli.

Colà andava a vedere (26 agosto 1864) il Conte Greppi R. Ministro ed a lui pureparlava della missione avuta da Sua Maestà di promuovere una insurrezione nella Gallizia, dicendo avere sotto i suoi ordini 40 uomini circa che versavano in bisogno di soccorsi. Ora <'hi gli aveva dato istruzione di arruolare questi 40 uomini, ed a quale oggetto? Se si tratta di una cospirazione sono soverchi davvero. Se si tratta di azione sembrano troppo pochi.

Il 15 agosto il Signor Sokulsky Agente polacco in Costantinopoli, scriveva:

• Je crois de mon devoir de vous signaler en toute confidence, que M. Borzyslawsids'est très mal acquitté ici de la mission qui lui a été confiée, en ce sens qu'il en a parlé sans ménagement de manlère à donner éveil aux nombreux espions; ensuite les hommcs sous son

Il serait très désirable si le Gouvernement de S. M. le Roi pouvait arriver à une entente toute confidentielle avec l'Envoyé du Comité Centrai Hongrois, le Comte Csaky. Toutefois votre première idée d'attendre l'arrivée des armes dans les Principautés pour fixer les détails et l'époque de l'insurrection en Hongrie, me parait la plus conforme aux circonstances. Cette question devant etre résolue au commencement d'Aout, nous pourrions à cette é.poque tous encore une fois nous rendre à Turin pour arreter les résolutions definitives.

P. S. Veuillez me télégraphier un mot si tout a été arrangé à Ischia.

ALLEGATO

KLAPKA AL PRINCIPE CUZA

Parigi, 12 luglio 1864.

Le voyage de mon ami le Comte Arthur Scherrtoss dans les Principautés Danubiennes, me procure une heureuse occasion pour me rappeler au gracieux souvenir de Votre Altesse.

Le Comte Arthur Scherrtoss est chargé par moi d'entretenir Votre Altesse de quelques questions de la plus haute importance, qui ont trait à l'avenir de la Hongrie.

La première entre toutes concerne les armes, qui furent envoyées, par mon intervention, dans Ies Principautés Unies en 1859, et dont Votre Altesse daigna nous promettre, d'en tenir une partie à notre disposition, pour un moment suprème.

Je n'entrerai pas ici dans des détails que le Comte Scherrtoss aura l'honneur de présenter à Votre Altesse et pour lequel je la prie de vouloir bien l'accueillir avec la méme bienveillance 'dont elle a daigné m'honorer moi-meme.

Le Comte Scherrtoss est en méme temps chargé par un établissement de Crédit, d'une mission financière auprès de Votre Altesse laquelle servira on ne peut mieux à voiler le but de son voyage.

commandement lui reprochent l'inconséquence de sa conduite, si choquant.e qu'clle peut com

promettre toute l'affaire •.

M. Borzyslawski peut etre très bon et meme nécessaire au moment de l'action, mais il faut plus dc prudence et plus de circonspection dans les travaux préparatoires ».

Deve dirsi a lode del signor Borzyslawski, che pare abbia resistito all'invito ttatoglifatto da diversi emigrati polacchi, suoi concittadini di mettersi alla loro testa per andare a Roma al servizio del Potere temporale.

Il Signor Borzyslawski si recò poco dopo in Algeria da dove si fece a reclamare somme cospicue per la già accennata missione in Oriente. Una di queste domande acchiusa in un dispaccio del R. Console Sant'Agabio fu comunicata al Signor Conte di Castiglione dal qualesi ebbe la più positiva conferma che il petente non era stato incaricato di alcuna missione politica e che i denari avuti da Sua Maestà non erano che un sussidio dato ad un emigrato di

distinzione, e, se anche si vuole, un incoraggiamento a sentimenti di patriotismo ma non mai una mercede per un mandato affidatogli, e tanto meno una anticipazione remuneratori,a d'impegni successivi.

Messa per tal modo fuori di questione ogni pretesa del Borzyslawski a compensi pecuniari!, rimane a vedere se possa accogliersi la domanda da lui fatta per la sua reintegra-· zione personale al Regio Servizio col grado ed anzianità che egli aveva, ma questo esame è fuori della competenza del Ministero degli Affari Esteri.

Negli anni 1863-64 e 65 il Governo Italiano desideroso di allontanare dal paese una quantità di emigrati polacchi che non trovavano impiego e che con una condotta non sempre esemplare turbavano la pubblica tranquillità e compromettevano la nostra causa ·verso alcune Potenze amiche, prese la risoluzione di facilitare il loro ritorno in Oriente da dove ci erano venuti, ma somministrò sempre agli stessi i mezzi di viaggio e qualche piccola.fondo di risparmio. Non prese mai impegni futuri a loro riguardo e non autorizzò mai r-1('un Agente a fare arruolamenti di polacchi per servire nella guerra dell'indipendenza};.

(1) Cfr. n. 27.

(1) -Del 14 luglio, in tedesco, che non si pubblica. (2) -Sul Borzyslawski si pubblica qui una memoria, priva di data, ma evidentemente redatta parecchio tempo dopo :
46

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 685. Londra, 15 luglio 1864, ore 15,20 (ve1·. ore 17,40).

Le secrétaire de lord Palmerston et le ministre de Danemarck viennent de me dire qu'à leur avis l'Angleterre conserverait son attitude passive méme dans l'hypothèse signalée hier (1).

47

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, STRAMBIO

D. 26. Torino, 15 luglio 1864.

Il Principe Couza mi ha indirizzato nel maggio scorso una lettera per fare avvertito il Governo del Re dei concentramenti di truppe operati dall'Austria e dalla Russia ai confini dei Principati Uniti, e ricordare le disposizioni del trattato di Parigi le quali vietano ogni intervento in quel paese senza un preventivo accordo fra le Potenze.

Incarico la S.V. Illustrissima di rimettere a S.E. la qui unita mia risposta della quale compiego copia acciò Ella possa leggerla ed anche rimetterla al Ministro degli Affari Esteri ove ciò sia di uso prima di consegnare l'originale al Principe.

Com'Ella il vedrà da quanto scrivo al Principe le informazioni che abbiamo avute non ci permettono di credere che l'Austria e la Russia intendano intervenire ·armata mano nei Principati. Tuttavia prego la S.V. Illustrissima a renctermi esattamente e sollecitamente inteso di qualsiasi movimento militare che si facesse ai confini Moldo Valacchi, e di quanto a Lei potesse costì risultare delle intenzioni di quelle due Potenze (2).

48

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL GENERALE LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora, ed. in Un po' più di luce, p. 93)

L.P. Torino, 15 luglio 1864.

Vi ringrazio della vostra del 12 (3). Parleremo a lungo al vostro arrivo a Torino. Intanto due cose voglio anticipare. La prima è che confido di aver

indotto la persona a cui alludete a rompere le relazioni che diedero luogo a molte amarezze in questi ultimi giorni. Non so se durerà: ma per ora mi pare aver essa capito i pericoli.

L'altra cosa che desidero sottoporre alla vostra considerazione la più seria è rispetto alla questione romana.

Il Parlamento ha acclamato Roma capitale del Regno, ma nello stesso tempo ha dichiarato formalmente che Roma doveva acquistarsi non colla forza ma con mezzi morali. Ciò posto e in tutta lealtà e buona fede, ne segue che il Regno d'Italia può assumere l'obbligo di non assalire colla forza, e di non permettere che dal suo territorio bande armate assalgano il territorio pontificio.

Veggo tutte le difficoltà nell'avvenire; ma come concetto mi pare che sia logico e morale. Ma, ripeto, di tutto ciò in voce.

(1) -Cfr. n. 42. (2) -Con R. 25 dell'H agosto Strambio dette notizia dell'avvenuta consegna al principe Cuza della lettera di Visconti Venosta. (3) -Cfr. n. 38.
49

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI

T. 270. Torino, 16 luglio 1864, ore 15,.15.

Je vous transmettrai des instructions par le prochain courrier. En attendant si la conférence se réunit sans que vous soyez appelé déclarez que vous avez ordre de renouveler les protestations et les réserves faites par le général Durando dans sa note du 22 septembre 1860 à S.E. Saafet effendi. Tachez que les deux ministres de France et d'Angleterre fassent de leur còté des démarches auprès d'Aali pacha pour notre admission.

50

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 62. Berlino, 17 Luglio 1864.

Dans ces derniers jours, le Baron de Guldenkrone est arrivé ici porteur d'une dépeche du Ministre des Affaires Etrangères à Copenhague, exprimant le désir de s'entendre avec la Prusse et l'Autriche pour la conclusione d'un armistice et d'une paix définitive. Aucune base n'est indiquée dans ce document. Ensuite d'une correspondance échangée entre Carlsbad et Vienne les plénipotentiaires des Puissances belligérantes se réuniront à cet effet à Vienne. En attendant il a été décidé que les hostilités seraient suspendues jusqu'au ler Aoftt.

Pour que le Danemark ait pris l'initiative d'une entente directe avec ses adversaires, sauf à soumettre plus tard à la conférence de Londres les préliminaires qui auront été réglés à Vienne, il faut non seulement qu'il ait perdu confiance dans un appui de la part des autres Puissances, mais encore qu'il ait le sentiment de l'impossibilité de continuer une lutte aussi inégale. C'est dumoins dans ce sens que s'exprime M. de Guldenkrone. Son pays, dit-il, est ruiné; l'armée a été au dessous de la réputation qu,.elle s'était acquise en 1848; elle a évacué les plus fortes positions oons opposer une :résistance énergique; elle a entre autres livré la piace de Fredericia sans coup férir. Les généraux ont fait preuve d'incapacité. Le Gouvernement ne peut pas meme compter sur J.e Scandinavisme, qui au reste rencontre une assez forte opposition en Danemark. Aussi, al lieu de s'appuyer sur oes élémens, il devrait plutòt se rattacher à l'Allemagne, pour sauver eneore, s'il est possible, quelques débris du naufrage.

Ce langage quoiqu'il manque à la fois de dignité et de patriotisme, indique assez dans quelles tristes conditions se trouve ce pays. Il ne lui reste qu'à passer sous les fourches caudines. La dernière partie de ce langagc démontrait aussi que le nouveau Ministère Danois, s'il ne dépendait que de lui, serait tenté de passer avec armes et bagages dans le camp Allemand. En favorisant l'incorporation de toute la Monarchie dans la Confédération Germanique il espérerait empecher le démembrement des Duchés. Des allusions dans ce sens auraient mème été faites à Paris; mais elles ont été carrément repoussées. Et méme M. Drouyn de Lhuys a préventivement fait déclarer à Berlin que la France refuserait son consentement à toute combinaison de ce genre. La Prusse a répondu que, de son còté également, elle ne s'y préterait pas. La réalisation de ce projet conviendrait à l'Autriche qui par là couperait court aux convoitises de M. de Bismark, et se créerait un précédent utile à ses propres intérets. Mai-s en présence de l'opposition qu'll a déjà su.scitée, et qu'il susciterait partout ailleurs, ce projet n'est pas viable, et il n'y a plus à s'en préoccuper.

La question Danoise est entrée dans une nouvelle phase. Ici personne ne croit plus au renouvellement des hostilités. On ne doute pas qu'on ne parvienne à signer un armistice à long terme, et que le Cabinet de Copenhague ne consente à xenoncer au Schleswig et au Holstein sans meme réclamer une ligne de frontière entre ~es deux nationalités de ce premler Duché. Seulement il cherchera à prolonger les négociations en calculant sur des mésintelligences entre la Prusse et l'Autriche. Si M. de Bismark se montre conciliant dans la forme vis-à-vis du Comte de Rechberg, en consentant par exemple à ce que les Plénipotentiaires siègent à Vienne, il n'a pris aucun engagement sur le sort définitif des Duchés. Il calcule sur le bénéfice du tems et des circonstances pour garder une conquete due surtout aux victories de la Prusse. S'il a paru un instant se mettre à la remorque de l'Autriche pour soutenir le Due d'Au. gustenbourg, c'était avec l'arrière pensée de rompre ce mariage de raison.

En effet à la lune de miei a bientòt succédé la lune rousse. Il a non seulement

cherché à compromettre le prétendant vis-à-vis de l'opinion publique; mais,

graces à la complaisance intéressée de la Russie, il lui a opposé un autre

candidat: le Grand Due d'Oldenbourg. • Je jetterai, disait-il alors, au beau

milieu de la Diète Gemnanique une de ces questions de droit que mes com

patriotes savent si bien discuter d'une manière interminable •.

Bref si la situation devient pacifique vis à vis du vaincu, elle n'en reste pas moins obscure vis-à-vis des vainqueurs, vis-à-vis des prétendans et visà-vis de l'Allemagne. Nous assisterons encore à de curieux incidens. Mais le résultat n'arrivera que très lentement. En attendant la question a beaucoup perdu de son intéret, et les négociations devant avoir Ueu à V•ienne, le poste de Berlin est pour le moment sam i<:mportance. Douze de mes collègues sont déjà partis, y compris celui d'Autriche. L'Ambassadeur d'Angleterre part demain. Celui de F•rance compte s'absenter dès les premiers jours d'Aout. Le représentant de la Russie a obtenu un congé dont il profitera déjà ce mois.

ci. Les autres Ministres s'absenteront également. Il ne restera bientòt plus quedes Chargés d'Affaires. Le Roi ne reviendra que pour quelques jours à Potsdam vers la fin du mois d'Aout. Les premiers jours de Septembre commenceront les grandes manoeuvres militaires. Puis vers la fin de ce méme mois le Roi se rendra à Bade. M. de Bismark ne quitte pas plus Sa Majesté que son ombre. Il a méme renoncé à son projet de faire une course de deux jours dans la capitale, pour y rencontrer le Prince Gortschakoff, celui-ci lui ayant fait une dernière visite à Carlsbad. C'est-à-dire qu'ici nous entrons dans une saison morte pour les affaires, et qu'à mon tour je prie V.E. de m'autoriser à prendre un congé si brusquement interrompu l'année dernière, et que mon médecin juge nécessaire à ma santé fortement ébranlée cet hiver. J'attendrai naturellement d'avoir signé le protocole commerciai, à moins que, contrairement à mon avis, on ne veuille de part ou d'autre en ajourner la conclusion.

En me réservant de transmettre les renseignemens demandés, par l'avant dernier article de la dépéche n. 8 (cabinet)... (1).

51

IL MINISTRO RESIDENTE A STOCCOLMA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CIFRATO 20. Stoccolma, 17 luglio 1864: (per. il 24:).

Il résulte des dépéches récemment communiquées à cette légation de France de Par:iis que dans les de:miws jours de la conférence l'ambassadeur de France à Londres pro~osa de la part de son Gouvernement au Gouvernement britarmique de soutenir ·le Danemark par ·Ies armes si l'Angleterre· voulait s'engager de son còté à concourir de toutes ses forces et jusqu'à bout, le Gouvernement français se réservant de prendre quelques compensations pour ses sacrifices. Le Gouvernement anglais ayant répondu que le cas échéant

47'

il entendait borner son action à une démonstration sur mer la proposition n'eut point de suite. Copie de la dépéche relative a été ladssée à 1lord Russell par l'ambassadeur de France. Tout cela a été dit hier au Roi et au ministre des affaires étrangères par ce ministre de France.

(1) Cfr. n. l.

52

IL MINISTRO RESIDENTE A COPENAGHEN, DORIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 697. Copenaghen, 19 luglio 1864, ore 16 (per. ore 2 del 20).

A la suite de la proposition de l'Autriche d'accord avec la Prusse les négociations vont bientòt avoir lieu à Vienne, pour discuter la base éventuelle de la paix avec précédente discussion pour armistice. Le Danemark enverra probablement lVI. Quaade.

53

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, GAMBAROTTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 704. Tunisi, 19 luglio 1864, ore 24 (per. ore 18,35 del 21). (1)

La situation politique assez calme jusqu'ìci, est devenue très grave tout à coup par suite des nouvelles arrivées dans la journée; les troupes du Bey qui sont campées près de Beja n'ont plus bougé depuis environ 10 jours; le chef des révoltés était disposé à traiter maJis ordre étant arrivé àu général du Bey de faire payer les 36 piastres ainsi que les autres impòts toute entente parait devenue impossible. Cette nouvelle erreur du premier ministre peut devenir fatale au Bey et peut etre à sa dynastie, aussi :le bruit ~court très accrédité que le camp a été battu et qu'il est en dissolution, mais il me manque le temps et les moyens de m'en assurer avant le départ du ~courrier. Plusieurs ouvriers français ont été dépouillés et maltraités par les arabes à cinq heures de distance de Tunis. Un rassemblement d'environ 400 soldats du Bey congédiés depu~s longtemps et rappelés maintenant sous les armes, a eu lieu trois jours de suite y comprls hier sous les fenètres du commissaire turc qui leur a promis protection et leur a fait distribuer à chacun 10 piastres. Les cris de vive le Sultan étaient unanimes. Le commissaire est très embarrassé. Enfin tout ceci peut ètre le commencement de la fin. Vous pouvez compter en tout cas sur un avis prompte tel que vous l'avez désiré par la dépèche de Cabinet n. 6 (2).

(1) -Trasmesso da Cagliari il 21 luglio alle ore 15. (2) -Cfr. n. 40.
54

IL MINISTRO RESIDENTE A COPENAGHEN, DORIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

-R. CIFRATO 61. Copenaghen, 19 luglio 1864 (per. il 24).

Les journaux ont beaucou,p parlé depuis quelque tem,ps d'une lettre du Roi de Danemal'ck à l'Empereur des Français et d'une espèce d'arbitrage indirect de ce Souverain dans la question danoise. J'ai lieu de croire qu'ils sont dans l'erreur, il est vrai que le langage du ministre des affaires étrangères de France au représentant du Danemarck à Paris a été dans le sens d'une approbation des tentatives directes d'arrangement avec les puissances alliées et qu'il _a promis d'appuyer les démavches faites dans ,ce but par le nouveau Ministère danois, mais l'Angleterre et la Ruissie ont si je ne me trom1J'e, montré les memes dispositions et promis le meme concours au Danemarck; il n'y a donc pas jusqu'à présent cette action ou intervention plus directe de la France à laquelle les feuilJes étrangères ont fadt allusion; quoique moins ex,plicite le langage du représentant de l'Empereur des Français auprès de cette Cour est cependant dans le sens de ce qui précède.

55

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI,

AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 277. Torino, 20 luglio 1864, ore 12,45.

Le prince Humbert partira incognito dans la première semaine d'aoiìt, viendra d'abord voir la princesse Clotilde à Paris. Si l'empereur ['invite à Chalons il acceptera. Après il ira en Belgique, Pays-Bas, Angleterre et reviendra à Paris pour y passer quelque temps vers la fin de septembre. Veuillez prendre dispositions en conséquence et prévenir le prince Napoléon que le prince Humbert accepte de descendre chez lui.

56

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, STRAMBIO

T. Torino, 21 luglio 1864, ore 11.

Veuillez dire à Scheerthoss qu'itl. suspende toute dém<Wche politique et qu'il ne s'occupe que de sa mission financière. Klapka lui écrira (1).

me sens •·

(1) Questo telegramma venne ·inviato in segÙito al seguente telegramma di Klapka a Cerruti del 20 luglio da Ginevra. • Veuillez bien faire savoir télégraphiquement à Scherthoss qu'ìl s'arréte court dans sa mission politique les négociations avec Couza étant devenues dangereuses et qu'il ne s'occupe que de sa mission financière. Je lui écrirai dans le mé

57

IL MINISTRO A PARIGI. NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI (1)

(Ed. in MINCIIETTI, pp. 76-80; e in BASTGEN, pp. 325-327)

L.P. Parigi, 21 Zuglio 1864.

Completo con questa lettera, che vi giungerà un po' in ritardo, perchè· non voglio confidarla che a mani sicurissime, quanto scrissi a Visconti e quanto Pepoli vi portò intorno alle nostre conversazioni coll'Imperatore a Fontainebleau...

Vengo alla questione di Roma. Io era incaricato di proporre all'Imperatore un accordo per l'evacuazione di Roma nell'eventualità della mortedel Papa.

L'ho fatto, insistendo sui gravi inconvenienti e sui pericoli inevitabili che accadrebbero ove il Papa morisse, senza che questo accordo fra i due Governi d'Italia e di Francia fosse intervenuto. • Se il Papa muore " gli dissi

• senza che ci siamo intesi per un'azione comune, e senza che noi possiamf)· promettere ai Romani la prossima partenza della guarnigione francese, noi non potremo impedire che gli emigrati romani passino la frontiera, che vì siano manifestazioni e fors'anco la votazione di un plebiscito, che vi siano movimenti generali o parziali nello Stato Pontificio e massime nei luoghi non occupati da truppa francese. Il signor Drouyn de Lhuys ci spinge a dar consigli di prudenza e di pazienza; ma quale autorità potrebbero avere questi consigli, se non abbiamo in mano una promessa di evacuazione? Certo il Generale Montebello ha tutti i mezzi per poter reprimere qualunque movimento, ma non credo che sia nell'interesse dell'Imperatore che il sangue italiano sia di nuovo versato a Roma per mani francesi.

Vi prego di ben considerare quanto sto per dirvi perchè la cosa è di una estrema gravità. L'Imperatore rispose protestando ch'esso ha sempre avutoed ha vivo desiderio di ritirare le truppe da Roma; ma che non può farlo, senon quando sia certo che il ritiro delle truppe non abbia per conseguenza necessaria ed immediata la caduta del potere temporale. • Se l'Italia piglia l'impegno di rispettare lo Stato Pontificio, non ho ragione • disse egli • di dubitare che il Governo del Re farà il possibile per non violarlo o !asciarlo violare, ma questa convinzione non potrà entrare nello spirito delle masse cattoliche. C'è un voto del Parlamento italiano che proclama Roma capitale. Se io firmo il trattato che vOli proponete, si griderà alla commedia. Tutti credono che il Governo italiano non tiene la sua sede a Torino che fino a quando potrà trasportarla a Roma. Per ingenerare nell'opinione cattolica una conYinzione contraria, bisognerebbe che voi offriste una guarentigia pratica,. che dimostrasse che il trattato non è una finzione •.

Evidentemente l'Imperatore faceva allusione, o ad una rinuncia espressa a Roma, o al tras·porto della capitale in altra città del Regno.

Devo dire che l'Imperatore non osò parlare della rinunzia, nè io avrei potuto seguirlo su questo terreno. Non si poteva quindi applicare il suo discorso che all'ipotesi del trasporto della capitale.

All'interpellanza fatta in proposito, l'Imperatore rispose difatti, che il trasporto della capitale a Firenze o a Napoli poteva ingenerare quella fiducia di cui aveva parlato, e disse esplicitamente, che in questo caso non avrebbe difficoltà a firmare il trattato che noi gli proponevamo e di cui voi conoscete i cinque articoli. Anche prima che il trasporto fosse fatto materialmente, al semplice annunzio che il Governo del Re ha intenzione di effettuare questo -tr~orto, annunzio che sarebbe comunicato con sempli.A::e nota, l'I~ratore sarebbe disposto a farci annunziare, anche per nota, che è disposto a firmare il trattato. L'evacuazione poi avrebbe luogo dopo il trasporto fatto, ma a breve intervallo.

Non celai all'Imperatore che la cosa era talmente grave, che io non poteva pigliarla che ad referendum. Gli domandai se, per ottenere quella medesima convinzione che egli cercava, non credeva che bastasse il fissare al trattato una ·durata certa di sei o dieci anni, la qual cosa rendendo l'impegno da noi preso più possibile, avrebbe scartato ogni idea di finzione. Ma l'Imperatore rispose recisamente che ciò non sarebbe bastato.

Soggiunsi ancora: • Ma, S1re, ammesso anche che il governo del Re si decida al trasporto della capitale, questo non può operarsi che entro un certo intervallo di tempo, ed intanto il Papa può morire. Se questa eventualità accade, la questione rimane intatta, e noi ci troveremo di fronte ai medesimi inconvenienti; del resto Vostra Maestà capirà facilmente, che il trasporto della capitale pa-esenta difficoltà deJJa natura la più grave: si tratta di spostare il centro di gravitazione del governo, e di toglderlo di mezzo ad un elemento essenzialmente governativo, solido e sicuro: anche le difficoltà materiali saranno serie e numerose: mi permetto quindi di insistere perchè al di fuori della proposta di trasporto, la quale sarà seriamente esaminata dal governo del Re, noi tentiamo di metterei ora d'accordo per una azione comune nell'eventualità della morte del Papa ». Ma l'Imperatore rispose che apprezzava senza dubbio queste considerazioni, che però non vedeva altra soluzione fuorchè quella del trasporto della capitale.

All'Imperatore è indifferente che la capitale si trasporti a Firenze o a Napoli, o altrove. Quello che considera importante è il fatto del trasporto con...<>iderato in se stesso.

Eccovi esattamente riferito il pensiero dell'Imperatore.

Quanto al modo di procedere, esso vi fu precedentemente indicato da Pepoli, e non è del resto una questione assolutamente fissata. L'importante è la questione stessa di principio. Su questa chiamo tutta l'attenzione del governo del Re. Non aggiungo altro. Voi vi ricorderete, che fin da due anni abbiamo parlato della necessità del trasporto della capitale a Firenze. Sarà questo uno dei passi importanti che si saranno fatti verso l'unificazione della penisola.

Devo aggiungervi che l'Imperatore comunicò il progetto al signor Drouyn de Lhuys, al quale io ne parlai in seguito. Il signor Drouyn de Lhuys approvò senza riserva, e soggiunse queste parole che vi cito testualmente:

• Naturalmente il risultato di tutto ciò sarà che voi finirete per andare a Roma; ma è importante che tra questo fatto e quello dell'evacuazione passi un tale intervallo e una tal serie di eventi da impedire che si possa stabilire una connessione tra essi, e che la Francia ne abbia la responsabilità (1) ".

(1) È la lettera estensibile a La Marmora ricniesta da Minghetti nel n. 22.

58

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

·r. 2s1. Torino, 22 luglio 1864, ore 17,30.

D'après une dépeche que je reçots de Tunts en date du 19 (2), la situation serait de nouveau devenue fort grave. Des mesures imprudentes du premier ministre auraient rendu impossible toute transaction avec les insurgés; on parlait de la défaite des troupes du bey. Le bey avait annoncé il y a quelque temps à notre consul que dans le cas où il se trouverait sérieusement menacé il demanderait le débarquement des forces françaises, italiennes et anglaises. Tachez de savoir ce que ferait le Gouvernement français en présence d'une pareille demande.

59

IL MINISTRO RESIDENTE A COPENAGHEN, DORIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CIFRATO 62. Copenaghen, 22 luglio 1864 (per. il 27).

J'ai eu connaissance de la réponse du ministrc des affaires étrangères d'Autriche à la lettre de M. Bluhme relative à la suspension des hostilités. L'abandon des trois duchés y est posé comme base éventueLle de la paix~ c'est là une exigence d'autant plus inqualifiable qu'elle implique de la part du Danemark l'abandon de certaines parties du Jutland qui sont enclavées dans le Schleswig. La demande de l'abandon du Lauenbourg n'est pas moins injuste puisque la Prusse et l'Autriche ont reconnu la validité des droits du Roi de Danemark sur ce duché (3). On fera ici des contre-propositions mais sans aucun espoir de ramener l'ennemi à des sentiments plus équitables.

In un annesso cifrato al R. 32 del 18 luglio Rati Opizzoni scriveva, a proposito del Re· Leopoldo: « celui-ci aime assez à jouer la mouche du coche et l'Empereur l'!:!mp!oye souvent. camme trait d'union avec l'Angleterre •·

(1) -Di questa lettera, evidentemente incompleta, non si è rinvenuto l'originale in BCB, Carte Minghetti. (2) -Cfr. n. 53. (3) -Con R. cifrato 63 del 23 luglio Doria comunicò: • des conditions plus dures encore· seront imposées au Danemark. A la légation de Belgique on donne comme po~if que le frère. du Roi de Danemark s'est rendu dernièrement incognito à Bruxelles et que lè voyage du Roi Léopold à Vichy n'est pas étranger à la question danoise •.
60

APPUNTO (1)

22 luglio 1864.

Il solito corrispondente mi inviò Ie seguenti importanti comunicazioni:

A Vienna fu tenuto un consiglio secreto presieduto dall'Imperatore. Vi presero parte tre Ministri, Il Cancelliere dell'Ungheria cd i più influenti Generali dell'armata compreso il Benedek.

Scopo principale della riunione fu di decidere se fosse opportuno muovere guerra all'Italia nel corrente anno ovvero protrarla alla primavera ventura. Vi fu vivo dibattimento fra l'Imperatore unito al partito militare che volevano procedere prontamente, ma in fine prevalse il partito contrario e la guerra fu decisa pella primavera ventura, pelle cause seguenti:

I. Perchè era indispensabile effettuare un imprestito onde sopperire alle forti spese di una guerra che potrebbe avere lunga durata.

II. Perchè non era totalmente ultimata la questione colla Danimarca.

III. Perchè le fortificazioni del Veneto necessarie per una difesa in caso di ritirate non erano ancora terminate.

IV. -Il Cancelliere d'Ungheria fece osservare che lo spirito insurrezionale di quella popolazione difficilmente si ridesta nella primavera, epoca nella quale la parte più numerosa è occupata nei lavori campestri che difficilmente abbandona; mentre al contrario nell'autunno dopo raccolti i prodotti e assicurata così la sussistenza alla propria famiglia, l'Ungherese, facilmente entusiasta, facilmente prenderebbe grande parte alla rivoluzione, tanto più se l'Austria fosse impegnata nella guerra d'Italia. A confermare tale asserzione fece osservare che la massima parte delle misure di repressione in quei paesi vennero principalmente usate al cadere dell'autunno e nell'inverno. V. -Perchè continuando ad alimentare ed accrescere la reazione nell'Italia riescirebbe nella primavera ventura ad assicurare sempre più i trionfi dell'Austria in quegli Stati.

VI. Finalmente perchè era sperabile che l'Inghilterra, oltre alla stabilita neutralità, si decidesse per un intervento secreto al favore dell'Austria.

Venne anche stabilito di prontamente attivare le pratiche presso l'Inghilterra per avere un prestito dalla medesima, che non consentendolo verrebbe forzatamente imposto nella monarchia austriaca, di continuare ad accrescere la reazione in Italia e di terminare entro il corrente anno tutte le fortificazioni nel Veneto.

Sorse finalmente il Ministro delle finanze colla proposta di ridurre per intanto l'esercito mandandone una parte in permesso limitato, ma fu tale l'opposizione ostinata dell'Imperatore e dei Generali che la proposta riuscì senza effetto e l'esercito rimarrà perciò come attualmente si trova aumentandone lo spirito e perfezionandone l'istruzione.

(1) L'appunto è su carta intestata Comitato Militare nel Veneto e firmato B.R.

61

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 20. Baden, 22 luglio 1864 (per. t'l agosto).

M. de Roggenbach m'a fait ces jours-ci une longue visite à Baden. Il compte prendre bientòt un congé de quelques semaines, signe évident pour moi que les affaires de l'Allemagne vont chòmer, car cet homme d'Etat Badois est trop habile et trop influent parmi le parti National dont il est un des Chefs, tout en n'en ayant pas l'air ni les allures, pour s'absenter si sa présence pouvait etre utile à l'Allemagne, ou du moins s'il n'était pas sfrr que la paix DanoAllemande est en bonnes mains sous la direction du Ministre Bismark.

Une scission qui n'a guère d'autre portée qu'une question de forme plutòt que de fond vient de se manifester ces jours-ci parmi les Etats Confédérés. La Saxe et la Bavière et quelques autres Etats paraissent ne pas admettre que la Diète revienne sur la révision des droits de succession du Due d'Augustembourg, alléguant que le rapport de M. Von der Pfordten et autres actes successifs de la Diète impliquent déjà la reconnaissance de ces droits, tandis que la majorité des Etats secondaires, Baden y compris, voteront à Francfort avec la Prusse et l'Autriche pour que les titres du Due soient examinés simultanément à ceux du Due d'Oldenbourg.

Une autre question de forme, ou plus exactement de rédaction, va aussi se présenter, au dire de M. de Roggenbach, à la paix au sujet du Schleswig-Holstein, car l'Allemagne ne parait pas à priori vouloir admettre le mot cession, considérant ce territoire comme faisant partie de droit de la Confédération, laquelle n'a jamais accédé aux traités de Londres. Il est pourtant à présumer qu'on finira par s'entendre facilement si la paix venait à se conclure, car au fond c'est l'Allemagne qui aurait gain de cause sans avoir fait la guerre ni encouru ses risques.

J'ai demandé à mon interlocuteur si l'Allemagne ayant gain de cause territorial ne perdrait pas peut-etre du terrain politique par la prépondérance, inévitable après la guerre, des deux grandes Puissances Confédérées. • Il se peut, me dit le Ministre, qu'il y ait une phase d'indifferentisme en Allemagne, ainsi que je vous l'ai signalé (Confidentielle n. XVIII), mais en tout cas la prépondérance Austro-Prussienne ne pourrait dépasser certaines limites, car une pression trop accentuée sur des questions telles que la question Nationale et Constitutionnelle serait fort mal reçue partout et meme dangereuse, témoins certains Gouvernements de la Conféderation, qui, malgré leurs tendances peu libérales, n'osent pas meme tenter l'essai de les faire prévaloir •.

J'ai demandé à S.E. si ses opinions si rassurantes sur la politique intérieure de l'Allemagne, l'étaient de meme sur la politique extérieure, et surtout si l'influence Autrichienne ne pourrait pas entraìner la Confédération à la rendre solidaire de l'Autriche dans ses démelés non Allemands.

• Point de danger de ce còté-ci, m'a répondu S.E., principalement à cause de la faiblesse averée de l'Autriche, qui a été battue dans ces derniers temps sur tous les terrains; celui de la Réforme Fédérale l'année passée à Francfort;

celui de la reconstitution du Zollverein, car malgré les etrorts des Etats am!s

de l'Autriche, la Bavière en tete, c'est maintenant pour les séparatistes un

sauve-qui-peut de tous còtés pour se tirer de l'impasse et rentrer avec honneur

dans le nouveau Zollverein sur la base du Traité Franco-Prussien; finalement

sur le terrain meme de la questio n nano-Allemande où l'Autriche est actuelle

ment à la remorque de la Prusse ainsi que je vous l'ai signalé précédemment

et ce sera M. de Bismark qui présent ou absent dictera la paix à Vienne.

Ainsi tenant compte de la situation générale et de l'ensemble des circons

tances ci-dessus, continua le Ministre Grand nucal, l'Italie à mon avis n'a rien

à craindre du còté de l'Allemagne tant que nòtre intéret politique ou territoriaì

ne sera pas en jeu. En cas d'une guerre Austro-Italienne non seulement la

Confédération ne prendrait pas fait et cause pour l'Autriche, mais la Prusse

non plus, j'ai lieu de croire et s'il était vrai que M. de Bismark ait contracté

quelque engagement moral en faveur de l'Autriche, il trouvera bien moyen de

se dégager au besoin à l'heure de l'action •.

Je demandai au Baron de Roggenbach s'il croyait qu'à Fontainebleau il

y ait eu des pourparlers entre l'Empereur et M. de Beust sur une reconstitution

de l'Allemagne sympathique à la France. • Il se peut qu'il y ait eu quelque

échange d'idées générales, m'a-t'il répondu, quoique je ne sache absolument

rien la-dessus, mais, en tout cas, sans propos délibéré ni· portée sérieuse. La

France ne peut viser, continua le Ministre, qu'à un intéret politique ou un

intéret territorial en Allemagne. nans le premier cas en appuyant les aspirations

nationales et libérales Allemandes, dans le second en laissanf fortifier la Prusse

et gagner des avantages territoriaux pour demander ensuite des compensations

sur le Rhin dans l'inté~t de l'équiUbre Européen. C'est pourquoi l'Empereur

Napoléon a joué habilement deux cartes à la fois dans la question nano

Allemande, se tenant bien avec l'Allemagne de meme qu'avec la Prusse. Quant

à la question Franco-Rhénane l'Empereur est trop clairvoyant pour la susciter

dans les conditions actuelles, car il sait trop bien que ce serait peut-etre une

question de nynastie et il est trop avisé pour jouer une pareille partie sans·

étre sur du résultat ».

Quant à l'entente du Nord, si entente sérieuse il y avait, M. de Roggenbach · croit qu'elle ne peut rouler que sur la question Polonaise dans laquelle les trois

puissances ont des intérets plus ou moins identiques, tandis que sur d'autres

questions telles que la question Italienne, Hongroise, Scandinave et meme

Orientale, leurs intérets sont trop disparés pour se rendre solidaires gratuite

ment et meme dangereusement l'une de l'autre.

Telles sont, M. le Ministre, les impressions actuelles de M. de Roggenbach,

d'accord avec d'autres personnages politiques Allemands, avec lesquels je suis

en rapport. Mais pour se faire une idée juste des conséquences de la situation

actuelle de l'Allemagne toute difficile qu'elle soit à prévoir de tout temps, il

faudrait connaitre la pensée intime de M. Bismark, lequel sans contredit est

parvenu à etre en ce moment la clef de voute de la politique Allemande, et à

su reconquérir habilement à la Prusse le terrain perdu précédemment.

S'il n'y a pas danger, ainsi que parait le croire M. de Roggenbach, d'une

Allemagne ennemie de l'Italie en cas de guerre Austro-Italienne, l'hostilité

politique de la majorité des Etats secondaires ne continue pas moins à etre réelle; et l'élément libéral populaire n'est pas assez prononcé en fait d'alliances étrangères pour influer sur les Gouvernements respectifs en notre faveur. Il faut attendre à mon avis les occasions favorables qui ne peuvent manquer de surgir, surtout du còté des intérets matériels; c'est par cette voie bien plus que par l'intérèt politique que nous parviendrons à gagner du terrain en Allemagne, nous bornant pour le moment à éclairer l'opinion publique sur les avantages de rapports directs entre l'ltalie et l'Allemagne et sur les dangers pour cette dernière de devenir solidaire de l'Autriche danls d es questions non Allemandes.

62

IL PRINCIPE PORCIA (1) AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Vienna, 22 luglio 1864.

Nel raccogliere in poche linee le impr_essioni avute in questo soggiorno, quantunque le società sieno sciolte, perché tutti corrono o alle Ville lontane,

o ai bagni o alle loro terre, o sieno in congedo, mi gode l'animo di vedere che

quanto ho assicurato alcun tempo fa, venne in seguito comprovato dai fatti.

Il convegno di Kissingen non ebbe conseguenze.

Lo spettro dell'alleanza, con cui si volle spaventare il. Hberalismo, rimase allo stato di spettro, e sfuma tutti i giorni dinanzi alla preponderanza della pubblica opinione.

L'Austria non può osare legarsi colla Russia, che a patto di sciogliersi dai

legami costituzionali, e questi si potranno bensì rallentare ancora per qualche

tempo, ma togliere non mai senza un'interna commozione assai pericolosa pel

trono. La vera democrazia, ha molte radici in Germania, ed in Austria; e

per darne una misura, direi, cento volte più che in Italia.

Sulla Prussia, non rposso ripetere che quanto ho sempre detto. Rivalità e

sospetto guidano i due Gabinetti delle grandi Potenze tedesche, le quali dalla

forza delle circostanze si trovarono unite nella guerra di Danimarca, benché

segretamente mosse da scopi differenti.

Prussia voleva dominio e conquista.

Austria non pensava che ad impedire queste, e ad abbattere il soverchio

liberalismo dei piccoli Stati della Germania.

Non si credeva ad una resistenza del Gabinetto danese, e così fu spinta

la guerra più oltre assai che non si avesse voluto da principio.

Colla conclusione della pace, cominciano le difficoltà. Vi saranno molti contrasti perché quantunque al tavolo verde non siederanno che le tre Potenze belligeranti, si ritiene, che sotto al tavolo, agisca il Francese, e l'Inglese, e forse anche altre occulte influenze.

Ma l'Austria è ben determinata di nulla cedere alla Prussia, e le pretensioni sulle spese di guerra saranno ridotte a poco, e quel poco incerto.

Questi meschini risultati metteranno in grave posizione il Ministero austriaco dinnanzi alle Camere, dov'esso non potrà palesare il segreto motivo della guerra (combattere ,i liberali germanici) e dove dovrà confessare che la guerra costò molti milioni di più di quelli richiesti ed accordati. La Camarilla Sovrana e militare si sostiene tuttora con grande illusione. La salute malferma di Napoleone, le incerte finanze dell'Ita1ia, e la questione di Roma rimessa ad altra epoca, tiene alte ile loro lusinghe sulla possibilità di una rivincita in Italia, e così pel momento impossibile ogni trattativa favorevole alla causa itaìiana. Al di fuori di quel circolo però si aumenta sempre più il sentimento, che l'Austria non può salvarsi e consolidarsi che facendo l'Italia, e legandosi ad essa. Per nuovi tentativi converrà aspettare l'apertura delle Camere, ed allora qualche avvenimento impreveduto, ed i gravi imbarazzi finanziarii muteranno forse i consigli degli ostinati, ed apriranno gli occhi alla Corte, che vive in adesso astratta da ogni contatto sociale. Fra i Ministri vi è disaccordo, nei Ministeri domina sfiducia e malcontento. Nelle Provincie, il principio federalista si fa sempre più forte e prepotente. In generale si è malcontenti del Ministero e delle Camere; e con elezioni nuove, il Parlamento diventerebbe più numeroso ancora di sostenitori delle autonomie provinciali.

Adesiso dunque bisogna seguire l'andamento deHe conferenze che incomin

cieranno questi giorni, esaminare come si anderanno formulando le idee nelle

ProvJncie, e porsi così nel caso di rimettere, fra qualche settimana, una relazione

che offra nozioni più positive, di quanto oggi mi è dato di fare, navigando per

un mare, dove il pilota non ha bussola, e si lascia io credo, portare dal vento

cercando un porto ignoto.

(1) Il prindpe Porcia aveva l'incarico di ~1rocurare informazioni sulla situazione poliiica in Austria.

63

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

'T. 706. Parigi, 23 Zuglio 1864, ore 13,25 (per. ore 14).

J'ai annoncé le voyage du prince Humbert au prince Napoléon et j'en ai fait parvenir la nouvelle à Vichy à l'empereur. La prince Napoléon verra avec plaislr son beau-frère au palais royal où un appartement a été préparé pour lui. L'impératrice verra également avec plaisir S.A.R. à Saint-Cloud. Quant à l'empereur del ne reviendra à Paris que le 11 aout et 'le meme jour doit arriver le roi d'Espagne. Le prince Humbert ne pouvant pas se trouver en contact avec le roi d'Espagne, il devrait quitter Paris avant le 11 aout et par conséquent il ne verrait l'empereur qu'à son retour; mais il se peut qu'on obtienne que le roi d'Espagne retarde de 4 jours son voyage; dans ce cas le prince verrait l'empereur le onze et pourrait ensuite partir pour Bruxelles. J'attends réponse de Vichy, en attendant veuillez me faire savoir le jour préciJs du départ et le nombre des personnes qui accompagnent S.A.R.

64

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 708. Costantinopoli, 23 luglio 1864, ore 15,11 (per. ore 23).

Il est à peu près certain qu'on ne tiendra pa.s de conférence pour les affaires· de Syrie mais on fera circuler le protocole à signer parmi les représentants des grandes Puissances. Si j'en suis exclu meme dans ce dernier cas je protesterai conformément aux instructions de V.E. à moins d'ordres contraires. L'ambassadeur d'Angleterre a demandé par écrit à Aali pacha mon admission à la conférence de Syrie.

65

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Parigi, 23 luglio 1864.

Vi ho telegrafato oggi sul viaggio del Principe (1), e scrissi oggi pure per lettera a Minghetti sul medesimo argomento.

Ora due parole di politica. La campagna inaugurata colla pubblicazione del M orning Post continua con successo. I giornaLi ufficiosi francesi e :massime la France tengono il medesimo linguaggio del Post, come loxd RusselJ tiene lo stesso linguaggio di Drouyn de Lhuys. Leggete l'articolo della France di ieri. È ispirato parola per parola da Drouyn de Lhuys. Che cosa conchiudere da ciò? Il mio concetto è .pur ~e·lo stesso. Non fu conchiusa nessuna santa alleanza; non fu preso impegno di guarentigia di provincie italiane o polacche. Ma vi fu un riavvicinamento fra le tre Potenze del Nord. Questo riavvicinamento è puramente diplomatico e difensivo. A questo fatto si vuoi qui contrapporre un fatto contrario, cioè un riavvicinamento fra la Francia e l'Inghilterra, il quale deve e:sso pure rivestire puramente il carattere diplomatico. Nel pensiero dell'Imperatore questo riavvicinamento dovrebbe condurre non già alla guerra, a cui è recisamente contrario, ma al congresso. Questo è il vero carattere della politica proposta dall'Imperatore. Atterrire collo spettro della coalizione l'opinione liberale europea, non esclusa la Germania; atterrire le Potenze del Nord collo spettro d'un accordo coll'Inghilterra, evitare così ad un tempo la guerra e tenere in rispetto Bismarck, Rechberg e Gortciakoff. Per sentimentale che possa essere questo accordo franco-inglese, è evidente che a noi giova, e dobbiamo quindi aiutarlo. Un riavvicinamento fra l'Inghilterra e la Francia, comprende di necessità anche l'Italia. E difatti già i giornali francesi che sogliono ispirarsi a sorgenti ufficiose ebbero j,struzione di tenere un linguaggio meno ostile all'Italia. A tutte le chiacchiere che si vanno spandendo d'altri progetti, porgete orecchio difficile e riservato. Il Re dei Belgi va a Vichy per evitare una seconda

dolorosa operazione chirurgica e non per altro. Vero è che si fu per mezzo suo che la Danimarca offri l'armistizio e i preliminari di pace. Ma la cosa finì lì. La proposta di far entrare la Danimarca intiera nella Confederazione Germanica non ebbe seguito. La Prussia stessa "i si rifiutò, benché originariamente l'idea prima fosse venuta dal defunto Re Guglielmo il quale soleva dire che il Re di Danimarca dovrebbe diventare il Grande Ammimglio della Germania. Notate la parola, perché storicamente vera. Ora pare che, secondo Bismarck, il grande AmmiragLio tedesco deve essere lui e non il Re di DanÌlllal'Ca. L'Inghilterra paga duramente le sue compiacenze austria,che. Voglia Dio che SIÌ. persuada al fine che non si provvederà nè alla libertà dell'Europa né all'on01re inglese, né all'alleanza dell'occidente se non fiaocando le cocna all'Austria nella Venezia.

(1) Cfr. n. 6.3.

66

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. 718, ANNESSO CIFRATO (1). Baden. 24 luglio 1864 (per. il 27).

Conflit et occupation de Rendsbourg ont produit beaucoup de mécontentement en Allemagne et suscité des craintes pour l'avenir des Duchés. Le baron de Roggenbach part demadn pour Francfort pour tàcher de tirer la Confédération d'une fausse position et organiser l'entente entre les états secondaires allemands pour contrecarrer la prépondérance austro-prussienne sur les conséquences pour l'Allemagne d'une paix militaire et non nationale. L'idée que ce ministre des affaires étrangères se propose de faire prévaloir c'est que les Duchés soient en attendant administrés par un Gouvernement provisoire au nom du futur Souverain et que le choix de ce Souverain soit dévolu non pas à la Confédération mais aux Duchés eux-memes en tournant au besoin la difficulté d'un appel direct aux voeux des populations que l'Autriche surtout n'admettrait pas par la votation des états légalement constitués.

67

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 284. Torino, 25 luglio 1864, ore 15,50.

Le prince Humbert partira de Turin le 10 aoùt, il s'arrètera en Suisse de façon à n'arriver à Paris qu'après le départ du roi d'Espagne. Je vous informerai bientòt sur le nombre des personnes de la suite. J'arrive de Milan et je par1s pour Somma pour arreter détails avec le pdnce. Je ne vous enverrai qu'aprèsdemain dépeche dont Pepoli vous aura parlé. N'étant destinée qu'à complé1er série pour la publication, le retard est sans inconvénients.

{l) Al R. 20.

., l

68

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 712. Parigi, 25 luglio 1864, ore 15,25 (per. ore 16,10).

On m'assure que la Prusse et l'Autriche ont signé hier à Vienne un traité pour la garantie de la Vénétie; je tàcherai de vérifier l'exactitude de cette nouvelle; veuillez en faire autant de votre còté (1). Quant à Tunis Drouyn de Lhuys s'est réservé d'en parler à l'Empereur mais en attendant on est décidé à ne pas laisser débarquer en aucun cas les troupes turques.

69

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, GAMBAROTTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 724. Tunisi, 26 luglio 1864, ore 24 (per. ore 16 del 28) (2).

La nouvelle de la dissolution du camp contenue dans ma dépeche du 19 (3) n'a pas été confirmée mais les nouvelles arrivées ce soir aggravent de beaucoup la situation; des charrettes chargées de vivres et de munitions pour le camp on été arretées par les révoltés et l'escorte renvoyée à Tunis toute nue; S.use est sérieusement menacée par les arabes au cris de vive le Sultan et peut ètre à cette heure déjà envahie car étant sans soldats elle ne peut pas resister au très grand nombre des arabes. Une tribu dévouée au Bey a été battue et anéantie par une autre tribu de révoltés, personne n'a été épargnée ni femmes ni enfants, le sang a coulé à flots; à Sfax l'anarchie triomphe plus que jama1s, le vaisseau français • Castiglione » est parti aujourd'hui pour Suse où le consul de France fait continuer les manoeuvres pour la chute du premier ministre et il est bien près d'atteindre son but. Le Bey est cependant décidé plus que jamais à garder son premier ministre et déclare toujours qu'il quittera le pays plutòt que subir une telle humiliation. Il a envoyé trois déclarations identiques à l'Empereur à Paris. Il est toujours décidé à faire appel en 'Cas de nécessité aux trois puissances, quoique le consul de France lui ait fait comprendre que la France a droit à une préminence pour sa position toute spéciale. Un rapport confidentiel part par le courrier d'aujourd'hui.

70

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, GAMBAROTTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE S.N. Tunisi, 26 luglio 1864 (per. il 31).

Segno ricevuta del Dispaccio n. 6 (Gabinetto) che Ella mi fece l'onore di indirizzarmi H 13 corrente mese (4).

La notizia che io comunicai all'E.V. col Dispaccio in cura del 19 (1) non è stata confermata, e pare anzi che le truppe del Bey accampate sotto Begia si trovino in discreto buon stato.

Dopo la data del precedente mio Rapporto Confidenziale, giunse in Tunisi il Signor Feuillet Aiutante di Campo dell'Imperatore dei Francesi. In sulle prime il Consolato di Francia fece spargere la voce che questo Personaggio, trovandosi in Algeria, fu spinto dalla curiosità a venire a veder da vicino le cose in Tunisi, ma si seppe più tardi che il Signor Feuillet era qualificato sul passaporto come Officier supérieur en mission. Il Signor de Beauval mi dichiarò poi jeri che il detto Signore era infatti incaricato di una missione, e dall'insieme del colloquio ho potuto facilmente arguire, che in mezzo all'incertezza di tante notizie contraddicenti, l'Imperatore inviò a Tunisi il Signor Feuillet, che trovavasi già in Algeria con altro incarico, nello scopo di conoscere il vero stato delle cose. È un fatto però che il ridetto Signore, partito avant'jeri via di Marsiglia, rimase in Tunisi quasi incognito, e che non potrà comunicare all'Imperatore che le impressioni ricevute al Consolato di Francia, e le vedute dei Signori de Beauval, Vice-Ammiraglio Bouet de Villaumez, e Contr'Ammiraglio Derbinghem i c;uali sono tutti convinti che l'Inghilterra, ferma sempre nel sostenere l'Impero Ottomano e fedele al sistema di opposizione ovunque alb politica francese, stava preparando in Tunisi la via alla completa integrità dell'Impero medesimo.

Il Signor de Beauval sostiene sempre che avendo la Francia rimpiazzato in certo modo la Turchia in Tunisi, avrebbe dovuto conservarvi la politica di prevalenza che vi aveva acquistata. Ora che il Gabinetto di Parigi credette di dover mandare le sue forze navali in Tunisi sullo stesso piede e d'acèordo coll'Inghilterra, coll'Italia e colla Turchia, pregiudicò grandemente, dice egli, la r;rimitiva sua posizione privilegiata, e non gli rimane altro mezzo, per uscire con onore dalle presenti difficoltà, che quello di rivendicare tale privilegiata posizione facendo adesso quanto avrebbe dovuto far subito da principio, imporre cioè al Bey la destituzione del Kasnadar, oppure intendersi con Torino per una occupazione italiana e distruggere in tal guisa qualw1que speranza dell'Inghilterra. L'E.V. riconoscerà facilmente che il Signor de Beauval porta la quistione tunisina in una sfera molto più elevata di quello che lo permettino forse le attuali condizioni della politica europea, e che in tale ordine di idee potrebbe benissimo non trovarsi secondato dal suo Governo.

La situazione presente delle cose -in Tunisi offre la strana seguente contraddizione. Il Bey, il Console inglese ed il Kasnadar dichiarano da un lato che tutto è taminato; che gli A.rabi accetta.rono con gioja le ultime importanti riduzioni di tutte le imposte; ehe nelle loro dimande non è fatto cenno alcuno, neppure indiretto, della dimissione del Ka:,nactar; e che fra una settimana al più la sottomissione degli :\rabi sarà un fatto compiuto. Dall'altro lato il Console di Francia sostenne jeri al Bey, .in presenza del Kasnadar, che gli Arabi no:1 sono affatto contenti delle ultime concessioni, che principalissima condizione loro era quella del ritiro del Kasnadar e di cinque altri lVIamalucchi; che i rap;Jorti ufficiali nascondono la verità: che fra una settimana 10.000 Arabi

{tJ Cfr. n. 53.

almeno si presenterebbero dinanzi al Bardo; e che era ormai tempo che Sua Altezza aprisse gli occhi sull'abisso cui è vicino a cadere per conservare al potere un uomo che ridusse il paese ad uno stato così miserando. Il Signor de Beauval aggiunse quindi: • Se Vostra Altezza acconsente a montare domani in carrozza con me, ,io assumo l'incarico di condurla presso gl'insorti e convincerla della verità delle mie asserzioni •. Sua Altezza replicò con parole alquanto concitate che doveva prestar fede ai rapporti ufficiali del Generale Comandante le sue truppe; che vedeva con maraviglia e dispiacere che egli Signor de Beauval era in rapporto cogli insorti; e che era deciso ad attendere questi ultimi al Bardo per udire dalla loro bocca stessa quella strana pretesa della destituzione del Primo Ministro che egli aveva gravi ragioni per conservare nell'interesse del paese; e che alla fin fine era ora più che mai deciso ad abbandonare il paese piuttosto che cedere. Il Signor de Beauval avendogli allora chiesto perché non chiamava in suo soccorso la Francia, il Bey rispose che sapendo essere la Francia, l'Inghilterra e l'Italia d'accordo in massima sulla questione tunisina, quando il momento sarà venuto farà appello a queste tre Potenze lasciando alle stesse la cura di ricondurre l'ordine e la calma nella Reggenza.

Garantisco all'E.V. la ve11ità e l'esattezza relativa del surriferito colloquio.

Come già riferii prima d'ora non v'ha più dubbio che il Signor de Beauval s'adopera a tutt'uomo per mantenere l'agitazione in mezzo agli Arabi e che ha acquistato influenza presso i medesimi. Ora la questione sta nel sapere se il Console di Francia agisce di volontà propria per vincere con ogni mezzo la resistenza del Bey e del Kasnadar, oppure se i suoi atti sono la conseguenza di ordini venutigli da Parigi. In quest'ultimo caso le istruzioni delle tre Potenze ai rispettivi Consoli non sarebbero più identiche, ed in presenza di una invasione d'insorti la nostra azione non essendo concorde, non produrrebbe certamente i migliori risultati. L'E.V. è meglio di me in grado di verificare la surriferita ipotesi.

Il rapporto che precede era già scritto nelle ore pomeridiane d'oggi quando giunsero assai tardi le notizie che io ho comunicato all'E.V. col Dispaccio in cifra datato a mezzanotte (1). Quelle di Susa sono dettagliatamente esposte in due rapporti del Signor De Gubernatis che trasmetto qlli co~iegati in copia (2). La partenza per Susa del Vascello francese il Castiglione comandato dal Contro Ammiraglio Fabre, fu motivo di sorpresa generale. Infatti non essendovi più sudditi Francesi in Susa, ad eccezione del Vice Console, perché spedirvi un Vascello che deve gettar l'ancora ad una grande distanza in rada, e non una Fregata Corazzata oppure un Aviso che avrebbero potuto accostarsi a terra almeno fino al punto ove si trova la R. Fregata Duca di Genova? -Il Console ed il Vice-Ammiraglio Francese vollero essi avere puramente e semplicemente forze preponderanti in Susa pel caso probabile di avvenimenti gravi, oppure la presenza colà del Castiglione sarebbe per avventura un segnale d'incoraggiamento agli insorti ed una prova di appoggio efficace? Se si pon mente che durante questi ultimi tre mesi, ed in mezzo all'anarchia che regnava in Susa verso la fine di giugno, il Console di Francia non credette opportuno di far stazionare colà un legno, l'invio del Castiglione deve avere in questi momenti

uno scopo importante, per conoscere il quale io scrissi ieri al Signor De Gubernatis, ed il Conte Albini spedirà forse domani a Susa un vapore appositamente.

Col presente corso di Vapore parte per Livorno il Signor Dott. Lumbroso, già noto alla E.V., incaricato dal Bey di negoziare in Italia un imprestito di quindici milioni di Franchi. Egli giungerà in Torino due o tre giorni dopo l'arrivo del presente rapporto e si presenterà al Ministero. L'E.V. avrà così il mezzo di ricevere ragguagli dettagliati, ed interessanti schiarimenti sulla tristissima posizione in cui questa Reggenza si trova.

(1) -Fin qui il telegramma venne comunicato in pari data da Torino a Berlino e Londra. con preghiera di verificare l'esattezza della notizia. (2) -Il telegramma fu trasmesso da Cagliari alle ore 10 del 28 luglio. (3) -Cfr. n. 53. (4) -Cfr. n. 40. (1) -Cfr. n. 69. (2) -Non si pubblicano.
71

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 717. Parigi, 27 luglio 186l.

L'Empereur et l'lmpératrice pensent aussi qu'il vaut mieux que le Prince Humbert vienne à Paris après le départ du Roi d'Espagne. Ce dernier partira de Paris pour Madrid le 21, le Prince Humbert est donc attendu pour le 24 ou le 25. Je vous prie de faire savoir à S.A.R. que l'Empereur la verra avec beaucoup de plaisir.

72

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 65. Berlino, 27 luglio 1864.

La nouvelle m'ayant été donnée que le 24 Juillet un Traité avait été signé à Vienne entre la Prusse et l'Autriche pour la garantie de la Vénétie, je me suis empressé de procéder adroitement à des investigations.

Je me suis adressé d'abord à l'Ambassadeur de France. Il ne croyait pas à un arrangement écrit qui serait superflu, et qui d'aLHeurs ne serait pas sans dangers. Si la coalition existe virtuellement, il n'est nullement besoin d'un Traité pour que, selon les éventualités, une entente se réalise de fait. D'ailleurs le Cabinet de Berlin a déjà senti l'année dernière l'inconvénient de formuler des engagemens qui portent ombrage à l'opinion publique en Europe. La convention du 8 Février pour les affaires de Pologne, est restée lettre morte. Les publications récentes du Morning Post, malgré leur caractère apocryphe n'en étaient pas moins un avertissement salutaire. On sait à Berlin aussi bien qu'à Vicnne et à St. Pétersbourg que les Puissances occidentales ont l'éveil, et on se gardera bien de leur preter le fianc par une politique trop accentuée meme sur un terrain ·purement défensif. Le Baron de Talleyrand ajoutait confidentiellement que parfois des rumeurs semblables étaient colportées en toute bonne foi au Palais Royal par des gens dont l'imagination trop exaltée ne permettait peut-etre pas de démeler, avec le discernement déE·irable, le vrai ,du faux. la réalité de l'apparence.

J'ai ensuite entretenu le Comte Brassi.er de St. Simon des suppositions aux quelles ne manqueraient pas de donner lieu la présence de M. de Bismark à Vienne, et la prochaine visite du Roi Guillaume à la Cour Impériale. Il m'a répété qu'avant de se rendre dans cette capitale, le Président du Conseil, prévoyant fort bien qu'on chercherait à lui arracher quelques concessions, avait déclaré à un de ses intimes qu'il manreuvrerait de manière à gagner du tems et à ne pas se laisser lier les mains. M. le Comte Brassier m'offrait cependant de sonder le terrain en son propre nom auprès du Secrétaire Generai, en lui parlant sur ce sujet comme si la lecture des journaux lui en avait fourni l'occasion.

Hier à un diner diplomatique, j'ai rencontré M. de Thiele qui, de son propre mouvement, m'a donné l'assurance que dans une ou trois semaines on serait prèt-ici à signer le protocole. Il regrettait que son chef ne s'y fiìt pas décidé avant de quitter Berlin, sans se rendre bien compte que dès lors il lui serait plus difficile de le faire durant son absence, en son séjour sur territoire Autrichien. J'avouais au Secrétaire Général que ces retards m'avaient causé une pénible impression. Je ne savais point si elle était partagée par mon Gouvernement. Mais je ne serais pals SUl"p<l"is si ce manque d'empressement, coi:ncidant avec quelques autres faits soulevait des doutes sur la convenance de passer outre pour des arrangemens commerciaux. Ces faits: acte de navigation du Danube, affaire de Syrie, pourraient laisser croire que les ménagemens dont la Prusse use vis-à-vis de l'Autriche sont des indices d'une union entre les deux Cabinets qui ne s'arrèterait pas aux questions secondaires. La présence de

M. de Bismark à Vienne à elle seule prète déjà à bien des commentaires.

• En effet, me répondit M. de Thiele, j'ai oui dire aujourd'hui meme que je ne sais pas quel journal annonçait que nous avions contracté des engagemens pour la Vénétie. Je consens à me faire couper la tète, et, nouveau Mucius Scevola, à briìler ma main sur un brasier ardent, si M. de Bismark a donné une semblable signature. En 1850 nous avions garanti les possessions Italiennes de l'Autriche. M. de Manteufuel ne dissimulait pas sa joie à !l'expiration du Traité, en reconnaissant qu'il avait commis une grande faute. M. de Bismark n'est pas homme à tomber dans le mème piège. Si vous attaquiez la Vénétie, j'ignore quelle serait l'attitude de mon Gouvernement; elle dépendrait des circonstances; mais que dès à présent il songe à aliéner sa liberté d'action pour l'avenir, selon les occurrences, je connais assez bien le Président du Conseil pour démentir les assertions de la presse. D'après mon opinion particulière, en fin de compte vous serez satisfait de sa politique. Rappelez vous le propos qu'itl vous a tenu cet hiver en mettant la main sur Ia garde de votre épée: l'Autriche travaille pour le Roi de Prusse. Il faut du tems pour tout. En attendant, il vous appartient d'expliquer à Turin certaines exigences de la situation de notre alliance passagère avec le Cabinet de Vienne ».

En terminant il me donnait à entendre, à mots couverts, que certaines condescendances sur des affaires seconda:ires, sur des questions de forme, ne feraient pas oublier quels sont les intérèts réels et permanents de la Prusse.

M. de Thiele, sans entrer dans les mèmes détails, a au fond aussi tenu un langage identique au Baron de Talleyrand et au Comte Brassier.

Le journal officieux la Gazette universelle d.u Nord continue de son còté à combattre les idées de sainte-alliance. Voici ce qu'elle publie aujourd'hui à propos de notre pays.

• -En présence de l'Italie. d'un voisin turbulent! aui déclare ouvertement qu'il n'attend qu'un moment propice pour attaquer l'Autriche, celle-ci pourrait avoir intéret à ramener la s1tuation au traité de Zurich, et surtout de preter à la Papauté, pour le motif qu'elle est une condition essentielle de la religion Catholique, un 2.ppui contre les tendances révolutionnaires unitaristes, mais en Italie, disons nous, précisément pour ce motif les intérets de la Russie sont en opposition avec ceux de l'Autriche. Pie IX n'a-t-il pas, de la manière la plus surprenante, manifesté ses antipathies contre la Russie? Et tel ne sera ce pas toujours le cas là où se heurtent les intérets des Eglises Catholique et Grecque? Quant à la Prusse, la Grande Puissance protestante, lors meme qu'elle doive apprécier et protéger les intérets de ses ressortissans Catholiques, elle n'a dans ses rapports internationaux qu'un intérét médiocre à ce qui se passe dans la péninsule. M. -de Thiele dans ses dénégations relativement à une garantie de la Vénétie m'a paru de bonne foi. Je suis disposé à les admettre parceque les convenances de la Prusse doivent lui méconseiller de signer de pareils engagemens. Mais je n'en persiste pas moins à maintenir mon avis que l'entente des trois Cours du Nord git dans la situation meme des choses, et que l'enfant se fera homme si l'Europe n'applique pas le précepte: principiis obsta... La Prusse est sur une pente dangereuse, et il serait de bonne politique de lui ménager une retraite honorable. V. -E. a vu que M. de Thiele a pl'is l'initiative de parier de nos arrangemens commerciaux. Il est donc de plus en plus urgent que je sache enfin à qUoi m'en teni.r sur les pleins-pouvoirs et l'instruction de conclure selon le mode qui avait déjà été convenu.

Le Hanovre a protesté et demandé satisfaction à la Prusse pour le fait de Rendsbourg qui a également produit un grave mécontentemènt à Vienne. M. de Thiele ne savait rien sur la marche des conférences. D'après le langage tenu par M. de Quaad~ à son passage ici, le pléntpotèntiaire Danois ferait encore une tentative pour conserver au moins la partie septentrionale du Schleswig en échange du Lauenbourg.

73

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 12. Costantinopoli, 27 luglio 1864 (per. il 5 agosto).

Ritengo dovere mio l'istruire l'E. V. delle ulteriori pratiche da me compiute sull'argomento dell'ammissione nostra alìe conferenze per le cose di Siria.

Interrogato per iscritto l'Ambasciatore d'Inghilterra sull'esito delle sue istanze presso S.A. Aalì Pascià, ebbi in risposta un viglietto, di cui unisco copia. A tutta la giornata di jeri il Ministro degli Esteri non avea per anco fatto tenere la promessa risposta in iscritto a Sir H. Bulwer.

L'Ambasciatore di Francia tenne sullo stesso argomento di nuovo discorso, a due riprese, con S.A. Aali Pascià, il quale insistendo sulla sua interpretazione dell'articolo VII del trattato di Parigi, non è per nulla disposto ad accettare la proposta fattagli dal Marchese di Moustier di ammettere il rappresentante d'Italia al:la suaccennata conferenza.

Il Marchese di Moustier non crede che le istruzioni avute dal Signor Drouyn de Lhuys lo autorizzino a Sip.Ìegare in questa faccenda maggiore energia, ma doversi limitare ad una officiosa raccomandazione. Con tutto ciò si rivolse al suo governo narrando le pratiche fatte e proponendo che altre se ne facessero presso i Gabinetti di Pietroburgo e di Berlino allo scopo di ottenere ch'essi appoggino la mia domanda: ma credo che nulla havvi a sperare da questo lato.

Se le mie informazioni sono corrette, il Rappresentante di Russia avrebbe per lo contrario l'incarico di combattere la nostra richiesta.

Interrogai eziandio jeri il Signor Steffens, Incaricato d'Affari di Prussia in assenza del Conte Brassier di St. Simon, e desso quantunque personalmente disposto ad appoggiarci, mi disse aver chiesto per telegrafo apposite istruzioni a Berlino ma che supponeva che queste nella ipotesi più favorevole gli raccomanderebbero l'inazione. Frattanto si pose in disparte il pensiero di riunire una formale conferenza. I due Ambasciadori si accordarono sui punti più importanti della riorganizzazione del Libano, il principale dei quali consiste nel prendere per base della rappresentanza di quelle popolazioni nel Megliss centrale i Mudirati o sotto Prefetture, essendosi 11iconosciuto che il sistema formolato dal Marchese di Moustier e di cui feci parola nel n. 11

.di questa serie (1), occasionerebbe varii inconvenienti. I Rappresentanti delle

Grandi Potenze stenderanno queste loro proposte in forma di Nota collettiva

e la indirizzeranno alla S. Porta, la quale con altra Nota responsiva le am.metterà.

Questa negoziazione non dovendo compiersi che nella ventura settimana, mi rimane il tempo per ricevere le istruzioni che l'E.V. si compiacque annunziarmi col telegramma de' 16 corrente (2) e che debbono servirmi di legge per l'ulteriore mio contegno.

Colpito dalla opposizione che incontra una proposta tanto ragionevole

quanto quella di essere ammesso come rappresentante di Potenza garante a

deliberare su tutte le questioni che interessano l'esistenza dell'Impero Ottomano

cercai di scoprirne la cagione.

Quantunque :io non possa in modo assoluto accertarlo tuttavia non credo

essere ben lungi dal vero asserendo che l'energica attitudine presa dal Go

verno Italiano innanzi a Tunisi, ha sollevato nel seno del Divano Imperiale

diffidenze e gelosie a nostro danno e che perciò non si trascura veruna occa

sione per dimostrarcelo, benchè S.A. Aalì Pascià nè direttamente nè indiret

tamente abbia mai fatto cenno dl ciò.

'l) Non pubbliPato

(2) Cfr. n 49.

74

IL CONTE CSAKY AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

L. P. Ginevra, 27 luglio 1864.

Je m'empresse de porter à Votre connaissance qu'à mon retour de Turin, j'ai trouvé ici un de nos agents les plus dévoués, il nous apporta les instructions concernant le nombre des armes et les lieux où elles doivent etre déposées aux frontières, et il nous donna des nouvelles récentes du pays, qui affirment en tout les indications que j'avais l'honneur d'exposer à V.E.

L'excitation des esprits est si forte, qu'il parait prudent d'agir sitot que possible, toutes les circonstances d'ailleurs semblent favoviser une pareille décision.

On désire vivement dans le pays de sortir enfin de la situation incertaine dans laquelle on se trouve, et qui n'est pas longtemps soutenable, l'incertitude prolongée ne peut que nous affaiblir, les uns, las de se voir toujours trompés dan:s leurs espérances, pourraient se retirer, les autres plus impatients se jeteraient peut-etre dans les bras des agitateurs pour des démonstrations qui ne servent qu'à nos ennemis.

Notre agent est retourné, pour revenir bientòt et nous apporter le tableau exact de la dislocation des troupes et autres indications nécessaires, qui nous mettront en état de fixer tous les détails sur lesquels nous nous sommes concertés avec le Général Klapka et le Général Eber.

Les ,premiers jours du _mois suivant j'aurai l.'honneur de me présenter à

V.E. espérant qu'alors !Je Gouvernement voudra bien porter une décision.

75

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, A NAPOLEONE III (AP: ed. in CHIALA, p. 745)

L. P. {Parigi, 28 luglio 1864}.

Je viens d'arriver à Paris lundi matin et j'ai déjà eu l'honneur de voir deux fois M. le Ministre des Affaires Etrangères. Le Président du Conseil, le Ministre Visconti et Peruzzi sont entrés complètement dans mes idées et nous ont donné à M. Nigra et à moi les instructions nécessaires, mais ils désirent cependant de connaitre le texte exacte du traité qui serait arreté entre nous, et surtout l'époque que vous prenez à l'évacuation des troupes françaises.

Je dois cependant prévenir V.M. que le secret le plus profond a été gardé ainsi que vous-meme, Sire, m'aviez conseillé, et les Ministres que je viens de nommer plus haut sont les seuls qui aient connaissance de cette dernière phase de la question romaine.

M. Menabrea, Ministre des Travaux Publics, qui va arriver à Vichy, ne connait que la première parHe de la réponse que j'ai rapporté en Italie, parce que le Président du Conseil des Ministres a cru restreindre le plus possible le nombre de personnes qui ont connaissance de ces négociations qui, connues d'avance, pourraient soulever de graves difficultés; c'est Vous dire que nous Vous prions, Sire, de garder le secret le plus complet.

76

IL GENERALE KLAPKA AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI

L. P. Ginevra, 28 luglio 1864.

Je pars ce soir pour Paris. Je verrai le Prince Napoléon. Je le prierai de se rendre à Vichy auprès de l'Empereur pour nous tirer de l'embarras dans lequel la politique enigmatique de M. Drouyn de Lhuys nous a mis. Nous devons savoir si on permettra aux Russes de se meler une seconde fois de nos affaires et quelle attitude la France prendra en cas éventuel d'un soulèvement en masse en Hongrie.

J'aurai l'honneur de vous faire part du xésultat de mon voyage, par lettre de Paris et de vive voix à ma prochaine arrivée à Turin.

Les nouvelles des Principautés sont assez .mauvaises. Frigyessy s'était conduit en véritable sot en compromettant tout le monde et en ne faisant que les affaires de l'Autriche et de la Russie.

On a trouvé sur lui une proclamation adressée aux Hongrois et aux Polonais, promettant aux premiexs 'la Valachie et aux seconds la Moldavie, puis la copie d'une lettre adressée au Consul de Russie à Yassy.

C'est avec des idiotes de cette force que Mazzini a cru devoir se liguer pour compromettre le Roi et Garibaldi. Je n'y comprends rien. J'espère toutefois qu'il nous sera permis de tirer profit de cette échauffourée en nous en servant

-de paratonnerre pour mieux cacher nos véritables projets.

Kupa retourne demain. Il aura l'honneur de vous entretenir sur tout ce qu'il a appris ici. Je me rendrai moi-meme à Turin vers le 5. MM. Eber et Csaky m'accompagneront.

77

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL SEGRETARIO GENERALE ALLE FINANZE, BORROMEO

(Ed. in MINGHETTI. p. 84)

T. Spezia, 29 luglio 1864.

La Marmora n'a pas encore pris détermination définitive pour entrée Ministère: il est eneore possible qu' il accepte. J'ai cru devoir subordonner sa misslon à acceptation Ministère (1).

(1) Nei giorni 26-31 luglio vi fu a Pegli un incontro Minghetti-La Marmora per discutere intorno alle trattative in corso con la Francia. Cfr. in proposito MINGHETTI, pp. 81-84.

78

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL SEGRETARIO GENERALE ALLE FINANZE, BORROMEO

(Ed. in MINGHETTI, p. 84)

T. Spezia, 29 luglio 1864.

Après nouvelle conférence, La Marmora a dit: ne comptez pas sur moi pour Ministère. Cependant je suis loin de désespérer. Il entre dans notre pian, désire mission auprès Empereur. J'ai tiìché lier étroitement sa mission à acceptation entrée Ministère.

79

IL SEGRETARIO GENERALE ALLE FINANZE, BORROMEO, (1) AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, A SPEZIA

(Ed. in MINGHETTI, pp. 84-85)

T. Torino, 29 luglio 1864.

Si La Marmora ne veut ,pas s'engager et désire voir Empereur, mieux vaut qu'il y aille envoyé par nous; exprimez espoir que la conférence avec Empereur le convaincra nécessité atfaire et .Je décidera entrer. Insistez pour que question frontière ne soit pas présentée comme condition, mais comme .amélioration pour nous mettre à meme accomplir nos engagements.

80

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, GAMBAROTTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

·T. 729. Tunisi, 29 luglio 1864 (per. ore 9,40 dell'l agosto) (2).

Le Bey a fait communiquer hier officiellement aux consuls de France, -d'Angleterre et d'Italie que 14 tribus se sont soumises volontairement; que le nouveau Bey s'est retiré dans une propriété qui lui a été donnée par le Bey, et que 300 chefs d'arabes environs se sont présentés au campo pour conclure la paix. Le consul de Frnnce ne croit péiiS à l'exaditude de cette nouve1le et fait répandre des bruits tout à fait contraires. Suse resiste toujours aux efforts des villages qui veulent s'en emparer.

5 -Documenti diplomf'~:ci -Serie I -Vol. V

(1) -Il telegramma venne inviato per incarico~ di Peruzzi. (2) -Trasmesso da Cagliari alle ore 7,30 dell'l agosto.
81

IL MINISTRO RESIDENTE A COPENAGHEN, DORIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

H CIFRATO 66. Copenaghen, 29 luglio 1864 (per. il 4 agosto).

Les nouvelles arnvees aujourd'hui de Vienne sont mauvaises pour le Danemarck. Les alliés persistent dans leur demande d'abandon des trois duchés et en échange de la perte pour ,le Danemarck des enolaveis jutlandaises ils n'offrent q'une très insignifiante rectification de frontière; ils ne veulent pas consentir non plus à l'evacuation du Jutland que le Danemarck a posé comme base de l'armistice. Les conseils sous la présidence du Roi se succèdent depuis hier, or comme ni S.M., ni le Ministère ne veulent de la guerre j'en conclus que d'ici au 31 on subira toutes les conditions de l'ennemi. Celui-ci n'en aurait à coup sùr pas imposé de plus dures au Cabinet précédent. Si le Roi a maintenant la satisfaction d'etre entouré de personnes qui lui sont sympathiques le pays par contre n'en retire pas les avantages qu'on lui avait fait espérer; l'avènement du nouveau Ministère a été salué par le parti de la Cour avec une joie bruyante; on aurait vraiment dit que le Danemarck avait été sauvé; ces sont là de tristes illusions dont la durée sera bien courte. Si le nouveau Ministère n'a point à se réjouir de ce qui se fait à Vienne il ne doit guère etre plus content de ce qui se passe ki. La majorité a laquelle l'adresse a été votée dans la seconde chambre est pour lui un échec di'autant plus grave que n'ayant réussi à en arreter la discussion il a eu la maladresse de revenir au dernier moment à la charge pour en empecher la votation. L'actuel président du conseil a été un des hommes les plus remarquables de ce pays, il est malheureusement aujourd'hui dans des conditions d'age et de santé qui je le crains paralyseront son bon vouloir et ses efforts. Le Rigsdag, représentation spéciale du Danemarck proprement dit, est convoqué pour le 6 aoùt.

82

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Parigi, 29 luglio 1864.

Trovandomi ieri sera a St. Cloud col Conte Goltz, Ambasciatore di Prussia, gli domandai che c'era di fondato nella voce corsa d'un trattato firmato a Vienna il 24 corrente dalla Prussia e dall'Austria, il cui oggetto sarebbe la guarentigia della Venezia promessa da quella a questa. Goltz mi rispose che la voce in discorso era stata originata da un telegramma privato, mandato da un impiegato del Ministero degli Affari Esteri di Vienna ad un suo conoscente a Parigi, il quale impiegato ha ragione di essere malcontento del proprio Governo. Il dispaccio è redatto in tedesco e suona press'a poco così: • oggi il gufo

·(hoberau, cioè Bismarck) guarenti il lione di Marco (cioè Venezia) allo struzzo

(Autruche, cioè Austria) •. Goltz sostiene che la è una delle solite mistificazioni.

Ma interrogato da me, se la Prussia accorderebbe la guarentigia, ove l'Austria

accondiscendesse all'annessione dei Ducati alla Prussia, rispose che egli perso

nalmente sarebbe di contrario parere, ma che credeva che Bismarck proba

bilmente accetterebbe.

Io per me credo che la guarentigia esiste, scritta o non scritta, poco importa,

ma che è limitata all'eventualità in cui un'altra Potenza venisse in ajuto del

l'Italia per torre la Venezia all'Austria.

83

IL PRINCIPE NAPOLEONE AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(BCB, Carte Minghetti, ed. in MINGHETTI, pp. 89-90)

L. P. Parigi, 29 luglio 1864.

*Je Vous remercie de votre aimable lettre et de vos félicitations pour la naissance de mon second fils. Nous attendons mon beau frère vers la fin d'Aout et nous nous ferons une fete de son arrivée * (1).

J'ai vu Pepoli, je voudrais bien que tout aille bien pour l'Italie, je l'espère, mais il ne faut pas croire les affaires faites, ni faciles. Je crois à un peu d'illusion, cependant je crois aussi à un progrès et grand ·progrès: mai:s ce sera encore long et difficile! je le crains. Vous savez que vous pouvez compter sur moi de tout~ façon et pour votre pays et pour vous personnellement.

84

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

T. 294. Torino, 30 luglio 1864, ore 15,25.

Le conseil des ministres se réunira, après le retour du président du conseil dans trois ou quatre jours. Je vous enverrai de suite le résultat de ses délibérations pour la signature du protocole. Je vous envoie en attendant les pleins pouvoirs dont vous pourrez faire usage après avoir reçu nos jnstructions définitlves.

(1) 11 brano fra asterischi non è edito in MrNGHETTI.

85

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, GIANOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 725. Pietroburgo, 30 luglio 1864, ore 14,33 (per. ore 19,45)~

Je tiens de bonne source (1) que le prince Gortchakoff se range à l'avis des puissances qui s'opposent à l'admission de l'Italie aux conférences de Syrie et qu'il déc1are franchement qu'en Allemagne il n'a pas été question de Pologne ni de garantie réciproque de territoire ni de celle de la Vénétie.

86

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 36. Londra, 30 luglio 1864 (per. il 3 agosto).

Lord Russell mi parlò a un dipresso nello stesso senso di Lord Palmer:ston (2) sul fondo della qui·stione dell'ammessione nella Conferenza del Libano. Disse, cdoè, che non solo ammetteva, ma consigliava questa ammessione, ma che ove la Turchia ostando, non venissimo ammessi, l'Inviato Inglese prenderebbe però parte alla deliberazione. Anzi disse sapere da Lord Cowley che il Drouyn de Lhuys erasi espresso intenzionato di far lo stesso; fatto che diede in prova sia dell'accordo che esisteva, sia del limitato interesse che si prendeva su ciò, a Parigi. Quindi poi, lesse un dispaccio ricevuto or ora da Bulwer, e nel quale esordendo col dire che aveva obbedito alle istruzioni, facendosi presso di Alì Pacha promotore dell'idea della nostra ammessione in tutte le deliberazioni spettanti all'Oriente, questo diplomatico si lagna però del modo con cui, per servirmi della sua espressione, il nostro rappresentante a Costantinopoli si fa l'ombra dell'Ambasciatore di Francia, in modo che se si avessero due rappresentanti della Francia, tornerebbe lo stesso. Afferma inoltre essere questo il caso in tutti i nostri agenti in Oriente. Ma nello stesso temposi contraddice, aggiungendo che in fondo il Conte Greppi è persona di viste moderate, e personalmente non tanto intimo del Marchese di Moustier. Però volendo citar qualche prova delle sue asserzioni, dice che alla venuta del Principe Couza, egli Sir H. Bulwer propose un formolario per le etichette del ricevimento che venne accettato da tutti i suoi colleghi; ma che più tardi, senza previo avviso, l'incaricato nostro se ne scostò, mettendo gli altri in posizione imbarazzante, e questo all'istigazione dell'Ambasciatore di Francia che gli persuase essere tali cambiamenti, secondo il desiderio del Governo Turco. Il Bulwer terminava col dire che sperava che d'ora innanzi ci faressimo promotori d'una politica più indipendente, e lasciava piena libertà che queste

sue versioni non fossero tenute segrete. Dissi a Lord Russell che non mi stupiva un simile linguaggio per parte di Bulwer, che sempre mi era sembrato pregiudicato. Ma speravo che il Signor Stuart arrivando scevro di impressioni, ci renderebbe maggior giustizia. Ma che sicuramente lo pregavo di riflettere che questo incidente, mettendo anche da banda la sua maggiore o minore importanza, costituiva per se stesso un punto da non trasandarsi, poiché vedevo benissimo che a Torino dalla decisione da prendersi dipendenva l'opinione che si farebbe delle buone disposizioni dell'Inghilterra a nostro riguardo. E sotto questo punto di vista non avevo potuto a meno di vedere con dolore che Lord Palmerston stesso la pensasse in quel modo. Ma siccome anche con Lord Russell non si uscì guarì da quella cerchia, passai ad interrogarlo riguardo al trattato di guarentigia della Venezia. Egli mi rispose averne avuto notizia da Parigi, ma che stante l'assenza di precisi dati, egli non potea affermare nè negare; poiché questa guarentigia essendo sospirata dall'Austria da lungo tempo, tutto dipendeva dal prezzo che era disposta a pagarla a Bismarck; e poco tormentato dagli scrupoli come era egli, poco si opporrebbe, quitte a trovarsi poi in contraddizione colla Nazione. Egli però non credeva alla esistenza di un trattato, ma non avea motivi certi per dare un'opinione certa. Lord Russell aveva appunto ricevuto dal Signor Elliott un telegramma relativo all'arresto da Briganti di un giovine Inglese. Mi disse essere questo un ,incidente spiacevole, e lo attribuì a malandrini venuti da Roma. Gli dissi non dubitare che il Governo facesse il

possibile per arrestare i colpevoli.

P. S. Mi pregio accusare ricevuta del dispaccio del 21 luglio s. n. sul Libano (1).

(1) -Si trattava, come si rileva da una lettera di Gianotti a Cerruti dal 29 luglio, non pubblicata perché riassunta nel presente telegramma, del conte di Massignac, incaricato d'affari francese a Pietroburgo. (2) -Sul colloquio Azeglio-Palmerston cfr. il R. confidenziale 25, pari data, non pubblicato..
87

IL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 728. Francoforte, 31 luglio 1864, ore 14,16 (per. ore 16,30).

La conférence de Vienne est prolongée de trois jour,s, le Danemark cédera lcs àuchés, seule difìì.culté frais de guerre, sur lesquels on s'arrangera, paix est certaine.

88

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 733. Berlino, l agosto 1864, ore 22,16 (per. ore 3,50 del 2).

Les préliminaires de paix et armistice de trois mois ont été signés aujourd'hui à Vienne (2).

• Nous ne connaitrons le texte meme des préliminaires de paix signés à Vienne le premier Aout, que Iorsque les ratifications auront été échangées entre les Gouvernements

(1) -Non pubblicato. (2) -Cfr. quanto comunicò De Launay con R. confidenziale 66 del 4 agosto sul contenuto di questi preliminari:
89

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, STRAMBIO, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI

T. Bucarest, l agosto 1864 (per. il 2).

Général Borzilawsky me fait connaitre sa mission; en vuc de.:; circonstances il suspend tout et voudrait recevoir nouvelles instructions.

Frigessy et 8 ou 10 autres Polonais ou Hongrois plus compromis seront maintenant expulsés.

Schertoss commence négociations pour opérations financières.

Prince Couza proteste qu'il empéchera tout mouvement révolutionnaire dans le pays qui ne soit pas entendu avec lui d'avance.

S.A. dit qu'H est cependant persuadé que France et ltalie marchent d'accord et qu'il sera entièrement à la disposition des deux Gouvernements (1).

90

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 37. Londra, l agosto 1864 (per. il 4).

Ieri sera pranzai di nuovo da Lord Palmerston e S.S. presomi in disparte stava per narrarmi il contenuto del Dispaccio di Sir Henry Bulwcr del quale diedi un sunto a V. E. nell'ultimo mio rapporto (2).

E perciò dissi a Lord Palmerston d'averlo letto io stesso e potei anzi dimostrargli quanto poco provasse nel senso di Bulwer, mentre invece, quando si fosse letto attentamente, era tutto a favor nostro. Subito che anch'esso era obbligato di rendere giustizia all'imparzialità del nostro Incaricato ed al suo non farsi una creatura d'altri Governi.

Alla verità credo che l'intenzione di Bulwer sia stata di dare ad intendere

che il Conte Greppi non fosse che una felice eccezione in un ordine di cose

generale in Oriente e frutto perciò delle ispirazioni venute da Torino.

respectifs. Mais !es journaux officiels nous en ont déjà indiqué les principaux points acceptés en principe par le Danemark. Le Lauenbourg aussi bien que le Holstein et le Schleswig sont cédés aux vainqueurs, de mème que !es iles de la mer du Nord et de la Baltique qui font partie de ces territoires. Une rectification de frontières, au !)rofit des intérèts allemands, a été réservée pour certaines enclaves vers la fontière du Nord. L'armèe alliée continuera, en s"abstenant toutes fois désormais de prélever des contributions, à occuper le Jutland jusqu'à la conclusion d"une paix définitive. Armistice de trois mois qui pourra ètre dénoncé six semaines avant son expiration ».

Inoltre, se il Conte Greppi avea agito contro alle idee di Bulwer riguardo al Couza, lo avea fatto credendo compiacere a quel Governo Turco di cui si mostrano qui così teneri protettori.

Lord Palmerston del resto dichiarossi pronto a mettersi nei panni nostri, anzi affermando che quasi alla nostra insaptÌta ci sentivamo attratti in quei paes!i verso la politica Francese che nei punti Religiosi si confaceva forse più alle nostre idee. Ma io negai che fosse così, almeno secondo i documenti che mi pervenivano dal Ministero. E quindi ricordai una volta di più quanto ero stato autorizzato a dichiarargli sulla probabile linea che avressimo presa.

Lord Palmerston pareva un po' combattuto tra la persuasione di non poter far molto a pro' nostro e il desiderio d'assecondare le nostre domande. Ed io non gli celai che m'era rincresciuto il trovar lui forse meno ben disposto di Lord Russell e gli dissi che veramente mi trovavo scoraggiato poiché, conoscendosi a To11ino le mie tendenze Inglesi, quando poi mi si obbiettava quanto poco facesse l'Inghilterra per noi non solo nel non far guerra, ma neppure nel concedere questi punti secondarii, non sapevo veramente cosa rispondere. E questo mi pareva tanto più triste mentre stavamo in un momento in cui era essenziale lo stringere assieme Francia, Italia e Inghilterra. Ora a torto o a ragione a Torino si pensava che nel caso attuale si poteva giudicare dei sentimenti Britannici a nostro riguardo. E siccome la Francia almeno sapeva allettare con bei modi e buone parole, la conseguenza sarebbe di accrescere le influenze Francesi.

Benché non dicesse né si né no, mi parve però che le mie parole non lasciavan di produn·e un po' d'impressione. Almeno argomenti in risposta egli non ne portò, ed anzi dovette ammettere come giusti quelli che gli opponevo. Acl ogni modo questa conversazione non avrà fatto male (1).

(1) -Cfr. una minuta di telegramma per Strambio, senza data, ma che probabilmente risponde a questo documento, di pugno di Visconti Venosta: " Si vous voyez Général Borzulawski engagez-le à se tenir tranquille et tenez-vous à son égard sur la plus grande réserve. Entretenez des rapports amicaux avec le Prince et encouragez-le en termes généraux dans sa conviction que la France et l'Italie marchent d'accord dans les questions européennes ». (2) -Cfr. n. 86.
91

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, GIANOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 9. Pietroburgo, 1 agosto 1864.

L'Ambasciatore d'Inghilterra sul punto di recarsi alle bagnature in Germania venne jeri graziosamente da me per farmi la sua Vtisita di congedo.

« Sa Majesté s'est occupée, de concert avec l'Empereur d'Autriche, l'Empereur des Français, le Roi de Prusse et l'Empereur de Russie, de trouver le moyen d'amener une solution à l'amiablc des difficultés qui s'étaient élevées entre l'Hospodar de Moldo-Valachie et son Suzerain, le Sultan. S.M. a la satisfaction de vous informer CJ,Ue ces efforts ont réussi ».

E' mio dovere d'informare come questi fatti non passmo qui inosservati e siano anzi sgradevolmente commentati con pregiudizio della conside1·azione e della legittima influenza del Governo di S.M. •.

S.E. si professa devotissimo ed amlclssimo alla libertà ed indipendenza italiana, pella quale, dice, si è compromesso nel 1848, trovandosi primo Segretario a Napoli, a modo che dovette 1in seguito sfoggiare durante 10 anni principi conservatori ed idee di moderazione per riabilitarsi agli occhi de' suoi superiori.

Egli mi disse che era stato nel mattino all'udienza dell'Imperatore. S.M. gli espresse nel ·Corso della conversazione il desiderio che Egli avesse a rassicurare interamente il Governo della Regina Vittoria intorno all'insussistenza delle voci corse di accordi intimi stipulati tra le Corti Germaniche e la Russia. Lord Napier vingraziò S.M. di questa dichiarazione, che sarebbe stata, siccome uscita dalla bocca di S.M., grandemente gradita al Governo Britannico; osservò come per altro a lui sembrava che un'intelligenza migliore esistesse, dopo il viaggio e gli incontri fatti da S.M. in Germania, tra H Gabinetto Russo, l'Austriaco ed il Prussiano; disse che al Governo ed alla Nazione Inglese stava grandissimamente a cuore la causa Italiana, e che, in seguito di questa simpatia universale, un sentimento vivissimo d'indegnazione e di risentimento sarebbesi destato in Inghilterra al semplice sospetto che i Sovrani del Nord avessero preso ne' loro ultimi convegni qualche concerto rispetto alla Venezia, di carattere o di forma equivalente ad una garanzia in favore dell'Austria.

S.M. gli rispose francamente e risolutamente affermando che durante tutto il suo viaggio mai in nessuna circostanza si era parlato dell'Italia né di qualsiasi garanzia di territorio.

Lord Napier mi disse che una simile dichiarazione gli era stata fatta alcuni giorni prima dal Principe Gortchakow stesso.

Io ringraziai Lord Napier di queste informazioni (le quali mi erano già pervenute, per quanto concerne il Principe Gortchakow, da altra parte), gli rimarcai ad un tempo come io avessi ragione di dubitare che il Governo Russo fosse in quest'istante meno favorevole al Governo Italiano, e tal dubbio venisse in me destato dalla risoluzione manifestata dal Principe Gortchakow di opporsi all'ammissione dell'Italia alle prossime conferenze sul Libano.

Il mio interlocutore rispose a questa mia osservazione dicendomi, che tale opposizione non avesse già ad attribuirsi a perfetta intelligenza ed uniformità di vedute del Gabinetto Russo ed Austriaco, ma bensì al desiderio di non ammettere un voto che sarebbe stato favorevole ai Maroniti, e modellato intieramente nel senso cattolico del voto della Francia. " Tutti sanno che la politica del Gabinetto di Torino è al rimorchio di quella del Gabinetto delle Tuilerles, e ciò malgrado che negli ultimi negoziati sui conventi dei Principati Danubiani abbia .il vostro plenipotenziario ·cercato di mitigare ·le viste e le mira del plenipotenziario Francese. Quest'opinione è radicata nel Principe Gortchakow, e poggiandosi su essa egli si è deciso ad accedere al partito di quelle potenze che non vogliono l'Italia a quelle conferenze ».

Naturalmente io combattei la parola rimorchio, di cui sostenni l'inaccettabilità da parte del Governo di S.M.: dissi che se l'Italia seguiva l'istesso cammino che la Francia, ciò doveva attribuirsi né a condiscendenza da parte nostra, né ad eccesso d'influenza francese, bensì a consonanza di vedute ed omogeneità di principii. Osservai che nella questione della Polonia, l'Europa pressoché tutta, per servirmi delle sua frase, fu al rimorchio della Francia, come anche nell'idea del Congresso Generale, e che quelli che non l'avevano voluta secondare in quest'ultimo avevano certamente non troppo a glorificarsi dei loro successi. Lord Napier mi replicò: • Ne parlons pas de la Pologne. Quant à la proposition du Congrès Général, très bonne en elle meme et fort acceptable, elle n'a pas été accueillie avec faveur chez nous parceque on n'a pas voulu que la Reine se rendìt à Paris à faire la cour à Louis Napoléon. Si l'Empereur des Français, avait proposé la réunion du CongTès des Souverains ailleurs qu'à Paris, ou s'Il avait uniquement pro'Posé un Congrès de Plénipotentiaires, je suis persuadé que cette bonne idée aurait été suivie avec empressement par le Gouvernement Britannique •.

Con queste parole e coll'invito di trasmettere al Governo quanto m'aveva detto sulla conversazione avuta coll'Imperatore, Lord Napier prese commiato. Nella fiducia di aver fedelmente esposto all'E.V. il sunto del colloquio

avuto coll'Ambasciatore Britannico...

(1) Si pubblica qui un brano del R. 24 di Strambio, datato Bucarest 4 agosto: « se fu già ~piacevoli~simo che Sir B?Iwer, con p~etest<? di rit,mion~ P'!'ivata e di riguardi al Signor Nov~koff, ab~Ia pretermesso d1 convocare l In.ca':IC;.;to d Affar• <;l• S.M. a quel convegno in cui, fra 1 delegati della Sublime Porta e del Prmc1pe Couza ed 1 Rappresentanti delle Potenze garanti, si arrestarono le basi dell'accordo intorno alla nuova Costituzione dei Principati rumeni, è ora ben più penoso che nel discorso della Corona, in occasione della chiusura del Parlamento inglese. non siasi neanco nominato il Governo del Re fra quelli che presero parte all'accordo suddetto, stato sanzionato col protocollo del 28 giugno p.p. ,al quale appose la propria firma anche il Rappresentante del Governo di S.M. Così almeno per quanto appare dalla riproduzione del discorso suddetto stata fatta dall'Indépendance Beige del 31 luglio scorso che e il gio~nale il più sparso in questo paese. lvi infatti è detto: •

92

IL CONTE VIMERCATI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Monza, l agosto 1864.

Sono stato dolentissimo di non poterti prevenire della visita che Rouher ha voluto farmi prima di rientrare in Francia ove è chiamato dall'Imperatore per il gi01·no otto.

Sabato sera ho ricevuto un telegramma da Milano nel quale Rouher annunciavami il suo arrivo; ieri mattina (domenica) mi recai con mia moglie a prenderlo ed assieme siamo venuti a Monza. Se la sua venuta mi fosse stata annunciata prima, te ne avrei prevenuto volentieri, perché o te o l'uno dei tuoi colleghi poteste fare la sua conoscenza.

Si parlò lungamente delle pratiche nostre, le approvò pienamente, quantunque non crede che Pepoli possa riuscire, Rouher lo rimprovera di troppa leggerezza e condiscendenza alle idee astratte dell'Imperatore e lo accusa di credere alle proteste fattegli da Drouyn de Lhuys, che si mantiene, a nostro riguardo, tenacemente lo stesso. Le nostre insistenze, circa agli affari di Roma, agevolano la via a Thouvenel ed è in questo senso che il Ministro di Stato ne è partigiano, malgrado che l'Imperatore gli abbia detto, prima ch'Eg_li lasciasse Parigi, che Pepoli gli aveva chiesto cosa per E momento impossibile.

Ho fatto, con moderazione, conoscere a Rouher la lettera che m'ha scritta Thouvenel (1), per quella parte che lo riguarda, ebbi da Lui la più completa assicurazione in proposito. Egli è ben fermo nel non rimanere al potere, se Thouvenel non è chiamato a rimpiazzal'e Drouyn de Lhuys. L'Imperatore chiedendo tempo, ha promesso d'accedere a questa domanda naturalmente prima dell'apertura della sessione parlamentare. Rouher a Parigi insisterà con maggior forza, poiché, a parer suo, le condizioni europee sono tali dall'esigere un pronto provvedimento.

Rouher dicevami che la causa nostra ed i nostri :interessi sono collegati interamente alla riuscita del piano suo e dei suoi amici. Egli ha nuovamente esperimentato di quanta impossibilità sia il seguire una politica ardita e ragionevolmente liberale con Drouyn de Lhouys al potere, che anche ultimamente ha mantenuto ferma nell'Imperatore l'erronea convinzione circa alla stabilità del Ministero Palmerston, il quale aveva incaricato Cowley di fare, non a Drouyn de Lhuys ma a Rouher, le proposizioni seguenti, che furono rifiutate dall'Imperatore.

l • Accordo completo fra i due Gabinetti nella questione Danese, e qualora questa avesse condotto ad una guerra, l'Inghilterra acconsentiva a larghe concessioni sul Reno circa al Palatinato ed anche oltre, qualora non si toccasse a Provincie belghe.

2" Il Gabinetto di St. James era disposto a prendere impegno di seguire la politica Impel'liale nella questione Italiana, qualora la Francia acconsentisse a fissare un termine all'occupazione degli Stati pontifici. A tutto questo piano, che rimediava gli errori trascorsi, l'Imperatore s'accontentò di rispondere, ch'Egli non credeva il Gabinetto Tory abbastanza forte per affrontare con lui l'impopolarità che una guerra, nel momento attuale, avrebbe avuta in Francia; assicurava però l'Inghilterra che, una volta impegnata, l'appoggio della Francia non gli sarebbe mancato. Questa vaga dichiarazione naturalmente non bastò allo spirito polsitivo degli uomini di Stato d'Inghllterra, e forni loro un pretesto ad astenersi, dichiarando che il Gabinetto inglese non poteva da solo intraprendere una guerra le cui conseguenze erano incalcolabili. In questo modo fu data preferenza al,la chimerica lil:lusione di disgusti e querele che insorger potrebbero fra la Prussia, l'Austria e le Potenze germaniche, come se queste fra loro non s: fossero già comunicate tutte le pratiche che l'Imperatore ha segretamente tentate per separarle l'una dall'altra.

Se Rouher esce vincitore della lotta, opina che il Governo Imperiale sciolga la questione Romana nel modo seguente, facendo cioè alle Camere le formali dichiarazioni. l. L'occupazione degli Stati pontifici sarà duratura fino alla morte del Papa attuale. 2. Dopo l'elezione del nuovo Pontefice, qualunque Egli sia, la Francia fornirà i mezzi per l'organizzazione di una Legione straniera ed assegnerà al Papato una pensione annuale a carico della Francia, come Potenza cattolica, la cui cifra sarà sottomessa alle decisioni della Camera e del Senato. 3. Dichiarerà che concerti son presi col Governo italiano, onde questo s'incarichi di difendere le frontiere pontificie da qualunque attacco; si farà conoscere inoltre che la Francia impiegherà i suoi buoni offici per ottenere che l'Italia assuma a proprio carico una parte del debito pontificio. In questo modo sl lascerebbe la Corte di Roma ed il Governo italiano all'infuori da qualunque responsabilità avvenire e, quasi direi, l'azione di ciascheduna delle parti interessate, rimarrebbe completamente indipendente. È ancora il progetto Thouvenel, se vuoi, la differenza sta nel modo d'esecuzione e principalmente di presentazione.

L'intervento Imperiale in questa maniera di fare sarebbe in certo qual modo passivo, diminuirebbe i contrasti e 'la 11otta, e tanto più facile sarebbe il raggiungere lo scopo, inquantoché H nuovo progetto sarebbe il più idoneo .

al carattere dell'Impel·atore, ed è per questo che vi si atterrebbe di preferenza Rouher.

Se Thouvenel va al potere, La Valette andrebbe a Londra, Benedetti a Berlino, e forse anche a Roma perché vi si formi aderenze in vista della riunione di un Conclave (1).

Il Re dei Belgi non è andato a Parigi allo scopo di riavvicinare la Francia all'Inghilterra, ma per curarsi la propria salute. È bensì vero che essendosi combinato il soggiorno dei due Sovrani nel medesimo luogo, l'Inghilterra lo avrebbe .incaricato di togliere quelle asprezze che ancora esistano fra i due Gabinetti. Questo è quanto l'Imperatore stesso ha scritto a Rouher, nella lettera che ha ricevuto alcuni giorni fa in cui lo richiamava a Parigi.

Ho cercato di persuadere Rouher a passare per Torino rientrando in Francia, od a attendere un giorno qui per parlar teco, con Peruzzi o con Minghetti. Ri:sposemi : non voler vedere assolutamente nessuno, l'Italia, diss'Egli, è troppo interessata alla lotta, che io sostengo, per evitare ogni pretesto di connivenza od accordi. Del resto, soggiunse, voi sapete ora quanto ne so io stesso e potete, coi vostl'i amici, farne quell'uso che credete.

Mi chiese se pensassi a modificazioni nel nostro Gabinetto, risposi che non le credeva immediate, ma se ne avvenisse alcuna non mi sorprenderebbe. Egli è d'avviso su di ciò che il nostro Gabinetto debba attendere come si trova l'esito della crisi ministeriale francese, che non può tarda1· molto.

Il Principe Umberto venne qui e passò la sera con Rouher; ha parlato molto del suo viaggio in Francia, fu amabilissimo e S.A.R. si compiace d'aver fatto la conoscenza del Ministro di Stato precisamente nel momento ch'Egli deve recarsi a Parigi.

S.M. disse, prtima di parlarne con me, al Principe Umberto, che voleva che io lo accompagnassi a Parigi. A questo proposito io sono pronto agli ordini, ma sono più fermo che mai, nell'attendere questi ordini positiyi dal Ministero e dal Re onde evitare una posizione falsa e la taccia d'intruso, a questo effetto mi raccomando ancora alla tua amicizia, a quella di Minghetti e Peruzzi ai quali ti prego comunicare la presente.

Attendo un tuo riscontro anche all'ultima mia, se vieni in Lombardia fammelo sapere -io verrò a Torino domenica col Principe, il quale, non mtlOvendo da Monza, mi ha impedito di dirti a voce quanto ti scrivo ora.

(1) Cfr. n. 37.

93

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI

T. 297. Torino, 2 agosto 1864, ore 16,.15.

Vous recevrez bientòt mes instructions retardées par accident. Elles por"tent que vous devez exprimer à Aali pacha l'espoir qu'il ne persistera pas dans. une opposition peu amicale pour nous et peu conforme au traité de Paris: vous lui représenterez que la France et l'Angleterre appuyent notre admission. Si vous etes exclu de la signature du protocole protestez en vous référant à la protestation Durando que je vous envoie, en insistant sur le caractère européen des affaires de Syrie, sur l'intention du Congrès de Paris d'exclure par l'artide 7 les ingérences séparées, et sur l'égalité de droits entre toutes les puissances garantes. Vous ferez encore observer que les accords entre la Turquie et les grandes puissances concernant la Syrie et antérieurs au traité de Pari:s ne sont pas un motif de nous exclure, mais prouvent que depuis longtemps les affaires de Syrie ont un caractère européen et que par conséquent le traité de Paris leur est applicable. Vous réserverez donc les droits de l'Italie et protesterez contre la violation d'un droit positif fondé sur les traités en employant un langage qui n'offense aucune susceptibilité légitime.

94

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, GAMBAROTTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 739. Tunisi, 2 agosto 1864 (per. ore 13 del 4) (1).

La nouvelle de la soumission des tribus arabes a été confirmée aujourd'hui par des lettres off1cielles arrivées au Bey; les conditions pdncipales sont la réduction à 10 piastres de la taxe ou ill1:Pòt personnel, la réduction de la dirne à la moitié, tous les autres impots sont maintenus. Cependant la tranqui11ité n'est pas rétablie, à Suse toujours attaquée par les pillards des villages environnants, à Sfax où l'autorité du Bey est à peine nominale. Il est cependant à peu près certain qu'avant l'arrivée des troupes que le Bey va faire partir, l'ordre sera rétablli tant à Suse qu'à Sfax. Le consul de France continue à faire répandre des bruits contraires et il ne croit pas encore à la soumission des tribus; le vice amiral Albini y croit peu. Un rapport confidentiel part par le courrier d'aujourd'hui (2).

95

IL MINISTRO RESIDENTE A COPENAGHEN, DORIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CIFRATO 68. Copenaghen, 2 agosto 1864 (per. l' 8).

J'ajoute quelques détaiLs à ma dépèche chiffrée d'aujourd'hui (3). Les préliminaires de la paix arrètés hier à Vienne impliquent l'abandon des duchés, l'armistice conclu pour six semaines avec un dédit d'un laps de temps égal, laisse continuer l'occupation militaire du Jutland par l'ennemi, qui s'est engagé il est vrai à ne plus y lever des contributions de guerre. Le partage de :a dette publique des duchés a été adopté en principe et il a en mème temps été convenu que les frais de la guerre ne seraient pas à la charge du Danemark. Celui-ci ayant consenti à l'abandon des duchés le succès des négociations est assuré car les préliminaires renferment la question de la paix ou de la guerre. Devant le sacrifice que le Danemark vient d'accomplir les autres points qui seront encore à discuter à Vienne n'ont qu'une importance tout à fait secondaire.

(1) -Trasmesso da Cagliari alle 10.25 del 4. (2) -Non pubblicato perchè le notizie principali sono già contenute in questo telegramma. (3) -R. cifrato 67, in realtà del l• agosto, non pubblicato.
96

IL GENERALE KLAPKA AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI

L. P. CONFIDENZIALE. Parigi, 2 agosto 1864.

Je viens d'avoir avec le Prince Napoléon une longue et intéressante entre

vue. J e crois de mon devoir de vous en rendre un compte exact et conscdencieux.

Le Prince m'adressa diverses demandes sur l'état et les dispositions actuel

les de la Hongrie, sur nos espérances et nos projets.

Je lui répondis que jamais peut-etre le peuple hongrois n'était plus prèt

à une levée de boucliers contre l'Autriche, et que jamais les esprits n'avaient

.été plus exaités, mais que les hommes politiques qui dirigent le mouvement à

l'intérieur soumettaient ce mouvement à certaines conditions pour ne pas

s'exposer aux reproches d'avoir inconsidéremment et avec legèreté lancé le

pays dans le meme abime où se trouve ensevelie la malheureuse Pologne.

Je lui ai énuméré ,ces conditions, en appuyant principalement sur trois

points essentiels, savoir:

l o La nécessité de procurer au pays les armes indispensables pour assurer

dès le début au mouv,ement son caractère sérdeux.

2° L'appui direct, et si faire se pourrait, l'action simultanée des forces

italiennes.

3• La certitude que les grandes puissances occidentales, spécialement la

France, ne permettraient pas, que notre tentative d'insurrection fùt étouffée

dans ses germes par une seconde intervention russe.

Je lui ai dit, que quant aux deux premlières conditions, il ne nous serait

pas difficile de nous entendre avec le Gouvernement Italien.

Que quant à la troisième, c. à d., à l'intervention russe, nous désirions,

avant de nous engager, connaitre les vues positives de l'Empereur.

Le Prince m'a répondu avec cette franchise que vous lui connaissez, et

voici le plus exactement que je m'en souviens, ses appréciations sur la situation.

L'Empereur, me dit-il, sait très bien, que la Hongrie ne fera pas d'elle

meme un mouvement intem((>estif, sachant qu'elle obéit à Fmluence des hommes

sensés et réfléchis qui l'empecheront toujours de se jeter dans des aventures.

Qu'il ne com((>tait a;>as par conséquent que l'initiative Vlint de ce còté, pas plus

du reste que de celui de l'Italie.

Un seul cas, selon lui, mettrait la Hongrie dans l'obligation de prendre

l'initiative, ce >serait la :révolte des Régiments hongrois dans l'Armée autri

chienne, la quelle si elle avait lieu, devrait necessairement entrainer, non seule

ment la levée en masse de la Hongrie, mais encore l'Italie et la France.

Toutefois un mouvement militaire ne lui paraissait pas prochain; mais s'il

avait quelques chances de réussite, l'Empereur l'appuierait de tout son pouvoir.

Quant à ce qui concerne les vues du Prince sur les dispositions du Gouvernement Italien, se montrant parfaitement informé de vos desseins, H me dit, que, très probablement à mon prochain retour à Turin, je vous trouverais fort ~ertainement changés, et que, si il y a un mois autant vous penchiez encore

.à la guerre, autant aujourd'hui, par suite des changements survenus dans la

situation générale, je vous trouYerais inclinés à une politique d'attente et

de temporisation.

Le Prince m'a paru fortement impressionné de l'état général des affaires.

en Europe.

Il m'assura que la sainte Alliance n'était plus une pensée à l'état de projet,

mais bien un fait réel, et accompli, dont Gortjakoff avait été le promoteur et

par lequel les trois puissances du Nord se garantissaient réciproquement tou-

tes leurs possessions.

Partant de là, il ajouta que si nous (Hongrois) commencions quelque chose

dans cette année-ci, non seulement la France ne pourrait pas nous garantir con

tre une intervention russe, mais meme que cette intervention aurait inévitable

ment lieu d'après les stipulations passées entre la Russie et l'Autriche. La

France, continua-t-il, n'est pas encore préparée à jeter son épée dans la balance,

et l'Empereur, quoique chaque jour plus préoccupé des dangers qui le mena

cent ainsi que Ies peuples qui aspirent à leur affranchissement, n'est pas encore

en mesure de prendre fait et cause pour ces derniers.

Il me raconta encore que dans une occasion récente le Prince Gortjakoff avait déclaré à une pel1SOnne de sa confiance, qu'il ne s'agissait pas dans le' présent état de choses ni de la Pologne, ni de la Hongrie, ni de l'Italie, mais avant tout de la politique napoléonienne qui Jeur isert d'appui, et sans laquelle toutes les difficultés devaient tomber d'elles-memes. Qu'ainsi, les efforts réunis des trois puissances du Nord devaient en premier lieu se diriger contre l'Empereur, dont il fallait enserrer la politique dans un ce11cle étroit du quel elle ne pourrait sortir, jusqu'au jour où elle pourrait etre brisée.

Telles sont !es appréciations du Prince, et les faits qu'il m'a communiqués

sur la situation en général.

L'Empereur qui dans les derniers temps a beaucoup trop compté sur les dissensions au sein meme de la Confédération Germanique, com.mence à s'apercevoir qu'il s'agit de son existence et qu'il est grandement temps pour lui de sortir de l'inactivité où il se trouve depuis le commencement de l'expédition du Mexique, pour parer le coup ourdi contre lui.

La semaine dernière est arrivé ici Lord Clarendon; vous devez étre informé mieux que moi des pourparlers qu'il a eu avec M. Drouyn de Lhuys. La seule chose que je tiens du Prince c'est, qu'il s'agit d'arreter les bases d'une alliance plus étroite et plus intime entre la France et l'Angleterre.

Comme vous ne pouvez rester en dehors de cette combinaison, je me flatte que bientòt on vous verra faire partie de cette ligue, seule ancre de salut pour les peuples opprimés, qui autrement et si la paix générale devait continuersous les •conditions présentes, tomberaient nécessairement dans le plus effroyable esclavage.

D'après le Prince Napoléon, toute guerre dans le courant de cette année-ci, lui pan:ìt improbable. Mais il compte sur l'année prochaine ·et principalement sur l'outrecuidance de M. de Bismarck pour en fournir probablement le prétexte. Espérons, me disait-il, que M. de Bismarck deviendra le PoUgnac de· l'Europe.

Dans ces circonstances il me parait que non seulement nous ne devons pas interrompre le travail et les préparatifs entamés pour assurer une coopéra-tion active de la Hongrie dans la grande lutte qui va s'engager, mais encore ,qu'à la suite de ces préparatifs il vous soit permis, en vous entendant bien avec les chefs politiques de mon pays, de pouvoir prendre l'initiative à un moment donné, entre vos propres mains.

Dans l'intervalle et cet automne encore, nous pourrions employer le temps qui nous est donné et nos moyens dans les Principautés Danubiennes, pour forcer le Prince Couza à se lier par écrit et d'honneur à nos projets. Quant à moi, comme je n'ai plus confiance ni à sa signature ni à son honneur, j'opine et j'insiste pour qu'au premier symptome de trahison on le renverse et on le remplace par un gouvernement provisoire à Bukarest.

J'ai vu plusieurs des hommes les plus notables des Principautés Danubiennes, pour lesquels cet homme qui les a si cruellement trompés est l'objet de la plus profonde aversion. A l'heure qu'il est, il est entièrement à la disposition de la Russie, où le Général Floresco, son Mìnistre de la guerre, récemment décoré du grand cordon de l'ordre de Sainte Anne, se trouve à l'effet de traiter avec le Cabinet russe et faire acte d'obéissance de la part du Prince Couza.

Je serai avec le Général Eber et le Comte Csaky samedi ou dimanche prochain à Turin, où nous aurons l'honneur de faire de vive voix à MM. les Ministres nos communications ultérieures.

J'ai vu plusieurs fois le Chevalier Nigra et hier encore M. Olozaga venant de Madrid. Ce dernier est plein d'espoir dans le succès du parti progressiste. Il dit l'Espagne à la veille d'une grande transformation politique.

97

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, GAMBAROTTA

D. CONFIDENZIALE 7. Torino, 3 agosto 1864.

Mi giunsero regolarmente il telegramma ed il rapporto confidenziale che la S.V. m'indirizzò in data del 26 luglio u.s. non che il suo telegramma del 29 stesso mese (1). Aspetto ulteriori schiarimenti sulle notizie rassicuranti comunicate dal Bey ai Consoli esteri, la veracità delle quali è così recisamente posta in dubbio dal Console di Francia. Non sembra inverosimile, dalle informazioni stesse 11iferitemi dalla S.V. Illustrissima, che fra breve lo stato delle cose nella Reggenza assuma un carattere più determinato. Sia che l'ottimismo del Bey sia giustificato da qualche sosta temporaria nelle operazioni degli insorti, sia che per il contrario si verifichdno le eventualità previste dal Signor de Beauval e gli Arabi s'impadroniscano di Susa e minaccino il Bardo, le istruzioni precedentemente dirette dal Governo a Lei e all'Ammiraglio Conte Albini continueranno a servirle di regola. Intanto, mentre Ella manterrà la riserva osservata finora, procurerà di non lasciar che s'accrediti nessuna interpretazione poco esatta del contegno assunto dall'Italia in Tunisia. Già nel mio dispaccio del 22 Giugno (2) le rammentavo come il Governo del Re non avesse

rispetto alla Reggenza disegni di conquista, e mi fu grato lo scorgere comela S.V. ed i suoi dipendenti, 1segnatamente il R. Vice Console in Susa, si siano adoperati allo scopo di rimuovere i timori suscitati in una parte della colonia italiana dalle voci corse d'intempestivo intervento delle forze europee. Mi occorre ora aggiungere che deve essere cura particolare della S.V. che la riserva tenuta da Lei nelle quistioni di persone, l'astensione dall'appoggiare formalmente le domande di destituzione del Kasnadar, non siano giudicate dalla colonia italiana ed anche al di fuori di essa come indizio di parzialità nelle dissensioni politiche della Reggenza; esse debbono anzi essere ravvisate come una prova del nostro desiderio di non mirar ad altro se non alla tutela della sicurezza e degli interessi dei nostri nazionali.

La S.V. avrà cura di esprimersi all'occorrenza in questo senso nei suoi colloquii coi nostri nazionali, non solo per dissipare ogni dubbio mal fondato, ma anche per evitare di far sorgere, senza necessità, cagioni d'odii o di vendette tra essa e gli indigeni che finora rispettarono gli Europei. Ella vorrà inoltre rassicurare gli italiani che si lasciassero indurre a temere che nella eventualità di provvedimenti effettivi presi da una Potenza qualsiasi per i1 ristabilimento dell'ordine nella Reggenza l'Italia potesse esserne esclusa o non prendervi che una parte secondaria. Le confermo pienamente le dichiarazioni già fatte da me a tal riguardo dinanzi al Parlamento e nella mia corrispondenza con codesto Consolato.

Ho letto nel di Lei rapporto che il Bey avrebbe formalmente dichiarato che se diventasse necessaria una occupazione straniera, egli chiederebbe l'intervento simultaneo dell'Italia, della Francia e dell'Inghilterra. Quella risoluzione del Bey mi riuscì gradita inquantoché essa coincide colla nostra intenzione di procedere d'accordo colle due grandi Potenze occidentali. Quando però il Bey ritornasse con Lei su questo argomento, prego la S.V. di esprimersi con riserva, e di non assumere impegni speciali. Il modo ed il carattere del nostro intervento dovrebbe difatti dipendere dalle circostanze, e dagli ultimi accordi che in tale eventualità sarebbero presi coi Governi di Francia e d'Inghilterra.

(1) -Cfr. nn. 70 e 80. (2) -Cfr. Serie I, vol. IV, n. 817.
98

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 60. Torino, 4 agosto 1864.

Credo opportuno di faa-le conoscere quanto Tlisulta dai rapporti ricevuti ultimamente al Ministero dagli Agenti del Governo del Re nella Reggenza di Tunisi. Anzitutto mi occorre premettere che in data del 28 luglio il Bey ha comunicato ai Consoli d'Italia, di Francia e d'Inghilterra notizie ufficiali secondo le quali 14 tribù si sarebbero sottomesse spontaneamente, il Bey degli insorti si sarebbe ritirato in un tenimento concessogli dal Bey, e 300 capi Arabi sarebbero venuti al campo domandando pace. Tuttavia, i dubbi coi quali furono accolte in Tunisi quelle notizie, e d'altronde la poca probabilità che con vantaggi parziali riportati dall'autorità del Bey possa ristabilirsi fin

da ora un ordine di cose rassicuranti per gli interessi delle colonie europee. c'impongono il dovere di non cessare dall'osservare attentamente uno stato di cose da cui può emergere la necessità di provvedimenti efficaci per parte delle tre Potenze interessate.

Risulta dalle osservazioni fatte dai nostri Agenti che in sostanza, e per quanto regni uno screzio assai sensibile fra l'elemento Moro del littorale e l'elemento Arabo dell'interno, il moto che agita la Reggenza può considerarsi come solidario fra i due elementi, egualmente stanchi delle malversazioni degli uomini che a nome del Bey reggono da parecchi anni le cose della Tunisia. I moti di Sfax, di Susa, ecc., che degenerarono facilmente in atti di brigantaggio come doveva accadere in centri abitati da popolazione agiata, furono ciononostante in istretta relazione con le mosse degli Arabi, i cui capi, come la S.V. Illustrissima ben sa, proibirono ogni atto di violenza o di depredazione contro gli Europei. La gravità dei fatti successi sul littorale fu d'altronde singolarmente esagerata agli occhi dell'Europa dai rapporti dei paurosi e di uomini meno esattamente informati della realtà delle cose. L'indole essenzialmente politica del movimento anche sulla costa pare anche dimostrata dalla diserzione generale dell'esercito reclutato unicamente sul littorale, dall'essersi costituite nelle città della costa delle giunte composte dei notabili del luogo, le quali pur tenendo alta la bandiera della rivolta, fecero ogni loro sforzo per impedire i ladronecci ed i disordini, dal fatto infine che il Cadì, capo locale della religione, tprese dovunque ostenSiibilmente la direzione di tali giunte. Restaurata in taluni punti come a Gerba, tollerata in altr'i come a Monastir e a Susa, ch'era assediata, alla data delle ultime notizie, dagli abitanti dei villaggi vicini, sconosciuta altrove come a Medeah e a Sfax, ove le giunte funzionano, l'autorità del Bey non ha in nessun punto la forza morale o materiale per farsi rispettare. Mentre nell'interno la rivolta è formalmente costituita, lungo la costa essa è tenuta in freno dalla presenza dei legni da guerra europei, moderata dai notabili e dall'autorità religiosa, e temperata dagli interessi locali, e perciò cerca di dissimularsi limitandosi a non pagare le imposte e ad esercitare il contrabbando più vasto, sfidando l'impotenza dell'autorità del Bey. Ma all'infuori di queste differenze, lo stato attuale del littorale della Reggenza non può essere creduto rassicurante per il Governo del Bey.

In quanto alla probabilità di un riordinamento politico del paese per opera dell'autorità del Bey, essa non sembra poter essere ammessa, le truppe del Bey non essendo in grado di ristabilire l'autorità di quest'ultimo nemmeno sul littorale. Si è parlato della possibilità che le tribù dell'interno combattendosi a vicenda, la rivoluzione si uccida da se stessa per le discordie esistenti nel suo seno, ma in tal caso succederebbe un disordine ancor maggiore ed irreparabilmente dannoso al commercio e agli interessi degli Europei.

Da quanto precede la S.V. Illustrissima scorgerà come l'autorità del Bey sia o scaduta del tutto, o soltanto tollerata dove esiste tuttora, e come sia molto difficile che l'autorità del Bardo si reintegri da se stessa.

Per altro, dai fatti già succeduti, e dall'apprensione di quelli che in avYenire potrebbero ancora accadere, derivarono un completo stagnamento del commercio, una sfiducia universale nella colonia, ed una emigrazione sempre continuante per parte degli Europei. Il terrore assai esagerato destato negli ·Europei dai primi moti del littoralc ebbe tali effetti che ormai la colonia italiana come tutte le altre riprenderanno difficllmente il loro commercio e la loro attività se non sono fatte sicure dalla presenza di forze sufficienti, che il Bey certamente non ha a sua disposizione.

Queste forze, per quanto pare già ammesso in principio dalla Francia, non dovrebbero in nessun caso esser quelle della Turchia. Non è da dissimularsi poi che secondo le informazioni più sicure, stante l'ostilità degli indigeni contro un intervento europeo, meno che per il turco, una occupazione armata della Reggenza risveglierebbe quasi immancabilmente il fanatismo religioso di popolazioni assai male disposte specialmente verso i francesi, anzi il maggior timore dei coloni rimasti nella Reggenza è che si addivenga ad uno sbarco di truppe europee, il cui solo annunzio produrrebbe secondo ogni probabilità una ultima e generale diserzione di essi dalle coste della Tunisia.

Tale essendo lo stato delle cose, il Governo del Re, mentre si tien pronto a proteggere efficacemente ove occorresse la vita e le sostanze dei suoi na.rionali, continua ad osservare una perfetta riserva; il nostro Console Generale in Tunit'i dcevette 1~uove e p:·c~ise istruzioni in questo senso (1). Gli ultimi rapporti di Tunisi recano che mentre il Bey, come lo dissi testé, afferma che l'insurrezione è finita, Susa è stretta sempre più da vlcino dagli Arabi dei villaggi, e che si teme perfino un attacco contro il Bardo. Avrò cura, Signor Ministro, di tenerla informata delle ulteriori notizie che potrebbero richiedere risoluzioni decisive per parte delle tre Potenze. Per ora si può forse ancora sperare che il Bey si decida, stante l'impossibilità della resistenza, ad un cambiamento d'amministrazione ed a soddisfacenti riforme, che gli Arabi da un lato, le popolazioni della costa dall'altro s'accontentino di tali conces· sìoni, ed i coloni riprendano fiducia.

Comunque sia ·sarò grato alla S.V. Illustrissima delle informazioni ch'Ella potrà procurarmi sul modo di vedere del Governo francese nei varii incidenti che saranno per sorgere nella Reggenza.

99

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 67. Berlino, 4 agosto 1864.

V. E. connait, par mon rapport n. 58 (2), les démarches que, selon ses instructions, j'ai faites ici en faveur de notre admission à la conférence sur l'administration du Liban.

L'Ambassade Britannique n'a reçu aucune réponse de Lord John Russell à la dépeche qu'elle lui avait adressée à cet effet. Mon collègue de France de son còté n'a rien su sur la détermination prise par le Cabinet de Berlin

en sttite des instances qu'il aYait été chargé de présenter au nom de son

Gouvernement.

Le Ministre de Turquie que j'avais entretenu secrètement de cette affaire

en avait écrit à Aali-Pacha qui vient de lui répondre, par une lettre confi

dentielle, qu'en principe il était favorablement cl.isposé pour la demande de

l'Italie, mais que la Russie, l'Autriche et la Prusse se trouvaient dans le camp

contraire. Aali-Pacha espérait néanmoins amener une entente moyennant un

compromis.

V. E. se souvient qu'en partant pour Vienne lVI. de Bismarck se proposait de gagner du temps. L'Autriche avait l'intention de protester contre notre participation à la Conférence, et voulait amener la Prusse à se ranger sur la meme ligne. M. de Bismarck évitait de se prononcer. Il parait que le Comte de Rechberg est revenu à la charge avec plus d'insistance. Le faQt est que le chargé d'affaires de Prusse à Constantinople a reçu l'instruction de ne pas protester, mais de manoeuvrer en sorte de ne pas se prononcer pour nous.

Telles sont les rr.isères de la politique Prussienne ou'on cherche ici à expliquer par les exigences de la situation, le-3 ménagements dont il faut user envers le Cabinet de Vienne dans des questions secondaires.

Le fait est que si M. de Bismarck n'enraye pas bientòt, ses concessions pourraient atteindre une limite où nous ne saurions plus garder le silence sans manquer à notre dignité. Il nous faudra désormais pour effacer cette mauvaise impression plus que des assurances bienvedllantes dans le sens de celles qui m'ont été données par M. de Thiele, mais rsic] des faits qui ne soyent point en opposition avec les paroìes. Un de ces faits sera, j'aìme à le croire, la signature du protocole.

M. de Thiele disait dernièrement à l'Ambassadeur de France qu'il avaìt lieu de croire qu'à Paris on n'attachait aucune valeur aux bruits de coalition, de garanties. M. de Talleyrand lui répondit que le meilleur moyen de couper court à ces bruits serait de les démentir par des actes plutòt que par des mots. Etait-ce ensuite de ces mots, où était-ce un projet arreté d'avance, le fait est qu'à peu près vers cette époque on fit sonder le terrain à Paris, en laissant entendre que le Roi de Prusse serait très disposé à se rencontrer avec l'Empereur des Français, lors du voyage de Sa Majesté Impériale en Lorraine. L'Empereur Napoléon s'est fait excuser en allégant que les visites déjà annoncées du Roi d'Espagne et du Prince Royal d'Italie l'empechaient de donner suite à ses intentions de voyage en Lorraine.

M. de Talleyrand n'avait pas été initié à ceis iiJOUiìParlers très secrets, mais il avait appris ces détails d'une manière indirecte.

Comme moi, il était d'avis que l'affaire des Duchés traìnerait encore en longueur, malgré la signature des préliminaires de paix. Peut-etre meme qu'avant de régler leur sort définitif, les deux grandes Puissances Allemandes chercheraient à s'entendre sur des réformes fédérales, d'après un plan mieux concerté que celui qui avait échoué l'année dernière à Francfort.

En attendant, il ne voyait aucun inconvénient à son absence de Berlin, et il avait demandé un long congé. J'espère que V. E. ne perde pas de vue la meme requete que je lui ai adressée il y a plus de quinze jours. Bien entendu que j'attendrai une solution de notre affaire commerciale.

(1) -Cfr. n. 97. (2) -Cfr. Serie I, vol. IV, n. 836.
100

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Parigi, 4 agosto 1864.

L'imperatore ha fatto dire a Pepoli che la di lui gita a Vichy potrebbe dar luogo a commenti che giova evitare; che attendesse quindi il Suo ritorno a Parigi. Difatti l'Imperatore, che non doveva tornare che il 10, è atteso a Parigi per sabato prossimo. Fino a quell'epoca non avremo adunque altra risposta. Però non dubito che questa sia nel senso che noi ci attendiamo. Al Principe Napoleone era affatto impossibile il celare la verità, o almeno parte di essa. Gli abbiamo detto che Pepoli era venuto a presentare la proposta; che questa era stata ben accolta da Drouyn de Lhuys, il quale ci aveva invitati a formolare gli articoli, che diffatti noi avevamo formolato il progetto di trattato e l'avevamo spedito per mezzo del Ministro degli Affari Estevi all'Imperatore; che infine, da quanto Drouyn de Lhuys ci aveva detto, avevamo ragione di credere che la proposta sarebbe pigliata in considerazione. Il Principe naturalmente approva la proposta, ma si mostra molto incredulo sull'accettazione dell'Imperatore. Non abbiamo troppo insistito per disingannarlo. È meglio che conservi la sua incredulità finchè la cosa sia accordata. In allora la sua azione potrà essere utile, massime presso il Re (1). Intanto è bene che il Principe sia partito. Viaggia in mare; forse andrà in !scozia. Ma sarà di ritorno verso il 21 per attendere il Principe Umberto.

Il Re di Spagna arriva, come vii ho scritto, il 16 e ripéll'lte il 21. Ghl si preparano grandi feste, alle quali non devo nè posso assistere. Vi domando quindi facoltà di lasciare Parigi per pochi giorni. Piglierò per pretesto il dovere di andare all'incontro del Principe Umberto in !svizzera. Partirò da Parigi il 13 o il 14 e sarò di ritorno il 21 o il 22. Approfitterò di questa circostanza per combinare in !svizzera col Principe Umberto quanto concerne il suo viaggio in Francia. Avrò caro se vorrete informare di ciò il Principe, e se mi farete sapere che nulla osta per parte vostra a questa mia breve gita, la quale non v'impedirà, spero, di accordarmi più tardi qualche giorno di congedo, che m'abbisogna assolutamente per recarmi in Italia, per vedere i miei vecchi genitori e per condurre meco il mio bambino, che metterò in collegio qui.

Il viaggio del Re di Spagna è affatto estraneo alla politica, ma è molto probabile che se ne voglia approfittare per ritentare il progetto di matrimonio tra la Principessa Anna e Don Enrico, fratello del Re, vedovo da non molto. Qui l'Imperatrice s'affaccenda molto per la riuscita di questo progetto, a cui dicesi che il Re sia favorevole. Ma la Regina Isabella vi è contraria, e con essa il paese e il Gabinetto di Madrid, il quale avrebbe dichiarato di dimettersi anziché consentire a cosa così straordinaria e così impopolare.

ss

Lord Clarendon passò di qua alcuni giorni sono. Pranzai con lui da Lord Cowley. La sua gita non ha scopi politici. Se ne va tranquillamente a Wiesbaden. Non è vero che sia andato a Vichy. Parlò però a lungo con Drouyn de Lhuys, come questi mi disse. Si scambiarono frasi generiche sulla necessità di un ravvicinamento ed altre cose egualmente sentimentali. Ma nulla si strinse di positivo. Le tendenze di Londra e di Parigi continuano ad essere nel medesimo senso, cioè nel senso di un ravvicinamento diplomatico. Non è molto; ma è meglio che nulla, e bisogna pur cominciare da qualche cosa. A noi giova, e ci conviene il favorire questi amori platonici aspettando che si convertano in giuste nozze, per le quali serviremo, se occorre, da paraninfi.

La pace è fatta. Consumatum est. La Danimarca è scannata. La Santa Alleanza si ricompone; e le due grandi Potenze di Occidente fanno all'amor platonico sul cadavere della Polonia. L'Imperatore manda cantanti e ballerine all'Hotel Dieu, e John Bull grida che non ebbe mai ragione di esser così fiero come adesso. In verHà mi par d'essere in preda ad un sogno doloroso. Si spicci l'Imperatore a evacuar Roma e a dare così un pegno all'opinione liberale; giacchè dubito molto che la Francia (paese) divida le opinioni della Francia, giornale, la quale vede nella lettera sull'Hotel Dieu un intiero programma politico.

Leggo oggi nella Perseveranza un articolo che mi fa rizzar le chiome. Steterunque comae et vox faucibus haesit. Per carità fate dire a quei signori ,di non far prevedere ciò che deve giungere impreveduto. È assolutamente necessario che nulla traspiri. Ed anzi tutto bisognerà essere certi che non si avranno costì opposizioni invincibiU al trasporto della capitale. Il fatto sarà gravissimo, le difficoltà immense; gli inconvenienti molti. Un assoluto secreto può renderli minori ed appianarli. L'opinione pubblica sarà presto preparata, non ne dubitate. Non ha bisogno d'eccitamenti.

La pace si fa all'infuori della Francia. Il Gabinetto delle Tuileries si limitò a mandare un dispaccio a Berlino e Vienna per raccomandare la Danimarca alla moderazione, all'equità ed alla generosità (!!) di Bismarck e di Rechberg.

Comunicate, Vi prego, questa cosa a Minghetti.

P. S. Aggiungo la copia degli articoli mandati all'Imperatore.

(1) Cfr. in proposito una l. p. di Pepoli a Visconti Venosta, datata Parigi, Iugiio 1864, conservata in AVV.

101

IL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. 741, ANNESSO CIFRATO. Francoforte, 5 agosto 1864 (per. iL 7). Le ministre de Belgique, qui était à Stuttgart complimenter le nouveau Roi m'a dit qu'en parlant vaguement de la possibilité d'une reconnaissance de l'Italie avec le ministre des affaires étrangères celui-ci lui dit textuellement qu'il n'eu était et ne pouvait pas pour le moment en etre question. C'est également ce mème ministre des affaires étrangères quJi lui a dit ce que je

mande dans ma dépèche d'aujourd'hui (1) sur la portée de l'entente secrète entre les Cours du Nord.

(1) Non pubblicato.

102

PROMEMORIA DEL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, SU UN COLLOQUIO CON IL MINISTRO DEGLI ESTERI FRANCESE. DROUYN DE LHUYS

Parigi, 5 agosto 1864.

L'article l.,. du projet de l'Empereur est identique à celui du projet prim!tif, et de l'ancien projet Cavour.

L'artide 2 contient un changement important. Dans le projet primitif. c'est-à-àire dans le projet italien, le délai accordé pour l'évacuation était fixé à six mois. Dans le projet de l'Empereur, l'évacuation doit se faire graduellement et doit ètre accomplie, au plus tard, en deux ans. Nous avons insisté auprès de M. Drouyn de Lhuys pour obtenir un terme plus court. Mais M. Drouyn de Lhuys s'est retranché derrière la lettre de l'Empereur où il est dit que ces bases sont les seules possibles.

Toutefois M. Drouyn de Lhuys esposera à l'Empereur les raisons que nous lui avons développées pour un délai plus rapproché.

M. Drouyn de Lhuys nous a dit que le terme fixé par l'Empereur doit etre considéré comme un maximum; que l'évacuation pourrait ètre accomplie avant le terme si les circonstances s'y preteront; que la France aura tout l'intéret à opérer l'évacuation le plus tOt possible, une fois que la Convention sera connue.

Nous avons insisté de nouveau et nous réservons en meme temps d'en référer à notre Gouvernement sur ce point spécial. Nous avons proposé qu'en tout cas il soit déclaré dans-l'article que l'évacuation aurait un commencement d'exécution dans les six mois. M. Drouyn de Lhuys n'a pas fait d'opposition à cette clause, mais il s'est réservé de la soumettre à l'Empereur.

Dans l'article 3, l'Empereur a oté la clause qui fixait, comme maximum, le chiffre de dix mille hommes pour la légion étrangère. Il a aussi remplacé Jes mots du projet italien • Cette légion ne pourra avoir de drapeau étrange1· • par ceux-ci: " Cette légion aura le drapeau du Pape ,..

Nous n'avons pas soulevé de discussion sur ces deux modifications.

L'article 4 du projet de l'Empereur est identique à celui du projet italien.

Il est bien entendu, d'après les explications que nous avons échangées avec M. Drouyn de Lhuys que le règlement de la dette publique se ferait par des négociations directes entre l'Italie et le St. Siège. Nous avons accepté l'article secret proposé par l'Empereur, comme étant préférable à l'article secret du projet primitif.

L'article proposé par l'Empereur a l'avantage d'éviter l'énonciation d'un engagement direct et forme!. Il ne présente qu'une condition suspensive ou résolutoire.

M. Drouyn de Lhuys ayant demandé à l'Empereur quel serait le mode de procéder vis-à-vis du Pape, et si son consentement serait requis, l'Empereur a répondu qu'on se bornerait à faire connatt1·e à Sa Sainteté la résolution prise.

Le traité, à l'exception de l'artide secret, pourrait ètre publlé aussitòt que la résolution du Gouvernement italien de transporter la Capitale sera arrètée, annoncée et publiée. Les deux publications pourraient etre faites en mème temps.

103

L'AGENTE DIPLOMATICO E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, STRAMBIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 740. Bucarest, 6 agosto 1864, ore 15,45 (per. ore 21).

Borzulasky ayant trouvé la situation impossible le reconnut lui-meme et après un vif entretien avec le prince Couza à qui il a remis une lettre du général Garibaldi en faveur de Frigessy s'est décidé ainsi qu'il en avait reçu l'ordre de la police de quitter ce pays. Il est parti hier pour Belgrade pour y reconnaitre .la situation et pour s'y entendre avec le colone! Zega, avec l'intention s'il sera possible de rappeler là ses hommes qui sont en route et attendre avec eux les événements. Il n'a pas voulu retourner en arrière; du reste il a promis de se conduire avec prudence, mais il montre toujours le désir de recevoir des instructions. J'écris deux mots par télégraphe au consulat de Belgrade pour sa règle. Tout ce mouvement est parfaitement connu par le consul d'Autriche.

104

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(AVV; ed. in MINGHETTI, pp. 87-89)

L. P. 20. Torino, 6 agosto 1864.

*Vi mando un cortl'iere supponendo che presto avrete fOtl'se bisogno di rimandarmelo. Minghetti vi manda una lettera di Menabrea ed io una di VimeDcati sul colloquio che ebbe con Rouher* (1).

Minghetti vi scrive inoltre sulle sue conferenze con La Marmora e sul loro risultato (2). L'adesione del Generale La Marmoil."a satl'ebbe stata un potente aiuto per superare le difficoltà. Sventuratamente egli vede la questione di sbieco, e non si rende conto del modo in cui solo può essere posta. A chi domanda una rettifica di frontiera l'Imperatore risponderà certo che egli non può cedere quello che non è suo. Non si potrebbe fare questa proposta all'Imperatore che in vista di una soluzione definitiva. Perciò parmi che le idee di La Marmora si accostino per la loro intima logica al progetto di coloro che vorrebbero rinunciare alle aspirazioni a Roma per regolarizzare la situazione con un acquisto del territorio circostante.

Una questione sulla quale vi prego di fissare le vostre idee per poterei definitivamente intendere, è quella della forma a dare alla trattativa, del modo con cui essa deve diplomaticamente essere posta.

La prima e prevedibile abbiezione che ci si farà sarà questa: vi siete lasciati imporre da una esigenza straniera un atto interno di così vitale importanza, la vostra andata a Napoli (1) non è che la forma della vostra rinuncia a Roma.

In faccia al paese noi dovremmo porre la questione (2) nel modo seguente: le due condizioni colle quali la grande opinione liberale e moderata in Italia ha sempre giud!cato potersi sciogliere il problema romano sono: l. applicazione del non intervento per parte della Francia, 2. rinuncia ai mezzi materiali, ricorso alle sole forze morali. Per ciò abbiamo fatto un trattato pel quale ottenemmo il non intervento e rinunciammo ai mezzi materiali. Questo trattato vogliamo lealmente mantenerlo e nella definitiva efficacia dei mezzi morali abbiamo piena fiducia. Ma esso apre all'Italia un periodo, il cui termine non è assegnabile e in presenza del quale il nostro sguardo deve portarsi sulle condizioni della politica interns. Per rendere più efficace l'azione delle forze morali vogliamo portare la sede del Governo dove è più agevole che l'influenza nostra irraggi verso Roma, per attraversare un periodo di aspettazione, vogliamo portarla dove, con questo atto, si consacra definitivamente l'unità, dove è più agevole la vigilanza immediata e l'immediata iniziativa del Governo.

Sia che riusciamo nell'intento nostro e che quindi dobbiamo portare alla Camera i documenti, sia che non riusciamo e che dobbiamo lasciare il dossier delle pratiche diplomatiche nei cartoni del Ministero, è dunque necessario che le trattative * consegnate nei rapporti e nei dispacci* non discordino da questo modo di poirre la questione.

Ora, nella nota da scambiarsi col Governo francese e destinata a constatare le trattative, quale metodo seguire? Qui si presenta un dilemma. O la proposta, come garanzia, del trasporto della Capitale viene dalla Francia, e allora si griderà alla pressione, si verificheranno gli inconvenienti a cui dianzi accennava. O viene da noi, e ci si dirà: Ecco, di questa condizione, gravida di crisi e di difficoltà, siete voi che vi faceste gli iniziatori e forse senza assoluta necessità i propositori. È una vostra pensata. Voi avete con arte deliberata condotte le trattative per modo che arrivassero a questo punto.

Io credo che di queiste accuse è preferibile (3) che subiamo la seconda. Ad ogni modo, non potrei oca indicare iPer filo e per segno il metodo che noi preferiremmo seguire (4). Queste cose vi dico soltanto perché, d'accordo anche con Minghetti e con Peruzzi, desideriamo che questa questione della forma, da discutere poi insieme, sia riservata (5)* che sia riservata la questione del modo con cui presentare [a cosa al Parlamento e al paese.

Non occorre vi dica che trovo naturalissimo che vi allontaniate da Parigi durante le feste pel Re di Spagna per recarvi in Svizzera. Minghetti ed io desidereremmo che voi poteste approfittare di questa gita per trovarci in qualche

(-4) In MINGHETTI « darvi delle istruzioni particolareggiate •.

punto della frontiera. Il ritrovo avverrebbe, ben inteso, dopo il J:litorno di Pepoli, e bisogna trovar modo che sia all'insaputa del Pr,incipe, del suo seguito, del pubblico. Là potremo intenderei sulle cose a cui v'ho accennato in questa lettera. Vi telegraferò a tal proposito, conosciuto il preciso itinerario del Principe.

Salutatemi Pepoli *.

(1) -Cfr. n. 92. I brani fra asterischi mancano in MrNGHETTI. (2) -Cfr. n. 105. (1) -In MINGHETTI « in un'altra città >. (2) -In M:INGHETTI • ora poi la questione si pone •. (3) -In MINGHETTI « vale meglio, nell'interes'*' del paese >. (5) -In MrNGHETTI • desidero che questi punti, da discutere poi insieme, siano riservati •.
105

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI,

AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(Ed. in MINGHETTI, pp. 85-86) (1)

L. P. 6 agosto 1864.

Al generale La Marmora lessi la vostra ~ettera, e ne ,segui una lunga discussione. Il Generale ammette il principio del trattato, quante volte lealmente e francamente siasi risoluti di osservarlo: né dissente dalla guarentigia richiesta col trasporto della capitale: anzi su questo punto esso non si fermò molto, perché parve non dare a tal atto tutta l'importanza che ha a nostro avviso, né apprendere quei pericoli che noi pur ci vediamo. Si esaminerà, disse, attentamente, se più convenga Napoli o Firenze; ma il partir da Torino non gli fa amarezza. Il punto sul quale il Generale insiste è la difficoltà di guardare seriamente un confine così frastagliato ed arduo come è il presente. Potremo noi, diceva egli, impedire assolutamente che qualche individuo, qualche gruppo di uomini passi? Certo sì, se vi fosse una rettificazione di confini che ne rendesse più agevole la guardia; difficilmente, se restano come sono. A questo concetto io rispondevo che l'Imperatore non si crederà mai autorizzato a mutare lo statu quo territoriale pontificio, questione al tutto diversa da quella dell'intervento, né vi assentirà mai il Papa. Ma il Generale pare a me convinto che se egli parlasse all'Imperatore gli riuscirebbe per avventura di persuaderlo, non già a cederci quelle provincie, ma a restringere la promessa della difesa a

.Roma, Comarca e Civitavecchia. A questo punto io credetti di dichiarare fran

camente che io ero deciso, anche senza questa modificazione, ad accettare il

progetto, né egli veramente a ciò punto si oppose.

La conclusione fu di lasciare che Pepoli compia la sua missione, e di giudicar poscia sull'opportunità della sua visita all'Imperatore. Se si troverà conveniente, io gli telegraferò di recarsi a Parigi, dove troverà le sue istruzioni, e dove avrà da voi tutti gli schiarimenti che occorrono.

Non debbo tacervi che ho proposto a La Marmora di entrare nel Ministero, offerendogli anche la presidenza. La Marmora non è per ora inclinato a farlo. Due cose, dice, lo trattengono: la difficoltà di convivenza fra lui e il Re; e la Camera della quale in questi anni ha perduto l'abitudine.

Tuttavia terminò dicendo che, se avesse potuto parlare con l'Imperatore, forse quel colloquio muterebbe le presenti sue disposizioni e aprirebbe l'adito

alla combinazione ministeriale. Cosicché anche questo punto fu differito. Non debbo tacere da ultimo che il Generale è persuaso che, quanto al tempo per sgombrare il territorio romano, l'Imperatore sarà très coulant.

(1) Di questa lettera, erroneamente datata in MINGHETTI 16 agosto non esiste l'originale in BCB, Carte Minghetti. Il testo pubblicato è probabilmente incompleto.

106

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, A NAPOLEONE III

(AP; ed. in italiano in CHIALA, p. 746)

L. P. Parigi, 6 a,gosto 1864.

Selon le désir de V.M. j'ni attendu, pour avoir l'honneur de Vous parler, Votre arrivée à Paris.

Mais je crois qu'il est urgent pour tout le monde d'arriver à une solution de la question qui nous préoccupe surtout à présent que les journaux ont ébruité la conversation que v.r,l[. a eu avec le Général Menabrea à Vichy.

Je viens donc vous prier, Sire, d'avoir la haute bienveillance de m'accorder une audience le plus tot possible, meme lundi matin, s'il était possible, parce que je partirais alors pour Turin le soir-meme (1).

On m'attend avec le plus vif empressement à Turin, puisque ce n'est qu'en connaissant les résultats de mes démarches que le Ministère italien décidera la marche qui lui reste à suivre, et les délibérations urgentes qu'il doit adopter.

Pardonnez, Sire, à mon importunité...

107

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, STRAMBIO

T. 300. Torino, 7 agosto 1864, ore 11,10.

Reiçu votre dép&he télégraphique du 6, (2) j'approuve votre reserve absolue avec la personne que vous m'indiquez. Notre consul à Belgrado étant en congé veuillez vous abstenir de totlte -:ommunication confidentielle avec le consulat.

108

IL CONTE CSAKY AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI

L. P. Ginevra, 7 agosto 1864.

M. le général Klapka nous a communiqué la dépeche que Vous avez bien voulu lui adresser, et dans laquelle Vous le priez d'aujourner de 10 jours san voyage à Turin; nous avons pensé, jugeant après cette dépèche que Vous désirez remettre au 15 Aout la décision de l'affaire qui nous occupe, et nous avons cru en conséquent devoir aussi ajourner notre <lrrivée fìxée par Vous pour le 5.

Nous avons instruit le comité par la voie du télégraphe de ce retard inattendu, lequel, je dois l'avouer nous a beaucoup contrarié, parceque toutes les dispositions ont été faites pour le 5, des agents sont en route pour ici, des autres attendent à Pesth, de plus un certain désappointement est inévitable dans les départements qui attendent impatiemment une décision, enfin nou.s regrettons le temps perdu, car la saison est déjà si avancée que chaque jour devient de grande importance.

Notre consolation est dans l'espoir que le 15 de ce mois, le gouvernement voudra bien porter enfin une décision, je me permets de Vous faire observer que cela parait très urgent, car l'incertitude consume nos forces sans aucun avantage, et nous fait les plus grands torts.

(1) -L'udienza avvenne il 9 agosto come risulta da una lettera di Mocquarà a Pepoli. co.servata in AP. (2) -Cfr. n. 103.
109

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 748. Costantinopoli, 9 agosto 1864, ore 14,15 (per. ore 14 del 1O).

Conformément aux instructìons de V.E. j'aì de nouveau vivement insisté près de Aali ,pacha pour notre adm1SISion affaires Syrie. N e cachant point mauvais effet que produirait refus, Aali pacha a de nouveau déclaré que la Sublime Porte dnterprète le traité de Paris dans le sens de nous exclure et ajoute que l'Autriche et la Russie ont de leur còté déclaré que dans le cas d'admission de l'Italie elles se seraient refusées de prendre part à accord et auraient protesté. Aali pacha m'a dit avoir répondu dans ce sens aux ambassadeurs d'Angleterre et de France, exprimant ses regrets de devoir maintenir refus. Je préviens V.E. que les représentants des grandes puissances n'étant pas d'accord sur les affaires du Liban rien ne laisse prévoir arrangement prochain. L'ambassadeur d'Angleterre qui a reçu la note de ila Sublime Porte contenant le refus de notre admission m'a dit que nous ne devrions instster davantage ni protester mais tacher d'obtenir en transigeant sur la présente question d'ètre admis dorénavant à prendre part à toutes les autres affaires. Sur ma proposition il m'a promis d'entretenir de nouveau Aali pacha à l'égard de la possibilité d'arranger question du Liban sans conférence en signant acte d'arrangernent et dans ce cas obtenir que le représentant d'Italie appose sa signature aussi. L'ambassadeur d'Angleterre part très prochainement en congé passant par Tudn: l'ambassadeur de France part demain pour un long congé.

110

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, GAMBAROTTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 752. Tunisi, 9 agosto 1864 (per. ore 19 dell'11) (1).

La situation devient de jour en jour meilleure car plusieurs autres tribus ont fait leur soumission ultérieure. Les caravanes ont repris leurs voyages

entre Beja et Tunis. Le consul de France a remis vendredi dernier une lettre du ministre des affaires étrangères au Bey conçue en termes de bienveillance où aucune allusion n'était faite au premier ministre; mais samedi il s'est de nouveau présenté pour demander au nom de son Gouvernement le renvoi du premier ministre; cette évidente contradiction a frappé le bey qui a demandé la communication par écrit mais le consul s'est refusé de la donner. Le jour après le consul français est encore allé demander au bey s'il avait quelque réponse à lui donner. Le bey lui a remis sa réponse cachetée au ministre des affaires étrangères à Paris. Le travail énorme d'hier et d'aujourd'hui et l'état de mon esprit m'ont empéché de répondre à votre dépéche n. 7 Cabinet (1); je ferai cependant partir demain deux longs rapports qui prouvent qu'aucun consul ne peut rester à Tunis sans votre appui et sans votre entière confiance..

(1) Trasmesso da Cagliari alle 14 dell' 11 agosto.

111

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 126/65. Londra, 9 agosto 1864 (per. il 12).

Lord Russell che fui a trovare due giorni fa mi parlò della nostra ammessione alla Conferenza del Libano, senza che punto io gliene fa,cessi parola pel primo. Mi raccontò aver avute notizie da Costantinopoli portanti che Alì Pacha continuava nelle sue resistenze alla nostra ammessione od invero all'ammessione di qualunque potenza non ancora introdottasi in quelle discussioni precedenti il Trattato di Parigi. Lord Russell aggiunse che egli avea dunque preparato un dispaccio che aspettava la sanzione di Lord Palmerston, e nel quale egli insisteva su questa nostra am::nessione, ricordando ai Turchi come fosse cosa poco politica il mettersi male con un paese che contava fra i primarj d'Europa, con un paese che tanto avea da dire nei mari finitimi con quelli che bagnano l'Impero Ottomano, con un paese infine che pericolando Costantinopoli, non avea esitato a mandare un esercito delle sue migliori tru,ppe, mentre l'Austria, benché vedendo di molto mal'occhio quest'invio, non avea mai creduto doversi decidere a seguitar quell'esempio, tale era il suo terrore della Russia. Sotto a questi varj punti di vista, egli sperava che il Governo Turco si sarebbe ravveduto, adottando migliori consigli. Soggiunse poi che il Conte Appony non cessava di lagnarsi di questa adozione per parte dell'Inghilterra delle nostre esigenze in questo affare (2).

Ringraziato, come si dovea, Lord Russell, per quanto mi avea detto ed avea fatto, gli ripetei, a un dipresso, gli argomenti e le considerazioni di cui mi ero servito ,con LQI!'d Palmerìston, e che indicai in uno dei miei ultimi rapporti a

V.E. aggiungendo che difatti savinmente oprerebbero i Turchi a non mettersi male con noi, poiché se realmente ci venissimo a convincere che essi agivano

Voglia la S.V. Illustrissima esprimerne çosì a Lord Russell come a Lord Palmerston i· nostri ringraziamenti •.

ingiustamente per noi, avrebbe questo potuto diminuire quelle buone disposi-

zioni che ci guidavano, sia per le nostre relazioni con loro, come pel manteni

mento dell'attuale ordine di cose. Lord Russell non negò che Sir. H. Bulwer in

fondo non fosse contrario, né che gli argomenti messi avanti da lui fossero

totalmente persi per Lord Palmerston. Ed io allora gli narrai come avessi

combattuti precisamente quegli argomenti con Lord Palmerston, e trovassi

singolari le idee di questo Ministro riguardo al brigantaggio, come motivo di

esclusione. Pare che pur troppo Sir H. Bulwer si fermi ancora qualche tempo

a Costantinopoli (1).

Mi si assicura che il Principe di Galles, il quale parte stasera per la Scozia,"

persista nella sua idea di presto andare in Danimarca.

(1) -Cfr. n. 97. (2) -Con D. 12 del 15 agosto Cerruti comunicò a Maffei: • Dai recenti Rapporti del Marchese d'Azeglio relativi alla questione della nostra ammissione alle conferenze del Libano. e segnatamente dal n. 65 Politico del 9 corrente, ho rilevato con soddisfazione le disposizioni a noi favorevoli del Governo Britannico.
112

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, A PARIGI (AP)

L. P. Parigi, 9 agosto 1864..

Ricevei nella notte un dispaccio di Visconti così concepito:

• Il faut faire valoir, dans la discussion du délai, la chance de la mort probable du Pape. Six mois sont plus que suffisants pour l'organisation d'une légion étrangère. Si le mot !égion étrangère pouvait etre substitué par une autre phrase comme dans l'ancien projet Cavour, ce serait très bien fait. Il faut tacher d'obtenir ce changement de forme , .

Vedo con piacere che almeno :n parte fanno laggiù i medesimi ragionamenti che facciam noi qui. Ma non si rendono abbastanza ragione delle difficoltà per la fissazione del termine.

Buona resistenza e coraggio.

113

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(Ed. in MINGHETTI, pp. 93-94 e in BASTGEN, pp. 328-329)

L. P Parigi, 9 agosto 1864 (2).

Pepoli torna in questo momento (4 ore) da S.. Cloud. Parte stassera stessa per Torino. Non ho che il tempo di dirigervi queste due righe. Fu impossibile

Riferendomi al mio odierno rapporto confidenziale vorrei sperare che Sir. H. Bulwer siadopererà con profitto presso Aalì Pascià per ottenere che, non trattandosi più di una formale conferenza, io sottoscriva cogli altri rappresentanti l'atto col quale si accetteranno in blocco le modificazioni intese dalJa Sublime Porta, per il riordinamento del Libano •

ottenere dall'Imperatore un termine minore di due anni. Ma si ottenne di togliere la parola legione estera e d'inserire un'altra modificazione importante, quella cioè per cui ci obblighiamo, non ad assumere la parte del debito pubblico, ma a negoziare per assumere, modificazione di cui capirete tutta l'importanza. Il prolungo del termine è anche compensato dall'aver tolto dal progetto la clausola che concerne la costituzione dell'armata Papale e dall'avervi sostituita la frase dell'<>.ntico progetto Cavour. Certo sarebbe stato importantissimo l'ottenere un abbreviamento del termine, ma non ci fu modo: l'Imperatore fu su questo punto inflessibile. Malgrado però la fi:ssazione del termine di due anni, Pepoli ed [o rimaniamo convinti della convenienza di accettare il trattato. Spero che sarete voi tutti del medesimo avviso. Adunque non perdete tempo: proponete la cosa al Re. e rim<m0atc Pepoli coi pieni potel·i per lui e per me.

(1) In una Lp. del 10 agosto a Visconti Venosta (AVV) Greppi comunicò: " Fui confidenzialmente avvertito dal Signor Steffens incaricato d'Affari di Prussia, animato personalmente dei migliori sentimenti a nostro rigu?.rdo, che Aall Pascià esagerò le intenzioni ostili de' rappresentanti di Austria e Prussia per ciò che concerne la mia ammissione; al dire del Signor Steffens essi non hanno istruzioni di protestare ed ancor meno di astenersi dal prendere parte agli accordi, nel caso io sia chiamato a parteciparvi, ma soltanto d'interporre i loro offici per mantenere le inclinazioni poco favorevoli della Sublime Porta, in questa questione, a nostro riguardo.

(2) In MINGHETTI questa lettera è erroneamente datata 5 agosto.

114

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

T. 302. Torino. 10 agosto 1864. ore 16,15.

Vous étes autorisé à signer protocole en laissant au rplénipotentiaire prussien l'initi2tive de la conclusion. Instructions plus détaillées par dépeche.

115

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE . Berlino, 10 agosto 1864 (per. il 14!.

De prime abord, à la lecture des préliminaires de paix avec le Danemark, on serait tenté de croirc quc le sort des Duchés ne tardera pas à etre réglé d'une manière définitive. Si les vainqueurs restent maitres absolus des destinées qui attendent ces provinces, il n'est pas à présumer que l'Autriche veuille les céder à la Prusse. Si les Duchés assument le remboursement des frais de guerre, c'est bien là une certaine garantie de leur future autonomie. Dans ccs dispositions, il existe donc une apparence d'honneteté. Mais en examinant de plus près la situation, il faut bien convenir qu'il reste à M. de Bismark plusieurs moyens d'ajourner indéfiniment une solution.

Je veux admettre, et tout porte à le croire, que la paix définitive soit conclue avec le Danemark avant le 15 Septembre; mais d'ici là les prétentions des candidats ne seront pas cncore réglées. Le Schleswig-Holstein restera donc placé sous l'administration des commissaires de Berlin et de V,ienne, et sl la Diète Germanique e3t appelée à se prononcer sur les questions si compliquées du droit fédéral, ce travail exigera une année au moins. Durant cet interrègne

la porte restera ouverte à toutes les intrigues, soit pour modifier la constitution 1ibérale de 1848, soit pour gagner des voix en faveur d'une incorporation à la Prusse, ou de sa suprématie.

Que dans l'intervalle il survienne quelque crise Européenne, et les projet.s ambitieux de M. de Bismark reviendront sur l'eau.

Il est difficile de s'expliquer la conduite de l'Autriche. Elle n'avait que deux voies à suivre. Ou s'assurer dès le début du bon vouloir de l'Angleterre, en maintenant le Traité de Londres, l'intégrité de la Monarchie Danoise; ou se ranger du c6té des Etats secondaires de l'Allemagne en réclamant l'installation immédiate du Due d'Augustenbourg. Au lieu de cela, elle a suivi une voie de juste milieu qui la met à la remorque de la Prusse. Est ce lacheté? Serait ce calcul? Je penche pour cette dernière supposition. Le Comte de Rechberg n'est pas homme à lutter de finesse avec IVI. de Bismark. Mais l'idée a pu naitre et

se fixer dans son esprit que, malgré ses inconvéniens, la prolongation indéterminée de l'intérim dans les Duchés a l'avantage de mettre jusqu'à un certain point la Prusse dans la dépendance de l'Autriche s'il surgissait quelque grave complication du c6té de l'Italie ou de la Hongrie. Dans le cas où cette éventualité se présenterait, il aurait en son pouvoir le moyen d'acheter l'appui du Cabinet de Berlin. Ce calcul pourrait cependant bien aboutir à une déception. M. de Bismark n'ayant désormais plus à craindre l'opposition d'un Gouvernement

assez occupé chez lui pour qu'il fùt à meme de contrecarrer ses projets, comprendrait alors-que le moment serait venu de démasquer ses batteries, et de s'entendre à cet effet avec la France.

Il est de fait que M. de Bismark personnifie un ~certain parti qui juge, avec raison, que la Prusse doit obtenir un agrandissement territorial sous peine de décheoir de sa position de Grande Puissance. Il est meme a:ssez étonnant que jusqu'ici ce pays n'ait pas su profiter des occasions qui, plus d'une fois, se sont présentées pour élargir ses frontières. Cela a tenu à l'excessive honneteté ou à l'incapacité de ses derniers Souverains. Guillaume I•r lui aussi se montre très scrupuleux vis-à-vis des autres Souvera.ins confédérés; mais il a un premier Ministre très entreprenant, et d'ailleurs les faciles succès remportés contre le Danemark ont développé l'humeur belliqueuse de Sa Majesté. • Avec de semblables troupes, disait-elle, rien n'est impossible! Ne fùt-ce la crainte d'offenser Dieu, j'aurais de la peine à me contenirl •. Ce langage indique assez ses désirs présomptueux. M. de Bismark est assez habHe pour en tirer parti dans un moment donné.

Il faut lui rendre cette justice que, dans la politique extérieure, il a jusqu'ici adroitement manoeuvré; s'il n'en a pas encore recueilli tous les fruits, il a dumoins su se laisser une porte ouvertc pour agir au mieux de ses convenances, selon les événemens. Ce jeu ne lui est cependant permis que gràce à l'abstention de la France qui par sa prétendue sagesse d'inertie a permis la résurrection politique et militaire de la Prusse. La meme faute avait été commise en 1787. Les troupes Prussiennes s'ébranlant avec rapidité, pénétrèrent dans les Provinces unics et batt!rent l"s troupes Hollancbhe;,;. Cct é'.cte était un échec porté à la considération de la France à laquelle on imprimait un cachet de faiblesse. Cet acte qui n'avait pas rencontré de résistance à Paris, fut en memc tems un encouragement pour Frédéric Guillaume II. Il fut le premier en 1792 à proposer une coalition contre la France, et il s'avança jusque dans !es plaines de la Champagne!

M. de Bismark, il est vrai, ne semble pas partager les antipathies du parti rétrograde contre la France Napoléonienne, mais il doit ménager ces sentimens et en tenir compte dans une certaine mesure. Dans ce parti il règne la conviction bien arrètée qu'aucune Puissance ne saurait résister à une action combinée de l'Autriche et de la Prusse. Qu'on ne le perde pas de vue à Paris. Et quant à nous, je ne saurais trop le répéter, les déclarations de la Cour de Vienne qu'on ne songe nullement à nous attaquer, doivent se traduire par ces mots: « Tant que l'Empereur Napoléon vivra, à moins d'un concours de circonstances inespérées, nous nous tiendrons sur la défensive; mais que cette existence vienne à s'éteindre, et ce sera sans tarder que nous prendrons notre revanche de Solferino ». Que dirait alors l'histoire sur le règne de Napoléon III?

Car les Souverains ne sont pas jugés sur les oeuvres qu'ils ont ébauchées, mais par celles qu'ils ont accomplies. Ses superbes légions ne combattaient plus que par des ambassadeurs!...

Vers la mi Aout, le Roi de Prusse va décidément à Vienne pour rendre la visite qu'il a reçue de l'Empereur d'Autriche à Carlsbad. Les journaux officieux assurent que cette visite n'a aucun caractère politique.

Dans quatre jours l'Ambassadeur de France part pour un long congé. Il ne reste ici aucun autre de mes collègues que celui de Suède.

116

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI GAROFOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 27. Madrid, 10 agosto 1864 (per. il 15).

Nei giornali ministeriali pubblicati jeri, incontrai un articolo concepito in questi termini: • Abbiamo motivo per credere che in oggi esiste tra diverse Corti cattoliche un principio di negoziazione e d'intelligenza riguardo agli affari di Roma. La Spagna non sarà per certo aliena da tutto ciò che possa contribuire a facilitare una soluzione soddisfacente per questa immensa questione •.

Un tale articolo, come era naturale, fissò la mia attenzione specialmente pel modo in cui era redatto, e mi apposi immantinenti a ricercare il motivo di questa pubblicazione e la verità del fatto. Ecco quanto mi venne narrato da persona competente ed amica mia.

Il Ministro di Stato ricevette pochi giorni fa comunicazione di un dispaccio del Signor Drouyn, de Lhuys, nel quale, prevedendo il prossimo termine delia carriera mortale del Santo Padre, invita, a nome della Francia, la Spagna a porsi con lei d'accordo per dare il veto a quell'eletto del Sacro Collegio che non possedesse le qualità indispensabili negli attuali momenti per sedere nella Cattedra di S. Pietro. Tale comunicazione venne pure diretta al Portogallo, potenza che al pari di Francia e Spagna possiede il privilegio del veto. Il Signor Pacheco accolse tale apertura piuttosto favorevolmente, giacché a parer suo un pontefice liberale ridarebbe prestigio alla sua sovranità temporale.

Questa notizia di carattere riservato venne però rivelata ad amici poco cauti, e di qui l'articolo che citai in principio.

Il viaggio del Re Consorte continua a rivestire un carattere completamente di cortesia, e ministri ed amici loro, giurano che nulla vi ha in esso di politico. Mi venne però fatto di sapere che la così detta devozione della Regina seppe persuadere i suoi consiglieri perché lascino al Re facoltà d'intendersi particolarmente coll'Imperatore in siffatto importante negozio, H quale preoccupa grandemente la timorata coscienza della Regina Isabella, che ebbe a dire ultimamente potere essa sagrificare gl'interessi di famiglia, dimenticare i parenti di Napoli, ma non mai approvare che il Padre Santo fosse privato della sua indipendenza e del suo trono.

I timori di disordini in Madrid sono pressoché calmati. Il Governo prese misure forse anche troppo energiche contro alcuni militari, attesa la poca importanza del fatto, misure però legali e sulle quali nulla vi ha a ridire. Più e più mi persuado che questi movimenti parziali sono opera di impazienti amici dell'O'Donnel, i quali vorrebbero imporre ahla regina il rkhiamo del loro patrono, come quegli che solo sa dare calma e fiducia alla Spagna. Venni assicurato oggi stesso che il Signor Duca di Tetuan non si mostrerà troppo disposto, nel caso che venga chiamato dalla Regina ad accettare il potere, e che porrà condizioni fra le quali figurerebbero lo sfratto della monaca Patrocinio e del Padre Claret, ed il riconoscimento del Regno d'Italia come fatto compiuto (1).

117

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, A NAPOLEONE III

(AP; ed. in CHIALA, p. 747)

L. P. Torino, 10 agosto 1864.

J'ai communiqué au Président du Conseil le projet du traité. S.M. étant à la campagne, il lui a écrit immédiatement pour lui demander une entrevue ce n'est qu'après que nous pourrons envoyer, Sire, une réponse définitive à

M. Nigra.

En attendant, le Général La Marmora vient à Paris; il désire avoir l'honneur de voir Votre Majesté, et de son c6té M. Minghetti seradt heureux qu'un encouragement de Votre part le décide à entrer dans nos idées et à lui donner l'autorité de son nom. Sa ,coopération peut aplanir hien de d!ifficultés et vainore bien de répugnances. C'est un service réel à rendre à l'Italie et à son Gouvernement.

6 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. V

(1) Cfr. il seguente brano del R. 29 di Cavalchini del 18 agosto: «Da più giorni si vede ricomparire nei giornali ministeriali il tema più volte preso e più volte dismesso della utilità del pronto riconoscimento del Regno d'Italia, e persone alto locate mi assicurano che già in Palazzo può un Ministro rischiarsi a parlare di ciò senza ricevere l'ordine di sospendere tale discorso. Se il viaggio del Re a Parigi obblighi a prendere un'attitudine meno retriva o se un tale linguaggio sia un'arma presa per far credere non doversi considerare le misure adottate contro i progressisti, come il Prim, quale principio di reazione, lo farà quanto prima c.onoscere l'avvenire. So però positivamente che il Signor Pacheco lavora assiduamente onde preparare il terreno in Corte, e mi venne riferito che lo stesso Don Giovanni di Lucca dichiarò alla Regina essere impossibile una restaurazione in Napoli •.

118

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 753. Londra, 11 agosto 1864, ore 19,18 (per. ore 21).

Lord Russell m'informe qu'il a informé S.M. la Reine de l'arrivée du Prince de Piémont; S.M. a répondu qu'elle sera à Windsor le 25 et qu'elle pourra y donner audience au Prince de Piémont le 26 ou le 27, que le 28 elle partira pour l'Ecosse où vivant en stricte retraite S.M. ne pourrait le recevoir. Lord Russell confirme en outre le départ du Prince de Galles pour le commencement de septembre.

119

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, A VITTORIO EMANUELE II

(Ed. in MINGHETTI, p. 97)

L. P. Torino, 11 agosto 1864.

Telegrafai a Pepoli, come V.M. mi ordinò domenica. L'Imperatore era giunto quel giorno stesso a Parigi, e Pepoli chiese l'udienza e l'ottenne martedì mattina.

Il colloquio fu assai importante, cosicché Pepoli la stessa sera è partito per Torino. Egli però ha dovuto continuare il viaggio sino a Bologna, ma è pronto agli ordini di V.M. per ritornare a Torino. lo aspetto un cenno di V.M. per recarmi ove Ella mi ordini, e per riferirle ogni cosa. Vi ha urgenza.

120

CONVENZIONE PER LA PARTENZA DELLE TRUPPE FRANCESI DA ROMA, DISCUSSA TRA L'IMPERATORE, NIGRA E PEPOLI

(AVV)

11 agosto 1864.

Projet de l'Empereur

Art. I

L'Italie s'engage à ne :pas attaquer et à empecher méme par la for·ce toute attaque venant de l'extérieur contre le territorie actuel du Pape.

Art. II

La France retirera ses troupes de Rome graduellement et à mesure que l'armée pontificale sera organisée. L'évacuation devra néanmoins étre accomplie dans le délai de deux ans.

Variante proposée. L'évacuation devra néanmoins commencer dans le délai de six mois et etre accomplie dans celui d'un an. Non acceptée.

Art. III Le Gouvernement italien s'interdira toute réclamation contre l'organisation dans les Etats pontificaux d'une légion étrangère suffisante pour maintenir l'autorité du Saint-Père et la tranquillité dans ses Etats. Cette légion aura le drapeau du Pape. Variante proposée. ... d'une armée papale composée meme de volontaires catholiques étrangers ... pourvu qu'elle ne puisse dégénérer en moyen d'attaque contre le Gouvernement italien. Acceptée.

Art. IV L'Italie se déclarerait prete à prendre à sa charge une partie proportionnelle de la dette du Saint-Siège.

Variante proposée. L'Italie se déclarerait prete à entrer en arrangement avec le Gouvernement du Pape pour ,prendre à sa ·charge :la part prqportionnelle de la dette des anciens Etats de l'Eglise. Acceptée. Article secret proposé par l'Empereur. La Convention ci-dessus n'aura de valeur et d'exécution que lorsque S.M. le Roi d'Italie aura transporté la Capitale du Royaume dans l'endroit qui sera ultérieurement déterminé par la dite Majesté.

Variante proposée. ... que lorsque S.M. le Roi d'Italie aura décrété le transport de la Capitale du Royaume dans l'endroit ... Ce transpart devra etre effectué daillS ·le délai de 'SÌX moils à dater de la présente Convention.

121

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. .. (1).

Déchifirez vous meme.

Après conférence avec Pepoli nom; avons décidé inviter La Marmora se

rendre Paris. Cou:m-ier part ce soir vous apportera dépèches. Nouvelles condi

tions inattendues très graves r..onobstant nous ne refusons pas.

Roi revient demain soir.

(1) Il telegramma è privo di data; si inserisce qui in considerazione del suo contenuto.

122

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (AVV)

L. P. 21. Torino, 12 agosto 1864.

Passai una parte della giornata d'ieri con Pepoli, che accompagnai fino a Milano. Il primo vostro annuncio telegrafico della condizione di due anni posta dall'Imperatore ci ha veramente atterriti. Innanzi tutto ci si ruba una chance, quella della morte del Papa. Poi per un simile disegno l'impressione del pubblico, l'effetto sull'opinione è di una precipua importanza. Ora, l'Italia è un paese che vive alla giornata e un termine di due anni pare ben lungo e gravido di eventualità di ogni genere; esso, temo potrà quasi parere una derisione. Tanto più che se la ragione del termine è il dar tempo alla organizzazione della legione straniera, non si vede come due anni siano necessari a ciò. Ora era il buon effetto del trattato su cui contavamo per vincere le difficoltà grandi, enormi del trasporto della capitale. Da principio ci occorse alla mente che se un termine di due anni ci era chiesto per l'evacuazione, un termine di due anni ci poteva essere dato pel trasporto, poiché era naturale che noi accordassimo la nostra garanzia quando cessasse quella che la Francia si piglia da sè co1la p.resenza delle sue truppe. Ma, o l'articolo segreto rimane segreto, ed allora come sarà osservato l'impegno? O si pubblica, ed allora come governare da Torino in questi due anni? Molte cose si potrebbero dire. Sventuratamente non si tratta di fare la critica al sistema dei due anni. Si tratta di sapere se, essendo questo le dernier mot dell'Imperatore, debbasi o non debbasi accettare. Ora, benché la grave modificazione introdotta dall'Imperatore renda assai più difficile la nostra situazione, renda più dubbio il nostro successo nell'effettuare il progetto, noi non possiamo assumerci la responsabilità di rifiutare, quando c'è dato modo di far fare un passo alla questione, di impegnare la Francia con un trattato che, fatto al costituirsi del nostro Ministero, ci avrebbe già oggi condotto presso alla meta.

Colle modificazioni fatte al trattato, diventa necessario di togliere, o attenuare, per quanto si può, la relazione fra la convenzione per lo sgombero e il trasporto della capitale. Bisogna cercare di far passare il trasporto come una misura che ha le sue ragioni proprie nella situazione dell'Italia, benché possa aver agevolato le trattative colla Francia. Il trattato in sé, anche coi due anni, sarebbe sempre, io credo, considerato come un vero trionfo del Governo. La grossa faccenda è quella del trasporto. È possibile che non riusciamo. È anche vero che il nostro ritiro su questa questione che, anche trovato un altro pretesto per coprire il Re, pure finirà coll'essere conosciuto, produrrà una crisi ministeriale laboriosissima, e creerà nel paese una situazione violenta. Ma dopo sei mesi, se i nostri successori avranno ottenuto qualche cosa, tanto meglio, se invece durerà lo statu quo, l'opinione ritornerà a noi. E al programma attuale del partito moderato, programma oramai di generalità logore e inadeguato alle difficoltà della situazione politica e finanziaria, si sarà sostituito un programma governativo e pratico.

Ora dunque cominciano i mezzi d'esecuzione. Borromeo vi ha detto come ci sembri bene di non porre ostacoli al desiderio di La Marmora di vedere l'Imperatore. Le idee di La Marmora tanto disformi da quelle àell'I;nperatore potevano prima 'imbrogliare la faccenda. Ma oramai * questa visita ci sembra poter avere dei vantaggi non solo per quello che La Marmora può dire all'Imperatore, ma soprattutto per quello che l'Imperatore può dire a La Marmora.

Il Generale è partito da Torino fisso in due idee poco conformi alla realtà delle cose. La prima, quella della rettifica dei confini, della cui impossibilità si farà presto capace. La seconda, che per l'Imperatore la questione di tempo era indifferente e che egli ci avrebbe accordato volonterosamente un termine, anche brevissimo, essendo suo desiderio di andarsene da Roma al più presto, ottenute le condizioni volute.

È necessario fare un nuovo sforzo per attenuare questa dura condizione del tempo. La Marmora lo può fare autorevolmente. Minghetti gli scrive in questo senso (1) e in questo senso vi prego di parlargli. Il nostro desiderio sarebbe di poter indurre l'Imperatore ad ottenere almeno la clausola nel corso dell'anno 1865.

Voi sapete che importanza capitale avrebbe per la buona riuscita del piano l'entrata di La Marmora nel Ministero. Pel suo concorso, e solo per esso, la riuscita sarebbe quasi assicurata. Il Re ci dovrebbe probabilmente acconsentire e l'autorità del suo nome in Piemonte disarmerebbe in gran parte la resistenza. Ora, la sola lusinga che ci rimane di vederlo accettare è oramai nell'impressione che potrebbero fare sopra di lui le parole dell'Imperatore, se questi gli manifestasse il desiderio di vederlo entrare nel Ministero per assicurare, coll'autorità sua personale, il successo dell'impresa, il compimento di un fatto utile all'Italia e per portare alla combinazione una novella garanzia di fermezza e di lealtà.

Troverete qui unita una lettera di Pepoli all'Imperatore (2). In essa Pepoli gli accenna la probabile venuta di La Marmora e gli esprime la speranza che qualche incoraggiamento da parte sua lo induca ad agevolare coll'opera propria la riuscita del piano. L'Imperatore, oramai, parmi che a questa riuscita debba essere v;ivamente interessato, perché altrimenti avrà ancora tutti gli impicci della sua situazione a Roma, più lo scoppio delle ire clericali. Quello dunque di cui Minghetti ed io vi preghiamo è che, al giungere di La Marmora a Parigi, lo poniate al corrente della situazione e cerchiate di ricondurre le sue idee all'esatto apprezzamento della realtà delle cose e del carattere della questione, e che oltre la lettera di Pepoli, facciate voi stesso sapere all'Imperatore il vantaggio che noi ci ripromettiamo dalla conversazione del Generale con esso * (3).

Fra un paio di giorni il Re sarà a Torino, e si potrà anche radunare il Consiglio dei Ministri (4). Vi terrò al corrente di quanto succederà.

(-4) Il Consiglio dei Ministri fu tenuto lo stesso giorno 12 agosto. Minghetti riferì sulle trattative in corso con la Francia, che fino a quel momento erano note solo a Visconti Venosta e Peruzzi, e comunicò lo schema di trattato. L'unico ministro a dissentire fu il generale Della Rovere che annunciò l'intenzione di dimettersi quando l'accordo fosse per attuarsi. Egli ritirò le dimissioni in seguito alle agitazioni di Torino del 21 e 22 settembre.
(1) -Cfr. n. 12.3. (2) -Cfr. n. 117. (3) -Il brano fra asterischi è edito in MINGHETTI, pp. 102 -105, preceduto dalle seguenti parole, modificate rispetto all'originale: « Borromeo vi ha detto come ci sembri utile che il Generale La Marmora veda l'Imperatore •.
123

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL GENERALE LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in Un po' più di luce, pp. 96-97) (1)

L. P. Torino, 12 agosto 1864.

Nigra vi racconterà tutto per filo e per segno, sicché io lascio a lui questa parte preliminare.

Vedrete l'Imperatore. Le osservazioni che voi mi comunicaste e che gli esporrete, non possono non essere ascoltate da S.M. colla maggiore benevolenza, avvegnacché esse abbiano per fine di togliere difficoltà allo scrupoloso adempimento degli impegni che siamo per prendere, e di mostrare quanto noi tenghiamo a mantenere le nostre ,promesse. Quando voi riusciste a infondere nell'animo di S.M. la vostra persuasione circa la possibilità pratica del concetto voi rendereste invero un servigio grandissimo, e migliorereste grandemente le condizioni del Trattato. Un altro punto sul quale io vi prego di chiamare l'attenzione di S.M. si è l'epoca dello sgombro delle truppe francesi dal tenritorio papa'le. Certo nella vita delle nazioni due anni sono un picciolo spazio, ma sono invece un lungo intervallo se si guarda alla situazione degli animi 1in Italia, e alla necessità che noi abbiamo di pacificarli. Io speravo che il tempo sarebbe stato molto più breve; ma ad ogni modo parmi che in un anno vi sia larga possibilità pel Governo Pontificio di completare il suo esercito del quale ha già il nucleo.

La convenienza, e l'urgenza direi quasi di fare in Italia le nuove elezioni sarà da voi perorata efficacemente. Ora è d'interesse anche francese che nel nuovo Parlamento trionfi la parte liberale moderata, la quale ha sempre avuto a cuore l'alleanza colla Francia, ma perché ciò avvenga è di mestieri che possiamo presentarci al paese in modo degno, dimostrando cioè che le grandi questioni possono fare per opera nostra un passo verso la loro soluzione; laddove il partito radicale non farebbe che guastarle. E non bisogna dimenticare che una buona camera ci assicura quattro o cinque anni di tranquillo andamento interno. Queste considerazioni benché accessorie meritano di essere svolte a S.M.

Ad ogni modo però, e riferendomi a quanto discorremmo insieme lungamente in voce, H trattato, anche tal qual è proposto, mi sembra doversi accettare. Il rifiutarlo, oltreché non migliora in nessuna guisa la condizione d'Italia, lascia incerto se nell'avvenire potesse rinnovarsi. E voi stesso riconoscete quanto sia necessario ed urgente uscir da questo stato d'irrequietezza rispetto alla questione romana; e di uscirne .come si farebbe in questo caso senza contraddire ai principi che furono proclamati dal Parlamento e dalla nazione.

S.M. è alla caccia, torna domani sera, ed io gli parlerò domenica mattina. Debbo dirvi per pura verHà che la prima cosa che mi significò appena tornai da Pegli fu la seguente: che avrebbe desiderato di vedervi ma che ignorando

se vi avessi parlato del Ministero e in quali termini fossimo rimasti, aveva creduto meglio astenersi dal chiamarvi. Mi soggiunse molte cose le più benevole per voi, né io vi scriverei così francamente, se non fossi sicuro su questo punto di non dilungarmi dai sentimenti di S.M.

Vi ringrazio anticipatamente della vostra bontà...

(1) Parzialmente edita anche in MrNGHETTI, pp. 104-105.

124

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI

T. 305. Torino, 13 agosto 1864, ore 14,10.

Nigra m'annonce l'arrivée à Paris et le départ immédiat pour Turin d'un plénipotentiaire de l'empereur du Mexique. Dites-moi si le Gouvernement anglais a reçu quelque représentant mexicain et s'H est disposé à envoyer à Mexico un ministre et de quel rang.

125

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI,

AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(Ed. in MINGHETTI, p, 101)

T. 13 agosto 1864.

Je viens d'avoir une ~conférence avec le Roi. Je lui ai exposé tout. Bremière impression favorable au traité; très défavorable au transport. Pepoli dit que l'Empereur lui aurait déclaré qu'il serait pret à déclarer dans une note que si l'Autriche nous attaquait, la France prendrait fait et cause pour l'unité italienne. En savez-vous quelque chose?

126

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, STRAMBIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 767. Bucarest, 14 agosto 1864, ore 15 (per. ore 16,40 del 15).

Le Comte Schertoss avait excité d'abord des soupçons et appréhensions que sa conduite irréprochable et son langage reservé, ses rélations honorables et des ouvertures financières faites pour le compte de la banque générale de Pesth paraissaient avoir dissipé. Le prince Couza l'a reçu très bien et s'est entretenu avec lui avec confiance des affaires politiques. Il comptait s'en aller bientòt lorsque hier par un agent de police il a reçu ordre de partir dans

48 heures. Le comte a écrit au prince Couza pour montrer indignation et dema.nder 'l."éparation insulte et ,s'est adressé en meme tempis au consulat français dont il a la protection par son passeport; le motif de cette mesure est encore inconnu ... (1) ovdre d'ex[pu.Lsi.on par écrit; jusqu'ici ile consulat français n'a pas l'... (1) ainsi qu'on dit ... (1). La conduite et les dispositions actuelles du prince Couza et de son Gouvernement sont detestables.

127

OSSERVAZIONI DEL RE A MINGHETTI SULLA CONVENZIONE, INDIPENDENTEMENTE DELLA QUESTIONE DEL TRASPORTO DELLA CAPITALE

(AVV)

14 agosto 1864.

1° Clausola relativa ai briganti (per la frontiera).

2° Il Trattato deve avere effetto ancora che il Papa rifiuti di accettarlo.

3° Se il Papa chiamasse l'Austrria ad occupare i suoi Stati, la Francia prenderebbe fait et cause per l'Italia. 4° Caso che l'Austria ci attacchi dal Mincio e dal Po, posto l'alleanza Nordica, fare l'alleanza difensiva.

128

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 38. Londra, 14 agosto 1864 (per. il 17).

Quantunque mi paresse difficile dopo alle dichiarazioni fatte da Lord Palmerston alla Camera dei Comuni nella seduta delli 29 dello scorso mese in risposta alle interpellanze del Signor Kinglake sulla questione MesSì.cana, contenute nel qui unito brano del Times (2), che il Governo Inglese avesse in cosi pochi giorni mutato pensiero al punto di decidersi a riconoscere l'Imperatore Massimiliano ricevendone l'Inviato, pur tuttavia appena ebbi jeri il telegramma dell'E.V. (3) mi recai subito al Foreign Office per vedere di scoprire se per" avventura si era deciso di seguire a questo riguardo una diversa linea di politica. Ma Lord Russell era stato improvvisamente chiamato ad Osborne dalla Regina, e per assenza dei due sottosegretari i Signori Hammond e Layard, mi fu impossibile di ottenere nessuna di quelle informazioni che desideravo. Si fu allora che presi la risoluzione di andare da Lord Palmerston, che sapevo essere qui di passaggio. Il vecchio Premier mi accolse con l'usata sua affabilità, ed appena ebbe conoscimento dello scopo della mia visita, mi rispose in quei

termini, che io per maggior esattezza volli testualmente ripetere a V.E. nel mio telegramma (1). • Vedete •, mi aggiungeva egli • gli IngleiSi riconoscono sempre i fatti compiuti, ma può forse considerarsi come tale un governo violentemente 'imposto ad un paese da una invasione di bajonette straniere, contro alla quale più dei quattro quinti della nazione tuttavia protestano, e rifiutano di riconoscere il nuovo Sovrano? Abbiamo perciò fatto dire all'Inviato di questo sedicente Imperatore del Messico che stava per passare la Manica e presentare alla Regina una di lui lettera autografa, che sapevamo ch'egli non avea con sé le copie d'uso, e che essendo noi un popolo schiavo dell'etichetta, non potevamo riceverlo senza che ne fosse munito. Scl'!ivesse egJ.i perrciò al Messico per procurarsele, ed allora poi si sarebbe considerato se si doveva invitarlo a venirle a presentare •.

Per quanto straordina11io questo pretesto possa comparire, non sarei mera

vigliato se veramente fosse stato usato da Lord Palmerston in risposta all'ulti

ma ufficiale proposta che gli sarà stata fatta dall'Inviato Messicano a Parigi,

poiché come V.E. rileverà dal precitato estratto del Times, non era un mistero

neppure per l'Imperatore Massimiliano istesso, che l'Inghilterra non lo avrebbe

riconosciuto che sotto alcune condizioni, le quali non sono state certo finora

realizzate.

La politica dell'Inghilterra relativamente al presente stato del Messico può pertanto definirsi così: Essa non è aliena dal riconoscere il nuovo Imperatore, e questo soprattutto per non inimicarsi continuamente la Francia in ogni quistione, ma rispetto all'opinione pubblica del paese il Governo Britannico non può farlo senza una grave ragione, che almeno in apparenza possa servire a giustificare la sua condotta. Prima di riconoscere il nuovo Impero, l'Inghilterra desidera vedere che cosa i Messicani faranno, quando lasciati in balìa di loro stessi. Desidera vedere se anche senza il corpo d'occupazione francese l'Imperatore Massimiliano avrà forza bastante da stabilire, non dico già un perfetto sistema di amministrazione, ma almeno le prime basi di essa. Un tal fatto può senza dubbio venire ad ogni istante confermato, ed allora il Governo Inglese sarà felice di poter riconoscere l'Imperatore Massimiliano; ma non crede però di poter per ora assumere un'attitudine diversa da quella che ha sempre avuto dal momento in cui le sue truppe ed il suo rappresentante abbandonarono il territorio Messicano.

Reputo dover mio di qui osservare che sar_ebbe erroneo H supporre che questa condotta sia ispirata agli uomini di Stato Inglesi da un sentimento qualunque di ostilità per la Francia. Questa ipotesi sarebbe delle più infondate, poiché .io credo anzi poter dire che sarà solo per condiscendere ai desideri dell'Imperatore Napoleone che il Gabinetto di St. James, per poco che favorevolmente progredisca la nuova amministrazione dell'Ar'Ciduca Austriaco, sarà disposto fra non molto a riconoscerlo. Infatti più di ogni altra nazione l'Inghilterra ha interesse che si consolidi nel Messico un Governo stabile e forte. Essa vi ha un commercio dei più estesi non solo, ma vi ha un credito di 12 milioni

di lire sterline dati all'antico Governo in imprestito. Or si è appunto per queste importanti ragioni ch'essa esita a pronunciarsi. Disgraziatamente in Inghilterra si ha poca fede in uno stato di cose così precario. Non si crede gran fatto alla possibilità dell'esistenza di un Governo interamente imposto dalla forza, a cui, secondo taluni, i 9 decimi del suo territorio sono decisamente ostili, e che ha a sole trenta miglia dalla sua capitale il capo dell'antico ordinamento politico che lo minaccia. Tali circostanze producono qui la più grande sfiducia, e si crede generalmente che il segnale della partenza dato all'ultimo soldato Francese al Messico, sarà pur quello dello sfratto dell'Imperatore Massimiliano e dei pochi avventurieri stranieri che gli staranno al fianco.

Questo pericolo può essere per vero dire assai esagerato -se non interamente privo di fondamento, esso è certamente molto lontano ancora a realizzarsi, e le prime notizie che verranno dal Messico faranno forse presagire invece un più lieto avvenire pel nuovo Imperatore.

L'Inghilterra allora, non dubito, troverà che il suo riconoscimento sarà in tal caso giustificato abbastanza in faccia al paese, da non più esitare a dare il suo appoggio al nuovo Sovrano. Anzi a questo riguardo posso dire a V.S. che qui si considera una tale eventualità come assai probabile, e so perfino essersi già fatta la scelta del diplomatico che sarebbe destinato a rappresentare il Governo Britannico presso il fratello dell'Imperatore Austriaco. Ma ciò solo avrà luogo se si potrà almeno avere una sembianza di ragione per farlo.

Ora non credo inutile prima di por termine a questo rapporto di dare una idea a V.E. dell'impressione che produrrà in Inghilterra l'immediato riconoscimento dell'Impero del Messico per parte dei varii Stati del continente. Essa sarà press'a poco la seguente. La Spagna, che al pari dell'Inghilterra ritirò il suo corpo di spedizione quando vide che la Francia eccedeva nel Messico le stipulazioni primieramente arrestate, darà prova di andare interamente a rimorchio dell'Imperatore Napoleone, nella speranza sempre di potere mercé la sua intervenzione venir dichiarata gran Potenza Europea. Gli Stati principali della Germania e la Russia saranno naturalmente trascinati dall'Austria, e ciò non recherà meraviglia a nessuno.

Rimarrà l'Italia, la quale non essendo direttamente interessata, sarà certamente giustificata agl'occhi di tutti nell'accogliere l'Inviato Messicano, e dalla sua alleanza colla Francia, e dalla circostanza speciale di ricevere cioè un tale omaggio dall'ultimo viceré Austriaco del Lombardo Veneto.

Ho preso la libertà di dilungarmi alquanto su questo argomento in generale, avendo avuto jeri un'interessante conversazione coll'ultimo Ministro Inglese al Messico, il quale è persona oltremodo distinta ed esperta di quel paese. Egli fu che sulla propria responsabilità fece ritirare il corpo di spedizione Britannico vedendo violati dal Generale francese i patti convenuti, e tale è la stima di cui ei gode, che venne ciò non ostante in più d'una circostanza chiamato a Parigi dall'Imperatore Napoleone per sentire il suo parere, ed ultimamente anche dall'Arciduca Massimiliano stesso quando trovavasi ancora a Miramare.

Ho pensato essere forse opportuno che V.E. fosse posta al corrente di quanto ho potuto da lui ricavare.

(1) -Gruppo indecifrato. (2) -Non si pubblica. (3) -Cfr. n. 124.

(1) T. 761 del 13 agosto, che contiene l'essenziale di questo rapporto.

129

IL MINISTRO RESIDENTE A MONTEVIDEO E BUENOS AIRES, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 16. Montevideo, 14 agosto 1864 (per. il 20 settembre).

Trovai in Buenos Aires gli animi grandemente irritati contro il Governo

Orientale per la seguita rottura delle trattative di pace e disposti a secondare

ciecamente la politica sospetta del Governo brasiliano. Fortunatamente però,

il Generale Mitre e il suo Governo non partecipar.o di questa momentanea

esaltazione degli spiriti e con tutti i mezzi di cui possono disporre studiavansi

di calmare la popolare effervescenza. Può dirsi già che in gran parte vi siano

riesciti.

In fatti, in una conferenza di circa un'ora ch'io ebbi col Presidente di

quella Repubblica, mi fu dato convincermi che ogni progetto d'intervento in

comune della Repubblica Argentina. e del Brasile nella Repubblica Orientale,

era stato interamente messo da banda, e che il Generale Mitre non esitava a

riconoscere come la migliore soluzione di tutte le difficoltà pendenti, stesse

nel conseguimento della pacificazione interna dello Stato Orientale. Egli dunque

promise di coadjuvare potentemente gli sforzi che avrei fatti per raggiungere

questo scopo, e mi assicurò che avrebbe messo ad opera tutta la influenza di

cui godeva presso :il Generale Flores per renderlo moderato e ragionevole

nelle sue pretese.

Tornato in Montevideo, trovai nelle alte sfere del Governo e nella gran maggioranza della popolazione lo stesso vivo desiderio per la pace. Avendomi il Presidente della Repubblica confermato in una particolare udienza che egli intendeva mantenere le promesse fattemi, pelliSai estseJ:e giunto ill momento di rivolgermi al Generale Flores per domandargli un abboccamento. Ho l'onore di acchiudere a V.E. copia della lettera che gli ho diretta e della soddisfacente, an:z.i lusinghiera risposta 'che ne ho ricevuta (annessi nn. I e Il) (1). L'ultimo paragrafo è più degli altri significativo e le buone disposizioni in esso dimostrate dal Generale Flores sono tanto più confortanti in quanto che era da temere che un sanguinoso fatto di armi successo ultimamente tutto a vantaggio delle forze da lui capitanate che si sono impadronite della Florida, avrebbe potuto renderlo più restio a prestare orecchio a propositi di transazione. Ho pur l'onore di trasmettere a V.E. copia di una mia nota al Ministro degli Affari Esteri, relativa alle basi di pace con lui convenute precedentemente d'accordo; come pure di una mia lettera Confidenziale-riseTvata al Presidente della Repubblica, in cui trattasi il delicato affare d€11 ·cambio del Mind:stero; (annessi nn. III e IV). Le risposte mi .serviranno di documento per proceder più regolarmente e con più speditezza nelle trattative col Generale Flores.

Io partirò dunque dopo domani pel campo, accompagnato dal R. Vice Console, da due Ufficiali della R. Corvetta la • Fulminante • e da una scorta di molti italiani che sonosi offerti a seguirmi a cavallo per fare onore al Rap

presentante di S.M. Il Governo dal canto suo mi fa accompagnare da una scorta Militare sotto gli ordini del Colonnello Perez, già Ministro della Guerra.

V.E. potrà bene immaginare come la numerosa Colonia italiana qui residente sentasi altamente lusingata della posizione assunta in queste congiunture dalla R. Legazione, la qual cosa rivela agli occhi di tutti la cresciuta influenza e potenza del R. Governo in questa regione. Un brano poi del giornale El Pais, (annesso n. V) potrà dare all'E.V. una idea della favorevole accoglienza fatta dal pubblico orientale in generale alla mediazione italiana.

Infradditanto la questione col Brasile ha fatto nella passata quindicina un passo alquanto decisivo:

In seguito a novelle e positive istruzioni ricevute da Rio de Janeiro, il Signor Saraiva è qui venuto il giorno 4 da Buenos Aires, ed ha diretto al Governo Orientale un ultimatttm, di cui sì pel fondo come per la forma non si ha esempio negli annali della diplomazia.

È il più strano congiunto di prepotenza e di debolezza; poiché mentre da un lato si fanno le accuse più veementi, le ingiurie più grossolane che possono dirigersi ad un Governo, dall'aUro poi le minacce si riducono a rappresaglie che riguarderebbero solo il futuro e di cui non si comprende bene la portata.

Il Governo Orientale ha respinto l'ultimatum ed ha rinviata, come offensiva, la nota al Signor Saraiva; ma nel tempo stesso, per dimostrare che non intendeva per ciò ricusarsi a soddisfare in quanto poteva reclami che fossero fondati in giustizia, proponeva di rimettere la soluzione delle quistioni pendenti all'arbitraggio di una o più potenza neutrale.

Dai documenti che ho l'onore di trasmettere (annesso n. VI), vedrà V.E. come l'inviato BrasiJJano non ha accettato tale proposta, qualificandola di evasiva e come, dando per terminata la sua missione egli ha notificato al Governo Orientale di avere passato ai Comandanti le forze di terra e di mare le sue istruzioni nei termini indicati 11ell'ult'imatum.

Il .Signor Saraiva, nel lasciare Montevideo per Buenos Aires, ha diretto p;:,r ordine del Governo Imperiale ai Membri del Corpo diplomatico qui residente una nota, per comunicare loro le misure che egli aveva adottate in conseguenza della :risposta che era stata fatta al suo ultimatum, (annessi nn. VII e VIII). Conformandomi agli ordini ricevuti da V.E. non ho mancato in questa occasione di pormi di accordo col Rappresentante di Francia intorno alla risposta da darsi a questa comunicazione, risposta che mi affretto anche ad inviare in copia all'E.V.; (annesso n. IX), sperando che vorrà degnarsi ap;provarla.

P.S. L'annesso n. VI, essendo alquanto voluminoso, ho pensato di spedirlo a V.E. sotto fascia.

(1) Gli annessi non si pubblicano.

130

IL MINISTRO A BRUXELLES, RATI OPIZZONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 766. Bruxelles, 15 agosto 1864, ore 10,05 (per. ore 11,20).

Le général La Marmora est parti ce matin à 9 heures pour Paris.

131

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. F. Londra, 15 agosto 1864.

Ieri domenica, consueto giorno dd ricevimento di Lord Russell, andai a Pembroke Lodge per cercar di scoprire se il Principe di Galles vedrebbe S.A.R. il Principe Umberto ove questi si trovasse in Londra prima della sua partenza per la Danimarca. Lord RuSISell era tuttora ad Osborne presso ,la Regina e non ho potuto essere vicevuto che da Milady, la quale mi espresse il suo vivo rammarico che S.A. avesse deciso di venire così tardi in Inghilterra, mentre essa sarebbe andata superba di potergli offrire l'ospitalità nello splendido Castello di suo nipote il Duca di Bedford, ove sta per recarsi fra alcuni giorni per ricevervi un'eletta società, incaricandomi ionltre di ciò far specialmente conoscere alla S.V. anche a nome di Lord Russell.

Mi aggiunse quindi, nessuno sapere ancora quali fossero gli intendimenti del Principe di Galles, ma che era assai probabile che s'imbarcasse da un punto qualunque della Scozia, senza venire a Londra. Questa circostanza è del resto di poco momento, e l'essenziale sarebbe che S.A. giungesse in tempo per essere ricevuto dalla Regina. Importerebbe per questo che Ei qui arrivasse il 27 a sera o il mattino seguente onde poter andare a Windsor prima del 29, giorno in cui S.M. si recherà in !scozia, poiché farebbe certo cattivissima impressione se il Principe Umberto ~on potesse neppure vedere uno dei membri della Famiglia Reale. Ora mi viene riferito che S.A. avrebbe intenzione, pDima di recarsi in Inghilterra, di visitare l'Olanda e il Belgio, e mi pare sarebbe conveniente che questo itinerario venisse alquanto modificato, ed il Principe varcasse la Manica subito dopo la visita al Calll!PO di Chàlons, irimettendo la progettata escursione nei Paesi Bassi al suo ritorno. Spero V.S. vorrà apprezzare le ragioni che mi spingono a scriverLe con tanta libertà, ma crederei mancare al mio dovere celandoLe lo sfavorevole effetto che qui sarebbe prodotto se il nostro Principe Ereditario non potesse essere ricevuto dalla Regina, massime dopo il recente viaggio di Garibaldi.

Le sarei in ogni caso oltremodo riconoscente se V.S. si compiacesse di farmi sapere il momento esatto dell'arrivo di S.A. onde possa prendere in tempo le misure necessarie pel suo ricevimento, e per avvisarne le Autorità locali ed i Direttori dei varii stabi1imenti, che dovrà visitare durante il suo soggiorno in questa capitale.

Riguardo a quanto avevo ieri l'onore di scriverLe, con il mio dispaccio confidenziale (1), sulla questione Messicana, non posso che nuovamente confermarLe le 1informazioni che mi pregiavo trasmetterLe. L'Inghilterra, lo creda pure, non per gelosia od opposizione alla Francia, s'astiene pel momento dal riconoscere l'Imperatore Massimiliano, ma aspetta solo di avere una ragione plausibile per farlo. Il discorso pronunciato recentemente da Lord Palmerston a Bedford, e che Ella avrà visto riportato dai giornali, è foriero di più ami

chevoli :relazioni tra Fil"ancia e InghiltemTa -la comunanza dei pericoli riavvicina nuovamente i due antichi alleati. Londra è ora un perfetto deserto, Ministri e Diplomatici se ne sono allontanati e la politica se ne risente per conseguenza.

Ciò non di meno userò ogni cura per tenerLa al corrente di qualunque più piccolo fatto che potesse essere degno di venir recato al di Lei conoscimento, ed avrò per special scopo di eseguire con la maggiore diligenza quegli ordini che Ella crederà di dovermi impartire.

(1) Cfr. n. 128.

132

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, STRAMBIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

L. P. Bucarest, 15 agosto 1864.

Questa mia le verrà rimessa dal Conte Arturo Scheerthoss, il quale completerà i rapporti miei facendole un'esatta esposizione di tutto ciò che si riferisce al soggiorno da lui fatto in Bucarest e della misura brutale che gli fece accelerare di qualche giorno la sua partenza. Non abbiamo motivo di reclamare ufficialmente, ciò appartenendosi alla Francia, ma è tuttavia evidente che io ho ragione di mostrarmi profondamente offeso per la condotta osservatasi a mio riguardo. Il Conte Scheerthoss la metterà pure al corrente di ogni altra cosa che interessa e della situazione vera di questo paese. I successi avuti a Costantinopoli pare abbiano fatto perdere la testa al Principe Couza che non soffre più alcun freno al suo dispotismo ed agli arbitrii suoi. Per altra parte i movimenti rivoluzionari lo inquietano per modo che ora si ha paura di tutto e di tutti ed io stesso che pure ho sempre osservato la maggiore riserva e date le assicurazioni le più tranquillanti, sono diventato segno a sospetti ed un oggetto di spavento. Sarà bene che Couza getti la maschera e si mostri poltrone e [par. ill.] quale in sostanza fu sempre. Così la posizione diventerà netta e sapremo tutti regolarci in conseguenza.

Quanto più s'accrescono le difficoltà e la mia missione si fa più spinosa ed increscievole altrettanto ho bisogno che la S.V. mi sorregga con la sua benevolenza ed affettuosa fiducia.

P.S. Scusi se mi permetto di pregarla di far impostare il piego qui unito e far rimettere l'altro a Doria.

133

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI,

AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in Un po' più di luce, p. 99)

T. Torino, 16 agosto 1864, ore 17,15.

VeÙillez prier La Marmora de ma part lorsqu'il aura vu Empereur de faire une course à Turin; si cela ne lui convient pas priez-le au moins de venir près de la frontière où j'irai le rejoindre. Je crois indispensable de nous entendre.

134

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, GAMBAROTTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE S. N. Tunisi, 16 agosto 1864 (per. il 22).

Ebbi l'onore di ricevere il Dispaccio n. 7 (Gabinetto) che Ella mi indirizzò il 3 del corrente mese (1).

Le cose politiche di questa Reggenza volgono decisamente al meglio, ed infatti l'E.V. avrà rilevato dal mio telegramma in data di oggi (2), che le imposte cominciano ad essere riscosse senza opposizione dal Generale Comandante il Campo; che i villaggi presso Susa e gli ammutinati di Sfax cominciano a temere l'imminente partenza del nuovo Campo destinato a far cessare la loro attitudine ostile; e che S.A. il Bey con Nota Circolare del 12 di questo mese, che trasmetto ora qui acchiusa in copia (2), notificò ufficialmente ai Consoli residenti in Tunisi la sottomissione ed il ritorno nelle rispettive tribù degli Arabi che erano riuniti in gran numero sotto Begia. Malgrado tale notificazione il Signor de Beauval ed una parte della Colonia francese, non che alcuni dei Notabili della Colonia italiana, conservano tuttora opinione contraria sostenendo che tutte queste notizie sono destramente preparate dal Kasnadar d'accordo col Generale del Campo, e che la rivoluzione deve scoppiare quanto prima più estesa e più formidabile. Dopo tutte le notizie pessimiste e minacciose date al Bey dal Sigr.or de Beauval, che io comunicai all'E.V. con precedenti rapporti, delle quali nessuna si è avverata, io non vedo con quale scopo il Console di Francia persista a continuare in un sistema di dncredulità assoluta, la quale riceve ogni giorno dai fatti una solenne smentita. Io sono indotto a credere che il Signor de Beauval abbia troppo facilmente prestato l'orecchio ad alcuni Arabi ambiziosi, i quali, nello scopo di carpirgli alcune migliaja di piastre, vennero ad annunziarglisi come Capi di numerosi partiti contro il Kasnadar.

Jeri giorno della festa Ufficiale Francese, ebbe luogo in questa Chiesa Cattolica la solita annua cerimonia dopo la quale il Signor de Beauval prese la parola per dire che la politica della Francia in Tunisi era sempre la stessa e che la sua influenza vi doveva sempre primeggiare ad ogni costo. Terminò con un triplice Viva l'Imperatore. Recatosi quindi in Consolato seguito dalla Colonia, riprese la parola, e dopo aver ripetuto che l'influenza della Francia nella Tunisia doveva tenere il primo posto, aggiunse che qualunque Console dopo di lui avrebbe sostenuto la stessa politica. Queste ultime parole del Signor de Beauval furono dalla maggioranza della Colonia francese interpretate nel senso di più o meno prossima di lui partenza, la quale non approva affatto

né la sua domanda di destituzione del Kasnadar, né le visite poco diplomatiche

da lui fatte al Bey.

Su questo argomento devo far conoscere all'E.V. che la riserva da me osservata al Bardo non piacque al Signor de Beauval, il quale, vedendo ora l'inutilità de' suoi sforzi contro il Kasnadar, lascia di tanto in tanto travedere verso di me un piccolo malumore che in sostanza si traduce in rimprovero di non averlo formalmente appoggiato. Ad ogni singola nuova allusione io mi limito sempre a rispondere in modo esplicito al Signor de Beauval che non aveva ragione di trattarmi ora con qualche segno di diffidenza, percl).é sin da principio io non avevo mancato di fargli conoscere che io mi sarei assolutamente astenuto dall'entrare in quistioni di persone. Ciò nondimeno tale malumore verso di me passò nella parte della Colonia francese ligia alle idee del Signor de Beauval, e da circa quindici giorni a questa parte viene usufruttato con insigne slealtà da alcuni Creditori italiani dei Principi Tunisini, avversi alla Monwchia, al Ministero e per ·conseguenza anche al Consolato, i quali aooiecati dall'interesse e da profonda avversione al Kasnadar, altro non vedono in quel fatto che la conseguenza di regali da me ricevuti. Nell'accettare il posto di Tunisi io conoscevo benissimo tutte le difficoltà che avrei incontrato nell'esercizio delle molteplici funzioni consolari, ma dichiaro francamente che fui le mille miglia lontano dal sospettare un'accusa così bassa, dopo la condotta da me tenuta precedentemente in due diverse epoche in questo paese ed altrove. In mezzo al .grande dispiacere che cagiona ad un uomo onesto un così ingiusto ed oltraggiante sospetto, mi conforta soltanto H pensiero e la speranza che fra breve mi sarà resa giustizia, perché nel prossimo regolamento delle vertenze pendenti la mia condotta non sarà certamente quella di un uomo comprato. Prego pertanto fin d'ora l'E.V. di volermi favorire apposite instruzioni sulla mal augurata questione dei crediti italiani verso i Principi Tunisini la quale io sottomisi al Ministero fin dal 26 Dicembre 1863 col rapporto Affari in. genere n. 33.

Dopo la definizione degli affari pendenti (tutti anteriori al mio arrivo a Tunisi) principale cura dei Consoli dovrà essere quella di dare al Bey opportuni suggerimenti per l'impianto di una amministrazione che corrisponda ai bisogni del paese, e lo preservi in avvenire da una crisi come la presente, tanto dannosa al Commercio europeo. Indipendentemente dalla quistione politica, l'Italia avendo qui interessi importantissimi commerciali, ed una Colonia di gran lunga superiore in numero ed importanza alla francese ed inglese, ha diritto di fare ogni sforzo per prevenire una nuova rivoluzione che annienterebbe letteralmente il Commercio Europeo. Anche su questo proposito io prego l'E.V. di volermi essere cortese di ordini ed opportune instruzioni, affinché la mia azione e la mia condotta, appoggiate all'autorevole consiglio del Ministero, procedano franche e raggiungano lo scopo desiderato.

Nell'assicurarla che ho puntualmente eseguiti, e che in ogni caso terròsempre presenti gli ordini contenuti nel sopra citato Dispaccio...

(1) -Cfr. n. 97. (2) -Non si pubblica.
135

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV; ed. in MINGHETTI, pp. 106-108)

L. P. Parigi, 16 agosto 1864.

* Il Signor Barandiaran, Ministro del Messico accreditato presso il Re, si trova nella stessa condizione del suo collega accreditato presso la Regina d'Inghilterra, cioè non ha la copia d'uso delle sue lettere di credito. Ciò non di meno è mio avviso che non dobbiamo fare i difficili. I nostri interessi commerciali al Messico esigono che si regolarizzi al più presto la posizione diplomatica dei due Governi. Vi consiglio quindi a non mettere ostacolo al ricevimento delle credenziali del Signor Barandiaran, e ad accreditare subito un Ministro italiano a Messico. Il Signor Barandiaran parte in questi dì per Torino * (1).

Minghetti mi domanda se so qualche cosa delle disposizioni dell'Imperatore di guarentirci per nota i nostri attuali possedimenti territoriali. Non so se non quanto Pepoli mi ha riferito al riguardo. Egli mi disse che l'Imperatore, rispondendo ad una sua domanda, assicurò che non aveva difficoltà a promettere questa guarentigia; ma non parlò di scambio di note. Bensì ne parlammo, Pepoli ed io, a Drouyn de Lhuys, indicando questa forma come la più adatta a conservare una tale promessa. Drouyn de Lhuys non disse né si né no. Dimenticai di dirvi che la guarentigia sarebbe eventuale, cioè subordinata al caso in cui l'Austria ci attaccasse.

La Marmora è giunto ieri. Lo vidi nella sera ed oggi. Prima che giungesse già gli avevo ottenuto l'udienza dell'Imperatore, che ha luogo mentre scrivo. Il linguaggio di La Marmora mi sorprese. lo ben m'attendevo a sentirmi da lui esporre molte e gravi difficoltà, ma in fondo credeva da quanto Minghetti m'aveva scritto, che non fosse sostanzialmente ostile al progetto. Lo trovai invece oppostissimo e al progetto e all'entrata al Ministero. Le ragioni che egli mette in campo per opporsi al progetto sono: le difficoltà an.z.i secondo lui, l'impossibilità in cui noi saremmo di tener l'impegno preso, e l'ostilità della opinione pubblica d'Italia al progetto stesso appena fosse noto. Egli assicura che si griderà all'abbandono di Roma fatto dal Governo, al tradimento etc. etc. Dissi a La Marmora che il suo linguaggio mi sorprendeva, che io lo credeva, in fondo, non avverso al trattato, che l'opinione pubblica in Italia, avendo tanto gridato per far fare un passo alla questione Romana, era impegnata ad approvare questo che a mio avviso è un passo importantissimo, che badasse bene alle conseguenze del suo rifiuto, che rifiutando di dare il suo concorso a questo atto, assumeva sopra di sé una responsabilità enorme, grandissima. Ma nulla valse a smuoverlo. Dissemi che gli incresceva di vedere l'Imperatore in tale stato di cose, ma promise che, esponendo la gravità dell'impegno che si piglierebbe da noi e la difficoltà di mantenerlo, ne trarrebbe argomento per domandare la rettifica della frontiera e la diminuzione del termine fis·sato allo

sgombro. Per buona ventura l'Imperatore conosce le disposizioni di La Marmora, e spero che gli terrà un linguaggio tale da smuoverlo dalla sua opposizione al progetto e all'entrata al Ministero. Scriverà lo stesso La Marmora a Minghetti e il corriere di Gabinetto, che vi rimetterà questo foglio porterà a Minghetti il rendiconto della conversazione Imperiale.

* Io parto stasera per Baden. Sarò di ritorno a Parigi il 21 o il 22.

La Marmora torna in questo momento da Saint-Cloud. La conversazione si passò meglio che io r.on credessi. Il linguaggio di La Marmora penso non abbia nociuto e quello dell'Imperatore lo scosse. Egli stesso scriverà a Minghetti*.

(1) I brani fra asterischi non sono editi in MINGHETTI.

136

PROMEMORIA DEL GENERALE LA MARMORA (1)

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in Un po' più di luce, pp. 97-98)

Parigi, 16 agosto 1864.

Più ci penso e meno mi posso spiegare la convenienza di questo accordo colla Francia. Minghetti dice che è necessario fare un passo avanti; ma io sono d'avviso che quanto si sta per fare sia anzi un gran passo indietro. Di ciò mi convinco sempre più leggendo e meditando sul progetto di accordo. Ciò posto che cosa vado io a fare dall'Imperatore? Che cosa gli potrò io dire? È stata troppa leggerezza avermi spinto, anzi impegnato a questo colloquio con l'Imperatore.

Il Ministero si trova negli imbrogli e come al solito vorrebbe fare qualche cosa che soddisfasse l'opinione pubblica, ma egli s'inganna grandemente se crede che una convenzione colla Francia in questi termini possa soddisfare la opinione pubblica. Quando sarà noto che i Francesi lasciano Roma a patto che noi ci addossiamo gran parte delle difficoltà, e tutta l'odiosità di tenere in piedi il potere temporale del Papa, si anderà tant'oltre che non mi stupirebbe sentire gridare un'altra volta al tradimento. Ed è questa la circostanza che sceglie il Ministero per sciogliere la Camera? Dio voglia che m'inganni, ma temo che gli uni per l'abbandono di Roma, gli altri per il traslocamento della capitale ci manderanno deputati coi quali non si potrà governare.

Ora nella sola supposizione che ciò possa avvenire, mi sembra grave errore usare nel tempo stesso gli uomini che possono essere chiamati a governare.

Per molte ragioni io credo non dover più entrare nel Ministero, ma supposto che questa ripugnanza io potessi sormontare, non sarebbe egli più ragionevole conservarmi per il caso che l'attuale Ministero dovesse ritirarsi, e qualora massime venissero circostanze talmente gravi da doversi confidare temporaneamente le redini del Governo ad uomini più capaci di agire che di discutere?

Non è dunque possibile ch'io entri al Ministero, non posso persuadermi della convenienza della convenzione che si sta per conchiudere, che diavolo andrò io a dire all'Imperatore?

Minghetti s'inganna egualmente s'egli crede che noi possiamo fedelmente corrispondere all'articolo l o del progetto. Col territorio attuale e colla frontie,ra quale si trova, è impossibile impedire che Garibaldini o altri entrino alla spicciolata e formino fra Roma e la frontiera quelle bande che noi abbiamo preso l'impegno di non lasciare entrare. E quando queste bande si sentiranno forti abbastanza per marciare su Roma, che cosa dovrà fare la truppa che starà alla frontiera? Se entra viola il territorio, se non entra i Garibaldini potranno o battere le truppe papali, o almeno tenere la campagna. Ora io domando se il Governo e massime poi l'esercito italiano può rimanere testimonio indifferente di una guerra civile, che si combatterebbe proprio sotto i suoi occhi. Uffiziali e soldati sarebbero tentati e fors'anche spinti ad ingrossare le file dei combattenti per la santa causa.

S'inganna perfino sul concorso che sarebbe in diritto di aspettarsi. È invalsa disgraziatamente l'usanza di giocarci. Ne sono prove evidenti gli affari Romeo e Serracanda e il recente pasticcio d'Ischia. Tutto ciò posto io credo che questa convenzione ci possa riuscire fatale ed il solo servizio che io mi credo poter rendere giacché mio malgrado fui im;pegna1to in un'udienza 'coll'Imperatore, sarebbe di presentare tante difficoltà di eseçuzione, che il Ministero potesse man mano ritirarsi. Ma a consultare il Governo non ho tempo. Che cosa ne pensa il Ministro Nigra? Si pretende da taluni che sia un gran fatto che i francesi lasciando Roma non abbiano più piede in Italia. Ma io osservo che fintantoché l'Austria sta nella Venezia e noi non siamo perfettamente organizzati i francesi mettono piede in Italia quando vogliono e dove vogliono.

Temo grandemente che Minghetti chiami opinione pubblica l'opinione di pochi individui. Minghetti trova che due anni sono lunghi per sgombrare Roma, questa per me è questione ben secondaria.

(1) Il documento reca il seguente titolo: c Promemoria -Per consigliarmi con Nigraprima di recarmi dall'Imperatore •.

137

IL GENERALE LA MARMORA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in Un po' più di luce, pp. 98-99; in MINGHETTI, pp. 108-111 e in BASTGEN, pp. 329-330)

L. P. Parigi, 16 agosto 1864.

In obbedienza ai vostri cenni io mi recai ieri da Bruxelles a Parigi. Qui giunto, non vi nascondo né il mio dispiacere, né l'imbarazzo che io provai trovandomi già impegnato in un'udienza con l'Imperatore senza aver più il tempo, neppure col telegrafo, di osservarvi che, essendo io sempre più persuaso di non

dovere entrare nel Ministero, e maggiormente convinto della nessuna convenienza per noi di accettare la convenzione progettata, quel mio colloquio coll'Imperatore diveniva, non solo superfluo, ma poteva essere al Governo nocivo. Questo pensiero mi rattristò immensamente e, malgrado le molte ore passate col Nigra a ragionare, io mi recai a Saint-Cloud senza sapere come mi dovevo regolare coll'Imperatore; giacché dire quel che non penso mi è impossibile, e non meno mi ripugna asserire osservazioni o proposte contrarie alle viste àel Governo. Confidai adunque che, lasdando tutta l'iniziativa della conversazione all'Imperatore, mi sarei meglio cavato d'imbarazzo.

Sua 1-/Iaestà mi ha subito ricevuto, mi trattenne più di mezz'ora, e fu sempre gentilissima. lVIi chiese come andavano le cose di Napoli, e fui lieto di poterla assicurare che sotto ogni riguardo vanno meglio; si toccò dei briganti, che io assicurai essere considerevolmente diminuiti; delle strade, alle quali dissi che si lavora; dell'opposizione, ch'io dichiarai personale anzi che rivolta all'attuale stato di cose. lVIi parlò quindi dell'esercito, e anche qui potei dare le più ampie e sincere assicurazioni che, malgrado le dure prove a cui fu soggetto, e le molte difficoltà che si dovettero sormontare, ogni cosa procede bene. Arrivò finalmente l'Imperatore alla questione romana, e, sapendo che io era al corrente di ogni cosa, mi chiese come io la pensavo del progetto combinato con Nigra e con Pepoli. Io risposi, che se il traslocamento della capitale in altra città fuori di Roma poteva destare malcontento e perturbazione, a mio avviso assai più gravi erano le difficoltà che avrebbe il Governo incontrate per eseguire fedelmente l'impegno di cui è caso nell'articolo primo del progetto. Non esitai poscia per ben due volte ad affermare che il solo mezzo di rendere possibile l'esecuzione di quel primo articolo era di restringere considerevolmente la frontiera, lasciando al Governo Pontificio Roma colla Comarca e Civitavecchia. La prima volta l'Imperatore tacque, alla seconda :ri~e bensì: • Mais on a déjà tant pris au Pape • ma ciò disse in modo che mi sembrò disposto a rifletterei meglio.

Ciò mi sembra potersi tanto più supporre che ho creduto rimarcare nell'Impe

ratore, durante tutta la conversazione, una gran voglia di levarsi d'addosso

quell'imbroglio. • Je suis bien aise de quitter Rome --diss'egli -mais il faut

que je le fasse avec des sérieuses garanties pour que ça n'ait pas l'apparence

d'une trahison •.

L'Imperatore nulla avendomi chiesto sulla mia entrata al Ministero, io

mi guardai bene dal parlargliene.

Io non so, se ho bene o male risposto all'Imperatore riguardo al progetto

di convenzione. Temo purtroppo, che quanto gli dissi non vi convenga. In que

sto caso disapprovatemi pure, come trovate meglio; ma rammentatevi, vi prego,

di evitare il più possibile di mettere me od altri nella falsa posizione nella

quale oggi mi sono trovato.

Non ho ancora potuto vedere Drouyn de Lhuys: oggi lo cercai, mi dissero

che non c'era, ritornerò domani. Avrei intenzione di fermarmi qui pochi giorni

visitando Cherbourg e il Campo di Chàlons, e quindi spero mi permetterete di

riprendere il mio giro in Olanda e sul Reno in modo da ritornare a Torino

verso la fine di settembre.

138

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL PRIMO AIUTANTE DI CAMPO DEL PRINCIPE DI PIEMONTE, THAON DE REVEL (1)

T. 315. Torino, 17 agosto 1864, ore 14,30.

Lord Russell a fait savoir à d'Azeglio que la reine d'Angleterre sera à Windsor le 26 et 2,7 courant, et que si dans ces jours le comte de Monza était en AngleteNe elle oorait bien aise de le recevoir. A,près cette époque il sera hien difficile de voir [a refne. Je ne puis me dispenser de vous prévenir de cela laissant complètement à S.A.R. de juger de l'opportunité d'un changement d'itinéraire. Veuillez seulement avertir d'Azeglio à Spa de la décision. Présentez j~ vous en prie mes hommages à S.A.R. le prince.

139

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, STRAMBIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 773. Bucarest, 17 agosto 1864, ore 16,20 (per. ore 6,30 del 18).

Le Gouvernement n'a pu alléguer contre Schertoss que des soupçons et des suppositions. L'agent et consul général de France demanda sursis pour écrire à Paris offrant sa garantie. Le Gouvernement a refusé. Le comte ne voulait du reste rien accepter comptant sur une réparation aux insultes faites à la France et à lui et il est parti hier pour Constantinople Turin et Paris.

140

IL GENERALE LA MARMORA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(Ed. in Un po' più di luce, pp. 99-100)

T. Parigi, 17 agosto 1864.

Vous recevrez bientòt ma lettre partie hier (2). J'espère qu'après l'avoir lue vous n'aurez plus besoin du rendez-voUJS que vou:s m'avez demandé. En tout cas retenez comme positif que je ne puis pas entl'e'" au Min1stère. Si ma!Lgré cela vous tenez à me parler, veuillez fixer le jour que je dois me trouver ou à Aix ou à Culoz, ou mieux eneore à Genève, car malgré moi j e ne puts pas me rendre à Turin pour des motifs que vous devez comp.rendre.

(1) -Il telegramma venne tt·asmesso tramite il ministro a Carlsruhe. (2) -Cfr. n. 137.
141

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 39. Londra, 17 agosto 1864 (per. il 20).

Facendo seguito a quanto aveva l'onore di sottoporle nel mio dispaccio confidenziale delli 14 corrente (1) sul rifiuto dell'Inghilterra di riconoscere immediatamente il nuovo Impero del Messico, mi pregio di comunicarle ora alcuni ulteriori r2.gguagli pervenuti a mia cognizione su questa questione.

Avendo avuto jeri un colloquio coll'Incaricato d'affari di Francia, Signor Marchese di Cadore, che non mi era riuscito veder prima a cagione della sua temporaria assenza da Londra, seppi da lui, che la condotta del Governo Britannico in questa circostanza aveva grandemente spiaciuto all'Imperatore Napoleone.

Da quanto mi diceva il Signor di Cadore, sul principiO dell'inverno Lord Russell interpellato su questo argomento dal Principe di Latour d'Auvergne avrebbe risposto nel modo il più esplicito non esservi dubbio, che l'Inghilterra non esiterebbe a riconoscere l'Imperatore Massimiliano, appena avrebbe posto il piede sul territorio Messicano, e sarebbe stato favorevolmente accolto dai suoi nuo\·i sudditi. Inoltre Lord Clarendon avrebbe, in occasione del suo viaggio a Parigi, fatto all'Imperatore delle dichiarazioni nello stesso senso. Ma, secondo sempre il Signor di Cadore, un simile procedere non era cagionato da altro. che dRl desiderio, che il Governo Britannico aveva di assicurarsi il concorso della Francia nelle conferenze che stavano allora per aprirsi in Londra sugl';::ffari Danesi.

L'Incaricato Francese mi diceva quindi, che scomparso l'imminente bisogno di un'azione comune, il Gabinetto Inglese aveva mutato parere, e quando alcune settimane or sono per l'assenza del Principe di Latour d'Auvergne, egli aveva dovuto andare da Lord Russell a partecipargli che il Signor Aranjuez, Inviato Mess.icano a Bruxelles, era latore di una lettera autografa del suo Sovrano per S.M. la Regina Vittoria e che chiedeva di poterla presentare, il Segretario di Stato declinava interamente di riceverlo.

Lord Russell usò nella sua risposta delle espressioni evasive. Allegò che l'opinione pubblica in Inghilterra vedeva di mal'occhio uno stato di cose così interamente imposto da una intervenzione straniera, e che il Governo aveva perciò bisogno di qualche altro fatto più significativo dell'adesione dei Messicani alla nuova forma di reggimento,· per poterlo sanzionare col loro riconoscimento. S.S. terminava infine col dire al Signor di Cadore quanto io già mi onorava far conoscere all'E.V., che non essendo cioè il Signor Aranjuez munito delle copie d'uso, non si poteva in una questione di tanta importanza lasciar passare inosservata questa circostanza puramente di forma è vero, ma a suo avviso molto essenziale nell'etichetta diplomatica.

La cosa dunque rimase per queste ragioni in sospeso. Intanto il Parlamento stava per esser prorogato, ed il Signor di Cadore pretende che la mozione fatta dal Signor Kinglake appunto nell'ultima sua seduta, che mandai a

V.E. col mio precitato rapporto dei 14 corrente, fosse fatta puramente consi

gliata da Lord Palmerston stesso, per poter scusare in tal guisa la sua condotta agli occhi dell'Imperatore Napoleone, ed avere l'occasione di dichiarare quale fosse il corso che l'Inghilterra intendeva seguire .rispetto all'Impero Messicano. Ecco sotto a qual punto di vista giudicava l'Incaricato Francese il modo di agire del Governo Britannico. Io credo, ch'esso non sia del tutto imparziale.

È certo possibile, che Lord Palmerston abbia di sua propria volontà provocata la mozione Kinglake, ma ciò che è però incontestabile, e di cui sulla mia affermazione conveniva pure lo stesso Signor di Cadore, si è che Lord Russell e Lord Clarendon nelle dichiarazioni, di cui tenni più sopra parola, esprimevano più o meno la loro opinione personale, poiché Lord Palmerston non si è mai espresso nelle sue conversazioni private ed ufficiali in modo da far supporre che intendesse di seguire in tutta questa quistione una politica diversa da quella che ha finora tenuto.

A ciò ne lo spingeva la disapprovazione data dal suo Governo all'occupazione Francese del Messico ritirandosi da una spedizione da prima inaugurata in comune, ed a coprire la sua dignità ha ora d'uopo di subordinare la sua azione a qualche fatto più rilevante il QUale lo possa giustificare in faccia alla opinione pubb~ica del paese istintivamente ostile a tutto ciò che ha l'apparenza di attentare ai diritti ed alla libertà di un popolo.

(1) Cfr. n. 128.

142

IL MINISTRO A CARLSRUHE, OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 775. Baden, 18 agosto 1864, ore 7 (per. ore 11).

Visite de la Reine d'Angleterre n'est pas conciliable avec Copenhague et Paris, le Prince n'étant pas annoncé officiellement, mais en particulier, croit pouvoir se dispenser de changer son itinéraire pour anticiper sa course en Angleterre. S'il y a des observations le général Revel prie de les adresser à Francfort (1).

143

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL GENERALE LA MARMORA, A PARIGI (2)

(Ed. in Un po' più di luce, p. 100)

T. 319. Torino, 18 agosto 1864, ore 17,25.

J'ai reçu votre [ettre (3). Courrier part demain soir et vous apporte ma réponse. Veuillez l'attendre à Paris.

(1) -Il contenuto di questo telegramma fu comunicato a Maffei con t. 325 del 19 agosto. (2) -Il telegramma fu trasmesso tramite Nigra. (3) -Cfr. n. 137.
144

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI

(AP)

L. P. Torino, 18 agosto 1864.

Ho la lettera di La Marmora (1). Il colloquio coll'Imperatore mi pare che sia riuscito freddo, e certo senza conclusione; benché fosse improntato di gentilezza e benevolenza. Ecco la idea fissa del Generale. Egli dà poca importanza

o certo assai minore di noi alla clausola del trasporto. Invece persiste a credere che non si possa !Pil"omettere l'art. l, :senza un cambiamento di frontiera che la renda più difendibile. È questo l'Achille dei suoi argomenti contro il trattato. Aggiunge eziandio il timore che l'opinione pubblica non vegga in ciò la rinunzia a Roma. Ma poi non s'accorge che una rettificazione di frontiera avrebbe in realtà questa portata, mentre il trattato non l'ha punto.

In tale stato di cose ed essendo egli contrario all'art. l positivamente è evidente che non può accettare di entrare nel Ministero e di farsene corresponsabile.

Forse anche gli balena l'idea di comporre egli un Ministero tutto diverso.

Ora spetta al personaggio che è a caccia rispondere. Lo vedrò sabato, e ti telegraferò o scriverò subito. Per gran fortuna tutto è ancora in silenzio. Dio ci aiuti a serbarlo ancora.

145

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL GENERALE LA MARMORA, A PARIGI

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in Un po' più di luce, pp. 100-101; MINGHETTI, pp. 117-119; BASTGEN, pp. 332-334)

L. P. Torino, 19 agosto 1864.

Vi ringrazio assaissimo della vostra lettera (1), e più ancora della vostra compiacenza nel recarvi a Parigi dopo il mio telegramma, a conferire coll'Imperatore. Le molte cose e vere ,che avete detto con linguaggio franco sulle presentl condizioni d'Italia, avranno avuto un eccellente effetto: le osservazioni poi sull'articolo primo del progettato trattato, se non conseguirono il fine da voi desiderato, spero che non muteranno lo stato presente della quistioae. Imperocché io vi confesso apertamente che l'articolo primo, tal qual'è, dirimpetto al grande risultato della fine prestabilita della occupazione francese in Italia, mi sembra accettabile, e non esito a credere che si possa prometterne

l'esecuzione. Non parlo dell'attaccar noi, ma eziandio dell'impedire che corpi franchi o bande armate attacchino il territorio romano. A me tale questione sembra più di polizia generale dello Stato, che militare della frontiera. Non dico già che non sia necessaria sui confini una assai accurata vigilanza, ma opino che se dovessero formarsi delle bande, ciò avverrebbe come altra volta, in centri popolosi, in città forse remote dalla frontiera: e il Governo avrebbe tempo e potestà d'impedirlo.

Per me inoltre quella promessa, mentre è praticamente attuabile, non è punto in contraddizione coi nostri principi. Noi rinunziamo a conquistar Roma colla violenza. Ma abbiamo sempre detto e ripetuto che la si può avere solo con mezzi morali. Dunque l'opinione pubblica non potrebbe ragionevolmente muoverei questo appunto; il quale in ogni modo non verrebbe meno, anzi forse crescerebbe appresso una rettificazione di frontiera. Su questo capo adunque io veggo con rammarico, ma non posso dissimularmi, che v'ha differenza di giudizio tra noi.

La parte per me più grave, e alla quale voi date pur sempre minore importanza, è la questione del trasporto della capitale, e ila sua contemporaneità. Qui veggo serie difficoltà, ed inconvenienti molti e notevoli dispiaceri. Li veggo nel Re, li preveggo in queste provincie e in seguito anche altrove. Pertanto mi parrebbe di sommo rilievo se si potesse eliminare la questione, o temperarla, o disgiungerla interamente dall'altra; ed è questo ancora un passo da tental'si. Ma, dopo 'la vostra ultima lettera, io non oserei più prova:rmi di convincervi, nè per conseguenza di insistere, pel'ché voi entriate nel Ministero.

Ho desiderato moltissimo la vostra cooperazione e la vostra presidenza, e la credeva utilissima ed opportunissima per il pubblico bene. Tutto ciò che poteva convenirvi o gradirvi nella formazione o nella composizione del Gabinetto, era combinabile, e in questa parte non avrei che a ripetere le offerte che vi feci in Genova ed in Torino. Ma quando mi esprimete un dissenso sovra una quistione così capitale qual'è l'articolo primo del trattato, io debbo tacermi. Bensì credo che a noi sarà arduo condurre a termine questa impresa (ancorché riusciamo a eliminare o temperare la, questione del trasporto) e da questa difficoltà prevedendo l'origine di una crisi ministeriale, mi auguro ed auguro al paese, che voi siate il nostro successore, e possiate recare all'Italia tutti quei benefici che certo io ho desiderato, e pei quali non ho risparmiato né cure né fatiche.

(1) Cfr. n. 137.

146

IL MINISTRO RESIDENTE A COPENAGHEN, DORIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. P. CIFRATO. Copenaghen, 19 agosto 1864 (per. il 25).

Le Général de Revel m'a écrit de Bade que le Prince Royal serait sous peu à Hambourg et qu'il avait l'intention de venir incognito jusqu'à Copenhague; il m'a conseillé aussi de me rendre à Hambourg pour causer avec lui (1).

J'ai lieu de croire que si le Prince vient il sera particulièrement bien reçu par le Roi, que naturellement l'incognito le plus strict ne saurait l'empecher de voir. J'appelle l'attention de V.E. sur un détail très important; j'ignore si le Prince est porteur de l'Annonciade pour le Roi de Danemark, mais si I'on n'y a pas pensé, il me .parait tout à fait indispensable que Son Auguste Père l'autorise à annoncer au Roi qu'il est nommé et que les insignes sont en route. Une dépeche télégraphique du Roi au Prince pourrait bien servir. Le Prince ne peut décemment se présenter les mains vides. Je vous ai demandé l'autorisation de me rendre à Hambourg; si votre réponse se faisait trop attendre je prendrai sur moi de partir, car il est de toute nécessité que je cause avec le Prince avant son arrivée ici. J'espère que V.E. ne désapprouvera ma conduite.

(1) L'autorizzazione a recarsi ad Amburgo, chiesta da Doria con t. 780 del 17 agosto, gli fu accordata con t. 328 del 19.

147

VITTORIO EMANUELE II A NAPOLEONE III

(Ed. in Le lettere di Vittorio Emanuele II, p. 783) (1)

L. P. Torino, 20 agosto 1864.

Je croyais que Votre Majesté m'eut totalement oublié et avec moi la cause italienne, lorsque l'arrivée de Pepoli et les nouvelles qu'il m'apporta me prouvèrent évidemment le contraire. J'en démontre à Votre Majesté une bien vive reconnaissance.

Le projet d'arrangement pour la question romaine que Votre Majesté me propose, satisfera j'en suis sur pour le moment les désirs ardents de la nation et Votre Maje,sté recevra les bénédictions de tous les italiens. Une difficulté pourtant assez grave se présente au premier abord sur la question de transport de la capitale. Votre Majesté sait combien de reconnaissance les peuples des nouvelles provinces doivent à l'ancien Royaume et combien pour ma part je dois ménager la susceptibilité des anciennes provinces. Pourtant espérant trouver encore une solution plus facile à cette difficulté, étant sur du bon vouloir de Votre Majesté, j'envoye ve11s Elle le .général Menabrea porteur de cette lettre afin que Votre Majesté daigne l'entendre et considère camme venant de moi les idées et les paroles que le dit Général a ordre de vous rapporter.

Sire, ma foi ne chancelera plus à l'avenir envers Votre Majesté. Mettez moi, Sire, je vous en prie aux pieds de I'lmpératrice, en demandant de ma part merci.

D'ici à quelques jours mon fils aura le plaisir de voir Votre Majesté; je désirerais étre à sa piace. J'espère que le moment ne sera pas longtemps retardé.

<l) Una diversa redazione di questa lettera à edita in MrNGHETTI, pp. 123-124, in BAsTGEN,

p. 335, in Les origines diplomatiques de la guerre 1870-71, IV, p. 803, in MoNTI, p. 330, e in

E. 0LLIVIER, L'Empire libéral, t. VII, pp. 159-160.

148

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (1)

(AVV)

D. s. N. Torino, 20 agosto 1864.

Le Baron de Malaret est venu, il y a quelque temps, me donner lecture d'une dépéche par laquelle S.E. M. Drouyn de Lhuys répond aux différentes communications que vous lui avez adressées de ma part sur la question Romaine.

Dans cette dépéche, qui porte la date du 12 Juin, le Ministre Impérial des Affaires Etrangères reconnait que le Gouvernement du Roi a fait tous les efforts pour apaiser les esprits et aplanir les difficultés existantes. Tout en rendant justice à nos intentions, M. Drouyn de Lhuys déclare que le Gouvernement Français désire aussi de son còté ardemment un rapprochement entre le Gouvernement du Roi et la Cour de Rome, et qu'il appelle de tous ses voeux le moment où les circonstances auront rendu possible l'évacuation du territoire romain par les troupes françaises, sans nuire aux intéréts que la France a pour objet de sauvegarder. Il ajoute que l'honneur du Gouvernement français est engagé à maintenir l'occupation aussi longtemps que la sécurité du Souverain Pontife n'aura pas obtenu des garanties suffisantes. Cependant S.E. M. Drouyn de Lhuys fait remarquer avec raison que mes dépèches précédentes ne contiennent aucune proposition formelle et il conclut en renouvelant l'assurance que le Gouvernement français sera toujours disposé à recevoir communication des projets qu'après mure réflexion il croira de nature à résoudre le grand problème des rapports du Saint-Siège avec le reste de l'Italie.

J e me suLs empressé de reme11cier M. de Malaret de 'la communication, et je profite du départ de M. le Marquis Pepoli pour Paris pour le prier d'assoder ses efforts aux vòtres et de compléter verbalement les propositions que le Gouvernement du Roi désire faire parvenir au Gouvernement Impérial.

Dans ma dépeche du 4 Juillet 1863, j'ai indiqué comme base de l'accord à stipuler l'Application du principe de non intervention au ten·itoire romain comme au reste de l'Italie. Le maintien de la non intervention est en effet un des p11mcilpes ,politiques qui sont 'communs à l'Italie et à la France. Ce principe peut d'autant plus ètre choisi comme point de départ de ces négociations délicates, que d'un còté l'Empereur dans la lettre à M. Thouvenel, de l'autre le Comte de Cavour en ont reconnu l'applicabilité au territoire romain.

En faisant du rappel des troupes Impériales l'objet principal de la transac

tion qu'il s'agit de stipuler, nous n'obéissons pas à des préoccupations ambi

tieuses ou intéressées. Ainsi que j'ai eu l'honneur de le déclarer dans plusieurs

occasions, l'Italie voit toujours dans un accord avec le St. Siège le meilleur moyen de satisfaire aux aspirations de la nation. Cet accord, qui a été le but élevé de la politique de l'Empereur, et pour lequel la France n'a épargné aucun sacrifice, nous sommes décidés à le poursuivre et nous n'avons pas perdu l'espoir de l'obtenir. Aussi sommes-nous disposés à donner au St. Siège les garanties nécessaires pour que se trouvant replacé dans les conditions de calme· et de tranquillité qui sont indispensables à la dignité et à l'indépendance de ses délibérations, il puisse devenir avec l'aide du temps et des circonstances plus accessible à ces idées de conciliation, auxquelles nous n'avons jamais cessé de :faire appel. Ces garanties doivent consister, à mon avis, dans l'engagement que le Gouvernement du Roi est disposé à prendre de ne pas attaquer et de ne pas laisser attaquer le territoire romain par des forces régulières ou irrégulières: en outre, dans la promesse de ne pas élever des réclamations à la formation d'une armée régulière pourvu qu'elle soit organisée par le Gouvernement romain dans un but exclusivement défensi:f.

Enfin, pour mieux démontrer qu'un accord direct avec le St. Siège est toujours à nos yeux le meilleur moyen de résoudre les difficultés actuelles, le Gouvernement italien s'engagerait à entrer en arrangement avec :le Gouvernement du Pape pour prendre à sa charge la part proportionnelle de Ja dette des anciens Etats de l'Eglise afférente aux Provinces annexées au Royaume d'Italie.

Par ces considérations sommaires, j'ai été amené à énoncer presque mot pour mot les articles, dont vous trouverez ci-joint le texte et sur lesquelles vous voudrez bien appeler l'attention de S.E. le Ministre Impérial des Affaìres Etrangères.

Les propositions qu'ils contiennent sont du reste déjà connues par S.M. l'Empereur et par son Gouvernement. Comme vous le savez, elles formaient déjà la base des négociations confidentielles entamées par le Comte de Cavour quelques mois avant sa mort. Les événements de ces dernières années n'ont fait, à notre avis, que rendre plus évidente la nécessité et l'opportunité de ces articles de transaction. L'occupation de Rome par !es troupes françaises avait pour but, d'après les déclarations solennelles de l'Empereur et de ses Ministres, d'amener un rapprochement entre l'Jtalie et la Cour d<.! Rome. Ce but n'ayant pu étre atteint jusqu'à présent, il s'agit de remplacer les garanties, dont la France a entouré jusqu'à présent le St. Siège, par d'autres conditions de sécurité matérielle et morale, qui ne froissent pas le sentiment national des Itnliens, en méme temps qu'elles ne seraient plus une dérogation flagrante aux principes qui forment la base du droit public de la France et de l'Italie. Nous serons heureux d'app.rendre que S.M. l'Empereur accepte 1e projet que nous soumettons à sa sérieuse considératlon. Si ce projet ne vise pas à résoudre immédiatement le grand problème des rapports du St. Siège avec le Royaume d'Italie, il atteint, à mon avis, un but moins ambitieux mais plus pratique.

Il offre, en effet, le moyen d'arriver graduellement à une solution de la question Romaine par le lent et infaillible triomphe de ces forces morales, auxquelles le Parlement italien a fait appel dans ses votes, c'est-à-dire par l'application progressive des principes du droit et de la liberté religieuse.

(1) Il documento reca la seguente annotazione: • Nota redatta per dare forma ufficiale alle trattative per il ritiro delle truppe francesi da Roma dopo le trattative confidenziali già avvenute •. E' edito sotto la data 17 giugno in Atti del Parlamento Italiano, Sessione del 1863-1864, Documenti, vol. V, pp. 3648-3649. Cfr., per i motivi di questo cambiamento di data, i nn, 329 e 322.

149

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, STRAMBIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 9. Bucarest, 20 agosto 1864 (per. l'l settembre).

Mi pervennero regolarmente i telegrammi cifrati che V.E. fecemi l'onore d'indirizzarmi lì 21 luglio p.p. 3 ed 8 agosto corrente (1). Conformemente ad essi ho regolato la mia condotta.

In una delle nostre ultime riunioni l'Agente austriaco parlò di rapporti che aveva ricevuti e fè anzi vedere le note che vi erano annesse contenenti l'indicazione del nome, prenome e passaporto d'individui che, a piccole scolte di 14 a 18, si erano imbarcati a Sira e dovevano imbarcarsi successivamente colà ed in altri porti, sulle Messaggerie imperiali, destinati a questi Principati e formanti i quadri delle legioni, la cui bassa forza credevasi essere stata approntata in Moldavia dal Frigyessy ed altri e dovevano essere condotte da un generale polacco, che allora appunto era giunto assieme al primo convoglio di uffiziali e bassi-uffiziali, sbarcati a Galatz, dei quali pure si avevano i nomi e provenienti tutti dall'Italia.

Il Barone d'Eder diceva che ignorava a qual fine gli fossero stati forniti tutti quei minuti particolari che gl'importavano assai poco, essendo persuaso che, nella situazione attuale d'Europa, non potevano essere questi che gli ultimi sterili conati del partito rivoluzionario e che d'altronde il Governo del Principe Couza era già abbastanza spaventato per proprio conto da non aver più bisogno di eccitamenti perché provveda alla sicurezza sua ed a quella degli Stati vicini, alle frontiere dei quali si erano prese del resto tali misure da poter rimanere sicuri da ogni sorpresa.

Non dimostrai minore curiosità degli altri miei colleghi per queste notizie che ci favoriva l'Agente austriaco e dissi anzi che, se era vero che tali focosi elementi fossero usciti dall'Italia, un netto guadagno già si sarebbe realizzato e questo tutto per noi.

Il Barone d'Eder volle interessarci maggiormente comunicandoci la biografia che H suo Governo glJi aveva trasmessa del Fr'igyessy, il quale s:i chiamerebbe in realtà, siccome già scrissi, Augusto Sutak, ex-sergente nel Reggimento austriaco D. Miguel, disertato da Pizzighettone nella notte dal 6 al 7 marzo 185,9 dopo aver consumato in stravizi il denaro che avea riscosso per le spese alimentari della sua compagnia e tentato invano, per ricuperarlo, la fortuna del giuoco. Soggiunse che, più tardi, scopertasi l'identità del Sutak nella persona del Frigyessy, l'I.R. Governo ne aveva chiesta l'estradizione al Governo di Torino il quale avrebbe risposto che sarebbe stata accordata senza difficoltà se l'individuo che si ricercava non avesse abbandonato, da più di un anno, l'Italia.

L'estratto che il Principe ed il Signor Cogalniciano mi avevano promesso di rimettermi delle carte rpiù impnrtanti del Frigyes;;y non mi fu dato mai,

forse perché quelle carte distruggerebbero o ridurrebbero a minime proporzioni molte imputazioni state fatte al medesimo per quanto riguarda cospirazioni contro questo Governo e la persona del Principe. Del resto io ne aveva già visto a suffic~enza deHe carte del FrigyeSISy per poter farmi un concetto delle rimanenti, le quali vennero posteriormente tradotte. L'Agente austriaco fece invece vive e ripetute istanze per attenerne comunicazione, ma non so se già abbia a'iUto o sia per avere soddisfazione.

Già da parecchi mesi il F,rigyessy era stato, da compatrioti suoi che servono a questo Governo, segnalato come pericolosissimo, epperciò attivamente ricercato e quindi arrestato, quando venne egli stesso a porsi in mano alla Polizia, ma certo è che gli archivi suoi furono quelli che gettarono l'allarme ed impaurirono follemente il Principe Couza facendogli credere che questo paese dovesse al più presto servire di teatro all'azione rivoluzionaria degli ungaresi e dei polacchi aiutati da Mazzini, da Garibaldi, dal Comitato di Londra e dai partiti estremi di ogni nazione, all'urto dei quali avvenimenti potesse facilmente crollare il debole suo trono e lui essere tratto a rovina. Parve anche a S.A. che le usate arti della sua scaltrezza e perfidia più non bastassero e che dal di fuori niun caso si proseguisse a fare di Essa e di questi Principati destinati a servire al primo occupante ed il suo orgoglio si è tanto più inasprito quanto più credè che si rendessero manifeste la sua pochezza e le sue cattive disposizioni, mal velate da millanterie o da ambigue proteste agli uni ed agli altri prodigate.

Giunse quindi il Borzulawski che venne tosto riconosciuto, malgrado il

nome ed il passaporto di Rondani, avendo esso servito nella milizia moldava

nel 1857-58 ed in Jassy essendo allora entrato in relazione col Colonnello

Couza, il Cogalniciano ed altri che sono ora al potere, sulle quali relazioni

esso probabilmente contava per avere appoggio ai progetti suoi, dei quali non

faceva mistero e che pertinacemente dimostrava di non voler abbandonare.

Si qualificava generale al servizio italiano, già comandante il Reggimento

Genova Cavalleria, ma uffiziali valacchi, che fecero parte della missione mili

tare in Italia, dissero che non era che un colonnello garibaldino e l'avevano

visto in Napoli ove era stato sottoposto a consiglio di guerra per gravissimo

reato. Il Principe Couza lo fè chiamare a sé ed ebbero assieme un'assai viva

discussione. Il Borzulawski rimise anche a Couza una lettera del Generale

Garibaldi che reclamava in favore del Frigyessy, protestando che questi era

un ufficiale onorato, non un assassino. Il Principe disse che già aveva provvisto,

ma si mostrò poco riguardoso verso H Generale Garibaldi. Già precedentemente

S.A. aveva detto ai Cairoli che era tanto deciso a far rispettare l'indipendenza e la neutralità del suo territorio che, se Garibaldi stesso fosse qui venuto, come lo si annunziava, lo avrebbe fatto fucilare. Non sono che parole proferite in un momento di vera o mentita esaltazione, che tuttavia fecero assai cattiva impressione. Io era presente e non potei non esclamare: • diable, diable! pas mème l'Autriche ne ferait cela! • né l'I.R. mio collega mi ha smentito.

Il giorno appresso il Borzulawski ricevé l'ordine di partire nelle 24 ore. Esso voleva: dapprima resistere ma rpoi si arrese a più prudenti consigl>i, sia per evitare scandali, sia per avere acquistato la convinzione che niun utile scopo avrebbe potuto, qui rimanendo, conseguire.

* Susdit [parti de Belgrade pour Constantinople le 18 courant. A Galatz et Bukarest pas été prudent s'étant vanté de très haut appui heureusement on ne l'a pas cru moi ayant traité cela de farce je n'ai pas fait de communication politique Belgrade mais craignant que jeune V. Consul aurait pu se lai~ser enguirlander je l'ai rrns simplement sur ses gardes * (1).

(1) Cfr. n. 56 e p. 74, nota l.

150

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(AVV)

L. P. 22. Torino, 21 agosto 1864.

Il Generale Menabrea vi consegnerà questa lettera e vi dirà la ragione della sua venuta a Parigi.

Eccovi in poche parole, poichè scrivo pressato dal tempo, quello che avvenne dopo il ritorno di Pepoli. Si dovette rendere noto il progetto al Re e al Consiglio dei Ministri. Nel Consiglio il trattato per lo sgombro fu accettato come rappresentante la somma di quello che l'Italia spera in questo momento di ottenere. La condizione della Capitale fu oggetto di gravi osservazioni, ma non respinta; solo alcune opinioni esclusero recisamente Napoli in favore di Firenze. Veniamo al Re. Il Re accolse la clausola del trasporto, non solo con ripugnanza, ma dirò con dolore. Ebbe molte conferenze con Minghetti e con Pepoli. Parve per qualche momento alquanto scosso, poi m-ese tempo a pensarvi durante una assenza da Torino. Frattanto Minghetti fece presso La Marmora il tentativo che voi sapete. Se La Marmora, in seguito al suo abboccamento coU'Imperatoil'e, avesse accolto iJ. ;p,rogetto e aderito d'entrare nel Ministero, si otteneva e un'adesione che poteva grandemente influire sulle ulteriori decisioni di Sua Maestà e un elemento quasi indispensabile per poter vincere, con pericoli assai minori, le grandi difficoltà morali e materiali dell'impresa. Sventuratamente il tentativo andò vano. La Marmora scrisse a Minghetti di non far calcolo sulla sua entrata al Ministero e gli dichiarò che, indipendentemente anche dalla clausola sulla capitale, alla quale per vero non muoveva gravi obbiezioni, egli non credeva accettabile il trattato. Il dissenso era dunque assoluto, perchè se il Ministero non disconosce l'estrema gravità della questione del trasporto e desidera di sostituire a questo qualche altra condizione, pure crede il trattato soddisfacente e accettabile e ne assume tutta la responsabilità. Minghetti rispose a La Marmora in questo senso e cessò da ogni istanza per la combinazione ministe:Diale. * Il Re ritornò ieri a Torino dichiarò che egli accettava il trattato, ma che non poteva accettare la clausola del trasporto della Capitale nei termini in cui era posta. Egli disse sperare che l'Imperatore avrebbe receduto, doversi fare un nuovo tentativo ed essere

pronto a scrivere egli all'Imperatore. Il Re indicò il Generale Menabrea come la persona che si poteva incaricare di questa lettera. Voi conoscete il Re. Era necessario innanzi tutto di dargli una prova della lealtà della nostra condotta in questa grave questione, mostrar~li come fossimo dispo1sti a cOOJCorrere con lui nel tentativo che egli intendeva fare e con quei modi, purchè fossero concertati col Ministero, che ·egli ci indicava. Il Generale Menabrea e noi abbiamo certo sentita la gravità del mandare un membro del Gabinetto con una lettera autografa per un tentativo di esito incerto. E bisogna fare il possibile pel'ché questo viaggio rimanga ignoto. Ma orpponendoci, potevamo ingenerare nell'animo del Re il sospetto di voler condurre le pratiche per modo da porlo dinnanzi ad un'alternativa assoluta, che, forse, si poteva evitare.

Ora vedete qual'è la gravità della situazione. Il Re tenetelo per sicuro, non a<ocetta, nei termJni in cui è posta, vale a dire come una misura imminente, imprevista, immediata, la condizione della capitale. Quanto al Ministero, la sua determinazione è presa. Se l'Imperatore non transige, se il trattato deve essere qual'è, noi non assumeremo la responsabilità di rifiutarlo e ci ritireremo. Qui comincerà una crisi, non per noi, che poco importa, ma pel paese* (1). Il solo Ministero che ora ci possa succedere è un Ministero La Marmora, il cui programma per Roma espostovi dal Generale condanna questa questione a una assoluta immobilità.

Voi vedete dunque di quale importanza sia per noi la risposta che ci giungerà da Parigi.

Se l'Imperatore ha realmente desiderio di ritirare le sue truppe da Roma, dovrebbe tener conto di queste condizioni pratiche della situazione politica in Italia.

Udrete dal Generale Menabrea le idee che egli è incaricato di proporre, fra queste v'ha la proposta di sostituire all'effettivo trasporto della sede del Governo un decreto col quale si dichiarerebbe che il Parlamento siederà alternativamente, di legislatura in legislatura vale a dire per 5 anni, nelle grandi città d'Italia. Comprendo tutte le obbiezioni che si possono fare a questo progetto. Esso ha però il vantaggio che non ecciterebbe le passioni indubbiamente accese dalla questione del trasporto definitivo gettata improvvisamente nel paese, senza che l'opinione pubblica vi sia preparata. Che cosa vuole l'Imperatore? Un atto pubblico il quale provi che l'Italia si pone in misura di poter praticare la politica paziente richiesta dal trattato e prenda le disposizioni opportune per attraversare un periodo di tempo che provi la sua disposizione di eseguire il trattato. La misura proposta è di questa natura. Non la si prenderebbe per due anni soli. Essa mostra che si vogliono appagare le suscettibilità delle grandi città perchè non si prevede vicino il momento di andare a Roma, che si calcola su una aspettazione protratta. Questa misura è una preparazione al trasporto definitivo della Capitale che così si predispone avvezzandovi l'opinione, attenuando gli ostacoli. Il trasporto definitivo ne sarà la indispensabile conseguenza.

Menabrea viene a chiedermi la lettera. Non ho che il tempo di salutarvi.

(1) Il brano fra asterischi fu trasmesso in cifra.

(1) Il brano fra asterischi è edito in MORI, p. 224.

151

APPUNTI PER LA MISSIONE DATA AL GENERALE MENABREA CIRCA LA CONVENZIONE DI SETTEMBRE (AVV; ed. in Mori, p. 225) (1)

21 agosto 1864.

Quels sont les points principaux sur lesquels il conviendrait d'appeler l'attention de l'Empereur?

Acceptation du projet. Les avantages qui consistent surtout dans l'apaisement de l'opinion publique, et dans la détente des esprits par la perspective d'une solution prochaine de la question Romaine. Dangers de suhstituer à l'agitation pour Rome une autre cause non moins réelle d'agitation par le transport abrupte de la capitale. Nécessité de ménager les anciennes Provinces, qui sont le bel'ceau de la Monarchie, le foyer natuxel des idées d'ordre et de conservation, le centre des sentiments monarchiques. Nécessité surtout de ménager l'armée, dont tous les officiers supérieurs appartiennent aux anciennes Provinces. Ebranlement que causerait dans tous les rangs de l'administration une résolution aussi brusque: les intérets seraient froissés, les esprits aigris: caractère des populations très doux, très dévoué, capables des plus grands actes d'abnégation si on les demande au nom des principes, mais fermes, opiniatres, décidées s'il y a le moindre doute qu'on froisse systématiquement leurs sympathies et leurs intérets. S'il serait très facile d'enlever à Turin les privilèges de ,capitale pour aller à Rome, il est wès difficile d'y réussir, pour démontrer qu'on ne veut pas y aUer.

Il serait préférable, par conséquent, dans tous les cas plus conforme aux idées personnelles de S.M. d'éliminer tout à fait l'idée d'un transport de la capitale: ou de :substituer un autre système etc. etc. S. E. le Général Menabrea, qui jouit de tonte la confiance de S. M. et de__celle de ses collègues, est chargé d'e~pliquer tout cela à l'Empereur et de trouver avec lui le moyen de réussir dans une oeuvre qui a l'adhésion complète et sinoère du Roi et de son Gouvernement.

152

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

L. P. Baden, 21 agosto 1864 (per. il 25).

Reduce ieri sera da Francfort ove ho avuto l'onore, dietro speciale e g,razioso ,invito, di aocompagna:re S. A. il Conte di Monza, partito jel'i-mattina per Hamburg e Copenhagen, profitto dell'occasione del Cav. Nigra, che ritorna oggi stesso a Parigi per far pervenire a V. E. la presente particolare, non avendo il tempo nè informazioni abbastanza sicure per trasmetterle ufficial

mente.

·(1) Ed. parzialmente in MINGHETTI, pp. 126-127.

7 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. V

Prima di tutto è per me ben grata occasione di constatare anche particolarmente nel modo il più esplicito quanto già ebbi l'onore di segnalare a

V. E. nei miei dispacci s.n. che l'accoglienza fatta negli Stati Badesi al Conte di Monza non poteva essere, malgrado l'incognito, più distinta e C()(l'll!Pita, né quella della famiglia granducale più cordiale, e S.A.R. me ne ha manifestato il suo pieno gradimento del quale ho già fatto parte al Barone di Roggenbach verbalmente, il quale venne a vedermi qui jeri sera, riservandomi qualora

V.E. creda opportuno darmene l'incarico, di farlo ufficialmente nel modo che mi verrà indicato.

Informazioni verbali ricevute in viaggio da personaggi politici di mia conoSiCenza mi hanno confermato che l' • entente » Austro-Prussienne, neUa fase attuale nano-Germanica, è !ungi dall'essere cordiale e dal presentare elementi di stabilità. Fui assicurato che l'Austria ha presentato in questi giorni una nota a Berlino molto accentuata circa la politica Prussiana verso la Confederazione e verso gli Stati secondarii che la compongono.

Non v'ha dubbio che l'Austria tenta assumere attualmente la parte della moderazione dopo la vittoria. Ma è dubbio assai per me se la sua influenza riuscirà a porre un margine alla influenza incontestabile della Prussia in Germania, malgrado il malcontento e l'esitazione dei Governi e Paesi confederati verso la Prussia; e ancor più dubbio se con tale tattica il Gabinetto Austriaco riuscirà a riguadagnare il terreno perduto in Germania come potenza confederata di primo ordine. La Sassonia ha già ritirato la sua proposta alla Dieta contro la Prussia e le proteste degli altri Governi, formulate nei rispettivi Parlamenti, rimarranno probabilmente senza effetto. Il Barone di Roggenbach mi diceva jeri sera essere migliore e più saggio partito tourner les difficultés lors qu'on n'est pas assez fm·t pour les surmonter e la proposta Badese di un Governo provvisorio rappresentato dalla Prussia, dall'Austria e dalla Confederazione sarebbe il mezzo più pratico e favorevole per la futura costituzione dei ducati come stato germanico indipendente sotto la sovranità del Duca di Augustenburg, e pel trionfo finale di fatto dell'idea nazionale. Questa proposta Badese non sarà però presentata alla Dieta senza il previo assenso ed accordo delle due grandi potenze confederate; si spera inoltre, non :so con quale probabilità, che Io Schleswig-Holstein potrà rpronw1ciarsi, cercando una formola accettabile anche per l'Austria, quella per esempio degli Stati del Paese legalmente riuniti, per far votare da essi la scelta del futuro Sovrano.

Mi riservo di assumere informazioni più certe e comunicarle a suo tempo a V. E. sugli Stati Meridionali della Germania; dai dettagli ricevuti, per quanto vaghi sinora, nella Baviera e nel Wurtemberg, non mi sembra che il vento spiri più favorevole all'Italia.

M'è stato assicurato che il Re di Wurtemberg ha testè decorato della Gran Croce di Suo ordine il Ministro di Napoli in Baviera, non essendovi un rappresentante dell'ex Re di Napoli a Stuttgard; e quanto alla Baviera, il partito ultramontano ed austriaco, capitanato dal Principe Luitpoldo zio del giovane Re, sembra preponderante in questo momento.

La riunione dei Parlamenti nei due Paesi potrebbe però non solo attestare queste tendenze delle due Corti, ma modificarle più o meno radicalmente

in senso contrario. Specialmente nel Wurtemberg ove nelle poche sedute della Camera, che hanno seguito l'avvenimento al Trono del nuovo Re, questa ha manifestato sentimenti e tendenze liberali, delle quali sarà ben difficile di non tener conto.

153

IL GENERALE LA MARMORA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in MINGHETTI, pp. 119-122; Un po' più di luce, pp. 101-102)

L. P. Parigi, 21 agosto 1864.

Ricevo in questo momento dalla Legazione la vostra lettera del 19 (1). Io vi ringrazio per la novella prova di amicizia e di confidenza che in essa mi date, nonché per il modo veramente benevolo col quale apprezzate le cose da me dette all'Imperatore. Io sono tanto più sensibile a questa vostra indulgenza, che ho saputo poi dal Ministro Drouyn de Lhuys, che l'Imperatore era rimasto di me poco contento. • Je n'ai pas été content du général La Marmora: il a fait des difficultés à mon projet. Je le regrette car c'est un brave homme •. Così si espresse l'Imperatore col suo Ministro.

Ora, mentre io sono dolentissimo di aver dispiaciuto all'Imperatore, (ed in verità già me n'ero accorto) io ci vedo due vantaggi. Il primo è che resta sempre più evidente per me, e spero anche per voi, che anziché un aiuto io vi sarei un vero imbarazzo se entrassi nel Ministero. L'altra più importante è d'aver in tal modo strappato al Ministro francese una dichiarazione che troverete nel pro-memoria qui unito, che io riguardo come preziosa, e che potrà a voi particolarmente giovare nell'attuali gravi occorrenze. Questo promemoria di forma e stile tutto antidiplomatico, che io ho scarabocchiato appena sortito dall'udienza del Ministro, è per voi solo, tanto più che vi si trovano osservazioni mie particolari che potrebbero ferire l'amor proprio di chi ha trattato l'importante convenzione.

Permettetemi poi, prima di chiudere questa mia lettera, che, colla solita franchezza, io vi dichiari di non poter accettare gli augurii che mi fate, massime se nell'indirizzarmeli avete potuto un momento supporre, che nel mio costante rifiuto di entrare nel ministero, si nascondesse qualche mia velleità ambiziosa.

Se io avessi delle viste ambiziose, non mi sarei allontanato, come feci

da un pezzo, da tutti. gli uomini politici, e da ogni cosa che alla politica si

riferisce, e vi dò la mia parola che in tutta questa vertenza non ho scritto

una sillaba a chicchessia, e vidi solo un momento Petitti, al quale nulla dissi

della questione romana: solo gli esternai la mia ferma risoluzione di non

entrare nel Ministero. Ritenete poi per fermo che, se in forza di eventi, io

dovessi un giorno soffocare la mia ripugnanza per il Ministero, a voi, anziché

a chiunque altro avrei io ricorso.

Io lascierò dunque Parigi quanto prima e cercherò, se possibile, ripi

gliare il mio itinerario che avevo combinato nel doppio scopo di cercare distra

zione e vedere cose mHitari. Già ho ·rivisitato le fortezze di Strasburgo e di

Metz, e veduto per la prima volta Luxemburgo presidiata da sei mill:l Prus

slani, che molto mi ha interessato.

Nel Belgio poi il Ministro Chazal, che conoscevo, mi volle egli stesso accompagnare in Anversa, e potei esaminare attentamente le colossali fortificazioni che si stanno per ultimare. Io credo che col lusso, massime della muratura, che venne impiegato, i 50 milioni votati dalla Camera non potranno bastare.

Non vi potete immaginare lo stupore di quei signori quando gli raccontai che ·con meno di 8 milioni avevamo fortifi.cato Alessandria e Casale, che ci salvarono nel '59.

Potei poi per la prima volta recarmi a Waterloo e, accompagnato come fui dal generale Bouillard che portò piani e descrizioni, ebbi campo a ben apprezzare il terreno, e tutte le fasi di quella memorabile battaglia che, anche per la poca estensione del campo, si può alla battaglia di Novara, meglio che ad ogni altra, paragonare. Non vorrei lasciare la Francia senza recarmi al campo di Chàlons e a Cherbourg. Quest'ultimo per i confronti con la Spezia.

Dovrò probabilmente rinunziare alla mia progettata gita in Danimarca, ma spero avere tempo da dare un'occhiata all'Olanda, che non conosco. Ad ogni modo, conto di essere a Torino prima della fine di settembre. Salutatemi gli amici, e massime Pasolini.

ALLEGATO

PROMEMORIA DI LA MARMORA SU UN COLLOQUIO CON DROUYN DE LHUYS

(AS Biella, Carte La Marr-mora, ed., con leggere varianti, in Un po' più di luce, pp. 102-104) (1)

[Parigi], 17 agosto 1864.

È da notarsi anzitutto che il Signor Drouyn de Lhuys aveva lui vivo desidedo di meco conferire, poiché appena ritornato da St. Cloud, scrisse alla Legazione Italiana perché mi avvertissero che mi avrebbe visto con piacere. Era evidente che l'Imperatore poco soddisfatto di ciò che io gli aveva detto gli aveva ordinato di cercar modo di farmi cambiare d'opinione. Cercò infatti il Ministro a persuadermi dei vantaggi che noi avressimo ricevuto dalla .progettata convenzione, senza per nulla nascondere il desiderio e la convenienza che aveva la Francia a ritirare da Roma le sue truppe. Di questo io ero già persuaso, che la Francia cercava un mezzo di sortire da Roma. Io ero già di ciò persuaso ma dopo aver sentito l'Imperatore e Drouyn de Lhuys non vi può più essere ombra di dubbio. E come mai per facilitare ai Francesi lo sgombro di Roma, che essi desiderano ci siamo noi nel progetto lasciati imporre condizioni durissime, garantir noi il potere temporale del Papa a Roma con tutte le difficoltà e pericoli che ne derivano massime can l'attuale frontiera, e cambiare fin d'ora la sede della capitale? Questa strana condiscendenza nel trattare mi riuscì tanto più strana che il Ministro Nigra an~he lui era persuaso che i Francesi desideravano lasciare Roma, e con\·enisse perciò lasciarsi da essi proporre condizioni a noi più conve:1ienti. Al Ministro Drouyn

de Lhuys estendendomi anche maggiormente che io non lo aveva fatto coll'Imperatore esposi le molte difficoltà che avressimo incontrato per l'esecuzione franca e sincera del l" articolo del progetto: che potevamo bensì impedire le bande di passare, ma che ci era impossibile impedire che passassero aUa spicciolata e che arrivate poi al di là della frontiera facilmente si sarebbero organizzate in modo da marciare su Roma, o di tenere la campagna contro le truppe Papaline qualunque fossero. E che cosa faremmo noi alla frontiera, chiesi al Drouyn de Lhuys come avevo chiesto all'Imperatore quando gl'Italiani si scannassero tra di loro negli Stati del Papa?

È impossibile che noi stessimo lì colle armi al braccio, testimoni indifferenti di una tal sventura. E qualora il Papa com'è molto probabile abbandonasse Roma non saressimo noi accusati di malafede o di negligenza?

Se queste mie osservazioni poco piacquero all'Imperatore che nulla mi rispose, ci hanno però giovato presso al suo Ministro, che mi ha detto e ripetuto, che da noi non si richiede l'impossibile, che quando noi impediamo le bande di passare se s'introducono alla spicciolata si formano ed attaccano le truppe Papaline noi non saremo per nulla risponsabili; e che qualora poi le truppe Papaline non fossero capaci di resistere, e che per questo o per altro il Pontefice abbandonasse Roma, ce serait une preuve que le bon Dieu n'en veut plus du Gouvernement temporel, et arrivera ce qui arrivera. Comunque preziosissima fosse per me questa dichiarazione del Ministro francese, non ho potuto a meno di osservargli come sarebbe doloroso per noi e poco conveniente alla Francia che dovessimo entrare a Roma, con, o dopo Garibaldi, e più doloroso ancora ,se si dovesse un'altra volta strappare dal Campidoglio la bandiera repubblicana. Anche questo mi sembra che abbia fatto una certa impressione sul Ministro Francese. Gli chiesi poi se non era a teroersi che il Papa appena partiti i Francesi ricorresse a qualche altra Potenza, soggiungendogli che non era questione dell'Austria, perché ero certo che la Francia non lo avrebbe permesso. -E qual'altra potenza può avere interesse ad aiutare il Papa? -mi disse il Ministro; rispondendo io che intendevo parlare della Spagna, soggiunsi senz'altro che il Governo Italiano non l'avrebbe tollerato. Al che Drouyn de Lhuys replicò ne vous en préoccupez pas car les Cortes ne le permettront jamais. Informato poi il Ministro, non so come, che si trattava della mia entrata al Ministero, mi fece le più -vive e gentili istanze perché accettassi andando fino a dirmi che ciò avrebbe fatto anche piacere all'Imperatore, che di roe non era stato contento il giorno prima. Je n'ai pas été content de La Marmora, il m'a fait plusieurs difficultés à mon projet, je le regrette etc. Non potei dire naturalmente al Ministro i motivi tutti per cui non intendo entrare al Ministero; riguardo alle difficoltà da me fatte all'Imperatore, risposi essere ne1la natura mia il farmi prima tutte le difficoltà, ma che grazie a Dio, quando nelle difficoltà poi mi trovavo impegnato, mi sgomentavo forse meno di tanti altri.

Sono rimasto ora convinto che al Governo Francese non interessa essenzialmente la conservazione del Papa a Roma ma che non gli si possa rimproverare di averlo tr<:>.dito ed abbandonato.

(1) Cfr. n. 145.

(1) Edito anche, con data errata 1° agosto, in MrNGHETTI. pp. 111-114 e in BASTG.:N. pp. 330-332.

154

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI

(AP; ed. in MINGHETTI, pp. 126-128)

L. P. Torino, 22 agosto 1864.

Ecco in breve lo stato delle cose. Il Re dissemi che, ripugnava ad accettare la dausola. Ac,cetta però i,l trattato anche nonostante la abbiezione La Marmora, e non ha pronunziato il rifiuto assoluto. Ma si poteva egli ragio

nevolmente disdire il tentativo di un temperamento? Toglier la clausola dissi parermi impossibile, differirla diffi.chl:~ssimo, rperché era contraa-Jo allo scopo che si proponevano. E se si trasportasse intanto il Parlamento? sarebbe un avviamento. Ti .r.tcordi che la prima volta era stato anche il tuo pe111Siero? Ora credo più difficile rimetterlo in campo, ma infine ripeto sarebbe stato ingiusto negare quest'ultimo tentativo. E ciò tanto più che essendo noi, come ti avrà detto Peruzzi, decisi di andarcene bisogna aver esaurito ogni prova. Non dimentichiamo mai che è il Re che ha fatto l'Italia e che la tiene unita. Ammesso dunque ciò, fu mia cura di mostrare al Re che, se voleva farsi il tentativo doveva esser personale, poiché il_ Ministero era impegnato in questo concetto. E il Re scrisse currenti calamo una lettera convenientissima, (1) nella quale il ne brule pas les vaisseaux, ma dice che se si potesse trovare una soluzione più facile, e ,che urtasse meno la suscettività delle antiche proV!incie ne sarebbe contento. La lettera comincia così: • Je croyais presque que Votre Majesté m'avait oublié et avec moi la cause italienne; ma1s ce que Pepoli m'a rapporté me prouve le contraire. Je lui en exprime toute ma reconnaissance, et je suis sùr que les Italiens, etc. •. C'è proprio l'impronta della sua personalità, e carattere. Venimmo poi al messo. Proposi te, Ma il Re mi disse allora avergli tu detto che l'idea era stata messa in campo da te pel primo, (si vede che ciò gli era fisso nella mente) e ne concluse che per questa parte tu non avresti avuto una posizione conveniente. Proposi Nigra; ma il Re che lo ha poco nel suo libro, me lo escluse subito. Allora io dovetti a mia volta studiarmi di indicare altri possibili. Finalmente mi disse: • Poiché Menabrea va a Chambéry a trovare sua madre che si è rotta un braccio mando lui; a ciò non mi opposi, tanto più che Menabrea è uomo sul quale si può fare assegnamento, una volta bene intesi prima. Solo dichiarai che non doveva metter bocca sul trattato, ma solo sulla ,clausola e come espressione dei sentimenti del Re ». Questi ne convenne subito, e fu allora che disse • Intendo che il trattato lo firmi Pepoli •. Il Re è pieno di speranza che si trovi un temperamento. Io ti confesso che ne dubito molto e quasi direi ne dispero. Menabrea sa tutto, ed è perfettamente d'accordo di non dividersi da noi nel rinunziare. Quanto al Re, io ,credo 'che se non si trova un temperamento, esiterà molto, non si rifiuterà. Tu mi scrivi per gli articoli dei giornali. Non preoccupartene.

L'idea è grandiosa e farà la sua strada; io non temo le prime calunnie, le prime ire, i primi sarcasmi; tutte le idee di tal fatta cominciano dall'essere disprezzate, ma finiscono per trionfare.

Ti ringrazio del segreto assoluto: è comune interesse, è doveroso verso il Re e la Patria. E stiamo saldi al motto fais ce que tu dois, advienne que pourra *. Nessuno sa nulla qui di Menabrea.

P. S. Leggi il Pungolo di Milano di ieri. Quello sì che mi fa non poco piacere perché batte a segno. Se tu hai relazioni con esso bisognerebbe farlo...* (2).

(1) -Cfr. n. 147. (2) -Parola illeggibile. Il brano tra asterischi non è edito in MINGHETTr.
155

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 40. Londra, 22 agosto 1864 (per. il 25).

Di ritorno in questo punto da Woburn Abbey, Castello del Duca di Bedford ove fui a passare due giorni presso il Conte Russell, mi reco a premura ài renderle conto dei colloquii, che ebbi con S. S. intorno alla questione delle conferenze del Libano e la nostra ammessione alle medesime, secondo quanto l'E. V. mi prescriveva col di Lei dispaccio 15 corrente Gabinetto (1), che regolarmente mi pervenne col suo annesso.

Appena me ne se presentò l'occasione io mi feci premura di esprimere al Nobile LOlr'd i ringll'aziamenti, che l'E.V. m'incaricava tributargli per 1'appoggio, che si era compiaciuto accordarci a Costantinopoli, e per gli ordini che aveva impartito in favor nostro a Sir H. Bulwer.

S. S. fu molto sensibile ad un tale atto di cortesia di V. E. e mi pregava di esternargliene la sua riconoscenza, ma fui però dolorosamente sorpreso nell'udire che, quantunque non avesse ancOTa ricevuta neslsuna risposta alle recenti comunicazioni che aveva fatto a Sir H. Bulwer nel senso della nostra partecipazione alle conferenze, pur tuttavia prevedeva delle nuove complicazioni, essendogli stato pochi istanti prima recato un dispaccio, in cui quest'ultimo mostrava essere le difficoltà tutt'altro che appianate. Aali Pascià continuava nella sua ostinazione a volerei escludere, ed il diplomatico Inglese esponeva come gli sembrasse pressoché impossibile di vincerla.

Lord Russell mi diceva sperare certamente che gli ultimi ordini da lui inviati a Sir Bwlwer fossero pe;r sortire un più favorevole r,isul,tamento, ma da un altro lato non illudersi sulla immensa difficoltà che vi era di superare l'opposizione dell'Austria.

Il suo rappresentante ha dichiarato nel modo più assoluto che non avrebbe assistito alle conferenze se il nostro Incaricato d'Affari vi veniva ammesso, ed il suo Governo poco curarsi di prender parte agli accordi per la regolarizzazione del Libano, ma lasciare alla Sublim~ Porta il pensare se le conveniva inimicarsi una possente vicina.

Aalì Pascià era dunque persuaso che l'Internunzio si sarebbe assolutamente astenuto dalle conferenze nel caso che noi vi fossimo invitati, e non poteva in nessuna guisa ammettere l'esistenza loro senza il Rappresentante Austriaco; su questo punto disgraziatamente pareva inaccessibile a qualunque specie di considerazioni.

Lord Russell era perciò d'opinione che le conferenze non avrebbero avuto luogo, e che invece si sarebbero fatti degli accordi privati colle varie Potenze.

Io cercai allora per quanto mi fu possibile, a termini del di Lei àispaccio 3 corrente al Conte Greppi (1), di provare a S. S. quanto fosse pericoloso per la S. Porta di cercare ad escludere una delle potenze garanti da quelle stipulazioni che riguardé<no la medesima, ed ebbi la soddisfazione di sentirmi

a ripetere da lui la promessa già fatta al Marchese d'Azeglio, di sostenere cioè le nostre ragioni perché non fossimo lasciati in disparte in una questione che interessa ad un tempo l'Europa e l'Impero Ottomano.

Non celai a Lord Russell che il nostro Incaricato d'Affari a Costantinopoli aveva avuto ordine di protestare energicamente contro ad ogni nostra esclusione dagli accordi anche ristretti, a cui la Porta sarebbe per addivenire con altre Potenze relativamente agli affari di Siria, essendo stati i nostri diritti in modo uguale a quelli deg1i altni regolati dal trattato del 1856.

Ma qui Lord Russell mi oppose che su di questo una nostra protesta non sarebbe stata sufficientemente fondata, rimontando la stipulazione degli accordi riguardanti il Libano ad un'epoca anteriore a quella del trattato del 1856. A queste parole non dissimulai al mio nobile interlocutore la penosa impressione che 1produceva sull'animo mio una tale obbiezJone, da parte sua soprattutto, dQIPo che non avevamo esitato a raggiungere le Potenze Occidentali sui campi deHa Crimea, ed a spargere il nostro sangue per guarentire l'integrità appunto del territorio ru quell'Impero, su di cui 1si cerca ora di negare il nostro diritto d'ingerenza; aggiunsi inoltre non potermi egli negare l'art. 7o del trattato di Parigi fosse applicato all'intero territorio della Sublime Porta e conseguentemente anche alle vertenze della Siria e che era ben ingiusto, che noi venissimo sagrificati agl'intrighi dell'Austria, la quale benché potenza limitrofa non aveva preso nessuna parte alla guerra che le Nazioni le più civili d'Europa avevano mosso alla Russia, onde salvare l'Impero Ottomano dalla rovina che lo minacciava. Stabilire poi un tale sistema d'esclusione, specialmente ammesso in principio, la più dannosa precedenza per la Turchia, aprendosi così in tal guisa nuovamente il campo all'immissione separata di alcune Potenze nell'amministrazione sua interna, circostanza questa, che costituirebbe per lei il massimo pericolo. Essersi appunto cercato di impedire il rinnovamento di un simile stato di cose mercé il trattato di 1-'arigi, e dopo di avere noi acquistato al costo dei più gravi sagrificii il diritto di assistervi, chi poteva negarci d'or innanzi la facoltà d'intervenire negli affari concernenti la Sublime Porta?

Siccome Lord Russell ad ogni istante nei suoi discorsi lasciava suo malgrado trasparire come, non ostante le nostre dichiarazioni, pur sempre dominasse in lui il timore che la nostra politica in Oriente fosse opposta agli interessi Inglesi, perché interamente modellata su quella della Francia, secondo lui fatale alla esistenza dell'Impero Ottomano, credetti allora non solo opportuno ma necessario di dargli lettura in disteso del dispaccio dall'E. V. diretto al Conte Greppi contenente le istruzioni riservate che Ella credeva di comunicargli circa il modo in cui si dovea regolare in questa quistione. Nel ciò fare io era ispirato da un duplice scopo. Primieramente di provare a Lord Russell come il Governo Italiano non si discostasse dall'Inghilterra nel proteggere gl'interessi dei Cristiani in Oriente, essendo al par di essa animata dal desiderio di vedere guarentita J.'.integrrità della Tuvchia.

In secondo luogo, di fargli vedere come l'Italia, sicura della giustezza dei

suoi diritti, non cercasse d'uniformare la sua condotta politica a questa piut

tosto che a quella potenza, ma seguisse solo nei suoi atti quei principii che

sono all'altezza di una nazione civile, conscia della sua dignità, e gelosa

del suo onore.

Mi lusingo d'avere così riuscito a dissipare i sospetti ingiusti di Lord Russell; ad ogni modo ei mi dié formale assicuranza di non abbandonarci alla influenza Austriaca e mi autorizzò a far parte di ciò all'E. V.

Lord Palmerston è assente da Londra, ma venendomi fatto di vederlo in questi giorni non mancherò, in eseguimento degl'ordini di V. E. d'intrattenerlo nello stesso senso.

(1) Non pubblicato.

156

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, STRAMBIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 10. Bucarest, 23 agosto 1864 (per. il 3 settembre).

Al principio di luglio p. p. giungeva in Bucarest il Conte Arturo Scherrthoss, emigrato ungarese, da molti anni stabilito a Parigi colla propria famiglia e fruente della protezione francese, venuto per diporto in Oriente (nel mentre la di lui moglie erasi recata in Ungheria per sistemare interessi comuni) e qui particolarmente per fare a questo Governo proposte d'imprestiti e dj altre operazioni finanziarie per conto della Banca Generale Svizzera.

Il Conte Scherrthoss trovandosi già in relazione con alcuni valachi, da esso conosciuti all'estero, non si tardò a sapere che il medesimo, che d'altronde non se ne infingeva, era in istretti rapporti col Generale Klapka ed aveva fatto con lui la guerra insurrezionale e quindi, specialmente dalle persone di Governo, si volle supporlo incaricato di missione od azione politicn in rapporto col movimento r<ivoluzionario che si ,credeva stessero p;reparando in paese parecchi capi venuti dal di fuori, alcuni dei quali, scoperti ed arrestati, avevano già cagionato un'31Pprensione esa1geJ:"atissima e SiPinto questo Governo a quella reazione che si fa ogni giorno più violenta e conseguita probabilmente non solo dalla paura e dal sentimento della propria debolezza, ma sì forse ancora da impegni stati assunti in Costantinopoli dal Principe Couza coll'Ambasciatore di una delle vicine Potenze od almeno dal desiderio di cimentare con fatti quella perfetta intelligenza che si è stabilita fra S.A. e l'E.S. con dimostrazioni, anche in seguito ripetute da una parte e dall'altra, di viva personale simpatia.

Ma il contegno del Conte Scherrthoss, che fu anche a me particolarmente raccomandato da amici miei, fu sì prudente, tanto moderato il suo linguaggio e riservate le relazioni, non ricercate, che contrasse con alcune persone le più distinte di questa città, che pareva che i sospetti fossero affatto cessati, specialmente dacchè io aveva avuto l'occasione di dare, sul conto del medesimo, le più complete e tranquillanti assicurazioni al Principe ed al suo primo Mi· nistro; anzi, e per l'assenza del mio collega di Francia, non mi ero rifiutato di presentarlo io stesso a questo ultimo che fece buon accoglimento alle ài lui proposizioni e lo interessò a far qui spedire al più presto l'agente speciale che il Conte annunziava sarebbe stato incaricato di negoziare e conchiudere l'imprestito, se in principio ammesso, non potendo egli più a lungo qui rimanere. In base a queste prime intelligenze vi fu scambio di telegrammi fra il Scherrthoss e la Banca Svizzera ed uno dei direttori di questa partì anzi per Parigi, onde ac,cordarsi col Credito mobiliare, allo 1:>copo di far in comune l'operazione, che qui avrebbe conchiuso certo Signor Morel, già conosciuto a questo Governo e la cui prossima partenza a questa volta veniva annunziata.

Approssimandosi per conseguenza il momento in cui il Conte Scherrthoss avrebbe lasciato questo paese per far ritorno in Francia, scrisse egli al Signor Cogalniciano per esprimergli il desiderio di poter avere l'onore, prima di partire, di presentare i suoi omaggi al Principe Regnante, accompagnando questa domanda con espressioni molto riverenti pel Principe ed il suo Governo.

Il Ministro non tardò a recarsi all'albergo del Signor Scherrthoss per fargli una visita personale e sapere in pa~ri tempo che S.A. l'avrebbe ricevuto con piacere l'indomani alle ore due.

Ampiamente soddisfacente fu l'accoglimento che il Principe fece al Conte, in udienza che durò quasi un'ora e mezza. Dimostrò S.A. di udire di buon animo l'espressione dei sentimenti del Generale Klapka ed altrettali ne esprimeva per lui e per i compatrioti suoi, a favore dei quali protestava di tutte le sue simpatie. Parlò quindi con espansione delle condizioni generali della politica, delle difficoltà della sua posizione, dei preparativi militari che faceva in vista di attese eventualità e delle sue disposizioni favorevoli alla causa dei popoli contro una Potenza nemica a tutti e che importava sommamente di distruggere; strinse infine la mano al Conte e lo invitò con istanza, dacchè il medesimo aveva annunziato che non sarebbe partito che fra una settimana, a fargli ancora una visita, dicendogli che l'avrebbe rivisto con molto piacere e più perfetto se pur io fossi andato con lui, nel corso della conversazione essendosi pur parlato di me e, da parte di S.A., in modo a far credere che più cordiali ed onorevoli non potessero essere le relazioni dell'Agente d'Italia col Principe di Rumenia.

Tre giorni dopo il Conte Scherrthoss riceveva all'albergo da un agente, in nome del Prefetto di Polizia, l'ordine verbale di partire dai Principati nel termine di 48 ore, quale ordine veniva il dì appresso rinnovato per iscritto, !§iusrta la domanda del Conte, con lettera del Prefetto di Polizia, in lingua valaca, dopo che il Signor Scherrthoss si fu invano rivolto a S.A. per esprimerle il suo sdegno e chiederle direttamente pronta soddisfazione dell'insulto che gli era stato fatto brutalmente e per abuso audace di potere, non avendo egli fornito neanco un'ombra di pretesto.

Nè si cercò di ottenere il preventivo assenso dell'Agenzia di Francia, nè a questa si pensò nemmeno di dar avviso della misura che era stata presa contro un suo protetto, munito di un passaporto stato rilasciato dall'autorità francese. L'allievo Console, Signor Boyard, Reggente l'Agenzia suddetta, cui il Scherrthoss s'è rivolto per chiedere l'appoggio della sua protezione legittima, intervenne, ma senza successo, sia per far rivocare la misura, sia almeno per ottenere una dilazione che gli desse tempo di prendere gli ordini del suo Governo.

Il Conte, che non era disposto ad accettare favori, partì nel termine prescritto, cioè il 16 corrente, per Costantinopoli onde ricondursi di là, per la via di Torino, a Parigi, dopo aver lasciato al Consolato di Francia una sua formale protesta.

Il Reggente l'Agenzia di Francia spedì rapporto di quanto successe a S.E.

il Signor Drouyn de Lhuys ed il Signor Scherrthoss, che era in massimo grado

sdegnato per l'ingiuria che gli fu fatta, mostravasi deciso a fare ogni passo

e trar partito delle alte ed estese sue relazioni perehè questo Governo venga

costretto a dargli conveniente soddisfazione dopo •Che l'avrà data al Governo

di Francia.

Questo avvenimento produsse molta impressione in paese, ma, debbo dirlo,

gradevole, specialmente ai miei colleghi. Sperasi così che venga reso manifesto

e notorio che il Principe Couza, nel·l'ebbrezza de' suoi successi e nella vertigine

del suo potere assoluto, non sia per rispettar più affatto, quando malamente

creda che ciò possa convenirgli, nè i diritti altrui conseguenti dai trattati e

dalle capitolazioni, nè i riguardi stessi dovuti ai Governi protettori ed ai loro

rappresentanti, siccome ora usò colla Francia stessa, che gli rese pur da poco

sì grande servizio. Sperasi conseguentemente che i Governi esteri ed or prima

ài ogni altro quello di Francia voiTanno provvedere perché si ponga freno

agli arbitri.

Io non ebbi ufficialmente ad intervenire, nè gli offesi personali riguardi a

me più particolarmente dovuti consentivanmi d'interpormi altramente.

Venne da me, in mia assenza, il Signor Baligot, Segretario del Principe, che andò pure al Consolato di Francia, allo scopo di dichiarare che S.A. ed i Ministri furono estranei ad una tale determinazione dovuta alla sola iniziativa e responsabilità del Prefetto di Polizia, cui si dovettero accordare ampie facoltà, che corrispondessero al dover suo di tutelare e garantire la sicurezza dei Principati. Dal canto suo il Prefetto di Polizia, Signor Marghiloman, deplorò al Consolato di Francia la misura che era stata presa e ch'egli disse aver dovuto eseguire per ordine espresso del Principe. Il Signor Cogalniciano poi si fè premura di venire da me per protestare di essersi opposto alla misura, stata ordinata quindi direttamente da S.A. per suggestione del Baligot, il quale eserciterebbe attualmente nell'anima del Principe la più perniciosa influenza, i Ministri essendosi ora anzi collegati per trovar modo di far allontanare un tal uomo.

Quindi menzogne e perfidie d'ogni parte.

Il Ministro protestommi pure essere lontano dal vero che le relazioni che il Signor Scherrthoss ebbe meco siano state contemplate, siccome perfino si disse, nella decisione stata presa contro il medesimo, sebbene piuttosto quelle che stabilì nel paese con persone appartenenti all'opposizione, quasichè attualmente ve ne esistestsero altre, all'infuori della cerchia degl'impiegati del Governo, e denunzie venute da Costantinopoli, ciò che io sono persuaso non esistere affatto, e deduzioni varie, alcune delle quali trovai le più ridicole, che avrebbero formato la convinzione della missione e dell'azione politica attribuita al Scherrthoss. Insomma niun fatto positivo che possa almeno attenuare l'odiosità e la brutalità della misura che è stata presa contro un personaggio onorevole che il Governo rumeno ha trattato come un vagabondo, violando il diritto delle capitolazioni, provocando una Potenza la cui alta influenza spiegossi in modo benefico per questo paese e facendo sfregio all'Agente di un'altra che, per quanto fu possibile, sempre si mostrò pure benevolo ed amico.

Dissi al Signor Presidente del Consiglio che questi sono atti di un Governo che impazza e vuoJe andaire a rovina.

157

IL MINISTRO DEI LAVORI PUBBLICI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(Ed. in MINGHETTI, pp. 129-132) (1)

L. P. Parigi, 23 agosto 1864.

In ampliazione del telegramma cifrato che vi spedisco, vi do alcuni ragguagli qui particolarizzati sulle mie operazioni diplomatiche. Giunto questa mattina, mi recai a colazione dal comm. Nigra che mi aveva gentilmente invitato. Egli mi diede un biglietto che portai immediatamente dopo al Pietri a Saint-Cloud onde avere udienza dall'Imperatore. S. M. mi ricevette immediatamente, e gli consegnai la lettera del Re (2).

L'Imperatore mi disse che si rendeva benissimo ragione delle difficoltà che incontrava il traslocamento immediato della capitale, e mi invitò ad esporre quali temperamenti si credeva di dover proporre. Io gli palesai che, quantunque si scorgessero i gravi inconvenienti che una tale misura improvvisa presentava, sia dal lato politico, sia dal lato amministrativo, atteso lo stato di trasformazione in cui siamo tuttora, per altro il ministero, convinto dal vantaggio immenso che recava all'Italia il ritiro delle truppe francesi dallo Stato pontificio, si era determinato a proporre a Sua Maestà l'adozione del trattato. Ma che però egli non poteva considerare che come sommamente giuste e ragionevoli le osservazioni fatte dal Re in proposito.

Se la condizione del trasporto della capitale non potevasi assolutamente abbandonare, vi erano tuttavia due mezzi di temperarne gli effetti. Il progetto di trattato stabilisce, che il tempo di due anni chiesti dal Governo francese pel r_itiro delle truppe non dovrebbe contare che dal giorno in cui sarebbe stato dichiarato il traslocamento della capitale, operazione la quale sarebbe da effettuarsi in sei mesi, giusta la proposta Pepoli. Io feci osservare all'Imperatore che questa ultima condizione era di esecuzione impossibile, della quale cosa egli mi sembrò convenisse.

In conseguenza io proposi, come temperamento, che al Governo italiano fosse Diservato un tempo di due anni per decretare quel traslocamento; che intanto il tempo utile per lo sgombro del territorio romano principiasse a partire dalla data del trattato, salvo a compierlo definitivamente, tosto che la decisione relativa al trasporto della capitale sarebbe col fatto resa irrevocabile. Così si avrebbero due anni per prepararsi a quel grande avvenimento, giusta l'idea espressa dal Re.

Questo sistema non sembrò disgradire all'Imperatore. Poi soggiunsi che un altro sistema potrebbe soddisfare a quanto desidera il Governo francese e nello stesso tempo evitare gl'inconvenienti del trasporto della capitale, mentre darebbe appagamento alle esigenze municipali delle varie provincie italiane; e questo consisterebbe nel rendere il Parlamento per così dire nomade, tra

sportandone la sede per ogni legislatura in una città diversa, rimanendo sempre Torino, per ora, centro degli affari.

A questo sistema l'Imperatore fece delle obiezioni, che io procurai di combattere, sia citando l'esempio dei Paesi Bassi quando ne faceva parte il Belgio, sia appoggiandomi a considerazione d'ordine costituzionale.

L'Imperatore mi disse: che, senza tener conto delle difficoltà di esecuzione, egli temeva che un tale ordinamento non sembrasse abbastanza stabile

• il faut que les amis, et les ennemis de l'unité d'Italie sachent q_ue désormais elle est dans une position stable ». Queste sono le sue parole, che provano che egli è veramente interessato

a che si consolidi il nuovo ordine di cose introdottosi in Italia.

Questo suo sentimento si desume anche da altre circostanze.

Credo altresì che egli desidera veramente lo sgombro di Roma, poichè ciò sarebbe il fatto principale che servirebbe di pegno all'alleanza inglese.

L'imperatore non volle darmi una risposta immediata; egli si riservò di parlarne coi Ministri; io gli dissi che aspettavo la sua risposta per portarla al Re. In conseguenza sono costretto a fermarmi alcuni giorni a Parigi. Se però questa si facesse troppo aspettare, potrei ritornarmene a Torino. Il Principe Umberto arriva sabato. L'Imperatore ha l'intenzione di condurlo seco al campo di Chàlons: partirebbe lunedì prossimo, l'Imperatore ritarderebbe così la sua partenza che era fissata per Domenica. Siccome sono q_ui incognito non andrò nemmeno a vedere il Principe Napoleone, che, da quanto mi disse Nigra, non è ancora informato di nulla, essendo Drouyn de Lhuys finora solo al corrente dell'affare. Nel treno che mi condusse a Parigi vi erano parecchi Ministri, Senatori e Deputati, ma essi non mi hanno riconosciuto.

P. S. -Non parlai delle altre questioni secondarie, che sono piuttosto di redazione, poichè mi sembra che si è d'accordo sul fondo. È necessario anzitutto di sciogliere la questione principale.

(1) -Ad eccezione del primo capoverso ed. anche in BASTGEN, pp. 336-337. (2) -Cfr. n. 147.
158

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI

T. 332. Torino, 24 agosto 1864, ore 8,50.

Payez immécliatement au 1comte Schertoss qui doit partir aujourd'hui pax Messageries Impériales 1000 francs, qui lseront ioi remi:s à votre ptère. Le comte Schertcss S:è trouve à l'Hotel Missiri.

159

IL MINISTRO RESIDENTE A COPENAGHEN, DORIA,

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 796. Copenaghen, 25 agosto 1864, ore 6,40 (per. ore 14,15).

Le prince royal qui a été extrèmement bien relçu part demain matin directement pour la France (1).

(1) Non si pubblica un rapporto dello stesso giorno con particolari circa la visita a Copenaghen del principe Umberto.

160

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI

D. s. N. Torino, 25 agosto 1864.

Par Votre dépeche confidentielle du 10 de ce mois (1) Vous m'avez rendu

compte des entretiens que vous veniez d'avoir avec S.A. Aali Pacha au sujet

de l'admission du représentant d'Italie dans les conférences relatives au Liban.

En meme temps vous m'avez communiqué copie de la réponse de S.A.

aux communications que d'après les instructions de Son Gouvernement, S.E.

l'Ambassadeur de S.M. Britannique avait adressées à la Sublime Porte pour

appuyer notre demande. Vous sentirez M. le Comte combien j'ai du etre péni

blement surpris des fins de non recevoir que le Gouvernement Impérial oppose

à l'exercice d'un droit que son évidence devrait mettre à l'abri de toute con

testation.

Si jamais nous pouvions nous attendre à quelque résistance ce n'est certes

pas au nom des stipulations internationales dont le sens est trop clair pour etre

méconnu de la part d'une Puissance amie et qui a le plus grand ·intéret à ne

pas affaiblir les garanties que lui assure le concert Européen tel qu'il est établi

par le droit public en vigueur.

En effet pour écarter notre coopération dans les affaires du Liban S.A. Aali Pacha est forcé de donner au traité de Paris une interprétation qu'il ne comporte pas et qui, si elle était admise, pourrait rendre bientòt illusoires les dispositions tutelaires qui en forment le principal objet.

Dans l'opinion de S.A., si j'ai bien saisi sa pensée, le traité de Paris aurait expressément désigné les questions dont les puissances signataires de cet acte sont appelées à connaitre. Ainsi la question de Syrie et du Liban n'étant pas indiquée elle entrerait dans le cercle de ces affaires intérieures qu'une des clauses du traité a formellement soustraites à l'ingérence soit particulière soit collective des Puissances. Et comme en présence de cette théorie le fait meme d'une conférence ou d'accord entre quelques Puissances deviendrait inexplicable, le Cabinet Impérial attribue sa seule raison d'etre à des circonstances exceptionnelles, c'est à dire à des droits résultants de stipulations antérieures au traité de Paris.

Je regrette M. le Comte devoir relever ancore une fois les défauts et les inconvénients de pareiHe manière de voir. Il suffit de lire sailis prévention l'article 7 du traité de Paris et de se rappeler les événements et les motifs qui en ont annoncé la stipulation pour y trouver réfutation complète du système que la Sublime Porte tendrait à faire prévaloir. Il est manifeste que loin de tracer des limites trop étroits au concert Européen dont la participation et les avantages sont garantis à la Turquie les Hautes Parties contractantes en posant comme but de ce concert, comme base de leurs droits et de leurs devo,il('s le principe de l'indépendance et de l'intégrité teiritoria,le de l'Empire Ottoman reconnaissent la nécessité de s'occuper en commun avec la Porte de toute

question qui affecterait ,le maintden de ce \l)trincipe or pour nier ce carac,tère

d'intéret général à la question du Liban, pour ,la réduire aux simples propor

tions d'une affaire d'administration intérieure il faudrait effacer l'histoire de

oes derniers temps, il faudrait oublier les complications et les périls qui en deux

dates diverses mais très rapprochées ont compromis la sécurité de la Turquie

et alarmé l'Europe. Si antérieurement au traité de Paris les Grandes Puissan

ces s'étaient entendues pour régler les affaires du Liban c'est précisement à

cause de l'intéret européen qu'elles présentaient et à cause des dangers qu'en

pouvaient surgir pour l'intégrité et pour l'indépendance de l'Empire Ottoman.

Ce n'est donc pas uniquement et •PJèincipalement en vertu d'acco!'lds précédenrts

que quelques Gouvernements sont appelés à prendre part aux règlements du

Liban mais bien comme représentants du concert Européen que le traité de

Paris a complété en y admettant non seulement les Grandes Puissances mais

aussi et avec une entière égalité de devoirs et de droits les Pu~ssances qui après

avoir concouru à la défense du territoire Ottoman assumaient l'obligation de

veiller à l'intégrité et à l'indépendance de l'Empire.

Cette conclusion est la seule qui ne répugne pas au bon droit et à la logi

que, et l'appui que l'Angleterre et la France ont accordé à nos réclamations

avec une loyauté qui les honore est une preuve éclatante de la justesse de ces

raisonnements.

Mais S.A. Aali Pacha semble craindre qu'en introduisant un élément nou

veau dans la discussion d'arrangements aux quels noUIS sommes demeurés étran

gers on pourrait peut-etre 'courir le risque de troubler la marche dels délibérations

qu'il y aurait lieu d'adopter. Nous aimons trop à rendre hommage à la perspi

cacité et à la droiture de Son Altesse pour ne pas étre [Jer:suadés que quelques

instants de réflexion ne suffisent pour dissiper des doutes que rien dans notre

conduite ne saurait autoriser, et qui feraient un tort gratuit à notre intelligence

et à notre modération.

Si, par des circonstances indépendantes de notre volonté et contre lesquel

1es nous avons réclamé, nous n'avons pas p11is part dans 1a question du Liban

aux délibérations précédentes des Puissances signataires du traité de Paris nous

n'en avons pas moins suivi avec tout l'intéret qu'elle mérite les phases de cette

affaire, et l'expérience du passé peut nous mettre à méme de preter aux tra

vaux de la Conférence un concours d'autant plus utile que notre opinion est

plus libre, et que pour conséquent nous ne pouvons avoir d'autre désir que

d'aider à concilier les divergences qui pourraient se produire.

II est M. le Comte une dernière observation que je ne saurais passer sous

silence.

En reconnaissant peut-étre qu'aucune objection de principe ne pourrait infir

mer notre droit S.A. Aali Pacha se préoccupe de l'intention qui lui avait été

manifestée par la Représentanf de quelque Puissance de ne pas assister à la

Conférence danis le cas où le représentant de ntaUe y serait adm.is.

Nous avons peine à croire qu'une puissance quelquonque veuille renoncer

à l'exercice de ses droits plutòt que de faire tréve à des susceptibilités qu'une

juste appréciation des circonstances doit condamner.

Mais en tout cas, et vous l'avez déjà remarqué avec raison, la Conférence ·étant ouverte à toutes les Puissances signataires du Traité de Paris, la Sublime Porte ne saurait etre aucunement responsable de l'abstention volontaire de quelqu'une d'entre elles, tandis que nous serions certainement fondés à la rendre responsable d'un refus qu'elle ne peut nous opposer sans violer notre droit.

J'ose me flatter, que ces réflexions sur lesquelles je vous recommande d'ap[peler l'attentlion :}a pJus sérieuse de S.A. parviendront encore à modlifier les décisions qu'elle vous a annoncées.

Mais si ·cet espoir était déçu vous dev~riez suivre, en protestant :l.es illiStructions que je vous ai transmises. Je vous autorise, si vous le jugez convenable à donner lecture de cette dépeche à S.A.

(1) Non pubblicato, ma cfr. n. 109.

161

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Bologna, 25 agosto 1864.

Ringrazio Minghetti delle notizie datemi, e godo del probabile successo ottenuto dal Re e da Menabrea: se mai vi fu ragione di essere lieto di essermi ingannato è cotesta. Io intanto avevo pensato al modo di appagare il Re e forse l'avrei trovato.

Trasportare a Napoli la capita.Je, lasciare il Palflamento a Torino: così il Re avrebbe potuto dimorarvi nove mesi dell'anno e si sarebbe mantenuta la clausola secreta del trattato.

In ogni modo applaudo sinceramente al risultato ottenuto o probabile molto.

Ti mando la domanda del congedo che mi farai ti prego subito regolarizzare.

Sarò grato a te e a Minghetti se vorrete continuarmi a tenere informato.

162

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Londra, 25 agosto 1864.

Dal mio ultimo dllispaccio confidenziale (1) V. E. avrà veduto qual sia stato il risultato del mio soggiorno a Woburne Abbey, e valendomi ora della maggior libertà che mi offre una comunicazione particolare, mi pregio di farLe conoscere che non ho perduto la più piccola occasione per esporre a Lord Russell di quanta importanza fosse per l'influenza inglese in Italia, il non abbandonarci nella presente questione degli accordi per gli affari del Libano. Sapendo ciò che S.S. aveva detto al Marchese d'Azeglio pochi giorni prima a questo riguardo, rimasi sorpreso di trovare in lui, se non una spiegata resistenza ad

assecondar'Ci, certamente una evidente rHuttanza che tradivasi in ogni più piccolo suo atto. Grazie senza dubbio a recenti informazioni che aveva appunto allora ricevute da Sir H. Bulwer, una tale sfiducia sulla nostra politica in Oriente, soprattutto dopo alle reiterate nostre dichiarazioni, mi colpì talmente che, senza averne avuta dalla S.V. l'autorizzazione, credetti però di dover prendere sopra la mia responsabilità di dargli lettura del dispaccio da Lei rivolto al Conte Greppi, in cui, senza ambagi e dissimulazioni, è tracciata al nostro Rappresentante a Costantinopoli la condotta che deve tenere. Io sono in massima d'avviso che quando comune è lo scopo, non si può usare politica migliore della franchezza, e mettendo in pratica un tal principio, diedi prova a Lord Russell di quanto ingiusti e infondati fossero i suoi sospetti, o per meglio dire le insinuazioni di Sir Henry Bulwer.

Un sentimento poi oltremodo penoso io provava quando, come già ebbi l'onore di scrivere alla S.V., Lord Russell mi diceva che non avevamo diritto alcuno di protestare contro alla nostra esclusione da quegli accordi che si prenderebbero pel Libano.

Allora, quasi a rischio di farmi accusare di soverchio ardire, io chiedeva con qualche vivacità a S.S. a che cosa secondo lui, anche tacendo di qualunque altra considerazione, avrebbe servito il sangue da noi sparso in Crimea e la nostra partecipazione al Trattato di Parigi. Credo sia stata una circostanza as,sai favorevole, che mi si sia presentata quella opportunità di poter avvicinare il Primo Segretario di Stato per gli Affari Esteri nell'intimità della vita privata, per avere campo così di dirgli quelle verità cui non è sempre agevole esternare in un'udienza ufficiale, ed essere quindi in grado di dissipare la cattiva impressione che le ultime comunicazioni di Sir H. Bulver avevano evidentemente prodotto sull'animo suo.

Lord Palmerston è tuttora assente di Londra ed è andato, come Lei avrà veduto dai giornali, a fare una visita ai suoi elettori. Il suo Segretario particolare, ad un tempo suo nipote, è però aspettato quest'oggi. Egli è un giovane d'ingegno, con il quale son legato in amicizia, e comincerò a trattare la questione con lui.

Lord Russell nei giorni che passai a Woburn, m'intrattenne frequentemente delle varie questioni che interessano il nostro paese, e continuamente, come già notai nel mio dispaccio, in tutte le sue parole traspariva, suo malgrado, il sospetto che, massime per ciò che ha tratto alla questione d'Oriente, noi andassimo sempre a rimorchio della Francia, e su questo punto sostenni con

S.S. una discussione vivissima.

Sulla questione Italiana in generale poi, Lord Russell si esprimeva con molta simpatia, ma anche qui l'incubo dell'influenza francese vi faceva di tanto in tanto la sua apparizione, ed a questo riguardo, le mie parole non potendo avere quell'importanza che avrebbero avuto in bocca al Rappresentante ufficiale del Re, mi è stato lecito di ragionare più liberamente dei veri sentimenti che animano il paese dal Primo Ministro all'ultimo cittadino, mostrando da quante difficoltà e pericoli fossimo circondati, e ciò non ostante quanti progressi avessimo compiuti nel breve giro di pochi anni.

Relativamente agli affari di Roma, S.S., non vedendo per ora l'opportunità dì scioglierli, era d'avviso si dovesse trasportare la capitale a Firenze. lV!a

sulla mia osservazione, si convinse però della cattiva impressione che una tale misura produrrebbe nel paese, potendo questo far nascere il tin:ore che, pel momento almeno, si rinunziasse a tentare di realizzare il più ardente voto di ogni Italiano, di stabilire cioè la sede governativa nell'antica e gloriosa Eterna Città, sola nostra capitale possibile. Riassumendo infine i miei discorsi, io terminava col dire che speravo non essere lontano il giorno in cui, ottenuto il conseguimento dei nostri voti e diventati forti e potenti, potessimo non già far nascere il sospetto all'Inghilterra di parteggiare per una politica qualunque in ostilità con essa, ma ispirare al contrario una tale fiducia, da essere un elemento di conciliazione tra quei due principii disgraziatamente così spesso in opposizione rappresentati dalla Francia e dalla Gran Bretagna.

Ritornato a Londra, quantunque già verbalmente ne avessi fatto parte a Lord Russell, credetti tuttavia conveniente di comunicargli ufficialmente che il Principe Umberto, a cagione di impegni presi con sua sorella la Principessa Clotilde, non poteva anticipare la sua venuta più di quanto aveva stabilito, ed esprimere io perciò fin d'ora a nome di S.A. tutto il dispiacere che avrebbe provato se questa cireostanza fosse per impedirgH di vedere S. M. la Regina ed il Principe di Galles, che sarebbe stato ansiosissimo di poter entrambi ossequiare.

A taluni potrà parer strano che la Regina non sia per ricevere il Principe Umberto a Balmoral, ma la vera ragione ne è la seguente.

Questo castello è dei più ristretti, e S.M. ha l'abitudine di vivervi in modo affatto privato, circondata appena dei Membri più prossimi della Sua famiglia. Finora essa non vi ha mai ricevuto nessun Principe straniero, e non vorrebbe stabilire un precedente che sarebbe per riuscirle di grave incomodo per l'avvenire. Inoltre, stante la distanza considerevole a cui trovasi Balmoral, S.M. non potrebbe accordare una semplice udienza al Principe Umberto, ma dovrebbe invece offrirgli l'ospitalità, insieme al suo seguito, cosa che non potrebbe fare convenientemente a motivo della ristrettezza e del carattere del tutto privato di quella residenza. Ho saputo quest'oggi che il Principe e la Principessa di Galles non limiteranno il loro viaggio alla sola Danimarca, ma andranno anche a Stoccolma, Pietroburgo, Vienna, Berlino e forse Parigi. Lord Russell era ostilissimo a questo progetto di voler visitare le due capitali germaniche, ma essendovisi il Principe ostinato, il Segretario di Stato per gli Esteri dovette allora pregarlo di estendere il suo viaggio alle città principali del continente, onde diminuirne l'importanza. Questa risoluzione di S.A. comparisce agli occhi di tutti come la cosa la più inopportuna. Il Principe conduce seco un numerosissimo seguito, composto delle persone le più ragguardevoli della sua Corte.

Prima di por termine a questa mia ormai prolungata corrispondenza, m'incorre l'obbligo di rettificare un'inesattezza nella quale sono caduto in una delle precedenti mie lettere. Per un errore, della pe~sona che me ne informava, io nominavo alla S.V. il Signor Gingo, come il Rappresentante del Messico che da Parigi doveva recarsi a Torino ad annunziare l'avvenimento al Trono dell'Imperatore Massimiliano, mentre avrei dovuto dire Hidalgo. Nel chiederLe scusa, Signor Cavaliere, per questo involontario equivoco di nome, posso ora comunicarLe alcuni cenni che mi furono riferiti su questo signore.

Esso pare non goda un'ottima fama nel suo paese, e vi è tenuto principalmente in conto d'intrigante. Lasciò da lungo tempo il Messico e visse per molti anni in !spagna, dove divenne l'amante della Duchessa d'Alba, la quale morendo lo raccomandò alla sua sorella l'Imperatrice Eugenia. Sarebbe solo mercè l'intervenzione di quest'ultima che egli avrebbe ottenuto di essere nominato a r31Ppresentare ilnuovo LmjperatOJ."e a Par1gi. Intorno a tale a11gomento, sono ino~tre in grado di annunziarLe che la Francia lavora possentemente per che 1'Inghilterra non s'astenga più a ll.ungo dal riconoscerlo. Lord RUISseLl mi disse che molto probabilmente la questione sarà di nuovo agitata al ritorno della Regina da Balmoral. Ove venisse sciolta favorevolmente il diplomatico che verrebbe mandato al Messico. riceverebbe il grado d'Inviato Straordinario.

Le notizie politiche del resto scarseggiano grandemente. Lord Palmerston dichiara a tutti che il miglior modo nelle circostanze attuall.i di govertnru'e il paese è di • Let things alone • all'interno come all'estero e per ora il solo interesse pare essere concentrato nello studiare i mezzi di prevenire il rinnovamento degli scandali, che recentemente disonoravano l'Irlanda e le sue autorità.

(1) Cfr. n. 155.

163

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI

D. 13. Torino, 26 agosto 1864.

Fu riferito al R. Ministero dell'Interno che in Londra, via Piccadilly 113, havvi un Comitato borbonico clericale, presieduto da certo Marchese Fortunato, e di cui fanno parte un tal Antonio Golifi, Siciliano, un nipote del Principe di Castelcicala, ed altri emigrati legittimisti. Questo Comitato riceverebbe direttamente gili ordiru da Roma e sarebbe in cOITispondenza col Cardinale Wiseman, e coll'Ambasciatore Austriaco. Si aggiunge che in questo momento esso si stia occupando di un prestito per ingente somma a favore del Borbone, ed emetta intanto dei boni di 100 Franchi, di quelli rimasti invenàuti del debito contratto dall'ex Re Francesco a Gaeta. Preparerebbe inoltre spedizioni di briganti che partirebbero alla spicciolata dall'Inghilterra e da Malta, e sarebbero diretti a Porto d'Anzio. Siffatte incumbenze sarebbero affidate dal Comitato ad uno spagnuolo, conosciuto sotto varii nomi, tra cui quello di Alvarez di Rosa, che per espressa autorizzazione del Governo Pontificio rilascia brevetti di ufficiali e dirige le spedizioni specialmente di Irlandesi. Nella prima settimana di agosto sarebbero giunti a Londra per porsi in comunicazione con quel Comitato un capo brigante, certo Tortora, nipote dell'Arciprete di Ripacandida, e sarebbero pure da Malta venuti cinque o sei briganti Siciliani, tra cui certi Di Stefano, Salviati, Scaramuzza, Pailla ed altri, i quali però ripartirono tosto per Marsiglia, di là forse per Roma, ove si troverebbe di presente l'Alvarez di Rosa.

La prego, Signor Conte, di ricercare quanto vi sia di vero nei fatti suaccennati, e segnatamente fino a qual punto siano esatte le indicazioni relative a persone, che le ho riportate quali furono esposte al R. Ministero dell'Interno.

164

IL MINISTRO DEI LAVORI PUBBLICI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(Ed. in MINGHETTI, pp. 132-135 e in BASTGEN, pp. 337-339)

L. P. Parigi, 26 agosto 1864.

Come ve lo dissi col mio telegramma di quest'oggi, è impossibile di conservare l'incognito a Parigi, a tal segno che il giorno stesso del mio arrivo due sollecitatm·i seppero scoprirmi al mio albergo. Ciò essendo, mi sembrava sconveniente assai di non andare dal Principe Napoleone, e non avrei potuto astenermi dal vedere il Principe Umberto che arriva domani; in vista di queste considerazioni, e preso l'avviso del Nigra, mi recai quest'oggi dal Principe l\i-apoleone, persuaso che egli nulla sapesse dei nostri affari. Quando mi presentai a lui dicendo che io ero venuto a Parigi per diporto, egli rispose: et pour d'autres afjaires très sérieuses; e quindi, senza lasciarmi nulla aggiungere, egli entrò in minuti particolari sulla questione, e dal suo discorso mi accorsi che egli era stato informato di tutto dal Pepoli e posteriormente da La Marmora. Esso sapeva che il Re faceva qualche resistenza, ed allora mi soggiunse:

• si vous croyez obtenix quelque chose de plus de l'E:tnjpereur, vous vouls trompez; le premier mouvement de l'Empereur est toujours le plus large et le plus généreux; si on lui donne le temps de la réfiexion, il trouve des inconvénients là où auparavant il n'en avait pas aperçu. Méfiez vous des retards, et surtout des gens qui l'entourent aujourd'hui. Ils ne savent rien, mais lè jour où il soupçonneront quelque chose ils feront le possible pour paralyser cette affaire. Le mot de changement de capitale qui effraye tant le Roi n'a pas toute la portée qu'il croit. A peine le traité sera-t-il connu, que le trouble se mettra dans la Cour de Rome, et bien des événements que vous ne prévoyez pas se dérouleront avec une célérité inattendue. Ne perdez donc pas de temps à négocier, hàtez la solution de cette affaire, et surtout que le Roi ne soit pas compromis dans sa popularité, et qu'on ne puisse pas dire qu'il a abandonnée la question de Rome pour TUJrin. D'ailleurs il y a rrumière et manière de transporter une capitale. Vous laisserez les administrations a Turin: il suffit que le Roi, le Parlement, et les Ministres soyent dans la ville que vous désignerez pour la capitale. L'évacuation de Rome serait accueillie avec grande faveur par toute la partie libérale de la France; surtout en Angleterre, cette question résolue suffirait à elle seule pour rétablir l'alliance anglaise en présence de l'union des Puissances du nord. Toutefois, malgré l'intérèt qu'a la France dans cette affaire, ne croyez pas pouvoir vous en prévaloir pour agir sur l'Empereur dont les calculs sont faits, et qui difficilement élargira davantage •.

In somma il Principe considerava il trattato Pepoli come tutto ciò che si può ottenere, ed egli non vorrebbe che si lasciasse sfuggire questa occasione, salvo poi ad interpretare il modo di trasportare la capitale; egli soggiungeva ancora: • il y aura une telle révolution dans le Gouvernement romain par suite de la seule connaissance du traité, avant meme sa mise en exécution, qu'on ne pourra songer de sitòt à quitter Turin».

Naturalmente mi sono tenuto sulla riserva quanto ho potuto, protestando però che, ad ogni modo, non avremmo mai lasciato compromettere la popolarità del Re. Il Principe mi domandò se il Principe Umberto era informato della cosa; io gli risposi che non lo credevo.

Ho tenuto ad informarvi di questa conversazione molto importante, nella quale il Principe ha cercato di farmi conoscere esattamente lo stato delle cose e delle varie influenze a Parigi. Intanto io aspetto la risposta dell'Imperatore: probabilmente non l'avrò prima di posdomani lunedì a mezzogiorno. Egli parte per Chalons col Principe Umberto. Come ve lo dissi è stato indisposto a letto, ma non pare abbia avuto nulla di serio. Osservai che nel suo gabinetto vi era gran fuoco acceso, prova che non si sentiva bene. Domattina molte persone andranno a ricevere il nostro Principe al débaTcadère, ed io non posso dispensarmi di essere del numero.

165

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI

(AP)

L. P. Torino, 27 agosto 1864.

Ho ricevuto ieri la tua lettera (1). Ti rallegri del successo di Menabrea. Veramente le cose non sono così innanzi da fare più o meno lieti pronostici. Menabrea vide l'Imperatore, che lo accolse assai cortesemente, che non disconobbe le difficoltà grandi della progettata misura, che non si rifiutò recisamente a esaminare i possibili temperamenti, ma che, in fine de' conti, non fece altro che rispondere che avrebbe considerata la proposta e fatta avere una risposta. Questa risposta finora non giunse. Ieri l'altro l'Imperatore era indisposto e a letto, cagione forse del ritardo. Come vedi, siamo nel limbo. Non so se tu abbia qualche informazione particolare da Parigi, che ti permetta di credere probabile l'adesione dell'Imperatore a un sistema di temperamenti. Lo spero, perché ogni temperamento nel senso indicato non può essere che una preparazione morale pel sistema compiuto.

166

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 64. Parigi, 27 agosto 1864 (per. il 29).

Come già ebbi l'onore di :mnunziare all'E.V. per telegrafo, S.A.R. il Principe Umberto giunse questa mattina in Parigi aJ.le ore dieci e un quarto (2), dopo

un felicissimo viaggio. Io mi era recato ad incontrare S.A. alla frontiera belga.

Alla stazione di Parigi aspettavano il Principe di Piemonte le LL.AA.II. il Prin

cipe Napoleone e la Principessa Maria Clotilde, il Generale Mollard, Ajutante

di campo dell'Imperatore, il Principe Poniatowski, Scudiere, il Visconte di

Paiva, Ministro di S.M. Fedelissima, ed i componenti tutti questa R. Lega

zione. S.E. il Conte Sclopis ed il Conte Menabrea, qui di passaggio, erano pure

presenti all'arrivo di S.A.

Il PrinciJpe fu condotto dalle LL.AA.H. al Palazro Reale, e poco tempo dopo si recò al castello di St. Cloud a fare visita alle LL.MM. l'Imperatore e l'Imperatrice.

(1) -Cfr. n. 161. (2) -Le accoglienze fatte a Parigi al principe Umberto furono estremamente cordiali. Egli fu a pranzo a St. Cloud il 28 agosto e parti il 30 con l'Imperatore e il Principe Napoleone per il camno di Chalons da cui ritornò il 3 settembre. Partì dalla Francia il 9 con lo yacht del Principe Napoleone.
167

GYORGY KOMAROMY E IL CONTE CSAKY AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

Torino, 27 agosto 1864.

Le Comité Hongrois est convaincu de pouvoir faire éclater mème au mois de Novembre prochain une insurrection sérieuse en Hongrie et en Transylvanie, si les armes et l'argent nécessaires seront mis à temps à sa disposition.

Concernant les armes le Comité a besoin au moins:

l o Outre les 3.000 fusils arrivés déjà 3000 autres qui devraient etre expédiés par l'entremise du Général Eber de l'Angleterre dans les Principautés;

4.000 fusils aux embouchures du Danube.

2" 10.000 fusils en Serbie à mettre par le Prince Miche! à la disposition du Comité Hongrois.

3° Démarche du Gouvernement Italien auprès du Prince Couza.

Concernant les fonds le Comité croit avoir besoin au moins:

l" 500.000 fr. pour les premiers préparatifs au commencement de Septembre.

2" 2.000.000 fr. successivement avant le commencement de l'insurrection.

3" 500.000 fr. pour l'expédition en Croatie, Esclavonie, Dalmatie.

Les garanties pour l'aven1r demandées par le Comité sont:

l" Tout en restant juge de l'opportunité de déclarer la guerre à l'Autriche, le Gouvernement Italien la guerre une fois éclatée reconnaitra l'indépendance de la Hongrie et le Gouvernement provisoire (1).

Venosta.

2" Le Gouvernement Italien o.pérera un débarquement sur les còtes de la Dalmatie.

3" Le Gouvernement Italien garantira au Gouvernement provisoire un emprunt national de 50 millions florins.

(1) Come risulta da un appunto conservato in ASME, Carteggio confidenziale e riservato, busta 215, questo capoverso fu redatto nella presente forma dietro suggerimento di Visconti

168

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MlNGHE'ITI

(AVV) (1)

L. P. Bologna, 27 agosto 1864.

Incomincio a ringraziarti della premura con cui mi tieni ragguagliato di quanto succede a Parigi: tu puoi credere se io abbia l'animo agitato perché si tratta della sorte d'Italia. Io però spero assai: lettere che ricevo da Parigi mi avvisano che il Governo Imperiale è irritato contro Roma per l'affare Coen: pure questa irritazione varrà ad otteneroi patti migliori: forse abbrevierà il tempo della occupazione francese, forse farà sì che il Re otterrà, se non tutto, almeno parte del suo intento.

Ma qualora però, contro ogni mio desiderio, l'Imperatore non aderisse al desi.derio del Re, prima che questi risponda il no fatale, desidero vederlo e parlargli di nuovo, e credo che farete ottima cosa a fargli avere un colloquio con Cialdini: questi è disposto, a quanto mi disse, d'affermargli senza reticenze la necessità di mutare capitale, e mostrargli che non è possibile fare una politica audace contro l'Austria senza farla precedere da quella misura.

Io credo che il buon senso delle antiche Provincie, se la questione diventa militare, si piegherà ad una misura adottata nell'interesse del paese intero.

E a proposito di Cialdini ti dirò che egli è sdegnatissimo contro la Rovere, che gli inviò, a proposito di un tiro di pistola a Ferrara, una rimostranza scortese.

Egli mi disse che, se la Rovere continuerà ad essere Ministro, sarà costretto a rassegnare le sue dimissioni.

Ma sopra Cialdini parleremo più a lungo, e credo che, se succede un grande mutamento o si adotti qualche grande misura, potete fare grande assegnamento sopra di lui.

Ti farò ridere mostrandoti alcune lettere di Torino. Mi scrivono che sei morto e si meravigliano che il puzzo non giunga fino a Bologna. Io però non sento venire da Torino altra fragranza 'che quella delle rose d'Imene. Tua madre fu malata: ora sta meglio. Fui a trovarla e vidi l'Alma pienamente rassicurata.

Ti prego continua a telegrafarmi. Per verità il tempo non mi parve mai così lungo. Ringrazia Emilio del congedo.

(1) La minuta è in AP.

169

IL GENERALE CIALDINI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(Ed. in MINGHETTI, pp. 149-156)

L. P. Bologna, 27 agosto 1864.

All'onore che V. E. mi fece chiedendo il parer mio intorno al miglior sistema da adottarsi per la difesa dello Stato, risponderò schiettamente, come ho costume, come m'impone il dovere di cittadino, di soldato e d'amico.

Noi abbiamo un nemico permanente stabilito nel cuore del nostro paese, ed assiso in una delle più formidabili posizioni militari che si conoscano. Non v'è tregua, non v'è transazione con lui, finché abbia piede in Italia. Egli è possente per copia di eserciti, per forte organizzazione, per tradizioni antichissime.

Noi abbiamo un'alleanza eventuale, transitoria, perché dovuta alla pol,itica personale d'un grande uomo, che può sparire un giorno o l'altro dalla scena del mondo. Ma egli, cadendo o morendo, lascierà i soldati francesi sul Moncenisio; alla Turbia. a Sospello, a Saorgio, che noi perdemmo con la cessione di Nizza e Savoia.

Quindi un nemico in casa, ed un amico (che può domani mutar natura) pronto ad entrarvi. Noi abbiamo uno stato in fusione, le di cui varie parti, per assimilarsi, richiEdono una forza di adesione, che finora non riuscimmo a sviluppare. Noi abbiamo il tesoro esausto, il credito stanco, mal accolte le imposte create per ripararvi, dubbio il loro risultato.

Noi abbiamo la sfiducia nel presente e l'inquietudine dell'avvenire che guadagnano le masse, predisposte così ad essere più facilmente sedotte dai nemici del Governo. Aggiungasi a ciò l'impazienza, più o meno sincera, del partito avanzato, che tenta di spingere innanzi il Governo o di precorrerlo. Aggiungasi una necessità fatale, irresistibile, che prescrive al Governo di andar oltre o di lasciarsi precedere. Aggiungasi la coalizione di tutti gl'interessi lesi, che aspira al ritorno del passato.

Tali condizioni di cose devono, tal'di o tosto, produrre la guerra, od !iniziata da noi per convenienza o pressione di circostanze politiche, oppure fatta a noi dalla rivoluzione o dalla restaurazione.

Chiudere gli occhi al pericolo ed attenderlo spensieratamente non è da saggio. Rimanerne sbigottiti e neghittosi è da codardo. Gli uomini di mente e di cuore devono con tranquillo sguardo misurare la prossimità e l'estensione del pericolo, pensare ai mezzi di riparo ed additarli.

Ed a chi fu posto dal destino nella più alta sfera della militare gerar·chia, a chi vive per ragioni d'ufficio sotto il peso di tremende responsabllltà, meglio che ad altri incombe di calcolare la gravità delle attuali circostanze e di cor:.sigliare il modo di sfuggire ai pericoli che sovrastano, per quanto dalle misure militari possa dipendere.

Nelle presenti condizioni dello Stato, una campagna disastrosa, una battaglia perduta, rovinerebbero l'opera miracolosa del 59 e 60, e del creato Regno d'Italia potrebbe rimanere soltanto il glorioso ricordo. Perché?

Perché abbiamo la capitale esposta ad un'invasione austriaca, espostissima ad un'invasione francese; perché in questi ultimi anni non si è immaginato, né fatto nulla per dotare il paese d'un solido sistema di difesa.

È bensì vero, che il Ministro della guerra si occupò, nel 1862, di raccogliere il parere della Commissione permanente per la difesa dello Stato e quello di alcuni generali, onde architettare un progetto di difesa contro una irruzione austriaca dal quadrilatero, e per mettere in discussione la convenienza di fortificare questo o quel punto, di stabilire una testa dl ponte qua o là ecc.

D'allora in poi, nulla, o quasi nulla, si fece. D'altronde, sin dal 4 giugno 1862, in una Memoria chiestami dal Ministero della Guerra, io dimostrava l'insufficienza di quei progetti, ideati nella fiducia che l'alleanza francese abbia a durare eternamente, che Torino debba essere sempre la capitale d'Italia, che l'AUIStl'ia 1stia a perpetuità fra il Mincio e J.'Adige.

Il 4 giugno 1862 io scriveva così:

« Parmi giunto il momento di prepararci ai grandi mutamenti che le vicende politiche, a cui siamo prossimamente esposti, devono recare al nostro sistema generale di difesa dello Stato. Oggidì siamo alleati della Francia ed in ostilità permanente coll'Austria.

La morte dell'Imperatore Napoleone, la questione d'Oriente o altra qualsiasi, una rivoluzione, una guerra generale ecc., possono da un giorno all'altro spostare le alleanze esistenti ed attutire le inimicizie antiche, creando v1ste, convenienze, interessi, avvicinamenti nuovi di popoli e governi. Domani potremo trovarci alleati dell'Austria e nemici della Francia.

Oltre a ciò, il trasporto della capitale sarebbe ormai una necessità militare, se già non fosse una convenienza politica. È quistione di data. La cessione di Nizza e Savoia e la nuova delimitazione delle nostre frontiere verso la Francia non permettono più che la capitale del Regno sia a Torino, su cui in poche marcie possono discendere, da diverse strade, 200 mila francesi.

La capitale d'Italia, quando non fosse Roma, dovrebbe essere certamente

Firenze o Napoli.

Parmi dunque che il nostro sistema generale di difesa dello Stato, preve

dendo il possibile cambio delle alleanze ed il prossimo mutamento della capi

tale, debba sin d'ora abbracciare queste varie gravissime eventualità e prepa

rarci alla necessaria transazione.

La difesa dello Stato non deve essere più oltre considerata dal punto di vista piemontese, modellato sulle idee di Bonaparte, il quale, movendo daHa Francia per conquistare l'Italia, trovavasi in circostanze diametralmente opposte alle nostre.

Noi entriamo nelle condizioni in cui vissero i romani, e l'Italia dev'essere

militarmente considerata come lo fu da quel popolo sapiente e guerriero. La

capitale, i depositi, le riserve, i magazzini, le fabbriche militari, gli arsenali,

le risorse tutte e d'ogni genere, devono stare in quella parte della penisola, che

giace in mezzo ai mari ed è chiusa dall'Appennino. Noi, dando le spalle alla Italia meridionale, dobbiamo fissare lo sguardo suHa cerchia delle ALpi, da cui soltanto possono discendere i nemici d'Italia siano dessi tedeschi o francesi.

Le pianure lombarde e piemontesi restino pure qual teatro di grandi combattimenti fra noi e gl'invasori, ma non si rinunci anticipatamente alle infinite difese, che il doppio versante dell'Appennino offre a chi voglia e sappia approfittarne.

Su tali pensieri generali, ch'io tocco di volo, vorrei discusso, architettato e stabilito un ampio sistema di difesa dello Stato, che rispondesse ai bisogni d'oggidì e di domani e che contemplasse tutte le eventualità possibili, le presenti e le future, le prossime e le remote.

Lungi da ciò, io non vedo fuorché angusti progetti, sufficienti appena alle condizioni politiche e militari in cui trovasi attualmente il paese, bastevoli forse sinché vive l'Imperatore di Francia, sinché la Francia è nostra alleata, sinché l'Austria ci è nemica, sinché la capitale rimane a Torino •.

Questo io scriveva nel giugno 1862. Due anni trascorsi d'allora in poi mi confermarono vieppiù nelle mie convinzioni.

Onde l'esistenza dello Stato non si trovi gravemente compromessa dall'esito infausto d'una giornata, onde provvedere alla vita ed alla indipendenza del paese, onde porlo in misura di resistere alla cattiva e di profittare della buona fortuna, importa dotarlo di un ampio e gagliardo sistema di difesa, che protegga sicuramente la capitale del Regno, gli arsenali, i depositi, ecc., tutto ciò che costituisce la vita organica dello Stato. Importa dotarlo d'un sistema di difesa, che risponda alle inimicizie ed alleanze d'oggi e di domani, che provveda alle frontiere attuali ed alle future, che abbracci ogni possibile eventualità nel presente e nell'avvenire.

Uno sguardo sulla carta d'Italia. V. E. ne osservi bene la particolare costruzione, la giacitura, la disposizione delle sue montagne, delle sue pianure, dei suoi corsi d'acqua: veda come due terzi e più delle sue terre siano slanciati in mare: veda sotto la cerchia dell'Alpi come le grandi pianure piemontesi e lombarde siano traversate dal Po: veda come l'Appennino appoggiandosi a Genova ed alla Cattolica, tagli l'Italia diagonalmente.

L'aspetto del nostro paese, la configurazione del nostro suolo, potrebbero essere per avventura più eloquenti e più chiari? Quelle Alpi non dicono, che bisogna munirne e contenderne i passaggi che restano tuttora nelle nostre mani? Quelle pianure non son forse la gran piazza d'armi italiana, dove devono essere combattute Je armate nemiche discese dalle Alpi? Quel P o non è forse una magnifica linea dì difesa, sulla quale conviene prepararci il modo di manovrare facilmente per mezzo di teste e di. equipaggi da ponte? Quell'Appennino, da Genova alla Cattolica, incastrato fra due mari, non è forse un'immensa cortina eretta dalla natura a salvezza d'Italia, purché venga provvidamente assicurato in tutti i suoi sbocchi?

Si, Eccellenza. Questo rapido colpo d'occhio, questo sintetico apprezzamento deJ nostro suolo bastano, a parer mio, a far comprendere senza esitanza quale sia il solo sistema ragionevole di difesa, che l'Italia reclama.

Anzitutto si trasportino oltre l'Appennino la capitale, gli arsenali, le fabbriche, i magazzini, i depositi, le 11i:,erve, in una parola i nostri più vitali interessi. Poi si muniscano tutti gli sbocchi dell'Appennino da Genova alla Cattolica, onde vieta:rne hl passagg;io ad un'armata nemica, e sel'bare a noi il modo di discenderne, quando convenga. Si costruisca una piazza forte od un campo trincerato alla Cattolica per meglio assicurare quel fianco. Si moltiplichino, sin dove si possa, i mezzi permanenti e portabili per passare da una sponda all'altra del Po, e prepararci così la possibilità di rapide, abili e concludenti manovre.

Questo sistema che io traccio rapidamente, e di cui non accenno che il complessivo pensiero, non escluderebbe, nella sua applicazione, molti importanti dettagH, che servir potessero a fado più forte, concatenato e completo. Ammette sin d'ora i consigli che gli egregi capi della Marina sappiano ed intendano somministrare per la tutela delle nostre coste e la difesa dei nostri porti. Ammette le piazze forti nella valle del Po, la conservazione e la costruzione di strade militari, (fra cui la importantissima da Rimini a Chioggia per Ravenna, Comacchio e l'isola d'Ariano): ammette tutto ciò che può facilitare l'offesa e la difesa.

Quando questo sistema generale, avvalorato dall'approvazione de' miei colleghi militari, venisse accolto e seguito dal Governo, nutro fiducia che le sorti italiane non dipenderebbero più dall'esito, non sempre favorevole, d'una battaglia. A nostro talento, e secondo le circostanze, noi potremo allora o ritrard dietro Po ed oltre .AJppennino ad attendervi giol'ni migliori, o, trovandoci in misura di combattere, potremo discendere nella pianura a tentar la sorte delle armi.

L'azione politica del Governo riceverà forza e possanza dalla solidità stessa di quel sistema militare che meglio protegga e assicuri l'esistenza dello Stato e l'inviolabilità della capitale. Ma la debolezza in cui ci troviamo oggidl e la deplorabile situazione della presente capitale non permettono alla politica di tentare un voLo audace, di segu:irre una ispirazione avdita, senza compromettere patria e trono.

Questi brevi cenni !sarebbero insufficienti e rfmarJ:'ebbero incompresi, se fossero destinati all'esame ed alla intelligenza delle masse. Ma per l'E. V., e per un Consiglio di Generali, le mie succinte parole bastano senza dubbio a dar contezza piena ed esatta del mio pensiero, che io sommetto al giudizio dell'E. V., e vorrei sottoporlo pur anche a quello de' miei colleghi, per la grandissima fiducia che ripongo nel loro ingegno e nel loro carattere.

Il tempo stringe. Bisogna seriamente, risolutamente occuparsi di questo argomento, che per me racchiude una quistione di vita o di morte nell'avvenire d'Italia.

Siano biasimate o divise le mie opinioni, ciò non monta.

La suscettibilità, l'amor proprio, i riguardi personali devono tacere laddove

si parla .nell'interesse dello Stato, laddove si ragiona per la salvezza della Patria.

170

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 343. Torino, 28 agosto 1864, ore 15,20.

D'après nos rapports le chef de brigands Croceo s'est constitué prisonnier aux gendarmes pontificaux à Anagni. Le jour suivant il était à Rome

dans la caserne des gendarmes près de la porte du peuple d'où il devait passer cl8ns l:::s pi·ison~ nm;;celle:o. On craint qu'on le fasse partir avec un pas,seport romain. Veuillez en prévenir le Gouvernement impérial et tàchez d'en obtenir l'extraditiOD (1).

171

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

T. 344. Torino, 28 agosto 1864, ore 17,30.

D'après Barrai le bruit court à Francfort que M. de Bismarck n'aurait pas garanti la Vénétie à l'Autriche mais se serait engagé, en cas de guerre entre l'Autriche et l'!talie à appuyer auprès de la Diète la motion que la ligne du Mincio serait déclarée néceSISaire à la sureté de l'Allemagne (2).

172

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(Ed. in MINGHETTI, p. 136 e in Mori, p. 226)

T. Parigi, 28 agosto 1864 (3).

D'après mon impression, Empereur maintient projet si nous l'acceptons; mais je crois, qu'au moins pour le moment, il tache d'avoir bon prétexte pour continuer dans le statu quo.

sollecitò l'invio dei documenti relativi da presentare al Governo imperiale.

• Le voyage du Roi de Prusse à Vienne, voyage qui, assure-t-on sera suivi de celui de l'Em

pereur d'Autriche à Berlin, préoccupe singulièrement l'opinion publique qui, en dehors du

règlement de l'affaire Danoise, croit voir dans ces démonstrations Souveraines un nouveau gage de l'entente établie entre les Cours du Nord sur tout un système de politique à suivre dans l'avenir. Déjà plusieurs fois dans ma correspondance précèdente, j'ai eu soin de signaler à l'attention de V.E. les appréciations que l'on porte sur une alliance dont on sent instinctivement l'existence, bien plus qu'on en précise exactement les secrètes clauses. Dès le principe,!'on a parlé d'engagements pris par le Cabinet de Berlin relativement à l'intégrité des posscssions territoriales de l'Autriche. Aujourd'hui l'on croit que cette prévision n'a besoin que d'étre rectifiée dans la forme, en ce sens que la Prusse, sans prendre directement d'engagemens pour son compte particulier, aurait cependant assuré l'Autriche de son puissant concours le jouroù cette dernière Puissance, attaquée ou fortement menacée en Vénétie, soumettrait à la Diète une motion tendante à faire dèclarer la ligne du Mincio comme étant nécessaire à la sécurité de l'Allemagne. Il m'est impossible de m'assurer de l'exactitude de cette nom·elle version, mais l'intimité qui règne entre la Prusse et l'Autriche, la certitude que le Cabinet de

Vienne n'a pu vendre qu'à un très haut prix sa condescendance envers la politique Prussienne si humiliante pour les Etats Secondaires, permettent de tout supposer; et la perspective de la nouvelle forme attribuée à l'appui de la Prusse, était trop importante, pour que je ne me fisse pae un devoir de la soumettre à la haute appréciation de V. E.».

Si pubblica qui anche un brano del R. 58 del 27 agosto dello stesso Barrai (AST, Lega

zione a Francoforte).

« L'appui décisif donné a une pareille déclaration serait d'autant pl.us perfide que d'un

c6té la Prusse n'aurait pas l'air de prendre sur elle seule la responsabilité d'une rèsolution

fédérale que sa récente reconnaissance du Royaume d'Italie rendrait plus particulièrement

odieuse, et que de l'autre il aurait pour résultat de lancer contre nous tonte cette pléiade d'E

tats sécondaires qui en 1859 n'ont été retenus que par l'attitude douteuse de !ii Prusse, et

aujourd'hui, malgré leurs querelles intérieures, mettraient sans hésiter leurs forces au servlce

des profondes rancunes de l'Autriche contre l'Italie •.

(1) Con R. 65 del 29 agosto Nigra comunicò di aver chiesto l'estradizione di Croceo e

(2) Cfr. quanto scriveva Barrai nel R. 55 del 23 agosto: (AST, Legazione a Francoforte):

(3) Il telegramma si riferisce al colloquio avuto da Nigra con Napoleone III il 27 agosto (cfr. n. 178) e fu verosimilmente spedito nelle prime ore del mattino.

173

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (AVV)

T. Torino, 28 agosto 1864.

Minghetti assente sino a sera. Chiede se Imperatore si ritirerà dalle proposte fatte anche se il Re accettasse condizioni tali e quali.

174

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI,

AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(Ed. in MINGHETTI, p. 138 e in BASTGEN, p. 340)

T. 28 agosto 1864.

Prenez garde de perdre un pouce du terrain que nous avons conquis. L'abandon du traité serait plus grave pour l'Italie que toutes les difficultés de son exécution. Le Roi désire l'améliorer, mais il n'a pas refusé. Nous sommes décidés à faire tout le possible pour le mener à bonne fin.

175

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL MINISTRO DEI LAVORI PUBBLICI, MENABREA, A PARIGI

(Ed. in MINGHETTI p. 138 e in BASTGEN, p. 340)

T. 28 agosto 1864.

Une dépeche de Nigra (1) me fait douter qu'Empereur puisse prendre prétexte pour revenir sur les choses conclues. Rappelez vous bien que Roi n'a pas refusé, Ministère a accepté et, qu'au pis aUer, la convention arretée avec Pepoli doit rester ferme. Vous avez tous les pouvoirs pour arriver à ce résultat.

176

IL MINISTRO RESIDENTE A COPENAGHEN, DORIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. CIFRATO S. N. Copenaghen, 28 agosto 1864.

On m'a confié au Ministère des Affaires Etrangères que le Ministre de Russie avait annoncé l'arrivP.e du Granduc héritier pour le l Septembre. On

m'a paru surpris d'une visite dont on avait parlé, il est vrai, dans le temps, mais dont il n'avait jamais plus été question. Si mes inductions sont justes je suis porté à croire que la visite de notre Prince peut n'ètre pas tout à fait étrangère à l'arrivée du Granduc. Dans la famille Royale de Danemark on fait certes une très large part aux inclinations personnelles. La Reine a cependant caressé l'idée de l'alliance: or comme S.M. est très remuante et qu'elle ne nous aime guère je crois qu'elle tient toujours à son projet. Je vous ai fait savoir dans le temps qu'aucun engagement n'a été pris avec la Russie. J'ai la certitude que les choses n'ont pas changé depuis lors: mais il m'est permis de supposer que la Reine n'est pas étrangère a l'arrivée du Granduc et que peut ètre elle travaille, à l'insu du Roi, dans le sens de ses propres désirs. Je ne sais rien de positif encore sur l'impression produite par le Prince, si non que sa tournure militai.re a généralement plu. L'accueil que le Roi lui a fait a été franchement cordial. Quant à celui de la Reine, il m'a paru trop prévenant et

trop mielleux pour etre de son aloi.

P. S. -J'ai eu l'honneur d'écrire à V.E. que S.M. avait daigné décorer tous les officiers de la suite de Monseigneur le Comte de Monza. Je m'empresse d'ajouter que le Roi a bien voulu m'annoncer Lui mème qu'Il aurait le plaisir de me remettre dans quelques jours la décoration de Son Ordre du Danebrog.

(1) Cfr. n. 172.

177

IL MINISTRO RESIDENTE A MONTEVIDEO E BUENOS AIRES, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLJ: ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 17. Montevideo, 28 agosto 1864 (per. il 4 ottobre).

Com'ebbi l'onore di accennare a V.E. col mio passato Dispaccio di N• 16 dei 14 del corrente (1), il dì 16 andante partii pel campo del Generale Flores, dove giunsi l'indomani 17 a mezzogiorno. Prima di partire avevo ricevuto dal Ministro delle Relazioni Estere la Nota de' 15 del corrente con cui il Governo Orientale dichiarava di considerar tuttavia come vigenti le basi generali di pace precedentemente convenute, come pure la lettera confidenziale del Presidente della Repubblica relativa al promesso cambio di Ministero. (Annessi nn. I e II (2).

A cinque [eghe dal campo trovai una scorta di soldati colorados che aveva

ordine di accompagnarmi al quartier Generale di Flores, e a poca distanza da

questo mi venne incontro il Generale Caraballo col suo stato maggiore.

I documenti che ho l'onore d'acchiudere in copia mi dispensano di ripeter

qui per disteso a V.E. il modo come procedettero le trattative. Nella Nota che

al mio ritorno diressi al Signor Herrera, (Annesso N• III), potrà l'E.V. scor

gere come fui spiacevolmente sorpreso delle nuove esagerate pretese del Gene

rale Flores quanta fatica mi costò il farlo condiscendere a più miti e ragio

nevoli propositi. Nelle nuove basi che egli firmò in mia presenza ed in cui,

non parlandosi più di Governo provvisorio, riduceva la sua domanda ad esser

egli il Ministro Generale dell'attuale Presidente, volle spontaneamente dichiarare per iscritto che a ciò era stato indotto principalmente per riguardo all'intervento del Ministro Italiano. Per verità fa d'uopo riconoscere che da due mesi a questa parte il Generale Flores ha grandemente aumentato le sue forze, e che si è impadronito di due punti importanti, il Durazno cioè e la Florida dove ha stabilito il suo centro di azione; all'attacco di quest'ultima piazza perdette uno dei suoi figli; e tutte queste circostanze hanno di molto contribuito ad esaltarlo e a renderlo vieppiù esigente. Nel prender da lui congedo dopo quattro ore di conferenza, mi dichiarò che egli partiva la sera stessa per continuare le sue operazioni militari, ma che avrebbe lasciato in quei dintorni il Generai Caravallo con la sua divisione ed avrei quindi potuto per mezzo di lui fargli pervenire le mie ulteriori comunicazioni.

Di ritorno in Montevideo non mi è possibile narrar particolareggiatamente a V.E. quanto ho dovuto operare perché le trattative non andassero fallite. Dirò solo che son riuscito ad ottenere che le basi di cui fui latore fossero accettate dal Presidente con la sola modificazione, la quale del resto mi è paruta ragionevole, che invece di Ministro Generale fosse il Generale Flores nominato a Ministro della Guerra. (Annessi No IV, V e VI). Mi manca ancora la confidenziale del Presidente della Repubblica, ma tutto è ~tato convenuto a voce e il Governo si è formalmente impegnato.

Ho creduto dunque di far partire senza indugio il R. Console, Signor Raffo, che mi aveva accompagnato già nella mia gita, con una mia lettera pel Generale Flores. (Annesso No VII). Il Signor Raffo mi scrive in data di jeri l'altro dal Chamizo, dove trovasi col Generale Caravallo, che sperava potersi abboccare jeri o oggi con Flores, il quale, avvertito per corriere. moveva ad incontrarlo. Soggiunge poi che grandi sono le sue speranze. dacché avendo comunicato ciò di cui si tratta al Generale Caravallo, questi. che è il braccio destro di Flores, lo assicurava che la modificazione qui fatta sarebbe stata ;;.ccettata dal suo Capo senza grande difficoltà.

Può ben immaginare V.E. quanto sia grande qui l'ansietà degli spiriti per conoscere il risultamento finale di queste pratiche da cui forse dipende tutto l'avvenire di questo paese. Se questi tentativi, in cui dall'una parte e dall'altra si sono fatti gli estremi sforzi di conciliazione, andassero falliti, bisognerebbe rinunziare per lungo tempo alla speranza di veder pacificata la Repubblica.

Intanto la parte esaltata del partito bianco, tuttavia rappresentata nella Amministrazione dal Ministro della Guerra e da quello dell'Interno, e che è spaventata dalla sola idea che un giorno i colorados possano prender parte alla direzione della cosa pubblica, mette in opera tutti i suoi mezzi per attraversare i negoziati e cerca per la seconda volta di speculare sull'indole alquanto floscia del Presidente della Repubblica. Fa d'uopo dunque sorreggerlo continuamente e fortificarlo nelle sue buone intenzioni, ed in ciò sono aiutato dal Ministro degl'Esteri e da quello de!!e Finar.ze, dagli 2Itri miei colleghi del Corpo Diplomatico ed in generale dalla gran maggioranza della popolazione, nazionale e straniera, che desidera ardentemente la pace. La colonia Italiana poi è particolarmente interessata alla buona riuscita di queste trattative sì perché le simpatie furono sempre per la parte colorada, ~ì perché vedrebbero con orgoglio che la pace fosse fatta sotto gli auspici dello. R. Legazione.

Anche il Brasile conta sulla pace nella speranza di uscire con questo mezzo dalla difficile posizione in cui si è messo con le minacciate rappresaglie che non trova modo di porre ad effetto. La nota che mi ha diretta il Signor Loureko, Ministro Residente del Brasile (Annesso N" VIII), banché compilata con molt'arte, mostrerà a V.E. quanto grandi siano gli imbarazzi di quell'Impero.

(1) -Cfr. n. 129. (2) -Gli annessi non sì pubblicano.
178

IL IVIINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV; ed. in MINGHETTI, pp. 136-138 e in BASTGEN, pp. 339-340)

L. P. Pm·igi, 28 agosto 1864.

Scrivo per voi e per Minghetti. Ieri l'Imperatore mi fece telegrafare da St. Cloud, verso le 5 che andassi a pranzo da lui, e se non poteva a pranzo ci andassi dopo. Benché dovessi pranzare al Palazzo Reale col Principe Umberto, tuttavia risposi che sarei andato a St. Cloud a pranzo e difatti ci andai. L'Imperatore dopo pranzo mi domandò che cosa pensava della lettera del Re portata da l\:Ienabrea (1). Risposi che gli inconvenienti segnalati dal Re, che io del resto gli aveva precedentemente indicato, erano molto serii e molto gravi. Li passai in rivista uno ad uno, e conchiusi dicendo che se la condizione del trasporto della capitale avesse potuto eliminarsi o modificarsi nel senso detto da Menabrea, il Re gliene sarebbe riconoscente e i negoziati avrebbero potuto subito conchiudersi. Ma l'Imperatore mi osservò che quella condizione appunto era la base dei negoziati, che essa solo li rendeva possibili. Del resto, diss'egli, riconosco anche io che gli inconvenienti segnalati dal Re sono gravi; non posso negarlo; in ogni caso si può tirare in là come si è, e si vedrà poi. L'Imperatore senza darmi tempo a replicare mi parlò di Tunisi, dicendomi che aveva dato ordine alla sua squadra di ritornare, e incaricandomi di darvi questo annunzio, affinché, diss'egli, anche la flotta italiana, se vuol ritirarsi, possa combinare il suo movimento con queLlo della flotta francese. Soggiunse che l'Inghilterra aveva dichiarato anche essa d'opporsi a qualunque azione od ingerenza della Porta, mettendosi finalmente d'accordo in ciò colla politica francese ed italiana a Tunisi.

L'Imperatore mi domandò poi se Menabrea era ancora qui. Gli risposi

che aspettava la risposta alla lettera del Re. Egli disse allora che la risposta

non potrebbe darla prima d'averne conferito con Drouyn de Lhuys; e mi chiese

se io sapeva quando torna questo Ministro da Laon ove è andato a presiedere

il Consiglio generale. Gli dissi che era aspettato pel 30, ma l'Imperatore parte

domani pel campo e vi rimarrà fino a sabato. Adunque la risposta non si avrà

che nell'altra settimana. Lo dissi a Menabrea per suo governo e lo feci invitare

oggi a pranzo a St. Cloud ove il Principe Umberto è invitato con tutto il segui

to e tutta la Legazione. Menabrea vedrà se può rimanere fino a quel tempo.

(ll Cfr. n. 147.

Dal linguaggio tenutomi dall'Imperatore parmi evidente che non veda con dispiacere che gli sia offerto un pretesto per restare nello statu quo; né certo Drouyn de Lhuys, il quale è già spaventato delle conseguenze future, lo dissuaderà.

L'Imperatore parte per l'Algeria verso la metà del mese venturo. Ma questo è ancora un segreto, e vi scongiuro di non farne motto. Ci va per far la parte di pacificatore; porterà l'amnistia invece della repressione.

Il Principe Umberto fece buona impressione sull'Imperatore e sulla Corte. Parte domani coll'Imperatore e col Principe Napoleone pel campo. *Vi prego di nuovo di mandarmi la G. Croce pel Generale Rolin, e aggiungo la preghiera di m::mdarmi una piccola croce per Rolin figlio, di cui troverete le indicazioni nel foglio annesso. Vi raccomando caldamente questo piccolo affare. Vi restituisco la lettera di Vimercati. Rouher per:siste a dire che se ne andrà* (1).

179

IL MINISTRO DEI LAVORI PUBBLICI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(AVV)

T. Parigi, 29 agosto 1864.

* Reçu votre dépèche (2) aujouvd'hui. Vos désirs prévenus.

Hier conférence avec Drouyn de Lhuys j'ai déclaré avant tout nous acceptons traité. Roi ne refUise pas, mais désire modificatioillS rpour le rendre mieux cxécutable *.

Empereur désire déclaratìon transport Capitale précède ou simultanée évacuation Rome pour justification. Essentiel définir acte constituant transport capitale pour rendre obligatoire évacuation Rome. Ainsi transport siège parlementaìre et résidence principale Royale devrait suffire. Drouyn de Lhuys ne repousse pas cette idée. Rome comprend territoire romain. Demandé également garantie contre attaque autrichien. Drouyn de Lhuys trouve demande raisonnable mais sans instructions à ce sujet. Je crois Empereur veut faire évacuation Rome avec Ministère. Veut agir avec prudence vis-à-vis parti clergé.

* Prince Napoléon me disait Empereur incerta,in et ,peut-etre bien aise prendre :prétexte rpour retirer rproposition. Ma déclaration à Drouyn de Lhuys òte tout prétexte * (3). Empereur indisposé retarde départ pour cam[J. S'il ne donne pas auparavant réponse à lettre du Roi je n'ai qu'à rentrer che;~ moi. Besoin tro~s jours campagne pour remettre légère indisposition. Télégraphiez-moi sur ce dernler point.

P:cince Humbert réussit parfaitement à Paris. Empereur et L'lpératrice d:01rmés. Informez le Roi. Prince Humbert vous salue.

8 -Documenti àipfomatici -Serie I -Vol. V

(1) -Il brano fra asterischi non è edito. (2) -Cfr. n. 175. (3) -I brani fra astedschi sono editi in MINGHETTI, p. 139, e in BASTGEN, pp. 340-341.
180

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Francoforte, 29 agosto 1864.

Profitto della partenza del corriere di gabinetto per indirizzarti Eccellenza Carissima poche righe particolarmente non avendo il tempo di scrivere officialmente al nostro degno Presidente del Consiglio.

Per quanto i miei dispacci dei quali avrai per certo contezza, abbiamo segnalato al Governo del Re il ricevimento fatto nel Gran Ducato a S.A.R. il Conte di Monza, e l'accoglienza la più cordiale del Gran Duca della Gran Duchessa del Principe Guglielmo, è mio dovere il constatare nel modo il più accentuato che questo ricevimento e questa accoglienza ha oltrepassato anche la mia aspettativa, per quanto meritata e prevista.

Nelle circostanze attuali della Germania, ove Baden è isolato sempre più nella sua politica nazionale e liberale, le circostanze speciali che hanno accompagnato il nostro Principe Ereditario nel suo soggiorno, sono a mio avviso una dimostrazione politica, come un attestato di simpatia verso la Casa Savoia.

S.A.R. ne è rimasta molto soddisfatta, e se credi di farmi scrivere un dispaccio di proposito da comunicare qui, crederei sarebbe bene.

Quanto a me sono stato oltremodo sensibile al favore fattomi da S.A.R. di abitare la mia ViJila a Bade, come deil'affabiiLità e benevolenza che si è degnata dimostrarmi.

Ritorno domani al mio posto...

181

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 805. Parigi, 30 agosto 1864, ore 14,55 (per. ore 16).

Le bruit s'est répandu aujourd'hui, dans !es bureaux des affaires étran· gères qu'un accord aurait été conclu entre la P russe et l'Autriche pour deman· der l'exécution pure et simple du traité de Zurich. Blen que la chose me paraisse invraisemblable j'ai demandé des renseignements à Chalons en l'absence de Drouyn de Lhuys et des Ambassadeurs d'Angleterre et de Prusse. Veuillez de votre còté en écrire à Berlin (1).

t. -346 e 347, non pubblicati.
(1) -Visconti Venosta chiese informazioni in rari data a Berlino e Francoforte con
182

VITTORIO EMANUELE II AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(BCB, Carte Minghetti, ed. in Le lettere di Vittorio Emanuele li, p. 784, in MINGHETTI, p. 139, in MONTI, p. 331)

L. P. Sommariva Perno, 30 agosto 1864.

Vera o falsa la malattia dell'Imperatore, mi rincresce un poco il ritardo, temendo che esso si prolunghi, io parto. Però non perdo ancora né la fede né la speranza. I dispacci leggibili e che io saprò capire li mandi al prefetto a Cuneo. Esso me li manderà per mezzo dei carabinieri. Le cose più importanti me le mandi per lettera col mezzo dei miei camerieri che viaggeranno con la massima diligenza ed Ella fra breve avrà la risposta. Se bisogna il mio ritorno, immediatamente :partirò. Questa volta porto il mio campamento a Salese sei ore più lontano che i bagni di Valdieri, quasi sul confine francese, ove vista la lontananza contavo fermarmi un poco di più, di modo che non sarei di ritorno a Torino per domenica, domani essendo già mercoledì, però come già le dissi, se qualche affar~ mi richiama, volerò al mio posto in breve tempo. Le raccomando amorosamente il prefetto Isnardi che oggi pranzò da me e a cui diedi le buone notizie, promette e giura di mai più disertare.

183

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 67. Parigi, 30 agosto 1864 (per. l'l settembre).

Conformemente alle istruzioni datemi col dispaccio di Gabinetto n. 63 in data del 27 corrente (1) diressi al Signor Drouyn de Lhuys l'ufficio di cui mi pregio qui unita inviarle una copia, relativo agli ultimi fatti di brigantaggio avvenuti al confine pontificio. Trasmisi al Signor Ministro degli Affari Esteri copia della nota del Ministero Reale della Guerra che accompagnava il predetto dispaccio; ma dietro l'avviso anche del Generale La Marmora qui presente non credetti opportuno di comunicare il rapporto del Generale Pomaretto perché troppo particolareggiato.

ALLEGATO

NIGRA A DROUYN DE LHUYS

Parigi, 29 agosto 1864.

D'après un rapport dont j'ai l'honneur de transmettre ci-joint le résumé à V.E. adressé par le Général de Pomaretto au Département Royal de ra Guerre, il résulte que de nouvelles bandes de brigands se réuniraient sur la frontière méridionale des Etats Romains.

(l\ Non pubblicato.

L'absence du Général de La Marmora de Naples et du Général de lVIontebello de Rome ayant probablement interrompu les communications entre les chefs militaires italiens et français, la réunion de ces bandes aura pu s'effectuer avec plus de facilité. C'est pourquoi mon Gouvernement me charge d'avoir recours à la bienveillante intervention du Gouvernement français afin que des mesures sc<ient prifes de concert entre les autorités militaires italiennes et françaises pour arreter ~t détruire l'organisation de ces nouvelles bandes.

184

IL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 807. Francoforte, 31 agosto 1864, ore 12,52 (per. ore 14,55).

Personne ne sait rien ici d'un accord e n tre la Prusse et l'Autriche pour demander l'exécution du traité de Zurich, seulement comme je l'ai mandé dernièrement l'on est convaincu qu'à Vienne des engagements ont été pris par la Prusse dans l'intéret de la domination autrichienne en Vénétie. J'attends autres informations plus précises et je les transmettrai.

185

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 808. Berlino, 31 agosto 1864, ore 18,26 (per. ore 0,20 dell'l settembre).

Sans avoir moyen en l'absence du Roi et du ministre des affaires étrangères de contròler suffisamment les bruits signalés par V.E., je ne crois nullement à l'exactitude des renseignements de Paris. Je me permets, en cas de guerre, de mettre en doute ceux de Francfort. Si c'est possible, ce n'est pas vraisemblable. Quelle serait compensation pour la Prusse? M. de Balan dit avoir intime conviction que tel n'a pu etre le but ni le caractère des pourparlers à Vienne qui se rapportaient à questions allemande, danoise et commerciale. Les légations de France et d'Ar.:.gleterre ne savent rien à cet égard. Au reste si Prusse avait pris de tels engagements, elle hésiterait moins à signer protocole commerciai; ce serait alors un moyen de cacher son jeu, sans porter ombrage à Autriche. J'écris par la poste.

186

IL MINISTRO DEI LAVORI PUBBLICI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(AVV; ed. in MINGHETTI, p. 140)

T. Parigi, 31 agosto 1864.

Empereur parti sans dor.:.ner réponse. Drouyn de Lhuys absent. Je vais campagne Chambéry. Je crois inutile revenir Paris. Si pourtant nécessaire télégraphiez moi.

187

IL MINISTRO DEGLI ESTERI. VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A WASHINGTON, BERTINATTI

D. 2. Torino, 31 agosto 1864.

Ieri S.M. ha ricevuto in udienza straordinaria il Sign~or B3ra:'ldi&ran, il quale consegnò le lettere di notificazione dell'assunzione dell'Arciduca Massimiliano al trono del Messico, e quelle che accreditano a Torino un Inviato Straordinario e Ministro Plenipotenziario.

Nel darLe questa notizia credo utile di spiegarLe nel tempo stesso i motivi che hanno indotto il Governo del Re ad accogliere l'Inviato Messicano ed a riconoscere il nuovo Impero.

Com'Ella probabilmente non ignora, moltissimi sono gli Italiani che risiedono al Messico, ed importanti i loro interessi. Questa considerazione indusse il Governo del Re a spedire or sono alcuni anni al Messico una speciale missione ed a stipulare con quella Repubblica un trattato, il quale non ebbe sorte migliore dei trattati di altre Potenze Europee. Quando la Francia, l'Inghilterra e la Spagna risolsero di mandare al Messico una flotta e delle truppe di sbarco per attenervi con mezzi di coazione delle guarentigie di migliore protezione pei loro interessi, noi ci astenemmo dall'associare la nostra politica a quella delle tre Potenze, ma fummo costretti a rivolgerei al Governo francese affinché desse ordine ai suoi Agenti nel Messico di estendere la protezione francese ai sudditi italiani. Queste circostanze mentre dimostrano l'importnnza dei nostri rapporti con quel paese e l'urgente necessità di provvedere alla loro efficace tutela, provano altresì che il Governo del Re non doveva ritardare a riconoscere qualunque Governo di fatto si fosse costituito colà, purché si trovasse in grado di dare delle .guare~ie sufficienti per l'esistenza e ia 'continuazione di regolari rapporti internazionali. È noto ormai che il semplice riconoscimento del Governo di fatto non implica alcuna approvazione dei metodi tenuti nella formazione del nuovo stato eli cose. Trattandosi poi del Messico, cioè d'una regione così vasta la quale, anche sotto il regime repubblicano, non ebbe mai, o quasi mai, un governo ammesso ed obbedito in tutti i punti del territorio, è governo di fatto quello che risiede nella capitale, ed occupa rr.ilitarmente i porti dell'Atlantico, quelli cioè che sono indispensabili per mantenere relazioni pol:tiche e commerciali coll'Europa.

A queste ragioni le quali già indussero alcuni ed indurranno probv~bilmente altri Governi Europei a riconoscere il nuovo Impero, si aggiungono E:ltre considerazioni affatto speciali all'Italia, e di cui Ella potrà confidenzialmente far cenno al Signor Seward.

Nelle condizioni in cui l'Italia si trova rispetto all'Austr;a, non è S-2~'=:1 significato politico lo spettacolo d'un Arciduca che riconoscenào il Re Vittm<<> Emanuele come Re d'Italia e chiedendo d'essere riconosciuto da lui, ammeH.:= così implicitamente che quanto ancora rimane della dominazione austriaca in Italia non ha altra ragione d'esistere che la forza e l'orgoglio dinastico del Capo della sua famiglia. Tale significato è accresciuto dalla circostanza che l'Arciduca Massimiliano fu appunto l'ultimo Governatore del Lombardo-Veneto.

e precisamente quello su cui la casa d'Absburgo aveva fatto assegnamento per cercare di far argine alle tendenze nazionali dei Lombardi e dei Veneti. Sarebbe stato un grave errore politico il cercare dal canto nostro d'impedire che tale omaggio all'unità italiana fosse prestato da un membro della Casa d'Absburgo: ciò avrebbe fatto del nuovo Imperatore del Messico un nemico dell'Italia, mentre lo stabilire, com'egli fa, rapporti regolari col nostro Stato non può che rendere più ambigue ancora di quello che lo siano attualmente le sue relazioni col Governo Austriaco. E finalmente non avrebbe giovato ai nostri rapporti colla Francia, il diniego che noi avessimo dato di riconoscere come sufficientemente e, per ora almeno, solidamente costituito il nuovo ordine di cose che l'Imperatore Napoleone ha tanto contribuito a fondare nel Messico.

Deliberando di riconoscere il nuovo Impero, il Governo del Re cedette dunque a considerazioni d'interesse proprio, che per nulla possono influire sulle buone relazioni che abbiamo col Governo degli Stati Uniti, e delle quali desideriamo sinceramente la continuazione. Seguendo l'esempio della Svizzera e del Belgio e di altri Governi Uberali che non rifuggono dall'entrare in rapporti amichevoli col nuovo imperatore, noi non pronunciamo alcun giudizio sulla opportunità di sostituire in quel paese un governo monarchico al governo repubblicano. Ed intendiamo ancor meno pronunziarci circa l'ingerenza di governi europei nelle cose del continente americano. Il nostro secolo è poco propenso ad ammettere un diritto divino sia desso monarchico o repubblicano, e le dottrine come quella di Monroe non hanno carattere internazionale ed obbligatorio finché non sono formolate in pubblici trattati. D'altronde il semplice riconoscimento d'un Governo di fatto non implica la guarentigia della sua consolidazione, e non altro significa che la promessa di astenersi da ogni atto ostile a quel Governo. E siccome non dipende dall'Italia che la dottrina di Monroe passi dalla sfera delle idee in quella dei fatti, il Governo degli Stati Uniti non farà certamente rimprovero a noi di riconoscere un ordine di cose attualmente esistente, senza assumere per altro alcun impegno circa le mutazioni che l'avvenire potrà recare in quelle lontane regioni.

Nell'esporLe queste considerazioni io lascio al giusto criterio della S.V. Illustrissima il decidere se debba recarLe in tutto od in parte a notizia del Signor Seward. In ogni caso però Ella vorrà limitarsi a dargli semplice lettura di questo dispaccio senza rilasciarne copia.

188

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(Ed. in MINGHETTI, pp. 141-144 e in BASTGEN, pp. 341-342)

L. P. Parigi, 31 agosto 1864.

Profitto della partenza di Menabrea per Chambéry per scrivervi. La lettera del Re mi pose nel più grande imbarazzo. Dall'un lato bisognava nulla diminuire dell'importanza e della gravità degl'inconvenienti segnalati dal Re pel trasporto della capitale; sia perché in realtà gl'inconvenienti esistono e sono seriissimi; sia perché, tenendo un altro linguaggio, si diminuivano le probabilità di ottenere o l'eliminazione o la modificazione della condizione suddetta. Dall'altro lato non bisognava che l'Imperatore rcredesse che si abbandonasse il trattato, piuttosto che consentire al trasporto.

Io mi era quindi proposto di tenere la più gran riserva sia con l'Imperatore, sia con Drouyn de Lhuys, ma l'Imperatore mi fece chiamare a mi tenne il discorso che sapete. Gli dissi che gl'inconvenienti indicati dal Re erano in verità grav~issimi, e che sarebbe stato conveniente l'eliminare o H modi:ficare le condizioni nel senso esposto da Menabrea, ma mi guardai bene dal fargli comprendere che noi potessimo abbandonare il trattato. Avvertii subito Menabrea delle cose dettemi dall'Imperatore perché accomodasse il suo linguaggio in guisa da evitare che si potesse credere che per noi si volesse abbandonare il trattato.

Egli difatti nel colloquio che ebbe con Drouyn de Lhuys tenne il linguaggio che conoscete e che approverete certamente. Io per mio conto parlerò nella medesima guisa, giacché, per ora, credo non vi sia altro a fare che attendere la risposta delì'Imperatore, almeno fino al ritorno di Drouyn de Lhuys che è annunziato pel 3 o 4 settembre. Penso che, intorno al significato da darsi alla parola traspo1·to, vi è possibilità d'intenderei. Menabrea vi spiegherà il come.

Ma v'è un'altra questione che parmi non sia stata ben compresa costì, benché avessi detto a Pepoli di spiegarvela chiaramente. Se ben vi ho compreso, voi vorreste poter dire al paese: • La Francia ritira le sue truppe, o almeno piglia l'impegno di ritirarle entro un dato termine; noi pigliamo l'impegno di rispettare e far rispettare il territorio pontificio; per tenere questo impegno, trasportiamo la capitale •. L'Imperatore invece vuol poter dire alla Francia: • L'Italia trasporta la capitale; ciò significa che non pensa ad aggredire Roma, e che, se piglia impegni, li terrà; dunque io posso dal mio lato ritirare le truppe •. Qui vi è divergenza completa, e su essa chiamo tutta la vostra attenzione. Dall'un lato si vuol dire: • la Francia ritira le truppe, dunque noi tra,sportiamo la capitale •. Dall'altro si vuol dire: • l'Italia trasporta la capitale, dunque noi ritiriamo le truppe ». Non mi pare che vi sia altra possibilità di ~conciliare le due parti, se non pubblicando ad un tempo i due impegni. Se vedete altro modo, indicatemelo.

L'Imperatore è al campo, e non tornerà che sabato. Non ho dubbio che desideri il ritiro delle truppe, e sono convinto che, se avessimo potuto aspettare, il ritiro si sarebbe fatto incondizionatamente.. Ma per ciò era necessario il serbare assoluto silenzio sulla quistione romana per uno o due anni.

Voi, e il Re con voi, e il Ministero e l'opinione pubblica in Italia giudicaste che era impossibile il temporeggiare più oltre. Per ottenere più presto la cosa bisognerà quindi disporsi a qualche sacrificio.

Dissi che l'Imperatore desidera il ritiro. Ciò parmi indubitato; ma questo desiderio, non è smisurato, né tale da fargli pigliare un'ardita iniziativa, se non gli facciamo ponti d'oro. Non bisogna adunque contar troppo su questo desiderio, che può rimanere allo stato latente o sentimentale pel tempo che v'ho detto di sopra.

La grave, la seria difficoltà sta nel Re.

l'/[a co:1fido nella risposta dell'Imperatore per superarla.

189

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL MINISTRO DEI LAVORI PUBBLICI, MENABREA (1)

(AVV)

T. Torino, l settembre 1864.

Je crois absolument indispensable, par égard pour le Roi, que vous soyez samedl à Paris et que vous tachiez d'avoir de l'Empereur au plus tot une réponse.

Le Roi l'attend avec impatience. Rappelez-vocs que nous avons à décider question élections générales et que le temps presse.

190

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 71. Berlino, l settembre 1864 (per. il 5).

Ayant dù faire hier une visite à l\1. de Balan afin de lui remettre la recommanàaHon pour les douanes que V. E. m'avait fait parvenir pour S. A. R. le Pxince Georges de Prusse, j'ai amené la conversation sur le prétendu complot découvert dans le Tyrol méridional. J'ai demandé si le Cabinet de Berlin avait quelques données sur cette conspiration dont les journaux, à la dévotion de l'Autriche, font grand bruit, en parlant d'une centaine de revolvers de cent soixante et dix fusils confisqués et qui étaient destinés à faire la conquete de la Vénétie! Je ne voyais dans cette mise en scène, qui coYncidait avec la présence du Roi de Prusse à Vienne, qu'une manoeuvre ayant pour but d'agir sur l'esprit de Sa Majesté et de la prédisposer à des concessions aux dépeas de l'Italie. Néanmoins, ces finesses cousues de fil blanc auraient porté coup si l'on ajoutait foi à des bruits propagés par quelques organes è.e la presse. Les uns prétendent que si le Cabinet de Berlin s'est refusé à garantir la Vénétie, il s'est dumoins engagé, cn cas de guerre e n tre l'Autriche et l'Italie, à donner son appui auprès de la Diète Germanique à la motion que la ligne du Mincio est nécessaire à la sécurité de l'Allemagne. Les autres vont plus loin: Un accord a.urait été conclu pour demander l'exécution pure et simple du Traité de Zurich. Je croyais de mon devoir de signaler ces bruits et le piège grossler qu'cn tendait à la Prusse.

lVI. de Balan m'a répondu qu'il n'avait aucune indication sur le mouvement projeté dans le Tyrol. Des renseignemens précis lui manquaient encore sur les entr<evues àes Souverains et de leurs Ministres à Vienne. Sans aucun doute le terrain politi.que avait été abordé dans leurs entretiens, entre autres les

négociat:ons de paix avec le Danemark, la question des Duchés et les affaires

commerciales; mais il avait l'intime conviction q_ue ces pourparlers n'avaient

eu ni le caractère, ni le but qu'il a plu aux journaux de leur attribuer.

J'ai encore dit à M. de Balan que je regrettais au moment de me rendre

en congé, de ne pas rapporter à Turin quelque faìt de nature n calmer les

défiances de l'opinion publique et qui vinssent à l'appui des protestations am3

cales du Gouvernement Prussien. Ce diplomate, pour explìquer l'attitude de

M. de Bism~rk, alléguait qu'elle tenait essentiellement à l'état de jluctuation et d'indécision des rapports entre la Prusse et l'Autriche. Il y a deux mois le Président du Conseil ne prévoyait peut-ètre pas encore la marche des événemens, et qu'entre autres il signerait à Vienne les préliminaires de la paix avec le Danemark. Les affaires commerciales elles-memes avaient !Pri:s un développement imprévu qui avait conseillé certaines ménagemens de nature à retarder un peu la signature du protocole avec l'Italie.

Puisqu'il avait de lui-méme touché à cette question, je lui ai répété c1w~ ma raisoa ne me fournissait aucun argument pour justifier la conduite de

M. de Bismark. Il m'était revenu qu'il se donnait l'air de douter d'où partalt l'initiative de:> pro[positionG. J'espérais que ce doute il ne ,l'éléverait pas en ma présence; car je devrais en faire une qucstion personnelle, et il me sera:: désorrnais irnpossible de négocier avec lui sans dresser un procès verbal de chacune de nos séances. J'avais lu dans la lettre que lui M. de Balan avait répondue à celle que j'avais écrite pour communiquer tous les documens qui se rattachent au protocole, que le Président du Conseil saurait app:;écier n;es procédés personnels et les bonnes dispositions de mon Gouverne:c:~ent. Il ne saurait en etre autrement, car, comme j'avais eu bien soin de le relever dans ma communication, les retards n'avaient point dépendu de nous; mais si nous étions toujours rpréts à signer, sans vouloir en hater le moment, nous attendrions un avis du Cabinet de Berlin auquel l'initiative devait appartenir jusqu'au bout.

Ne devant partir d'ici en congé que vers le 5, M. de Bismark aurait encore le tems de me faire connal.tre ses intentions. S'il arrivait avant mon départ, dans le but d'éviter un échange de paroles aigre-douces, à moins d'une invitation formelle j'éviterais de me présenter au Ministère.

M. de Balan comprenalt parfaitement ma position; il cherchait seulement à pallier les torts de son chef: -de simpìe apparence! V. E. voit que mon départ est de plus en plus indiqué. Tel est aussi l'avis de M. Philipsborn, qui se montre très contrarié d'étre sans instructions, et qui de son propre mouvement m'a assuré qu'il :saisi:rait la premE·re occasion favorable pour amener une conclus:on. -''.. cet cffet il :T:'a. pri6 dc lui laisscr mon adn:sse en Suisse où je me rendrai en premier lieu, et plus tard en Italie.

J'annonee donc à V. E. que, vers le 5 de ce mois, je profiterai du congé qu'Elle a bien voulu m'accorder (1).

M. -Philipsborn, mais sans rien laisser entrevoir qui indique une prompte conclusion. Avant

(1) Il telegramma venne trasmesso tramite il consolato a Chambéry.

(1) -Con t. 351 deì 3 settembre Visconti approvò il linguaggio tenuto da Launay con Balan. Cfr. il seguente brano del R. confidenziale 73 di Launay del lO settembre: « Quant aux affaires commerciales, rien n'est encore changé dans la situation. M. de Bismark s'est borné à répondre à M. de Balan, en suite de ma lettre du 27 aoiìt dernier, qu'il se réserva~t à son retour de Bade vers le 12 ou le 15 Septembre, de parler au long sur ce sujet avec
191

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 72. Berlino, l settembre 1864 (per. il 5).

J'ai mentionné dans mon précédent rapport (1) des bruits qui circulaient sur de prétendus engagemens contractés par la Prusse vis-à-vis de l'Autriche.

Ceux relatifs à la demande de l'exécution pure et simple du Traité de Zurich, me semblent dénués de tout fondement. Cet engagement aurait un caractère offensif, et de provocation, meme vis-à-vis de la France à laquelle on fournirait du meme coup l'occasion propice de revendiquer la rive gauche du Rhin. L'intéret de la Prusse est ici trop manifeste pour ne pas admettre que sa condescendance ne saurait aUer jusqu'à compromettre sa propre existance.

Quant aux rumeurs répandues à Francfort que, sans garantir la Vénétie, le Cabinet de Berlin se serait engagé, en cas de guerre entre l'Italie et l'Autriche, à appuyer auprès de la Diète Germanique la motion que la ligne du Mincio est nécessaire à la sécurité de l'Allemagne, c'est possible; mais ce n'est pas probable. Sans doute en 1859 l'Etat Major Prussien s'est, à l'unanimité, déclaré pour une semblable doctrine soutenue pour la première fois par le Général Radowitz en 1848 par devant le parlement de Francfort; aussi avonsnous lu le décret de mobilisation de l'armée Prussienne, quand nos troupes victorieuses eurent franchi, dans la dernière campagne, le Mincio. Etait-ce une simple mesure de précaution pour le cas où nous aurions empiété sur le Tyrol pour attaquer Vérone? voulait on sérieusement venir au secours de l'Autriche? ou n'avait-on pas plutòt l'arrière pensée de profiter de la circonstance pour assurer la suprématie des Hohenzollern? Je penche pour cette dernière supposition, et pour mon compte, à cette époque, je n'ai pas manqué, malgré les démonstrations de la Prusse, de pousser autant qu'il dépendait de moi à la poursuite des hostilités jusqu'à l'accomplissement du programme • libre jusqu'd l'Adriatique •. Quoiqu'il en soit, dans une certaine mesure ces armemens étaient explicables lorsque le canon grondait près du territoire Germanique. Mais qu'aujourd'hui en pleine paix le Cabinet de Berlin ait donné des promesses aussi compromettantes à Vienne, j'ai peine à le croire. Ces promesses n'auraient il est vrai qu'un caractère défensif; mais à moins de rester lettre morte, le Roi Guillaume devrait, le cas échéant, les appuyer les armes à la main, sous peine de s'attirer le reproche de perfidie. Les mots • en cas de guen·e • comment les

de quitter Berlin, j'ai jugé à propos d'établir une fois de plus une différence de procédés tout à notre avantage, et celà par une lettre -dont copie est ci-jointe -. qui sera remise au Secrétaire Général, M. de Thiele dont le congé expire le 15 courant •. Della lettera a Thile si pubblica solo il seguente brano: « Vous souvenez-vous d'un entretien que nous avons eu le 25 Juillet dernier. D'après votre propre manière de voir, vous ne doutiez pas un seui instant que, dans une ou au plus tard dans trois semaines, le protocole commercia! entre la Prusse et l'Italie serait signé. Je sais qu'il n'a pas dépendu de vous si vos prévisions ne se sont pas accomplies. Vous conviendrez au moins que l'attitude de mon Gouvernement n'a rien laissé à désirer pour répondre à l'initiative de la Prusse. Loin de ma pensée de vous mettre l'épée dans !es reins. comme je l'ai fait vis-à-vis de Turin parceque je comptais sur les déclarations de S.E. M. de Bismark qui se disait :vrét à signer méme à Carlsbad, et qui ne montrait alors aucun scrupule à passer outre. Mais vous comprendrez que je tienne à bien établir, une fois de plus, une différence tout à notre avantage dans !es procédés •·

interpréter? guerre défensive, ou d'agre:ssion de la part de l'Autriche? Il est

évident que si nous choisissions le moment actuel pour envahir la Vénétie,

sans avoir été provoqués, nous nous exposerions à trouver la coalition débout

devant nous. Dans le cas au contraire où nous serions &ttl"lqués, à moin de

supposer que le Roi et ses conseillers soient tous piqués de la tarentule, mon

esprit se refuse à croire que, mème pour une semblable éventualité, ils se

rangeraient activement du còté de l'Autriche, ensuite d'une parole donnée

dès aujourd'hui. Il y a plus. La Prusse en promettant à l'Autriche d'appuyer

la motion susmentionnée auprès de la diète Germanique, lui assurerait la

majorité, ce qui équivaudrait à mettre toute l'Allemagne à la disposition d'une

rivale. Ce serait la quintessence du Donquichotisme! Et d'ailleurs quelles seraient

les compensations stipulées pour la Prusse, de nature à faire contre poids dans

le plateau de la balance? On pourrait répondre: l'annexion des Duchés à la

Prusse. Mais si elle y vise encore, ce n'est pas seulement à Vienne qu'il fau

drait postuler. La France a l'oeil ouvert, et au reste la proie serait pJus facile

à saisir dans une lutte contre que pour l'Autriche. La compensation se irou

verait-elle dans de larges concessions faites par le Cabinet de Vienne à la

Prusse dans les affaires Allemandes? Consentirait-il à cesser sa lutte d'infiuence

dans le sein de la Confédération? Autant vaudrait affirmer que tout à coup en

faveur de ses rèves de domination en Italie, il a renoncé à toutes les traditions

de sa politique; en d'autres termes qu'il aurait làché la proie pour l'ombre.

A mes yeux, les démentis de M. de Balan ont peu de valeur. Il n'a pas l'oreille de M. de Bismark, qui à lui seui traite des affaires avec quelques conseillers réunis autour de sa personne, et qui lui gardent un secret inviolable. Ce n'est donc qu'à l'aide du bon sens qu'il est permis de contròler les nouvelles de Paris et de Francfort. Pour mon compte je m'abstiens par système de me rendre l'écho des bruits qui circulent chaque jour; ou du moins avant de les rapporter, j'examine soigneusement quel pourrait ètre leur caractère de vraisemblance.

Il y a une autre raison enfin qui me porte à ne pas ajouter foi à ce courant de nouvelles. Si la Prusse avait donné une si large satisfaction aux vues ambitieuses de l'Autriche, hésiterait-elle autant à signer son protocole commerciai avec nous? Ne serait-ce pas au contraire un moyen de cacher son jeu, sans porter désormais ombrage à son arnie? Les fins de non recevoir dans l'acte de navigation du Danube, du Ldban, ses retards dans les affaires commerciales, sont plutòt, il me semble, un indice que ne voulant rien sacrifier sur le fond et sur les affaires essentielles, elle se montre d'autant plus malléable dans la forme, et condescendante dans les affaires, relativement parlant, secondaires.

Il se peut que le Roi Guillaume dans un moment d'entrainement, et sous le charme de l'Impératrice, ait promis monts et merveilles sans calculer la portée de ses paroles; mais que dans le silence du Cabinet, ces promesses ayent été consignées par écrit, ce serait vouloir ravaler le Souverain et son Ministre au rang de coupables de lèse-nationalité.

Les Ambassades de F,rance et d'Angleterre que j'ai rpressenties ne savaient rien sur ce sujet. L'une et l'autre conviennent seulement que les meilleures relations existent toujours entre les trois Cours du Nord. Là est le danger si à Paris on

s'obstine à une inertle qui pendant un certain tems peut-etre a pu etre de la sagcsse, mais qui aujourd'hui serait de la démence.

Le Général Roon Ministre de la guerre, d'après le desir qui en avait été manifesté par l'Ambassadem de Prusse à Paris, a été invité au camp de Chàlons. Le Cabinet de Bedin a senti l'opportunité pnr le choix de ce Général de r_nrquer quelque déférence.

Le Comte Puliga .partira Ie 6 courant pour St. Pétersbour.g. Le Comte Rati sera ici le 5. Je partirai immédiatement. Il n'est pas digne que j'aye l'air d'attendre indéfiniment le bien plaire de M. de Bismark pour la signature du protocole.

(1) Cfr. n. 190.

192

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 42. Londra, l settembre 1864.

J2ri sera appena mi veniva consegnata la copia del Dispaccio delli 23 agosto del Signor Conte Barrai (1) che il Cavaliere Artom a di lei nome m'inviava, mi rivolsi ad una persona di mia conoscenza d'ordinario molto bene informata, onde scoprire quanto ,,·i potesse essere di vero negl'impegni che la Prussia avrebbe presi verso l'Austria relativamente alle Provincie Venete.

Non posso ora meglio rispondere al quesito che mi vien posto che mandando la traduzione della lettera confidenziale ch'essa mi faceva pervenire stamane.

V. E. osserverà dalla natura specialmente riservata di questa comunicazione non che dai particolari che in essa si contengono, ài quanta importanza sia che nessuno sappia in qual modo io mi sia procurato questi ragguagli poiché, venendosi a scoprire la sorgente a cui li ho attinti, la persona che ora mi rese questo servigio ne rimarrebbe grandemente compromessa.

Com'Ella vede, la lettera di cui le rimetto la traduzione non parla che degli accordi presi questa Primavera.

Di quelli poi che avrebbero potuto essere conchiusi ultlmamente tra la Prussia e l'Austria non posso nulla affermare di positivo. Questa mattina però ho veduto qualcheduno che è in posizione di conoscere le comunicazioni che possono venir fatte confidenzialmente a questo Gabinetto e mi diceva che è impossibile di poter sapere fino a qual punto giungano tali impegni, ma che essi esistano, pur troppo pare non esservi il menomo dul.Jbio. Su questo particolare egli mi soggiungeva che avea veduto qualche tempo fa una lettera scritta dal Re dei Belgi ad un alto Personaggio Inglese, nella Quale S. l\;1. diceva di essere in grado di affermare che l'Austria si era formalmente impegnata a sostenere ila Prussia quand'essa venisse attaccata sul Reno, menrttre quest'ultima vicendevclmente prometteva di prendere le armi per difendere i possedimenti dell'Austria in Italia.

A complemento ddle informazioni che ho avuto l'onore di esporre fin qui, dirò a V. E. qual sia l'avviso dell'Incaricato d'Affari di Francia che andai pure a consultare.

Il Marchese di Cadore è anch'egli d'opinione che l'Austria con ogni mezzo abbia cercato ia questi ultir.1i tempi di farsi promettere dalla Prussia un appoggio armato in caso di una guerra in Italia, ma dubita molto che il Gabinetto di Berlino abbia in questo ceduto interamente ai desideri del suo alleato. Non nega che la Prussia abbia, per assicurarsi il sostegno dell'Austria negli affari dei Duc:1t.i Tedeschi, preso degl'impegni vaghi per la Venezia, ma naturalmente questo concorso essendo del tutto condizionato alla dichiarazione per parte della Dieta che il Mincio sia la frontiera naturale della Germania, una tale guarentigia diventa illusoria. Il Signor di Bismarck si sarebbe dunque servito di questo ripiego per trarre astutamente il Conte Rechberg ad assecondare i suoi fìd nel Nord della Germania, e la promessa che gli avrebbe fatta anche per convenzione scritta di difendere l'Austria nella Venezia rimane di poco valore, subordinata com'è ad una condizione la quale, se non interamente impossibile, è almeno molto difficile a realizzarsi.

L'Austria nel promettere alla Prussia di prendere parte ad una guerra eventuale sul Reno non le :fa una gran concessione essendovi costretta dai Patti Federali. Per qual ragione s'impegnerebbe così la Prussia a fare per l'Austria più di ciò che la sua alleata è obbligata di fare per lei?

Ec~o. secondo il Marchese di Cadore, quale sarebbe il vero stato delle cose e qual caso si deve fare delle convenzioni che indubitatamente, pare, siano state stipulate tra le due Grandi Potenze Germaniche. Egli non crede, contraria:nente all'opinione del Signor Conte Barrai, che quand'anche l'Austria ponesse davanti alla Dieta la questione di far comprendere la Venezia nella Confederazione Germanica, la Prussia le presterebbe un possente sostegno. Mi soggiungeva •iuindi per provarmi come fossero fondate queste sue supposizioni che da bforn:;az'oni venutegli da Parigi e dal linguaggio del Conte Appony si scorgeva facilmente che il Governo Austriaco non era punto soddisfatto della condotta del Conte Rechberg, il quale lasciavasi in tutto trascinare dal Signor di

Bis;narck senza avvedersi che questi lo abbandonerà appena non avrà più bisogno di lui.

Lo ste;;5o mio Collega asseriva ir:oltre che, circa sei. settimane or sono, il Governo Pruss:ano avrebbe fatto la proposta all'Austriaco di guarentirsi reciprocam.entc le loro rispetti'Je Provincie Polacche. Quest'ultimo vi acconsentiva in-:medlatamente e domandaYa che si estendesse una simile convenzione a tutti i possedimenti dei due Stati. Ma, per quanto è dato conoscere, questa seconda parte non avrebbe sortito alcun effetto.

Tali sono le informazioni che mi fu possibile di procurarmi oggi su questo importante argomento, e che sottometto all'alto giudizio di V. E.

Questa sera è aspettato il Signor lVIarchese d'Azeglio ed egli sarà certamente più di me in grado di fornire all'E. V. quegl'ulteriori ragguagli che nella elevata sua posizione gli sarà dato raccogliere.

ALLEGATO OLIPHANT (1) A MAFFEI

(Traduzione)

Londra, l settembre 1864.

L.P. CONFIDENZIALE.

Quando ero in Parigi verso la Pasqua scorsa mi fu mostrato in grande confidenza

una Copia della Convenzione che era stata conchiusa tra la Prussia e l'Austria ed

ottenni il permesso di copiarne quattro Clausole per informazione del nostro

Governo.

Ciò è strettamente confidenziale e non vorrei che alcun Membro del Governo

sapesse che vi ho detto tanto, perché conoscendo esso le dette Clausole, la sua poli

tica avrebbe dovuto essere diversa.

Non mi rammento la forma esatta di ciascuna Clausola, ma una diceva che la

Prussia avrebbe materialmente assistita l'Austria nel caso che la Venezia fosse

attaccata. Un'altra accennava alla cooperazione dell'Austria nella politica Prussiana

in Danimarca; un'altra comprendeva alcune stipulazioni relative alla posizione mili

tare della Prussia in Germania. Avendo gran fretta non ebbi il tempo di fare due

Copie del documento; sicché parlo per memoria dei fatti, ma questi, ripeto, si pas

savano non più tardi della Pasqua scorsa.

Essendo io sulle mosse di recarmi a Frankfort vi prego per una lettera di intro

duzione presso il vostro Ministro colà; potremmo così a vicenda esserci utili, ma,

sebbene io conosca moltissimo Ki.ibeck, non so se vorrà egli essere comunicativo

con me.

(1) Cfr. p. 160, nota 2.

193

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 349. Torino, 2 settembre 1864, ore 14.35.

D'après rapports du ministère de l'intérieur Croceo et ses compagnons seraient partis hier de Rome avec passeport espagnol sur bateau des Messagéries Impériales qui toucherait, dit-on. à Gènes. J'héstte à croire cette dernière circonstance que je me réserve de vérifier. En attendant je donne ordre au consul de Marseille de demander arrestation provisoire de Croceo et de ses compagnons. Les pièces pour l'extradition ont été envoyées au commandant des troupes françaises par notre autorité militaire. Je vous en adresserai le double immédiatement avec demande officielle d'extradition. On évalue à trois cent les assassinats commis par Croceo.

194

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 810. Parigi, 2 settembre 1864, ore 18 (per. ore 19).

J'ai demandé de mon còté officiellement arrestation provisoire de Croceo et de ses compilices (2). E~reur a dit à prince Napoléon que la nouvelle, que je vous ai télégraphié illlru'di (3) n'est pas vrade, qu'au contraire la Prusse en ce moment lui fait des avances.

(1) -Il nome dell'autore di questa lettera si ricava dalla lettera di Maffei del 3 settembre (cfr. n. 199). (2) -Copia della nota a Drouyn de Lhuys fu trasmessa da Nigra con R. 68 del 3 settembre. (3) -Cfr. n. 181.
195

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI, AL MINISTRO DELL'INTERNO, PERUZZI

D. 131. Torino, 2 settembre 1864.

Il R. Console a Corfù richiama l'attenzione del R. Governo sull'incremento che assume, .graZJie all'appoggio di Roma, la Società di S. Vincenzo de' Paoli nelle isole Ionie. Già essa dispone di considerevoli capitali, a poco a poco si impadronisce dell'insegnamento elementare, pubblico e privato, ed esercita un'influenza, che non è punto da tenersi in niun conto. Istituita per iscopo manifestamente politico, la Società fa una propaganda attivissima contro l'Italia, e tende ad un tempo a ramificarsi per tutto il Levante.

Lo stesso R. Agente riferisce essere voce accreditata che fra il Signor Lombardo, capo del radicalismo Ionio, e Garibaldi sia divenuto più intimo quell'accordo che da lungo tempo esiste tra loro. Si aggiungerebbe altresi un movimento nazionale nell'Epiro, e che il Signor Lombardo a tal riguardo non sembra guarì disposto ad assecondare tali divisamenti.

Siffatte informazioni che fanno seguito per la prima parte alla nota di questo Ministero, in data 30 luglio p.p. N. 115 Serie M. (Gabinetto), ed in quando alla seconda, alla precedente del 10 marzo p.p. N. 37 Serie M. (Gabinetto), lo Scrivente stima conveniente di recare a conoscenza del suo collega dell'Interno, per sua semplice notizia.

196

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(AVV)

L. P. 23. Torino, 2 settembre 1864.

Minghetti vi scrive a il.ungo (1) in l"lispo&ta all'ultima vostra (2). Mi riporto dunque alla sua lettera. Menabrea ritorna a Parigi per ricevere la risposta dell'Imperatore alla lettera del Re. Abbiamo qui esaminata la convenienza di questo ritorno, della quale il Generale ci lasciava giudici. Ci siamo decisi per il si, ed eccovene in due parole i motivi. Innanzi tutto ci parve esservi una ragione di convenienza per il Re.

Il Re aveva dato al Generale Menabrea una lettera, concepita in termini generali, nella qua·le diceva che il Generale era incaricato di esporgli il suo pensiero. Parmi dunque conveniente, per un riguardo a S. M., che il Gen~rale riceva la risposta scritta e verbale.

In secondo luogo voi sapete quale è la nostra situazione in faccia al Re. È di importanza vitale, nel caso che la condizione non possa attenuarsi o per lo meno non attenuarsi a seconda dei desideri, che nell'animo del Re entri la

piena convinzione morale, che tutti gli sforzi. furono fatti, che ':i è impossibilità assoluta, che c'est à prendre ou à laisser. Ora se l'ultima p~rola dell'Imperatore gli giunge direttamente e di viva voce per mezzo della persona a cui egli affidò questo incarico speciale, direi, personale, questa convinzione avrà un'evidenza piena e assoluta che forse non potrebbe avere altrimenti. Queste cose vi dico perchè voi siete disposto a tener conto àelle nostre difficoltà, come noi delle vostre. Vi sono dei quesiti che mi si affacciano alla mente a proposito della gran quistione sui cui sJ sta ora negozianJdo. Può darsi che Drouyn de Lhuys abbia l'intenzione, firmato il trattato con noi, di aprire una negoziazione separata colle Potenze cattoliche, sia per l'attuale territorio del Papa, sia per le eventualità dell'avvenire? Se il Papa, come Sovrano iadipeadente, chiamasse un corpo ausiliare austriaco a sostituire i francesi, si considererebbe la nostra opposizione come legittima? Se il Papa dichiara di non HV€1' denari per mantenere la legione straniera, chi darà questi danari, la Francia sola, le Potenze cattoliche, e potrebbe essere questo un appiglio a qualche accordo co:rnune fra queste Potenze? Ma di ciò, più tardi. Fratta:1to ccrchiar.co di accordarci sul principale, riserbanào dopo le quistioni concomitanti.

(1) -Cfr. n. 197. (2) -Cfr. n. 188.
197

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(Ed. in MINGHETTI, pp. 144-146 e in BASTGEN, pp. 342-343)

L. P. 2 settembre 1864.

Vi ringrazio della vostra del 31 (1). La questione di forma certo non è lieve, ma è superabile se vi si pone da ambe le parti buona volontà. Ecco il modo col quale io spiegava l'andamento à;?lle trattative, e che mi sembrava rispondere sostanzialmente al vero.

Ai nostri replicati reclami pel brigantaggio suscitato in Roma, alle nostre vive istanze perchè si fissasse un termine alla occupazione francese in Italia, Drouyn de Lhuys rispose con una nota a Malaret, da comunicarsi a Visconti Venosta, nella quale chiedeva un progetto pratico. Noi producemmo innanzi quello stesso di Cavour. La discussione e le reciproche transazioni lo hanno ridotto negli articoli, che si leggono nel trattato presente.

Senonché la Francia, mentre non poteva dubitare della lealtà del Governo italiano e delle sue forze per mantenere le promesse, pur si preoccupava dell'opinione del mondo cattolico e chiedeva un atto, e direi quasi una garanzia, che rassicurasse gli animi di coloro, i quali nella deliberazione del Parlamento vedono un'incessante minaccia.

:Noi rispondevamo che delle garanzie non ne potev<Jmo dare nessuna. Ed invero queste garanzie, o venivano da noi, o dalla Francia, o dall'Europa cattolica.

Se da noi, implicavano una rinuncia formale al diritto nazionale. Noi siamo pronti a dichiarare e mantenere che non andremo a Roma con la violenza nè con la conquista. Ma dobbiamo contare sull'effetto dei mezzi morali e della civiltà per giungere ad una conciliazione dell'Italia colla Chie~a, e perchè Roma divenga-pure, un giorno, capitale del Regno.

Le garanzie prese dalla Francia non potevano essere che un pegno tenuto nelle sue mani, come per esempio l'occupazione di Civitavecchia. Ma per noi lo scopo è lo sgombro dei Francesi dall'Italia e l'applicazione del principio del non intervento al territorio romano. Un caporale francese con quattro soldati sopra un punto di terra italiana equivale ad un esercito.

Finalmente non potevamo ammettere che l'Europa si mescolasse delle nostre faccende, prendendo ingerenza effettiva e materiale, laddove non ha e non deve averne alcuna, o solo morale. L'intervento europeo sarebbe anche meno accettabile dell'intervento francese, che abbiamo per intento di togliere.

Ma nel mentre sostenevamo di non poter dare garanzde, che del resto non abbisognano, facevamo riflettere al governo francese che il trattato condurrà seco di necessità alcuni cambiamenti assai gravi per le mutate condizioni interne, e che tali cambiamenti costituiscono una prova della nostra ferma volontà e deliberato proposito.

Fra questi atti il principale sarebbe il trasporto della capitale, indispensabile anche per sole ragioni strategiche, alle quali si aggiungono le ragim~i politiche di un'azione più efficace su tutte le parti del Regno, e le ragioni steso:e dedotte dalla nostra posizione inverso Roma. Perchè gl'influssi civili e i mezzi morali sarebbero tanto maggiod, quando noi fosisdmo in più vicina sede e in più intima comunicazione con quella città.

Il Governo francese, prendendo atto di tali dichiarazioni, e trovando in esse quelle dimostrazioni che desidera, sarebbe passato alla conclusione fsl trattato.

(1) Cfr. n. 138.

198

IL GENERALE KLAPKA AL l\UNISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

2 settembre 1864.

Les affaires hongroises étant entrées dans une phase nouvelle, et le Comité centrai dans le pays, voulant prendre la direction en ses propres mains, il re me reste pour le moment et jusqu'au jour du combat qu'un devoir à remplir, celui de vous rendre compte de la direction et de la gestion des intérèts communs que V.E. a hien voulu confier-à mon dévouement, depuis le l. Octobre 1863 jusqu'à ce jour.

Lorsque en automne dcrnier, la situation de l'Europe et spécìalement l'état des choses en Hongrie et en Italie, commanda la reprise des prép2,ratifs, en vue de notre soulèvement général, on divisa tout ce qui concernait ce travail en deux parties bien dj"tinctcs, savoir: l'Org:misation à l'intérieur et les préparatifs mllitaires concernant l'armement au moyen d'e:x,pédHions d'armes puisées au dehors.

La première partie, ainsi que nos rapports diplomatiques à l'extérieur, fut reservée au Comité centrai et à son représentant hors du pays lVI. Georges de Komaromy. Quant à moi, je fus chargé de l'expédition des armes, des rapports à entretenir avec les troupes Hongroises de l'armée Autrichienne, ainsi qu'avec les Polonais et les Slaves et de tout ce qui avait trait à ces diverses questions.

Pour arriver à ces fins, je fis dès l'année dernière l'acquisition en Suisse et à Vienne des armes à feu reconnues indispensables.

En Suisse, ce fut avec la Sodété industrielle de Schaffouse que fut contracté un marché pour 10.000 fusils rayés ainsi que pour leur envoi en Hongrie, à travers les provinces allemandes Autrichiennes.

Un nombre égal de fusils rayés, augmenté de quelques milliers d'armes blanches et de revolvers nous était assuré à Vienne gràce aux intelligences que nous y avions établies.

Bien que les armes eussent été prétes de bonne heure, leur expédition en fut toutefois différée par suite des retards survenus dans l'établissement des dépòts. Elle ne commença avec ensemble et vigueur qù'en février 1864.

A partir de cette époque les envois se poursuivirent sans relàche de la Suisse et dès le mois de lVIars, 1200 avaient deja passé la frontière d'Autriche et étaient, en grande partie, parvenues à nos dépòts princtpaux en Hongrie. Ces derniers étaient échelonnés sur la ligne ferrée de Klagenfurt à Bude.

Cette partie des préparatifs d'armements était, sans contre<lit, la plus compliquée de toutes. Il y avait, en effet, nécessité d'employer un grand nombre d'agents expéditeurs et de contrebandiers, à cause des transbordements que les envois durent subir. Les armes expédiées d'abord en contrebande sur le territoire Autrichien, prenaient ensuite leur ohemin pour Innsbruck, et de là, à Klagenfurt d:où elles repartaient pour la Hongrie.

AUJSISi, la saisie de •ces armes a-t-elle eu, pour conséquence forcée, l'arrestation de beaucoup de monde et la fuite en Suisse de bien des personnes. De là des réclamations sans fin et d'inévitables sacrifices pécuniaires pour indemniser et imposer silence aux persécutés et aux réfugiés et prévenir ainsi des indiscrétions qui auraient causé au pays des malheurs plus grands encore et suscité au Gouvernement Italien des mouvements qu'il importait d'éviter.

Je suis heureux de pouvoir annoncer que gràce à ces précautions, rien n'a pu étre découvert par les autorités Autrichiennes et qu'aujourd'hui encore, elles croient que ces armes étaient à destination de la Pologne, de sorte que toute l'affaire promet de s'assoupir naturellement.

L'agent habile et dévoué que j'avais envoyé à Vienne pour régler sur ce point l'achat des armes et leur expédition en Hongrie a su, malgré les ramifications nombreuses de son travail, au milieu de circonstances également difficiles réussir à faire passer environ un millier d'armes. Mais arrivées à leur destination, elles furent saisies, comme sur les autres lignes.

Nous n'eumes pas d'autres malheurs a déplorer dans le pays que ceux résultants de quelques arrestations, qui heureusement ne portèrent pas sur les hommes chargés du mouvement des armes.

Notre agent principal sur cette ligne, put encore résilier ses marchés, régler tout ce qui concernait ses transactions et quitter Vienne sans laisser derrière lui aucune trace compromettante.

Une troisième tentative d'introduction d'armes fut faite en Silésie; mais

malheureusement avec le meme insuccès. L'éveil était déjà donné aux autorités

Autrichiennes. Un premier lot fut saisi en Gallicie et on fut obligé pour éviter

des pertes considérables d'interrompre cette opération.

Cette fàcheuse issue des premiers efforts sérieux qui, depuis 1849, ont été

faits pour introduire des armes en nombre considérable, en Hongrie, j'ai le

regret d'avoir à le dire doit ètre attri!bué uniquement à deux causes: aux

démonstrations intempestives organisées par le Comité institué par M. Kossuth

(il a été dissous depuis), ainsi qu'au manque d'énergie et d'intelligence de la

part des (personnes chargées de l'organisation des dépòts à l'intérieur et de la

réception des armes, pour lesquelles tout cela constituait une opération entiè

rement nouvelle. Sans ces deux causes, 20 mille fusils rayés se trouveraient

aujourd'hui dans le pays, sans que l'Autriche en ait eu connaissance.

Toutefois, malgré les pertes matérielles éprouvées par les confiscations,

l'introduction de ces quelques milliers d'armes, ayant été connue du peuple,

a produit sur lui un effet puissant. Il a vu, pour la première fois, qu'une

organisation secrète et forte s'occupait fermement de la délivrance de la

Hongrie, et, aujourd'hui, il croit qu'un grand nombre d'armes, resté inaperçu

des Autrichiens, se trouve caché et à sa disposition pour le moment de l'action.

Cette circonstance n'a pu que fortifier ses espérances dans un meilleur

avenir, et les prochains événements le trouveront pret.

La découverte de presque tous nos dépòts d'armes et l'impossibilité de continuer le travail des préparatifs de ce còté, nous a imposé le devoir de concentrer tous nos efforts, pendant quelque temps, à ceux nécessaires sur le bas Danube et la frontière orientale de la Hongrie.

Cet important travail comme Vous le savez, M. le Ministre, a été confié à l'intelligente direction de mon ami le Général Eber qui, jusqu'à ce jour, n'a ni confiscation ni pertes encore à déplorer, et qui je l'espère, saura mener à bonne fin cette grosse tàche.

En meme temps que je m'occupais si activement de l'expédition des armes, je renouais mes anciens rapports avec quelques troupes hongroises, en vue du but que nous poursuivons.

Les troupes hongroises dont la coopération immédiate, en cas d'un soulèvement général nous est presque indispensable sont les régiments de Cavalerie (Huszards) stationnés en Gallicie, en Bohème et en Moravie et qui, comme en 48 et 49 pourront facilement atteindre la frontière, la passer et se joindre aux forces insurrectionnelles du Pays.

C'est donc sur ces points que j'ai, principalement, porté mon attention.

Dans cet ordre, les démarches étaient plus difficiles et offrirent moins de succès en Bohème et en Moravie qu'en Gallicie, où les troupes aussi bien qu'un grand nombre d'officiers se montrent on ne peut mieux disposées.

Je continuerai à l'avenir ces rapports et procéderai toujours avec la mème prudente réserve pour assurer et développer les résultats acquis, en mème temps que pour sauvegarder des existences précieuses au Pays.

Nos rapports avec les Slaves Autrichiens, et le réglement de plusieurs questions vitales, pour les deux parties, ont été confiés à l'entremise d'un ancien membre du Gouvernement National Polonais, M. Przibilski, auquel j'ai remis d2 votre consentement, lVI. le Ministre, les fonds nécessaires affectés à son tra\'ail, et à qui j'ai plus tard ajouté encore quelques sommes peu considérables m8.is indispensables.

C'est prindpalement parmi les Tchèkes et les Croates que NI. Przibilski a ohtenu des !'ésultats dont j'attends de bons effets.

vans les Principautés Dnnubiermes, nous avons eu, un moment, de grands embarras. :::vi. lVIazzini, y avait envoyé de son propre mouvement, plusieurs agents à la tete desquels, se trouvaient le Major Frigessy et M. Borzyslawski qni jouaient le principal ròle, et dont les imprudences pouvaient nous gàter cette p~cemière base.

Je dv.s de suite, à la première nouvelle qui m'en parvint, y envoyer une commiss:on secrète, composée de deux Colonels et plusieurs subalternes pour co!:tr;;carrer l'action de ces lVfessieurs, réparer le mal qu'ils nous avaient causé, prévenir la démoralisation des forces Hongroises qui s'y trouvaient et sauvegarder ainsi le terrain le plus important pour nos opérations futures.

La Commission à son arrivée sur les lieux, trouva tous les éléments d'action, déjà en plein désordre. Frigessy fut, bientòt après, arreté et plusieurs Hongrois expulsés. Il ne restait qu'à exhorter les autres à se tenir tranquilles, les ramener au sentirr.ent de prudence et leur dire d'attendre les avis ultérieurs.

Cette Commission avait, en outre, le devoir de faire la conscription et l'évaluation des éléments sur lesquels nous pourrions avec certitude compter au moment d'une entrée en campagne en Transylvanie.

Ayant terminé son tr:wail et son séjour dans les Principautés, n'ayant plus de motifs, elle a été rappelée, à la suite d'un commun accord entre le représentant du Comité et moi.

J'avais. cn ~e meme temps, envoyé à Bukarest, un émigré de 1849; hommc intelligent et énergique, le Comte Arthur Scherthoss, auquel je procurai ostensiblement une miss:on financière, mais qui devait sonder le· terrain, voir de près les tcnd.1nces du Gouvernement Roumain et du Prince Couza. Il devait aussi, s'entendre définitivement avec ce dernier, sur la question des 10.000 fusils, -:w'il détient pour notre compte dans ses arsenaux, en vertu des conventions conclues à cet effet.

Le Prince Couza, ainsi que son premier Ministre M. Cogalnitcheano, ont

reçu d'abord très bien cet envoyé, puis, pour des motifs qui me sont encorc

inconnus, et malgré l'accueil affable qui lui avait été fait, mais très probable

ment sur les instances de l'Autriche, fut tout d'un coup invité à quitter le pays.

L'organisation des forces militaires en Hongrie réclamait aus:~i l'étahlisse

ment de Réglements et de diverses Ordonnances militaires égaux pour tous.

Dans ce but, j'ai prié M. Le Général Vetter, ancien professeur de l'Ecole

militaire de Gratz. Officier Général de mérite. de se charger de l'élaboration

en langue Hongroise de ces travaux pour les faire imprimer immédiatement

ici où nous possédons une imprimerie en cette langue. Je lui adjoignis aussi

quelques officiers qui l'ont bien aidé, et aujourd'hui, gràce à l'activité déployée,

les ordonnances sont imprimées et le manuscrit achevé pour continuer l'impres

sion des divers autres Services.

Ces divers travaux, dont je viens de vous faire l'énumération m'obligent

encore à des dépenses.

Les fonds quc je tiens à ma disposition suffisent pour tout arranger, dans le courant du mois, d'une manière définitive et de telle sorte q_ue personne ne pourra élever la plus petite réclamation.

La seule chose t<;mtefois qui reste à régler, c'est le corapte des armes Suisses, c'est-a-dire, le solde de 8000 fusils restants à Schaffouse. Je dois vous rappeler cpc pour le cas, où ces fusils ne seraient pas saldés au commencement de nover,lbre 1864, on perdrait le cautionnement déposé, conformément au contract p:;:ssé en novembre 1363. Il emporte, par conséquent, qu'avant cette première date, l'envoi de ces armes soit décidé soit vers l'Italie, soit dans toute autre cErection, et leur solde payé. Je joins à cet effet, toutes les pièces néces8aìres po<.Ir le règlei'J.ent de cette affaire.

Je :finis ce rapport, en priant le Gouvernement Italien de vouloìr bien montrer aux personnes chargées par le Comité Centrai Hongrois de traiter avec lui, la mème confiance dont il a bien voulu m'honorer.

B~ea que ne pouvant plus prendre aucune responsabilité sur moi, je serai to<.1tefois toujours pvét à coopérer avec eux, et à leur faciliter leur tache de tous mes moyens et dans la faible mesure de mes forces.

Pour régulariser leur travail à l'avenir et pour que le Gouvernement Italien soi.t toujours tenu au courant de la situation, il me paraitrait indispensable qu'un délég!Ué secret italien, qui serait votre fondé de [pOUvoi.Ts, fut chargé des affaires Hongroises.

Ce délégué, n'aurait alors qu'à s'dnformer [périodiquement de l'action et des progrès faits dans les trois sphères distinctes de notre activité, c.a.d. à l'intérieur de la Hongrie, dalliS les Princtpautés Danubiennes et en Servie;

Le Comité pourrait toujours l'informer de ce qui se passe dans le Pays. Le Général Eber aurait le devoir de le renseigner sur ses opérations dans les Principautés Danubiennes, et le Général Hongrois chargé des préparatifs en Servie et sur les :fu-ontières de la Croatie et de la Dalmatie de tous les faits concernant ce dernier théatre.

Le mécanisme ainsi organisé, tout marcherait régulièrement jusqu'au jour fixé d'un commun accord avec le Gouvernement Italien pour la prise d'armes et l'entrée en campagne en Hongrie (1).

199

IL SEGRETARIO DELLA LEGAZIONE A LONDRA, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Londra, 3 settembre 1864.

Coll'arrivo del Marchese d'Azeglio ebbe termine la mia breve reggenza di questa Legazione, e se non fui pienamente all'altezza dell'incarico che mi era affidato, spero Ella vorrà almeno tener conto della mia buona volontà.

Ora debbo aggiungere due parole all'ultimo mio dispaccio confidenziale (1), sulle ricerche che a di Lei nome il Cav. Artom mi pregava di fare intorno alle notizie trasmesse dal Signor Conte di Barrai sull'attuale attitudine della Prussia verso l'Austria. Credo di aver mandate alla S. V. tutte le informazioni che, nella completa assenza di tutti gli uomini politici da Londra, era possibile di avere. La lettera confidenziale di cui Le inviava la traduzione, era del Signor Lawrence Oliphant, il quale fu per un tempo nella Diplomazia inglese, e che lasciato poscia il servizio, ebbe in questi ultimi anni da Lord Palmerston una quantità di quelle mis:~ioni misteriose et désavouées che il Governo inglese mantiene sempre ovunque scoppia una rivoluzione. Fu così successivamente nei Principati Danubiani, in Polonia, in Danimarca etc., ed egli è stato quello che ebbe il mezzo di procacciarsi le copie di quei famosi dispacci sulla Santa Alleanza che, involati a quanto pare a Berlino da un impiegato polacco e passati quindi a Copenaghen ed a Parigi, venivano pubblicati nel Morning Post col consenso di Lord Palmerston. La posizione eccezionale che ha il Signor Oliphant con questo Governo è talmente conosciuta, che io credetti, nel mio precitato dispaccio, di dover raccomandare alla S. V. di usare la più gran riservatezza riguardo alla lettera che io Le trasmetteva, poiché sebbene non Le mandassi il nome di chi la scriveva, sarebbe riuscito facile scoprirlo leggendone il contenuto.

Il Signor Oliphant è partito ieri pel continente, e si recherà forse fra breve in Italia. Anzi deggio a questo proposito avvertirla che lo munii di una lettera d'introduzione per la S. V., reputando opportuno ch'Ella possa avere una conversazione con lui. Egli si propone d'intraprendere fra breve la pubblicazione di un giornale, il quale tratti esclusivamente delle relazioni dell'Inghilterra colle nazioni del continente, sotto ad un punto di vista liberale e contrario al sistema di mantenere la pace ad ogni costo, che pare qui prevalere attualmente. In presenza degli eventi che la nuova coalizione del nord sembra voler preparare all'Europa una tale pubblicazione acquista un'importanza ancora maggiore, ed ho stimato perciò, nell'interesse del nostro paese, di fornire al Signor Oliphant il mezzo di mettersi in comunicazione colla S. V. Ella troverà del resto in lui un uomo di moltissimo ingegno, ed interamente devoto alla nostra causa.

Ritornando sull'argomento della promessa che la Prussia avrebbe data all'Austria di far dichiarare dalla Dieta Federale, in caso di pericolo, il Mincio come necessario alla sicurezza della Germania, con tutto il rispetto e la considerazione che merita l'opinione del Conte Barrai, credo che questa sia una di quelle tali quistioni, di cui riesce più facile formarsi un giusto criterio da lungi, che sul luogo stesso, ove si passano quest'intrighi. Qui, come rassegnai alla S. V., generalmente si crede che la Prussia ha presi questi impegni verso l'Austria, solo per trarla ai suoi voleri nella presente quistione dei Ducati, parendo difficile che per il solo motivo di far trionfare il Gran Duca di Oldemburgo nello Schleswig Holstein, essa abbia assunto una così grave responsabilità, soprattutto per una quistione ln cui non è interessata direttamente, e che potrebbe attirare sopra di lei incalcolabili pericoli.

Queste sono le opinioni che qui prevalgono, e che ho sottoposto all'alto di Lei giudizio, in risposta alla dimanda che mi veniva rivolta.

Prima di prendere da Lei congedo, Signor Cavaliere, debbo esprimerLe il mio rincrescimento per l'errore in cui l'Incaricato di Affari francese mi fece cadere, assicurandomi che era il Signor Hidalgo l'Inviato del Messico -che doveva da Parigi andare a Torino. Mi gode l'animo pensando che questo equivoco non ha potuto produrre alcun inconveniente, essendo Ella stata certo esattamente informata su questo soggetto dalla Legazione di Parigi...

(1) Non si pubblica una Lp. confidenziale di Klapka a Cerruti dello stesso 2 settembre, con al+!uni allegati riguardanti l'acquisto di fucili in Svizzera.

(1) Cfr. n. 192.

200

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 815. Carlsruhe, 6 settembre 1864, ore 17,30 (per. ore 21,30).

Je sais de très bonne source que dans entrevue de Vienne aucune des grandes questions n'a été abordée. Celle vénitienne non plus. Ni aucune garantie prussienne jusqu'ici à ce sujet.

201

IL MINISTRO DEI LAVORI PUBBLICI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(AVV)

T. Parigi, 6 settembre 1864.

Ce matin long entretien avec Drouyn de Lhuys. Il m'a remis réponse cachetée Empereur. Drouyn de Lhuys dit qu'il renouvelle sentiment expression désir évacuation Rome, condition sine qua non transport préalable capitale. J'ai renouvelé déclaration que Ministère accepte au be~oin Traité formulé, que le Roi ne refuse pas, mais que son texte tlaisse in·certitude et son exécution crée difficultés pratiques au Gouvernement italien; que Gouvernement frança1s ne pouvait volllloir nous embarra~SSer et pa,r conséquent nécessa1re définir transport capitale. Drouyn de Lhuys trouve transport résidence officielle du Roi et du Parlement insuffisant. Après discussion, dans laquelle Drouyn de Lhuys n'a pas cherché faciliter exécution, il est convenu soumettre Empereur proposition suivante: Déclaration transport capitale; transport effectif de la résidence officielle du Roi, Parlement, des Corps principaux comme Cour des Comptes, Ministère des Affaires Etrangères, Corps diplomatique; présentation projet de loi pour dépense nécessaire et contrat pour transport toute administration; dès ce moment courir période deux années pour évacuation, tandis que transport s'achèverait, pourvu que loi précédente reçoive commencement exécution sérieuse.

J'ai encore insisté garantie France contre Autriehe. Drouyn de Lhuys verra

aujourd'hui Empereur. J'ai expri.mé désir avoir encore audience Empereur.

J'ignore si possible. J'ai dit Drouyn de Lhuys ne vouloir retourner Turin

qu'avec projet nettement formulé à soumettre à mon Gouvernement.

Je crois utile rester ici jusqu'à décision affaire qui ne peut tarder. Je

remettrai moi-méme au Roi lettre Empereur. S'il le faut je l'expédie immé

diatement (1).

202

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI GENOFOLI

T. 356. Torino, 7 settembre 1864, ore 16,15.

On e::rit de Rome que le brigand Croceo va partir pour Barcelone avec un passeport espagnol. Il serait peut ètre utile que M. Pacheco fllt officieusernent prévenu qu'une demande d'extradition lui serait immédiatement adressée. N'ayez cependant pas l'air de faire une communication au nom du Gouvernement du Roi. Croceo est un malfaiteur de bas étage qui a commis trois cent assassJnats.

203

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, ALL MINISTRO DEI LAVORI PUBBLICI, MENABREA, A PARIGI

(AVV)

T. Torino, 7 settembre 1864.

Si vous pouvez avoir audience Empereur tant mieux. Sinon revenez avec dépeche au plus vite. Garantie contre Autriche serait élément très important. Quant aux autres articles, quand on est d'accord sur le fond, on arrangera la forme après.

204

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO DELLA MARINA, CUGIA

D. R. 132. Torino. 7 settembre 1864.

Le informazioni politiche contenute nel rapporto del Comandante della

R. Squadra stanziata a Tunisi che il Ministero della l'<Iarlna trasmi~e a qt<ello

(lì Annotazioni marginali di Visconta Venosta: • Non si comprende perché Menabrea entri eol Ministro francese in questa inutile discussione di particolari quando il suo inca:cico era di ottenere una modificazione importante alla clausola del trasporto».

« La garanzia contro l'Austria era desiderata dal Re. Io vi era poco favorevole. Il pericelo d'attacco austriaco era assai improbabile e la garanzia dava alla Francia un titolo d'ingeren>a e di tutela su tutti i nostri atti •.

degli Esteri colla sua nota del 4 corrente (1) e che ora gli si restituisce, furono confermate da una comunicazione verbale del Ministro di Francia.

Giusta questa comunicazione la Francia e l'Inghilterra si sarebbero poste d'accordo per ritirare le loro flotte dalle acque di Tunisi, tostoché il Commissario Ottomano ne sia partito colla sua flotta.

Avverandosi questo caso sembra al lVIinistero scrivente che non vi sia alcun inconveniente nell'autorizzare il Comandante della R. Squadra ad abbandonare egli pure quelle acque, lasciando però due legni a disposizione del R. Consolato Gee1erale. Questo partito sembra infatti al sottoscritto quello che meglio corrisponde alla politica seguita sinora dal Governo del Re nella Reggenza.

L'invio della R. Squadra colà aveva per iscopo in primo luogo di proteggere, all'uopo, anche con uno sbarco isolato i coloni italiani ed i loro interessi: in secondo luogo di mantenere illesa la nostra influenza presso il Bey senza destare con un'azione intempestiva e non preceduta da concerti internazionali la gelosia della Francia e dell'Inghilterra.

Le circostanze non furono tali da rendere necessario uno sbarco delle sole forze italiane: ma la nostra partecipazione diretta a tutti i negoziati che ebbero luogo fra l'Inghilterra, la Francia ed il Bey, bastò, coll'ajuto dell'impone.ate apparato di forze marittime, a non lasciar-eclissare la nostra influenza da quella di altre Potenze.

Ora, se non sarebbe senza inconvenienti :il richiamare la nostra flotta prima che partissero da Tunisi la flotta inglese e francese, non sarebbe neppure buona politica il pretendere che le nostre navi vi rimanessero dopo la partenza delle altre squadre; anzi basterebbe il dubbio che ciò avvenisse per dare ad Haider Effendi l'appiglio, probabilmente desiderato, per rimanere a Tunisi e continuare quegli artifici e quelle mene che tanto contribuirono, a quanto scrive l'Ammiraglio Albini, alle perturbazioni avvenute nella Reggenza.

Per queste considerazioni il Ministero degli Esteri è d'avviso che il Comandante della R. Squadra partecipi all'accordo che si tratterebbe di stringere tra l'Ammiraglio Inglese e Francese, in un coi Consoli di Franc'E e di Inghilterra; e che se le flotte lasciano effettivamente Tunisi dopo la partenza di Haider Effendi la nostra squadra lasci pure quelle acque ad eccezione di due legni che dovrebbero continuare a rimane1·e a disposizione del R. Console ed Agente Generale.

Istruzioni analoghe saranno dal JVHnistero scrivente tra>Elesse al Cav. Gambarotta.

205

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, GAMBAROTTA

D. 8. Torino, 7 settembre 1864.

Il Barone di Malaret mi diede pochi giorni fa lettura d'un dispaccio del Mini.stro Imperiale degli Affari Esteri, in cui il Signor Drouyn de Lhuys lo incaricava d'informare il Governo del Re che la Francia e l'Inghilterra inten

devano di porsi d'accordo per ritirare simultaneamente le loro flotte da Tunisi tosto che ne fosse pure partita la flotta Ottomana del Commissario Turco Haider Effendi.

Alla domanda del Barone di Malaret, se il Governo del Re intendesse pure di ritirare la sua flotta, io risposi che ad eccezione di due legni che· dovevano rimanere a disposizione della S. V. Illustrissima, la squadra italiana sarebbe contemporaneamente alle flotte inglese e francese partita per altra destinazione.

Analoghe istruzioni sono adunque impartite dal Ministero di Marina all'Ammiraglio Albini, d'accordo col Ministero degli Esteri. Intorno a queste istruzioni, di cui Ella potrà avere agevolmente comunicazione dal R. Comandante della squadra non mi occorre farle osservare che la necessità di cooperare agli accordi accennati dall'Ammiraglio Albini, e confermati dal Barone di Malaret per raggiungere il nostro scopo, cioè di mantenere illesa la nostra influenza a Tunisi senza destare gelosie o nuocere in qualsiasi modo ai nostri buoni rapporti colla Francia e coll'Inghilterra. I due legni da guerra che rimarranno a disposizione di Lei basteranno, non ne dubito, ad avvalorare le domande che Ella dovrà far valere presso il Bey per la pronta soluzione delle questioni pendenti. Il Governo di Tunisi sa ormai che non mancherebbero all'Italia i mezzi di ottenere con maggiore sviluppo di forze quelle legittime soddisfazioni che noi preferiamo dovere alla evidenza del nostro diritto ed alla giusta influenza morale dei rappresentanti del R. Governo all'estero. Io mi lusingo perciò che il Governo del Bey, tenuto conto della nostra condotta amichevole e dei riguardi usatigli nelle gravi circostanze in cui s'è trovato testè, non indugierà a dar esito pronto e soddisfacente alle nostre domande.

P. S. Unisco ad ogni buon fine copia della nota da me oggi stesso diretta al R. Ministero della Marina (1), ed alla quale saranno informate le istruzioni impartite da quel Dicastero all'Ammiraglio Albini.

(1) Non pubblicato.

206

IL MINISTRO DEI LAVORI PUBBLICI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(AVV; ed. in MINGHETTI, p. 165)

T. Parigi, 8 settembre 1864.

Je viens de voir ministre Rouher qui conseille hàter signature traité pour déjouer influences contraires qui pourraient surgir. Il est à présumer effet traité plus grand qu'on ne croit. Il adopte ma formule: transport capitale consister transport siège résidence royale, parlement, cor'Ps diplomatique. Le reste regarde détails intérieurs. * Tàchera faire aocepter Empereur. Ne pas trop se préoccuper des difficultés de Drouyn de Lhu~~s * (2). 11 conseiJ.lerait envoyer immédiatement Pepoli à Paris avec pleins pouvoirs. Rouher tàchera faire

abréger délais de deux années. H m'engage à tàcher voir Empereur avant mon départ. n croit garantie contre Autriche conséquence naturelle du traité, mais il ne semble pas devoir en faire objet de stirr>ulation. * Tout ceci est très confidentiel *. Informez le Roi immédiatement.

(1) -Cfr. n. 204. (2) -I brani fra asterischi non sono editi in MrNGHETTr.
207

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI

(AP)

L. P. Torino, 8 settembre 1864.

Minghetti ti ha oggi telegrafato il risultato della missione di Menabrea. Menabrea partirà, credo domani, da Parigi. Ma il telegramma suo di ieri sera (1) indica nettamente la situazione. L'Imperatore fa del trasporto la condizione sine qua non, né recede da essa. Solo consente a fare della parola trasporto quella interpretazione, che era per certo implicita anche nel primitivo progetto. Vuole che si pronunci la parola, che si decreti il fatto, che vi si dia principio di esecuzione ne' suoi principali elementi. Ci dà larghezza di tempo a compiere il resto. Ecco quanto risulta dal telegramma di Menabrea, benché errato in molte cifre. Aspettiamo il ritorno di Menabrea che porterà una lettera dell'Imperatore al Re, e riferirà a voce per deliberare definitivamente con

S. M. Bisogna dunque che ti tenga pronto sia pel momento della crisi, se crisi vi sarà, sia per recarti a Parigi.

Non occorre che ti dica che noi siamo decisissimi. Quanto a me, dia il Gabinetto in massa le sue dimissioni, ed io mi ritiro per agevolare un'utile modificazione ministeriale, sarò lieto di rientrare nel!a vita privata dopo che la quistione nazionale, immobile da tanto te~o, avrà ripreso il suo movimento. Tornerò fra le mie predilette pareti domestiche, dove lasciai un grande affetto che mi accompagnava sempre e dovunque, dove non ritrovo più che una cara e dolorosa memoria.

Se il fatto si compie, l'Italia diventerà finalmente padrona della sua politica. Ad ogni modo sarò lieto pensando che questi due anni, oramai, di rapporti ufficiali fra noi due, non fecero che assodare la nostra reciproca amicizia.

208

IL CONTE CSAKY AL CAPO GABINETTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, ARTOM (2)

L. P. Torino, 8 settembre 1864.

J'ai l'honneur de Vous envoyer ci-joint la note que je crois nécessaire de soumettre à l'approbation de M. le Président du Conseil, pour éviter tout malentendu et pour préciser nettement la situation du Comité Hongrois vis-à-vis du Gouvernement Italien.

ALLEGATO

CSAKY A MINGHETTI

Torino, 8 settembre 1864.

Le retard inattendu qu'a subi l'exécution du projet arreté, semble nécessiter les changements suivants dans les ccnditions sur lequelles on était tombé d'accord, et qui sont contenues dans la lettre que M. Komaromy et le soussigné ont eu l'honneur d'adresser le 27 Aout 1834 à S.E. le Président du Conseil (1) savoir:

1° Les 500.000 fr. pour les premières dépenses ne seront remis au Comité Hongrois qu'après une réponse favorable de Delgrade.

2° Ce n'est qu'alors que les représentants du Comité Hongrois demanderont la faveur d'une audience à S.M. le Roi pour obtenir son adhésion au projet arreté.

3° Si le Gouvernement Italien juge opportun de remettre l'insurrection hongroise au printemps le Comité Hongrois s'engage de faire pendant l'hiver tour les préparatifs pour etre pret au moment voulu; dans ce cas:

a) les autres fonds ne seront remis au Comité Hongrois qu'au printemps prochain; b) les 4000 fusils ne seront envoyés aux embouchures du Danube qu'au printemps prochain.

(1) -In realtà del 6 settembre, cfr. n. 201. (2) -La lettera è indirizzata a « Monsieur le Chevalier •; molto probabilmente si tratta di Artom a cui Csaky cosi si rivolgeva.
209

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI GAROFOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 821. Mad1·id, 9 settembre 1864, ore 16,15 (per. ore 18,40).

J'ai fait les démarches sur affaire Croceo. Ministre d'état dit etre impossible que la légation lui ait donné passeport et se réserve de vérifier. Pacheco arrivera à Madrid demain.

210

IL MINISTRO DEI LAVORI PUBBLICI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(AVV; ed. in MINGHETTI.. p. 165)

T. Parigi., 9 settembre 1864.

L'Empereur me recevra dimanche prochain. Je tàcherai d'etre à Turin mardi soir. Drouyn de Lhuys décidément contraire cherche faire suspecter notre bonne foi à l'Empereur. Prince Napoléon, que j'ai vu hier, insiste pour qu'on hate d'en finir. * Vous aurez r~çu ma dépeche télégrarphique contenant conversation avec Rouher. J'ai conseillé envoyer immédiatement Pepoli avec pleins pouvoirs * (2).

(1) -Cfr. n. 167. (2) -Il brano fra asterischi non è edito.
211

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, STRAMBIO

D. l. Torino, 9 settembre 1864.

Nel suo passaggio a Torino il Signor Conte Scherrthoss mi ha dato ulteriori ragguagli circa le circostanze che accompagnarono la sua espulsione dai Principati, ed alle quali probabilmente si collega la Circolare del Governo Rumeno di cui Ella mi ha trasmesso copia col suo rapporto Confidenziale del 23 agosto N. 10 (1). È certamente a deplorarsi che il Governo dei Principati, cedendo a terrori esagerati e fomentati ad arte dalle Potenze finitime, adotti una linea di condotta così poco conforme ai principii liberali che dichiara di professare. Io non ho mancato di recare in via confidenziale a notizia della

R. Legazione in Parigi le informazioni della S. V. Illustrissima, e se il Governo francese, che fu specialmente offeso per l'espulsione del Conte Scherrthoss, cui accordò la sua protezione, non che pel mali trattamenti cui furono sottoposti parecchi dei polacchi muniti di passaporto francese, indirizza, come io lo spero, energiche rimostranze a S. A. il Principe Couza, io autorizzo sin d'ora la S. V. Illustrissima a secondare gli uffici che il Console Francese avrà ordine di fare. Ma, per quanto io rammarichi che il Governo Rumeno non segua migliori consigli, io non credo opportuno ch'Ella, senza essere secondato da alcuno de' suoi colleghi, pigli l'iniziativa di proteste o di dichiarazioni il cui vetro scopo potrebbe, nelle attuaJi circostanze, essere facilmente o malignamente travisato. Intorno a questo oggetto credo utile entrare in qualche ulteriore spiegazione colla S. V. Illustrissima.

Il numero di idfug;iati polacchi che da quaJ,che tempo si agglomerano in Italia cresce in tal modo che il Governo del Re ha dovuto prendere in seria considerazione se cotale illimitata ospitalità sia senza pericoli per l'ordine interno. Ma mentre si ha ragione di credere che alcuni Governi e particolarmente l'Austriaco tendano ad agevolare questa agglomerazione d'emigrati sulla Svizzera e sull'Italia (e noterò di passaggio che il Consiglio Federale Svizzero ha mosso di ciò formale lagnanza al Governo Austriaco) ripugna ad un Governo libero di respingere alla frontiera questi numerosi rifugiati, privi di mezzi, e degni, in gran parte, di commiserazione. Si è perciò preso il partito di agevolare la loro partenza dai RR. Stati accordando loro fogli di via ed anche qualche modico soccorso per le spese di viaggio. Alcuni di questi rifugiati s'avviano in Francia, ma molti e forse i più turbolenti preferiscono imbarcarsi per l'Oriente e da Costantinopoli si riversano in Servia, nei Principati ecc. Io non mancai di spiegare al Ministro di Turchia che il Governo del Re non poteva né assumere l'obbligo di tenere nei suoi Stati gli individui di cui si tratta, incontrando così gravi spese ed esponendosi a continui rischii di disordine, né impedire ai medesimi di recarsi ove loro più piaccia. Sarebbe assurda pretesa quella che noi facessimo la polizia per altri Stati, ai quali

certo non mancano i mezzi di tutelare la propria sicurezza. Avvenne così che individui, accusati d'intrighi colpevoli o di essere strumenti del partito d'azione, si siano recati in Oriente millantando d'avere avuto promesse d'ajuti o fingendo d'avere ridicole speranze. Se il Governo del Principe Couza è, come lo dichiara altamente, forte del consenso delle sue popolazioni, dovrebbe, nel prendere, come ne ha il diritto, le precauzioni necessarie per la tutela dell'ordine interno, non trascendere i limiti delle convenienze e guardarsi sopratutto dal ledere i privilegi che le capitolazioni e le consuetudini vigenti accordano agli Agenti degli Esteri Governi. Io non Le vieto di esprimersi in questo senso con S. A. e coi suoi Ministri, e di dar loro altresì, avendone l'occasione, le spiegazioni confidenziali contenute in questo dispaccio. Ma desidero ch'Ella non faccia formali officii e proteste se non quando il Console Francese sia stato dal suo Governo indotto a far conoscere al Principe Couza quanto la sua condotta, specialmente nell'affare relativo al Conte Scherrthoss, abbia ecceduto i limiti di quanto era necessario per la tutela dell'ordine pubblico.

(1) Cfr. n. 156.

212

IL GENERALE KLAPKA AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI

T. Ginevra, 11 settembre 1864, ore 5,50 (per. ore 14,42).

Veuillez donner par l'entremise de Csaky vos ordres pour les armes au général Vetter qui restant à Genève les exécutera. J'en préviens Komaromy. Veuillez bien aussi me communiquer le résultat des démarches Csaky. Je dois partir dans un moment (1).

213

IL MINISTRO DEI LAVORI PUBBLICI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(AVV; ed. in MINGHETTI, p. 165)

T. Parigi, 11 settembre 1864.

J'ai vu Empereur aujourd'hui. Il veut avant tout déclaration changement capitale. Quant au mode d'exécution il s'en remet à notre bonne foi. Son discours a été bienveillant. Il m'a semblé plus désireux qu'auparavant d'évacuer Rome. Mardi soir je serai à Turin.

(1) Trasmesso tramite il consolato a Ginevra. Annotazione marginale di Cerruti: • Csaky est parti samedi soir 10 septembre pour Genève •.

214

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL MINISTRO DEI LAVORI PUBBLICI, MENABREA, A PARIGI

(Ed. in MINGHETTI, p. 166)

T. 11 settembre 1864.

Je vous préviens que le Roi accepte le traité, pourvu que la capitale soit transportée à Florence pour des raisons exclusivement stratégiques. Pepoli part ce soir avec pleins pouvoirs. Communiquez Nigra.

215

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA,

AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (AVV)

L. P. 25. Torino, 11 settembre 1864.

Il vostro telegramma ci ha consigliato ad affrettare gli eventi. Fecimo venir Pepoli a Torino. Il Re giunse ieri sera. La sua resistenza fu ancora più grave che non ci potessimo immaginare. Ed è infatti questo il più grave sacrificio ch'egli abbia fatto all'Italia. Ma il Re, ed è questa la sua suprema qualità, non sarà mai un ostacolo sul cammino dell'Italia. Finalmente il Re accettò il trasporto, ma a questi patti. La capitale sia tmSIP<>utata a Firenze, tolta ogni connessione fra i[ trasporto e il trattato per Roma, Firenze pre.s.celta per ragioni esclusivamente strategiche -adunato un Consiglio di Generali che dia l'avviso in questo senso -convocata nel .Più breve termine possibile a Torino la Camera attuale pei fondi necessari al trasporto, e per la communicazione del trattato -dopo il suo voto le elezioni generali. Feci stendere i pieni poteri nei quali voi, di pieno accordo con Pepoli, siete indicato nell'ordine del primo Plenipotenziario e il Re li ha firmaii. Vengono ora per noi delle gravissime quistioni per l'attuazione all'interno, il modo con cui far discutere i trattati, i tentativi per una modificazione ministeriale che possa essere una garanzia e un argomento di calma e di fiducia per le antiche provincie.

Aspetto oggi il dispaccio col quale Menabrea renderà conto dell'udienza che ebbe dall'Irruperatore (1). Esso indicherà in qual modo il progetto del trasporto venne formulato. A norma di ciò vi spedirò domani per corriere un dispaccio confidenziale d',ist:ruzione su al·cuni punti che ho sommariamente accennati in un foglio che consegnai a Pepoli. Io, credo, prima e Minghetti nella sua ultima lettera vi ha esposto in qual modo credevamo potersi stabilire nei documenti diplomatici relativi al trattato il nesso fra il trattato medesimo e il trasporto. Ora, avendo il Re dichiarato che tale connessione non deve esistere, non è più il caso che dn questi documenti fabbrkati après coup d parM della .capitale. Io vi prego di studiare quali documenti ostensibili e pubblicabili col

trattato si possano preparare d'accordo col Governo francese, poiché qualche documento, non fosse altro uno scambio di note e qualche vostro rapporto bisognerà ben pubblicare. Vi scrivo di furia, bisogna che chiuda.

(1) Cfr. n. 213.

216

IL MINISTRO RESIDENTE A COPENAGHEN, DORIA, AL JHINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. CONFIDENZIALISSIMO CIFRATO. Copenaghen, 11 settembre 1864 (per. il 15).

Il m'est revenu que la durée si courte de la visite de notre Prince Royql a donné lieu au bruit qu'elle avait pour but principal de donner ::m Roi d'Espagne le temps de quitter la France. Mon langage, soit avant soit &.près visite, a toujours été dans le sens du vif désir du Prince de faire la connaissance du Roi et de son Auguste Famille. J'ai lieu de croire que non seulement l'on a regretté que la visite fiì.t aussi courte, mats aussi que J'on en a été un peu piqué. Personne ne s'attendait ici à celle du Grand-Due, et je suis presque convaincu qu'elle a été la conséquence de l'autre. J'ai le regret de devoir ajoutcr qu2 la seconde a nui à la première. Le Grand-Due ayant passé tout son temps 9. la campagne dans l'intimité de la famille royale, il m'est bien difficile si non impossible de savoir si l'on y est convenu de quelque chose de positif pour tout ~e qui touche à ses affaires privées. Le Roi déjà assez méfiant de sa nature, ne s'ouvre pas meme au président du conseil malgré la position exceptionnelle de ce dernier auprès de lui. Je sais meme de très bonne source, que le président du conseil se mentre blessé du peu de confiance dont il est l'objet dans cette occasion. Je me résume ainsi: J'ai la quasi certitude qu'il n'y a pas encore d'engagement formel, mais toutes les app2.rences sont pour l'alliance russe. Le devoir m'oblige à dire encore que comme homme du monde, le Grand-Due a eu beaucoup de succès. Il en aurait à coup siì.r été de rn.ème de notre Prince si les choses avaient été faites avec un peu moins de précipitation. J'insiste respectueusement auprès de V. E. sur le caractère très confidentiel de cette communication.

217

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AI MINISTRI A PARIGI, NIGRA, E A PIETROBURGO, PEPOLI (1)

(Ed. in MINGHETTI, pp. 167-173 e in BASTGEN, pp. 344-349)

ISTRUZIONI CONFIDENZIALI Torino, 12 settembre 1364.

S. M. il Re affida loro il difficile ed onorevole mandato di stipulare colla Francia un accordo circa la questione romana.

Le basi generali di questo accordo essendo quelle che erano già state formulate dal Conte di Cavour pochi giorni prima della sua morte, non hanno d'uopo d'essere alle SS. LL. più ampiamente dichiarate. Bensì reputo necessario dl far loro conoscere le intenzioni del Re e del suo Governo circa alcuni ptmti che furono oggetto di comunicazioni verbali e conlìdenzialissime col Governo francese e dai quali può dipendere in gran parte l'esito della stipulazione ·che si tratta di conchiudere.

Il trasferimento della sede del Governo non è cosa che possa formare argomento di vera e propria stipulazione internazionale. Se gravi considerazioni desunte dalle necessità generali della difesa del Regno inducono S. M. il Re a prendere questa importante deliberazione, è assolutamente indispensabile che essa non sia e non appaia risultato della pressione d'un Governo estero. L'accordo che cerchiamo di conchiudere tende a far rispettare in Italia il principio del non intervento; ora, sarebbe una grave viola~ione di questo principio l'ammettere che per considerazioni internazjonali si "osse dovuto mutare la sede del Governo. Egli è evidente inoltre che più accanita ed ostinata sarà l'opposizione che questo provvedimento potrà per avventura suscitare, se si dà pretesto agli interessi offesi di trincerarsi dietro una questione di dignità nazio·nale. Io raccomando perciò alle SS.LL. di limitarsi a far conoscere ai Plenipotenziari francesi la volontà del Re di trasferire la capitale in altro luogo meglio adatto per ragioni strategiche ad essere sede del Regno d'Italia. Questa dichiarazione potrà essere consegnata in un protocollo segreto da firmarsi contemporaneamente alla firma del trattato e che dovrà essere annullato tostoché il Parlamento avrà sancite le leggi che gli saranno presentate per l'esecuzione .di questo provvedimento. Naturalmente il trasporto completo di tutte le amministrazioni centrali richiederà un tempo alquanto lungo e forse non minore dei due anni di cui è parola nel progetto di trattato. Però, essendo codesta una questione che vuol essere prontamente risolta, il Consiglio dei Ministri

non è alieno dal pubblicare il progetto di legge relativo al trasporto della .capitale contemporaneamente alla pubblicazione del trattato e forse anche immediatamente dopo lo scambio delle ratifiche.

Il modo di procedere che ho accennato non raggiungerebbe il suo scopo .se il Governo francese, con qualche circolare diplomatica od altro atto da farsi di pubblica ragione, indicasse il provvedimento interno che noi stiamo per adottare come uno dei corrispettivi del trattato stesso. L'Imperatore ed il suo Ministro degli Esteri comprenderanno io spero le ragioni di convenienza che d fanno desiderare di poter difendere innanzi al Parlamento ed al paese questo gravissimo atto con ragioni esclusivamente strategiche. Le SS. LL. vorranno perciò fare appello a quei sentimenti amichevoli di cui l'Imperatore ha dato tante prove all'Italia, dimostrando che questo trattato, il cui maggiore beneficio sarà di rassodare l'alleanza dei due popoli e dei due Governi, non conseguirebbe il suo fine se qualche improvvida dichiarazione porgesse il destro ai partiti avversi di travisarne l'indole. Il Governo imperiale può certamente aver tenuto conto dei cambiamenti che avvennero nell'amministrazione del nostro Stato e di quelli che stanno per avvenire, ed essere stato indotto :anche da quésti a far cessare finalmente l'occupazione del territorio pontificio: ma ogni parola che indicasse una pressione esercitata sul Governo del Re

·9 -Documenti diplomatici -Serie I -VoL V

avrebbe conseguenze disastrose, per l'impressione dolorosa che produrrebbe sull'opinione pubblica, a buon diritto così suscettibile in fatto d'onor nazionale.

Il trasferimento della capitale può avere gravi conseguenze non solo nella nostra politica interna, ma anche nei nostri rapporti con alcuni Stati esteri, e particolarmente coll'Austria. Potrebbe accadere che questa Potenza, sentendosi rinfrancata dalla sua alleanza colla Prussia e colla Russia, cercasse d'impedire quella consolidazione del nuovo Regno che il trattato e la mutazione della capitale tendono ad affrettare e rinnovasse l'esempio dato nel 1859 assumendo verso l'Italia un contegno aggressivo. È noto che alcuni mesi fa un consiglio di generali si radunò a Vienna, sotto la presidenza dell'Imperatore Francesco Giuseppe, e discusse, ad insaputa dei Ministri Schmerling e Rechberg, l'opportunità d'una improvvisa guerra in Italia. Le sole considerazioni finanziarie poterono impedire che questo partito prevalesse nell'animo dell'Imperatore. Ma anche queste considerazioni potrebbero cedere innanzi al desiderio di cogliere precisamente il momento in cui la mutazione della capitale agiterà gli animi, e le amministrazioni centrali saranno nel dissesto inevitabile in ogni traslocazione d'uffi.cii, per invadere repentinamente il territorio italiano. Noi crediamo perciò che sarebbe molto utile l'ottenere che il Governo francese, con uno scambio di note segrete, guarentisse il Regno d'Italia contro ogni attacco per parte dell'Austria. Così quell'alleanza del Nord, che tende sovratutto ad impedire alla Francia il libero sviluppo delle sue forze e della sua giusta influenza morale, sarebbe equilibrata e paralizzata da un accordo segreto che manterrebbe la solidarità fra la politica francese e l'italiana nelle gravi contingenze che potranno forse avverarsi fra breve.

L'ipotesi d'un'aggressione improvvisa dell'Austria non è la sola che importi prevedere. È naturale che la Corte Romana, appena sia conosciuto il trattato, approfitti del termine di due anni prefisso allo sgombro delle truppe francesi, per cercare di ottenere da qualche altra Potenza l'invio di truppe d'occupazione. I1 Governo francese non vorrà certo che l'occupazione straniera ricominci in Italia e che altri Governi esercitino sul Papato, a danno nostro e della Francia, quella influenza che tanti anni d'occupazione militare non poterono procurare ai principi di civiltà e di tolleranza difesi dall'Imperatore. È evidente inoltre che, finché alla Corte Pontificia rimarrà qualche remota speranza di soccorsi stranieri, essa non presterà ascolto a quelle proposte di conciliazione che l'attuale trattato tende a rendere possibili. Le SS. LL. vorranno perciò dichiarare al Governo francese, che l'Italia riterrà come un atto d'aggressionE~ ogni sbarco di truppe straniere nel territorio pontificio sgombrato dai soldati francesi, e specialmente che l'invio d'un corpo di truppe austriache nelle provincie romane, quand'anche avvenisse per mare, dovrebbe a nostro avviso essere compreso fra gli avvenimenti che darebbero luogo alla guarenzia da noi chiesta alla Francia.

Mantenere inviolato il principio del non intervento, e rendere nell'avvenire possibile l'opera di conciliazione fra l'Italia ed il Papato, saranno d'ora in poi i due grandi intenti della politica italiana rispetto a Roma. Perciò è necessario che il Governo pontificio sia messo bensì in grado di reggersi da sé, anche mercé l'arruolamento d'un corpo di volontari, ma non abbia in artificiali puntelli diplomatici un mezzo sempre pronto di provocare l'intervento diplo

matico o militare di Governi stranieri. Ogni negoziato, pubblico o segreto, che tendesse a far guarentire al Papato i suoi attuali possedimenti per parte d'una {) più potenze cattoliche, implicherebbe necessariamente l'Italia in una guerra e preparerebbe alla Francia stessa gravi complicazioni. Non è probabile che alcuna potenza in Europa prenda sopra di sé di guarentire al Papa i suoi possessi attuali, se la Francia non entra partecipe di tale guarenzia. L'astenersi da un tale atto è pel Governo francese un dovere imposto dalla buona fede. La sincerità e la moralità stessa del trattato che si sta per conchiudere richiedono che l'Imperatore dia la sua promessa che niun negoziato è stato iniziato o sarà per l'avvenire intavolato dal suo Governo, che miri a paralizzare in modo diretto od indiretto l'effetto della convenzione coll'Italia. Noi non intendiamo ·con ciò d'impedire che l'Imperatore accordi, anche pubblicamente, un sussidio annuo al Papa come Capo supremo della Chiesa; a noi basta che niun patto politico muti il carattere di questo sussidio, perché crediamo essere interesse dell'Imperatore che il Governo romano sia lasciato alle sole sue forze e non Timanga lungamente sordo alla voce dei tempi ed alle legittime influenze delle popolazioni.

Il termine di due anni fissato per lo sgombro completo del territorio pontificio fornirà ai partiti estremi il pretesto di rappresentare il trattato come contrario ai veri interessi della unità nazionale. Questa opposizione sarà naturalmente accresciuta dallo scontento prodotto in alcune provincie del Regno dal trasferimento della capitale. Sarebbe quindi grandemente desiderabile che qualche fatto visibile, e tale da produr viva impressione sulle popolazioni, contribuisse a spargere una luce più favorevole sulla convenzione. Il rinvio da Roma -dell'ex Re Francesco II farebbe certamente la miglior impressione in Italia. Non isfuggirà all'Imperatore quanto importi che questo Principe non rimanga a Roma dopo lo sgombro delle truppe francesi. Il suo allontanamento immediato impedirebbe future difficoltà nell'esecuzione del trattato e contribuirebbe assai a sanare quella piaga del brigantaggio che, nella coscienza generale di tutta Europa, ha tante e sì dolorose connessioni colla questione romana.

Nutro speranza che le SS. LL. riesciranno ad ottenere su tutti i punti da me accennati una soluzione conforme agli interessi del paese...

(1) Redatte da Artom, come risulta dal diario di lui (Copie Artom).

218

IL CAPO GABINETTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(Copie Artom)

L. P. Torino, 12 settembre 1864.

Ho copiato io stesso il dispaccio •confidenziale che ti mandiamo stasera per non mettere alcuno nel segreto dei negoziati, e specialmente nell'affare delicatissimo della capitale. Prevedo che ciò susciterà qui una vera tempesta perché .si vorrà collegare quest'atto colla perequazione, colla vendita delle ferrovie -ecc. e considerar tutto ciò come una sistematica ostilità contro i Piemontesi. 11 buon senso finirà però per prevalere. Intanto qui si cerca di rinforzare il

Mininistero: e Vimercati partirà domani per Baden per parlare a Rattazzi a

nome di Minghetti ed indurlo ad appoggiare il trattato. Spaventa è partito

ieri per Brolio collo stesso incarico. Non so quali rimpasti ministeriali si faran

no, ma siccome il buon Visconti è sempre disposto a cedere il posto agli altri,

è probabile che il Ministero degli Esteri sia presto occupato da un nuovo tito

lare. In questo caso, io spero di potere rifugiarmi di nuovo sotto le grandi ali

della Legazione di Parigi.

Dimmi se verrai in congedo e quando. Se potrò ti terrò a giorno delle

fasi della crisi ministeriale. Ma vi sono cose delicatissime che non si osano

scrivere, e che d'altronde non sono ben sicuro di conoscere appieno. Ciò mi

impedì spesso di seriverti.

219

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI, AL MINISTRO A BERNA, JOCTEAU

D. 9. Torino, 13 settembre 1864.

J'ai reçu régulièrement vos rapports de la Série politique jusqu'au N° 28 inclusivement, et je vous remercie des informations y contenues.

Le Ministre de l'Intérieur, à qui je me suis empressé de transmettre la partie de la dernière de vos dépeches concernant les réfugiés polonais dont, selon les bruits répandus ;par les journaux, ll.e nombre rparaitrait devoir s'accroitre sensiblement par suite des mesures, dont on ;prete l':intention aux Gouvernements de Saxe et d'Autriche, est d'avis que l'on ne pourrait pas, sans inconvénients, admettre dans le Royaume tous ces malheureux sans aucune restriction. Nos autorités des frontières ont été par conséquent prévenues de ne pas permettre l'entrée sur notre territoire qu'aux réfugiés qui seraient nantis de passeports réguliers, et qui se trouveraient à meme de prouver d'etre en cas de se procurer des moyens honnetes de subsistance. Les instructions que j'avais l'honneur de vous transmettre par ma dépéche N° 5, doivent donc étre modifiées en ce sens, que la Légation s'abstienne meme de la simple légalisation des passeports fédéraux et autres dans le cas où les individus qui en seraient porteurs ne pourraient pas justlfier de leur aptitude à remplir la condition susénoncée.

220

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL GENERALE LA MARMORA (1)

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in MINGHETTI, p. 181; Un po' più di luce, p. 105)

T. Torino, 14 settembTe 1864.

S. M. ayant accepté le projet que vous connaissez, désire que vous veniez assister à un conseil de guerre que S. M. a convoqué pour dimanche. Je vous remercie infiniment de votre dernière communication de Paris (2).

(1) -II telegramma venne trasmesso tramite la legazione a Berna. (2) -La Marmora rispose felicitandosi per l'accettazione da parte del Re del progetto ma dichiarando impossibile la sua partecipazione al consiglio di guerra.
221

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, GAM.BAROTTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 837. Tunisi, 14 settembre 1S64.

J'ai reçu la clépeche N° 8 (Cabinet) (1).

Vice am.iral Albini a fait retirer les frégates de Suse et Sfax au grand regret des habitants de ces deux pays qui ont peur d'un coup de main des villages l10i1 eacore soumis. Le second camp est à deux tiers de chemin de Suse et il est probable qu'il aura raison des dernières résistances partielles qui ont cepend:mt quelque importance. Les fiottes partiront ensemble le meme jour aussitòt que le Commissaire turc aura reçu l'autorisation qu'il a demandé à son Gouvernement de quitter Tunis. Il y a tranquillité parfaite dans la ville. Le Bey et son premier ministre sont toujours très disposés à terminer les affaires itallennes. J'attends toujours vos instructions pour la réparation d'honneur au pavillon italien insulté dans l'affaire de Tabarca.

222

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(AVV)

{ Torino, 14 settembre 1864} (2).

Conditions acceptées. Vous pouvez signer. Le Roi désire vivement que l'article secret puisse disparaìtre aussitòt que le décret aura son effet; de manière qu'il n'en reste aucune trace. On pourrait obtenir ce résultat ou moyennant un article additionnel ou bien en renouvelant traité a;près, et détruisant celui que vous signerez demain.

223

IL MINISTRO RESIDENTE A MONTEVIDEO E BUENOS AIRES, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 18. Montevideo, 14 settembre 1864 (per. il 21 ottobre).

* Debbo con rammarico annunziare a V. E. che le trattative di pace sono andate fallite, e, mi è grave il dirlo, mercé il rifiuto inesplicabile opposto dal Generale Flores alle basi definitive consentite dal Governo della Repubblica. Dagli annessi (N° I, II, III e IV) potrà V. E. scorgere, meglio che io non posso narrarle, le ultime fasi di questi difficili negoziati* (3).

Ho detto che il rifiuto del Generale Flores è inesplicabile; ed infatti non si comprende come potendo venire in Montevideo in modo pacifico e diventarvi padrone della situazione, voglia ostinarsi ad entrarvi con la forza. Egli è vero che nell'intervallo, oltre un vantaggio ottenuto dalle sue forze occupando la

città litorale di Mercedes, si era puranco verificata la rottura quasi aperta fra il Brasile e la Repubblica, ma queste circostanze, lungi dal frastornarlo dai propositi di pace avrebbero dovuto vieppiù renderlo ad essa inchinevole, dappoiché la principale accusa che gli vien fatta dai suoi avversarii si è quella di essere egli divenuto l'alleato dell'Impero contro la sua patria.

* In quanto a me pevsonalmente, nella mia qualità di R. Rappresentante, non ho né a dolermi né a pentirmi di avere interposto i miei buoni uffizii nell'intento di conseguire, senza alcuno spirito di parte e nel solo interesse generale del paese e della numerosa colonia italiana che vi è stabilita, la pacificazione della Repubbl,ica e la cessazione deHa guerra civile. Di ciò fanno 1piena testimonianza i documenti dei negoziati che sono stati resi di pubblica ragione.*

Il solo partito estremo bianco ne era scontento, perché trovava che si concedeva troppo al partito avverso. Esso si avvantaggia ora della nuova situazione e si è imposto al Presidente della Repubblica, il quale ha dovuto accettar la rinunzia dei suoi Ministri che passavano per pacifici, meno quello della guerra, e nominare a lor vece il Dottor Don Antonio de las Carreras, che è il rappresentante prototipo della fazione detta Amapolas, e che è una specie di Ministro Generale, poiché riunisce nelle sue mani i portafogli dell'Interno e delle Finanze. Egli ha inaugurato la sua Amministrazione facendo firmare al Presidente un Proclama (Annesso N° V), in cui si dichiara quind'innanzi come innammissibile ogni proposta di transazione e di pace.

Infatti il Generale Flores, ravveduto forse anzi direi quasi pentito della sua ripulsa, ha fatto fare novelle proposte di pace, per mezzo del Generale Urquiza, non dissimili in sostanza da quelle che per mezzo mio gli erano state offerte, ma questo Governo le ha respinte in limine.

La posizione dunque di questo disgraziato paese va a diventare ancor più terribile che per lo addietro, anzi direi insopportabile. E fa veramente pena di vedere un così bel pae,se, benedetto dal cielo, dotato della più grande sterilità (1) epperò capace a dar lavoro e sussistenza a milioni di braccia, straziato da una minoranza di gente immorale, cupida e semi-barbara e renduto così inutile all'industria ed al commercio.

Non fa mestieri che io dica a V. E. come in questa occasione siansi rinnovate e con maggior forza le insistenze della parte culta e moderata che invoca a mani giunte dal Governo Italiano una mano soccorrevole. Conformandomi alle istruzioni ricevute io non ho potuto dare a tali richieste che risposte evasive, le quali senza dar ai loro autori speranze immediate, valgono intanto a mantenere vive le loro simpatie verso l'Italia e a distorglierli d:>.l rivolgere gli occhi loro altrove. Senza in nulla pregiudicare la libertà di azione e gli alti e maggiori propositi che assorbono le cure del R. Governo, è mio dovere nonpertanto assicurare V. E., che se l'Italia si trovasse in grado di rendersi a tali voti, recherebbe, con poco o nessun sacrifizio, grande giovamento a se stessa, e al suo commercio, e farebbe nel tempo stesso opera di vera civiltà. Dico con nessun sacrifizio, perocché son persuaso che il paese compenserebbe facilmente la differenza di spese che verrebbe cagionata dai necessarii armamenti navali e terrestri.

Le relazioni col Brasile sono entrate in una fase di aperta rottura. Benchè quell'Impero non abbia dichiarato né guerra né blocco, le forze navali brasiliane nell'Uruguay hanno proceduto ad un vero atto di ostilità perseguendo un piccolo vapore di guerra orientale, il solo che navighi con bandiera della Repubblica, e impedendogli di venire in soccorso di Mercedes che è caduta così in potere di Flores. E perchè questo vapore non cadesse nelle mani dei Brasiliani è stato posteriormente bruciato nel porto di Paysandù.

All'annunzio di tale fatto * il Governo orientale ha spedito i passaporti al Ministro Residente del Brasile, Signor Loureiro, e a tutta la legazione che si è ritirata in Buenos Aires, ed ha ritirato l'exequatur a tutti gii Agenti Consolari Brasiliani. Il Signor Loureiro, nel ritirarsi a bordo di una nave di guerra, ha diretto una circolare a tutti i suoi colleghi del Corpo Diplomatico qui residente per giustificare il suo Governo (Annesso n. VI) alla quale non abbiamo peranco risposto.

Quasi non bastassero le complicazioni già esistenti sono giunte jeri dal Paraguay notizie importanti. Il Presidente di quella Repubblica, come vedrà

V. E. dall'acchiuso scambio di Note (Annesso n. VII) prende un'attitudine decisa verso il Brasile, protesta anticipatamente contro qualunque occupazione eventuale del territorio orientale da parte di forze Brasiliane e dichiara il Governo Imperiale risponsabile delle conseguenze che potrebbro sorgere da sì grave fatto *.

Tali notizie hanno rinfrancato il partito qui dominante in questo momento, che è ligio al Paraguay ed hanno non poco allarmato la vicina Repubblica Argentina. Che farà il Brasile? Se si arresta nel suo cammino, si dirà che ha indietreggiato innanzi alla minaccia del Paraguay; se prosegue accenderà una guerra generale nel Plata e ne verrà una confusione immensa, un vero chaos. Per tutte queste considerazioni tutta la gente sensata pensa essere tempo ormai che le Potenze Europee, che hanno in questi luoghi interessi importantissimi avvisino al modo di porvi alcun rimedio, se vogliono evitare, ora che si è ancor in tempo, che questi paesi vadano interamente perduti pel commercio e per l'industria di Europa.

* Gl'Italiani qui residenti *, benchè addetti quali sono la maggior parte al commercio minuto o aUa coltivazione dei campi * sof.trono più che altri di un sì violento stato di cose, pur si conservano tranquHli e neutrali *. Quantunque avversi al partito bianco dominante e simpatizzanti coi colorados, non sono meno avversi al BraS!ile, eppe,rò tacciono e sperano. * Solo nei giorni scorsi sonosi alquanto commossi dal vedere che i vapori di bandiera italiana, il • Tevere • e il « Vesuvio • sonosi prestati a trasportar armi e munizioni di guerra per conto del Governo tra un porto e l'altro della Repubblica. Era questa una speculazione interamente commerciale, la quale sebbene non fosse vietata, offendeva sensibilmente la suscettibilità dei nostri connazionali, ed io, fondandomi sull'articolo

205 delle Leggi e Regolamenti per la Marina mercantile ho dato istruzioni al

R. Consolato di avvertire i Capitani di quelle due navi ad astenersi da siffatto traffico, al che si sono eglino volentieri prestato *. La chiesuola mazziniana di Buenos Aires era quella che aveva menato più scalpore contro quei due vapori, e ne aveva preso occasione per attaccare il R. Governo e la R. Legazione.

(1) -Cfr. n. 205. (2) -Il telegramma è privo di data, si è posto al 14 settembre poiché fa riferimento al « traitè... que vous signerez demain •. (3) -I brani fra asterischi sono editi, con qualche variante, in LV 8, pp. 433-434. Gli annessi non si pubblicano.

(1) Sic, ma si tratta di un evidente lapsus per fertilità.

224

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 338. Costantinopoli, 15 settembre 1864 (per. ore 0,05 dd 16).

Protocole concernant affaire Liban a été signé successivement par représentants des grandes puis:sances. Avant de présenter protestation j'ai fait demander à Aali pacha s'il avait réponse à votre dépeche du 25 (1) que je lui avais communiqué confidentiellement. Aall Pacha m'a prié d'attendre une dizaine de jours pour avoir temps à faire traduire en turc dépeche de V. E. pour conseil des ministres qui doit décider définitivement, ajoutant que le protocole était resté ouvert. Je prie V. E. de me dire si je suis autorisé à attendre. Je crois qu'il n'y a pas inconvénient.

225

CONVENTION ENTRE L'ITALIE ET LA FRANCE

(Ed. in Atti del Parlamento Ital.iano, Sessione del 1863-1364, Documenti, vol. V, cit., pp. 3645-3646)

Leurs Majestés le Roi d'ltalie et l'Empereur des Français, ayant résolu dc conclure une Convention, ont nommé pour leul'ls plénipotentiaires, savoir:

S. M. le Roi d'Italie,

M. le chevalier Constantin Nigra, grande croix de l'Ordre des SaintsMaurice et Lazare, grand officier de l'Ordre impérial de la Légion d'honneur, etc. etc., son envoyé extraordinaire et ministre plénipotentiaire près de S. M. l'Empereur des Français;

Et M. le Marquirs Joachim Pepoli, grande croix de l'Ordre des SaintsMaurice et Lazare, chevalier de l'Ordre impérial de la Légion d'honneur, etc. etc., son envoyé extraordinaire et ministre plénipotentiaire auprès de S. M. l'Empereur de toutes les Russies;

Et S. M. l'Empereur des Français, M. Drouyn de Lhuys, sénateur de l'Empire, grande croix de l'Ovdre impérJ.al de la Légion d'honneur et de l'Ordre des Saints-Maurice et Lazare, etc. etc., son ministre et secrétaire d'Etat au département des affaires étrangères;

Lesquels, après s'etre communiqué leurs pleins. pouvoirs respectifs, trouvés en bonne et due forme, sont convenus des articles suivants:

Art. l er

L'ltalie s'engage à ne pas attaquer le territoire actuel du Saint Père et à empecher, meme par la force, toute attaque venant de l'extérieur contre le dit territoire.

Art. 2.

La France retirera ses troupes des Etats pontificaux graduellement et à mesure que l'armée du Saint Père sera organisée. L'évacuation devra néanmoins étre accomplie dans le délai de deux ans.

Art. 3.

Le Gouvernement italien s'interdit toute réclamation contre l'organisation d'une armée papale, composée meme de volontaires catholiques étrangers, suffisante pour maintenir l'autorité du Saint Père et la tranquillité tant à l'intérieur que sur la frontière de ses Etats; pourvu que cette force ne puisse dégénérer en moyen d'attaque contre le Gouvernement italien.

Art. 4.

L'Italie se déclare prete à entrer en arrangement pour prendre à sa charge une part proportionnelle de la dette des anciens Etats de l'Eglise.

Art. 5.

La présente Convention sera ratifiée, et les ratifications en seront échangées dans le délai de quinze jours, ou plus tòt, si faire se peut. En foi et témoignage de quoi, les Plénipotentiaires respectifs ont signé la présente Convention et l'ont revetue du cachet de leurs armes. Fait double à Paris le quinzième jour du mois de septembre de l'an de grace mil huit cent soixante-quatre.

NIGRA

PEPOLI

DROUYN DE LHUYS

Protocole faisant suite à la Convention signée à Paris entre l'Italie et la Fmnce, touchant l'évacuation des Etats Ponti,ficaux par les troupes françaises. La Convention signée en date de ce jour entre Leurs Majestés le Roi d'Italie et l'Empereur des Français n'aura de valeur exécutoire que lorsque

S. M. le Roi d'Italie aura décrété la translation de la capitale du Royaume dans l'endroit qui sera ultérieurement déterminé par la dite Majesté. Cette translation devra ètre opérée d:ms le terme de six mois, à dater de la dite Convention.

Le présent protocole aura méme force et valeur que la Convention sus mentionnée. Il sera ratifié, et les ratifications en seront échangées en meme temps que celles de la dite Convention.

Fait double à Paris, le quinze septembre 1864.

NIGRA PEPOLI DROUYN DE LHUYS

(1) Cfr. n. 160.

226

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE S. N. Parigi, l.'l settembre 1864 (1).

Ho l'onore di mandare qui unito all'E. V. il trattato originale relativo alla futura cessazione dell'occupazione del territorio Pontificio per parte della guarnigione francese firmato oggi alle 3 pomeridiane al Ministero Imperiale degli Affari Esteri dal Signor Drouyn de Lhuys, dal Marchese Pepoli e da me.

Credo conveniente lo accompagnare la spedizione di questo importante documento con una relazione che riassuma i negoziati che ne precedettero la conclusione.

Pochi giorni prima della morte del Conte di Cavour un progetto di trattato veniva, per opera del Principe Napoleone, comunicato a Torino col consenso dell'Imperatore. Questo progetto fondato sull'applicazione del principio di non intervento portava in sostanza:

Che la Francia richiamerebbe le sue truppe da Roma.

Che l'Italia s'impegnerebbe a non aggredire l'attuale territorio Pontificio e ad impedire anche colla forza ogni aggressione contro di esso che venisse dall'estero.

Che il Governo Italiano si interdirebbe ogni reclamo contro l'organizzazione di un eserdto Pontificio anche composto di volontarii cattolici esteri, purché tale forza non degenerasse in mezzo di aggressione contro il governo Italiano.

Che l'Italia si dichiarerebbe ,pronta ad entrare in negoziati per pigliare a suo carico una parte proporzionata del debito degli antichi Stati della Chiesa.

La morte del Conte di Cavour interruppe ad un tratto queste prime pratiche.

Il Barone Ricasoli, appena entrato al Ministero fece assicurare l'Impera

tore per mezzo della Legazione del Re a Parigi e più tardi per mezzo del

Conte Arese, che il progetto accettato dal Conte di Cavour, od ogni altro ragio

nevole accomodamento sarebbe stato preso in considerazione dal Governo del

Re, purchè avesse per iscopo finale la cessazione dell'occupazione francese a

Roma. Ma le risposte deU'Imperatore non lasciarono speranza che si potesse

per allora intavolare una pratica seria.

Il Barone Ricasoli fece un altro tentativo. Egli sottomise ·all'esame del

Governo Francese il progetto di Capitolato che fu comunicato al Parlamento.

Il governo Imperiale non credette opportuno di dare corso ad un tale progetto.

Non scoraggiato dal fallimento di queste pratiche, il Governo del Re faceva

fare da questa Legazione continue istanze presso il Governo francese perchè

si richiamassero le truppe, sì allontanasse Francesco II da Roma, si sorvegliasse

la frontiera ove si riparava il brigandaggio. Si ottenne che il Marchese di La

vallette mandato a Ron~a sul finire del 1861 portasse alla S. Sede le prime ge

nerali proposte per un accomodamento e consigliasse Francesco II ad abban

donare il territorio Pontificio. Ma proposte e consigli furono ugualmente senza

effetto.

Venuta al governo l'amministrazione presieduta dal Signor Raitazzi uno dei primi suoi atti fu una circolare colla quale sono di nuovo dichiarati i diritti dell'Italia su Roma.

Intanto il Governo francese faceva a Roma un secondo tentativo e lo appoggiava colla pubblicazione nel Moniteur del 25 Settembre 1862 della celebre lettera dell'Imperatore al Signor Thouvenel che porta la data del 20 1\faggio precedente. Il Marchese di Lavallette rispedito a Roma nel Giugno dello stesso anno portava le seguenti proposte alla S. Sede:

l. Mantenimento dello statu quo territoriale, il Santo Padre rassegnandosi ogni riserva a non esercitare il suo potere altro che sulle province che gli rimangono, mentre che l'Italia s'impegna a rispettare quelle che il Pontefice possiede tuttora. Se il Sommo Pontefice consente ad una tale transazione il governo francese cercherebbe di farvi partecipare le potenze che firmarono l'atto generale di Vienna.

2. -Trasferimento a carico dell'Italia, della maggior parte, se non del totale del debito Romano. 3. -Stabilimento, a profitto del Papa di una lista civile destinata a compensare le risorse che più non troverebbe nel numero ristretto dei suoi sudditi. Prendendo l'iniziativa di questa proposta presso le potenze Europee, la Francia dovrebbe impegnarsi dal canto suo a contribuire nella proporzione di una rendita di tre milioni all'indennità offerta al capo della Cattolicità. 4. -Concessione da parte del Papa, di riforme le quali conciliandogli l'animo dei suoi sudditi, consoliderebbero all'interno un potere già protetto all'estero dalla garanzia della Francia e delle potenze Europee.

Queste proposte furono come le prime rigettate dalla S. Sede.

Poco dopo succedeva in Italia il fatto doloroso e deplorabile di Aspromonte_

Energicamente e prontamente domato questo malaugurato movimento il Generale Durando in allora Ministro degli Affari Esteri ne pigliò occasione per domandare di nuovo che Roma fosse resa all'Italia (circolare 10 settembre 1862) (1).

In questo documento la questione era posta in modo assoluto. Si trattava in esso della rivendicazione di Roma per l'Italia. Convinto per le ripetute dichiarazioni dell'Imperatore e del Signor Thouvenel, che il porre la questione sopra un terreno così radicale, equivaleva a renderne impossibile la soluzione, mi recai io stesso a Torino per proporre che la questione fosse ricondotta sul terreno stesso !SU cui l'aveva lasciata il Conte di Cavour, cioè, la cessazione dell'occupazione ed il principio di non intervento. Il Generale Durando consentì in allora ad entrare in quest'ordine d'idee e mi diresse il dispaccio del 8 Ottobre 1862 (2) in cui diffatti il Governo del Re si :Hmitava a domandare un accomodamento suUa base del richiamo delle truppe francesi.

Ma intanto nei consigli dell'Imperatore al Signor Thouvenel era succeduto il Signor Drouyn de Lhuys il quale trovatosi, al suo entrare al Ministero in presenza della circolare del 10 Settembre e del dispaccio del 8 Ottobre rispose ad entrambi questi documenti col suo dispaccio del 26 Ottobre, che ebbe la più larga pubblicità e di cui giova qui riprodurre la conclusione:

,, In prese:1Za di que:;ia solenne affermazione e di questa perentoria rivendicazione, ogni discussione mi sembra inutile ed ogni tentativo di transazione illusorio. Io lo constato con sincero rincrescimento, il Governo Italiano colle dichiarazioni assolute che ho sopra ricordate, si è posto su di un terreno dove gli interessi permanenti e tradizionali della Francia, non meno che le esigenze attuali della politica, ci interdicono di seguirlo, Rendo giustizia alla forma amichevole della comunicazione che mi è stata fatta ultimamente dal Signor Ministro d'ItaliD, ma vi cerco invano gli elementi di una negoziazione alla quale noi possiar>!O prendere parte. Nel nostro pensiero un tale negoziato non può avere per oggetto che di riconciliare due interessi che si raccomandano alle nostre cure per titoli diversi ma per noi ugualrnente rispettabili, e non sapremmo consentire a sacrificare l'uno all'altro. Il Governo Italiano sa, d'altronde, che ci troverà sernpre disposti ad esaminare con deferenza e simpatia tutte quelle combinazioni che potrebbe c01r.renirgli di suggerirei e che gli sembrerebbero di natura tale da avvicinarci a quella meta, che la sua saviezza, noi vogliamo sperarlo, ci ajuterà a raggiungere , .

Il Governo francese mentre adunque escludeva ogni trattativa sulla questione di distrurre il potere temporale del Papa e di dare Roma all'Italia, ammetteva la discussione sulla questione della cessazione dell'occupazione e della riconciliazione dell'Italia col Papato, anzi invitava il Governo del Re a proporgli una combinazione accettabile in questo senso.

Il Conte Pasolini succeduto nel Ministero degli Affari Esteri al Generale Durando non credette conveniente di profittare immediatamente di auesto invito del Signor Drouyn de Lhuys. Egli credette, e con ragione, che il tempo e le condizioni non erano favorevoli ed opportuni per intavolare una pratica. Non fu che nel Luglio del 1863 che l'E. V., succeduta al Conte Pasolini, pigliando occasione dalle discussioni del Parlamento sulla questione Romana, mi diresse il dispaccio del 9 di detto mese (1), nel quale Ella domandava che i negoziati fossero ripresi al punto ove il Conte di Cavour li aveva lasciati, e fossero basati sul principio di non intervento dichiarando che il Governo del Re era pronto a pigliare l'impegno che nessuna forza regolare o irregolare invaderebbe il territorio Pontificio.

Questo dispaccio del 9 Luglio 1863 costituisce il punto di partenza della nuova fase dei negoziati ora conchiusl. Esso fu da me comunicato al Signor Drouyn de Lhuys il 16 dello stesso mese.

Il Ministro Imperiale degli Affari Esteri si astenne dal rispondere. Le condizioni si erano da un anno migliorate, ma non erano ancora tali da rendere possibile la ripresa dei negoziati. Bisognava quindi attendere ancora c preparare poco a poco il terreno per pratiche più fortunate.

* La previsione di un grande avvenimento, cioè della vacanza della S. Sede determinata dai rumori sulla cadente salute del Pontefice, venne a fornire l'occasione di richiamare più :;;fficacemente l'attenzione è.sl Goverow francese sulla questione Romana. L'E. V. mi dirigeva in queila ch·costanza e colla data del 27 Magglo ora scorso un nuoyo dispaccio (2) in cui pigE::mdo argomr:nto dall'eventualità sovraccen:1ata e dalle cornplicazloni a cui e.ssa d~~n...~Obe lrtoso, rlchiamaYa quanto aveva precectenternC'ntc esposto nel dispaccio dd 9 Luglio 1863.

Il nuovo dispaccio dell'E. V. veniva da me comunicato al Signor Drouyn

de Lhuys il 2 Giugno. Nel fare questa comunicazione dissi al Ministro Impe

riale degli Affari Esteri che io era incaricato di chiamare in modo speciale

l'attenzione del Governo francese sul contenuto di esso; che il Governo del

Re prevedeva che l'eventualità possibile della morte del Papa poteva dare

luogo a torbidi in Roma e negli stati Romani ed a serie complicazioni ove i

due governi d'Italia e di Francia non avvisassero per tempo al modo di evitare

gli uni e le altre mediante un accordo il quale su questa stessa eventualità

fondasse la base della soluzione della questione Romana; che il passo che io

m'era incaricato di fare presso il governo francese aveva quindi il doppio

scopo di dichiarare nuovamente la necessità di risolvere questa grande que

stione mediante un comune accordo, necessità a cui la probabilità di una pros

sima vacanza della Santa Sede dava un carattere di urgenza, e di mettere

d'altra parte in salvo la responsabilità del Governo del Re ove la prevista

eventualità si verificasse senza che il Governo francese si fosse accordato con noi.

Il Ministro Imperiale degli Affari Esteri mi rispose che avrebbe sottomesso

all'Imperatore quanto io gli aveva esposto e che ne avrebbe preso gli ordini

in proposito.

Prima di accomiatarmi dal Signor Drouyn de Lhuys gli feci osservare che il Governo del Re nel dispaccio che io aveva avuto l'onore di leggergli si era limitato ad accennare la base generale su cui poteva fondarsi un accordo fra i due governi e si era astenuto dall'entrare in particolari, perché anzitutto desiderava sapere se il Governo francese fosse finalmente disposto ad entrare coll'Italia in una negoziazione pratica e definitiva. Quando tale fosse difatti, come io sperava, l'intenzione del Governo Imperiale, soggiunsi, il governo del Re sarebbe pronto per parte sua a comunicargli un progetto particolareggiato.

L'Imperatore informato di queste cose si mostrò disposto a pigliare in considerazione il progetto da noi accennato. Dovendo in quell'epoca passare parecchi giorni a Fontainebleau presso S. M. domandai all'E. V. che mi si mandasse il progetto di trattato accompagnato da precise e particolari istruzioni. L'E. V. mi mandò il progetto di trattato ed incaricò il Marchese Pepoli di portare a voce le istruzioni le più ampie.

Giunto il Marchese Pepoli a Fontainebleau avemmo coll'Imperatore una lunga conferenza.

Il Marchese Pepoli ed io pigliammo argomento dall'eventualità della morte del Papa « Se il Papa muore, dicemmo a S. M., senza che ci siamo intesi per un'azione comune e senza che noi possiamo promettere ai Romani la prossima partenza della guarnigione fl·ancese, noi non potremo impedire che gli emigrati Roinani passino la frontiera, che vi s1eno manifestazioni e forse anco la votazione di un plebiscito, che vi sieno movimenti generali o parziali nello Stato Pontidcio e massime nei luoghi non occupati da truppe francesi. Il Signor Drouyn d2 Lhuys ci spinge a dare consigli di prudenza e di pazienza ma quale autorità potrebbero avere questi consigli se noi non abbiamo ln mano una pi'omessa di evacuazione? Certo il Generale Montebello ha tutti i mezzi per potere reprimere qualunque movimento, ma non crediamo che sia nell'interesse dc1l'In:pcratore che si venga ad una tale estremità , .

L'Imperatore rispose protestando che esso aveva sempre avuto ed aveva vivo desiderio di ritirare la guarnigione francese da Roma; ma che non poteva farlo ove non fosse certo che il ritiro delle truppe non avesse per conseguenza necessaria ed immediata la caduta del potere temporale. • Se l'Italia piglia l'impegno, disse egli, di rispettare e fare rispettare il territorio Pontificio, non ho ragione di dubitare che il Governo del Re terrà l'impegno; ma questa. convinzione potrà essa entrare nello spirito delle masse cattoliche? C'è un voto del Parlamento Italiano che proclama Roma per capitale, se io firmo il trattato che voi proponete, si griderà alla commedia. Tutti credono che il governoItaliano non tiene la sua sede a Torino che fino a quando potrà trasportarla a Roma. Per ingenerare nell'opinione Cattolica la convinzione che il governo• Italiano terrà la promessa di non aggredire e di non lasciare aggredire lo Stato Pontificio, bisognerebbe che voi offriste una guarentigia pratica, la quale dimostrasse che il trattato non è una finzione •.

A queste parole il Marchese Pepoli rispose che sapeva come il governodel Re, indipendentemente dalla questione che ora si trattava e per ragioni di amministrazione interna, aveva l'intenzione di proporre a S. M. di trasportare la capita:le da Tor.ino ad un'altra città d'Italia e domandò se questo fatto non poteva costituire agli occhi dell'Imperatore quella guarentigia che andava cercando. L'Imperatore, dopo qualche istante di riflessione, disse che ove questo· fatto si verificasse, gli sarebbe parso di natura ad ottenere lo scopo a cui si tendeva e ad ingenerare quella fiducia di cui aveva parlato ed aggiunse che,. ciò posto, non avrebbe difficoltà a firmare il trattato.

Io non celai all'Imperatore che l'idea del trasporto della capitale non essendo ancora che una semplice intenzione del governo, non poteva pigliare che ad referendum l'accomodamento quale ora si presentava, cioè condizionato· al fatto del trasporto della capitale. Soggiunsi che questo fatto era cosa assai grave, che presentava difficoltà ed inconvenienti seriissimi; che si trattava di spostare il centro di gravitazione del governo, e di levarlo di mezzo ad un elemento essenzialmente governativo, solido e sicuro, per trasrportarlo in mezzo ad: un elemento nuovo; ·che le stesse difficoltà materiali di esecuzione erano grandi e numerose. Io insisteva quindi perché all'infuori del fatto del trasporto della capitale, fatto che doveva essere più specialmente considerato nei rapporti dell'ordinamento interno dell'Italia, noi tentassimo di metterei ora d'accordo per· un'azione comune nell'eventualità della morte del Papa eventualità che poteva verificarsi anche all'improvviso. Ma l'Imperatore, pur dichiarando che non poteva a meno di apprezzare queste considerazioni confermò quanto aveva detto precedentemente, cioè che il fatto del trasporto della capitale gli pareva il solo che, ingenerando fiducia nella serietà dei nostri impegni, lo potesse mettere in grado di firmare il trattato. Le medesime cose furono confermate al Marchese Pepoli ed a me dal Signor Drouyn de Lhuys in una conferenza che ebbimo con lui a Fontaineble.au. Queste cose si passavano verso la metà del mese di Giugno scorso.

Il Marchese Pepoli partì per Torino il 23 Giugno e portò queste cose a notizia dell'E. V. e del Presidente del Consiglio* (1).

Sul principio di Luglio l'E. V. mi spediva di nuovo il Marchese Pepoli per domandare quale sarebbe il termine dentro cui l'Imperatore consentirebbe a ritirare le truppe da Roma, nel caso in cui l'accordo di cui si erano indicati i preliminari a Fontainebleau si potesse conchiudere. Essendo in allora l'Imperatore a Vichy, ci recammo il Marchese Pepoli ed io dal Signor Drouyn de Lhuys, il quale domandò istruzioni all'Imperatore. La risposta di S. M. portò che questo termine doveva essere fissato in maximttm a due anni. Noi fecimo vive istanze, sia presso l'Imperatore, sia presso il suo Ministro per gli Affari Esteri perché questo termine f01sse abbreviato. Ma non si potè ottenere nessuna modificazione nelle risoluzioni dell'Imperatore. Nel tempo medesimo il progetto di trattato fu formulato, nella ,conferenza che ebbimo col Signor Drouyn

.de Lhuys, al modo seguente: Articolo l" L'Italia si obbliga a non attaccare ed a impedire anche colla forza qualunque attacco proveniente dal di fuori contro il territorio attuale del Papa.

Articolo 2° La Francia ritirerà le sue truppe da Roma gradatamente ed a misura che l'esercito Pontificio sarà organizzato. L'evacuazione dovrà ciò nondimeno essere compita nel termine di due anni.

Articolo 3° Il governo Italiano si interdirà ogni reclamo contro l'organizzazione di un ·esercito Papale anche composto di volontarii cattolici stranieri, sufficiente a mantenere l'autorità del Santo Padre e la tranquillità nei suoi Stati, purché esso non possa degenerare in mezzo di attacco contro il governo Italiano.

Articolo 4" L'Italia si dichiarerebbe pronta ad entrare in accomodamento col governo del Papa per prendere a suo carico una parte proporzionale del debito degli antichi Stati della Chiesa. Articolo segreto La presente convenzione non avrà valore ed esecuzione che quando S. M. il Re d'Italia avrà decretato il trasporto della capitale del Regno nel luogo che sarà ulteriormente determinato dalla predetta S. M. Questo trasporto dovrà essere operato nel termine di isei mesi a datare dalla presente convenz[one. Sottomesso questo progetto a S. M. il Re ed al Consiglio dei Ministri, fu deliberato che, in ultima analisi, si dovesse accettare, ma che tuttavia, la que:stione del trasporto della capitale essendo un fatto che doveva essere indipendente da queste pratiche e non essendo ancora possibile il determinare se e quando lo si potesse effettuare, un ultimo tentativo era da farsi presso l'Imperatore, perché il trattato fosse firmato senza accennare al trasporto predetto.

S. M. il Re scrisse a tal fine una lettera all'Imperatore e la confidò al Generale Menabrea che ebbe istruzione di completare a voce le cose dette nella lettera ·stessa. Il Generale Menabrea rese conto al Governo del Re della sua missione. lVIi astengo quindi dal parlarne. Noterò soltanto che l'Imperatore mantenne quanto aveva precedentemente detto.

In seguito a ciò avendo S. J.\:I. il Re risoluto di accettare il trattato quale era formulato nel progetto volle dare a me ed al Marchese Pepoli i pieni poteri necessarii per la conclusione di questo accordo.

Il Marchese Pepoli giunse qui il 13 corrente con questi pieni poteri ed il giorno dopo giunsero le istruzioni dell'E. V. che portano la data del 12 Settembre. Il 14 seguente ci recammo il Marchese Pepoli ed io a St. Cloud ove ebbimo una conferenza coll'Imperatore alla quale assistettero il Signor Drouyn de Lhuys ed il Signor Rouher, Ministro di Stato. In questa conferenza fu definitivamente fissata la redazione del trattato.

L'articolo primo fu conservato quale era nel primitivo progetto del Conte di Cavour.

L'articolo secondo contiene l'impegno della Francia di ritirare le sue truppe da Roma gradatamente e di mano in mano che l'esercito Pontificio andrà costituendosi; ma fis:;:a il termine dell'evacuazione in due anni.

L'articolo terzo è quale si trovava nel progetto Cavour salvo che invece di fissare la cifra delle forze che devono formare l'esercito Pontificio, ci si è limitati a stabilire che queste forze non devono degenerare in mezzo di attacco· contro il Governo Italiano. Fu aggiunta inoltre una frase • tranquillità sullrr frontiera • per indicare l'obbligo del governo pontificio di impedire che essa diventi riparo al brigantaggio.

L'articolo quarto è pure identico al progetto Cavour. Solo fu tolta la frase

• col governo del Papa ,, , a seconda delle istruzioni verbali dell'E. V.

Quanto all'articolo segreto, esso fu convertito in un semplice protocolla separato conformemente alle di Lei istruzioni. Ma l'Imperatore riservò a più tardi la questione della distruzione di questo documento.

Passo ora agli altri punti indicati nelle di Lei istruzioni del 12 Settembre.

Fu inteso coll'Imperatore e col Signor Drouyn de Lhuys che nelle comunicazioni che il governo Francese dovrà fare in proposito sarà detto che il Governo Italiano per ragioni strategiche e di interna amministrazione aveva risolto di trasportare la capitale de'l regno a Firenze, questo fatto conosciuto dal Governo Francese, agevolò i negoziati, perché parve di natura a indurre la convinzione che il governo Italiano rinunzia ad ogni mezzo violento per andare a Roma. Fu inteso che il trattato non deve significare nè più nè meno di quello che dice.

Nelle istruzioni l'E. V. ci incaricava di domandare una guarentigia del nostro attuale territorio contro l'Austria in caso che questa ci attaccasse; questa guarentigia avrebbe dovuto essere formolata in uno scambio di note. Già precedentemente noi avevamo interpellato in proposito l'Imperatore ed anche il Generale Menabrea era stato incaricato di fare uaa uguale domanda. L'Imperatore rispose prima e poi confermò che non poteva pigliare a questo riguardo nessun impegno formale; ma che l'Italia poteva contare nel caso proposto sulle tradizioni e sulla tendenza della sua politica. Questo medesimo linguaggio fu confermato dai due ministri presenti alla conferenza di St. Cloud.

Quanto al caso in cui la Spagna o altra potenza secondaria s'avvisasse di intervenire a Roma, noi dichiarammo molto esplicitamente che avremmo considerato la cosa come un casus belli ed agito in conseguenza. L'imperatore domandò: • in forza di qual diritto? , . Risposimo: • in forza del principio di non inter

t·ento che V. M. sanziona in questo momento con solenne trattato ". Il Sip:or· Rouhcr appoggiò vivnmente questa nostra risposta della qual::! l'Imperatore si tenne per soddisfatto.

Intorno alla domanda da noi fatta perché la Francia si astenesse dal garantire al Papa il potere temporale, l'Imperatore rispose semplicemente che il suo governo si limiterebbe ad annunziare al Governo Pontificio i termini della convenzione.

L'ultimo punto delle istruzioni esprime il pensiero che la Francia dovrebbe· intanto ottenere l'immediato allontanamento di Francesco II da Roma. Io già ebbi più volte a riferire all'E. V. come il governo Francese abbia fatto replic cate istanze sia presso il governo Pontificio sia presso Francesco II a questo proposito. Ma queste istanze furono inutili, e d'altra parte il governo Francese non è disposto ad usare la forza per ottenere questo allontanamento. Abbiamo quindi creduto inutile e poco conveniente il mettere sul tappeto una tale questione al momento della firma del trattato.

Oggi, 15 corrente il trattato fu firmato e sarà rimesso dal Marchese Pepoli nelle mani di V. E.

Io penso che il Governo del Re ha ragione di essere soddisfatto del risultato di questi lunghi e difficili negoziati. Per poco che si considerino le presenti circostanze politiche lo stato dell'opinione in Francia e nell'Europa cattolica, per poco che si voglia rammentare la vivacità delle passioni che la questione Romana sollevò nel mondo, ogni uomo imparziale giudicherà che il Governo Italiano e la sua diplomazia ottennero un reale successo e bene meritarono dell'Italia non solo, ma della causa liberale in Europa. Rimane che l'Italia, a cui vantaggio più speciale ridonda la presente convenzione l'accolga e la giudichi senza passione e senza pregiudizii. Il senso politico che forma uno dei principali caratteri della nostra nazione mi fa sperare che così sarà (1).

« Ho l'onore di mandare qui unita all'E. V. la Convenzione originale relativa alla futura cessazione dell'occupazione del territorio pontificio per parte della guarnigione francese. firmata oggi alle 3 pomeridiane al Ministero imperiale degli affari esteri dal signor Drouvn

de Lhuys, dal marchese Pepoli e da me. ·

Riassumerò brevemente i negoziati che precedettero la conclusione di quest"atto.

Pochi giorni prima della morte del conte di Cavour era stato messo innanzi un progetto di trattato fra l"Italia e la Francia, il quale portava in sostanza: Che la Francia richiamerebbe le sue truppe da Roma; Che l'Italia s"impegnerebbe a non aggredire l'attuale territorio pontificio e ad impedire

anche colla forza ogni aggressione esterna contro di esso;

Che il Governo italiano si interdirebbe ogni reclamo contro l'organizza7.ione d'un esercito pontificio d'un numero determinato di soldati: quest'esercito avrebbe potuto comporsi anche di volontari cattolici esteri;

Che l'Italia si dichiarerebbe pronta ad entrare in negoziati per pigliare a suo carico una parte proporzionata del debito degli antichi Stati della Chiesa.

La morte del Conte di Cavour interruppe ad un tratto queste prime pratiche. Le amministrazioni che succedettero a quell'illustre uomo di Stato italiano fecero tutte renlicati ten-· tativi per riappiccare i negoziati nello stesso intento; ma il Governo imperiale non credette che fosse giunto il tempo opportuno a ciò.

Questa fase dei negoziati per la pubblicazione di documenti officiali a cui diede luogo e per le discussioni che suscitò sia nel Parlamento italiano, sia neìle Assemblee francesi, è troppo conosciuta perché sia necessario di qui esporla.

Nel luglio 1863 l'E. V., pigliando occasione dalle recenti discussioni del Parlamento, mi diresse il dispaccio del 9 di detto mese, nel quale ella domandava che i negoziati fossero ripresi al punto in cui il conte di Cavour li aveva lasciati e fossero basati sul principiodi non intervento. dichiarando che il Governo del Re era pronto a pigliar l'impegno che nessuna forza regolare o irregolare invaderebbe il territorio pontificio.

Questo dispaccio costituisce il punto di partenza dell'ultima fase delle trattative ora con-· chiuse. Esso fu da me comunicato al signor Drouyn de Lhuys il 16 dello stesso mese.

(1) Il rapporto reca questa data ma fu probabilmente redatto in seguito. Cfr. n. 230 del 17 settembre in cui si chiede un rapporto confidenziale che riassuma i negoziati che hanno portato alla convenzione.

(1) -Cfr. Serie I, vol. III, n. 105. (2) -Cfr. Serie I, vol. III, n. 143. (1) -Cfr. Serie I, vol. III, n. 696, che fu però redatto il 4 luglio 1863. (2) -Cfr. Serie I, vol. IV, n. 760.

(1) Il brano fra asterischi è edito in MlNGHETTI, pp. 53-58. Ibid., pp. 174-176 sono ediU anche alcuni altri brani di questo rapporto, ripubblicati da BASTGEN, pp. 351-355.

(1) Questo rapporto fu in seguito modificato per poter essere divulgato. Sui motivi delle· m<Jdificazioni cfr. nn. 332 e 338. Si pubblica qui il testo edito in Atti de! Parlamento Italiano,. Sessione de! 1863-1864, Documenti. vol. V, cit., pp. 3649-3651:

227

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI

T. 367. Torino, 16 settembre 1864, ore 13,50.

Ecriyez une note à Aali pacha pour lui dire que vous n'ètes pas autorisé à attendre, mais que vous prenez sur vous de suspendre protestation jusqu'au 25.

Le condizioni politiche si erano successivamente migliorate, ma non erano a giudizio del Governo francese ancor tali da render possibile la ripresa dei negoziati. Si dovètte quindi attendere ancora e preparare a poco a poco il terreno per pratiche più fortunate.

Non fu che nel giugno scorso che il signor Drouyn de Lhuys rispose ufficialmente alle successive istanze che io ero stato incaricato di fargli. Egli diresse al barone di l\Ialarct un dispaccio di cui fu data lettura all'E.V.

Con un dispaccio del 17 di giugno l'E. V. nello espormi il contenuto della comunicazione fattale dal barone di Malaret prendeva atto delle disposizioni più favorevoli del Governo francese e mi mandava un progetto d'articoli conformi in sostanza all'antico progetto Cavour. Ella m'annunziava nel tempo stesso che approfittava della presenza a Parigi del marchese Pepoli per pregarlo d'associare i suoi sforzi ai miei e di completare verbal, mente le proposte che il Governo del Re desiderava far pervenire al Governo francese.

Il marchese Pepoli ed io presentammo al Governo francese il progetto di convenzione ed esponemmo e sviluppammo ripetutamente gli argomenti con cui il Governo del ne appoggiava la sua domanda. Il ministro imperiale degli affari esteri rispose protestando che il ritiro delle truppe francesi da Roma era sempre stato nei desideri! del Governo imperiale, ma che questo fatto non avrebbe potuto aver luogo se non quando il Governo del Re averl.3e offerto guarentigie tali da lasciare la Santa Sede pienamente rassicurata contro ogni tentativo d'invasione. Era mestieri, a giudizio del Governo francese, che insieme alla promessa' fatta dal Gove;rno italiano di non attaccare e non lasciar attaccare il territorio pontificio, \'i fosse qualche guarentigia di fatto atta ad ingenerare nell'opinione cattolica la fiducia nell'efficacia della convenzione proposta. Nell'esame di queste guarentigie i negoziatori italiani avevano istruzione formale di rigettare ogni condizione la quale fosse contraria ai diritti della nazione. Non poteva quindi essere questione né d'una rinuncia alle aspirazioni nazionali,. né di una guarentigia collettiva delle potenze cattoliche, né dell'occupazione d'un punto del territorio romano per parte delle truppe francesi, come pegno dell'esecuzione delle nostre l)romesse. Per noi la questione romana è una questione morale che intendiamo risolvere colle forze morali. Noi pigliamo dunque seriamente, lealmente l'impegno di non usare di quei mezzi violenti che non iscioglierebbero una questione di tal natura. Ma nun possiamo rinunciare a fare assegnamento sulle forze della civiltà e del progresso per giungere alla conciliazione fra l'Italia ed il Papato, conciliazione che l'intervento straniero non ia che rendere più difficile e remota.

Il Governo francese, apprezzando il valore di queste considerazioni, dichiarò tuttavia di nuovo essere impossibile d'accettare il progetto, ove non fosse accompagnato da qualche

.g·uarentigia di fatto. Fu allora che il marchese Pepoli, esaminando la situazione interna

dell'Italia in rapporto colla questione romana, disse all'Imperatore ch'egli sapeva come, indipendentemente dalla questione che ora si trattava e per ragioni strategiche, politiche ed amministrative, il Governo stava considerando la questione della convenienza di trasportare !a sede dell'amministrazione da Torino ad altra città del regno. Finché la questione romana rimaneva in uno stadio d'incertezza, senza alcun avviamento di soluzione, questa incertezza medesima aveva sospeso l'esame e lo studio intorno alla convenienza di tale misura. Ma se la Convenzione fosse stata firmata, egli sapeva che il Ministero, considerando la situazione politica interna creata dal trattato, aveva l'intenzione di farne al Re la proposta, aggiungendosi alle ragioni strategiche le ragioni politiche di un'azione più efficace su tutte le parti del regno e le ragioni stesse della nostra posizione verso Roma.

Parve all'Imperatore che tale deliberazione, ove si verificasse, potrebbe raggiungere lo scopo a cui si tendeva. " Se tale è il pensiero del Governo del Re • disse Sua Maestà Imperiale. alludendo al trasporto della capitale, • se tale è il desiderio della Nazione italiana, molte dif!ìcoltà che ci separano su questa gra\·e questione di Roma saranno appianate •.

Io osservai che il trasporto della sede del Governo presentava gravi inconvenienti, che non era senza pericoli lo spostare repentinamente il centro di gravitazione del Governo e di levarlo di mezzo ad un elemento essenzialmente governativo, solido e sicuro; che le stesse difficoltà materiali d'esecuzione sarebbero state grandi e numerose; che in ogni caso questa misura avrebbe richiesto un tempo considerevole per diminuire e rendere meno sensibile la lèsione degli interessi locali. Soggiunsi che del resto noi non potevamo pigliare che aù referendum il progetto di accomodamento ove lo si volesse condizionato al fatto del trasporto· de!la sede del Governo. Insistemmo poi perché all'infuori di questo fatto che doveva esser•e più specialmente considerato nei rapporti interni, il Governo francese accettasse senz'altro i! progetto.

Ma il Governo imperiale mantenne la risposta già fatta al marchese Pepoli, e dichiarò che nell'ipotesi in cui il Governo del Re si decidesse alla misura della traslazione, nulla osterebbe a che la Convenzione potesse sottoscriversi anche subito.

Il marchese Pepoli partì per Torino e sottomise queste cose alla considerazione del Governo del Re. Perché il Governo del Re potesse pigliare una decisione era necessario il fissare il termine entro cui dovrebbe cessare l'occupazione francese. Questo termine fu dichiarato dal Governo

228

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, GAMBAROTTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 840. Tunisi 16 settcmbre 1864 (per. ore 18,25 del 17) (1).

Le Commissaire turc continue à dire qu'il attend toujours les ~nstructions relatives à son départ et que dans aucun cas il ne devra partir ni avant les autres flottes, ni simuUanément. Le consul de France pense que le commissaire a reçu les instructions qu'il veut gagner du temps et obtenir mleux que les Hrnltes qui lui ,sont tracées par :.oon Gouvernement. En attendant commissaire ayant fait partir un des deux navires composant sa division navale probablement pour les besoins de sa mission, consul et amiral anglais ont proposé de faire partir une division de nos flottes avec un contre-amiral; le consul de France et moi avons repoussé cette proposition comme portant atteinte à la dignité de nos pavillons: il écrit aujourd'hui à Paris dans ce meme sens, afin que les Gouvernements puissent voir la nécessité d'insister soit à Londres soit à Constantdnople pour que l'ordre de départ soit ar~eté d'avance et prescrit conséquemment à leurs représentants. Le batiment que le comte Albini envoye aujourd'hui à Cagliari pour faire partir cette dépeche y attendra les réponses des deux Gouvernements.

imperiale non poter essere minore di due armi. Gli sforzi dei negoziatori italiani per ottenere un termine più ristretto furono senza risultato.

Il Governo del Re avendo, dopo maturo riflesso, deliberato d'accettare la Convenzione colla clausola del trasporto, diede incarico al marchese Pepoli ed a me di addivenire alla conclusione di quest'atto e ci munì degli occorrenti pieni poteri.

Il marchese Pepoli giunse a Partgi il 13 corrente, il 14 fu fissata la redazione degliarticoli, ed oggi 15 la Convenzione fu sottoscritta. L'articolo primo fu conservato quale era nell'articolo corrispondente del primitivo progetto Cavour.

L'articolo secondo contiene l'impegno della Francia di ritirare le sue truppe da Roma gradatamente e di mano in mano che l'esercito pontificio andrà costituendosi; ma fissa il termine dell'evacuazione in due anni.

L'articolo terzo è quale si trovava nel progetto Cavour, salvo che invece di fissare la cifra delle forze che devono formare l'esercito pontificio, si stabili che queste forze non debbano degenerare in mezzo d'attacco contro il Governo italiano. Furono aggiunte inoltre le parole: tranquil!ità sulla frontiera, per indicare l'obbligo del Governo pontificio d'impedire che la sua frontiera diventi riparo al brigantaggio.

Il quarto articolo è pure simile al progetto Cavour.

Quanto alla clausola del trasporto, non potendo questa, a mente del Governo del Re,far parte integrante della Convenzione, si convenne di formolarla in un protocollo separato,di cui l'E. V. troverà pure qui unito l'originale. Con questa forma si volle dimostrare che tale misura era per noi un fatto di politica essenzialmente interna che non poteva aver altra connessione colla Convenzione, se non in ciò che esso creava una situazione nuova. nella quale la Francia scorgeva una guarentigia che le permetteva di ritirare le sue truppeed un pegno che l'Italia rinunziava a tentare colla forza l'occupazione di Roma.

Fu ben inteso nelle nostre conferenze col plcnipotenziario francese che la Convenzione non deve nè può significare nè più nè meno di quello che dice; cioè che l'Italia s'impegna con essa a rinunciare ad ogni mezzo violento.

Noi abbiamo egualmente dichiarato che la Convenzione era la conseguenza del principjodi non intervento, in guisa che la politica futura dell'Italia verso Roma consisterebbe oramai nell'osservare e far osservare il principio di non intervento e nell'adoperare ogni mezzo morale per raggiungere la conciliazione fra l'Italia ed il Papato sulla base proclamata dal conte di Cavour e dal Parlamento nazionale, di tibera Chiesa in !ibero Stato.

Così furono conchiusi questi lunghi e difficili negoziati che non cessarono mai di preoccupare gli uomini che si succedettero nei Consigli del Re dalla costituzione del regno fino ad oggi. Per poco che si considerino le presenti circostanze politiche, lo stato dell'opinionepubblica in Francia e nell'Europa cattolica, per poco che si voglia rammentare la vivacità delle passioni che la questione romana sollevò nel mondo c le difficoltà che essa suscita.,-a all'Italia, sia nella sua politica interna, sia nei suoi rapporti internazionali, specialmente colla Francia, rimane evidente che il Governo del Re avrebbe incorsa la più grave responsabilità in faccia alla nazione ed alla storia, ove avesse rifiutato un accomodamento che ha per iscopo -finale la cessazione dell'occupazione straniera, esigendo soltanto la rinunzia ai mezzi violenti già esclusi dal Parlamento •.

(1) Trasmesso da Cagliari alle 10,40 del 17.

229

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Londra, 16 settembre 1364.

Il Marchese d'Azeglio, essendo andato ad accompagnare il Principe Umberto in una breve gita che Sua Altezza sta facendo nel Yorkshire, mi diede incarico di spedire, durante la sua assenza, gli affari correnti della Legazione, e si è per conseguenza dietro a questa :mtorizzazlone che ho oggi l'onore di rh·olgere alla

S. V. il qui annesso dispaccio di affari in genere.

Il prefato Signor Marchese, oltre al telegramma speditoLe il mattino delli 12 corrente, avrà senza dubbio già scritto a V. S. come S. A. sia giunta felicemente in quel g.iorno, e come sia andata nella sera a pranzo da Lord Palmerston accompagnata dal suo seguito e dal personale della Legazione. Il dì seguente il Principe recossi a Doncaster per assistere alle corse che ivi ebbero luogo e che si annoverano fra le primarie d'Inghilterra. Il Mayor della Città aveva fatto collocare la bandiera italiana sul palco occupato da Sua Altezza, che vi veniva ricevuta da tutti coi riguardi dovuti all'alto suo rango e coi più dvi segni di simpatia.

Compiuta la sovraccennata escursione, intrapresa specialmente per far acquisto di cavalli, S. A. ritornerà a Londra, forse questo potrà aver luogo domani, c non so se ripartirà quindi immediatamente per la Scozia, oppure se qui si tratterrà qualche giorno prima di recarvisi.

Quest'oggi si presentò alla Legazione uno dei scudieri della Regina a comunicarmi che S. M. gli aveva inviato l'ordine da Balmoral di porsi ai comandi del Nostro Principe ereditario, mettendo inoltre alla sua disposizione le di Lei carrozze e cavalli per tutto il tempo che sarà per rimanere in Inghilterra. Ho immediatamente telegrafato al 1\'Iarchese d'Azeglio per che di questo fosse dato annunzio a Sua Altezza (1).

Prima di terminare la presente, mi corre l'obbligo di far conoscere a V. S. come l'altra sera a pranzo, essendomene offerta l'opportunità, parlai a Lord Palmerston, che non era più riuscito a vedere da parecchie settimane, dei supposti accordi passati tra Prussia ed Austria relativamente ai possedimenti del Veneto. Sua Signoria si espresse meco in un senso identico a quanto già io Le aveva scritto su questo argomento. Senza porre in dubbio l'esistenza di accord1 tra le due Potenze gern'laniche, per ciò clw riguarda la politica generale europ2a, e co;Iseguentcrr::cr:te anche la q_uest~on··:: Italian::t1 Lord Paln1erston non cr~:-deva che la Pruss~H avesse nrer;isamcnte t~rcso l'im:Jcgno di sostenere le prctel:slon: dell';~ustria ir. seno d la Dieta Federale. Egli pzreva inclinEto a supporre molto vagì:e le prmnesse di Bismarck, e più dirette ad assicurarsi il presente concorse del Gabinetto di Vìenna che a legarsi per l'avvenire. Conchiudeva il11ìne c:-:oYtandomi nd accogliere con molta riserva le voci che si sono sparse ult~mamente sulla sanzione che la Prussia avrebbe dato all'idea au'3tria-::a di fJ.r entrare il Veneto nella Confederazione germanica.

Tali considerazioni s'accordavano perfettamente con ciò che mi dice·.. a alcuni giorni p1rima il Constgli~re della Legazione di Baviera, con cui mi trovo in buoni rapporti d'amicizia, e che cercava di provocare a spiegarsi su ques:o soggetto per noi di tanta importanza. Il diplomatico tedesco, quantunque di opinicni assolutamente favorevoli all'Austria, mi diceva, ed ho ragione di credere sinceramente, che la Germania non aveva né poteva fin d'ora assumere degli impegni per l'Italia, essendo questa per lei una questione che non l'interessa in modo diretto. Se gl'Italiani soli si sollevassero contro al loro nemico, essa rimarrebbe fredda spettatrice della lotta qualunque fosse per esserne l'esito, vrmandosi bensì, ma solo per misura di precauzione. Se poi l'Italia movesse guerra sostenuta da un potente alleato il quale dal canto suo cercasse a spingersi sui confini Renani, allora la questione muterebbe aspetto ed un'unione perfetta di tutta la Confederazione ne potrebbe essere la conseguenza, onde difendersi a vicenda ÙH comuni pericoli. Ma in simìle eventualità chi può dubitare dell'immediato accordo di tutti gli Stati germanici o almeno di una gran parte di essi? Questo è così naturale che non parrebbe necessario di fare da prima una convenzione speciale per raggiungere tale scopo. Ma allora potrà la Germania divisa da tante rivalità, travagliata anch'essa dal partito unitario, resistere alla Francia ed all'Italia riunite?

Riassumendo non sembra che una guerra localizzata interamente all'Italia come già a-ltre volte lo fu, farà muovere la Germania .più di quello che fece per lo passato (1).

Ella saprà meglio di me, Signor Cav.:'.liere, qual valore dare alle conversazioni che Le ho riferito.

(1) Per maggiori ragguagli sul viaggio in Inghilterra del principe Umberto cfr. R. 141 del 21 settembre e R. 142 del 29 settembre, che non si pubblicano.

230

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 370. Torino, 17 settembre 1864, ore 20,50.

Courrler part ce soir avec ratifications. Veuillez résumer dans un rapport confidentiel le résultat précis et détaillé des négociations.

231

IL CONTE VIIVIERCATI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

T. Baclen, 17 settembre 1864.

Quoique bien décidé à ne pas cl·'~''T des difficultés et à faire tout ce qui sera en son pouvoir pour les dim.inuer, Rattazzi se reiuse à prendre engagen1ent

(AST, Legazione a Francoforte): "Les journaux Autrichiens consacrent de longs articles a l'examen cl\'S avantages qui peuvent résulter pour l'Autriche de la continuation de l'alliance austro-prussienne. Quant au fait mème de l'alliance des trois Cours du Nord, il ne fait pbsl'objet d'un doute; et si l'on devait en croire le langage des partisans de l'Autriche ici, Oi'dinairement très bien renseignés sur la pensée du Cabinet de Vienne, l'alli:lnce, s.insi quedéjà j'ai eu plusieurs fois occasion de le faire observer, n'aurait qu'un but défe!lsif à l'intérieur CIJ1:1~i1? à rextéri-::!ur et 3.tE~dit été surtout fV!:mée en vue de ne plu;; subir tes o,rrèts ;;le !a Cour des Tuileries , .

préventif de défendre le traité sans en connaitre bien précisément le contenu; si, à son avis, le changement de capitale fait parti du traité, il pense que le traité meme rencontrera cles difficultés énormes, car ce serait le Gouvernement étranger qui se mele d'une question d'intérieur. Au pis aller Rattazzi resterait absent. Il attend aussi de se concerter avec ses amis, puisqu'il pense qu'il vaudrait peut-etre mieux convoquer une nouvelle Chambre que faire voter le traité par celle qui a voté Rome capitale, La Marmora était ici. Il a beaucoup contribué à la décision de Rattazzi, car il pose le principe que tout Piémontais doit étre étranger à cette décision.

(1) Si pubblica qui un brano del R. 59 di Barrai, datato Francoforte 7 settembre 186-!

232

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL PRINCIPE EUGENIO DI SAVOIA

L. Torino, 17 settembre 1864.

S. M. il Re mi ordina di significare a V. A. R. i quesiti che intende di porre alla Commissione composta dei Generali d'Armata sotto la Presidenza di V.A.R. Essi sono i due seguenti:

Quesito l o -Nelle condizioni attuali d'Italia e in un sistema generale di difesa dello Stato, Torino può esserne la Capitale?

Quesito 2° -In caso che no, qual'è fra le città principali d'Italia (fatta astrazione per ora da Roma) quella che al punto di vista militare sarebbe più acconcia come sede del Governo?

233

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. Torino, 18 settembre 1864, ore 15,18.

La chose s'ébruite. Il faut donc la présenter sous l'aspect le plus favorable dans les communications françaises. Des raisons de organisation intérieure et surtout le système général de défense militaire de la péninsule ont décidé le Gouvernement italien au transport de la capitale à Florence. Cette décision a rendu plus faciles les négociations avec la France et on a conclu le traité sur Rome; expliquer le traité, montrer que l'Italie renonçant aux moyens matériels, les moyens moraux seront d'autant plus efficaces pour arriver dans l'avenir à son but.

234

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 372. Torino, 18 settembre 1864, ore 17.

Consul et amiral écrivent de Tunis que J.e commilssaire Ottoman cherche à gagner du temps et ne veut pas partir avec la flotte. Veuillez prier M. Drouyn de Lhuys de vous communiquer les instructions télégraphiques qu'il donne au Consul de France, ;parce que nous désirons marcher d'accord avec lui.

235

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, GAMBAROTTA

T. 373. Torino, 18 settembre 1864, ore 17,50.

J'écris à Paris pour concerter action commune. En attendant continuez à marcher d'accord avec le consul de France pour obtenir départ simultané du commissaire turc et des flottes.

236

IL MINISTRO DELL'INTERNO, PERUZZI, Al PREFETTI

(Ed. in MINGHETTI, pp. 197-198; in BASTGEN, p. 359 e in CHIALA, pp. 302-303)

T. 18 settembre 1864.

15 settembre fu firmata a Parigi convenzione con Imperatore Napoleone

sulle basi Cavour, per sgombro graduale territorio pontificio da compiersi to

talmente entro termine massimo due anni, con unico impegno da parte Governo

italiano non aggredire ed impedire invasione territorio pontificio.

Questa convenzione è reputata dal Governo del Re passo importantissimo

verso soluzione definitiva questione romana; partenza francesi lasciando potere

temporale in faccia ai soli romani, e rendendo così possibile efficacia mezzi mo

rali per conseguimento di detto fine.

Entrando francamente in tale sistema di non adoperare che mezzi morali

per soluzione di così grande questione, Governo del Re sente il dovere di tra

sportare sua capitale in sede più centrale, e, in vista delle eventualità che da

una tale politica possano derivare rispetto ad altri potentati d'Europa, in città

più militarmente sicura in caso di guerra. Secondo opinione capi esercito, S. M.

ha scelto Firenze.

Ora importa sommamente che questi concetti sieno bene spiegati, e fatti

nella opinione pubblica prevalere, contro tentativi che i nemici dell'unità po

trebbero fare per diminuirne l'importanza, o travisarne l'indole. Ed Ella si

adoperi per ciò come per scopo vitale all'avvenire d'Italia. Valendosi del presente, non ne comunichi il testo a nessuno. Il Parlamento ,;arà tosto rlconvocato per essergli comunicati detti importantissimi atti.

237

IL PRINCIPE EUGENIO DI SAVOIA

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(Ed. in MINGHETTI, p. 183)

L. 18 settembre 1864.

Mi affretto a trasmetterle il verbale ufficiale della commissione da me presieduta, il cui risultato non poteva essere più felice, la votazione essendo stata unanime per riconoscere Firenze la sola capitale, militarmente par!.ando, la più strategica, oggigiorno, d'Italia.

Felice di rpoterle comunicare tale notizia...

ALLEGATO

PROCESSO VERBALE

(Ed. in MINGHETTI, pp. 183-185)

Torino, 18 settembre 1864.

Il Presidente del Consiglio dei Ministri con lettera riservata del 17 corrente mese (1) significava a S.A.R. il Principe di Savoia Carignano esser volere di S.M. il Re che una Commissione presieduta dalla sullodata S.A.R. e composta delle LL.EE. i Generali di Armata m·esse a pronunciare il proprio parere sui due quesiti seguenti:

l o Nelle condizioni attuali d'Italia ed in un sistema generale di difesa dello Stato Torino può esserne la Capitale?

2o In caso che no, qual'è fra le città principali d'Italia (fatta astrazione per ora da Roma) quella che al punto di vista militare sarebbe più acconcia come sede del Governo?

Riunitasi la Commissione composta dell'Ammiraglio Persano e Generali d'Armata Durando, Cialdini, Del.Ja Rocca e De Sonnaz il giorno 18 andante, S.A.R. il Presidente dava conoscenza ad essa del mandato conferitole e di sopra espresso; quindi invitava ciascun membro a svolgere il ,proprio avviso sui due quesiti separatamente, e quindi passava alla votazione dei medesimi, la quale è risultata come appresso leggesi:

l" Quesito: Tutti i prelodati Membri rlconos-::ono ed affamano ch(ò, esaminata la quistione sotto il riflesso puramente militare, non vi sia alcun dubbio, che Torino non soddisfa alle condizioni di Capitaìe del Regno d'Italia, perché troppo prossima alla frontiera continentale, affatto sprovvista di difese, epperò molto esposta alle aggressioni nemiche provenienti dalla detta frontiera. Sarebbe poco prudente ed anche pericoloso rimanere a Torino tutti gli stabilimenti governativi e quelli miHtari, pei quali specialmente essa può dirsi al presente l'Arsenale principale dello Stato.

2° Quesito: Tutti i componenti della Commissione sono anche unanimi nel ritenere che fra le principali Città d'Italia, Firenze per la sua posizione centrale,

per essere coperta dagli Appennini, ed abbastanza lontana dal mare, si trovi nelle migliori condizioni strategiche per trasferirvi presentemente la Capitale del Regno. In seguito del che si è chiuso il presente processo verbale, e si è passato a

firmarlo. I COMPONENTI DELLA COMMISSIONE Carlo di Persano Giovanni Durando Enrico Cialdini Della Rocca

E. De Sonnaz

IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE Eugenio di Savoia

IL SEGRETARIO DELLA COMMISSIONE Gaetano Nagle :Maggiore

(1) Cfr. n. 232.

238

IL MINISTRO RESIDENTE A COPENAGHEN, DORIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. P. CONFIDENZIALE CIFRATO. Copenaghen, 18 settembre 1864.

J'ai reçu du Général Revel une lettre de laquelle j'extrais le passage suivant:

• Il me ,parait oppor:tun de savoir positivement si le mariage russe elst arreté, et en cas contraire de laisser entrevoir nos intentions à cet égard. L'occasion est bonne et vaut la peine que tu te donnes du mouvement •.

Je me borne à rendre le sens exacte d'une pensée exprimée de façon à dérouter au besoin les indiscrétions de la poste. Je crois que si nous avions avant la visite de notre prince manifesté nos intentions, les difficultés n'auraient pas été telles que nous n'eussions pu les surmonter. N'ayant pour ma part jamais su jusqu'à quel point ces intentions étaient sérieuses, je me suis borné à transmettre les renseignements qui m'ont été demandés. Il est regrettable que l'on ne m'ait point prévenu en temps opportun de la visite du prince, et que la chose n'ait pas été discutée d'avance. Jc sais très positivement que le Roi ne tient pas à l'aUiance russe, mais il n'y a que !lui de cet avis. La Reine et tout le reste de la Cour ne revent que de cela, et si demain la Russie demande la Princesse, on la lui donnera de grand coeur. Dans cet état de choses, je ne puls déférer aux conseils de lVI. le général Revel et j'en réfère à V. E. pour mettre vis-à-vis de tout le mondc ma responsabilité à couvert quoique je n'aie jamais connu la pensée intime du Gouvernement de S. M. ni reçu d'instructions formelles. Je crois cependant avoir interprété vos intentions en agissant dans toute cette affaire avec une réserve extréme. J'aurais cru manquer à tous mes devoirs si je m'étais donné le mouvement dont il est question dans la lettre susmentionnée (1).

(1) Con t. 864 del 29 settembre Doria informò che il principe ereditario di Russia aveva chiesto ed ottenuto la mano della principessa Dagmar di Danimarca. ·

239

IL GENERALE KLAPKA AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI

L. P. Sciaffusa, 18 settembre 1864.

Mille et mille remerciments de vos bonnes et encourageantes paroles. Je ferai toujours mon possible pour faciliter la tache de mes amis. Je me suis à cet effet rendu à Schaffhouse où je viens de m'entendre avec la Direction de la Comp&gnie Industrielle Suisse, sur les payements à faire, pour nous assurer la possession des armes et munitions (8.800 fusils), déposées comme vous le savez à Neuhausen.

Voici ce qui a été stipulé. Il reste encore entre 147.000 et 150/m fr. à payer. Ces payements pourront ètre faits en trois termes, savoir:

le 15 novembre 50.000. fr.

le 15 février 50.000 fr. et

le 15 mai 50.000 fr.

J'expédie la déclaration du Directeur de la Société à M. Csaky, qui aura soin de vows la fai.re immédiatement parvenir en traduction française.

Si, ce que Dieu ne veuille, ces armes ne pourraient pas étre employées jusqu'au mois de mai en Hongrie, le Gouvernement en fera l'emploi qu'il jugera le plus utile et le plus convenable. Ce seront toujours 8.800 fusils rayés sauvés pour la cause commune, tandis que si on laissait échouer le 7 novembre sans s'etre entendu avec la Direction de la Société, nous risquerions de perdre tout (d'après les termes de la convention conclue l'année dernière) armes et cautionnement.

Le Général Vetter du consentement de M. Komaromy, pourra pendant mon absence de Genève suivre et bien finir cette affaire. Toutefois si vous préfériez d'avoir des explications direetes de M. Peyer im Hof, Consei!l>ler National et direeteur de la Société, vous n'aurez qu'à lui adresser un mot à Schaffhouse. J'ai eu l'honneur de vous présenter à Monsieur à Tunin, H se :fera un devoir de vous donner tous les détails et tous les remseignements désirables.

L'adresse de M. Peyer est tout simplement: M. Peyer im Hof Conseiller National Schaffhouse.

Il importe de ·rester en bons termes avec nos amis ici, qui pourront ètre· appelés un jour, de nous rendre des grands services. La position de Schaffhouse s'y préte à merveille. M. le Ministre de la guerre, ne s'est pas encore prononcé dans la question d'amende. concernant la Société Industrielle Suisse de Neuhausen. Oserais-je vous prier, M. le Commandeur, de bien vouloir une dernière fois intercéder en faveur de ces Messieurs, qui en nous lservant, s'étaient exposés· à bie n de désagrements du còté de l'Autriche.

Pauvre M. Fazy est définitivement coulé. On n'en veut plus de lui ni à

Genève ni dans les autres Cantons. C'est une perte pour nòus; on le voyait

toujours en première ligne chaque fois qu'il s'agissait en Suisse de la défense

des intérèts italiens. Il était aussi ami et ami intime de Cavour. Malheureu

sement pour lui il tenait trop au pouvoir.

P. S. Je serai à Genève vers le 28. La p-résente ne devant pas passer pa1· la France, je préfère de vous l'adresser direetement.

240

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 884. Londra, 19 settembre 1864, ore 12,25 (per. ore 14,50).

Lord Palmerston restera à la campagne jusqu'à novembre. Dois-je quittant le prince aller y avoir entretien avec lui, ou bien croyez-vous suffisant que j'écrive qu'il ne s'agit que de lui communiquer ce qui est fait? (1) Peut-étre cela suffit-il afin de ne pas avoir l'air de mystère. Sa réponse sera concise.

241

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

T. 375. Torino, 19 settembre 1864, ore 15,35.

Vous pouvez écrire à lord Palmerston. Cela suffit.

242

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 845. Parigi, 19 settembre 1864, ore 18,40 (per ore 20).

Gouvernement français a fait demander par télégraphe à Constantinople d'envoyer instructions posltives à Haider Effendi et à amiral turc pour que l'on mette fin aux hésitations, en disant que la France consent à la retraite simultanée des fiottes. Amiral français a l'ordre de rester tant que réponse de Constant;nople ne sera pas arrivée.

243

RELAZIONE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI A VITTORIO EMANUELE II

(Ed. in Atti del Parlamento Italiano, Sessione del 1363-1864, Documenti, Vol. V, cit. pp. 3651-3652 e in MINGHETTI, pp. 191-196)

19 settembre 1864.

Allorchè .piacque alla M. V. di affidarci l'ammin~strazione della cosa pubblica, la questione romana si trovava in tali condizioni che sarebbe stato poco degno e di nessuna efficacia il riprendere immediatamente i negoziati intorno

alla medesima. Però, mentre il governo di V. M. rivolgeva le sue precipue cure alì'ordinamento interno del Regno, aveva sempre fisso nell'animo il pensiero d; quella grande questione, ed aspettava desideroso l'opportunità di ripigliarla. Pertanto, qmmdo le mutate condizioni della politica generale e delle relazioni int2r:-~azionali europee ci parvero offrirei questa opportunità, noi fummo solleciti à~ co;:;lierla.

Dalle discussioni e dalle deliberazioni del Parlamento rispetto alla questione romana, due concetti scaturiscono, i quali ci sembrano sovrastare a tutti gli altri e dover servire di norma alla condotta del governo di V. M. L'uno, che la questione romana doveva sciogliersi per mezzi morali e non per mezzi materiali, imperocchè la violenza in questo caso non toglierebbe punto la difficoltà. L'altro, clY:: bisognava procedere d'accordo colla Francia per conseguire che anche in questa parte il principio del non intervento abbia la sua esecuzione.

L'Imperatore dei francesi ha desiderato ognora di poter ritirare le sue truppe da Roma, non solo perchè ciò è conforme a ouei principii di diritto pubblico, in virtù dei quali egli regna, e che, colle armi e colla politica, ha sostenuto in Europa; ma eziandio perchè il risorgimento d'Italia, al quale la nazione francese ha potentemente cooperato, sarà una delle glorie maggiori del suo regno.

Ma l'Imperatore credeva di non poter abbandonare, ritirandole ad un tratto il suo aiuto, questa potestà che da quindici anni aveva protetto colle sue armi. A conseguire pertanto il fine che i francesi sgombrassero il territorio pontificio bisognava rassicurarli, e mostrare a loro ed all'Europa, che possono farlo senza venir meno ai sentimenti che nutrono verso il papato. Ora, che cosa poteva fare il governo di V. M. a questo fine?

Il governo di V. M. non poteva far altro che promettere di non assalire quel territorio che le truppe francesi occupavano, ed impedire eziandio che bande irregolari lo assalissero, movendo dal territorio del Regno.

Una tale promessa lealmente data e fermamente mantenuta, a nostro avviso, non distrugge e menoma i diritti e le aspirazioni della nazione, ma tien fermo il concetto che colle sole forze morali si debba operare, e con tutti i mezzi che la civiltà odierna offre al trionfo delle idee liberali e nazionali.

Noi abbiamo pertanto consigliato francamente la M. V. di accettare questo impegno come correspettivo della partenza dei Francesi dall'Italia, e siamo pronti ad assumere la responsabilità della relativa stipulazione dinanzi al Parlamento e dinanzi alla nazione.

Un tale impegno, mentre non è in contraddizione coi nostri principii, ha per effetto di far cessare quella aspettativa ansiosa ed irrequieta che agitava gli animi, e di stabilire un intervallo fra la situazione presente e quella che deve avere per risultato finale la riconciliazione fra la Chiesa e l'Italia.

Noi siamo convinti che gl'italiani, i quali diedero in questi ultimi anni tante prove di sagacia e di senno, si faranno capaci della convenienza di questi accordi e, apprezzando l'importanza grandissima del risultato che si consegue nel porre un termine all'intervento francese in Roma, approveranno una politica che deve essere prudente non meno che forte.

Ed è altresì di grande importanza che sia tolta una cagione permanente di differenze tra l'Italia e la Francia, e che i vincoli di razza, di simpatia e di riconoscenza che devono collegare le due nazioni nel presente e nell'avvenire non siano rallentati da una condizione di cose che, prolungandosi indefinitamente, poteva compromettere le naturali alleanze della nazione e la sua dignità.

Però il Governo dl V. M., mentre si preoccupava della questione romana. ncn dimenticava la c:;uestionc veneta. L'J\.ustria accampa nella Venezié'. in un::;. delle più munite ed ardue posizio~1i che la natura e l'arte militare abbiano form<:to, ed il suo eserc:to, per numero, per valore e per apparecchi, gareggia co' più formidabili d'Europa. E se in questo momento non minaccia il Regno d'Italia, pur tuttavia alleanze posw,-,o formarsi ed eventualità possono sorgere, ai pericoli delle quali è necessario ed urgente il provvedere.

Non appena l'Italia si riunì sotto lo scettro della Dinastia di Savoia, che la M. V. pose in cima de' suoi pensieri l'ordinamento di un sistema generale di difesa del nuovo Regno. Jmperciocchè V. lvL bene giudicava non potersi senza di ciò stabilire veracc indipendenza, non solo militare, ma neppure politica. Pertanto egli era evidente che il sistema difensivo, che risultava dalle condizioni dell'antico Stato Sardo, non poteva più essere quello della nuova Italia.

La posizione dell'Austria e il riavvicinamento de1la frontiera francese mediante la riunione della Savoia alla Francia, esigevano che la sede del Governo, la quale neHe moderne guerre ha tanta importanza, e ne avrebbe una anche maggiore per le speciali condizioni d'Italia, fosse trasferita da Torino in luogo più acconcio.

Ora, fra le città principali dell'attuale territorio del Regno, egli era evidente che Firenze porgeva le condizioni migliori per la sua posizione topografica e per e;;:sere guarentita dal Po e dall'Appennino. Questo punto era confermato dai più elevati in grado fra i generali dell'esercito di terra e di mare, che furono da

V. M. consultati; e quindi appariva manifesto doversi su questa base stabilire l'ordinamento generale di difesa richiesto da V. M.

Questo fatto d'altronde, sebbene essenzialmente motivato da cagioni interne. si collega strettamente al trattato, del quale faciliitò e rese possibile la conclusione. Imperocchè, rispetto al di fuori, e soprattutto rispetto alla Francia, esso apparisce un argomento ed un pegno della fermezza dei nostri propositi nel rinunziare all'uso di mezzi violenti verso il papato. Un altro risultato di questo fatto sarà che l'efficacia dei mezzi morali si farà sentire a Roma tanto più rapidamente, quanto maggiore è la vicinanza della sede del Governo, più frequenti i rapporti, più antica ed intima la comunione d'interessi e d'abitudini.

Egli è doloroso certamente di dover lasciare questa antica ed illustre città di Torino, capo e sede mirabilmente 'acconcia alla fondazione dello Stato nuovo ed allo svolgersi delle istituzioni rappresentative. Ed è parimenti doloroso il turbare interessi ed aspettative, per i quali però il Governo di V. M. ha fermv. intenzione di proporre acconci temperamenti. Noi lo riconosciamo; ma non dubitiamo di fare assegnamento sulla generosità di questo popolo, in mezzo del quale nacque e fiorì la libertà, d'onde partì il primo grido d'indipendenza, che versò il sangue dei suoi figli e profuse i suoi tesori per il bene della patria comune, che non si ritrasse innanzi ad alcun sacrifizio per compierne l'unità. Sarà questo un nuovo e grande titolo alla devozione ed alla gratitudine di tutte le altre provincie d'Italia. Ed è in voL o Sire, che avete dato sempre il nobile esempio di ogni abnegazione, che questo popolo 1si specchia e non può esitare

quando vede la stirpe dei suoi Re mettere a cimento la corona e la vita, e dimenticare in ogni occasione se stessa per consacrarsi tutta all'Italia.

Permettete Sire, che in questo momento,' coll'animo profondamente commosso, noi vi esprimiamo i sentimenti di tutta la nazione, che vi riverisce e vi ama, e sente le sue sorti avvenire indissolubilmente legate a Voi ed alla Vostra dinastia.

La convenzione colla Francia, sino a che non si verifichi una obbligazione pecuniaria, è per lo Statuto prerogativa regia, che non ha bisogno di sanzione del Parlamento. Il trasferimento poi della sede del Governo a Firenze, oltre la intrinseca sua gravità, importa una spesa, e quindi è necessario proporre alle Camere che nel bilancio straordinario del 1865 sia stanziata una somma a tal uopo. E certamente in questa occasione l'una e l'altra Camera troverà conveniente di discutere un argomento che tanto tocca gli interessi vitali della nazione. Lungi dal rifuggire da questa discussione, noi, al contrario, ne acceleriamo il momento, e perciò sottoponiamo alla M. V. il decreto col quale il Parlamento è convocato pel giorno 5 del prossimo mese di ottobre.

(1) Az;e_glio era stato invitato con t. del 13 settembr~ a comunicare a Palmerston il contenuto della convenzione con la Francia.

244

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 23. Baden, 20 settembre 1864 (per. il 24).

Le Baron de Roggenbach que j'ai eu l'honneur de voir ce matin à Carlsruhe, m'a beaucoup félicité, en me présentant chez-lui, de ce qu'il appelle une bonne fortune pour l'ltalie relativement à la nouvelle phase dans la quelle vient d'entrer la question Romaine .par suite du réeent compromis négooié et signé à Paris, • compromis a-t il ajouté, qui dépasse mes propres espérances car je n'aurais pas cru actuellement à des concessions si importantes et si favorables pour vous de la part de la France à ce sujet , .

S. E. s'en est montrée très satisfaite, m'a chargé de remercier V. E. pour sa communication à M. de Schweitzer, et a ajouté • cet arrangement Franco-Italien sur la question Romaine peut aussi vous acquérir des sym:pathies plus prononcées en Allemagne surtout en Bavière, dont le Gouvernement est en ce moment très monté contre l'Autriche à cause de la reconnaissance du nouveau Roi de Grèce, motivée, d'après ·les expli:cations envoyées de Vienne à Munich. par des misons politiqt~es u1·gentes " celles. suppose-t-il, de ne pas laisser l'influence Russe à Athènes trop préponderante, surtout si des alliances de famille venaient à l'augmenter.

L'important pour l'Italie en ce moment, d'après l'opinion du Ministre Baèois, surtout au point de vue de l'amélioration de ses rapports avec l'Allemagne, c'est de faire acce:pter franchement par le Pays le compromis Franco-Italien, et contenir à tout prix le :parti d'action en suivant une politique libérale-conser7Jatrice qui rassure l'Europe d'un còté et nous permette de l'autre de compléter et asseoir sur des bases stables notre organisation intérieure. Cette politique nous conciliera davantage, a répété le Ministre, les sympathies de l'Europe et r.ommément de l'Allemagne, et groupera autour du Trone tous les partis honnè

tes et sérieux, dont les Chefs, à son avis, devraient maintenant appuyer explicitement la politique du Gouvernement du Roi.

M. de Roggenbach m'a semblé confirmer ce que j'ai eu l'honneur de mander dernièrement eneo-re à V. E. quant au peu de stabilité de l'entente Austr:JPrussienne malgré le5 intérets qui lient ensemble ces deux Puissances sur la question Dane-Allemande, mais qui séparent de plus en plus, ainsi que j'ai eu occasion de l'exprimer à plusieurs reprises, les intéréts sur la question du Zolferein, les intéréts politiques en Allemagne, et .peut etre aussi les intéréts Européens, car il semble avéré que les sentimens de la Prusse et de l'Allemagne sont en ce moment loin d'étre hostils à la France du moment que cette Puissance, au dire du Ministre Badois, parait avoir changé sa base de politique Allemande et désirer non plus une Allemagne faible mais une Allemagne forte. Ce revirement de la politique Française amoindrit nécessah·ement, si non elle anéantit, de la part de l'Allemagne les craintes d'une France préponderante dans les Conseils de l'Europe, de méme que celles d'une Italie forte et consolidée.

L'arrivée de ,l'lmpératrice des Français à Baden n'est pas tout à fait sure mais tres probable à ce que m'a dit ce matin en chemin de fer le Prince de Saxe Weimar qui habite en ce moment chez la Duchesse de Hamilton les appartemens qui doivent étre occupés par S.M.I.

Le Baron de Roggenbach a confirmé cette probabilité en ajoutant que la venue de l'Impératrice était dési1·ée à Baden et certainement entr'autres par le Gouvernement Badois; que ·le Grand Due et la Grande Duchesse reviendront exprès de Mainon, désireux de faire à S.M.I. la meilleure réception dans leurs Etais.

J'ai confiée une lettre particulière pour V. E. au Comte Vimercati, parti avant'hier, et la présente Dépéche, écrite à la hate, sera remise par le Baron de Renzis, Officier d'ordonnance du Roi, qui part ce soir meme pour Turin.

P.S. Roggenbach m'a dit que Je froissement de Ia Bavière :probablement LduJ reconnaissance autrichienne de la Grèce pourrait offrir occasion favorable reconnaissance de l'Italie par la Bavière. J'ai demandé s'il croyait moment opportun pour démarche indirecte. M'a répondu pas encore et m'a promis m'en prévenir pret à y coopérer le cas échéant. On pourrait peut étre faire sonder terrain à Munich par l'entremise de la France. Veuillez bien me donner instructions dans le cas que Baron Roggenbach revienne là dessus (1).

245

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, RATI OPIZZONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 1. Berlino, 20 settembre 1864 (per. il 25).

Je remets la ·présente dépeche à M M. Meazza et Gavazzi qui ont été chez moi ce matin, et qui partent ce soir à 7 heures. Je les ai priés de la consigner à la poste, aussitòt qu'ils seront en Suisse.

Dans ma précédente dépeche en date du 17 de ce mois, (S.P. n. 12) (1) à propos des difficultés d'entente entre la Prusse et l'Autriche sur une convention douanière, je n'ai pas cru convenable de parler des projets qu'on suppose à M. de Bismark à l'égard de l'Allemagne par l'entente conditionnelle qui pourrait s'opérer avec l'Autriche. J'ai eu l'occasion d'en parler ces derniers jours avec un personnage aUemand que j'avais connu lors de non premier séjour à Berlin en 1857 et 1858.

Le Gouvernement Français à propos de la question Polonaise força la Russie à un rapprochement avec l'Autriche, et du moment que la question du Schleswig Holstein amena celle-ci à agir militairement avec la Prusse, le Cabinet de Pétersbourg saisit l'occasion pour dire aux deux Puissances Germaniques: • ·puisque vous vous serrez la main, embrassez vous •. Je ne pense pas qu'il y ait eu rien d'écrit, des écrits d'ailleurs ne rendraient pas les engagement:> plus valables, mais il n'y a pas de doute sur l'existence d'une entente conditionnelle. Cette entente pourrait devenir une coalition défensive, et par celà meme elle aurait l'avantage de se faire jour, non comme concertée d'avance. mais comme provoquée à la suite d'une attaque. Comme elle ne saurait venir que de la France, l'entente aurait en outre l'avantage de compter l'Angldterre romme complice plus ou moins ap.parent.

La Russie ne dut pas épuiser trop d'efforts pour faire comprendre à la Prusse et à l'Autriche que leur union les rendait maitresses de l'Allemagne. Non qu'on ait en vue dès à présent des acquisitions prochaines ou bien définies (quoique les deux prétendants aux Duchés puissent et doivent attendre encore longtemps une décision), mais on se serait entendu sur un dévelo.ppement des forces •réciproques. La marche des événements et la nature des circonstances particulières pourront en dessiner la signification dans la suite. C'est dans ce sens que je crois devoir intertPréter les articles de la presse officieuse quand on parle de développement qui est réservé à la Prusse dans le Nord, et à l'Autriche dans l'Est et dans le Sud.

En effet il est de l'intérét de la Prusse que les forces de l'Autriche soient distraites par des vues extra-allemandes, car si ces deux soupapes du Sud et de l'Est lui étaient precluses, toutes les forces qui reSitent à ·cet empire devraient se converger vers l'Allemagne, et le concurrent est encore trop fort pour que Ja Prusse puisse le braver sans crainte. Ainsi la seule oppoisition que la Prusse serait dans le cas de faire à l'Autriche, se bornerait au terrain exclusivement Allemand, dans le cas où sur ce terrain M. de Rechberg ne voulut pas marcher d'accorci avec M. de Bismarck. Là est une des causes princi:pales que la Prusse, tout en tàchant de sauvegarder les ap.parences, ne permettra certainement pas que l'Autriche, par son entrée, disloque le Zollverein qui a été la première base de la grandeur morale de la Prusse en Allemagne. Mais dès que ce développement Allemand-Prussien sera accepté par l'Autriche, l'entente serait véritable, et les autres Etats Germaniques seraient livrés pieds et mains lié> à leurs deux grands frères. C'est de là que la Prusse attend le développement de ses forces.

Le développement pourrait s'effectuer Io avec le concours de l'élément révolutionnaire, mais 'ce serait une épée à deux tranchanrts, dont on ne veut pas se servir; zo on pourrait l'obtenir par une entente avec la France, mais ce moyen couterait cher, et ensuite par ce moyen, ainsi que par celui de la révolution, on aurait toujours l'Autriche contre soi. Il ne resterait donc qu'un 3.me moyen, un agrandissement d'a·ccord avec l'Autriche. C'est le moyen le plus pratique et le plus facile.

La Russie ne s'y opposerait pas et les Princes Allemands qui font déjà le plongèon à la moindre querelie qui 'sm~git entre J.'Autlrtche et la Prusse, finiraient par subir des médiatisations plus ou moins déguisées. M. de Bismark ne craint pas qu'iLs fin:issent par se jeter dans les bras de la France. D'abord on se dit qu'une entente Austro-Prussienne, appuyée par la Russie donnerait à réfléchir, et au pis aHer, ce Ministre Président saurait faire la part du feu.

A cet égard M. de Bilrmark n'a pas de préjugés. Dans une conversation qu'il a eu avec le Roi, S.M. objectait les intérèts Allemands, M. de Bismark interrompit le Roi rpar Lui dire • S.ire, je sers les intérèts Slessots, Li.ppois, je ne connai1s pas des intérèts Allemands •. Cette réponse est le programme de sa politique.

J'ai cru de mon devoir de ·communiquer ces renseignements, aux quels la haute sagesse de V. E. saura donner la portée qu'ils peuvent mériter.

(1) Il post scriptum è in cifra.

(1) Non pubblicato.

246

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

T. 377. Torino, 21 settembre 1864, ore 15,20.

Lord Granville, qui a passé par Turin hier, est enthousiaste de la Convention conclue avec la France sur la question romaine. Cela me fait espérer que l'opinion publique en Angleterre l'accueillera avec faveur. Tachez que Times et Post s'expriment en ce sens, surtout quant au transport de la capitale. Cela fera le meilleur effet en ltalie.

247

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 848. Parigi, 21 settembre 1864, ore 15,35 (per. ore 17,05).

Le parti cathoUque en France se montre consterné, il ne peut croire à l'existance du traité.

10 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. V

248

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLJO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 378. Torino, 21 settembre 1864, ore 21,12.

La correspondance Havas de ce soir parle du traDJSport de la capitale comme d'une rénonciation absolue à Rome. Dans ce moment de telles affirmations viennent aggraver une situation qui, dans la ville de Turin, est déjà très grave. Veuillez imrnédiatement porter cela à connaissance du Gouvernemenrt français, et le :prier de suspendre dans le Moniteur toute pubUcation de ce genre, qui pourrait dans ce moment nous créer les plus graves embarras.

249

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, GAMBAROTTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 851. Tunisi, 21 settembre 1864 (per. il 22).

J'ai reçu hier matin votre télègramme du 18 (1). Commissaire turc a reçu avant-hier autorisation de parttr et de négocier l'ordre du départ des flottes. Il aurait été convenu hier entre lui et les amiraux :llrançai.s et italien que le départ simultané aurait lieu ce vendredi à 11 heures du matin. .Amiral Bouet et amiral Albini ont cru à propos passer ces ·conventions sans en référer d'avance un mot à M. de Beauval ni à moi. n n'a pas été ques·tion du départ avec eux de l'amiral anglais qui a intention de rester ici quelque temps encore et ils ne l'ignorent pas. Je signale à V. E. cette circonstànce assez grave en déclinant toute re5;ponsabi1ité de ma part, d'.autant plus que les instructions de V. E. ordonnent départ de notre escad're en mem.e temps au moins que les escadrelt française et anglaise. Consul de France écrit aujourd'hui à Paris dans ce mème sens pour faire parvenir immédiatement de Londres ordres à l'amiral anglais de partir avec les escadres ou le plus tòt qu'il soit possible. Je dois ajouter en~ outre que l'amiral anglais es't considéré ici comme un Commissaire extraordinaire ayant des pouvoirs plus étendus que ceux du Consul général.

Il est 10 heures du matin et Comte Albini ne m'a rien communiqué encore. Rapport confidentiel pa:rrt par poste aujourd'hui.

(1) Cfr. n. 235.

250

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, Al RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI ALL'ESTERO

(AVV)

CIRCOLARE. ... (1)

La question Romaine vient de faire un pas décisif. Une convention a été signée à Pa,ris le 15 de ce mois, entre l'Itatlie et [a France, pour étahHr l'époque et les conditions de l'évacuation des Etats Romains rpar les trourpes françaises. Par cet accord, la France s'engage à rappeler gra:duellement ses troupes, de manière toutefois que l'évacuation soit complétée dans le délai de deux années. De son ,còté, le Gouvernement du Roi s'engage à ne pas attaquer le territoirel romain par des forces régulières ou i:rrégulières. Le Gouvernement romain pourra organiser une avmée composée de volontaires catholiques dans un but purement défen,sif, ,c'est-à-dire pour assurer sa tranquhllité à l'intérieur. Enfin, l'Italie promet de prendre à sa charge la partie de la dette publique pontificale, afférente aux Provmces de l'ancien Etat romain qui se sont annexées au Royaume italien.

Je crois utile de vous expliquer en peu de mots le sens et le but de celtte stipulation.

Les Etats romains ont été depuis trente ans presque constamment occupés par des troupes étrangères. Ces interventions permanentes de Puissances étrangères, quoiqu'e1les fussent accomplies dans des vues bien différentes, ont eu inévitablement pour effet de fausser radicalement tous les :rapports entre la Cour de Rome et ses sujets et de faire à l'administ:ration pontificale une position si exceptionnelle qu'elle devait échapper à toutes les reSiJlonsabHités inhérentes à l'idée meme d'un Gouvernement. Tant que ces conditions, reconnues anormales par tous les Cabinets européens, continuaient à exister, on ne pouvait se flatter d'atteinrlre ce but de conciliation que la F,rance avadt en vue dès 1849, et auquel l'Empereur Napoléon a toujours viJSé. De leur còté les populatioiliS italiennes, justement fières de l'indépendance qu'elles ont acquise, se sentaient froissées dans leur dignité rpar cette violation du principe de la non intervention. Le voisinage de la frontière romaine aux Provinces Méridionales, infestées par le brigandage, donnait lieu à chaque instant a des incidents qui menaçaient de troubler les bons rappmts exi.stants entre l'Italie et la France. Les Italiens, animés des sympathies les plus sincèl'es vis-à-vis du Gouvemement de l'Empereur, ne pouvaient 'cependant s'expUquer qu'il continuait à couvrir du pavillon français une administration qui, en lutte avec ses propres sujets, était de plus animée vis-à-vis du Gouvernement italien de sentiments sur la nature desquels il était imposstble de se méprendre. De là une situation anormale, une foule de conj-ectul'eS malveHlantes et contrad.ictoires, un trouble moral et intellectuel qui pourrait avoir les suites les plus funestes.

Justement préoccupé de cet état de choses, le Comte de Cavour avait, peu de mois avant sa mort, présenté au Gouvernement de l'Empereur des propositions qui sont .presque textuellement identiqueis aux al"tides de la convention qu'on vient de stipuler. La mort du Grand homme d'Etat, d'autres circonstances qu'il est inutile de ~·appeler, avaient empèché qu'un accord pùt ètre conclu. Cependant, les deux Gouvernements cherchaient toujours, en discutant différentes combinaisons, à dégager la question Romaine de tout élément international, ,par l'application du principe de la non intervention au territoire actuel du Saint-Siège. C'est ~ce but qui vient enfin d'ètre atteint par l'ensemble de dispositions, sur lesquelles j'ai l'honneur d'appeler votre attention.

Les garanHes, que la France a ,réclamées de nous, pour ètre à meme de procéder au rappel de ses troupes, se résument dans la renonciation de notre part à mettre en oeuwe la force matérielle pour résoudre la question Romaine. Le Gouvernement du Roi, qui s'était interctit, par lui-méme, l'appel à la violence, ne fait en cela que se conformer aux votes du Parlement italien. Une fois que le Gouvernement pontificai aura été rappelé, par l'absence de tout secours étranger, au sentiment de la réalité, une fois qu'il se trouvera, vis-à-vis des populations qui lui restent et V'~s-à-vis de I'Italie, dans les conditions qllli sont communes à toute ad:ministration politique, les for,ces morales, sur lesquelles nous avons compté et sur lesquelles nous comptons encore exdusivement, reprendront toute leur bienfaisante influence. Notre voeu sincère est que le Chef de l'Eglise catholique cesse enfin de repousser ces idées de condliation, que le sentiment religleux, d'accord en cela avec le sentiment national, réclame depuis longtemps. Nous offrons toujours à l'Eglise catholique cette liberté illimitée, dans le domaine de la conscience, que le Comte de Cavour avait définie dans une formule célèbre, et qui au milieu de populations aussi sincèrement attachées à la foi catholique que celles de notre Péninsule, ne saurait étre séparée des garanties les plus formelles de splendeur et de séclll"ité. Si ce voeu pouvait ètre rempli, l'Italie aurait accompli une oeuvre, dont !es bienfaits s'étendraient bien au delà de ses :frontières, car ce n'est pas seulement dans notre pays que l'antagonisme, entre les sentiments religieux et !es asrpirations nationales, trouble ,Ja consdence et sème le doute et le découragement au milieu des populations.

La Convention du 15 Septembre n'aura pas seulement pour effet d'établir, dans nos rapports avec le Gouvernement de S. M. l'Empereur des Français, cette intimité de Iiens et de sym,pathies à laquelJe noas attachons naturellement Je plus grand prix, et qui est la conséquence naturelle du sang versé glorieusement parla France ~sur nos champs de bataille. La transaction qui vient d'étre st1pulée aura aussi quelques effets importants sur notre situation intérieure. Bien décidé à faire respecter désoi'mais ce principe de non intervention, dont la Convention avec la France établit l'inviolabilité relativement au territoire actuel du SaintSiège. S. M. le Roi a dù se rpréoccuper de nouveau du système général de défense du Royaume. Il y a déjà quelque temps que des Autorités militaires très compétentes ont appelé l'attention du Roi sur la nécessité d"établir le siège du Gouvernement dans une localité qui soit, par sa position géographique, à l'abri de l'invasion d'une armée étrangère. Florence a paru, à un Conseil de Généraux

convoqué par le Roi, la ville qui répondait le mieux aux conditions stratégiques de la défense nationale. Tout en regrettant profondément de devoir abandonner au modn1s officiellement .cette bonne ville de Turin, qui a donné à ses Rnis, à l'Italie tout entière, des preuves si admirables de son male patriotisme, S. M. a du déférer au Conseil de ses Généraux et choisir Florence pour le siège officiel de sa résidence et des délibérations du Padement.

Cependant, les Chambres vont se réunir encore une fois à Turin, et ce ne sera pas sans avoir dis.cuté à fond la politique du Gouvernement et sans avoir pris toutes les mesures néeessaires pour froisser le moins possible deìs intéréts considérables et des espérances légitimes, que la délibération, dont je viens de (Parler, sera mise en exécution. Turin aura donné ainsi à l'Europe un spectacle v·ra.iment !sublime en couronnant par un acte d'abnégation sans exemple la longue série des efforts qu'elle a fait .pour l'indépendance et la liberté de l'Italie.

(1) Questa circolare era stata preparata da Artom il 20 settembre e corretta da Visconti Venosta il 21. (Cfr. diario di Artom annotazioni del 20 e 21 settembre). Non fu più spedita in seguito alla caduta del Ministero.

251

L'INCARICATO D'AFFARI AD AMBURGO, GALATERI DI GENOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 22. Amburgo, 21 settembre 1864 (per. il 26).

Da una settimana i giornali persistono ad occu(Parsi in diverso senso delle quistioni italiane, ma quelle date ultimamente dall'Indipendenza Belgica come sicure, cioè di una convenzione del R. Governo colla Francia per l'evacuazione di Roma e del trasporto della Capitale del. Regno da Torino a Firenze, hanno come di ·ragione, chiamato tutta l'attenzione anche di questi uomini politici.

È mio dovere di far noto all'E. V. circa le notizie ili cui sov~a, le interpretazioni ed i ·commenti, che qui si fanno naturalmente nel. senso e nell'interesse tedesco.

Mentre per l'impossibilità di negare la luce del sole devono questi politici ammettere che con quella vociferata convenzione la quistione romana farebbe un gran passo verso Ia 1sua soluzione in vantaggio del Regno d'Italia, vogliono consideraTla di rilevante utilità pell'Austria e di tranquillità pei partigiani della dominazione di questa Potenza sulla Venezia, conciossiacchè il Governo del Re mentre si rinforzerebbe nel partito moderato saviamente paziente di necessaria dilazione, corazzato d1i questa vittoTia diplomatica sulla Francia potrebbe poi con più Hbertà e sicurezza comprimere gli audaci assalimenti che foss,ero tentati dal partito d'azione. Nel trasporto della Capitale dal Piemonte nella Toscana gli stessi politici non vogliono scorgervi il sentito bisogno di una Città più centrale per governare e riordinare l'Italia, ma una rivincita diplomatica della FII'ancia sull'Italia, e nuova maggior skrurezza per ii.'Austria stessa. Essi fidano che quando non più Torino, ma Firenze diventi la Capitale del Regno, gl'Italiani, Governo e popolo, saranno ben più guardinghi nel romper guerra da soli all'Austria, perchè sapranno .che in caso di rovescio alle armi italiane Napoleone e la Francia potrebbero assistere immobili alla marcia degli eserciti austriaci su Firenze per castigarvi neMa sua sede il Governo pll'ovocatore, mentre che ,gli Austriaci sarebbero esitanti a venire ad accampare al pié delle Alpi in Torino, pella paura che

l'invasione del Piemonte sollevi tutta la Francia in soccorso d'Italia e vi trascini anche non volente Napoleone stesso.

Questi riflessi non fatti a me, ma che giunsero al mio orecchio, mi parvero abbastanza importanti per essere comunicati alla E. V. (1).

252

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 56. Costantinopoli, 21 settembre 1864 (per. il 30).

L'E. V. troverà qui unito la nota che diressi a S. A. Aalì Pascià, conformemente alle istruzioni trasmessemi per telegrafo (2) cil"ca la questione del Libano.

Al Cav. Vernoni che gli presentò la sUNiferita nota, S. A. Aali Pascià disse: che trovava troppo :perentorio il termine fissatogli per farmi tenere una risposta, cioè la giornata del 25 corrente.

Il Cav. Vernoni giustamente osservò a S. A. che essendomi arbitrato a differire l'ordinatami protesta, era mio dovere di fissare la giornata fino alla quale avrei ~ttata la risposta della S. Porta,

Non mi è dato prevedere se le ulUme mie comunicazioni varranno a modificare le primitive risoluzioni di S. A. Aalì Pascià.

È intenzione del Ministro degli Esteri di sottoporre la questione al Con.., siglio dei Ministri e di palesare a quel consesso le nostre ragioni contenute nel dispaccio della E. V. deHJi 25 ultimo (3), di cui gli diedi coillfidenzialmente copia, che a questo effetto S. A. fa tradurre in turco, adducendo poi questa circostanza per ispiegare il lritaroo dato alla risposta.

• I dolorosi avvenimenti di Torino hanno anche impressionato i cittadini di questa Repubblica, ma non quanto mi sarei creduto. La classe elevata degli Amborghesi, che ha maggioresimpatia per l'Austria che non per l'Italia, vede nei casi di Torino poca importanza e questapiuttosto che dannosa, favorevole agli amori suoi. La questione romana per questi protestanticortigiani dell'Austria Cattolica perché sospettosi della Prussia, gelosi e timorosi della Francia è di gran lunga dominata dalla quistione Veneta, nella quale oltre all'importanza militare e politica vi contemplano la principalissima per essi importanza commerciale e marittima. cioè la libertà del loro transito mercantile dai porti germanici sui mari del Nord e del Baltico a quelli sul mare d'Adria e per questo sul Mediterraneo. Meno teneri della conservazione della Venezia all'Austriaca Monarchia sarebbero senza dubbio moltissimi tedeschi se con Venezia non vedessero minacciata Trieste e la costa Adriatica fronteggiante l'Italia di mista popolazione di vario sangue e diversa favella. Alla difesa di queste marittime provincie, ove assalite, tutta la Germania che aspira a divenire una Potenza navale, la Prussia principalmente, io prevedo correrebbe. Quindi io penso, che negli attuali momenti quella stampa che veramente ama il bene dell'Italia, se tentasse di schiarire e metter confini alla fin qui illimitata e nebulosa Veneta quistione col moderare la manifestazione dei desiderii restringendoli (per ora) alla Venezia esclusivamente italiana, io credo che farebbe un'operaben meritoria della patria. lmperciocché calmandosi cosi le paure tedesche di prossimo pericolo di esclusione della loro bandiera dall'Adriatico e dal Mediterraneo verrebbe facilitata al Governo del Re l'impresa più o meno prossima di forzare l'aquila bicipite a ritirare gliacuti suoi artigli dal collo della nostra Italia per ritornare per sempre là donde è partita. Difatti la Germania tranquillizzata sarebbe assai meno proclive a prendere le armi in difesa dell'Austria senza che perciò il R. Governo menomamente s'impegni ad incatenare irrevocabilmente i destini d'Italia ed a fare l'impossibile rinunzia di non profittare di quelle occasioni che le circostanze di tempo, d'armi, e di danari ci presentassero per lo sviluppo della maggiore grandezza della Patria nostra •.

Utilizzando l'indugio ho pregato i miei colleghi di Francia e d'Inghilterra di rinnovare le loro istanze presso S. A., affi.nchè il protocollo a' piedi del quale già apposero i loro nomi sia del pari sottoposto alla mia firma. Ambedue quegli Incaricati d'Affarri mi promisero di farlo.

ALLEGATO

GREPPI A ALI' P ASCIA'

Costantinopoli, 17 settembre 1864.

En suite de la réponse que V.A. a bien voulu faire a M. Vernoni ler Drogman de la Légation d'ltalie au sujet de la signature du protocole concernant les affaires de Syrie, j'ai l'honneur de porter à sa connaissance, que quoique je ne sois aucunement autorisé à adhérer au désir de V.A., et à suspendre les démarches qui avaient été résolues, cependant voulant donner une nouvelle preuve de conciliation, je prends sur moi d'attendre jusqu'au 25 du mois courant avant d'expédier à V.A. la note pour protester contre l'exclusion de mon Gouvernement des arrangements qui viennent d'etre pris par les autres Puissances signataires du traité de Paris.

J'ose espérer M. le Ministre que ce nouveau délai ne pourra que contribuer à une solution qu'il est dans l'intéret des bons rapports entre les deux Gouvernements souhaiter.

(1) Si pubblica qui un brano del R. confidenziale 23 di Galateri, in data 29 settembre:

(2) -Cfr. n. 227. (3) -Cfr. n. 160.
253

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, A NAPOLEONE III

(AP; ed. in Rivista Europea, vol. XXX, p. 1196)

L. P. Torino, 21 settembre 1864.

La nouvelle du trailiSIPort de la capitale a soulevé une irritation à Turm que je crains dégénère en violentes démonstrations. Hier soir on siffi.ait les Ministres et on est venu à l'Hotel Feder me siffier aussi.

Je suis crésigné aux siffiets parce que je crois que nous venons d'aocomvlir un grand fait. Le parti pl'etre triomphe: il affede de se montrer sarUsfait mais il souffie dans le trouble.

J'ai donné ,ces renseignements à V. M. pa,rce que j'eS(père qu'Hs contribueront à augmenter sa bienveillance pour l'Italie.

Il est à désker vivement que les artkles des journaux officieux de Paris soient raisonnables à notre égard, qu'il!s ne viennent pas jeter aux passions qui embrasent ce pays le mot que nous avons rénoncé à Rome, meme moralement.

Je n'insiste que pour la vérité: c'est la vérité que je désire voir discuter, et la vérité c'est que nous avons renoncé à tout moyen violent conke Rome, mais que nous nous sommes réservé tous nos moyens moraux, et que le but de notre politique reste un seul désormais: amener la réconciliation de la Papauté avec l'Italie sur les bases: libre Eglise en libre Etat.

Sire, je suis vivement impressionné: je vois les flots qui montent et qui nous entourent, mais j'espère que l'unité italienne recevra une nouvelle force et une nouvelle consacration. Ce thème, surtout que le transport de la Capitale est une nouvelle affirmation de l'Unité Italienne serait très utile qu'il fiìt discuté dans les journaux de Paris.

J'attends de V. M. qu'Elle nous facilite la tache et qu'Elle viendra en aide au parti modéré en Italie (1).

254

IL CONTE VIMERCATI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Mirabellino, 21 settembre 1864.

Da Baden e da qui, avrai ricevuti i miei ,telegrammi, senza essere riuSICHo a persuadere Rattaz.zi a quetla parte, che, nell'interesse del paese e nel suo proprio, avrebbe, secondo me, dovuto assumere, credo ,che il mio viaggio abbia giovato, la sua parola d'onore di non fare ostilità, ma d'impegnarsi anzi ad appianare le difficoltà che potessero sorgere, sembrami cosa abbastanza importante, tanto .più che io volli solennemente pvendere atto delle tSUe pairole che mi incombenzò dire al Re, autorizzandomi a comunicarle ufficialmente. La Marmora l'ho trovato sul lago dei Quattro Cantoni che attraversammo assieme, fu gentile ed ebbi con lui una discussione vivissima; come ti ho detto per telegrafo l'ho trovato più calmo di quanto avevamelo annunciato Rattazzi, credo che il loro soggiorno a Baden sia stato reciprocamente funesto, perché a vicenda si sono inaspriti con delle .personalità, Rattazzi contro Minghetti, La Marn1ora contro il Ministero dell'Interno e soprattutto contro Spaventa.

L'importante, a senso mio, sta nel giudizio che l'opinione pubbUca darà del grande atto che sta per compiersi, se questa tu ed i tuoi colleghi sapete dirigerla, contando sul se!llso pratico degli Italiani, voi avrete la vittoria, non solo, ma nè Rattazzi nè La Marmora oseranno esservi contravi, quest'ultimo poi, se il Re lo volesse veramente, non sono lontano dal credere che accetterebbe di prendere il portafogli degli Esteri e la Prestdenza, ,cosra di cui parmi avere, neil fondo, grande desiderio.

Scusami se non sono subito venuto a Torino, ho creduto far meglio onde evitare le ciarle, sto attendendo un tuo cenno nella speranza che vorrai indicarmi se faccio meglio a venir subito od attendere. Comunica la presente a Minghetti ed a Peruzzi, e suggerisci loro l'idea d'impadronirsi di Mele,gari, a cui Rattazzi scrive per averne l'opinione, Rattazzi conta anche su Cordova come influente per la Sicilia, i cui Deputati mi pare siano ostili al Ministero e che potrebbero votar contro in odium autoris.

Addio, attendo il tuo cenno.

P.S. Dimmi del Re e come vanno le cose.

(1) Non si pubblica una lettera sullo stesso tema di Pepoli al principe Napoleone, datata Torino 20 settembre (AP).

255

IL PRINCIPE NAPOLEONE AL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI

L. P. Prangin.. 21 settembre 1864.

J'ai reçu votre mot (1) en quittant Paris. Je suis venu passer quelques jours à la campagne. Vous me paraissez passablement impressionné, ne cédez pas à des clameurs absurdes, ce que vous avez fait est bon et grand, la \l)ostérité vou.s rendra justice, c'est un fa,it éno.rme, à Paris on commencait à le savoir et l'effet était grand et bon chez les uns, mauvais chez nos ennemis qui sont atterrés, tant mieux. Coura.ge, mon cher Cousin, vous étes sur la bréche, il faut vaincre, le plus difficile est fait. Si vous avez un moment, écrivez, mais vous devez éfu"e terrtblement occupé.

P.S. Adressez vos lettres à Paris, d'où me .parviendront.

256

VITTORIO EMANUELE II AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(Ed. in Le lettere di Vittorio Emanuele II, p. 786)

T. Sommariva Perno, 22 settembre 1864, ore 8,30.

I tristi fatti accaduti mi addolorano. Lei sa che li avevo preveduti. Rendo

ministero responsabile ristabilimento ordine. Pubblichi stato d'assedio se è ne

cessario. Faccia venire .truppa fin che basti. Non voglio essere testimonio di

cose così dolorose.

Mi recherò a Torino appena ordine ristabilito.

257

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE,

MINGHETTI, A VITTORIO EMANUELE II

(Ed. in MINGHETTI, p. 201)

T. Torino, 22 settembre 1864.

Finora nessun disordine: però si parla molto di disordini .per questa sera. Il Generale Della Rocca ha dato tutte le disposizioni. Sappiamo che il partito d'azione cerca d'impadronirsi deil movimento.

258

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 850. Londra, 22 settembre 1864, ore 14,15 (per. ore 16,15).

Le Times et le Post publient ce matin les articles que j'ai demandés et qui remplissent votre but. Celui du Post est excellent et celui du Times meilleur que je ne pouva.is l'espérer (2).

(1) -Cfr. p, 236, nota. (2) -Con t. 379, pari data, ore 17,55 Visconti richiese a D'Azeglio gli estratti di questi articoli.
259

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 852. Costantinopoli, 22 settembre 1864, ore 16,45 (per. ore 8,55 del 23).

Sublime Porte vient d'envoyer ordre à Commissaire ottoman à Tunis de partir en meme temps que les amiraux italien, français, et anglais.

260

VITTORIO EMANUELE II AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(Ed. in Le lettere di Vittorio Emanuele II, pp. 786-787, in MINGHETTI, pp. 200-201, e in MONTI, p. 332)

L. P. Sommariva Perno, 22 settembre 1864.

Le mando Castiglione a portarle questa lettera. Se non vengo ancora questa sera a Torino è perché desidero che i guai si finiscano e non vorrei essere testimonio occulare del sangue cittadino versato nel paese che mi vidde na

scere. Ora credo che se grazie alle disposizioni prese non succedessero più fatti dolorosi e che vi fosse invece un revirement al bene ed al pentimento, come spesso accade in Torino, sarebbe da desiderarsi per ogni amico della riputazione di questa città ·Che si potesse fare in essa la riunione prossima del Parlamento, così tutta Europa si convincerà che non vi è in seno nostro rivoluzione.

Parlai a lungo con Lanza. Esso mi propose il progetto di ottenere dall'Imperatore il prolungo dell'anno venturo per occupare la nuova capitale. Se ciò si facesse e si potesse annunziare, credo che terminerebbe ogni ira di parte. Credo che Pepoli già scrisse in proposito ed ora l'Imperatore visto l'effetto funesto della sua pel1SÌ.stenza sono sicuro cederà su quel punto.

Bisognerebbe combinare col Sindaco una deputaZJione che venisse da me a Torino a •chiedere scusa e che si raccomandasse per qualche modificazione favorevole ·che calmasse e contentasse i cittadini traviati per eccesso d'amore.

Profitti di quest'occasione per fare arrestare tutti i capi popolo, i mazziniani, i birbanti di ogni specie, senza di ciò li avremo un altro giorno in un'altra città. Ne lasci la risponsabilità al generale Della Rocca, se ella vuole.

Tante amicizie. La ringrazio delle disposizioni prese.

261

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL FRATELLO GIOVANNI (AVV)

L. P. Torino, 22 settembre 1864, sera.

Un'ora fa è avvenuta una grande sventura. Vi fu questa sera una dimostrazione come ne abbiamo vedute tante. Poco fa una banda di individui volle ;passare sulla piazza e aggredì i carabinieri a sassate. I carabinieri all'improvviso fecero fuoco. Vi furono otto o dieci mOI"Iti sul ~astrjco. [ carabinieri avevano avuto quindici o sedici feriti a sassate.

Il sangue fu sparso. Triste battesimo per una combinazione politica che pure era un gran passo per l'Italia! Che sventura. La Guardia Nazionale non. ci appoggia. Potrebbe darsi che domattina doveslsimo dare ~a nostra dimissione per calmare la popolazione e togliere le tracce del sangue, senza nostra colpa, versato.

262

PROMEMORIA DEL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI

(AP)

... (1).

È necessario che resti un do·cumento che renda conto esatto dei negoziati che ebbero luogo in questi ultimi tempi in ordine alla questione Romana. La verità deve intera conoscersi acciò il giudizio del Paese possa assolvere o condannare la mia condotta (2). I due rapporti da me recati a Torino furoso consegnati la sera stessa dffi mio arrivo al Minils·tro Minghetti ed aJ. Ministro Visconti;* il Ministro Minghetti .parve grandemente colpito della idea e mi disse chia·ramente • se non avessi che 24 ore di tempo accetterei • ma è necessario consultare il Re, i miei Colleghi e soprattutto La Marmora, il quale, entrando ora al Ministero, potrebbe faJCi1itare assai la cosa *. Giurammo intanto il più profondo secreto, ed io partii per Bologna ove doveva aspettare gli ordini di Minghetti. *Passarono quasi venti giorni ed io allora scrissi che non bisognava tardwe a dare una rispO!Sf;a a Parigi; il gd:omo 14 •lugJio ricevei nn teleglramma di Min.ghetti che m'invitava a recamni a Torino onde :partire subito per Pari.gi; arrivai a Torino la mattina del 16 ed ecco ciò che im!Parai. Essendo necessario il segreto, Minghetti ne aveva parlato soltanto con Peruzzi, H quale conveniva interamente nel concetto; essi però volevano offerire a La Marmora di entrare nel Gabinetto, Minghetti era disposto a cedere la Presidenza. Non avevano ancora parlato al Re perché, siocome la questione del trasporto della Capitale l'avrebbe grandemente agitato, era più savio parlargliene sol quando le condizioni fossero fissate col Gabinetto :francese. Intanto Minghetti, Peruz:lli e ViSIConti accettavano !L1 progetto del trattato colla clausola del trasporto della Capitale, e prendevano l'impegno formale, presso il Gabinetto francese e verso di me, di ritirarsi dal potere se il Re respingesse il progetto e se La Marmora non accettasse l'offerta. Però conveniva celare a tutti che del trasporto della Capita·le 'si fosse parlato a Fon

• Ricevo in questo momento una tua lettera senza data, in cui ti lagni di qualche frase del mio dispaccio del 15 settembre, e della omissione in esso di alcune circostanze importantissime. Può essere che io abbia omesso qualche cosa. Ti lascio pienamente libero di riparare a queste omissioni, se credi che sia necessario il farlo. Quanto alle frasi di cui ti lagni, credo che non siano tali da poterti menomamente offendere. Parmi d'averti trattato durante tutta la negciziazione, non solo con grande convenienza, ma da amico. Se io fossi andato a Pietroburgo a trattare col Governo russo, in tua compagnia, mentri tu vi eri rappresentantedel Re, non mi sarei !agnato d'avervi avuto la parte che ti è tolta col mio dispaccio. Non correggo adunque nessuna frase del dispaccio stesso. Anche su ciò farai, dirai, o scriverai quelche ti pare, e ti auguro che abbi, per l'avvenire, colleghi in negoziati, che più ti piaccianodi me •.

tainebleau, e ciò per non offendere il Re. L'idea dovea parere sorta nei colloqui da me avuti a Parigi con l'Imperatore.

Al Re Minghetti avea mostrato soltanto la prima parte del mio rapporto e avevagli detto che andando io a Parigi mi aveva incaricato di cercaTe quale garanzia l'Italia potrebbe dare alla Francia. Io risposi che in quanto a ciò non avendo io veduto il Re non avevo alcun rimorso di tacere, pel'ché non m'era posto nel caso di mentire, ma si rammentassero i Ministri che in caso il Re venisse in chiaro della verità farei come Ponzio Pilato mi laverei le mani. Minghetti rispose ridendo che Ponzio Pilato non aveva bene operato, e continuando il suo discocso mi annunziò la partenza di Menabrea per Vichy per oggetto di salute, Menabrea nulla saperne. Nel timore che l'I,mperatore gli parlasse Minghetti mi pregò di scrivere o dire allo Imperatore di tacere il rprogetto. Egli m'inviò poscia la sera prima della partenza Visconti all'albergo onde avvisarmi che avea comunicata a Menabrea la prima parte del mio rapporto, occultatagli pienamente la seconda, e che gli aveva detto come il Ministero mi avea affidata la missione di continuare le pratiche *.

Partii dunque autorizzato a trattare con l'Imperatore sulle basi vecchie del progetto Cavour e sulla base nuova del trasporto della Capitale. Minghetti però, in ordine all'epoca della evacuazione di Roma :per parte delle truppe francesi, mi fissò il termine indeclinabile di un anno. Un termine rpiù lungo avrebbe rotte le pratiche.

Giunsi a Parigi il giorno 25 e tosto mi recai con Nigra da Drouyn de Lhuys.

Ecco le basi che gli proponemmo.

Article l". L'Italie s'engage à ne pas attaquer et à empecher toute attaque venant de l'extérieur contre le territoire actuel du Pape.

Article 2. La France évacuera Rome et les Etats de l'Eglise dans le délai de six mois.

Article 3. L'Italie s'interdit toute réclamation contre l'organisation d'une légion étrangère, pourvu que cette légion n'excède pas le chiffre de 10.000 hommes.

Article 4. L'Italie :s'engage à rprendre à sa charge la part qui lui reviendra dans les charges des anciens Etats de l'Eglise. Art. secret. Le Roi d'Italie transportera dans le délai de dnq mois la Capitale dans un autre endrorit de Turin et qui sera déterminé par la dite Majesté. Egli però in ordine al tempo si riserbò di scrivere all'Imperatore perché egli non era competente in questione militare, egli promise d'inviare la proposta a Vichy, e d'informarci appena arrivasse la risposta. Intanto giunse un telegramma di Visconti che, in nome di Minghetti, mi rammentava di scrivere all'Imperatore per pregarlo di non parlare di queste trattative al Generale Menabrea, il quale gli aveva detto che la garanzia che si poteva dare alla Francia era di !asciarla a Civitavecchia.

Scrissi infatti all'Imperatore (1) e J.a co;pia della lettera si trova negli allegati di questa memo-ria. In pari tempo chiedeva a S.M. se io doveva andare a Vichy od aspettarlo a Parigi; mi rispose in suo nome Moquard, pregandOI!Ili di aspettarlo a Parigi onde evitare inutili commenti alla mia gita.

* In questo mezzo giuTIJs.e un telegramma di Minghetti così concepito: La Marmora mi rifiuta assolutamente d'entrare nel Gabinetto; non contrasta al progetto, soltanto propone modificaziosi importanti e politiche; aspettate per aprire i negoziati che giunga La Marmora con nuove istruzioni. Nigra rispose essere tardi, le nostre proposte essere partite per Vichy. A questo telegramma non risposero, ma aspettammo risposta. Intanto giunsero lettere a Nigra ed a me di lVIinghetti e Visconti (2). La lettera a Nigra dava ampi ragguagli di quanto era passato con La :vlarmora questi non era ostile al mutamento della Capitale, soltasto insisteva perché si ottenesse dallo Imperatore una rettificazione di frontiera mediante una diminuzione dello attuale territorio papale; assicurava che ciò avrebbe egli facilmente ottenuto personalmente dall'Imperatore. Minghetti lo ave\"a lasciato partire per la Svizzera con questa intelligenza :però, che compiute le pratiche in ,corso gli avrebbe telegrafato acdò egli si recasse a Parigi a parlare con Napoleone III *.

I! giorno 5 agosto Drouyn de Lhuys scrisse a Nigra pregandolo di passare da lui assieme a me, egli ci comunicò un contro progetto dell'Imperatore: gli articoli l e 4 erano accettati senza mutamenti; l'art. 2 era variato in questo senso.

• -La France evacuera les Etats de l'Egl!Lse gradueililement et à mesure que l'armée p0.pale sera organisée. Néanmoins l'évacuation devra ètre accomplie dans le délai de deux ans. - • -L'Italie s'interdit toute réclamation contre l'organisatdon d'une armée de volontai:res catholiques suffisante :pour mainteni:r l'autorité du Saint-Père et sauvegarder la tranquillité de ses Eta,ts. Cette Armée aura !le dra:peau papal •. - • -Le Traité n'aura de vaJeur que lorsque le Roi d'Italie aura transféré la Capitale du Royaume dans une ville autre que Turin, et qui sera désignée par la dite Majesté ".

L'Imperatore aggiungeva che queste erano le sole basi so,pra le quali consentisse di trattare, e ,che in quanto al Papa on lui notifiera purement et simplement le traité.

Tanto Nigra quanto io dichiaram,mo che i due anni erano soverchi per la organizzazione di un cor,po di volontari, che quel termine lungo scemava il buon effetto della Convenzione ed avrebbe reso diffiaili:ssimo ottenere dal Re la clausola del trasporto della Crupitale.

Ci riservammo di scrivere al nostro Governo, Nigra insisteva perché io partissi, ma io dichiarai non sarei partito se non dopo aver visto l'Imperatore che doveva giungere a Patrigi la domenica. Scrissi aH'Imperatocre e gli inviai il lunedì mattina la lettera a Saint-Oloud; rispose lVfoquard che l'Imperatore

m Cfr. n. 75.

desiderava vedermi martedì ad un'ora !POmeridiana. Intanto con Niigra redigem

mo un nuovo contro...progetto; invece di sei mesi aumentammo ad un anno e

dimandavamo che l'evacuazione ~ncominciasse almeno nello spazio di sei mesi.

Nell'art. 3 proposi un'aggiunta, eccola: pourvu que cette a'rmée ne puisse

pas dégénérer en moyen d'attaque contre le Royaume d'Italie, poi togliemmo le

parole légion étrangère per mettere: une armée papale composée meme de ca

tholiques étrangers conforme al testo dell'antico progetto Cavour.

All'art. 4 di,ohiarai a Nigra che io credeva fosse .... (1) come nel dettato

a Drouyn de Lhuys. Noi non ,potevamo indurci ad assumere il debito delle Pro

vincie senza trattare col Papa, altrimenti la Francia ci avrebbe chiesto di sbor

sare a Lei il danaro senza nessuna guarentigia, ristabilimmo adunque il testo

Cavour: l'Italie s'engage entrer en arrangement avec le Saint-Siège pour pren

dre à sa charr-ge etc. anzi io pensai aggiungere le parole négociation directe, poi

nell'articolo secreto mutai le parole jusqu'à ce que le transport de la Capitale

in queste jusqu'à ce qu'il soit d'écrété. n trattato così modificato, copiato da

Nigra fu da me portato il martedì mattina a Saint-Cloud. Riassumo brevemente

l'abboccamento avuto coll'Imperatore. Rifiutò recisamente di abbreviaTe il ter

mine della evacuazione perché mi disse ... (1) Io proposi che l'evacuazione fosse

compiuta almeno nell'anno 1865 e questa ultima mia proposta fu al pari delle

altre respinta in modo assoluto.

Disse però che se egli avesse potuto avrebbe abbreviato il termine, egli più

che noi desiderava ritirare pl'ontamente il suo eserdto da Roma. Consentì alla

modificazione degli arr-t. 3 e 4 e dell'art. secreto. Dopo ciò venni con esso ad alcune

spiegazioni e gli indirizzai alcune domande.

l" Domanda. La clausola del trasporto della Capitale è essa indispensabile? può l'Italia dare alla Francia un'altra guarentigia della lealtà dei suoi propositi?

Risposta. Il trasporto della Capitale è il solo mezzo di dare un carattere serio al tra~ttato, essa è indispensabile. 2• Domanda. Le condizioni offerte sono esse le sole possibili? ad altri sarebbe egli disposto di accordare condizioni migliori.

Risposta. Questo trattato segna l'ultimo limite a cui la Francia può scendere; a nessun altro negoziatore accorderebbe patti migliori, anzi neppure questi avrebbe accordato.

3" Domanda.

Se l'Austria attacca l'Italia, la Francia è dessa disposta a difendere l'unità Italiana?

R~osta.

Si, se l'Italia è nel suo diritto, cioè se essa è attaccata. Io insistei nella parola unità, e vidi che l'Ifll(1)eratore a•ccoglieva questa rpaTola nel suo più ampio significato.

4• Domanda.

Se il Governo italiano acconsente il Governo francese è egli disposto a firmare sub1to il trattato?

Risposta. L'Imperatore non ci vedeva difficoltà, ma mi disse di passare da Drouyn de Lhuys e comunicar·gli i mutamenti concordati. Passammo da Drouyn de Lhuys con Nigra, questi fù ,più difficile che l'Imperatore, volle si aggiungesse che il trasporto della Capitale ad ogni modo dovesse essere compiuto in sei mesi, volle mutare ìle parole négociation directe ne1J.a parola arrangement, volle ristabilire le parole per tutelare l'autorità del Pontefice che io aveva soppresso: infine egli le copiò di suo ;pugno ed io partii per Torino. Giunto a Torino consegnai al Presidente del Consiglio il progetto. Parvemi che egli accogliesse senza troppo sconforto lo spazio di due anni. Il Ministro Peruzzi invece faceva deLle difficoltà. Mi dichiararono verò entrambi la loro soddisfazione per i mutamenti ottenuti all'aTticolo terzo.

* Il !Primo d.ÌS,pacdo 'Che rkevei da Minghetti a Bologna mi annunziava che

S.M. era stato sinist·ramente impressionato dal trattato e che desiderava vedermi.

Io mi recai di nuovo a Torino, doloroso mi riuscì il colloquio con S.M. Non esitai a dichiarargli che il concetto del trasporto della capitale era mio, che questo fatto era indipendentemente dal trattato necessario all'Italia, che una cosi grande annuenza da rparte sua avrebbe 'consolidata la sua dinastia. Egli disse che voleva riflettere per alcuni giorni pdma di rispondere. Il sabato appresso ricevei una !lettera di Minghetti (1) ,che mi annunziava che il Re aveva risoluto di richiedere ·con una sua lettera all'Imperatore dei temperamenti al progetto di trasporto della capitale, temperamenti che consistevano o nell'indugiare di due anni questo fatto, o di trasportare solamente il PaTlamento in altra (tttà.

Menabrea fu scelto per questa missione.

Io non potei che biasimare questo fatto che non paTevami conforme alla

dignità della Corona e che scorpriva in faccia ad un Governo estero il nostro Re. Parvemi rpure inopportuno l'inviare quel medesimo Menabrea, a cui si era fino allora occultato il vero, e col quale avevo pregato io stesso }':Imperatore, in nome di Minghetti, di serbare il segreto *.

In questo frattempo ebbi lunghi colloqui col Generale Cialdini. Questi accoglieva con singolare favore il progetto. Egli mi lesse una sua memoria che da due anui aveva diretta al Comitato di difesa. Fin d'allora propugnava questo concetto, non potersi fare una '!)olitica audace contro l'Austria fino a tanto che non si fosse mutata la capitale e trasportata oltre Appennini.

Menabrea intanto partì, facendomi però assicurare H Re che io avrei firmato

il trattato: *ciò che io aveva pronosticato avvenne. L'I.Illipetratore rifiutò non

solo ma fu malie imp.re5Slionato da questa missione*.

Da quel momento le trattative continuarono ma sempre più freddamente. La fiducia era scompalisa. *L'l:lll[)e:ratore pareva anche disposto a rompere il trattato in modo che Rouher, H Principe Nlllpoleone, tutti gLi amici nostri spaventati insistevano perché fossi nuovamente inviato a Parigi coi pienti poteri.

Infine dopo 21 giorni di aspettazione Menabrea ebbe risposta negativa, e Minghetti mi telegrafò di recarmi immediatamente a Torino. Egli aveva scritto al Re in nome dei Ministri, annunziandogli che se S.M. rifiutava di aderire al trattato sarebbero stati costretti di lasciare il posto.

Il Re llllle 7 della domenica venne a Torino, invtiò la mattina il suo Ajutante di campo Castiglione per significargli che rifiutava, e che pregava soltanto di non farne parola a Consiglio dei Ministri che nella mattina doveva presiedere. Ma infrattanto H Re vedeva Vimercati ,e questi gli esponeva l'errore che stava per commettere col suo rifiuto. Egli era mosso da un sentimento di dignità, rifiutando. Il paese lo avrebbe accusato di egoismo.

Il Re vacillante, udendo da Minghetti che era risoluto a dimettersi, cedè.

Lo vidi alle undici.

Era pallido inquieto, e mi disse che egli non era tranquillo, che temeva di commettere un errore gravissimo. Ma che piuttosto avrebbe perduta la Corona, che lasciare sospettare il ,suo affetto per la patria.

Vidi più tardi Min1ghetti, e questi avendomi detto che iJ. Re accettava, ma al patto che si scegliesse Firenze, io gli consigliai di radunare il Consiglio militare e far che la scelta di Firenze apparisse una necessità strategica. Promise adottare la mia idea.

Io partiva coi pieni poteri e giungeva il martedì a Parigi. Scrissi all'Imperatore che io era giunto coi pieni poteri. Mi recai con Nigra da Drouyn de Lhuys •.

Io espressi al Ministro degli Esteri che desideravo alcune modifkazioni.

l) Che si mettesse -Provincie Pontificie -dove diceva -evacuerà Roma -, perché noi intendevamo che la Francia dovesse partire anche da Civitavecchia.

Questo fu accordato. Tolsi rpoi -arrangement avec le Saint-Siège -per,ché tale era il desiderio del Ministero, benché io reputassi migliore la primitiva redazione. Dissi che io voleva una frase che accennasse al brigantaggio. Egli mi rispose che ne awebbe parlato l'indomani a Saint Cloud colil'Imperatore.

Alla domanda che io feci d'inserire nel trattato un articolo che ci guarentisse dagli attacchi dell'Austria, mi rispose ciò essere contra~rio agli ordini dell'Imperatore, ma che non ne abbisognavamo per essere sicuri che la Francia ci avrebbe soccorsi. Gli dissi chiaramente che se gli Austriaci fossero venuti colla loro flotta a Civitavecchia l'avremmo senz'altro bruciata; e così pure avremmo fatto della flotta spagnuola.

Approvò il nostro modo di vedere, ma rispose che la Spagna non si sarebbe certamente mossa.

Gli chiesi tse intendesse di rannoda:re trattative per una guarentigia europea

al Papa, :se ciò fosse, era meglio l'Imperatore lo dichiarasse; in questo caso non

avremmo sottoscritto il trattato.

• La France ne veut pas sortir d'un gué1pier, IPOUr se fourrer dans un autre •

rispose il Ministro.

Infine trattai con esso della nota che avrebbe diretta al Papa. Gli dichiarai

che io non avrei (pOtuto ammettere m silenzio che egli dichiarasse di av& noi

implicitamente o esplicitamente rinunciato a Roma. Che il fatto del trasporto

della Capitale era un fatto indipendente da questa considerazione. Gli dissi che

non ipOteva parlare che della promessa nostra di non attaccare colla forza il

Papa.

Propose la frase Renonce à poursuivre par la force le but d'occuper Rome.

Accettai pienamente.

Andai la mattina con Nigra a Saint Oloud.

Trovai l'Imperatore più riservato che all'ordinario.

Le missioni La Marmora e Menabrea l'avevano visibilmente indispettito.

Consentì a porre la frase che indicasse che il Governo pontificio dovesse reprimere il brigantaggio.

A questo proposito dichiarò che ogni Governo è tenuto a rispettare tutti i doveri internaZJionaU se vuole essere ifispettato, e che, se il Governo pontificio, ciò che non credeva, avesse favorito il brigantaggio ne avrebbe dovuto patire la pena. Alla domanda di assumere impegno formale di difendere l'Italia se fosse aggredita rispose -Il trattato è firmato tra l'Italia e la Francia, attaccare una su questo trattato, è attaccare l'altra.

Nigra ed io dichiarammo che se la Spagna e la Baviera inv•iaS8ero i loro soldati a Roma, noi ci saremmo entrati per cacciarveli.

Qui l'Imperatore ci chiese con qual diritto. Col diritto che accorda all'Italia il ~incipio del non intervento, rispose Rouher, princ~io che V. M. consacra con questo trattato, e l'Imperatore chinò il capo in segno di approvazione.

* -L'Imperatore poi d raccomandò ·moderazione, ci di•sse che se noi saremmo stati moderati, egli lo sarebbe stato col suo linguaggio -Oubliez Rome pour deux ans -*. EgH poi ci chiese di modificare il primo articolo di porre respecter invece di non attaquer. - * -L'Imperatore (poi chiese quale era la città ·che avevamo prescelta -Ris[!Josi Firenze -• Avrei preferito sempre Napoli, ciò avrebbe distrutto tutte le accuse che io voglio disfare l'unità italiana ».

Fu ·convenuto che si sarebbe fi:rmato il trattato l'indomani alle 9 col Ministro degli Esteri *.

Mi fermai un istante coll'Imperatore gli espressi un nuovo mio progetto.

Gli dissi che essendo stato dal Re eletta Firenze, non potrebbe dare una

guarentigia morale a N a,poli. Avevo inteso dire che andasse in Algeri. Gli feci riflettere che la sua :presenza a Napoli colla flotta avrebbe avuto l'importanza di un avvenimento eurOfl)eo. Mi promise che qualora andasse in Algeria avrebbe reléiché a Napoli per vedere il Re.

Io confesso che partii poco soddisfatto dell'Imperatore non trovai questa volta in lui quella fermezza e quel desiderio di firmare il trattato che aveva trovato l'altra volta. Pareva avesse paura e temesse di svegJ.iare ile ire clel'icali.

Io fui agitato tutta la notte -la modificazione al :primo artdeolo mi pesava come un rimorso. Riflettendo vidi la differenza, capii che si rispetta una frontiera anche morailmente. Al mattino andai da Nilgra, e ,gli dissi che non voleva firmare il trattato; .che quella frase lo modi.fi.cava essenzialmente, che era disforme aLla lemone Cavour e che <io non avrei mai acconsentito senza formale autorizzazione del Md.n~stero.

Io andai da Rouher che partì subito per Saint Oloud per ottenere dall'Imperatore il mutamento.

Rouher mi disse che il •concetto di condurre l'Imperatore a Napoli era mirabile e che lo avrebbe coltivato, aggiunse che Drouyn de Lhuys l'aveva sorpreso con queste parole • Se d():Po ciò che abbiamo fatto il Papato cade, è segno manifesto che Dio l'ha abbandonato •.

Alle nove Nigra ed io andammo dal Ministro degli Esteri, che rimase esterrefatto della mia dichiarazione. Telegrafò all'Imperatore in mio nome, e ci disse che ci avrebbe avvertito se desso avesse aderito.

Alle due venne notima che l'Imperatore consentiva, e che alle tre si sarebbe firmato.

*Infatti alle tre il trattato fu finalmente firmato ed alle nove della sera io partiva per Torino annunziato da un telegramma di Nigra che avvisava il Ministero che io partiva col trattato dans ma poche. Giunsi a Torino alle undici della sera. Grande fu la mia meraviglia la mattina leggendo nell'Opinione del 17 che il trattato era stato firmato. Ciò rompeva il secreto promesso, e ci poneva in una posizione falsa verso il Ministero :llrancese.

Trovai Minghetti, Venosta adiratissimi dell'indiscrezione commessa, le indagini fatte condussero a conoscere che il Cav. Artom, piemontese, Capo del Gabinetto del Ministero degLi Esteri, aveva comunicato al Signor Dina, direttore dell'Opinione, il dispaccio telegrafico di Ni,gra (1).

Minghetti, lietissimo che il trattato fosse firmato, mi pregò di fermarmi a Torino, e di studiarmi a ricomporre il Ministero con nuovi elementi piemontesi. Mi dkhiarò che Amari e Della Rovere erano demi'Ssionari e che Peruzzi era diS[>osto a lasciare il Ministero dell'Interno e accettare qualunque Ministero secondario, .che egli ne aveva già offerto la Presidenza a La Marmora, era disposto a lasciare ~e Finanze.

Chiamai Castelli e ci ponemmo d'accordo. Io feci pratiche con Sella, Petitti, Lanza, Berti.

Questa fu la ragione che il Ministero non pubblicò né il trattato, né il decreto reale per il trasferimento, né la sua relazione al Re. Egli aspettava di ricomporsi, ma deciso a ,presentarsi al Parlamento, in caso di rifiuto, quale era,

poiché dichiarava che egli non mi aveva incaricato di ricomporre il Ministero perehé si sentisSie debole, ma perehé volesse fare della conciliazione coi Piemontesi.

Lanza fu infdessibhle. Sella e Pemtti vacillarono fra il si e il no due giorni. Infine ruppero ogni pratica. Non disconoscevano però il trattato fosse un fatto importantissimo e non vi si dichiaravano ostili.

Lanza mi chiese un ultimo abboccamento. Egli aveva veduto il Re la mattina, e insisteva a nome di S. M. perché io ritornaissi a Parigi, onde ottenere un termine ;più lungo al trasporto della capitale. Non rifiutai -non aderii -dissi che ne avrei parlato al Ministero.

Intanto SCOPIPiavano i torbidi in Torino, ai quali sono rimasto completamente estraneo, onde si può dire che qUIÌ ebbe fine la mia miJSsione * (1). Conosciuta oggi dal paese e da questo favorevolmente giudicata, aspetto con calma il giudizio del Parlameillto.

(1) -Questo documento non ha data nell'Archivio Pepoli. Si inserisce qui poiché la narrazione giunge fino ai torbidi di Torino del 21 e 22 settembre. (2) -Si pubblica qui un brano di una lettera dell'8 ottobre di Nigra a Pepoli (AP):

(2) Cfr. nn. 104 e 105.

(1) La lacuna è in AP.

(1) Cfr. n. 154.

(1) Ciò non è esatto. Cfr. n. 345.

263

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE,

MINGHETTI, A VITTORIO EMANUELE II

(Ed. in MINGHETTI. p. 202)

T. Torino, 23 settembre 1864.

V. M. sait que je suis pret à fan-e tout ce qu'Elle veut. Je crois très utile cependant, meme pour sa rpopularité, qu'il soit évident aux yeux de tout le monde que c'est V. M. qui nous inv.ite à donner notre démission. Il suffit qu'Elle me télégraphie en clair.

264

VITTORIO EMANUELE II AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(Ed. in MINGHETTI, p. 202)

T. 23 settembre 1864.

Lo stato attuale di cose non potendo durare peflché troppo triste, la dnvito, Lei e i suoi colleghi, a dare le dimissioni.

265

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTt A VITTORIO EMANUELE II

(Ed. in MINGHETTI, p. 202)

T. Torino, 23 settembre 1864.

In obbedienza all'ossequiato dis!Paccio di V. M. depongo nelle sue mani la demissione mia e quella dei miei colleghi, pronti a rimanere al nostro posto sinché V. M. abbia nominato i nostri successori.

(1) I brani fra asterischi sono editi con qualche variante in CHtALA, pp. 742-751. In AVV esiste un'altra relazione ]n francese del Pepoli sui negoziati per la Convenzione di settembre, ed. in MoRI, pp. 482-489.

266

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI ALL'ESTERO

T. 382. Torino, 23 settembre 1864, ore 21,40.

S. lVI. a appelé le général La Marmora pour le charger de former un nouveau cJ.binet.

262

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL FRATELLO GIOVANNI (AVV)

L. P. Torino, 23 settembre 1864.

I giornali ti avranno informato della nuova sventura avvenuta in piazza San Carlo, effetto delle cattive disposizioni militari che furono prese (1).

Immaginati, in simili frangenti, la ·posizione di un Governo che non è circondato che da nemici. Dopo ciò l'allarmatura era questa: o il Re poteva congedare il Ministero o noi, compiendo il nostro dovere, dovevamo ilnpedire a qualunque costo che la sommossa di una città prevalesse sui diritti del Parlamento che sono quelli dell'Italia. Noi son potevamo dimetterci, né ritirarci dinanzi la sommossa ed eravamo pronti a porre Torino in istato di assedio. Il Re mandò il Generale La Rocca a ·chiederci :la nostra dimissione. La nostra dignità ci consigliò ad esigere un invito formale a dimetterci.

Il Re chiamò il Generale La Marmora. Questi senti che è ora impossHJIHe di rivenire sul trattato. Questo è il purtto capitale. Se La Marmora accetta il Ministero e il Trattato è la soluzione migliore. La cosa si fa, e si fa da chi è in condizioni migliori di quelle in cui noi siamo. 1>'Ia sinché il nuovo Ministero non è fOirmato e non ha fatto conos,cere che intende cnnservare la convenzione per Roma, bisogna che la stampa delle altre città, e di Milano specialmente, faccia sentire un linguaggio calmo, ma fermo, assai fermo. Perché qui non si facciano illusioni. Intenditi colla Perseveranza e, se credi, anche col Pungolo.

Per parte mia ho la coscienza tranquilla. Ce ne andiamo dopo aver fatto

fare un passo all'Italia e i nostri stessi avversari non sono più in grado di di

struggere l'opera nostra.

(1) In una lettera al re di Prussia datata 28 settembre 1864 Usedom scriveva: • Plus on approfondit ici les événements du 21 et 22 Septembre. plus il devicnt évident que l'élément révolutionnaire. proprement dit, y était pour peu de chose. C'était une émeute nonpolitique. créée par des sentiments d"intérét froissé et une ;ndignation gér.éralement répandue. L'autorité l'a combattue en révolution: on a fait des martyrs et le contre-coup a ét(; fatai au ministère. Le parti vraiment révolutionnaire n'avait pas eu le temps de se donner rendez-vous ici, car à Turin méme il existe à peine •.

268

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL PRIMO AIUTANTE DI CAMPO DEL PRINCIPE DI PIEMONTE, THAON DE REVEL

T. 383. Torino, 24 settembre 1864, ore 13,35.

A la suite de la nouvelle dont j'ai eu l'honneur de vous: prévenir par ma dé~che antérieure, une vive agitation s'est manifestée à Turin, d'abord et principalement dans les dasses élevées et moyennes, ensuite dan:s le peuple. Pendant cleux jours il y a eu des manifestations et attroupements. Malheureusement dans chacune des cleux soirées il y a eu aussi collision entre les troupes et les émeutiers avec des morts et des blessés.

Le général Della Rocca avait le commandement et la direction générale des mouvements de la troupe. Hier matin la ville était calme.

S. M. a invité le ministère à donner sa démission et a fait appeler le général La Marmora pour composer le nouveau Cabinet. Dans toutes les autres parties de l'Ital.ie Ja nouvelle du traité a été reçue avec ila plus vive satisfaction. Cec!i forme la difficulté de la situation. Le général La Marmora, avec lequel j'ai eu une conférence me parait la comprendre parfaitement. La ville de Turin est, aujourd'hui, complètement tranquille. S.M. est arrivée cette nuit. Elle croit qu'il n'y a pas Iieu à changer les dispositions du voyage de S.A.R.Je prie S.A. vouloir agréer les sentiments de mon profond dévoùment.

269

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, A NAPOLEONE III (AP)

L. P. 24 settembre 1864.

Le Ministère est tombé devant l'émeute d'une ville, devant la révolte de l'es.prit municipal; tandis que de toutes les autres pa,rties de l'Italie arrivaient d'excellentes nouvelles.

C'est un désastre .pour le Gouvernement qui laisse ainsi violer les principes d'ordre par la populace.

Je déplore qu'un général ait accueilli ce triste partage.

Pour ma rpart je crois que les Provinces forceront la capitale à ratifier et à S::lluer le traité.

lei on accuse le Ministère d'avoir promis à Votre Majesté de violer la

liberté; de vous avoli[' promis de vous céder le Piémont ou tout au moins la Va11ée

d'Aoste.

Il n'y a pas cl'absurdité qu'on ne fasse valoir contre le Ministère.

Pour ma part je suis tranquille: le traité était un pas immense que l'Italie

venait de faire dans la voie de son unité.

On m'accuse ici pour ma part d'etre le docile instrument de V.M. Vous

savez Sire, si je Vous ai toujours parlé avec loyauté et franchise et si j'ai jamais transigé avec mon devoir. Mais cette ac·cusation ne me troubJ.e pas parce que ma conscience est tranquille.

Cependant j'ose adresser une prière à V.M. Une des raisons qui agitent l'Italie c'est le soupçon que Vous voulez renverser l'unité, que Vous etes fédéraliste.

Sire, un mot que Vous m'adressiez, où Vous reconnaissiez qu'à l'heure qu'il est il n'y a ·pas d'autre solution pour l'ltalie que l'Unité, aurait ici un retentissement immense et serait un baume à ma douleur.

Sire, pardonnez-moi ma hardiesse... (1).

270

IL PRIMO AIUTANTE DI CAMPO DEL PRINCIPE DI PIEMONTE, THAON DE REVEL, AL MINISTRO DELLA CASA DEL RE, G. NIGRA (2)

T. 858. Londra, 26 settembre 1864, ore 23,30 (per. ore 9,05 del 27).

Par suite des douloureux événements survenus à Turtn S.A.R. désirerait rentrer en Italie. Il en demande autorisation à S.M.

271

IL MINISTRO DEI LAVORI PUBBLICI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P.RR. Torino, 26 settembre 1864 (3).

In attesa della discussione che avrà luogo nel parlamento sulla Convenzione del 15 settembre corrente relativa alla cessazione della occupazione francese in Roma, stimando che possa tornarle utile di avere sott'occhio i particolari delle trattative ne' quali io ebbi qualche parte, li ho raccolti in questo scritto che mi pregio di rassegnarle.

Anzitutto mi occorre parlare della conversazione che io ebbi in Vichy con

S.M. l'Imperatore Napoleone.

Recatomi a Vichy sul finire del mese di Luglio p.p. per farvi i bagni, l'Imperatore mi fece l'onore d'invitarmi a colazione dopo la quale S.M. si degnò intrattenersi lungamente con me pal"llando più specialmente dehle cose d'Italia alle quali mostrò di portare un vivo interesse. Io portai particolarmente il discorso sull'armata tanto di terra che di mare, onde persuadere l'Imperatore che queste colonne fondamentali della nostra indipendenza erano oramai saldamente impiantate e che la .guerra stessa del brigantaggio non era stata inutile per cementare i diversi elementi che le compongono.

Quindi io esposi come l'Halia avendo consacrato questi ultimi anni a costituirsi amministrativamente e militarmente trovavasi a fronte di tre :principali quistioni la di cui soluzione importava al suo avvenire; le quistioni cioè: Veneta, Romana e finanziaria. Quest'ultima, dissi, è intimamente collegata colle altre;

il paese, per ricostituire la sua finanza non potrebbe come lo vorrebbero alcuni, rmunziare all'armata, riducendone soverchiam.ente i quadri, senza dichiaT&re la propria impotenza, abbandonare le sue più legittime aspirazioni e rinunziare al rango che ha sa:puto conquistare fra le naZJioni Europee.

La quistione Veneta, neLlo tStato attua,le delle cose, non poteva vincersi che colle aTmi, ma il tentarla isolatamente, senza alleanze, e senza probabilità di successo s&rebbe mettere imprudentemente a repentaglio le sorti dell'Italia. La soluzione della quistione Veneta potev&Si però tenta,re col pericoloso sussidio della Rivoluzione la quale ~P!Poggiata ad un esercito di 350/m soodati e ad una flotta imponente sarebbe in grado di sconvolgere l'Europa, trascinare a conseguenze inaspettate senza però, a dir vero, assicurare l'indipendenza dell'Italia. Tali tentativi non erano fuori di probabilità ove il potere fosse caduto in mani del partito d'azione, il che avverrebbe inevitabilmente qualora la qu1stione Romana almeno non fosse prontamente sciolta. Tale soluzione stava in mani del Governo francese. L'Imperatore rispose vedere che senza dubbio, v'era qualche cosa da faTe per l'Italia. Che in quanto alla quistione Romana egli certamente desiderava ritirare le sue trup,pe da Roma se non vi facesse ostacolo la dichiarazione fatta da Cavour ed accolta dal Parlamento, che quella città era la Capitale d'Italia. Abbandonare Roma in tale condizione di cose verrebbe dai Cattolici considerato come un tradimento verso il Pontefice. La dichiarazione fatta dal Ministero e dal Parlamento che non si voleva andare a Roma se non coi mezzi morali era insufficiente, p<1iché e Parlamento e Ministero erano soggetti a cambiare ed il Governo poteva cadere in mani d'uomini aventi intendimenti ben diversi dai nostri. In 'conseguenza era d'uopo che il Governo francese avesse dal nostro qualche ·garanzia più reale che non si sarebbe usato violenza contro l'autorità Pontificia. Ripol'tai questa conversazione al nostro collega il Comm. Minghetti. Poco dopo io fui richiamato in tutta fretta in Torino. In quel :llrattempo, il Ministero, viste le buone disposizioni dell'lmjperatore, aveva mandato a PaTigi il Marchese Pepoli affinché di concerto col Comm. Nigra aprisse nuove trattative per il ritiro delle truppe francesi da Roma. Risultato di quei negoziaM fu il progetto di convenzione riportato dal Mru-chese Pepoli in virtù deìlla quale il Governo francese avrebbe acconsentito a richiamaTe il suo cor,po d'occupazione ove fosse stato entro sei mesi operato il trasporto della Capitale

del Regno fuori di Torino.

Mentre il Consiglio dei Ministri non esitava ad accettare, in massima, il progetto di convenzione, non isfuggiva però la gravità della clausola relativa al repentino traSiporto della Capitale, quantunque un tale trasporto fosse già stato oggetto di serie preoccUIPazioni per motivi militari.

Epperciò io fui incaricato di recarmi a Parigi con una lettera di S. M. all'Imperatore onde avere alcune spiegazioni sulla portata della Convenzione e tentare di modificare la condizione relativa alla Capitale, ottenendo almeno acchè

il trasporto fosse differito a due anni nel mentre che si effettuava !l'evacuazione

francese, oppure che l'interpretazione di tale ·Condizione fosse fatta in modo da

non sconvolgere l'amministrazione nè turbare improvvisamente i gravi interessi

della città di Torino.

Il giorno stesso del mio arrivo a Parigi, io ebbi l'onore di essere ricevuto da S. M. l'Imperatore al quale dopo di aver consegnato la lettera del Re, esposi l'oggetto deLla mia missione. Non tralasciai d'insistere sopra Je difftcoltà, anzi sulla impossibilità di un traslocamento immediato di tutti gli ordini amministrativi che sono inerenti alla sede di una Capitale, e sui riguardi che erano dovuti ad una città come Torino così benemerita dell'Italia tutta. In conse,guenza credei di dover proporre diversi temperamenti fra i quali io accennavo alla possibilità, suggerita da alcuni, di trasportare successivamente, ad ogni legislatura, la sede del Parlamento nelle principali città dello Stato senza muovere la sede delle amministrazioni primarie. Di questo sistema si avevano esempi nella antica confederazione Elvetica e più particolarmente nel Regno dei Paesi Bassi, pl'ima della ,sepa,razione del Belgio dall'Olanda.

Ma un tale sistema parve all'Imperatore impraticabile, e sovratutto mancare di queUa stabilità nella quaie egli riponeva 1la garanzda richiesta per il ritiro delle sue truppe da Roma. Allora io credetti di dover insistere affinché il trasporto della CapitaJe fosse differito sino a due anni occhè almeno, nella intel'pJ:etazione di tmspm·to della Capitale, s'intendesse che desso fosse lega:lmente effettuato quando sarebbe trasportata la residenza ufficiale del Re e la sede del Parlamento. L'Imperatore rispose che ne avrebbe conferito coi suoi Mintstri. Egli manifestava nuovamente la impossibilità in cui egli era di ritirare le sue truppe da Roma, se non gli si presentava qualche garanzia contro ogni atto di violenza verso l'Autorità Pontificale. Il trasporto della Capitale gli sembrava finora, il solo mezzo proposto che raggiungesse lo scopo. In quanto poi alla scelta della Città destinata a Capitale ciò era questione in cui egli non entrava e che, di sua natura. era esdusivamente di competenza del Governo Italiano.

Pochi giorni dopo questa udienza dell'Imperatore, io ebbi a St. Cloud un primo colloquio col Signor Drouyn de Lhuys che era stato a Parigi. Essendo egli ripartito di nuovo, io non ebbi con lui che alcuni giorni dopo una seconda conversazione nella quale discussi assai lungamente i particolari del progetto di evacuazione. La proposta di rimandare a due anni il trasporto della Capitale purché però avesse luogo effettivamente prima dello s,gombe.ro totale delle truppe francesi, venne, sulle prime, da quel Ministro allontanata. Restava adunque la interpretazione legale da darsi all'atto del trasporto ed all'epoca dalla quale dovevano decorrere i due anni chiesti dal Governo francese per il ritiro delle sue truppe. Ma scorgendo nel modo di vedere del Signor Drouyn de Lhuys l'origine di molte difficoltà neJl'appJicazione della Convenzione, credetti opportuno di recarmJ presso il Signor Rouher, MJn~stro di Stato, che io sapeva propenso al scioglimento de1la questione Romana. ~uell'illustre uomo dd stato insistette anzitutto sull'urgenza di venke ad una pronta soluzione di quell'affare, poiché l'oggetto dei negoziati in corso cominciava a trapelare ed ove fossero meglio conosciuti avrebbero provocato violente opposizioni tali da com

promettere l'esito della questione. Io non ebbi difficoltà a persuadere il Signor Rouher della necessità di portare nella .convenzione dei temperamenti tali da rend&ne l'appHcazione facile, efficace da ambe le pa:rti senza recare un disturbo trop[po repell(tino ne~li o~dini almministrativi nè agl'interessi della Città di Torino. Così egli mi promise d'inte~orre i suoi uffici presso l'Imperaltor;e, onde ottenere che s'intendesse trasportata legalmente la Capitale quando fosse effettuato n trasporto della residenza ufficiale del Re e della Sede del Parlamento e del Corpo diplomatico, e che il tempo per l'evacuazione di Roma decorresse dal g1iorno della Convenzione od almeno dal giorno della promulgazione del decreto di trasporto. lo ebbi ancora una udienza di congedo dell'Imperatore che mi aveva incaricato di una lettera per il Re. L'Imperatore si mostrò come sempre molto benevolo per noi. Fece intendere che non esercitava pressione di sorta sopra di noi per potere ll'iUrare le 1sue truppe da Roma, ma che trovava nel traspo.rto della Capitale e nella promessa di non usare violenza contro il Governo del Papa motivi sufficienti per sgomberare il territorio Romano senza che lo si ·potesse accusare dii abbandonare il Pontefice. In quanto all'atto !stesso del trasporto della Capitale gli bastava 'che i poteri fondamenta,Li dello Stato fossero installati, ciò che rifletteva l'amministrazione era cosa meramente interna ed in fuori di sua spettanza. Portai l'attenzione dell'Imperatore sopra un attacco possibile dell'Austria 1senza provocazione per parte nostra, od un tentativo di quella potenza per ~surrogarsi a'i Francesi nella occupazione Romana. e domandai se in quei ca:si l'ItaJ:ia, poteva contare sull'appoggio della Francia. L'Imperatore mi rispose che tale promessa di appoggio non poteva risultare dalla Convenzione; ma che l'appoggio della Francia dn tali eventuaiità doveva risultare dai principi stessi che informano la sua politica, che riguardo alla occupazione Romana per parte dell'Austria, ;poiché la Francia abbandonava Roma per ubbidire ai principii di non rintervento e di nazionalità da essa proclamati non si poteva supporre che lasciasse da altri violare quei medesimi principii. Non ho bisogno di aggiungere che in tutte le <convemazionii che io ebbi fu se~re inteso che la parola eva

cuazione di Roma significa evacuazione del territorio pontificio.

Tale è la esposizione succinta delle cose relative alla Convenzione del 15 Settembre nelle quali io ebbi parte, che già partecipai al Comm. Minghetti con parecchi dispacci e che ebbi l'onore di svolgere di viva voce in seno del Consiglio ai miei Colleghi.

Le rassegno confidenzialmente questo scritto rper l'uso riservato che crederà di doverne fare.

(1) -In AP si conservano anche una Lp. di Pepoli al Principe Napoleone del 23 settembre, ed una del Principe Napoleone a Pepoli del 25 settembre, che non sì pubblicano. (2) -Trasmesso tramite la legazione a Londra. (3) -La lettera reca questa data ma fu redatta successivamente e inviata allegata a una l.n. dì Menabrea a Visconti del 17 ottobre (A VV) che inizia così: « Giusta il desiderio che Ella mi manifestava prima della nostra separazione. le r~_s,e~no qui unito un rapporto sulla parte da me presa ai negoziati relativi alla Convenz~one del 15 settembre. Ciò P<>trà servirle nella discussione per precisare alcune particolarità. Non converrebbe che quel rapporto fosse reso di pubblica ragione imperocché esso conttene alcune cose che riguardano le persone e che sarebbe indiscrezione di fare conoscere •.
272

IL CONTE CSAKY AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTEHI, CERRUTI

L. P. Genova, 26 settembre 1864.

Profitant de la permission que Vous avez voulu m'accorder, je m'adresse à Vous tout confidentiellement pour Vous prier de nous donner quelques renseignements sur ces derniem événements, et sur refiet qu'ils produdront probablement sur la marche de nos affaires.

Nous avons reçu de notre Comité une dépeche très-pressante dans laquelle on nous exprime les facheuses et douloureuses impressions que les premières nouvelles de Turin ont produites, et les craintes qu'on a de voir entravées nos affaires; 'la lsuirte des événemenrts a du naturelJement augmenter encore les appréhensions déjà assez fortes.

Après avoir reçu cette dépeche nous avions l'intention de nous adresser immédiatement au Gouvernement par télégramme chiffré, mais ayant appris en meme teiiljps la démission du ministère, nous avons cru qu'une pareille démarche serait inuthle peut-etre meme intempestive.

C'est donc à Vous M. le Commandeur que nous avons recours, connaissant Vos si:mpathies, leSi nobles et chevaleresques sentiments qui Vous animent, et les princli;pes qui Vous gutdent, nous sommes (pielìSUadés <que dans la ISituation dif:ticile dans il.aquelle nous nous trouvons, Vous voudrez bien nouis paTler non comme membre du gouvernement, mais comme patDiote et ami de la cause commune de nos patries, et nous dire ce que nous pouvons attendre du nouveau ministère et que<1le condudte nous devons suiv,re pour lsauvega['der les graves intél'ets qui nous sont confiés.

Veuihlez prendre en considération l'inquiétude dans ,laque1le nous, et ceux du pays se trouvent, et ayez l'extrème complatsance M. le Commandeur de nous donner les nouvelles les plus IPr€1.>\Santes par télégraphe, les rensei'gnements détaillés par lettre, pour que nous puissions les remettre à nos amis, et calmer ainsi la fermentation des e~its, causée toujours par l'incertitude.

Je sais bien que dans ce moment Vous etes oCCUipés d'autres affairels, pourtant, vu l'extrème importance et urgence, je dois Vous parler M. le Commandeur, de deux 'choses: l. M. Scovasso est-iii parti? ou partira-t-il? notre envoyé doit etre depuis le 20 à Belgrade, il faut absolument que nous ilui envoyons san's retard des instructions, sans quoi apprenant les événements de Turin il ne saura plus à quoi se tenir.

2. Si on ne veut pas pevdre les 8800 fusils qui sont à Schaffhouse et la caution de 50.000 fancs, il faut ou payer entièrement la société industrieUe suisse le 7 Novembre 1864 152.196 fr. 86 c. et désigner la personne à laquelle les armes doivent etre remises, ou bien il faut accepter l'arrangement que le général Klapka a fait avec la société industrielle suisse, et suivant lequel on payera le 15 novembre 1864: 50.000 fr. le 15 fevrier 1865: 50.000 fr. et le 15 mai 1865: 52.196 fr. 86 c. -les al'mes resteront en dépòt chez la société jusque le dérnier payement sera effectué -a,près le changement du ministère la société ne sera peutetre pas auslsi accommodante, c'est donc très important que nous puissions si<tòt que poosible arranger cette affaire -j'ai adressé le 21 de ce mois à M. le Chevalier Artom une lettre détaillée sur cette affaire, mais il n'aura plus eu le temps d'en rapporter au Ministre.

Connaissant la fermeté de Votre caractère et le point de vu élévé duquel Vous traitez les affaires, je suis persuadé, que meme dans le trouble actuel Vous saurez M. le Commandeur amener la solution des questions que j'ai l'honneur de Vous soumettre.

Excusez la franchdse avec ilaquelle je Vous parle M. le Commandeur, elle peut Vous donner la mesure de la confiance et de l'estime que la loyauté et la dignité avec la quelle Vous nous avez toujours traité nous a inspiré.

273

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 860. Costantinopoli, 27 settembre 1864, ore 14,50 (per. ore 15,35).

Aali. pacha m'ayant fait connaitre que la seule concession qu'il pouvait me faire était ·celle de me communiquer of:lìioiellement .protocole pour affaire Li:ban avec les autres pièces sans m'admettre à le signer, chev. Vernoni lui a remis hier ma 1protestation d'après les instructions de V. E. (1).

274

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI, AL PRIMO AIUTANTE DI CAMPO DEL PRINCIPE DI PIEMONTE, THAON DE REVEL (2)

T. 387. Torino, 27 settembre 1864, ore 15,45.

Turin est complètement tranquille et dévoué au Roi. Général La Marmora s'occupe de fm~mer le Caminet. La situation n'offire aucun sujet d'inquiétude.

275

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, GAMBAROTTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 861. Tunisi, 27 settembre 1864, ore 20 (per. ore 4,20 del 28).

Les escadres française et italienne, et frégate avec Commissaire tul'c partent aujourd'hui à 2 heurs de l'après-midi. Comte Albini m'a communiqué hier au soir seulement la négociation relative au départ des Escadres, et sa lettre m'est pa.rvenue ce matin à 10 heures. Je ferai parvenir à V. E. ce curieux

• Credo dovere riferire testualmente le parole dettemi in questa occorrenza dall'Incaricato d'Affari Britannico Lord Russell m'a-donné pour instructions de déclarer à S. A. Aali Pachà que le Gouvernement Britannique comptait pour un grief de plus envers la Sublime Porte l'exclusion du représentant Italien des arrangements pour la réorganisation du Mont Liban •.

document avec ma réponse par le premier courrier (1). Amiral anglais avec un vaisseau à 3 ponts et une Corvette reste en rade à l'étonnement général et au grand regret du Consul de France.

(1) Con R. 59 del 28 settembre, ed. in LV 8, pp. 331-336 Greppi trasmise copia della protesta rimessa ad Alì pascià. Si pubblica qui il seguente brano del R. 61 del 12 ottobre:

(2) Trasmesso tramite la legazione a Londra.

276

IL SEGRETARIO DELLA LEGAZIONE A LONDRA, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. p. Londra, 27 settembre 1864.

~pero che Ella non avrà a male se .prendo ·la libertà in que-sti gravi momenti di venivle ad esternare il vivo sentimento di rammarico che provo pei tristi fatti che ebbero luogo a Torino e che ispirarono a Sua Maestà la risoluzione di formare un nuovo Ministero.

Per ·me, Piemontese di nascita, riesce doppiamente doloroso dd vedere ila Capitale delle antiche Provincie assumere un'attitudine che ri·sveglierà, purtroppo, il risentimento del resto d'Ital.ia e che avrà per funesta conseguenza di distruggere, mercé un solo atto di incollJSideratezza, la bella fama di cui godeva il Piemonte. Qui non havvi che una voce generale per biasimare questi eccessi e per esprimere il rincrescimento che è da tutti provato nel vedere a ritirarsi i Ministri che sono riusciti a far entrare finalmente il paese 1in una nuova importantissima fase, la cui realizzazione era cotanto riputata difficile.

Odo Russell che vedevo l'altro giorno e che a lun,go mi parlava di questa quistione, mi diceva che per la conoscenza che aveva del Governo pontificio, l'effetto che la recente convenzione coJ.la Francia sarà per avere tanto in Roma come nelle Provincie ancora sottomesse al dominio del Papa, sarà immenso. Ma però non mi dissimulava quanto dispiacere risentisse nel vedere ora a cadere il Gabinetto che ne era stato l'autore. Mi mostrava quindi la lettera che a questo riguardo, gli sm·.iveva suo zio Lord Russell, dd cui già il Mar:chese d'Azeglio le telegrafava 11 contenuto, ed in cui g,u dava istruzioni per affrettare il suo ritorno a Roma, estesamente palesandogli la sua soddisfazione per il felice risultamento ottenuto dai negoziati intrapresi dal Governo del Re, nonché per la risoluzione presa di tra51Portare la Capitale nella città che, dopo Roma, riunis·Ce maggiori titoli per essere il centro del Regno italiano. A questo propO!sùto non posso a meno che di richiamare alla memoria della S. V. quai_lto avevo l'onore di scriverLe dopo la mia visita a WobUJI'n Abbey, riguardo aH'opinione che Lord Russell mi esternava sulla convenienza di trasferire la capitale da Torino a Firenze. In questa o·ccasione, ignaro come ero delle trattative che avevano luogo tra il Gabinetto di Torino e quello di Parigi per l'eva·cuazione di Roma, io facevo osservare, come Ella sa, a Lord Russell, l'inopportu!l.ità che vi sarebbe stata a prendere una tale risoluzione, senza collegarla con qualche gran fatto, che giustificasse l'apparente rinuncia di Roma. Tengo però a giustificarmi ai di Lei occhi e spiegarLe il vero senso delle mie parole. Nessuno più di me applaudisce ad una determinazione che è così eV'identemente nell'interesse del paese e che

costituisce il fatto più importante che sia avvenuto in Italia dall'epoca delle annessioni. Ma in quel momento, p!rivo di informazioni e non sapendo quali fossero le intenzioni del Governo, cl'edevo bene di m valere una tale considerazione. Le assicuro che vorrei trovarmi ora a Torino per cercare, invece dei tanti proclami inconcepibili che si sono fatti in questi ultimi giorni, di iniziarne uno in cui si spiegélisse ai miei ,concittadini ·che l'istante è venuto di mostrare che realmente si ama il.'ltalia!

Prima di prendere da Lei commiato, mi permetta Signor Cavaliere che Le esprima la mia riconoscenza per le tante prove di benevolenza dalla S. V. costantemente usatemi, ed il desiderio che ho ad un tempo vivissimo di trovarmi presto nuovamente collocato sotto ai di Lei ordini.

Ora che sono sul punto di perdere in. Lei un amico ed un protettore, non so che cosa sarà per succedere di me; qualunque sia però la sorte che mi toccherà, La prego di non 1scordare che in ogni circostanza mi reputerò feHce di poterLa servire se mi crederà capace di tanto, e mi consideri ognora...

Qui ull!ito Le invio la traduzione della lettera che Lord Palmerston rivolse al Marchese d'Azeglio, in risposta alla comunicazione che questi gli faceva della conclusione della convenzione colla Francia. Il Marchese me la fece fare, suppongo per mandarla alla S. V. Ma intanto finché Ella non l'abbia ufficialmente da lui ricevuta, la prego a non far uso di questa, onde non compromettermi.

ALLEGATO

PALMERSTON A D'AZEGLIO

(AVV; ed. in un'altra traduzione in MINGHETTI, pp. 204-205)

Broadlands, 25 settembre 1864.

Vi sono molto riconoscente per la Vostra lettera e mi rallegro per l'accomodamento che quella mi annunziava. Le difficoltà della posizione erano grandi e l'accordo fatto è buonissimo, c devo confessare essere esso molto migliore di quello che avrei creduto possibile. È un oggetto di prima importanza per l'Italia che le truppe francesi escano dal paese e, se ciò è lealmente eseguito in due anni, non potete lagnarvi pel ritardo. Io certamente non attendevo così presto l'evacuazione del territorio romano. Le tradizioni storiche senza dubbio alcuno indicano Roma come la vera capitale d'Italia, ma mettendo da parte queste tradizion!, Firenze è certamente per molti riguardi più conveniente per essere il Quartiere generale del Governo italiano. Gli impegni presi dal Vostro Re di non attaccare Roma e di non permettere che delle bande di volontari ne facciano altrettanto, erano naturalmente inevitabili, e saranno senza dubbio mantenuti; e se il Papa si procura un buon esercito di Francesi, Spagnuoli, Belgi ecc., e abbastanza danaro per pagarìi, potrà egli per un tempo considerevole comprimere lo scontento degli abitanti del paese governato in suo nome. Ma a meno che il suo sistema di amministrazione non si migliori es,senzlalmente nessuna Potenza al mondo impedir potrà, che villaggi e città si separino man mano dalla sua autorità, e i preti, anco in Roma, incontreranno per ciò gravi difficoltà.

Tutto compreso mi congratulo molto sinceramente con Voi di questo fatto che nuò es:;ere considerato in verità come un grande avvenimento.

(1) Non si pubblica un R. confidenziale s.n. del 28 settembre di Gambarotta con lagnanze per il contegno tenuto da Albini.

277

IL MINISTRO RESIDENTE A CA:RLSRUHE, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 862. Carlsruhe, 28 settembre 1864, ore 15 (per. ore 20,30).

Le Grand-Due de Baden revenu avant-hier au soir vient de me féliciter pour la Convention franco-italienne. S.A.R. regrette la trqp courte visite de notre prince royal. A cette audience particulière, S.A. m'a laissé entrevoir l'e~oir et le désir d'un rarpprochement entre l'Allemagne, la France et la Prusse, et de la rprobabilité d'une rencontre entre Napoléon III ,Alexandre II et Roi de Prusse à Baden, à l'occasion de la venue de l'Im:pératri~e des Français, attendue ici le 9 ou le 10; il espère aussi la visite de l'Impératrice des F:rançais à l'Impératrice de Russie à Darmstadt et l'adhésion de l'Empereur Napoléon à cette v-istte. GrandDue de Baden a ajouté que l'ailliance du Nord n'existe pa:s. S.A.R. espère la prochaine reconnailssance de l'Italie par la Bavière dont il est question dlans ma confidentielle 23 (1).

278

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI ALL'ESTERO

T. 389. Torino, 28 settembre 1864, ore 23,35.

Riconvocazione parlamento differita sino al 24 ottobre per dar tempo com

pletare nuovo ministero e preparare lavori legislativi. Sella, Petitti, Jacini,

Lanza, fanno 1pa'rte del nuovo Gabinetto (2).

Ministère accepte traité avec la France et transport Capitale, seulement il

tachera atténuer perturbations intéréts dans l'application .

279

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 866. Londra, 29 settembre 1864, ore 18,20 (per. ore 21).

Mon es,pion habituel ,affirme que Mazzini partira peut-òtre meme dès ce soir ;pour Florence dans le but d'y établir un centre d'action. Je ferai mon possible pour le vérifier.

(1) -Cfr. n. 244. (2) -Questa prima parte del telegramma fu trasmessa in chiaro.
280

ISTRUZIONI DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

Torino, 29 settembre 1864.

l • Di chiedere al governo dell'Impe,ratore dei FTancesi se l'articolo del protocollo segreto non debba essere interpretato in guisa che il termine di sei mesi in cui il trasporto della Capitale si debbe effettuare abbia principio dal giorno in cui la convenzione avrà valore esecutorio, cioè dal .giorno in cui la traslocazione deHa capitale 1saTà decretata. H Governo italiano crede che questa interpretazione sia la sola possibile dal momento che la traslocazione della Capitale non può esseTe decretata che dopo una legge sancita dal Parlamento.

2• Di fare osservare al Governo dell'ImperatoTe che ammessa la interpretazione di cui sopra la tTaslocazione effettiva della Capitale non può materialmente aver luogo in guisa che il fatto ·conisponda al nome, se non verso l'autunno del 1865, e di chiedere quindi se non varrebbe meglio portare a nove mesi il termine di mesi sei di cui all'articolo del pa-otocollo segreto.

a• E' formalmente inteso che nulla si chiederà che valga a far differire lo sgombro delle truppe francesi da Roma oltre al termine fissato nella Convenzione del 15 settembre 1864.

In appoggio di queste istruzioni si può osservare:

l • Che la discussione si farebbe tranquillamente in Torino con grande vantaggio non soilo dell'Italia ma ancora della tesi che s01stener debbe l'Imperatore, cioè, che in Italia si sanno rispettare le leggi ed i trattati quand'anche Tiguardino il Papa.

2• Si torrebbe Torino dall'influenza del partito d'azione.

281

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, RATI OPIZZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

N. 878, ANNESSO CIFRATO (1). Berlino, 30 settembre 1864 (per. il 4 ottobre).

Si la Convention franco-italienne a prodùit à Vienne d'étonnement, ici, par ce qu'on peut voir est envisagée avec un dépit véritable; à l'égard de la France, on voit que Napoléon s'est débarrassé du Mexique en adossant la traite à un archiduc et que la Convention aduelle est un déga,gement dans la question romaine; à l'égard de l'Italie si cette Convention est franchement acceptée par

l'Autriche alors cette puissance échappe à la Prusse, car la Prusse tient l'Autriche par l'Itallrie, si au contmire l'Autriche en fait prétexte pour rompre, les engagements de la Prusse sont trop récents pour qu'on craigne pas de devoir devenir partie intéressée dans la question (1).

(1) Al R. 13, non pubblicato.

282

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 391. Torino, l ottobre 1864, ore 15,15.

Aux instructions que nous vous avons données (2) ajoutez comme argument di9lomatique pour obtenir délai au transport de la Capitale la possibilité que le ministère croit convenable consulter pays par nouvelles élections.

283

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 867. Londra, 1 ottobre 1864, ore 17,35 (per. ore 20).

On m'assure qu'un nommé baron Guttedon et M. Schmid partiraient ce soir pour l'Italie porteurs de 72/m ducats pour les comités bourboniens de Naples. Il est probable que oes deux individus surtout le premie,r voyageront avec des faux noms. J'envoie détails par la poste (3).

284

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 868. Parigi, 1 ottobre 1864, ore 20,40 (per. ore 21,55).

J'ai eu aujourd'hui long entretien avec M. Drouyn de Lhuys; je l'ai trouvé extremement opposé à toute idée de modification quelle qu'elle soit. Je veT~rai Empereur, j'espère le trouver en mei1leures dispositions ma1s je crois impOSISible obtenir les 9 mois. Il faudra se contenter d'obtenir la première partie des instructions, si nous y ·panriendrons. Je ferai le possible pour y réussir.

• Se il partito austriaco rimase profondamente commosso dalla Convenzione del 15 Settembre, scorgendo in quella una prova certa di non lontana guerra, il partito liberale germanico, quello che con noi divide le aspirazioni e le tendenze, si rallegra di vederci in tal modo inoltrare verso la ,definitiva sistemazione dell'Italia e trionfare col principio della Nazionalità.

Riservandomt di esattamente indagare gli effetti che può produrre nel suo sviluppo la presente convenzione, mi faccio un dovere di ragguagliare in oggi V. E. che dietro infol"mazioni attinte a fonte sicura, l'Austria se non vede di buon occhio questa novella provadella cordialità che esiste tra l'Italia e la Francia, continuerà, ciò malgrado, a seguire quella politica di osservazione e di aspettativa che la guidò sinora sia verso l'una che l'altra di questedue Poten..ze ».

(1) Si pubblica qui un brano del R. 62 di Centurione, Francoforte, 30 ottobre:

(2) -Cfr. n. 280. (3) -Cfr. R. confidenziale 44, pari data, che dà anche notizia della partenza per Genova di alcune casse d'armi destinate al partito d'azione.
285

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

T. 393. Torino, 2 ottobre 1864, ore 21,30.

Veuillez me télégraphier les informations que vous pourrez recueillir sur la mission de lord Clarendon à Vienne.

286

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, ALLE LEGAZIONI, AGLI AGENTI E CONSOLI GENERALI AD ALESSANDRIA D'EGITTO, BRUNO, A BUCAREST, STRAMBIO, E A TUNISI, GAMBAROTTA, E AL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO

CIRCOLARE CONFIDENZIALE. Torino, 2 ottobre 1864.

Le Ministère que j'ai l'honneur de rprésider a fait connaìtre officiellement ;au rpays qu'il accepte la Convention conclue le 15 Septembre dernier avec le .Gouvernement Impérial de France pour l'évacuation du territoire Romain par les troupes Françaises, et le .projet arreté par le Ministère précédent et notifié .au Gouvernement Franca'is de transporter à Florence le siège du Gouvernement du Roi. Je crois utile de vous donner qualques éclarcissements sur le caractère de -ces accords et sur les motifs qui ont décidé le Gouvernement de S.M. à y

Eouscrire.

Vous n'ignorez pas, Monsieur, que depuis pJusieurs mois le Gouvernement du Roi avait ouvert avec celui de S.M. l'Empereur de nouvelles négociations dans le but de régler les questions relatives à l'occupation de Rome. Le Gouvernement Français avait toujours admis que l'occupation de Rome par ses troupes n'avait qu'un caractère provisoire, et de son còté, le Gouvernement italien avait déclaré .en principe qu'il était pvet à ·accorder les garanties nécessaires pour assurer au Pape une situation où il ne tint qu'à lui de se mettre d'accord avec ses sujets. L'urgence d'un règlement de 'cette importante question était explicitement reconnue par les deux Gouvernements. D'une part, la France avait pu se convaincre, d'après l'accueil peu favorable qu'avaient reçu à Rome ses conseils et ses tentatives d'arrangement, que le fait méme de l'occupation était inutile, si non nuisible au succès de la politique de conciliation dont s'inspirait l'Empereur; de l'autre, le Gouvernement du Roi ne pouvait se dissimuler la gravité des complications qui pouvaient se produire si les deux Gouvernements remettaient indéfiniment de s'entendre sur la cessation de l'occupation Française.

Des négociations s'engagèrent donc entre le Gouvernement du Roi et celui de l'Empereur sur la base du principe de non-intervention appliqué au territoire Romain. En adoptant ce point de départ pour la solution de la question Romaine, le Gouvernement du Roi était dans la logique des principes qui ont présidé à la reconstitution de l'Italie et il donnait en mème temps la preuve irrécusable de son esprit de modération et d'équité.

ll -Documenti diplomatico -Serie I -Vol. V

Sur ces entrefaites, les Conseillers de la Couronne ayant résolu, pour des.

raisons de stratégie et d'administration intérieure, de soumettre au Roi et au

Parlement le projet de transporter à Florence le siège du Gouvernement, ce

fait parut au Gouvernement Impérial de nature à convaincre que l'Italie re

nonçait à employer la force à l'égard de Rome. Les négociations devinrent dès

lors plus faciles, et les plénipotentiaires des deux puissances ne tardèrent pas

à convenir d'un arrangement dont voici la substance.

L'Italie s'engage à ne rpas attaquer le territoire actuel du S. Père et à em

pècher, mème par la force, toute attaque venant de l'extérieur contre le dit ter

ritoire. La France retirera ses troupes des Etats pontificaux graduellement et à

mesure que l'armée du S. Père sera organisée. L'évacuation devra néammoins

ètre accomplie dans le délai de deux ans. Le Gouvernement Italien s'interdit

toute réclamation ·contre l'organisation d'une armée papale, composée mème de

volontaires catholiques étrangers, suffisante pour maintenir l'autorité du S. Père

et la tranquillité tant à l'intérieur que sur la frontière de ses Etats, pourvu que

cette force ne puisse dégénérer en ~oyen d'attaque contre le Gouvernement

Italien. L'Italie se déclare prète à entrer en arrangement pour prendre à sa

charge une part rproportionnelle de la dette des anciens Etats de l'Eglise.

Tel est, Monsieur, les sens des accords que le Ministère qui vient de se reti

rer a conclus avec la France, et que le Cabinet actuel a délibéré de maintenir.

L'émotion qui s'est produite à Turin au premier moment par suite d'apprécia

tions incomplètes des résultats obtenus a amené des incidents douloureux; mais

la réflexion et le spectacle de l'approbation donnée dans toutes les provinces

de l'Italie à la Convention du 15 septembre à modifié déjà dans un sens favo

rable les dispositions des esprits en Piémont mème, et c'est avec une pleine con

fiance dans la sagesse des populations que les Ministres de S.M. appelleront sur

l'oeuvre de leurs prédécesseurs le jugement des Chambres.

Il me reste à vous faire observer, Monsieur, que la portée de la Convention dont il s'agit ne dépasse point celle des termes dans lesquels elle est conçue. Chacune des deux puissances contractantes a purement et simplement dégagé sa responsabilité, soit envers le Saint Siège, soit envers les Romains. Le Pape et ses sujets garantis désormais contre l'intervention de toute force extérieure, vont se trouver replacés dans les conditions normales où doivent exister vis-à-vis l'un de l'autre un Souvera.in et le peuple qu',iLJ. gouverne. Désorma•is les Romains serOIIlt les maìtres de leurs destinées, et le sort de la Cour de Rome ne dépendra plus que des conséquences de ses propres actes.

La Convention du 15 septembre ne resserre pas seulement les liens des deux Gouvernements amis; elle sera, j'en ai l'espoir, un gage de paix rpour l'Europe. Parmi les causes de complications qui pouvaient alarmer les intérèts attachés au maintien de la paix, l'application d'une politique d'intervention au territoire Romain n'était pas celle qui offrait le moins de perspectives inquiétantes. Par la Convention dont je viens d'avoir l'honneur de vous entretenir, la France et l'Italie, en s'interdisant à elles mèmes la faculté d'intervenir par la force dans les rapports entrre les Romains et ileur gouvernement ,ont écarté pour l'avenir toute raison d'ètre d'une intervention quelconque des autres puissanees à Rome, et la conséquence en sera, j'aime à le croire, que la question de Rome ne pourra plus ètre une source de conflits entre les gouvernements européens,

287

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, E AGLI .INCARICATI D'AFFARI A BERLINO, RATI OPIZZONI, A FRANCOFORTE, CENTURIONE, E A PIETROBURGO, QUIGINI PULIGA

·T.(1). Torino, 3 ottobre 1864, ore 14,50.

J'attends avec impatience vos informations sur l'impression produite à Lon.dres (Francfort Berilin S. Pétersbourg) par la convention du 15 septembre.

288

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 870. Londra, 3 ottobre 1864, ore 13,10 (per. ore 15,20).

Hier j'ai été à ·la ·campagne chez lOII'Id Palmerston il a eu l'air d'ignorer que lord Clarendon a m1ssion à Vienne. Mes collègues n'en savent rien du tout. Je .crois que tout cela est très exagéré et que lord Clarendon revenant des eaux en .a profité pour voir les ministres autriehiens.

289

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESI-DENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 874. Parigi 3 ottobre 1864, ore 16,40 (per. ore 17,55).

L'Empereur consent à ce que le délai de six mois pour le transport de la ·Capitale commence à la date du décret. Nous avons échangé une déclaration en .ce sens que je vous enverrai demain par courrier avec une dépéche et détaills. L'Empereur consent également à ce que dans la publication du protocole on .efface le mot secret.

290

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 875. Londra, 3 ottobre 1864, ore 19 (per. ore 21).

Je présume que mon télégramme du 24 septembre (2) est parvenu au Minìstère. Une expédition de dépeches à ce sujet est partie ce soir et j'en avais préalablement écrit aux ministres démissionnaires. Somme toute ensemble de cette correspondance peut se résumer en une impression des plu.s favorables si réellement les français quittent Rome.

(1) -Il telegramma venne inviato a Londra col n. 394, a Francoforte col n. 395, a Berlino .col n. 396 e a Pietroburgo col n. 397. (2) -T. 855, non pubblicato.
291

L'INCARICATO D'AFFARI A FRANCOFORTE, CENTURIONE, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 876. Francoforte, 3 ottobre 1864, ore 23 (per. ore 2,40 del 4).

J'ai adressé le 30 septembre (1) une dépeche qui informe V.E. sur l'impression produite ici par la convention du 15 septembre. Impossible avant ce jour de se prononcer sur la manière dont elle était acceptée. L'Autriche se montre inquiète, la Prusse très satisfaite de la voir dans les embarras.

292

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 45. Londra, 3 ottobre 1864 (per. il 6).

La totale assenza da Londra di chiunque possa dare qualche informazione sulla politica di questo paese, rende così difficile H ragguagliare il Governo che ieri quasi, per così dire, disperando di poter far altrimenti andai a Broadlandls per qualche ora della giornata quand'anche dovesse parer questa mia iniziativa un po' una indiscrezione.

Lord Palmerston, devo dirlo, mi ricevette colla solita sua amichevole cortesia e potei discorrere con lui della situazione attuale.

Questa mattina rpoi trovai il telegramma di V. E. (2) riguardo a Lord Clarendon ed essendo stato precisamente il far qualche indagine a questo proposito uno dei motivi per cui andai a Broadland:s, potei rispondervi (3), se non svelando, almeno mettendo, credo, le cose sotto un più esatto punto di vista.

Basta che si muova un personaggio in Europa perché il Giornalismo, spesso a questa stagione a corto di notizie, ne meni gran rumore.

Il fatto sta che Lord Clarendon il quale passò qualche settimana a Wiesbaden per sua salute, andò nei primi di Settembre a vedere all'Aja la Regina d'Olanda senza la menoma missione. E stupisco che allora non siasi immaginato qualche alleanza Reale.

Quindi dovea andare a Toeplitz in Boemia a prendere Lady Clarendon e non mi sorprenderebbe se strada facendo avesse bramato disco·rrere coi Ministri Austriaci e direi di più, se sapendolo da quelle parti, Lord RUissell (col quale però egli è in termini mediocri) gli avesse scritto di vedere quei Ministri e d'informarsi del loro modo di vedere dando loro in contraccambio pareri e consigU sia circa la Danimarca, sia circa l'Italia.

Può darsi benissimo che questa corrispondenza abbia avuto luogo per lettere particolari e che Lord Russell, il quale ritornerà dal Nord dell'Inghilterra ai 7, siasi riservato farla allora vedere a Lord Palmerston.

Il fatto sta che domandai al Primo Ministro che notizie gli scrivesse Lé,rd Clarendon da Vienna. • Volete dir Lord Bloomfield • mi rispose egli.

E quando ripetei la prima asserzione, Lord Palmerston affermò di saperne nulla. Non mi par che se una missione esista, debba essere talmente segreta da farne tanti e così gran misteri.

Non v'ha dubbio del resto che in quanto alla Danimarca, l'Inghilterra cerchi di pesare nel Gabinetto Prussiano per mezzo dell'Austria.

Ed in quanto all'Italia non può l'Inghilterra che cercar se potesse di consigliare a Vienna l'adozione di misure radicali benché pacifiche, sia per poter dire all'Italia che anch'essa nella sua sfera ha agito a nostro pro', sia per evitare u:1a guerra Europea potendo nascere dalla quistione Veneta se assumesse il primo posto nelle difficoltà che domandano immediata soluzione.

Lord Palmerston me lo ripetè ancora ieri che chiunque liberasse l'Austria dalla Venezia renderebbe all'Impero un gran servizio rafforzandolo. Credo dunque che Lord Clarendon possa aver parlato in questo senso, benché la nota ostinazione dell'Imperatore renda qualunque eloquenza inutile.

Ma certamente avrà esortato il Gabinetto Austriaco a moderar le sue pretese contro la Danimarca, e per dare un'idea del modo di pensare di Lord Palmerston sul Signor di Bismark dirò che quando gli domandai se forse questo Ministro non avrebbe cercato di addormentare la Diplomazia finché il ritorno della cattiva stagione gli desse agio di riprender la guerra ed assorbire il resto del Continente Germanico, Lord Palmerston rispose che lo credeva capace di tutto.

Del resto uno dei più accreditati Giornali Inglesi sosteneva ieri la tesi che, visto che l'Inghilterra aveva deciso e provato con i fatti che non intendeva prender parte alle complicazioni Europee che non la concernevano immediatamente, anche la sua Diplomazia dovea esser modificata in questo senso di non andare a dar consigli dove non le si chiedeva la sua opinione.

In quanto ai gravi fatti compiutisi in questi giorni in Italia, Lord Palmerston lodò la Convenzione come un gran passo, ma sicuramente ebbi a riconoscere a un tratto che l'idea che dominava in lui era che, quanto all'evacuazione Fràncese, la crederebbe quando la vedrebbe. Tutto quanto disse s'aggirò sempre attorno a quest'idea principale.

Sicuramente in quanto alla sostanza della Convenzione non poter essere che gradita in un paese come questo che non è inceppato da idee Cattoliche e che vuol sinceramente l'emancipazione dell'Italia. Ma egli si è precisamente perché i patti sembran troppo vantaggiosi che S.S. differisce a credere alla loro effettuazione finché li veda compiti.

In quanto alla traslocazione della Capitale, essa viene approvata pienamente per varie ragioni: Perché questo .passo tende a consolidare l'Italia e a levare quei pretesti di imputazioni che facevansi sotto a nome di Piemontesismo.

Perché Firenze, come centrale, è creduta ottima scelta anche lasciando da parte i ricordi storici e la bellezza del paese e della Città. Anzi la si considera Capitale preferibile a Roma.

Finalmente perchè anche sotto al rapporto di Roma, nessuno ha il menomo dubbio che per quanto può giovare all'unità d'Italia la quistione benché non sciolta, rimanga nella pienezza dei suoi diritti, e che tuttochè la V'erità in Diplomazia non si debba sempre :svelare tutta e male a proposito, si considera la cosa come un avviamento a una soluzione finale e una gran concessione fatta dall'Imperatore all'opinione pubblica in Italia.

Non ta·cerò che forse .più si crede grande la concessione, più si teme del risultato che l'Imperatore crederà poter cavarne; però non mi sembra credersi qua che vi ,siano sottintese .permutazioni territoriali. Almeno mi disse Lord Palmerston che Elliott scriveva aver ricevuto a questo riguardo dai Ministri sortenti le affelìlllazioni le più positive.

Del Testo ognuno qui domanda a vedere il Testo della Convenzione poichè sinora noi non abbiamo a fondarci che sopra supposizioni. I miei Còlleghi non san nulla nè della missione di Lord Clarendon nè degli affari di Danimarca.

Il Marchese di Cadore venne a trovarmi appunto per cagione della totale penuria di notizie. Egli mi parlò della vertenza Tunisina. Da quanto pare l'Inghilterra ,s'era rivolta a Parigi onde ottenere una specie di dichiarazione per parte della Francia che non intendesse mischiarsi degli affari interni della Reggenza.

A Parigi non sembra questa pretensione Inglese esser stata accolta come una marca di benevolenza. Ed oltre al carattere sospettoso che vi si ravvisò. pareva ridicolo di far questa dichiarazione quel giorno medesimo in cui la Flotta Francese lasciando quelle acque, indicava precisamente col fatto quanto le si chiedeva di mettere per iscritto. Pare dunque che siasi risposto negativamente.

Ho l'onore di assicurare l'E. V. d'essermi pervenuto l'ufficio in data del 26 scorso col quale il Cavaliere Visconti Venosta mi faceva noto d'aver rassegnato le sue dimissioni non che tl'aHro del 28 id. pel quale l'E. V. si compiaceva manifestarmi d'aver assunto la direzione di cotesto Real Ministero.

Profitto della partenza del Corriere Inglese per trasmettere questo Rapporto

a V.E.

(1) -Cfr. p. 260, nota l. (2) -Cfr. n. 285. (3) -Cfr. n. 288.
293

L'ONOREVOLE MINGHETTI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA (AS Biella, Carte La Marmora; ed. in Un po' più di luce, p. 107)

L. P. Bologna, 3 ottobre 1864.

Il telegrafo ci reca da Parigi come fosse colà pubblicata nel Moniteu1· una nota di Drouyn de Lhuys sulla Convenzione della Francia coll'Italia (1). Ciò rende necessaria ed opportuna la pubblicazione del Rapporto del passato Ministero in data 19 settembre (2) col quale fu presentato a S. M. il decreto per la convocazione del Parlamento, e dove sono specificate alcune ragioni di essa.

Convenzione, e del trasporto della sede del Governo. La pubblicazione di questo rapporto già decisa, fu sospesa solo pel cominciare dei torbidi in Torino. Io vi prego di riprendere sott'oochio la mia lettera (1) a voi consegnata l'ultimo giorno che stetti costi, e nella quale io vi pregavo appunto di far inserire detto rapporto nella Gazzetta Officiale, anz:iché pubblicarlo noi stessi pe1r via indiretta. La nota :brouyn de Lhuys mi spinge a rinnovarvi con sollecitudine questa, istanza.

Auguro che possiate condurre a buon termine l'arduo compito che con tanta abnegazione avete assunto.

(1) Si tratta di un dispaccio di Drou~·n de Lhuy• a Sartiges del 12 settembre, cfr. Les origines diplomatiques de la guerre 1870-1871. vol. IV. Parigi 1911. pp. 127-134.

(2) Cfr. n. 243.

294

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, RATI OPIZZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 877. Berlino, 4 ottobre 1864, ore 15,12 (per. ore 18,40).

J'espère que V. E. aura reçu l'annexe chi,f,frée de ma dépeche n. 13 (2.). Au point de vue italien la convention du 15 septembre est reconnue camme un grand avantage, au point de vue prussien elle est envisagée comme je l'ai mandé à V. E. dans l'annexe chiffrée que je regrette beaucoup de ne pas avoir télégraphié.

295

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI, AL GENERALE KLAPKA, A GINEVRA (3)

T. Torino, 4 ottobre 1864.

Argent pour reti:rer les fusils de Suisse est pret. On va l'envoyer bientòt par moyen sur.

296

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, QUIGINI PULIGA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 881. Pietroburgo, 4 ottobre 1864, ore 16,35 (per. ore 3,30 del 5).

Votre dépeche chiffrée à d emi commençant par le mot reconvocation (4) a retardé jusqu'à présent par accident arrivé. L'absense du prince Gortschakoff et du Czar d'un còté, ne pas ~connaitre les ,termes exacts de ~la ~convention du 15 septembre d'un autre còté ne permet pas au Gouvernement Russe de s'en former

<4) Cfr. n. 278.

une idée bien arretée, on serait assez content que cette convention signifie un pas en avant vers Rome mais on craint qu'une alliance plus intime avec la France ne se rattache à la question de Ven~se et ne produise contrecoup en Pologne. Les finances Russes ne sont pas en état de soutenir une guerre. En résumé l'impression du moment est une méfiance vague. Je marche de concert avec le chargé d'affaires de France. Donnez-moi des instructions sur le langage quc je doi:s tenir.

(1) -Del 25 settembre, conservata anch'essa in AS Biella, Carte La Marmora. (2) -Cfr. n. 281. (3) -II telegramma fu trasmesso tramite il consolato a Ginevra.
297

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, ALL'ONOREVOLE MINGHETTI

(Ed. in MINGHETTI, p. 182)

L. p. Torino, 4 ottobre 1864.

Borromeo mi ha rimesso vostra lettera che, colla data di ieri, mi diriges~ da Bologna (1). Mi recai tosto da Lanza colla relazione di cui si tratta (2), firmata da tutti i passati Ministri e non dubito che oggi sarà stampata nella Gazzetta Ufficiale. Se non fu fatto prima, si è perchè non ero riuscito a parlare ai colleghi, occupatissimi sempre di questioni gravi ed urgenti.

La composizione del Ministero ha finito per riuscire assai meglio che io non sperava, in vista, massime, delle gravi difficoltà che trovammo in principio. Spero che avrete approvato la nostra dichiarazione.

Abbiamo ricevuto ieri per disteso la nota di Drouyn de Lhuys. Credo che non si poteva aspettare di più per parte del Governo francese, e confesso che. se avessi creduto che l'Imperatore intendeva spiegarsi così chiaro, mi sarei più facilmente rassicurato sugli inconvenienti che possono accadere nel fare eseguire la Convenzione.

298

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 71. Parigi, 4 ottobre 1864.

Ho domandato al Signor Drouyn de Lhuys informazioni intorno all'impres

sione prodotta sui principali Gabinetti esteri dalla notizia della convenzione del

15 settembre. Passo a rendere conto all'E.V. di quanto il Ministro Imperiale

degli Affari Esteri mi disse in proposito.

Il Governo Pontificio accolse la comunicazione fattagli dal Governo Fran

cese con molta riserva, si astenne dal pronunziarsi e pigliò tempo a riflettere.

Non si crede che la Corte di Roma esprima la sua opinione prima di aver conosciuto l'esito delle discussioni che avranno luogo nel Parlamento Italiano. Le Corti di Pietroburgo e di Berlino non ebbero finora occasione di pronunziarsi.

Dal Gabinetto di Londra non giunse nessuna comunicazione fino a ieri. Si crede però che l'Incaricato d'Affari Britannico abbia ricevuto dal Foreign Office dispacci dettati in un senso affatto approbativo.

Invece le Corti di Vienna e dJ Madrid si affrettarono a domandare spiegazioni al Governo francese.

Il Conte di Mtilinen, Incaricato d'Affari di Austria, in assenza del Principe di Metternich ricevette un dispaccio dal suo Governo di cui diede lettura al Signor Drouyn de Lhuys e che può riassumersi nel modo seguente: Il Gabinetto di Vienna non cela la meraviglia ,che la convenzione sia stata conchiusa, non solo senza partecipazione ma all'insaputa del Governo Austriaco e del Governo Pontificio. Si lagna che la questione Romana sia stata risolta senza il suo concorso e che ,colla convenzione si sia mutata la condizione politica e diplomatica dell'Italia. Il Signor Drouyn de Lhuys rispos,e a questa comunicazione: che la

convenzione è fatta pel ritiro delle truppe francesi da Roma, che quesrt:o ritiro poteva farsi senza l'intervento dell'Austria_. nello stesso modo che la spedizione era stata fatta all'infuori di essa, che la Francia non aveva quindi nessun obbligo di consultare il Gabinetto di Vienna, che il modo di procedere della Francia verso il Papa non deve interessare I'Austria; che del resto la convenzione ha per is,copo di assicurare il Papa da ogni aggre,ssione; che la convenzione risolve la questione dell'occupazione e non la questione Romana. la quale rimane ancora insoluta; che in altre dr,costanze la Francia aveva invitato l'Austria a concorrere, per risolvere la questione Romana, e che l'Austria aveva decUnato la proposta; che non :si può dire che la convenzione muti le condizioni politiche dell'Italia; che la Francia riconoscendo il Regno Italiano, riconobbe l'autorità del Re Vittorio Emanuele sulla Toscana e sulle altre provincie Italiane da Lui possedute. Tale è in sostanza la risposta del Signor Drouyn de Lhuys e finora nessun'altra comunicazione venne fatta da Vienna a Parigi. Non vi fu adunque nessuna formale protesta, come annunziò qualche giornale, ma è indubitato che la notizia della convenzione e massima quella del trasporto della capitale a Firenze fece a V1enna una profonda impressione. E non poteva essere altrimenti. Imperciocché la Convenzione del 15 settembre toglie all'Austria l'ultima speranza di veder ristabilita la dinastia di Lorena in Toscana ed a Modena.

Il Gabinetto di Madrid incaricò ugualmente l'Ambasciatore di Spagna a Parigi di domandare spiegazioni al Governo francese. Il Signor Drouyn de Lhuys le diede, espone::1do al Signor Istudtz il contenuto deMa convenzione. Il Signor Drouyn de Lhuys mi disse confidenzialmente, pregandomi del segreto, che egli aveva ragione di credere che il Governo spagnuolo avesse qualche intenzione di proporre al Gabinetto delle Tuileries una guarentigia collettiva della Francia, della Spagna e dell'Austria per assicurare al Papa il possesso delle attuali sue ·provincie. Aggiunse che aveva fatto comprendere al Signor Isturitz come una tale proposta verrebbe respinta dalla Francia, ,perché la Fil"ancia colla convenzione del 15 settembre aveva già ottenuto dall'Italia la guarentigia

che non aggredirebbe e non lascerebbe aggredire il territorio Pontificio, perché non potrebbe mettere in dubbio l'efficacia di questo impegno, perehé S. M. il Re d'Italia avrebbe ragione di offendel'si di un modo dd IP'l'OCedere quale sarebbe quello proposto dalla Spagna ed il Governo francese non intendeva fare un insulto gratuito ad una potenza vicina ed alleata, contrattando coll'Austria, aperta nemica dell'Italia.

Benché le parole dette dal Signor Drouyn de Lhuys ai rawresentanti d'Austria e di Spagna non siano forse improntate di tutta la vivacità con cui egli me le espose, tuttavia non posso mettere in dubbio che iJ. senso di esse sia quale me lo ha riferito. Penso perciò che il Governo dlel Re ha piuttosto ragione di essere soddisfatto del modo con cui fu risposto di qui a queste ,prime domande di spiegazioni.

(1) -Cfr. n. 293. (2) -Cfr. n. 243.
299

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 72. Parigi, 4 ottobre 1864.

A seconda delle istruzioni daill'E.V. impartitemi in data del 29 settembre (1) scorso, firmai ie11i in un col Signor Drouyn de Lhuys una dichiarazione interpretativa del protocollo del 15 settembre, in forza della quale il Governo Imperiale, all'oggetto di facilitare l'esecuzione della convenzione della stessa data, senza però alterarne le stipulazioni, consente a che lo spazio di sei mesi pel trasporto della capitale del Regno ItaLiano cominci dalla data dell'atto governativo che ordinerà il trasporto stesso. Il Governo Imperiale non ha creduto che si potesse accettare una dilazione maggiore senza alterare essenzialmente la convenzione. L'E. V. troverà qui unita la dichiarazione originale, di cui H Ministro Imperiale degli Affari Esteri serbò un duplicato.

ALLEGATO

DÉCLARATION

(Ed. in Atti del Parlamento Italiano, Session(' del 1863-1864, Docnmenti, vol. V, cit., p. 3646)

Aux termes de la Convention du 15 septembre 1864 et du protocole annexé, le délai pour la translation de la capitale du Royaume d'Italie avait été fixé à dater de la dite Convention, et l'évacuation des Etats Romains par les troupes françaises devait etre effectuée dans un terme de deux ans, à partir de la date du décret qui aurait ordonné la translation.

Les plénipotentiaires Italiens supposaient alors que cette mesure pourrait etre prise en vertu d'un décret qui serait rendu immédlatement par S.M. le Roi d'Italie. Dans cette hypothèse le point de départ des deux termes eùt été presque simultané, et le Gouvernement italien aurait eu, pour transférer sa capitale, les six mois jugés nécessaires.

Mais, d'un còté, le Cabinet de Turin a pensé qu'une mesure aussi importante

réclamerait le concours de3 Charnbres et la présentation d'une loi; de l'autre, le

changement du Ministère italien ·a fait ajourner du 5 au 24 octobre la réunion du

Parlement. Dans ces circonstances, le point de départ primitivement convenu ne

laisserait plus un délai suffisant r.:>our la trans!ation de la capitale.

Le Gouvernement de l'Empereur, désireux de se. préter à toute combinaison qui, sans altérer les arrangements du 15 Septembre, serait propre à en faciliter l'exécution, consent à ce que le délai de six mois pour la translation de la capitale de l'Italie commence, ainsi que le délai de deux ans pour l'évacuation du territoire pontificai, à la date du décret royal sanctionnant la loi qui va étre présentée au Parlement Italien.

Fait double à Paris le 3 octobre 1864.

NIGRA DROUYN DE LHUYS

(1) Cfr. n. 280.

300

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 73. Parigi, 4 ottobre 1864.

Mandai aii'E. V. ,per telegrafo (1) il testo intero del dispaccio del Signor Drouyn de Lhuys al Conte di Sartiges del 12 Settembre pubblicato nel Moniteur di jeri. Questa pubblicazione concerne affari per noi abbastanza gravi, perché io non abbia stimata soverchia ogni possibile diligenza hel fargliela conoscere, nella sua integrità, immediatamente.

Benché il dispaccio porti la data del 12 Setjtembre, esso fu redatto dorpo la firma della Convenzione, e non venne comunicato alla Corte di Roma prima del 2'0... L'E.V. può considerare questo dispaccio come il commentario della Convenzione per parte del Governo Francese. Dal linguaggio tenuto in questo documento si può altresl a·rgomentare quello che sarà tenuto al Senato e al Corpo Legislativo, sia dall'Imperatore, sia dai suoi Ministri. Risulta in sostanza da questo dispacc,io, come risulta dai discorsi tenutimi ,prima e dopo la Convenzione dall'Imperatore, dal Sigiilor Drouyn de Lhuys e dali. Signor Rouher, che domandando all'Italia l'impegno di non aggredire e di non lasciar aggredire il territorio Pontificio, non s'intende domandarle oiò che non avrebbe potuto accordare, cioè la rinunzia alle sue aspiraZii.oni nazionali, e alla speranza di una riconciliazione col Papa, quello che si volle ottenere e che si ottenne, si fu che l'Italia rinunziasse a perseguire colla forza la realizzazione dei suoi l(lrogetti.

Qui il dispaccio di Drouyn de Lhuys è favorevolmente giudicato dalla stampa liberale, mentre è vivamente attaccato dalla stampa cattolica. E in verità una cosi solenne requisitoria contro il Governo Pontificio firmata dal Signor Drouyn de Lhuys, ha un grave significato, la cui importanza e le cui conseguenze non potrebbero facilmente dissimularsi.

Il Governo dell'Imperatore è ora preoccupato delle discussioni che avranno luogo nel nostro Parlamento. Il Signor Drouyn de Lhuys e il Signor Rouher non mi celarono il loro timore che un'interpretazione esagerata, e dichiarazioni troppo assolute fatte nelle nostre Camere possano forza,re il Governo dell'Imperatore a fare dichiarazioni contrarie. Chiamo tutta la di Lei attenzione su questo

punto. E' importante per noi come per la Francia che la Convenzione sia interpretata secondo il senso naturale della sua redazione, cioè rinunzia ad ogni mezzo violento. Quanto alle aspi-razioni, a1la forza morale delle idee, aHe combinazioni future che possono nascere dalla nuova posizione fatta al Papa ed all'Italia, le parti contraenti non potevano e non dovevano preoccuparsene per ora.

(1) Il telegramma non è stato rinvenuto.

301

L'INCARICATO D'AFFARI A FRANCOFORTE, CENTURIONE, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 63. Francoforte, 4 ottobre 1864 (per. il 7).

Ho l'onore di segnare ricevuta all'E. V. del dispaccio che il Cavaliere Visconti Venosta diresse al 26 settembre a questa Lega2lione per informarla aver cessato di dirigere codesto Ministero dell'Estero, come pure quello dell'E. V. del 28 stesso mese con cui si degna notificare aver assunto l'esercizio delle alte funzioni che piacque alla Maestà Sua di affidarLe. Sebbene non sia per me che provvisorio l'onorevole incarico di reggere questa Legazione, mi stimo sommamtmte fortunato di potere, in tale circostanza, assicurare all'E. V. che nulla tralascerò per meritarmi la di Lei fiducia e dimostrarLe, con tutto il zelo di cui sono capace, quanto mi sta a cuore il bene inseparabile del Re e della Patria.

Confermando quest'oggi quanto ebbi l'onore di asserire col mio telegramma d'ieri sera (1), mi reco a premura lo informare J.'E.V. che ogni dì più si manifesta l'inquietudine dell'Austria relativamente alla Convenzione del 15 settembre. Il dissapore che si manifestava già da qualche tempo fra i Gabinetti di Vienna e di Berlino, va aumentando a tal punto, che lo stesso Ministro Prussiano, qui residente, non nasconde la soddisfazione grandissima che nutre il suo Governo vedendo l'Austria nell'imbarazzante posizione in cui si trova attualmente, posizione di cui il Signor di Bismarck intende giovarsi per far trionfare la sua politica in Germania, liberandosi così di una incomoda alleata che ad ogni istante poneva inciampi ai suoi progetti. La Russia stessa sembra ben decisa a non immischiarsi, in niun caso, alla politica europea e concentrare tutti i suoi sforzi onde sistemare e migliorare l'interno del suo Impero. In tal modo svaniscono, a poco a poco, le illusioni di Santa Alleél.nza che il Conte di Rechberg si era fatto in seguito dei coHoqui di Kissingen, di Carlsbad e di Vienna. Infine il ritrovo dei Sovrani di Francia, di Russia e di Prussia che fra breve, dicesi, avrà luogo a Baden, viene per lo appunto a fornire una prova maggiore dell'isolamento in cui oggi si trova l'Austria. Ecco la causa delle sue agitazioni, dei suoi timori per l'avvenire, giacché vedendo terminata, coll'ultimo accordo, la questione di Roma capisce che quella di Venezia rimarrà più minacciosa di prima.

La missione di Lord Clarendon, sebbene ravvolta nel più grande mistero,

sembra però non abbia avuto un esito felice in ciò che riguarda la cessione della

Venezia all'Italia. Secondo l'opinione che qui domina, l'Austria non si deciderà

mai a cedere pacificamente un paese che tutti sono d'accordo però nel riguardare come una causa di debolezza non solo ma di rovina per essa.

A più ampia spiegazione di quanto già dissi sull'impressione qui fatta dalla Convenzione del 15 settembre, fa d'uopo che aggiunga che se essa fu favorevolmente accolta dal partito liberale, dai ;protestanti che qui in maggioranza dominano (i quali con quella oredono vedere la fine del potere temporale del Papa), tutti però sono d'avviso che alla determinazione presa dal Governo del Re di

.cambiare la Capitale vi sia annessa la probabilità di una prossima guerra. Trasmettendo qui unito all'E.V. un documento cifrato... (1).

(1)

(1) Cfr. n. 291.

302

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

L. R. CONFIDENZIALE.

Sabato, appena giunto a Parigi, mi recai dal Signor Drouyn de Lhuys ed

·ebbi con lui una conferenza di due ore. Non devo cela·rle che trovai il Ministro. imperiale degli Affari Esteri in disposizioni poco favorevoli. I fatti di Torino, il cambiamento di Ministero, le voci corse che il nuovo Gabinetto intendesse ritardare l'eseguimento della Convenzione, avevano prodotto una cattiva impressione sull'animo del Signor Drouyn de Lhuys, e come seppi poi dal Signor Rouher e da altri, anche sull'animo dell'Imperatore. Alle prime rparole da me dette per ispiegare la domanda che io era incarica1to di fare per ottenere un'interpretazione del protocollo che fosse conforme allo spirito vero della Convenzione, il Signor Drouyn de Lhuys mi rispose recisamente essere intendimento irrevocabile dell'Imperatore di non accogliere nessuna proposta di mutazione. Pregai il Signor Drouyn de Lhuys di sospendere per un momento il suo giudizio e di ascoltarmi colla calma richiesta per l'esame di una questione troppo importante perchè potesse essere risolta senza matura riflessione. Quindi mi misi anzitutto ad esporre la storia dolorosa dei fatti di Torino; ridussi gli eventi alla loro vera proporzione, spogliandoli di quanto era stato aggiunto dall'esagerazione, e dalla malevolenza dei partiti; ne spiegai le ragioni, e insistetti più specialmente sul vero carattere della cdsi ministertale, dichiarando che essa era stata prodotta da consideraz,ioni urgenti d'umanità, e di prudenza, e non già dalla :pressione della piazza, o daWintendimento di recedere dai ;patti stipulati colla Francia, e di mutare l'andamento politico del Governo. Dichiarai che il nuovo Ministero aveva accettato l'arduo suo compito, ben risolto a mantenere la Convenzione; che ove si fosse trattato di ;rinunziare a questa stipulazione, nè Ella, nè i suoi colleghi non avrebbero acconsentito ad entrare nei consigli del Re; nè il Re stesso l'avrebbe voluto; nè io savei stato in quel momento nella sala del Ministero degli Affari Esteri di Francia per pa.rlal1gli di queSlte cose. Dissi adunque che il nuovo Ministero non gli domandava di mutare nessuna

delle clausoie essenziali del trattato; che si limitava a domandare che l'esecu-zione del trattato stesso non gli si rendesse impossibile. Feci osservare che il passo che io stava facendo doveva anzi ,persuaderlo della lealtà delle nostre· intenzioni; giacchè si è appunto per non violare, non dirò lo spirito, ma neanche· la lettera del trattato, che noi domandavamo di esso un'equa interpretazione. Ridivenuto più calmo, il Signor Drouyn de Lhuys mi domandò di formolare la nostra domanda. Chiesi, a tenore delle istruzioni che il Governo del Re avesse uno spazio di nove mesi per effettuare il trasporto della Capitale, e che questo spazio contasse dal giorno dell'atto governativo che avrebbe decretato il trasporto, nulla innovando intorno al termine stabilito per l'evacuazione del territorio pontHìcio. Il Signor Drouyn de Lhuys mi rispose di nuovo che io domandava cosa affatto impossdbile; che l'Imperatore, informato, o prevedendo che· io veniva a fare una tale richiesta, si era con lui pronunziato nel senso d'un reciso rifiuto. E ricominciò a dire della difficile posizione in cui le indiscrezioni della nostra stalll!pa avevano meìsso il Governo :lirancese verso il Papa e verso altri Governi e aggiunse nuove rec11iminazioni sui fatti recenti. Vista l'impossibilità d'ottenere una risposta più favorevole su questo punto, mi ripiegai sul primo punto delle Jstruzioni, e domandai che almeno invece di nove mesi dal decreto, lo spazio .pel trasporto della capitale fosse fissato in sei mesi dal decreto· stesso, e quando dico decreto intendo l'atto governativo che ordina il trasporto. Ma soggiunsi, che siccome questa domanda era non solo ragionevole ed equa. ma che anzi era conforme alla sola possibile interpretazione del protocollo, io· faceva della sua acceJttazione una condizione capitale, e domandava di appellarne direttamente al buon senso dell'Imperatore. Pregai perciò il Signor Drouyn de Lhuys di rifletterei seriamente, e di domandare per me una udienza dell'Imperatore, al quale io intendeva di deferire il giudizio della questione. In fin dei conti, diss'io, il Governo Francese ha un interesse pari al nostro a che la Convenzione possa eseguirsi senza inconvenienti; Jmporta a lui come a noi che Ja discussione sul trattato si faccia :pacatamente a Tò-rino; importa più a lui che a noi che il mondo si convinca che in Italia si sanno l'iispettare i trattati e gli impegni presi; è poi utilissimo ad entrambi che la città di Torino sia tolta all'influenza del partito d'azione; del resto ogni mente imparziale e ragionevole deve trovar naturale che si usi ogni possibile temperamento per rendere minore la lesione dei gravi e numerosi interessi che si trovano repentinamente compromessi dalla Convenzione del 15 Settembre.

Questo 'linguag;gio fece impressione sull'animo del Signor Drouyn de Lhuys.. Mi disse che avrebbe domandato per me un'udienza dell'Imperatore, e che aV1rebbe esposto intanto a S. M. quanto io gli aveva detto.

Io lo pregai allo;ra di mettere per iscritto le cose principali, affinché non le dimenticasse; e diffatti scrisse egli sotto i miei occhi alcune note sommarie· e promisemi di andare l'indomani a St. Cloud.

Prima di lasciare il Si,gno,r Drouyn de Lhuys, gli domandai se non vedeva inconvenienti a che, nella pubblicazione, quando si facesse, s,i omettesse la designazione di secreto data al protocollo. Anche su ciò mi promise di consultarel'Imperatore.

Ieri. il Signor Drouyn de Lhuys mi pregò di passare da lui. Mi disse che l'Imperatore a cui aveva fedelmente esposto le mie considerazioni, conveniva alla domanda ,perché i sei mesi cominciassero da'l decreto, e mi lesse una dichiarazione, concepita in questo senso, da esso formulata dietro le istruzionri dell'Imperatore stesso, e so.ggiunse che questa era veramente l'ultima parola di

S. M. Benché la redazione di questo documento non mi soddisfacesse pienamente, tuttavia, il punto importante essendo per esso ottenuto, stimai necessario il non sollevare ulte!'iori difficoltà ìe quali aV1rebbero forse troncato ogni negoziazione, e valendomi della facoltà datami dalle di Lei istruzioni, firmai la dichiarazione, che ho l'onor·e di trasmetter·le in originale (1). L'Imperatore ha pure concesso che nella pubblicazione si ometta la parola secreto aggiunta al protocollo. Il Signor Drouyn de Lhuys mi disse pure che l'Imperatore mi avrebbe ricevuto in questi giorni. Benché la questione principale rimanga risolta, tuttavia tale udienza non sarà inutile per di:ssipare la cattiva impressione nella quale so che l'Imperatore si trova. Se però devo giudicare dal miglior viso fattomi jeri da Drouyn de Lhuys, ho ragione di credere che le nubi cominciano a dira~ darsi, e che fra breve scompariranno affatto di mano in mano che la verità andrà meglio conoscendosi.

Ho fiducia ch'Ella vorrà approvare il mio operato.

P. S. -Il Comm. Rattazzi parte oggi da Parigi per Torino.

(1) Non pubblicato: probabilità di un nuovo movimento rivoluzionario in Polonia.

303

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI FRANCESE, DROUYN DE LHUYS

(AP)

L. P. Bologna, 4 ottobre 1864.

Je viens de lire dans les journaux français que V. E. s'était plaint qu'on n'avait pas gardé le secret à Turin sur le traité que les Plénipotentiaires signataires du 15 Septèmbre s'étaient mutuellement engagés à conserver.

Je dois décUrier la responsabilité de cette indi:scrétion qui a eu de si tristes résultats à Turin. Le journal l'Opinione annonçait le soir meme de mon arrrivée la signature du traité.

C'est un haut fonctionnaire Piémontais qui a trahi le Ministère, et j'ai été le matin témolin de l'indignation que tous les Ministres ont laissé éclater. Je vous devais, M. le Mtnistre, une déclaration fmnche et catégorique à ce sujet.

J'attends a présent avec impatience le texte de votre note à M. de Sartiges que le télégraphe nous a sLgnalé hier soo·r.

J'ai ·constaté avec satisfadion que vous y avez inséré la ,phrase renonce à. poursuivre par la force, que vous avez eu la bonté de concerter avec moi à Paris. L'opinion publique a été bien satisfali.te de voir le Cahinet français faire

une déclaration aussi nette et aussi franche en faveur du principe de la non-

intervention.

C'est piacer la question Romaine sur sa véritable base. Qui je veux bien

accorder au journal la Fmnce que désormais le Roi d'Italie sera la factionnaire

du Gouvernement papale, mais, à une condition, qu'il soit dans le meme temps

le factionnaire du peuple romain.

On parle aussi vaguement d'une circulaire que vous avez adressée aux

Agents français à l'étranger.

Les adversaires du traité se flattent de trouver dans ce nouveau document

des phrases qui puissent justifier les alarmes qu'ils ont indignement répandues

en Italie.

Pour l'Italie, comme pour la France, le traité ne dit que ce qu'il y est écrit il ne ,contient d'autres renonciations, d'autres promesses que les renonciations et les promesses qu'y sont écrites. Pour mon compte, je répéterai au Parlement ce que j'ai eu l'honneur de vous répéter plusieurs fois. La politique de l'Italie doit désormais consacrer ses efforts à maintenir rinviolable le principe de la non-intervention. Elle doit s'efforcer d'amener, avec des moyens moraux, une réconciliation entre la Papauté et l'Italie sur les bases lib1·e Eglise en libre Etat.

(1) Cfr. n. 299.

304

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, GAMBAROTTA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 883. Tunisi, 5 ottobre 1864 (per. ore 15,30 del 6) (1).

La tranquillité se rétablit peu à peu presque partout. Contreamiral anglais est parti avec son vaisseau pour Suse et Sfax au grand étonnement du Consul de France. Je suis d'accord avec les consuls français et anglais sur la manière d'initier la question des créances enver,s les princes sur la base des instructions du ministère. Toutes les autres affaires très anciennes à l'exception des affaires de Debasch et Scordino ont été terminées par moi facilement.

305

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, RATI OPIZZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 2. Be1·Zino, 5 ottobre 1864 (per. il 9).

Aujourd'hui s'est présentée une occasion favorable pour m'entretenir avec

M. de Thile. J'ai complimenté ce Sous-SecrétaiTe d'Etat sur les avantages que le Cabinet Prussien venait d'obtenir par él.a reconstitution du Zollverein et par

la victoire qu'il avait remporté sur les résistances des Gouvernements Allemands hostiles à la Convention Franco-Prussienne. Comme M. de Thile m'observait que cette résistance avait été très tenace et qu'il avait presque déséspéré d'un succès, je lui ai xépliqué que, quant à moi, je n'avais pas partagé ces craintes, car j'étais sur que la fermeté de M. de Bismarck dans les engagements pris avec la France, aurait fait comprendre aux hommes d'Etat du Wilrtemberg et de la Bavière qu'on ne peut pas faire de la politique aux dépens des intérets matériels des pays qu'on gouverne. En méme temps je lui ai fait remarquer que cette victoire de la Prusse donnait à M. de Bismarck pleine liberté d'action pour les autres traités commerciaux qui n'attendaient plus que la signature. M. de Thile me comprit, et il m'a répondu qu'ìl venait précisément de recevoir une lettre de M. de Bismarck dans laquelle ce Ministre Président lui mandait qu'il considérait de l'intérèt moral et matériel de la Prusse la signature et la réalisation du traité commercia! avec l'Italie (1). Je lui ai demandé alon quand M. de Bismar•ck serait de retour, et il m'a répondu qu'à moins d'événements imprévus, ce Ministre comptait se rendre de Baden à Biarritz où il resterait jusqu'à la fin de ce mois. C'est ce que je mandais à V. E. dans ma dép€::he N. 14 S.P. (2).

Jc m'empresse de porter cet entretien à la connaissance de V. E., afin aussi qu'Elle veuille bien en faire part à M. le Comte de Launay, que je suppose à Turin, quoique je n'aie eu de lui qu'une seule lettre le 22 du mo.i.s dernier en date de Ziirich.

Dans la suite de mon entretien avec M. de Thile, j'ai amené indirectement le discours sur les derniers événements de l'Italie. Naturellement cette seconde partie de notre entretien a trainé sur un terrain très vague, et n'avait pas de tJOrtée. La seule impression que j'ai pù sur,prendre dans M. de Thile, comme dominante à présent le Cabinet Prussien à l'égard de la Convention du 15 Septembre. c'est une impression d'une très forte curiosité d'en connaitre le texte. C'était ce que je prévoyais. La curiosité du Cabinet Prussien serait d'autant plus piquée que M. de Thile m'a paru soupçonner que le texte en soit aussi bien ignoré à Vienne qu'au Vatican.

Pour le moment si la Prusse fait mine de vouloir se passer de nous, nous agissons dignement et habilement en lui rendant la pareille. Et sous ce rapport la présence d'un simple Chargé d'affaires à Berlin est parfaitement indio.uée par les circonstances. D'ailleurs quellespourraient ètre, dans !es conjonctures actuelles, mes relations avec M. de Bismark qui doit se sentir vis-à-vis de moi dans l'embarras d'une personne qui a manqué à sa parole et qui pourrait se l'entendre reprocher? •

(1) Il telegramma venne trasmesso da Cagliari il 6 ottobre alle ore 13,10.

(1) Cfr. quanto scriveva de Launay in una J.p. a Visconti Venosta, datata Zurigo.24 settembre (AVV): • D'après !es lettres que je reçois du Comte Rati, rien de nouveau pour notre protocole commercial. Tout en vortant sur la conduite de M. de Bismark un jugementqui ne saurait étre trop sévère, je ne m'en préoccupe pas outre mesure. Le jour viendlrt1 tòt ou tard où l'intimité austro-prussienne aura peine à se maintenir en présence des intérèts divergents des deux Puissances.

(2) Non pubblicato.

306

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA,

AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 403. Torino, 6 ottobre 1864, ore 8,45.

Comte Boyl arrivé. Baron Malaret nous a parlé hier de la publication immédiate des trois documentls, ce qui n'a pas manqué de nous embarrasser. Putsque le Gouvernement français en a pris la déterm:ination il faudra le faire aussi de notre còté.

307

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 4040. Torino, 6 ottobre 1864, ore 17.

Dites-mois si le Moniteur d'aujourd'hui publie Convention ou quand il la publiera.

308

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 885. Parigi, 6 ottobre 1864, ore 22,25 (per. ore 23).

Le Moniteur d'aujourd'hui ne publie pas la Convention mais elle doit étre publiée incessamment. Si elle ne sera publiée demain j'irai dans la matinée m'en informer chez Drouyn de Lhuys et je vous télégraphierai.

309

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, RATI OPIZZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 3. Berlino, 6 ottobre 1864 (per. il 10).

Dans l'intervalle de ces jours, ainsi que je l'éorivais à V.E. dans ma lettre particulière en date du 4, j'ai pu me procurer des renseignements sur les sentiments du Cabinet de Vienne, soit à l'égard de ses rapports avec celui de Berlin, soit à l'égard de la .position qu'il compte prendre en face des événements d'Italie.

Ses rapports avec le Cabinet de Berlin sont tels que je le mandais dans

m.a dépeche confidentielle N.I (1) et dans le dernier paragraphe de ma dépéche

S.P. n. 15 (2). L'Autriche sent la nécessité du concours de la Prusse. A cet effet elle a fait des concessions sur le terrain Allemand, concessions qu'à d'autres éipoques, elle n'aurait jamais faites. Cependant tandis que ces concessions froissaient d'une part le Cabinet Autrichien qui devait les faire, d'autre part elles ne contentaient pas le Cabinet Prussien. à qui elles étaient faites. Dans la question des Duchés l'Autriche enraya ·le mouvement pollitique de la Prusse, et à son tour celle-ci, à propos de la convention commerciale Française et de l'adhésion des Etats Allemands au nouveau Zollverein, a provoqué des crises ministérielles qui ont renversé dans le Wurtemberg et en Bavière les hommes favorables à l'Autriche.

Dans cet état de choses, j'ai tàché de savoir ce que feraient l'Autriche et

la Prusse en face de la Convention du 15 Septembre.

Naturellement l'Autriche en est très irritée et très inquiète.

A ne prendre de cet acte que la portée littérale, la convention du 15 Septembre est une reconnaissance légale de l'agrandi:ssement territorial du Royaume d'Italie, dans lequel il y aurait encore deux enclaves, tolerées, pour ainsi dire, ad tempus, Rome et Venise. Or, la Maison d'Autriche et meme la totalité des hommes d'état de cet empire n'ont renoncé à aucune !)["étention sur la Péninsule. Néanmoins peu sùre de la Prusse et de la Russie, à présent l'Autriche ne fera pas un pas, elle ne protestera meme pas, car très probablement une· protestation serait la guerre. L'Autriche attendra. Le raisonnement fina! de l'Empereur François-Joseph esrt le suivant • J'ai un quart de siècle de moins que Napoléon, l'avenir est à moi •. Je ne pense pas me tromper dans ce que j'écri.s.

Cette position de l'Autriche donne à la Prusse l'avantage de l'option. Cependant cet avantage est à présent envisagé ici non seulement avec embarras. mais meme avec dépit. Pour qui optera M. de Bismark? Si des événements imprévus n'arrivent .pas, il serait possible que ce Minisbre finisse par faire de la politique frança.ise. Dans ce moment. M. de Bismark est mal à Vienne et à Paris, et un Ministre Prussien ne peut pas etre mal à la fois avec ces deux Cabinets.Ainsi comme il pourrait se faire qu'on en vint ici plus tard à avoir plus besoin de la France que die l'Autriche, si le Gouvernement Français n'y met pas de la mauvaise volonté, M. de Bismark optera pour Paris.

Tels au moins sont les raisonnements qu'on se fait à Vienne et telles sont les craintes qui planent maintenant dans le Cabinet du Conte de Rechberg.

Par conséquent la convention commerciale qui doit plus tard entrer en vigueur entre la F:rance et le Zollverein pourrait etre dans 1es mains du Cabinet Français un moyen puissant pour péser plus tard sur M. de Bismark à l'égard de notre convention -commerciale avec la P·russe. Mais il faudrait avant tout que ce Cabinet ni le pres-se ni le pouss.e trop tòt. Une fois que les ratification.s de leur traité entre la France et le Zollverein seront échangées. M. de Bismarck aura alors seulement tout-à-fait les mains libres à l'égard de l'Allemagne. Cet

échange des ratifications avec la France ne pourra avoir lieu, à ce qu'on dit, que vers la fin du mois prochain. Une fois que M. de Bismark aura ainsl lié les Etats Allemands, la Convention Italienne qui, si connue maintenant avant l'échange des tratifications avec la France, ne manquerait pas d'épouvanter une bonne partie des Etats Allemands, sera alors reçue par les memes comme une conséquence naturelle de la première. La France alors pourrait meme en faire sentir la nécessité.

Je pense que de la signature du traité commerciai avec l'Italie à la reconnaissance du Royaume, rla distance ne sera rpas très grande. Les crilses ministérielles qui ont eu lieu maintenant ont porté au pouvoir des hommes moins liges à l'Autriche, 'et pour le Wilrtemberg et la Bavière le mouvement commerciai est bien plus considérable vers l'Italie que vers l'Autriche.

P.S. Plusieurs lettres sont arvivées à l'adresse du Comte et de la Comtesse De Launay. Comme je suppose que mon chef soit à Turin, je prends la libert~ de les joindre id et de prier V.E. de vouloir bien lui faire tenir rl'enveloppe qui les renferme.

(1) -Cfr. n. 245. (2) -Non pubblicato.
310

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in Carteggi Nigra, pp. 76-78)

L. P. Parigi, 6 ottob1'e 1864.

Ebbi oggi un'udienza dell'Imperatore a St. Cloud. Gli dissi che venivo a portargli personalmente spiegazioni sul passato ed assicurazioni sull'avvenire. Spiegai gli ultimi fatti, e massime la necessità del cambiamento di Gabinetto. dovuta in ~gran parte a ragioni personali e a ragioni d'umanità, anziché a ragioni politiche. Insistei su questo punto perché l'Imperatore non mi celò che il cambiamento di Ministero gli aveva fatto cattiva impressione, e mi rammentò la conversaz,ione che aveva avuto con Lei. Allora gli dissi che Ella m'aveva dato incarico di fargli sapere che aveva per abitudine di rappresentarsi le difficoltà prima di assumere un'impresa, ma che una volta risoluto ad assumerla. l'assumeva con decisione, con lealtà e con fermezza; che quindi avendo accettato il Ministero, l'aveva accettato colla condizione di mantenere il trattato, e che era ben risolto a mantenerlo e a farlo eseguire. Queste assicurazioni furono accolte con piacere dall'Imperatore, e fui incaricato di dirglielo. Non istò a ripeterle la narrazione che io feci all'Imperatore di quanto accadde a Torino. Esposi i fatti nella loro verità e diedi loro la significazione che hanno, spogliancloli d'ogni esagerazione e d'ogni cattiva interpretazione. Dissi che Torino era calma. Ma dissi pure che naturalmente non si poteva sperare che il malcontento avesse cessato, poiché esso aveva fondamento in ragioni di loro natura persistenti, cioè negli inter~essi lesi. Però conchiusl che il nuovo Ministero credeva che l'ordine non sarebbe più turbato, e che la discussione avrebbe potuto aver luogo, senza torbidi, nel Parlamento. L'Imperatore mi raccomandò ancora la

moderazione durante la discussione. Egli vorrebbe che il Ministero non dices~c chiaramente alla Camera che H trasporto della Capitale a Firenze non è che una tappa per andare a Roma. Risposi che il Ministero probabilmente avrebbe dichiarato alla Camera che l'Italia aveva preso l'impegno di rinunziare ad ogni mezzo violento e che l'avrebbe mantenuto lealmente; ma che le combinazioni future, l'influenza e il co~so progressivo delle idee, erano cose sulle quali nessun impegno poteva essere preso né tenuto; che la Francia non poteva domandarci e non ci aveva domandato di rinunziare alle nostre speranze e alle nostre aspirazioni, bastandole di aver ottenuto che noi rinunziassimo ad aggredire e a lasciar aggredke il territorio pontifi,cio etc. Del resto pur troppo, rper quanta abilità di frasi si .possa impiegare dall'una parte e dall'altra, è evidente che l'interpretazione che sarà data dalla Francia tenderà ad assicurare il partito cattolico contro l'eventuaHtà che l'Italia vada a Roma, mentre l'intel1Pretazione che sarà data da noi tenderà necessariamente a non escludere questa eventualità. Ogni dichiarazione assoluta in un senso o nell'altro sarà egualmente dannosa.

Il Principe Umberto parte stasera per Torino per la via di Marsiglia. Revel Le esporrà ogni cosa concernente questo vaggio. A me basta il constatare che qui S.A.R. fu ricevuta con estrema gentilezza e con vera cordialità, e lasciò ottima impressione.

L'Imperat.rice è giunta jeri sera a St. Cloud. È imminente una nomina di nuovi Senatori. Sono fra i candidati l'Arcivescovo di Parigi, il Conte Nieuwekerke ed altri. V'è anche sulla lista il Signor St. Beuve; ma questa candidatura non pare ancora definitiva fino ad oggi.

Dica a Sella che la situazione monetaria, benché continui a migliorare a Londra, va ag,gravandosi a Parigi. Si dice che dopo l'ultimo bilancio l'incasso della banca di Francia abbia diminuito di circa dieci milioni.

Ho nuovamente domandato all'Imperatore quale fosse il contegno dell'Au

stria in presenza della convenzione del 15 settembre. Mi rispose che aveva fatto

osservaz,ioni nel senso da me indicatole in precedente dispaccio, ma che non

aveva protestato, e che non c'era nulla da temere da questo lato. La sola cosa

possibile, disse l'Imperatore, si è che il Papa domandi o faccia domandare da

qualche potenza cattolica una guarentigia collettiva dei suoi Stati attuali. Ma

mi disse che egli non avrebbe consentito ad entrare in quest'ordine d'idee, e che

il suo rifiuto avrebbe bastato ad impedire ogni combinazione di questo genere.

311

IL PRINCIPE NAPOLEONE AL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI

(AP)

L. P. Parigi, 6 ottobre 1864.

Je réponds à vos deux dernières lettres du 23 et 27 Septembre (1) que j'ai reçues à ma campagne, eu Suisse. Je suis revenu à Paris pour y vok mon beaufrère qui ·part ce soir pour Turin. Nigra m'a mis au courant de la situation à

Turin, elle se calme. Les anciens Ministres ont été imprévoyants, la Municipalité les a trahi et entourage général peut-ètre aussi, les dispositions militaires absurdes. L'effet de la convention est énorme chez vous et dans toute l'Italie, à ce que je vois elle est acclamée vous aurez un beau ròle et surmonterez les calomnies momentanées dont on vous accable. Le jour de la réparation pour vous ne tardera pas à venir; au fond vous devez ètre satisfait. C'est le plus grand pas fait en Italie depuis la guerre et les annexions!

L'Empereur est de bonne humeur, mais imposs.ible de vous figurer la rage des cléricaux et réactionnaires. J'espère que Rome va se fàcher et faire quelques sottises. J'attends avec impatience la réunion du Parlement italien et les explications. Etes-vous nommé Député?

P.S. Ete.s-vous satisfait de la note de Drouyn de Lhuys à Rome?

(1) Non pubblicate.

312

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 886. Parigi, 7 ottobre 1864, ore 8,15 (per. ore 10).

Moniteur d'aujourd'hui publie convention protocole et déclaration ainsi que la dépèche à M. de Malaret du 23 septembre (1).

313

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 891. Costantinopoli, 7 ottobre 1864, ore 10,15 (per. ore 20,20).

Le chargé d'affakes d'Angleterre m'a dit que lord Russell lui a ordonné d'ex.primer à Aali pacha son vif mécontentement pour avoir exclus le représentant italien de la question du Liban et de me cornmuniquer les pièces concernant cette question accompagnées d'un exposé historique des négociations relatives (2).

314

IL MINISTRO A BERNA, JOCTEAU, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 18. Berna, 7 ottobre 1864 (per. il 9).

J'ai reçu la Circulaire confidentielle de Cabinet que V.E. m'a fait l'honneur de m'adresser, en date du 2 de ce mois (3), et je m'empresse de lui offrir tous

pascià comunicato ufficialmente i documenti riguardanti la questione del Libano. (31 Cfr. n. 286.

mes remerciments ,pour les éclaircis.sements qu'elle contient sur le caractère de la Convention du 15 Septembre comme sw-les moti-fs qui ont décidé le Gouvernement de S.M. à souscrire et le Ministère présidé par V.E. à accepter les stipulations qu'elle renferme et le projet de transférer, à Florence, •le siège du Gouvernement.

Ces exp1icationls si claires et si précises sur le véritable sens de stipulations qui ont été si diversement interpréteés, en Suisse, comme ailleurs, me mettront à méme de rectifier les fausses suppositions aux quelles elles ont donné lieu, et je les utiUsera,i, dans la mesure et avec la réserve ·convenables, pour mieux faire comprendre la portée réelle de ces accords.

Au premier moment, on n'a awrécié cette Convention que sous le point de vue des avantages qu'elle promettait à l'avenir de l'Italie. Elle a ensuite été considérée sous l'aspect des complications Européennes qui pourraient en surgir. Le bruit répandu que l'Empereur Napoléon deva.it adresser incessamment, aux Grandes Puissan·ces, la proposition d'un désarmement général, à trouvé quelque créance da;:s ce pays, mais l'on a rappelé, à cette occasion, qu'avant la guerre de 1859 une proposition à .peu près identique avait été faite aux di.verses Cours de l'Europe, et l'on a tiré de ce rapprochement une conclusion peu favorable au maintien actuel de la paix. On a supposé qu'une ·guerre aurait pour but de déposséder l'Autriche de la Vénétie et l'on s'est demandé avec inquiétude quel prix l'Empereur mettrait au concours qu'il préterait à l'Italie. Les assurances qu'en maintes oc·casiom les hommes d'état Italiens les plus haut placés ava.ient données, n'éloignaient pas entièrement la crainte de voir la France ajouter de nouveaux teocitoires à l'Empire. Vous savez, M. le Ministre, combien, en Suisse, on est accessible à cette appréheiliSion, surlout depuis la cession de la Savoie, et vous y trouverez la source des préoccupations qui s'y ront manifestées dans la conjoncture actuelle. EUes semblent toutefois s'amoindrir, sur-· tout depuis que l'attention publique a été appelée, à la fois, sur la relation dont le Ministère Italien précédent avait accompagné la iPfOposition de convocation du Parlement, et sur la remarquable dépéche adressée, à l'Ambassadeur de France, par M. Drouyn de Lhuys, dans laquel1e on veut trouver exclusivement l'expression de la pensée et de la volonté de l'Empereur. Ce revirement deviendra vraisemblablement IPlus manifeste encore, à mesure que l'opinion sera mieux éclairée sur le véritable sens de la Convention du 15 septembre, et je me ferai, dans tous les cas, un devoir d'informer V.E. des fluctuations qu'elle subi:ra (1).

(1) Il dispaccio di Drouyn de Lhuys a Malaret del 23 settembre è edito in Les origines diplomatiques de la guerre 1870-1871, vol. IV, cit., pp. 153-156.

(2) Con rapporto del 5 ottobre, ed in LV 8, p. 339, Greppi aveva riferito avergli Alì

(1) Con R. 35 del 18 ottobre Jocteau comunicò • les inquiétudes qui s'étaient manifestées, en Suisse, au sujet de prétendues cessions de territoires, se sont, comme je l'avais prévupresqu'entièrement dissipées, depuis la publication des accords stipulés entre l'Italie et la1 France pour l'évacuation de Rome •.

315

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 25. Baden, 8 ottobre 1864 (per. l'11).

M. de Roggenbach se trouvant à Baden, j'ai cru pouvoir communiquer hier soir verbalement à ce Ministre la Circulaire Confidentielle que je venais de recevoir (1). S. E. me renouvela les témoignages de sa satisfaction au sujet du Traité et de se-s conséquences, au point de vue ltalien. A son avis l'attitude prise par le reste de l'ltalie, après les déplorables faits de Turin, ne .peut que faciliter la tàche difficile du Gouvernement du Roi pour l'application du Traité et les conséquences qui en découlent.

J"'ai demandé avant tout au Ministre Badois s'il envisageait de la meme manière le traité au point de vue Allemand • Oui, me répondit-il, car il est dans notre intéret à mon avis comme dans le votre, que l'ltalie se consolide et s'organise afin d'offrir au besoin un point d'appui solide et fort en Europe, ce qui est toujours la première condition de bonnes alliances •.

J'ai aussi demandé au Baron si d'après ses renseignements officiels et particuliers il pouvait me dire l'effet produit à Vienne et à Berlin par le Traité Franco-ltalien.

• Je l'ignare entièrement du còté de la Prusse, m'a-t-il répondu, car pour se prononcer on attend probablement d'en connaitre le texte et le développement, et soit à la Cour de Prusse qui est ici, soit M. de Bismark qui y était ces ~ours-ci on m'a demandé en vain si j'avais des renseignements à fournir à ce sujet. Mais quant à l'Autriche mes informations me signalent que la nouvelle a produit à Vienne la plus grande confusion et meme ,consternation (sic) •.

J'ai déjà eu I'honneur d'informer le Gouvernement du Roi par mes récentes dépeches confidentielles et télégraphiques des sentimens exprimés à prima facie sur le traité par le Grand Due personnellement et par son habile Ministre, et je me plais à constater actuellement les assurances que à plusieurs reprises j'ai eu occasion de réitérer au prédécesseur de V. E., à savoir, que nous sommes ici sur un terrain ami, et que méme la politique Allemande de M. de Roggenbach est favorable à l'Italie.

L'Impératrice des Français arrivée ici mardi matin est repartie le lendemain pour Paris, ainsi que le Comte de Goltz et M. de Bismark qui se rend à Biarritz, tous deux arrivés à Baden avant S.M.I.

La visite à Darmstadt entre les deux Impératrices n'a pas eu lieu. Par contre des témoins oculaires m'ont assuré que !es visitcs ici entre l'Impératrice Eugenie et les Cours de Prusse et de Bade ont été très-cordiales. J'ai eu l'honneur de présenter mes hommages à S.M.I. à un cercle de Cour.

L'Impératrice de Russie se rendra dans une huitaine directement à Nice accompagnée par l'Empereur Alexandre. Il se peut que les difficultés que j'ai slgnalées dans ma dernière lettre particulière soient aplanies pendant le séjour à Nice, et l'on continue à travailler dans ce sens.

(1) Cfr. n. 286.

316

L'INCARICATO D'AFFARI AD AMBURGO, GALATERI DI GENOLA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 24. Amburgo, 9 ottobre 1864 (per. il 15).

Ho l'onore di segnar ricevuta degli ossequiati dispacci che V. E. mi ha diretto sotto le date 27 settembre, n. 5 Gabinetto e 2 corrente Gabinetto Confidenziale (1).

Mi varrò degli schiarimenti, di cui l'E. V. mi ha favorito col secondo dei sovraccenati dispacei pe'r illuminare quest'opinione pubblica sulla vera portata della nostra convenzione del 15 settembre colla Francia, ,giacché quella continua tuttora ad attirarsi la principale attenzione di tutti i politici.

Giusta quanto già ebbi a riferire a V. E. nel precedente mio dispaccio la quistione romana non interessa questa Società Amborghese filoaustriaca se non per la sua relazione colla quistione Veneta. Ben qui si capisce come la quistione Romana, salvi straordinarii imprevisti avvenimenti, potendo considerarsi fin dal momento affatto risolta in principio e che la traduzione più o meno prossima di essa in fatti compiti dipendendo dalle intemperanze di mal governo dei preti, dalla saldezza delle loro forze di compressione e dalla concordia nello slancio e dal forte perdurare degli animi dei patrioti romani, d'ora in poi tutti i conati del Governo italiano convergeranno sulla quistione Veneta, che non si crede seriamente prestarsi a diplomatiche negoziazioni, ma che sarà gioco forza risolvere a colpi di bajonette e di mitraglia. Dal mosaico dell'impero austriaco cementato dall'elemento militare non basta a staccare la gemma veneta incrustatavi il soffio tiepddo dei diplomat1ci, ma è necessaria l'aria infuocata dei cannoni.

Se però qui si prevede con bastante chiarezza lo scopo dell'Italia in quella convenzione e se ne deducono logicamente le prossime future favorevoli conseguenze pel Regno Italiano della partenza da Roma delle truppe francesi, sorgono dubbii e su,PJposizioni dissimili quando si vuole fissare il vero !scopo francese della convenzione stessa, vale a dire quale vantaggio materiale per sé abbiasi l'Imperatore Napoleone proposto di conseguire con essa. E tali incertezze si accrescono e le supposizioni in vario senso si moltiplicano quando s'incocciano di penetrare la ragione intima della condizione sine qna non posta dall'Imperatore alla validità della convenzione del traspo.rto da Torino altrove in breve e limitato tempo della Capitale del Regno.

Nelle Città di tanto commercio quale Amborgo viventi e fiorenti di materiali interessi si è poco proclivi ad immaginare per moventi d'azioni di tanta importanza fini unicamente morali, generosi, simpatici, e cavallereschi. Quindi arrovellamenti per indovinare quelle mire interessate e materiali di Napoleone. Alle supposizioni che io già comunicai al Ministero col confidenziale n. 22 (2)

sento aggiungersi queste altre di propositi e conseguenze differenti. L'Imperatore dei Francesi mediterebbe in epoca non lontana un assalimento sul Reno con formidabile irresistibile esercito e lascierebbe contemporaneamente a noi soli il grave peso di attaccare gli Austriaci nella Venezia. Nè volendo quegli in caso di un grave rovescio delle armi italiane in una giornata campale di·strarre alcun nerbo di truppe dal Reno, ove si devono compiere i suoi piani d'ingrandimento della Francia per trasportarlo alla difesa di Torino, abbia, per·ché l'Italia non venga percossa al cuore ed alla testa e possa quindi prolungare la lotta coll'Austria, indotto noi a sosc,rivere al predpitoso trasporto della ISede del Governo in altra Città più al sicuro da un colpo di mano e maggio·rmente difendibile e così meglio assicurarsi della possibilità nostra di proseguire la guerra fino a compimento degli scopi suoi. Giusta il fantasticare di altri Napoleone avrebbe già detto od al momento opportuno direbbe all'Italia: rompi pur guerra all'Austria, se vincerai nel tremendo duello tanto meglio per te, se tu sconfitta sarai l'Austria abuserà della vittoria ed io accorrerò a tuo soccorso che ti darò pa,r1menti o indirettamente con una potente diversione sul Reno, o direttamente in Italia ove altre potenze tedesche uniscano alle schiere austriache le proprie per opprimerti, ma pagherai, o Italia, il mio intervento armato che ti restituisce a vita colla cessione di buona pa.rte della Liguria e del Piemonte, cessione secondo quei politici, non effettuabile perché [sic] Torino sarà Capdtale del Regno.

Senza accingermi a drizzare i voli torti della immaginazione che anche volendolo ·per incompleta cognizione dei fatti non potrei, e potendolo, sempre non dovrei, io mi restringo a respingere nettamente ogni idea di nuova cessione di territorio alla Francia e riconoscendo con essi che la quistione Veneta è gravissima, soggiungo che la soluzione di essa diventa ogni giorno più urgente e mi adopero a dimostrare e convincere che l'Europa tutta e perfino l'Austria stessa (dimostrazione non tanto difficile come a prima vista sembra) è interessata a che dessa riesca in favore d'Italia.

(1) -Cfr. n. 286. Il dispaccio del 27 settembre non è pubblicato. (2) -Cfr. n. 251.
317

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

D. 14. Torino, 10 ottobre 1864.

Mi pregio di segnare ricevuta alla S. V. Illustrissima dei suoi rapporti confidenziali del l, 3 e 6 corrente (1). Trasmisi al Ministero dell'Interno i ragguagli che la S. V. IHusltrissima mi mandava col primo di essi, e quanto ai due ultimi, la ringrazio delle interessanti informazioni ch'essi contengono sull'impressione prodotta in Inghilterra dalla Convenzione del 15 Settembre.

è edito a p. 289, nota 1.

Provo un senso di compiacenza al vedere come quell'atto importante si consideri in Inghilterra, ora che è noto nel suo complesso, qual passo decisivo fatto dall'Italia versò il compimento dei suoi destini e vi sia perciò generalmente approvato. Il popolo inglese poteva diffatti rassicurarsi sul vero carattere rii questi accordi, scorgendo come le popolazioni italiane in generale li accogliessero con vivo favore; il testo stesso della Convenzione e dei di,spacci relativi del Ministro Imperiale degli Affari Esteri av.rà, ne ho la fiducia, confermato in Inghilterra la buona impressione che già prendeva il sopravvento alla data dell ultimo rapporto scrittomi da Lei. Le felkitazioni e le prove di simpatia che la S. V. Illustrissima riceve in queste circostanze mi riescono di speciale aggradimento, poiché esse mostrano come la generosa nazione inglese continui ad apprezzare i sentimenti che l'Italia nutre verso di essa. Uno dei motivi infatti pei quali l'Italia ha da rallegrarsi degli accordi intervenuti colla Francia è appunto questo, che collo sgombro di Roma avrà fine una cagione di dissensi fra l'Inghilterra e la Francia, e sarà agevolata quella stretta unione delle due Potenze che fu sempre in cima ai voti d'Italia. La F,rancia venendo coll'Italia agli accordi che ora sono integralmente fatti di pubblica ragione, meritò l'appil"ovazione di chiunque riconosce i grandi principH di libertà e di nazionalità in Europa. La prossima cessazione dell'intervento francese in Roma è ora assicurata da stipulazioni solenni, i cui termini sono di tale chiarezza e precisione che nell'adempimento dei medesimi non può nascere dubbio di sorta. Così senza commozioni politiche la causa della civiltà fa un nuovo progresso, ed un popolo amico all'Inghilterra acquista nuove guarentigie d'indipendenza. Questi risultati non potevano non essere favorevolmente accolti da.gli Inglesi, la cui influenza ajutò sì potentemente in Europa lo sviluppo delle idee liberali che appunto trovano un'applicazione nella Convenzione del 15 Settembre.

È superfluo ch'io autorizzi la S. V. Illustrissima a smentire assolutamente ogni voce di eventuali cessioni tel'ritoriali alla Francia. Io duro fatica a credere che uomini che ci conoscono possano prestar fede a siffatte supposizioni. La S. V. Illustrissima non mancherà, ove si presenti l'occorrenza, di respingerle nel modo più reciso.

Riguardo al difetto d'informazioni a cui V. S. allude nel diS1f>accio del 6, posso assicurarla che le altre Legazioni, eone quella di Londra, conobbero dei negoziati in corso solo quanto il Presidente del Com:igHo ed il Ministro degli Esteri fecero noto al Parlamento, segnatamente nella tornata Parlamentare del 12 Maggio u.s.

Le indicazioni che la S. V. mi ha trasmesso sul contegno del Gabinetto di

S. James rispetto alla Corte di Vienna sono confermate da vari indizii, e pare etl'ettivamente che l'Austria sia disposta, se non a dar retta ai consigli del Gabinetto Ingle~e. almeno a temporeggiare e non arrischiare per ora nessun passo decisivo. Sembra anche che l'idea di un Congresso Generale, già respinta a Vienna ,torni ora ad esservi messa in campo nei circoli ufficiali. Non fa di b~sogno che io raccomandi alla S. V. Illustrissima di tener dietro, per quanto è possibile nella presente stagione, alle relazioni che corrono attualmente tra Londra e Vienna.

(1) E' edito solo il rapporto del 3 ottobre al n. 292. Un brano del rapporto del 6 ottobre

318

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 146/68. Londra, 10 ottobre 1864 (per. il 13).

Lord Russell, che andai ieri a trovare a Richmond ove tornò venerdì dalla Scozia si espresse con grandi elogi riguardo alla Convenzione del 15 Settembre.

Da quanto mi disse parmi credere, che il Sacro Collegio differirebbe a parlar alto fin dopo la riunione del nostro Parlamento sicuro di poter dai di·scorsi dei deputati, e dalle aspirazioni vetl"so la Capitale a Roma, che domineranno la discussione fondare qualche positiva protesta.

Se il Parlamento potesse persuadersi non solo della poca utilità di certi discorsi, ma del positivo ajuto che prestano ai nemici del paese, avrebbe fatto un gran passo.

Sia Lord Russell, che Lord Palmerston nei loro discorsi non celano, che agli occhi loro Fitl"enze, eccetto che dal lato storico è capitale da preferirsi a Roma. Ammettendo e rispettando i nostri deside.rii riguardo alla città eterna crederebbero miglior partito quand'anche l'avessimo che la Corte ed il Parlamento risiedessero a Firenze. Dico questo solo per spiegazione di quanto essi potrebbero dire nei loro ulteriori discorsi. Ma naturalmente in simili materie gli abitanti di un paese devono saper più degli sltranieri.

Deplorò l'accaduto a Torino attribuendolo !Più a cattive disposizioni prese dall'autorità, o anche all'assenza di misure, che non alle cattive intenzioni della popolazione.

Parlò di pretesi articoli segreti colla Francia indicati dal Conte di Rechberg e non vi prestò fede; essendo l'uno un'intesa colla Francia per assisterci nella conquista della Venezia e l'altro una vice-reggenza nel defunto Regno delle Due Sicilie a favore del Principe Napoleone. Anche Lord Palmerston me ne avea parlato colle risa sulle labbra dicendomi esser singolare, che uomini di merito potessero credere tali invenzioni.

Riguardo a Lord Clarendon ambedue i Ministri dichiaran false le voci sparse di missione. Lord Russell disse però, che il Rechberg avea fatto dire a Lord Clarendon, che intendeva parlargli della quistione Italiana e aspettava sapere cosa intendesse dire. Intanto Lord Clarendon scriveva di stare talmente meglio pei viaggi, che tornerebbe in Inghilterra passando per l'Italia superiore.

Lord Russell mi parlò di Tunisi e mi disse, che il Bey dichiarandosi poussé à bottt dalle insistenti persecuzioni del Console Francese finiva per far ca!Pire, che ove continuassero, egli finirebbe per essere forzato a abdicare. Che dietro a questo il Governo Inglese avea proposto alla Francia di sottoscrivere in comune con noi una dichiarazione per non intromettersi negli affari intimi all'avvenire, ma che il Governo Francese erasi rifiutato ad una simile dichiarazione facendo intendere, che poteva benissimo capitare che circostanze si presentassero in cui dovrebbe intervenire.

Le cose essendo a questo punto erasi creduto inutile d'indirizzarci la mede

sima proposta.

Lord Russell fece molti elogi del nostro Console in queste circostanze.

Venne da me il Ministro di Portogallo stamane, il quale incaricato di aggiu

stare la difficoltà Brasiliana incontra una quasi impossibilità di riescire, che

E,gli, benché molto amico di Lord Palmerston, attribuisce al modo un po' pas

sionato di questo Ministro nell'apprezzare questa questione.

Si sta aspettando il Principe di Galles da Cocpenaghen e pare, che per ora

Egli abbia rinunziato al progetto d'andare a Compiègne (1).

319

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, RATI OPIZZONI

D. CONFIDENZIALE 10 Torino, 11 ottobre 1864.

Je vous accuse réception et vous remercie des informations que contiennent vos rapports n. l, 2 et 3 confidentiels, et votre lettre particulière du 4 Octobre (2).

L'insuccès des Conférences de Prague, l'accession de la Bavière et du Wurtemberg au Zollwerein, la difficulté de plus en plus grande que trouve l'Antriche à suivre la Prusse dans la politique de cette puissance en Allemagne et dans les Duchés, amèneront, je l'espère, le Cabinet de Berlin à l'eprendre, dana sa politique extérieure, une attitude décidément conforme aux vues si juste~ qui ont présidé à la politique commerciale Franco-Prussienne. J'ai donc vu avec plaisir dans votre rapport du 5 Octobre que M. de Thiele vous a fait part du désir de M. de Bismark de conclure les accords commerciaux négociés à Berlin par le Comte de Launay. Vous voudrez bien cependant ne pas perdre de vue, Monsieur, les considérations exposées dans la dépeche confidentielle adressèe par ce Ministère à M. le Comte de Launay, le 12 Aoiìt de,rnier (3). Nous avons regardé les ouvertures dont la Prusse a pris l'initiative pour la conclusion n accoras commerciaux, comme une démonstration dont le caractère amical doit etre apprécié sans doute, mais dont le résultat sera, en définitive, avantageux surtout à la Prusse. C'est à ce point de vue que les négociations ont été conduites, et c'est aussi sur cette donnée que votre langage, M. le Comte, doit se régler.

En attendant ·le retour de M. de Bismark à Berlin, veuillez, M. le Comte. continuer à m'informer avec exactitude des tendances qui se ni.anifestent dans le monde politique en Prusse, spécialement à l'égard de l'Autriche. Celle-ci pa

Ricevo dunque da tutte le parti felicitazioni e prove di simpatia per quanto avvenne frammiste solo di rammarico sia per il sangue sparso, che per i nuovi sagrificii, che questo stato di cose imporrà al Piemonte, e che spero il Piemonte saprà accettare con quel patriottismo per cui acquistò sì gran nome nella storia contemporanea d'Italia, o a meglio dire confermò quello, che da secoli si era acquistato guidato dai Principi di Casa Savoja •.

rait avoir jugé opportun de prendre une attitude très reservée à propos de la Convention du 15 Septembre; elle se déciderait meme, dit-on, à des réductions réelles sur l'effectif de ses troupes. Les renseignements surs que vous pourrez recueillir sur ces divers objets me seront toujours agréables.

P.S. M. le Comte de Launay se rendra prochainement à Turin; les lettres à son adresse contenues dans votre dernier pii lui ont été envoyées à Lausanne, Hotel du Faucon.

(1) Cfr. quanto scriveva D'Azeglio nel R. confidenziale 46 del 6 ottobre circa l'atteggiamento dell'opinione pubblica inglese riguardo alla convenzione di settembre: « E se da principio questo risultato pareva fosse agli Inglesi troppo favorevole alla causa Italiana per n<~' temer pericoli nascosti, ora che l'insieme pare si possa intender meglio, l'opinione pubblica fa plauso, e vede a nascere per l'Italia il termine non remoto delle sue sciagure e la soluzione di problemi, che prima della convenzione parevano insolubili.

(2) -Cfr. n. 245, 305 e 309. (3) -Non pubblicato.
320

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 895. Carlsruhe, 12 ottobre 1864, ore 11 (per. ore 20).

D'après ce qui me rev,ient de bonne part la Cour de Prusse et M. de Bismarck sont satisfaits de voir l'Ital:ie se fortifier et <!onsolider par suite du récent traité. Roggenbach m'a témoigné sa satisfaction pour l'Allemagne si rapprochement !)olitique entre France, Russie et Prusse avait lieu.

321

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, GAMBAROTTA. AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 896. Tunisi, 12 ottobre 1864 (per. ore 15,20 del 13) (1).

Le 7 octobre les troupes du Bey ont battu complètement les révoltés des vi,llages près de Susa, et fait 100 prisonniers; 300 morts du ,còté des révoltés et environ 50 seulement du còté du camp du Bey. Cette victoire a produit un effet immense, le jour après Ies autres fractions des tribus se sont présentées en masse au camp et y ont déposé les armes se rendant a discrétion. L'autorité du Bey est désormais rétablie partout mais le consul de France ne continue pa,s moins à mettre en doute ce qui est évident pour tout le monde.

322

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, QUIGINI PULIGA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. l. Pietroburgo, 12 ottobre 1864 (per. il 19).

La dépeche télégraphique que j'ai eu l'honneur de vous adresser le 4 de ce mois (2), Vous a apporté le peu de renseignements qu'il m'a été possible de !'ecueillir sur l'impression produite à Pétersbourg par la Convention du 15 Sep

tembre. V. E. désirait ces informations avec impatience; mais tout d'abord une interruption de la ligne télégra.phique près de Charkow avait retardé de deux Jours la dépeche qui m'annonçait officiellement la formation du Ministère que vous présidez et l'acceptation de la Convention (1); ensuite, arrivé depuis 15 jow·,à peine à Pétersbourg, où la plus grande partie de la sociétè n'est pas encore rentrée, il m'était difficile de saisir dans son ensemble le courant de l'opini01l1 publique. L'Empereur a avec lui un Cabinet particulier, et c'est là que convergent les différentes Dépeches de ses agents à l'étranger. On ne fera d'affaire!; ici qu'à la rentrée du Prince Gortchakow, vers le 27 de ce moi•s. M. de Maltzoff dirigeant le Ministère des Affaires Etrangères a pour unique tàche de débrouiller les affaires courantes, et n'ose ou ne sait avoir une opinion avant de connaitre celle de Son Souverain: l'Empereur à ce qu'il parait ne songe malheureusement pa:;; à lui laisser connaitre sa pensée. Tous mes collègues s'abstiennent donc de lui faire des communicàtions .politiques. En face de ces difficultés V. E. voudra, je l'es.père, excuser mon retard, et le vague de mes informations.

Je ne suis du reste .pas le seul à ne pas pouvoir démèler ce qu'on pense ici de cet acte important. Le Chargé d'Affaires de France et celui d'Angleterre qui ont aussi un grand intéret à infonner leurs Gouvernements respectifs de l'accueil qu·on y a fait ici, partagent mes doutes.

En définissant la situation, au moment auquel j'ai écrit ma dépèche, avec la qualification de méfiance vague, je crois avoir rendu fidèlement l'ensemble de toutes les conversations que j'ai eues avec les Russes et avec ceux de mes collègues qui ISe trouvant depuis bien plus longtems que moi à Pétersbourg sont à meme de recueillir un plus grand nombre d'avis. Le principal grief m'a paru plustòt dirigé contre France que contre nous. L'intervention Française en Pologne si brusquement terminée par un échec diplomatique a du laisser cette dernière fort mécontente. On craint qu'elle ne cherche une occasion pour reprendre la question au point où elle l'a laissée. Cette occasion pourrait se présenter, disent ils, lorsque débanrassée du souci de Rome, après nous avoir aidé par les armes ou pacifiquement à compléter notre unité en Vénétie, elle obtiendrait à son tour l'a·ppui d'une Italie libérale, unie et forte. L'ancien programme forcément inte~rompu ne pourrait-il pas alors revenir sur le tapis et avec beaucoup plus de chances de succès? Or la position financière de la Russie lui rend la perspective d'une guerre avec la France, toute .populaire qu'elle serait, fort peu de,3Jirable. Il est certain que depuis la guerre de Crimée la Russie a presqu'en entier renouvelé son matériel, beaucoup d'abus dans l'administration ont été réformés, la discipline et l'instruction du soldat de beaucoup améliorées; mais le rouble est à 313.32 et les dépenses ne diminuent pas. au contraire. De crainte d'une banqueroute on v01t d'un oeil défiant l'Italie faire un pas vers son unne, car on ne peut se dtssimuler que, plus l'Italie sera forte, et plus grand sera le courant libéral qui entramera 1es Gouvernements vers les idées de Nationalité. Telle est la fata,le conséquence d'une fausse position. c'est à elle qu'on ramène forcément toutes les questions extérieures. La Russie voit le !Stpectre de la Pologne surgir de tous les événemens qui se succèdent en Europe.

O) Ctr. n. 278.

Farmi les jugements portés sur la convention dont il s'agit je ne négligerai certes pas d'exposer à V. E. celui des Autrichiens: ils croient dane que l'acte dont on connait les termes est complété par un article secret dirigé contre eux: heureusement ajoutent-ils la question de la Capitale est là: Turin, Milan, Naples ne supporteront pas la suprématie mème temporaire de Florence, cles troubles ont éclaté à Turin; le sang a coulé; il coulera encore. La guerre civile s'ensuivra. et l'échaufaudage Italien, encore mal étayé s'écroulera pour laiJsser la piace aux choses telles qu'elles étaient en Italie avant 1848. Je combats de mon mieux les argumens de mes adversaires, que j'ai trouvés fort bien vus dans certains salons. La sage~Be dont les Italiens ont donné des preuves si éclatantes jusqu'à ce jour. est un sur garant pour l'avenir. Quant à la translation de la Capitale on comprendra aisément à Milan, à Naples, à Turin que le traité de Villafranca, ayant laissé dans les mains de l'Autriche les clés de l'Italie, il est élémentaire que nous c!ésirions de changer les iserrures. La première condition de sureté est celle de pouvoir s'enfermer chez soi. -Oui mais ce changement de serrures va vous couter joliment d'argent -Il est vrai, mais au moins nous enfermerons dans un coffre-fort celui qui nous reste. -Pas b€aucoup -me dit une grande Dame Russe. Je n'ai pas hésité à répondre • que celui qui se trouve dans cles conditions meilleures nous jette la première pierre '. J'ai du reste pleine et entière confiance que les faits viendront à confirmer mes paroles.

V. E. n'aurait pas une idée exacte de la situation si je ne pouvais pas lui envoyer les appréciations que la presse Russe a porté sur la Convention. Ne connaissant pas le russe, j'ai prié le gérant le Consulat Italien ici, M. Naphtali. de se charger de ce travail. V. E. le trouvera ci joint en résumé (1).

Depuis ma dépèche télégraphique du 4 de ce moi!s beaucoup de pièces diplomatiques d'une haute importance ont été :publiées; la lumière s'est faite et les impressions dans la société se sont un .peu modifiées. Si la méfiance ne s'est pas tout à fait évanouie, elle a tout au moins fait piace à des appréciation/s plus justes. On hésite à mettre en doute les déclarations franches et loyales du Ministère, et l'on reconnait que l'avenir est en grande partie reservé aux événements: c'est d'eux que dépendra la solution définitive de cette question.

Telle est M. le Ministre l'impression que je puis rapporter à V. E.; je ne finirai pourtant pas sans répéter qu'on ne 1saura au juste ce qu'on en pense en Hussie, tant que l'Empereur et le Prince Gortchakow ne seront pas rentrés. C'est l'Empereur seul, qui fait l'opinion ici et l'Empereur a encore retardé de quelques jours son retour dans ·,sa Capitale. On dit à cause d'une visite qu'il compte faire à l'Empereur des Français.

En accusant réception à V. E. de la dépèche confidentielle en date du 1" de ce mois (2), je me hate de lui offrir mes remercimens pour cette communication: elle m'a fourni les instructions nécessaires demandées à V. E. J'en ai parJé confidentiellement à M. le Chargé d'Affaires de France, et je m'en servirai le caos échéant.

P.S. Je confie la présente dépeche au courrier Anglais, et le Comte Rati à défaut d'occasion la mettra à la poste à Berlin.

(1) -Trasmesso da Cagliari alle 11,30 del 13 ottobre. (2) -Cfr. n. 294.

(1) Non si pubblica.

(2) Recte del 2, cfr. n. 286.

323

L'INCARICATO D'AFFARI A FRANCOFORTE, CENTURIONE, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 65. Francoforte, 13 ottobre 1864 (per. il 17).

La Dieta non tenne oggi la sua seduta ebdomadaria per mancanza di affari all'ordine del giorno. Essa è sempre nell'attesa della conclusione della pace a Vienna e molti dei suoi membri sono impazienti di vedere chiaramente definiti i progetti dell'Austria e della Prussia sui Ducati conquilstati, allorché annunzieranno ufficialmente alla Dieta la pace colla Danimal'ca. Essi pure desiderano por fine all'occupazione federale nell'Holstein, la quale se è di peso non lieVe alle finanz.e della Confederazione non sembra d'altra parte dover recarle vantaggio alcuno. Tutto però fa credere che la principale delle difficoltà, cioè la finanziaria, di ·cui facea parola il mio dispaccio del 21 settembre (1), sia stata appianata e che la pace definitiva sia imminente.

Le voci di disarmo dell'Austria che vagamente circolavano nei giorni scomi, hanno preso in oggi l'apparenza della certezza. Sebben si attenda che quel Governo nella prossima apertura del Reichsrath faccia conoscere il modo in cui intende eseguirlo, pare che principierà a metterlo in esecuzione col corpo d'armata del Generale Benedek. Con tale misura l'Austria vuole maggiormente dimostrare l'intenzione ben dec1isa di attenersi strettamente a quella posizione di riserva e di alspettativa che, come ebbi l'onore di sottomettere all'attenzione di

V.E. nel mio dispaccio del 30 settembre (1), essa adottò tostò che ebbe conoscenza della Convenzione del 15 Settembre. Ma la sua determinazione di iniziare tale disa11mo nella Venezia venne qui dai suoi partigiani interpretata come una dimostrazione diretta alla convenzione suddetta: per togliere, cioè, qualunque mot,ivo di minaccia sul Mincio ·che potesse legittimare il trasferimento della Capitale a Firenze ed affinché non la si possa tac'c'iare di aver contribuito anche indirettamente all'annullamento del trattato di Zurigo. Se coll'ultimo accordo la Francia ha rotto quegli ultimi legami che ancora aveano irapporto a quel trattato, l'Aulstda non abdica alle sue riserve, alle sue proteste di cui spera sempre di giovail'si alla pr:ima oecasione favorevole. La nuova di questo disarmo venne qui accolta colla più g:rande diffidenza, non si vide in quello che una misura dettata dalla pessima situazione finanziaria dell'Austria. Ma un disarmo in cui intatti si lasciano i quadri dei reggimenti, che in otto giorni quegli stessi soldati in oggi congedati ;possono ritrovarlsi sotto le armi, nessuno vi scorge un franco indizio di voler seriamente la pace e molto meno ancora di veder scendere quella Potenza a trattative per la Venezia.

Da ieri sera qui corrono voci di cambiamento di Ministero a Vienna, tale notizia non sorpres·e nessuno ed in quella non si vide che una giusta soddisfazione data all'opinione pubblica che così fortemente si era pronunziata contro la politica del Conte di Rechbe~g, per essere stata lo zimbello della Prussia, sia

!2 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. V

nella guerra contro la Danimar,ca che nelle Conferenze di Praga e di avere forse· coi ritrovi di Kissingen e di Carlsbad provocato la situazione pericolosa in cui Io colse la Convenzione del 15 settembre. Il Barone di Schrenk che riceveva le sue ispirazioni da Vienna ha p~receduto neLla ·sua caduta il suo amico Conte di Rechberg. Nella mia corrispondenza ebbi già occasione di far risaltare quanto impopolare era diventato questo Miniistro. L€ umiliazioni che fece subire alla Baviera in seguito all'attitudine presa alla Dieta nella questione SchleswigHolstein, il non aver potuto mettere in opera il suo divi,samento d'unione doganale coll'Austria, lo decisero a rassegnare un potere che non ispirava più confidenza né al suo Re né al ,paese. S'igno~ra fino adesso quale sarà il suo successore, ma se il giovane Re Luigi Il non vuole lasciarsi trascirnare dall'ultramontanismo nulla dimostra che voglia desistere dall'attitudine presa da suo Padre a nostro< riguardo.

(1) Ne è edito solo un brano a p. 260, nota l.

324

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI

D. s. N. Torino, 15 ottobre 1864

J'ai reçu avec plaisir les informations que vous m'avez transmises sur les appréciations aussi justes que bienveillantes émises par le Cabinet et par la Cour de Bade touchant la récente Convention pour l'évacuation de Rome. L'esprit libéral et éclairé de S.A.R. le Grand-Due et de ses Ministres est, comme vous le savez, tenu en haute estime par le Gouvernement du Roi, et je n'ai prus besoin de vous dire que j'éprouve une véritable satisfaction à voir cet Etat donner de si bons exemples aux Etats secondaires de la Confédération, et démontrer pa,r des faits quels excellents rapports s'établiraient naturellement entre l'Ita1ie et l'Allemagne si celle-ci revenait entièrement des préjugés qu'elle conserve encore en partie contre nous.

En attendant que le caractère du changement de Ministère Wurtembergeois 1se déclare plus nettement, je dois vous dire qu'on représente à Berlin cette crise ministérielle comme ayant eu pour but de porter au pouvoir des hommes moins attachés à l'Autri:che. Quoi qu'il en so i t, je vous prie de vouloir bien continuer à vous tenir au courant de ,ce qui concerne les Etats voisins du Grand Duché, bien qu'il n'y ait pas lieu peut-etre jusqu'ici de prévoir un changement prochain de la IPOlitique de ces Etats envers l'Italie.

En vous accusant réception de vos dépeches confidentielles N. 24 et 25 et de vos télégraphes en date du 28 Septembre, 3 et 12 Octobre ... (1).

(1) Cfr, nn. 277, 315 e 320. Non sono pubblicati il R. confidenziale 24 e il telegrammadel 3 ottobre.

325

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in Carteggi Nigra, pp. 78-79)

L. p. Parigi, 15 ottobre 1864.

La ringrazio della sua lettera particolare del 12 corrente che mi fu rimes_sa ieri.

Qui la posizione non è mutata dopo i miei ultimi dispacci. I Gabinetti di Roma, di Vienna e di Madrid conse!"V'ano la più gran riserva. Nè l'Austria, nè la Spagna fecero, ch'io sappia, altre comunicazioni alla Francia, all'infuori di quelle cile le ho precedentemente accennate. Pare però positivo che la Corte di Roma abbia interpellato queste due Potenze intorno alle loro intenzioni, e sulla convenienza d'una guarentigia collettiva. Le due Potenze si astennero dal rispondere in modo categorico. Evidentemente Roma, Vienna e Madrid attendono, prima di pJ"onunziarsi, l'esito delle discussioni del nostro Par1amento. Però, per quanto .si può giudicare fin d'ora, le tendenze della Corte di Vienna sono piuttosto nel senso d'una decisa astensione da ogni passo.

Mi danno i seguenti particolari intorno alla famosa udienza del 28 settembre accordata dal Papa al conte di Sartiges, per la comunicazione della Convenzione franco-italiana.

L'Ambasciatore di Francia avendo presentato una lettera autografa dell'Imperatore, il Papa la mise, isrenza dissiggillarla, sul suo tavolino, e disse: • Faccia un po' quel che gli pare •. Poi :parlò subito di cose estranee alla Convenzione. Ma verso H fine dell'udienza, il Papa disse a Sartiges, mentre lo congedava:

• Caro Conte, tra due anni o l'asino sarà morto, o la Capezza sarà rotta •.

Le notizie dell'Algeria, com'Ella del resto avrà visto dalle notizie pubblicate dal Moniteur, sono tutt'altro che soddisfacenti. Si tratta di portare a 100.000 uomini l'esercito d'Africa.

L'Imperatore di Russia e l'I•mperatrke sono attesi a Nizza. La cosa è decisa. E' probabile ·che l'Imperatore Napoleone si rechi a complimentare le LL. MM. a Lione, dove si fermeranno una notte. La Russia non fece finora nessuna comunicazione .sulla Convenzione del 15 Settembre. Ma il linguaggio dell'Incaricato d'Affari russo è affatto soddisfacente. Anche il Conte Goltz, Ambasciatore di Prussia, •con cui ho parlato, mi dilsse ·che il Re di Prussia aveva giudicato favorevolmente la Convenzione, e che si era espresso in questo senso parlando coll'Imperatri-ce dei Francesi a Baden.

La posizione finanziaria ·Continua ad aggravarsi sulla piazza di Parigi. Ieri ·ci fu di nuorvo ribasso alla bortsa, in seguito dell'aumento dello sconto. I fondi italiani si risentirono, più d'ogni altro valore, del movimento di ribasso, e sce::--ero di 45 centesimi.

326

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 413. Torino, 16 ottobre 1864, ore 15.

Un Courrier part ce soir pour Paris. Ne vous éloignez pas, vous ni Artom; il s'agit d'arranger documents à présenter au Parlement.

327

L'ONOREVOLE PEPOLI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 898. Darmstadt, 16 ottobre 1864, ore 13,25 (per. ore 17).

J'ai pré.>entée lettre de rappel ici à l'Empereur de Russie.

328

VITTORIO EMANUELE II AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(Eredità Nigra) (1)

L. p. Torino, 16 ottobre 1864.

Tàchez de voir l'Empereur et dites lui de ma part ce qui suit:

Notre position ici et en Italie n'est .pas des plus faciles en ce moment, et je suis sùr se rendra encore plus grave à l'avenir. Je juge des choses avec une appréciation quasi sure, car j'ai une longue expérience de's hommes et des passions qui jouent un grand ròle parmi ces peuples qui à présent forment la grande nation Italienne; pour .prévenir des malheurs futurs et me faciliter la marche des événements je désire que I'Em!Pereur sache ma manière de penser.

Il est positif que moi et mon gouvernement depuis nombre d'années avons constamment dirigé nos aspirations vers la complète unification d'Italie c'est à dire vers Rome et Venise.

Dernièrement le Marquis Pepoli traitant nouvellement cette question avec l'Empereur, qui désirait trouver un prétexte pour faire évacuer Rome par ses troupes, le dit Marquis lui proposa le changement de la capitale en Italie, lequel changement provisoir devait .représenter l'idée de tranquilliser le Pape sur nos désirs brUlants de vouloir aller au plus tòt au Capitole.

Je trouvai que le Marquis avait trop dit, car je croyais que le moment n'était pas propice pour réveiller certaines susceptibilités, et donner l'éveil et des prétextes à des partis de nous nuire. J'expédiais aU'ssitòt le Général Menabrea

vers l'Empereur espérant de le faire changer d'tdée à cet égard et lui représenter la gravité de cette question que le Ministère avait acceptée au val sans un mur examen.

Le Général ayant échoué dans sa démarche, moi comme chef du gouvernement je ne pouvais pas ne pas ac·cepter un projet qui devait et doit réaliser un des voeux les plus ardents des Italiens; le Cabinet de Turin en outre en faisant une question de Cabinet attirait sur moi de sévères reproches de la part de la nation si je refusais de le sanctionner.

Aussitòt qu'imprudemment de la part du Ministère le projet fut annoncé sans laisser le tems au conseil de guerre réuni par moi à Turin pour porte1· san avis de changer la capitale sous un aspect purement militai1·e et préparer ainsi les esprits au traité.

De tristes conséquences commencent à se manifester et ensuite plusieurs mauvailses dispositions et bétises mises en exécution firent que les habitants de Turin oubliant totalement leurs devoirs en vinrent à une véritable démence et m'obligèrent pou:r ne pa•s 1es faire massacrer tous de renvoyer le ministère, fait qui ne fut certainement pas compris. à l'étranger.

Maintenant la ville de Turin se trouve encore dans une bien triste position agitée par les partis extrémes. Le parti républicain surtout qui est beaucoup plu1s fort de ce que généralement on ne ~e croit et qui jusqu'à présent n'avait point trouvé de p:rétexte pour lever la téte, profite avec énergie de cet état de choses pour rép:andre les bruits les plus sinistres contre le Gouvernement et son chef ici et dans toutes les villes d'Italie. On représoente le traité comme une trahison de la part de l'Empereur et que l'abandon de l'idée de Rome comme capitale en est une conséquence, que le Roi renonce pour toujours à la Vénétie et cède une partie des provinces piémontai1ses à la France; ce dernier bruit surtout prend pied tous les jours de plus et chose dnconcevable, pour faire que je fasse, il est impossible pour à présent de l'òter de Ia téte de ceux qui ne veulent pas comprendre. Je désire que •l'Empereur sache que le Gouvernement a peu à'action sur le parti républicain, nos lo~SI sont faibles, notre police est très mauvaise, le Gouvernement peut faire un autre Aspromonte, mais il ne peut pas diriger le parti. Les Aspromonte à présent et à l'avenir jusqu'au jour où la question italienne 1sera achevée seraient très funestes, car ils me feraient perdre tout mon prestige et finiraient par contre-coup à révolutionner l'une après l'autre toutes les villes de l'Italie qui jusqu'à présent ont eu foi en moi et à l'avenir je ne pourrai plus régner que par la force. Le parti d'a.ction, comme vous le savez bien, fut toujours dirigé par Cavour et par moi, et vous savez de quelle manière nous nous en sommes servis. Encore dernièrement j'étais maitre de la position, avec de l'argent et des menaces j'ai encore empeché cette année qu'il se porte à des excès funestes, et je pouvais compter sur lui au moment de l'action. Maintenant ce parti veut totalement rompre avec moi, et pour me porter à accomplir des actes qui finiraient par me rendre impossible ici, il veut la guerre civile; je n'aurai pas besoin de cela à présent; je préfère que ce fait arrive lorsque l'Italie sera achevée; alors je sais ce que j'aurai à faire.

Pour étre maitre de la pos:ition et ne pas avoir l'air d'avoir laissé de còté la question de la Vénétie, il faudrait que vous disiez bien à l'Empereur la position dans laquelle je me trouve et le priez de ma part d'initier la question de

la cession de la Vénétie par un congrès ou en la traitant directement avec l'Aut1·iche. Si on peut l'obtenir ainsi je trouve que ce 1sera bien heureux; si non cela nous amènera tout doucement à la guerre, et j'espère que l'Empereur n'aura pas de peine à nous la voir faire, et qu'il préférera lui-meme cette solution plus tòt que de voir chez nous les tristes ifésultats d'une guerre civile. D'ailleurs j'ai déjà eu tant de preuves d'amitié de la part de l'Empereur que je suis sur qu'U comprendra ma position et qu'il me viendra en aide encore cette fois. Car, je le répète, la position est excessivement difilicile; un petit faux <Pas peut avoir de tei1I'ibles conséquences. Les Italiens pour à présent sont fous, et j'ai besoin de les diriger vers un but.

Le Parlement va s'ouvrir bientòt, j'espère que tout sera calme, quoiqu'on parle partout dans un sens contraire. J'espère qu'on fera ce que j'ai dit.

Si l'Empereur veut des éclaircissemens sur la question hongroise, je peux lui en donner beaucoup, vous n'avez qu'à me prévenir. Tout ceci est à I'insu du Ministère; prenez garde de parJer seulement à l'Empereur.

Tachez de prier l'Empereur de vous faire une réponse. J'aurais bien besoin qu'elle fUt bonne.

(1) Ed. in italiano in Le lettere di Vittorio Emanuele II, pp. 789-791 e in MoNTI, pp. 334-337.

329

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

L. P. Torino, 16 ottobre 1864.

Il Generale La Marmora fa partire oggi il Barone Abro in Corriere per pregare la S. V. Illustrissima di coordinare i documenti che devono essere pubblicati intomo alla Convenzione del 15 settembre.

È assolutamente necessario che questi documenti sieno presentati al Parlamento nazionale 'il giorno deLla sua 11iapertura cioè H 24 andante e perciò converrebbe che fra Lei e l'amico Artom potessero compiere il lavoro in modo da spedircelo martedì tsera.

I documenti che S. E. il Ministro avrebbe intenzione di pubblicare sarebbero

seguenti:

I. Lettera del Ministro Visconti Venosta al Cav. Nigra in data 4 luglio 1863 (1).

N. B. -Si dovrà rettificare la data apponendovi quella del 9 luglio perché sulla di Lei domanda venne riformata 'sotto questa data, e nelle di Lei citazioni difatti non si riferisce che al 9.

II. Lettera del Ministro Visconti Venosta al Cav. Nigra in data 27 maggio 1864 (1);

III. Lettera del Ministro Visconti Venosta al Cav. Nigra in data 8 giugno 1864 (2);

IV. -Lettera del Ministro Visconti Venosta al Cav. Nigra in data 20 agosto 1864 (3). N. -B. -Le mando copia di questo documento che fu redatto da Artom sotto l'impero di particoJari -circostanze e di cui probabilmente Ella non possiede alcun esemplare. V. -Rapporto 15 settembre del Signor Cav. Nigra al Ministro Vioconti Venosta contenente il riassunto di tutti i negoziati che precedettero la Conclusione (4). VI. -Infine il dispaccio dèl Cav. Nigra del 4 ottobre 1864 (Affari Politici n. 72) al generale La Marmora (5). S. -E. il Generale La Marmora volle consultare il Cav. Visconti Venosta sul modo il più prudente di procedere a questa .pubblicazione e quest'ultimo colla lettera che qui Le. acchiudo esprime alla S. V. gentilissima il Suo modo di vedere.

Se non che, trattandosi di cosa stata fatta principalmente costì e di cui Ella diresse tutta la condotta il Ministro desddera che Ella coordini nel modo il più logico ed il più conseguente questo assieme di corrispondenze affinché esse non manchino di quel nesso che devono avere consimili documenti e la cui assenza può esporci a fondati attacchi parlamentari.

Non sarà difficile a Lei ed al Cav. Artom di raggiungere questo scopo, ma forse non Le sarà del tutto superfluo qualche mia parti·colare osservazione. Primieramente che data deve assegnarsi al n. IV che nell'esemplare qui acchiuso porta quella del 20 agosto?

In questa nota si parla della Comunkazione fatta dal Barone di Malaret d'una nota di Drouyn de Lhuys del 12 Giugno. Ora è da presumersi che questa Comunicazione sia stata fatta pochi ,giorni dopo la sua data, per esempio il 16 o il 18 del detto mese e quindi la nota del Ministro Venosta potrebbe portare una data che più o meno si riferisca a quell'epoca.

Forse il Cav. Artom si sovverrà della data precisa o approssimativa della comunicazione.

In secondo luogo, ·se da un lato si ravvisa necessario pubblicare l'interessante di Lei rapporto confidenziale riassuntivo del 15 settembre, pare dall'altro che debbasi modificare in molti e molti punti sopratutto in ciò che ha tratto al viaggio del Generale Menabrea ed alla doppia Conferenza tenuta fra Lei ed il Marchese Pepoli coll'Imperatore a Fontainebleau e a St. Cloud.

Siccome non sono ,pubblicabili le istruzioni confidenziali statele date dal Ministro Visconti Venosta il 12 settembre (1) fa d'uopo non citarle nel di Lei rapporto.

Sebbene Ella, nel parlare di ragioni stategiche, non faccia alcuna allusione alla dichiarazione fatta dai Generali d'armata sotto la presidenza di S. A. R. il Principe di Carignano, La prevengo, per ogni buon fine, che questo documento porta la data del 18 settembre 1864 e che perdò non è di natura pubblicabile (2).

S. E. m'incarica di dirle che ascolterà con interesse qualunque di Lei parere su questa pubblicazione, essendo sua intenzione che !'!cl prepararsi a difendere avanti il Parlamento il patto sottoscritto, si procuri evitare qualunque incongruenza di data o di fatti che potes1se sorgere ad indebolirne la difesa.

Se mai prima di rinviare il Barone Abro avesse Ella qualche osservazione a fare, il Ministro La prega a telegrafare senza perdita di tempo.

ALLEGATO

VISCONTI VENOSTA A NIGRA (AVV)

L. P. 26. To1·ino, 16 ottobre 1864.

Il Generale La Marmora mi chiamò a Torino, desiderando intendersi intorno alla pubblicazione di documenti da presentarsi al Parlamento colla Convenzione e coi Protocolli. Voi sapete, poiché lo esaminammo insieme a Torino, com'è composto il dossier di questi documenti. Vi è la mia nota del luglio 1863, due note sulla eventualità di una vacanza della Santa Sede, le mie istruzioni confidenziali del 12 settembre, il vostro rapporto sui negoziati, un dispaccio scritto per la pubblicità, in cui riassumo la prima risposta di Drouyn de Lhuys e propongo i quattro articoli della Convenzione. Di questo dispaccio credo che Voi non abbiate la copia, ma prego Cerruti di mandarvela. Essa fu scritta quando si voleva sopprimere ogni connessione tra la Convenzione e il trasporto della Capitale.

Di questi dispacci i primi tre non paiono pubblicabili, benché abbia pregato il Generale La Marmora di chiedere il Vostro avviso sulla opportunità della pubblicazione del terzo.

Le mie istruzioni non si possono pubblicare.

Rimane il Vostro rapporto e il mio dispaccio (in data credo del 20 agosto). Se gli avvenimenti non avessero altrimenti disposto e fosse stato possibile di sconfessare ufficialmente l'annessione, si sarebbe potuto pubblicare il dispaccio, sopprimendo il Vostro rapporto. Così, dovendosi pubblicare dei documenti, è impossibile omettere ogni dispaccio in cui si parli di negoziati per la Capitale.

Ma il Vostro rapporto non può pubblicarsi nella sua interezza, per la parte

soprattutto che si riferisce alle istruzioni confidenziali, e, rileggendo un dispaccio

del 20 agosto, ho veduto che non si accorda con esso. Non si accorda nelle date, perché

voi fissate la data del giugno alle trattative di Fontainebleau e il dispaccio del 20

agosto riproduce tranquillamente, come se nulla fosse, la risposta di Drouyn de

Lhuys e il progetto Cavour.

Così essendo, e perché i documenti anche privati anche d'un carattere affatto

ufficiale pure abbiano un nesso logico e reggano alla critica, non rimangono che due

partiti. Il primo sarebbe di sopprimere e il rapporto e il dispaccio del 20 agosto

per sostituirvi un dispaccio, in cui la connessione sia posta in quel modo che Min

ghetti vi espose in una sua lettera confidenziale.

Ma non è troppo regolare che io sorga dalla tomba per intercalare un dispaccio

posticcio.

Il secondo, che ci sarebbe parso il più conveniente, sarebbe il seguente. Si darebbe al dispaccio del 20 agosto una data prossima al giorno in cui Malaret mi lesse il dispaccio di Drouyn de Lhuys. Così esso constaterebbe la situazione diplomatica, vale a dire l'invito di presentare un progetto, e avrebbe il carattere di un dispaccio di istruzioni. Dopo questo verrebbe il Vostro rapporto, da voi modificato e in modo da accordarsi coll'antecedente e in vista della destinazione pubblica che deve avere. Esso riassumerebbe, per tal modo, e la serie dei negoziati e le situazioni, sia scritte che verbali e portate da Pepoli e renderebbe inutile la pubblicazione d'ogni altro documento.

Salutatemi caramente Artom.

(1) Cfr. Serie I, vol. III, n. 696.

(1) -Cfr. Serie I, vol. IV, n. 760. (2) -Cfr. Serie I, vol. IV, n. 787. (3) -Cfr. n. 147. (4) -Cfr. n. 226. (5) -Cfr. n. 299. (1) -Cfr. n. 217. (2) -Cfr. n. 237.
330

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 47. Londra, 16 ottobre 1864 (per. il 20).

Fui oggi a trovar Lord Russell a Richmond e confidenzialmente gli diedi conoscenza del contenuto del Dispaccio (1) col quale V. E. mi faceva l'onore informarmi quanto gradita al Gabinetto fosse riescita la notizia del favorevole accoglimento fatto dai Ministri Inglesi alla Convenzione colla Francia.

Lord Russell parve soddisfattissimo di quanto ero incaricato di dirgli e nel prender atto di ciò che in questo Dispaccio si affermava circa la non es~stenza di condizioni segrete per alienare una benché menoma parte del territorio Italiano, confermò quanto ebbi già l'onore di segnare nella mia corrispondenza, che a questi romori di Giornali egli non aveva prestato fede. Feci notare a S. S. come a Torino si fosse ansiosi di conoscere le comunicazioni che forse esistevano col Gabinetto Austriaco e 1s.egnatamente, se nei colloqui extra-officiali avutisi tra il Conte Clarendon al suo passaggio e il Conte Rechberg, qualche idea si fosse esternata: ,per esempio riguardo alla Venezia. Ricordandomi che il Conte Russell nell'ultima mia visita m'avea detto, e lo avea poi ripetuto al Marchese di Cadore, che il Primo Ministro Austriaco era parso desideroso d'intrattenersi col Conte Clarendon della quistione d'Oriente. Mi aocorgo di aver commesso uno sbaglio indicando nell'ultima mia ConfidenZJia>le (2) 'che dovesse parlare della qui,stione Italiana. Ma cagion dello sbaglio mio >Si fu probabilmente che le due potevano combinars[ insieme, 'Poiché m'era venuto il dubbio che forse vedendo la partita pressoché persa per i Possessi Austriaci in Italia, il Gabinetto di Vienna volesse far ritorno a quelle idee di cambii e compensazioni in Oriente che, tempo fa, erano state messe innanzi e a cui erasi aderito anche quì.

Lord Russell mi disse che realmente dopo quell'indicazione anteriore alla conversazione egli non avea più inteso nulla da Lord Clarendon. Nell'Observer d'oggi, giornale semi-officiale, è dato in un Articolo speciale una contraddizione assoluta alla pretesa Missione di Lord Clarendon esp,rimen

dosi sorpresa che anche i Giornali Inglesi abbian creduto dover ripetere simili falsità.

Lord Russell soggiunse però che la sola indicazione dei sentimenti· dell'Austria a questo l'iguardo l'avea avuta ultimamente da Sir H. Bulwer, il quale passando per Vienna avea incidentalmente toccato la quìstione Veneta col Conte di Rechberg che avea protestato non esservi la menoma intenzione a Vienna di nulla innovare, tanto più poi che 1sapeano beniJssimo che non ci contenteremmo di una sponda dell'Adriatico, ma le vorremmo ambedue. P area quasi Lord Russell interpretare questo discorso come un passo avanti, quasi che se fossero certi di non essere tormentati nella Dalmazia, sarebbero stati meno intrattabili nella quistione di Venezia. Del resto, siccome osservò Lord Russell, resta ad ogni modo l'altro ostacolo in quel Sistema di compensi, cioè la poca disposizione della Bosnia e dell'Erzegovina a diventare Austriache.

Dunque per ora consta a Lord Russell da varie sorgenti che l'Austria non intende prender altro che una posizione di aspettativa e cavar dagli avvenimenti futuri quel partito che .potrà.

Il Conte Wimpffen, Incaricato Austriaco a questa Corte, tiene il medesimo linguaggio.

Questo discorso circa un rimpasto di Provincie e l'intromettersi negli affari altrui mi diede occasione di domandare a Lord Russell se fosse vera la notizia data da certi Giornali di una Nota collettiva dell'Inghilterra e della Francia al Governo Ellenico facendo prevedere in tm avvenire non lontano un intervento estero per ·regolare la sua poco soddisfacente amministrazione interna; e S. S. mi dichiarò formalmente non esservi ombra di verità in quella notizia attribuendola allo scarseggiare di notizie che molesta i Giornalisti.

Interrogato poi da me •sulle intenzioni 'SUe riguardo al Principe Couza e alle nuove difficoltà che tsuscita l'assestarsi della quistione dell'indennità dei Conventi, Lord Russell rispose che veramente il Clero Greco ricusava d'esser indennizzato in danari, ma voleva la restituzione delle sostanze. Ma mi fece capire che il Gabinetto Inglese non escirebbe riguardo a queste difficoltà dalla linea dell'osservazione e deHa inazione.

Pare a S. S. che la somma offerta dal Principe Couza sia vistosa abbastanza per servir da base « un accordo. E vedrà che non si agirà contro di lui in modo serio e attivo. Crede egli che la Francia non si mischierà molto di più di questo affare. E in quanto alla Russia, è nella sua politica il fare manifestazioni in favore del Clero Greco in Oriente e d'impedire che le cose s'aggiustino, onde avere la pos!'Jibilità di un intervento. Ma non credo che essa aghrà efficacemente a questo riguardo.

La gelosia delle Potenze versa dunque in questo ad ajutare il Principe, come avvenne già altre volte.

Il Signor Bulwer non tarderà del resto a far ritorno a Costantinopoli. Non so se sia destinato a rimanervi un pezzo, essendo la !SUa posizione qui un po' periclitante. E' vero che è tale da qualche tempo, dicendosi spesso che verrà richiamato per motivi 9iù :personali che politici.

V. E. avrà osservato il cambio occorso tra gli Ambasciatori Inglesi a Pietroburgo e a Berlino che scambiarono i loro posti. Ragione ne fu che si accusava Lord Napier di esser divenuto troppo Russo a Pietroburgo, mentre Sir A Buchanan per i recenti avvenimenti erasi fatto presso al Bismark una posizione poco piacevole.

Sta per ritornare a Roma fra pochi giorni il Signor Odo Russell, il quale però ha ricevuto ordine di fermarsi a Torino e di assistere alle di,scussioni del nostro Parlamento.

Non è mestieri il ricordare le ottime tendenze di questo distinto Diplomatico il quale certamente andrà ad abboccarsi con l'E. V.

Continua del resto la scarsezza di notizie essendo io quasi sempre il solo del Corpo Diplomatico in Londra ed i Ministri Ingle,si non aspettandosi che nella prima settimana di Novembre.

Del resto non possiamo che lodarci del modo in cui uno di essi impiega il suo tempo. Ed in prova trasmetto qui unita a V. E. una Traduzione del magnifico discorso del Signor Gladstone relativo agli avvenimenti recentemente occorsi in Italia.

Non si potea dir meglio, e quel che è più si è che avendo annunziato oggi a Lord Russell che intendevo far questa tra~missione a V. E. e che speravo che egli pure dividesse i sentimenti del suo Collega, mi assicurò che li divideva completamente e di cuore.

Delle informazioni che ricevo confidenzialmente da persona da me incaricata di presentire Lord Palmerston a Broadlands sul soggetto di questo Rapporto mi assicurano essere l'Austria più che mai ostinata riguardo alla Venezia. Avrebbe egli desiderato un accomodamento ,per darie un equivalente altrove, ma le difficoltà fin'ora erano grandi, insormontabili.

P. S. -Unisco una lettera pel Signor Commendatore Cerruti.

(1) -Cfr. n. 317. (2) -Non pubblicato.
331

L'ONOREVOLE PEPOLI A NAPOLEONE III

(AP)

L. P. ... (1).

Je viens de présenter mes lettres de rap.pel à S. M. l'Emp,ereur de Russie à Darmstadt. Dans cette occasion j'ai longuement causé avec le Prince Gortchakoff qui m'a dit qu'il serait charmé si vous étiez informé des conver.sations que nous avons eu ensemble au coin du feu.

Je crois aussi utile, Sire, puisque je suis autorisé à le faire de vous mettre au courant des véritables intentions du Gouvernement Russe. Le Prince Gortchakoff m'a paru charmé d'une communication, qui lui a

été faite par lVI. lV!a.ssignac au norn du Cabinet français. Cette communication, qui avait pour but de faire cesser Ies regrettables malentendus qui avaient eu lieu entre les deux pays au sujet de la Pologne, a trouvé le Gouvernement Russe dans les meilleures dispositions.

Il désire aussi vivement de rétablir les relations diplomatiques sur l'ancien pied et la visite de S. M. l'Empereur Alexandre à l'Impératrice Eugénie est une preuve de la sincérité de ce désir.

Mais il ne faut pas se dissimuler que les derniers événements en blessant l'orgueH national russe, ont creusé un abyme qu'à 'l'heure qu'il est, est difficile à COiffibler.

Pour faire revenir l'opinion publique russe à l'alliance française, il faudra tout ,le prestige dont est entouré l'Empereur Alexandre et meme l'autorité morale dont jouit à l'heure qu'il est le Prince Gortchakoff. L'entretien qui va avoir Iieu entre les deux Empereurs sur le territoire français est vu de très mauvais oeil par le peuple russe. Tout dépend des impressions que le Czar en rapportera. L'entrevue de Stuttgard avait eu d'excellents résultats paree que les deux Souverains s'étaient mutuellement plu.

Mais si le Cabinet français désire réellement de rétablir les anciennes rélations avec la Russie, il ne faut point que le nom de la Pologne soit prononcé à Nice. Cette question est à jarnais vidée et l'Empereur Alexandre ne tolérera pas qu'on la 1·emette sur le tapis.

Le Prince Gortchakoff m'a à plusieurs reprises répété cette phrase, et en se congédant de moi, il m'a encore dit qu'il ·serait charmé que Votre Majesté en fO.t informée. "Je ne vous donne aucune ·commission pour S. M., mais ·ce serait prudent que l'Empereur Napoléon fO.t informé de ces dispositions d'esprit de l'Empereur Alexandre". Il a meme ajouté qu'il fallait qu'à l'étranger les Ministres français ne fussent pas en opposition constante avec les idées du Cabinet russe. Il m'a cité l'exemple du Pr-ince Couza qui sous la protection de la France se permet les plus odieuses spoliations.

Je lui ai demandé ·ce qu'il y avait de vrai sur les bruits répandus par les

journaux relativement au Congrès. Le Prince m'a dit qu'il en voyait moins que

jamais l'utilité.

La Question Polonaise est vidée, la Question des Duchés allemands va

l'étre bientòt, la Question Romaine a été ;résolue ·entre la France et l'Halie,

et ce n'est plus qu'une question de tem.ps; reste la question de la Vénétie.

Jamais l'Autriche consentira à la •céder à ,l'Italie et si on entrait dans la

voie des .compensations territoriales on engendrerait les désordres qu'on veut

éviter. Non, l'Europe est pacifiée! On n'a qu'à laisser de còté les théories des

nationalités et toute menace de guerre disparaitra. Une seule question pourrait

etre traitée et résolue: la quC~stion du désarmement. Mais pour traiter et résoudre

cette question il n'y a pas bBroin de Congrès. On peut s'entendre avec des notes

sans déplacer personne.

Mais pour que ~e désarmement soit sénieux il ne faut pas se contenter de renvoyer les soldats, il faut briser les cadres. Je lui ai fait observer que briser les cadres me paraissait difficile devant la menace de la coalition du Nord.

Cette menace, répondit-il, n'est point réelle. Vous savez que je vous ai dit dans le temps quelle était l'alliance à laquelle nous invitions tous les Gouvernements et toutes les Nations, l'alliance contre la révolution, et c'est l'alliance que les peuples craignent.

Je ;répliquai alors, c'est parce que vous confondez l'esprit révolutionnaire .avec l'esprit national.

C'est-à-dire, reprit-il, que je crois les théories des nationalités aussi fatales que les théories révolutionnaires, et que je crois qu'il faut que tous les Gouvernements se liguent contre elles.

Voilà, Sire, un court résumé des dernières conversations que j'ai eues avec le Prince Gortschakoff ....

(1) Questa lettera, priva di data, si inserisce sotto il 16 ottobre, giorno della presentazione da parte di Pepoli all'Imperatore di Russia delle lettere di richiamo. Non si sa se fu spedita poiché nel n. 337 si parla di un incontro Pepoli-Napoleone III in cui Pepoli riferì il contenuto di questa lettera.

332

L'ONOREVOLE VISCONTI VENOSTA AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (AVV)

L. P. 27. Torino, 17 ottobre 1864.

Dopo la mia d'ieri l'altro (1) ho veduto Minghetti a Milano. Minghetti :pone 1a più grande importanza alla questione di documenti pubblicabili. Egli è d'accordo con me sul sistema da seguirsi e ch'io vi ho indicato. Al dispaccio del 20 agosto (2), di cui Cerruti vi deve aver mandato ll.a copia, si porrà la data del 17 giugno. Ciò si accorda e colla data della comunicazione di Malaret e colla .data delle vostre conferenze a Fontainebleau, che sono del 20 e 21 giugno. Al dispaccio non sarà fatta ·che qualche ptccola modificazione. In seguito ad esso verrà il Vostro rapporto. Il VostrG rapporto è il documento capitale della scarsa raccolta che si darà in pasto alla brama del pubblico. Gli altri documenti non possono avere che un piccolo interesse storico e retrospettivo. Sul rapporto si concentrerà l'attenzione.

Avendo di ciò parlato a lungo con Minghetti stamane e ieri sera, vi espongo il nostro modo di vedere in proposito in questa lettera che vi scrivo dietro invito del Generale La Marmora.

Permettetemi che, per meglio spiegarvi il nostro pensiero, prenda per scorta il vostro rapporto confidenziale del 15 ~€ttembre.

La prima parte, che contiene gli antecedenti e l'esposizione storica dei negoziati su Roma, può benissimo pubblicarsi. Se mi lasciate presentarvi su questa prima parte qualche osservazione eccovi quelle poche che a Minghetti

.ed a me occorre di fare.

Pochi giorni pdma della mmte deL Conte di Cavour un progetto veniva ecc. ecc. Per la pubblicità è forse meglio non dire che il progetJto era francese e stava in termini più generali.

Nel teno articolo del progetto Cavour mi pare non vi fosse la riserva,. purchè tale forza non degenerasse ecc. Dove si parla del capitolato de·l Barone Rica,soli dite: il Governo francese non credette di dare corso ad un tale progetto. Mi rpar si trattaSise solo di prestare i suoi uffizi a Roma.

Dopo aver indicato il mio dispaccio del 9 luglio dite il Ministro Imperiale degli Affari Esteri si astenne da dspondere. Vi prego di sopprimere questa frase. Il silenzio rimanga sottinteso.

Più in giù, quando accennate alla Vostra andata a Fontainebleau, invece di dire che io Vi mandai il progetto, Vi prego di sostituire qualche cosa in questo genere: • V. S. mi mandò il dispaccio del 17 .giugno ed incaricò il Marchese Pepoli di portare a voce Ie istruzioni le più ampie e di unirsi a me nelle trattative •.

Fin qui dunque le modificazioni sono insignificanti, ma qui pure comincia la parte capitale. Le ·conversazioni coll'Imperatore e i dialoghi accennati non paiono pubblicabili. Bisogna sostituirvi l'esposizione delle idee dell'Imperatore, delle istruzioni che voi avevate, del modo con ·cui fu emessa l'idea del trasporto· della capitale. Mi feci dare da Minghetti alcuni appunti che Pepoli portò da Fontainebleau, la minuta della lettera che egli vi scrisse in data del 2 settembre (1) e mi pare che dalla loro ·combinazione col Vostro rapporto possa emergere la modificazione che Vi pare preferibile.

Vi mando qui uniti gli accennati appunti di Pepoli che Vi prego di rimandare in un piego diretto a Minghetti od a me. Non Vi mando la minuta della lettera di Minghetti del 2 settembre, supponendo che l'abbiate a Parigi.

Bisognerebbe dunque comilliCiare col riassume~e, come compendio delle Vostre ·conferenze a Fontainebleau, le difficoltà per le quali l'Imperatore non credeva di poter accettare tale quale il progetto posto innanzi da noi. Voi sapete meglio d:i me dare a queste difficoltà e a queste conJsiderazioni quella forma che è richiesta dalla pubbHcità. Non credo però che si debba esporre, come nel rapporto di Pepoli, il progetto posto ancora una volta innanzi dall'Imperatore della Suzeraineté del Papa ecc. ecc. ciò esposto e poichè si faceva innanzi la questione· di nuove garanzie da aggiungel1Si al trattato ci parve che Voi dobbiate osservare come le ÌJstruzioni da noi avute non Vi permettevano di andare molto oltre su questo tenreno. Dif:fatti il Governo italiano aveva preveduto questo caso ed esaminato la natura delle garallZiie di cui poteva trattarsi. Era impossibile che il Governo facesse delle dichiarazioni che implicassero una rinuncia alle aspirazioni nazionali. La questione Romana è per noi una questione morale, che noi intendiamo risolvere colle forze morali. Noi pigliamo dunque seriamente, lealmente l'impegno di non usare quei mezzi violenti che non scioglierebbero una questione di tal natura. Ma la nostra politica fa sempre assegnamento nelle· forze morali e sulle forze della civiltà, per giungere a quella definitiva e soddisfacente soluzione che noi speriamo sempre di poter raggiungere colla conciliazione fra l'Italia e il Papato, conciliazione che l'intervento straniero era stata' dall'esperienza dimostrato siccome un mezzo poco atto a raggiungere.

Altra garanzia -presenza delle truw>e francesi in un punto del territorio romano, come .pe.gno di certi impegni -esame e critica di questo sistema. Finalmente terza garanzia -garanzia collettiva delle Potenze cattoliche Pure inammissibile. In •conseguenza di ciò i Vostri discorsi si rivolsero ad esaminare la situazione generale dell'Italia, in rapporto alla grande questione che Vi occupava.

Il Marchese Pepoli disse allora all'Imperatore che egli sapeva come, indipendentemente dalla questione che ora si trattava e per ragioni strategiche, politiche e amministrative, il Governo aveva ,studiato la questione della convenienza di trasportare la sede del Governo da Torino ad altra città del Regno. Finchè la questione Romana rimaneva in uno stadio d'incertezza, senza nessun avviamento di soluzione, questa incertezza medesima aveva soSip€so l'esame e lo studio intorno alla convenienza di tale misura. Ma che, se la Convenzione fosse stata firmata, egli sapeva che. il Ministero, considerando la situazione politica interna creata dal trattato, aveva l'intenzione di farne al Re la proposta, aggiungendonsi alle ragioni strategiche le ragioni politiche di un'azione più efficace su tutte le parti del Regno, e le ragioni stesse dedotte dalla nostra posizione inver,so Roma. Domanda se tal fatto costituiva la garanzia ecc. ecc. Qui alle parole del Vostro rapporto, con cui si espone l'accoglimento fatto dall'Imperatore a tale proposta, sarà bene di aggiungere le parole consegnate nel rapporto Pepoli: • Si telle est la pensée du Gouvernement du Roi, si tel est le désir de la nation, bien de difficultés, qui nous séparent .par cette malheureuse question de Rome, seraient aplanies •. Le Vostre parole ,sulle difficoltà dell'impresa e sulla accettazione ad referendum si [pOssono conservare.

Bisognerà aver cura di attenuare ogni dichiarazione del Governo francese che possa aver l'aria di una pressione sulla misura del ·trasporto, facendo risaltare tutte J.e dkhiarazioni fatte da Voi per constatare •che tale misura era per noi un fatto di politica essenzialmente interna, che non poteva avere altre connessioni col trattato se non in ciò ch'esso creava una situazione, nella quale la Francia scorgeva una guarentigia che le permetteva di ritirare le sue truppe.

E' d'uopo sopprimere tutto quanto si riferisce aUa missione del Generale Menabrea della quale non deve essere fatto cenno. A ciò può seguitare la narrazione della dtscussione e delle transazioni che hanno ridotto H progetto primitivo nella forma sua definitiva.

Vi avverto che Pepoli, leggendo il Vostro rapporto. si impermalosì della frase il Marchese Pepoli sped.i'to di nuovo a Parigi. Lo spedito gLi spiace. Bisogna forse omettere l'articolo segreto indicando solo che, nel corso delle trattative, fu adottata la forma di un protocollo separato.

Vi aggiungo ai ra,pporti di Pepoli, altri suoi appunti intitolati: Déclarations faites par les Ministres Nigra e Pepoli etc.

Queste dichiarazioni dovrebbero essere riprodotte con qualche modificazione dJ forma, sopratutto nell'articolo primo. Bisogna trovare una redazione più abile, essendo ora il Governo francese inquieto delle nostre frasi troppo esplicite, ma mantenere il fondo.

Nelle modificazioni apportate agli articoli bisogna far risaltare le due principali, cioè: l" pourvu qu'elle ne dégénère pas en moyen d'attaques etc. -zo la tranquillité sur la frontière.

Le istruzioni del 12 settembre (1) non sono pubblicabili, pure Vi prego di rileggerle per vedere se qualche cosa di esse si può riassumere nel rapporto, senza citarne la data.

Vi ho scritto questa lettera di furia, dovendo partire il corriere. Scusate le minuzie che essa contiene, ma Minghetti ed io siamo convinti che la discussione sui documenti verterà tutta sul rapporto e comprendete l'importanza che vi poniamo. Essa giungerà qui in tempo poichè, recandoci noi domenica a Torino, il giorno prima della riunione della Camera, lo possiamo leggere.

Salutatemi di nuovo Artom ...

(1) -In realtà del 16 ottobre, cfr. n. 329, allegato. (2) -Cfr. n. 147.

(1) Cfr. n. 197.

333

IL CONTE CSAKY A GYORGY KOMAROMY

T. 18 ottobre 1864, ore 7,45.

Ruspoli doit venir prochainement (2). Prévenez immédiatement le Comité Centrai de Pest. L'argent pour Eber ne se fera pas attendre.

334

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI GAROFOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI. LA MARMORA

R. 37. Madrid, 18 ottobre 1864 (per. il 23).

Non sempre con facilità si incontrano questi signori JVIinistri, perciò da qualche tempo non avevo tenuto abboccamento col Signor Llorente Ministro delle estere relazioni. Il vidi finalmente due giorni sono al Ministero, e volli condurre il discorso sulla nuova situazione d'Italia e conoscere francamente la volontà del Governo sul riconoscimento del Regno d'Italia. Il Signor Llorente cercò di evitare il discorso e mi parlò di affari, mi disse che aveva dati ordini perchè tutto procedesse regolarmente e che le mie domande fossero con tutta cura ascoltate e per quanto possibile venissero compiuti i miei desideri. Come però queste dichiarazioni non rispondevano ai miei calcoli, riportai il discorso sul mio tema ed il Signor Llorente in modo bastantamente chiaro mi bsciò vedere che l'impressione prodotta in alta regione pel Trattato Franco-Italiano non era tale da poter per ora toccare questo punto; che perciò era neces3ario attendere che le idee ritornassero alla calma, le preghiere, le suppliche delle anime divote che circondano il trono di Spagna fanno vedere alla regina il più

triste avvenire pel Santo Padre e conoscendo la sottile logica di queste buone anime, comprendo che senza una grave scossa sarà quasi impossibile lottare contro arti così bene adoperate.

Il Signor Barrot ambasciatore di Francia, il quale si prepara a partire per Parigi dovendo cedere il posto al nuovo ambasciatore Signor lVIercier, cercò di persuadere gli uomini del Governo di qui dell'importanza della nuova Convenzione, per dò che riguarda la Santa Sede, e mi viene riferito, non so con che grado di verità che il Signor Mon nuovo Ambasciatore a Parigi, sta ora cercando di ottenere dal Governo istruzioni che non siano per procurargli seri disgusti e vorrebbe appunto prender per partenza la nuova posizione fatta al Papa per entrare all'uopo in discorso sulle disposizioni favorevoli di Spagna verso l'Imperatore e .per conseguenza ,per l'opera da esso accettata dalla nuova sistemazione delle cose italiane.

Il Signor Pacheco partirà alla fine del mese corrente per la nuova ambasciata a Roma e passerà per Parigi, Torino e Firenze collo scopo di rendere informato il suo Governo del vero spirito che domina in quelle Città.

(1) -Cfr. n. 217. (2) -Dal diario di Artom risulta che il 25 settembre 1864 egli consegnò a Cerruti l'incar~ tamento Ruspoli. Esso non è stato rinvenuto.
335

IL GENERALE KLAPKA AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI

L. P. CONFIDENZIALE. Londra, 18 ottobre 1864.

Dcpuis quelques jours à Londres et temoin oculaire des embarras pénibles et de la perplexité de mon ami le Général Eber, j'ose vous prier de bien vouloir hater, par tous les moyens en votre pouvoir, l'expédition des fonàs convenus pour les envois dans les Principautés Danubiennes et pour l'importation de ces armes en Transylvanie. Tout retard compromettrait infailliblement toutes les personnes employées dans ce travail et finirait par compromettre le Gouvernement lui-meme.

Je ne suis plus qu'un intermédiaire trè.s indirect entre mon pays et le Gouvernement de S. M. La direction exclusive des affaires hongroises ayant été confiée aux représentants politiques du Comité Centrai, l\'IM. Kon<aromy et Csaky, c'est à eux de faire les démarches que la s.ituation exlge. Mais je suis aussi bien intéressé qu'eux, comme nous tous, qui avons preparé et entamé ce grand travail, à ce que le résultat réponde aux sacrifices et que la Hongrie, votre plus sùre et plus sincère alliée, puisse conserver sa foi et ses espérances da::1s l"avenir. Un nouvel échec serait un coup fatal, le coup de grace porté à nos plus chers projets.

Je me permets en meme temps d'im,ister sur la nécéssité du départ immédiat de M. Scovasso pour la Servie.

Avec les préparatifs achevés dans les Principautés Danubiennes et en Transylvanie, puis un résultat favorable de la mission de M. Scovasso, nous pouvons avec calme envisager toutes les éventualités de l'année prochaine.

Quelques fonds mis à la diEipOsition du Comité Centrai pour l'organisation à l'intérieur, et b<>nne entente entre les Patriotes dans le pays, et le momelllt \·enu vous trouverez la Hongrie préte à briser ses chaines, à se soulever comme un seui homme, et à vous faciliter, par les coups qu'elle portera sur les derrières de l'ennemi, vos opérations en Italie. Cette perspective vaut bien quelques sacrifices encore, et je suis sur, que vous réussirez de le faire ,comprendre à qui c\e droit.

Veuillez, M. le Commandeur, je vous en prie, envoyer le plutòt possible un mot cl'encouragement à M. Eber (33 St. James Square, St. James).

P. S. Je serai dans une quinzaine de jours de retour à Genève.

336

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 900. Parigi, 19 ottobre 1864, ore 14,15 (per. ore 15,20).

J'ai reçu vo.s deux expéditions, je vous envole aujourd'hui le Courrier de Cabinet avec la correspondance arrangée pour la publication.

337

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in Carteggi Nigra, pp. 79-80)

L. P. Parigi, 19 ottobre 1864.

Le mando qui unito: 1°) il rapporto del 15 settembre, rifatto in vista della pubblicazione; 2") una •lettera aperta, diretta a Visconti (1), che la prego di leggere, e di mandar poi a suo destino. In questa lettera rendo conto del mio avviso intorno ai documenti da pubblicarsi, e della mutazione fatta al rapporto. Non Le ripeto quanto è scritto in essa, pregandola di volerla considerare come scritta a Lei. Pepoli è giunto qui ieri. Ha presentato le sue lettere di richiamo allo Czar, e in quella circostanza vide anche il Principe Gortchakoff. Questi lo incaricò d'una strana commissione. Gli disse: • Giacchè passate per Parigi, bramerei che l'Imperatore Napoleone fosse informato che lo Czar non desidera che, all'occasione del suo vaggio a Nizza, gli si parli nè della Polonia, che è una questione t1nita, nè della Venezia, nè delle nazionalità. La Russia, soggiunse, desidera sinceramente riavvicinarsi alla Francia; ma non vorrebbe trovar sempre in Oriente la Francia avversa ai suoi interessi •. Pepoli vide l'Imperatore e gli raccontò queste cose, di cui, ben inteso, io non riferisco che il senso, ma che

Pepoli Le esporrà meglio e più esattamente. L'Imperatore ne fu, a quanto Pepoli mi disse, molto malcontento, e la sua visita allo Czar è quindi ridiventata molto ipotetica.

Lord Clarendon essendo passato per Torino, Ella saprà meglio di me, a quest'ora, che cosa questo personaggio avrà fatto a Vienna. Le ripeto però per ogni buon fine quello che qui si dice intorno a questa gita del MinÌJStro Inglese. Dicono adunque che abbia insistito presso il Governo austriaco perchè riconoscesse il regno d'Italia, e disarmasse; assicurando che in questo caso l'Italia potrebbe egualmente disarmare e non penserebbe ad attaccare il Veneto. Le riferisco dò, ben inteso, 'colla debita riserva. Spero che J'Austria non vorrà infliggerei per ora la minaccia d'un riconoscimento che c'imba-razzerebbe non poco.

P. S. -Il 'rapporto del 15 settembre essendo ora quasi interamente rifatto. La prego di distruggere o di rimandarmi l'originale primitivo, surrogato da quello che le mando oggi. Le fo ancora una preghiera. Il mio rapporto è scritto in italiano, come di regola. Per evitare che venga mal tradotto e peggio interpretato sarebbe utile ch'Ella ne facesse fare la traduzione da Blanc, e la facesse comunicare all'Italie abbastanza in tempo perchè non pubblicasse altra traduzione. La pregherei poi di mandarmi una copia di questa traduzione, affinchè io .possa comunicarla qui, a debito tempo a qualche giornale, pel caso in cui il sunto telegrafico che sarà spedito da Torino, non contenendo che frasi isolate, potesse dar luogo ad una interpretazione inesatta del testo.

(1) Cfr. n. 338.

338

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, ALL'ONOREVOLE VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Parigi, 19 ottobre 1864.

Ho ricevuto le vostre lettere (1). Concordo con voi sulla convenienza d'accommodare i documenti da pubblicarsi. Ho rifatto il mio rapporto del 15 nel senso delle vostre osservazioni. Lo mando insieme con questa lettera al Generale La Marmora; e spero che entrambi lo troverete soddisfacente.

A mio avviso tre soli documenti devono essere l)resentati al Pal"llamento. cioè: l" il dispaccio del 9 luglio 1863; 2° il dispaccio a cui si dà la data del 17 giugno; go il mio rapporto del 15 settembre (2).

Credo ,che si debbano escludere da ogni pubblicazione i due vostri dispacci del 27 maggio e 8 giugno 1864 (3), in cui si esamina l'eventualità della morte del Papa. Le ragioni dell'esclusione sono due: l" V'è una certa sconvenienza a trattare sull'ipote,li della morte del Pontefice; ciò farebbe cattivo effetto sull'opinione pubblica; 2" È bene che questa eventualità, quando si verifichi, possa

costituire una situazione nuova, senza vincoli con quella fatta presentemente dalla Convenzione.

Nel dispaccio vostro del 17 giugno bisognerà sur.rogare le parole quelques mois avant sa mo?"t, con queste peu de temps avant sa mort; giacchè non si tratta nè di mesi nè di settimane, ma di giorni. Il progetto Cavour nacque pochi giorni prima della sua morte, non prima d'un mese, per quanto mi .ricordo.

Passo al mio rapporto. Ho accorciato la parte storica. Mi son limitato a rammentare il progetto Cavour, trasvolando sul resto. Mi parve pericoloso il raccontare e ricordar pratiche, in cui molti uomini politici sono implicati, e la cui esposizione, senza contentar nessuno, solleverebbe recriminazioni, rettifiche, ed altri incidenti personali che giova schivare.

Nel mentovare il progetto Cavour adoperai una frase che lascia intatta la questione dell'origine del progetto stesso. L'origine fu francese, senza dubbio. Ma è inutile e dannoso il dirlo in questa occasione, e in questo ancora divido pienamente la vostra opinione. È infinitamente meglio che si creda che il pro-· getto è di Cavour, e oramai ne porta il nome.

Ho co.rretto l'articolo 3o del progetto Cavour secondo che accennate con ragione. Lascio in disparte per le ragioni dette or ora i,l capitolo Ricasoli, la circolare Durando e il resto. Ho tolto ·la frase sulla non data risposta di Drouyn de Lhuys.

Mentovo invece il vostro dispacc.io del 17 giugno, che d'or innanzi forma uno dei punti importanti dei negoziati, siccome quello che è considerato contenere le istruzioni.

La parte che riferisce le trattative coll'Imperatore con Drouyn de Lhuys, fu interamente rifatta. Ho tenuto conto di tutto quel che m'avete scritto. Vi prego di leggere attentamente questa parte del rapporto, perchè è quella su cui naturalmente più si fermerà l'attenzione dei lettori. Il modo con cui fu messa innanzi l'idea del trasporto della Capitale non credo che si possa esporre diversamente da quanto ho fatto, anche in ciò ebbi presenti le vostre osservazioni.

In sostanza credo che il rapporto, così rifatto, può presentarsi senza attirarci le ire di Drouyn de Lhuys. Tuttavia se voi e Minghetti, dopo averne conferito col Generale La Marmora, giudicherete che vi si devono apportare altre mutazioni, vi autodzzo tutti e tre a farle (1).

• Qui ebbi molta fatica a far capire come mai il trionfo diplomatico che avete ottenuto çondusse alla crisi ministeriale. V'ha infatti qualche cosa di malsano nella situazione attuale. che sarebbe anche inesplicabile per noi, se Nigra ed io non venissimo da Torino. Spero che le discussioni parlamentari gioveranno a purgare l'atmosfera da questi miasmi.

Qui, non solo nelle regioni ufficiali ma anche fra i nostri amici si desidererebbe che le discussioni non fossero né lunghe, nè tempestose. Brown, il corrispondente del Morning Post a Parigi, mi diceva stamani che la Camera dovrebbe votare per acclamazione la convenzione •.

J12

(1) -Cfr. n. 329, allegato e n. 332. (2) -Cfr. Serie I, vol. III, n. 696 (in realtà del 4 luglio 1863), e qui nn. 147 e 226. (3) -Cfr. Serie l, vol. IV, nn. 760 e 786.

(1) Dello stesso 19 ottobre è una lettera di Artom a Visconti Venosta (AVV) in cui. dopo8.Ver parlato delle modifiche apportate ai documenti da pubblicare scrive:

339

L'ONOREVOLE MINGHETTI ALL'ONOREVOLE PEPOLI (AP)

L. P. Isolabelta, 19 ottobre 1864.

So che Drouyn de Lhuys ha scritto una nota a Torino mettendo in avvertenza sulla di,scussione del Parlamento e sugli effetti che potrebbero derivare qualora vi si facessero delle dichiarazioni troppo esplicite sulla questione Romana (1). La cosa è ragionevole, ma nello stesso tempo si deve tener presente che sarà molto difficile evitare qualche ord1ne del giorno che si riferisca e confermi quello del 20 marzo. A me sembra che bisognerebbe trovare il modo, e non deve essere impossibile, di aggiungere qualche frase che entri nelle viste che hanno presieduto alla Convenzione. Se la Camera p.e. dicesse ... e ferma nella leale esecuzione della Convenzione 15 settembre oppure ... e convinta che la questione Romana non possa sciogliersi colla violenza ma eone sole forze morali. Accenno a queste due formule ma se ne potrebbero trovare altre. È bene che essendo a Parigi tu ~ppia ciò, e giudichi sin dove si può andare, quali sieno i termini oltre i quali sarebbe pericoloso e imprudente trascorrere, tanto più che un ordine del giorno non è un decreto, nè una legge, ma un semplice avviso della Camera ,che sta per finire sua vita. Piacciati dare a ciò riflessione. Spero che avrai avuto una mia lettera a Rheinack. Mi rallegro della elezione...

P. S. -Io torno domani a Bologna.

340

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, ALLE LEGAZIONI, AGLI AGENTI E CONSOLI GENERALI AD ALESSANDRIA D'EGITTO, BRUNO, A BUCAREST, STRAMBIO, E A TUNISI, GAMBAROTTA, E AL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO

CIRCOLARE CONFIDENZIALE. Torino, 21 ottobre 1864.

A la suite de ma dépeche circulaire du 2 de ce mois (2), vous avez eu connaissance, par les journaux officiels d'Italie et de France, du texte complet des accords intervenus entre les deux Gouvernements pour l'évacuation de Rome, du Rapport au Roi relatif à la convocation du Parlement; et des deux dépéches de

S.E.M. Drouyn de Lhuys aux MinLstres de France à Turin et à Rome, re1atives à la Convention du 15 Septembre. L'opinion publique est maintenant en possession de tous les éclaircissements désirables sur cet acte international, et C('mme nous avions le droit de nous y attendre, elle s'est montrée favorable à la politique à la fois modérée et libérale dont la Convention du 15 Septembre a ét6 l'expression ,solennelle de la part des deux Gouvernements.

Dans quelques jours le Ministère aura l'occasion d'exposer devant les Chambres la ligne de conduite qu'il entend suivre dans la phase nouvelle ouverte par la Convention, et les Chambres apporteront le poids de leur haute autorité dans les délibérations du Gouvernement du Roi. En attendant que ces importantes discussions aient lieu, il est à propos que je vous informe de l'état actuel de certaines affaires qui intéressent à divers degrés nos relations extérieures, et sur la plupart des quelles vous avez trouvé déjà des renseignemens dans les dépéches circulaires émanées antérieurement de ce Ministère.

* L'attitude de l'Italie, de .Ja France et de l'Angleterre à l'égard des affaires de Tunis s'est modifiée. Le Gouvernement du Roi avait, comme vous le savez, envoyé dans les parage.s, de la Régence des forces navales pour protéger les personnes et les propriétés de nos nationaux et pour maintenir notre légitime influence sur ces d)tes si vois•ines des nòtres. Conformément aux instructions envoyées au Consul de S.M. et au Commandant de l'escadre italienne, notre action et nos conseils, auxquels se sont joints ceux de la France et de l'Angleterre, ont tendu, non sans quelque succès, au rétablissement de la tranquillité dans la Régence. Il serait prématuré cependant de dire que le but fU.t entièrement atteint, lorsque dernièrement les trois puissances résolurent de rappeler leurs escadres; quelques tribus avaient paru vouloir se soumettre sans qu'il en fut résulté une pacification définitive. Mais les trois puissances n'avaient pas seulement à prendre en considération la situation de l'intérieur de la Régence; elles furent amenées à tenir compte aussi des circonstances extérieures qui pouvaient avoir une influence plus ou moins directe sur l'état de ces populations. La présence simultanée de l'envoyé ottoman avec une escadre, et des forces navales euro.péenne,s sur la cOte de Tunisie parut, dans l'état des choses, pouvoir entrainer des difficultés; il pouvait arriver que de ce concours de circonstances l'on vìt surgir telles questions d'une portée .générale dont les puissances européennes. ne jugeaient pas la diS!Cussion Qpportune, et qui auraient pu avoir un contre-coup facheux sur les dispositions des populations musulmanes de la Régence. Les trois puissances jugèrent donc que le moyen le plus convenable d'assurer la réalisation des bonnes intentions manifestées par le Bey était que l'escadre turque, et après elle les escadres italienne, française et anglaise, quittassent les eaux de la Régence.

Les dernières nouvelles ·reçues de la Tunisie paraissent justifier la résolution des trois puissances: des avantages sérieux auraient été remportés par les troupes du Bey, et la reddition d'une partie notable des insurgés. permettrait de .prévoir que bientòt la tranquil1ilté serait rétablie. Quoi qu'il en soit, l'Italie a laissé à la disposition du Consul du Roi à Tunis deux batimens qui suffiront, dans l'état actuel des •choses, à garantir la sùreté de nos nationaux; ·la France et l'Angleterre ont laissé aussi quelques bàtimens dans ces parages * (1).

La Sublime Porte ayant eu à régler dernièrement l'organisation du Liban, devait naturellement 1se mettre d'accord sur cet objet avec les puissances européennes. Les questions relatives à la Syrie sont loin en effet d'etre pour l'empire

ottoman de simples questions d'administration intérieure; elles ont si bien un caractère européen que dès avant le Congrès de Paris, elles furent l'obj,et de plus d'une contestation entre les cinq puissances qui constituaient seules alors le concert européen vis-à-vis de la Turquie; c'est d'ailleurs en Syrie qu'a eu Iieu la plus récente occupation d'un territoire ottoman par des troupes étrangères européennes. En fait donc, l'expérience l'a prouvé, les affaires de Syrie, autant qu'aucune autre question en Orient, sont de nature à provoquer l'application cles di.spositions tutélaires du traité de Paris. En droit, il n'est pas moins \ncontestable que l'esprit et la lettre de ce traité, par lequel les six puissances se sont constituées au meme titre garantes de l'intégrité et de l'indépendance de l'empire ottoman, ne permettent pas qu'une ou plusieurs de ces puissances soient

exclues d'aucune des questions où l'ingérence européenne est applicable à la Turquie. Cependant la Sublime Porte, tenant trop peu de compte des sentimens amicaux dont nous avons toujours fait preuve à son égard, et cédant aux instigation.s d'une puissance qui n'a pas de relations diplomatiques avec le Royaume d'Italie, prétendit ne pas soumettre à la signature du représentant de l'Italie le protocole par lequel les cinq autres puissances garantes et la Porte devaient régler de nouveau radministration du Liban. Cette prétention se fondait sur des précédents antérieurs au Congrès de Paris, précédents que le Général Durando, Ministre d'Italie à Constantinople, par sa protestation cìu 22 Septembre 1860, avait déjà démontrés inappli.cables et sans portée après les stipulations si précises du traité de Paris. Malgré les représentations explicites que notre Chargé d'affaires à Constantinople fut chavgé d'adresser à la Sublime Porte, et quoique l'Angleterre et la France appuyassent loyalement nos réclamations, la Porte persista dans 1son refus de soumettre à la signature du représentant de l'Italie le protocole relatif au Liban. Le Gouvernement du Roi :s'est vu avec regret dans la nécessité de rprotester formellement contre ce procédé, et notre Chargé d'affaires à Constantinople a fait remettre à S.A. Aali Pacha, le 24 Septembre dernier, une note à cet effet.

Il est difficile d'imaginer, Monsieur, comment la Sublime Porte peut croire

de son intéret de se piacer sur un autre terrain que celui du traité de Paris dans

les affaires où elle doit admettre l'ingérence européenne. Lorsque la Turquie se

reporte à cles précédents antérieurs à 1356 pour exclure l'Italie des accords qu'el

le prend pour les affaires du Liban avec d'autres ,puissances européennes, elle se

replace volontairement dans une situation beaucoup moins siìre que celle qui lui

a été faite par le traité de 1856, elle perd le bénéfice de la garantie collective du

concert européen constitué au Congrès de Paris, pour rentrer dans le régime mal

défini qui a mis 1plus d'une fois son indépendance et son intégrité en péril.

Je m'abstiendrai, Monsieur, de rechercher les motifs qui ont em,pèché des

Puissances dont l'amitié nous est précieuse de se joindre aux bons offices que la

France et l'Angleterre nous ont prètés. Le Gouvernement du Roi demeure con

vaincu qu'en protestant contre son exclusion du règlement des affaires du Li

han, il a agi non seulement en conformité de 1ses devoirs et de .ses droits de

signataire du traité de Paris, mais encore dans l'inté11èt des bons rapports

à venir des puissances garantes entre elles à l'égard des affaires de la Turquie

en général. Le Congrès de Paris a fait preuve d'une haute sage~se et d'une prévoyance bien justifiée par lcs événemens antérieurs, en donnant un caractère e&sentiellement collectif à l'ingérence des puissances garantes dans les queGtions relative;; à la Turquie. C'est donc avec un regret bien motivé que nous avons vu l'incident qui vient de se produire à Constantino.ple porter atteinte aux garanties établies par le traité de 1356 pour la régularité des relations de la Turquie avec h~3 puissances garantes '' (1).

Dans un autre ordre d'intéréts, il n'est pas hors de propos de noter ici que nos communications avec l'Orient sont désormais facilitées par le cable télégraphique posé dernièrement entre Otranto et Vallona. Des dispositions sont prises soit d'accord avec le Gouvernement ottoman, soit à l'égard de notre système télégraphique intérieur, pour la transmission rapide des dépèches dirigées d'Europe en Orient par l'Italie. Cette lìgne nous mettra en rapport direct avec les Indes, et bientòt peut-étre avec l'extréme Orient, lorsque le réseau de la Turquie d'Asie et la ligne du golfe Persique seront établis.

Une convention télégraphique a été conclue avec la Suisse le 6 juillet. Elle repose, comme les autres conventions télégraphiques con2lues dans ces dernières années par le Gouvernement du Roi, sur le protocole de Bruxelles de 1858, auquel ont adhéré presque tous les Etats européens. Les tarifs italo-suisses ont été notablement réduits, et la Suis3e a accordé des facilités nouvelles pour le transit des dépeches sur son territoire.

Le Gouvernement du Roi a pris part à la Conférence réunie à Genève en Aout dernier pour les sauvegardes à garantir aux blessés en temps de guerre. Les délibérations ont pris pour point de départ un programme !Prépa~é dès l'an dernier par une assemblée purement scientifique. Deux plenipotentiaires italiens, dépendants l'un du Ministère des affaires étrangères, l'autre du Min~stère de la guerre, ont signé le Protocole auquel la Conférence a abouti. Cet acte porte la signature des représentants de la plupart des puissances; un petit nombre, l'Autriche entre autres, n'a pas voulu y participer. Il contient des dispositions tle deux ordres divers: les unes purement techniques, relatives au service des ambulances et aux f;:;cilitations réciproques que les belligérants devront y introduire; les autrcs ont un caractèl·e diplomatique et international, et conr3istent dans les obligations prises par les Gouvernemens signataires du Protocole; telles sont les exemptions de contributions, l'hospitalité obligatoire, la neutralisation de::; édifices, du matériel et du personnel des ambulances, ainsi que des blessés eux-memes, etc.

J'ai à Vous r.ignaler à l'égard de nos relations avec l'Amérique, les missions accréditées auprès du Gouvernement du Roi par S. M. l'Empereur du Mexique, par la République de Venezuela, par les Etats-Unis de Colombie et par la République Argentine. Vous n'ignorez pas, Monsieur, qu'il existe dans ces contrées un grand nombre d'italiens, et que nous y avons des intérets considérables. Ces intéréts se développent rapidement, et le Gouvernement voit avec plaisir des

t:elations diplomatiques nouvelles préluder aux rapports plus étendus que l'Italie devra avoir par la suite avec ces régions. C'est avec le Mexique surtout que nos relations doivent recevoir de nouveaux dévelo:ppements, et les procédés amicaux avec lesquels S. M. l'Empereur Maximilien a notifié ,son avènement à notre Auguste Souverain sont d'un bon augure pour nos relations futures avec cet Etat.

La Légation italienne accréditée auprès des républiques sud-américaines du Pacifique s'est installée à Lima, où elle pourra, avec l'aide du Consulat de I.ère Catégorie récemment institué dans la mème résidence, étendre sur nos nationaux et sur leurs intéréts une protection jusqu'ici incomplète, et devenue plus nécessaire que jamais ~dans la situation extérieure actuelle du Pérou.

Les deux Consulats de I.ère Catégorie récemment établis à San Francisco et à la Nouvelle Orléans ont aussi inauguré leurs fonctions. Le Consul du Roi à San Francisco y a trouvé la nombreuse colonie italienne en situation prospère et très-satisfaite de jouir d'une protection consulaire plus efficace. Il en a été de méme à la Nouvelle Orléans, où les italiens, unis par une association fraternelle de secours et d'assistance, offrent un remarquable modèle de concorde et de cordialité.

Le Consul de la méme catégorie envoyé à Melbourne y a été reçu avec des sentimens analogues par la colonie italienne; celle-ci prend part à ce mouvement de rapide ascension d'une situation modeste à une grande prospérité, qui est le caractère propre des colonies australiennes. L'institution de ce Consulat sera avantageuse à notre navigation qui n'entretient pas actuellement avec l'Australie les relations que comporteraient les intéréts et le commerce que nous avons dans cette contrée.

(1) Cfr. Drouyn de Lhuys a Malaret del 15 ottobre 1861 in Les Origines diplomatiques .de la guerre de 1870-71, vol. IV, cit., pp. 254-258.

(2) Cfr. n. 286.

(1) II brano fra asterischi è edito in LV 8, pp. 375-376, con qualche modifica all'ultimo capoverso.

(1) Il brano fra asterischi è edito in LV 8, pp. 336-338.

341

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, A VITTORIO EMANUELE II

(Eredità Nigra) (1)

L. P. Parigi, 21 ottobre 1864.

Je remercie vivement V. M. de la bonne lettre qu'Elle m'a fait l'honneur de m'adresser (2). Je l'ai méditée longuement et je m'empresse d'y répondre en faisant appel à toute l'indulgence de V. M.

Je sais par expérience qu'une démarche intempestive peut avoir des suites fàcheuses. Le récent exem,ple de celle ~concernant le transport de la capitale en est une preuve. Aussi avant de faire une communication aussi grave que celle contenue dans la lettre de V. M., j'ai cru qu'il était de toute nécessité de reconnaitre le terrain, et de rendre compte, au préalable, à V. M. de l'effet que selon toute probabilité elle ferait sur l'esprit de l'Empereur.

La communication que V. M. désirerait faire à l'Empereur peut se rèsumer dans ces trois points:

I. Demander à l'Empereur d'initier la question de la Vénétie par un Congrès ou bien

2. -Demander à l'Empereur de traiter cette meme question directement avec l'Autriche 3. -Préparer en tout cas l'Empereur à l'éventualité prochaine d'une guerre entre l'Italie et l'Autriche.

D'après les informations confidentielles que je me suis adroitement procurées, informations qui sont, du reste, conformes en tout point à ce que je savais déjà des dispositions de l'Empereur, il résulte que l'Empereur ne serait pas disposé à accueillir les deux premières demandes, et voici les raisons.

L'Empereur a émis l'année .passée l'idée du Congrès. Elle a été rejetée par toute3 les grandes Puissances et surtout par l'Autriche. L'Autriche a déclaré en cette occasion qu'elle n'accepterait de Congrès, qu'autant qu'elle aU?·ait la certitude que la question de la Vénétie n'y serait pas posée. Redemander un Congrès, et le redemander précisément pour y traiter cette question, équivaudrait à s'exposer à un refus certain.

L'Empereur ne peut pas s'exposer à un refus, à moin:s qu'il ne le cherche exprès pour avoir un prétexte de faire la guerre. Mais, ainsi que j'aurai l'honneur de l'exposer tout à l'heure à V. M., l'Empereur ne veut pas la guerre. Cela étant, il ne voudra pas de gaieté de coeur exposer sa dignité à la certitude d'un refus. La question de traiter directement avec l'Autriche .pour une cession pacifique de la Vénétie sera écartée pour la meme raison. L'année passée j'avais prié l'Em,pereur d'en faire dire un mot à Vienne. L'Empereur n'a pas voulu. Il m'a di t alors que cela pourrait etre fait sans inconvénient par l'Angleterre, mais non par la France. Un refus donné à l'Angleterre n'aurait pas, en effet, les conséquences d'un refus donné à la France. Il est certain que I'Autriche se retusera à écouter quelque proposition que ce soit à ce sujet. Dès lors la posu10n serait la meme que dans le cas précédent, c'est à dire que l'Empereur devrait ou essuyer le refus de l'Autriche sans souffler mot, ou bien en prendre prétexte pour déclarer la guerre, ce qui est bien Ioin de ses idées.

Passons maintenant au 3ème point. L'Empereur nous conseille à faire une politique d'ordre, d'épargne, et, par conséquent de désarmement. C'est le conseil qu'il nous donne constamment Iorsque l'occasion s'en présente: mettre les finances en ordre et attendre. Voilà son axiome. Cependant si V. M. lui disaìt qu'elle est absolument forcée à fa1re la guerre à l'Autncne, !'~mpereur repondrait: • faites-la, mais ne comptez pas sur mo1: si l'Autncne vous attaque, vous. pouvez .compter sur la simpathie de l'Europe et sur les précédents de ma politique, mais si c'est vous qui attaquez, tirez vous d'affaire •.

Telle serait sans nul doute la réponse de l'Empereur. Est-ce à dire que si l'Italie était battue. si l'Autriche envahissait la Lombardie et le Piémont la France resterait l'arme au bras? Je ne le rpense ;pas. L'Em,pereur viendrait nous aider, et redescendrait 'peut ètre une seconde fois en Italie. Mais à quelles conditions? L'idée de la fédération reviendrait peut-étre sur le tapis et par conséquent la

perte de Naples serait peut etre l'un des résultats de cette position. Cette prévision me parait extrèmement grave, et je ne peux à moins d'appeler sur elle toute l'attention de V. M.

Mais est-ce que l'Empereur est réellement contraire à toute idée de guerre? Oui, Sire: je n'hésite point à l'affirmer. n y est contraire rpar des raisons personnelles. Il y est contraire par des raisons de politique générale intérieure et extérieure. En voulez Vous une preuve, Sire? Il n'y a pas longtemps l'Angleterre le sollicitait pour faire la guerre en faveur du Danemark. L'occasion était magnifique. La reconstitution de l'alliance occidentale (France, Angleterre, Italie et avec elles, le Danemark et la Suède) la solution de la question vénitienne, la frontière du Rhin à la France. Tel devait etre le résultat de la campagne. Eh bien! l'Empereur a refusé net. Il faut bien dire aussi que l'opinion publique en France ne fut jamais aussi pacifique qu'a présent. Il y a ici une véritable mge dc pa.ix. Les tendances du Corps Législatif, du Sénat et de toute cette partie de l'opinion publique qui a le moyen et l'occasion de se manifester, est dans un sens opposé à la guerre, dans le sens des réformes libérales à l'intérieur. Il faut également ne pas perdre de vue la situation générale de l'Europe. Elle n'est pas favorable à une guerre faite par la France. V. M. se rappellera que l'Empereur s'est arreté à Villafranca, au milieu d'une campagne victorieuse, étant parfaitement sur de l'Angleterre, étant presqu'allié à la Russie. Comment se déciderait il à tirer l'épée maintenant contre l'Autriche avec l'Angleterre peu sure, la Russie froissée, irritée, hostile, la Prusse capable de se joindre à l'Autriche pour peu que celle-ci la laisse faire à sa guise dans les Duchés, l'Allemagne toute entière ayant la menace à la bouche et la défiance au coeur? Non Sire, l'Empereur ne veut pas faire la guerre, et si nous le forçons, en cas de défaite à repasser les Alpes, il y mettra peut etre des conditions que V. M. ne pourra jamais accepter. Ces conditions ne seront certes pas des annexions à la France de quelques morceaux de territoire italien. L'Empereur n'y pense pas. Mais ces conditions consisteront dans un retour à des idées de confédération. Telle est, du reste, ma conviction.

Dans cet état des choses, je me demande, Sire, s'il est bien sage de mettre en avant l'idée d'une guerre au printemps, entre l'Italie et l'Autriche. Je ne suis pas compétent en matière de guerre. C'est à V. M. et à ses généraux de juger si nous sommes en mesure de faire seuls la guerre à l'Autriche. Je me permets seulement de faire humblement remarquer à V. M. que si l'on n'a pas à cet égard une convktion absolue et fondée, V. M. et ses Miinistres ne peuvent pas risquer ainsi la couronne de V. M., l'avenir de ses enfants, les destinées de la Nation. Que V. M. me pardonne, je la supplie, la franchise de mon langage. Mais je crois de mon devoir de répondre par la plus grande franchise à la confiance dont V. M. m'honore.

Certes, ce que V. M. me dit des conditions intérieures du pays est bien grave et bien triste. Je ne me dissimule nullement les énormes difficultés contre lesquelle3 V. M. doit lutter. Mars je suis convaineu que V. M. pourra les vaincre. Elle en a vaincu bien d'autres! Seulement il est indispensable de rétablir l'autorité dans le pays. Que V. M. parle ferme et haut: qu' elle fasse bien savoir au parti de l'action qu'elle est clisnosée à le combattre è outrance s'il ne se tient pas tranquille, et la guerre civile sera évitée. La crise actuelle est passagère. Tous les éléments honnetes, et ils sont, Dieu Merci, l'immense majorité, se rallieront, comme ils l'ont toujours fait, autour de V. M. Personne en Italie n'a le droit d'etre plus Italien que Vous, Sire. Qu'on le sache et qu'on le dise, et tout ira bien. Et Iorsque le temps sera venu, lonsque la situation de l'Europe le permettra, alors, mais alors seulement, on pourra tirer l'épée avec la certitude du succès. En attendant il est de la plus haute importance, il est inclispensable qu'on mette ordre aux Finances, car • senza quattrini non si fa all'amore •.

Lorsque je suis revenu à Paris, j'ai trouvé l'Empereur sous la mauvaise impression des faits de Turin et du changement de Ministère. J'ai longuement expliqué à S. M. les causes et les malentendus qui avaient produit ce résultat, et j'ai surtout démontré la nécessité où V. M. s'était trouvée, de changer de Ministère.

Je lui ai porté en meme temps des assurances catégoriques de la part du nouveau Ministère sur l'exécution de la Convention. J'ai été assez heureux, Sire, pour dissiper toute mauvaise impression dans l'esprit de l'Empereur.

Mais si maintenant, à un intervalle si rapproché, on faisait à l'Empereur une communication dans le sens de la lettre de V. M., je suis convaincu qu'elle ne serait pas la bienvenue, et qu'elle produirait un mauvais effet.

En soumettant ces réflexions à l'examen de V. M. je fais appel une seconde fois, à l'indulgence et à la bienveillance de V. M .....

(1) -Ed. in italiano in MoNTI, pp. 338-342. (2) -Cfr. n. 328.
342

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in Carteggi Nigra, pp. 80-81)

L. P. Parigi, 22 ottobre 1864.

Confermandole il mio telegramma di oggi, La prego di fare al mio rapporto del 15 settembre la seguente correzione: invece delle parole • Fu egualmente inteso che la Convenzione era una conseguenza del principio di non intervento etc. • bisognerà mettere queste altre; • Noi dichiarammo egualmente che ecc. •

La ragione di questa correzione si è che quando noi fecimo questa dichiarazione, l'Imper:ttore non trovò nulla a ridire, e Drouyn de Lhuys conservò egualmente il silenzio. Il solo Rouher, presente alla Conferenza confermò esplicitamente il principio da noi invocato. Non si può adunque dire che vi sia stata una intelligenza esplicita; ma vi fu una dichiarazione nostra, non contraddetta.

L'Imperatore il suo Ministro degli Affari Esteri sono assai preoccupati della discussione che avrà luogo nel nostro Parlamento. I nostri nemici aspettano con impazienza l'occasione di coglierci in fallo. Fo voti perchè queste speranze siano deluse dalla prudenza dei nostri rappresentanti.

La not._:'ia dell'uccisione dei due gendarmi francesi fece naturalmente pessima impressione 1sull'Itnperatore. Ma alla data delle mie informazioni non era ancor giunto il rapporto di Montebello. Tuttavia ho ragione di credere che questo fatto non avrà altra conseguenza immediata fuor quella di confermare l'Imperatore nella convinzione sulla necessità di uscire il più presto possibile da Roma.

11 fogliettino qui unito Le darà un'idea del linguaggio che tiene il Signor Drouyn de Lhuys intorno all'interpretazione della Convenzione; linguaggio che va accentuandosi in proporzione delle dichiarazioni contrarie fatte dai giornali e dei discorsi che interpretano la Convenzione come una più o meno prossima caduta del potere temporale.

S.i dà per compiuto il matrimonio del Conte d'Eu, figlio primogenito del Duca di Nemours, colla Principessa ereditaria del Brasile. Si annunzia egualmente pel dicembre il matrimonio della secondogenita dell'Imperatore del Brasile col Principe Augusto di Sassonia-Coburgo-Gotha, figlio della Principessa Clementina d'Orléans.

Giacchè parlo di matrimonii principeschi, devo dirle, per ogni buon fine, che dalla Colonia ruS'sa di Parigi si va dicendo sommessamente che_la PrincipeS'sa Eugenia di Leuchtenberg, figlia della Granduchessa Maria, e nipote dello Czar potrebbe essere un partito conveniente pel Principe Umberto.

Il viaggio dell'Imperatore Napoleone a Nizza è fissato per giovedì. Non era possibile evitarlo senza scortesia. L'Imperatore Napoleone aveva fatto domandare da Fleury quando poteva .presentare i suoi omaggi all'Imperatrice di Russia. Lo Czar rispose che sarebbe stato lieto se ciò avvenisse mentre egli era a Nizza, e peJ •caso in cui all'Imperatore Napoleone H viaggio paresse troppo lungo, lo Czar si offriva a venire in qualsiasi altra città della Francia. In presenza di una tale risposta, non c'era più da esitare; e la partenza per Nizza fu finalmente decisa (1).

ALLEGATO

Parigi, 22 ottobre 1864.

Hier soir, M. Drouyn de Lhuys a fait envoyer, par l'Agence Havas, la note suivante à tous les journaux officieux d es départements et de l'étranger:

• Au moment où va étre discuté, par le Parlement Italien, le projet de transporter de Turin à Florence la Capitale de l'ltalie, la question des engagements pris par les cabinets des Tuileries et de Turin, afin que Rome évacuée par nos troupes soit, ainsi que son territoire, placée sous la sauvegarde du Gouvernement italien, donne lieu à des interprétations erronées contre les quelles il faut se tenir en garde.

On émet, notamment, la pensée que Florence ne serait qu'une sorte de grande halte entre Turin et Rome; en d'autres termes que Florence serait la Capitale provisoire en attendant Rome. Ni la lettre, ni l'esprit de la Convention du 15 septembre ne permettent une semblable équivoque. C'est parce que le Gouvernement

Italien cesse de revendiquer Rome pour Capitale, non seulement dans le présent, mais encore pour l'avenir, que le Gouvernement français consent à retirer ses troupes de la Capitale pontificale dans un délai déterminé. Supposer que le Cabinet impérial pourrait donner la main à toute autre combinaison et qu'il permettrait une infraction aux engagements pris, c'est méconnaitre l'esprit qui n'a cessé d'animer sa politique dans la question romaine et qui lui permettra de la résoudre aujourd'hui, sans dommage pour les intérets de la Papauté et en faisant aux aspirations de l'Italie une part légitime.

Hier, des personnes qui fréquentent la Chancellerie autrichienne prétendaient que les nouvelles dépeches reçues de Vienne confirmaient la résolution prise, par l'Empereur et son Conseil de garder, dans les circonstances actuelles, une attitude d'inaction et d'expectative, attitude conseillée également à la Cour de Rome.

(1) Si pubblica qui un brano di una lettera del 12 ottobre di Vimercati a Visconti Venosta (AVV): • Egli [Rouher] mi dice che nella lotta ha trionfato in tutta la linea. Facendo una concessione di persona cioè consentendo a rimanere a suo posto con Drouyn de Lhuys, non fece nessuna concessione di principii -il suo programma per intero è adottato -rammenta le mie lettere che ti ho scritto da Parigi e ve lo troverai preconizzato. Ravvicinamento alla Russia da una parte, all'Inghilterra dall'altra. Fare ogni sforzo per isolare l'Austr~a onde terminare la questione italiana, incominciando col proporre trattative d'accordo col. Gabinetto di Londra onde lasciare a lei solo la responsabilità e l'odiosità degli eventi •.

343

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI. LA MARMORA

R. 77. Parigi, 25 ottobre 1864.

Ieri il Signor Drouyn de Lhuys mi diede lettura, in via riservata, di un dispaccio confidenziale diretto al Ministro di Francia a Torino (1), nel quale il Ministro imperiale degli Affari Esteri riassume un colloquio che ebbe luogo in sua presenza a Saint-Cloud fra S. M. l'Imperatore e il Marchese Pepoli. Si<:come il Barone di Malaret ebbe istruzione di dar lettura confidenziale di questo dispaccio all'E. V., mi astengo di qui riferirne il contenuto. In questa occasione il Signor Drouyn de Lhuys mi espresse la speranza che il Governo del Re farebbe il ,possibile .per evitare che la discussione che sta per aprirsi nel Parlamento italiano sulla Convenzione del 15 settembre si porti sopra eventualità future e lontane, eventualità che la Convenzione non poteva e non doveva contemplare. Se, mi disse egli, nell'avvenire si presentasse una situazione nuova che noi non possiamo prevedere, vi sarà luogo ad avvisare alle <'Ontseguenze, le quali scaturibbero, non più dalle stipulazioni della Convenzione, ma da una nuova situazione indipendente da essa.

344

IL MINISTRO RESIDENTE A COPENAGHEN, DORIA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 910. Copenaghen, 26 ottobre 1864, ore 18,20 (per. ore 23).

Selon toutes Ies apparences le traité de paix sera paraphé demain à Vienne.

(1) Del 20 ottobre, ed. in Les origines diplomatiques de la guerre 1870-71, vol. IV, cit., pp. 276-277.

345

IL SEGRETARIO DELLA LEGAZIONE A PARIGI, ARTOM, AL DIRETTORE DELL'OPINIONE, DINA

(Copie Artom; ed. in CHIALA, p. 318)

L. P. Parigi, 26 ottobre 1864.

L'assurda favola che io t'abbia comunicata la notizia della Convenzione e del trasporto della capitale e che questa notizia, pubblicata da te, abbia cagionato i disordini di Torino, continua a fare il giro dei giornali. So che essa fu messa in giro per la prima volta dal Marchese Pepoli: fu il Ministro Sella che me lo disse, in presenza del signor Landau. Come tu capirai io non posso rimanere sotto l'imputazione d'una grave imprudenza di tal genere. l Ministri Minghetti e Viscosti non m'avrebbero trattato con tanta benevolenza se me ne avessero creduto colpevole. Ad ogni modo io ti prego in nome della nostra vecchia amicizia di parlare di ciò al Marchese Pepoli e di dimostrargli che egli sarebbe verso di me colpevole d'una grave calunnia se non 1smentisse queste assurde voci, ch'egli fu il primo a diffondere. Non ti sarà difficile di provargli che io non ti parlai ma,i del trasporto della capitale; che il tuo giorna'le non ne parlò che dopo Ja Gazzetta del Popolo ed altDi giornali avversi all'antico Ministero; che le tue corrispondenze da Parigi ti avevano già informato della conclusione dei negoziati prima ancora che la Convenzione foSse stata firmata.

Ti :prego di mostrare questa lettera ai Signori Minghetti, Visconti e Peruzzi. Essi potranno attestare delle minute precauzioni che ho preso per la firma dei pieni poteri e le ratifiche della Convenzione.

Sarei 1stato un matto se, nel tempo stesso, volessi tradire il loro segreto, comunicandolo ad altri.

Sai che io sono per natura alieno da ogni pubblicità. Ma non potrei non difendere il mio onore da simili accuse. Si è perciò che faccio appello a te, che potrai, non ne dubito, convincere il Marchese Pepoli, che i suoi sospetti verso di me sono calunniosi ed ingiusti.

Ti ringrazio anticipatamente (1).

346

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 912. Parigi, 27 ottobre 1864, ore 12,50 (per. ore 13,50).

On me P'révient confidentiellement qu'une bande de 50 ou 60 volontaires· devait partir hier de Pavie pour le Tyrol; une autre bande devait partir le meme jour de Milan pour entrer dans le Trentin par la Val Camonica.

(1) Cfr. in CHIALA, pp. 318...319 una lettera di Dina a Minghetti del 14 novembre che discolpa Artom da queste accuse.

347

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 921. Costantinopoli, 27 ottobre 1864, ore 13,30 (peY. ore 21,45 cle! 29).

Aalì pacha en réponse à ma protestation vierrt de me remettre une note officielle pour confirmer et expliquer les motifs du refus à notre admission dans la question du Liban, en ex,primant dans les termes les plus ,courtois, désir de resserrer de plus en plus !es liens d'amitié entre la Turquie et l'Italie.

348

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI GAROFOLI

D. 3. Torino, 27 ottobre 1864.

Ho ricevuto il Rapporto N. 37 della serie politica che Ella mi dirigeva in data 18 del corrente (1) per riferirmi le attuali disposizioni del Governo della Regina riguardo all'Italia. Io la ringrazio di tale comunicazione dalla quale risulta, che in seguito della Convenzione italo-franca, ia Corte di Madrid non si mostra disposta a riconoscere il Regno d'Italia. Stimo opportuno a questo proposito ricordare alla S. V. Illustrissima che siffatto riconoscimento non deve formare per noi argomento di sollecitazioni di sorta. Non tocca a noi l'additare agli uomini che reggono i destini della Spagna la via che debbono seguire pC~r tutelarne gl'interessi e restituirle ,l'influenza che le compete nel consorzio europeo. Il ricono~dmento del Regno d'Italia infatti tornerebbe utilissimo tanto alla politica estera come pure alla politica interna del Gabinetto di Madrid. Sarebbe codesto tal atto da contribuire efficacemente a riconciliare la Spagna coll'opinione libera,le di tutta Europa, presso cui, non giova dissimularlo, ella non conta che pochi ed incerti amici i quali, mentre ne censurano l'atteggiamento politico. ,-;perano tuttavia nelle doti della nazione spagnuola per vederla tornare a consigli più conformi ai suoi naturali interessi. D'altra parte, non v'ha dubbio che il ripristinamento di amichevoli rapporti coll'Italia torrebbe un'arma potente agli oppositori dell'interno i quali nell'attitudine del Governo spagnuolo verso il nostro Regno attingono nuovi elementi di forza e d'influenza.

Questi ed altri non minori benefizi trarrebbe, a parer nostro, il Gabinetto di Madrid dal riconoscimento del Regno d'Italia. Tal argomento però vuoi essere interamente abbandonato alla apprezzazione del Gabinetto medesimo che è solo giudice delle proprie convenienze. Quanto a noi, egli sarà sempre con animo ·lieto e sincera compiacenza che accoglieremo l'atto di riconoscimento del Regno

d'Italia .per parte della Spagna, perciocchè in esso ravviseremo tal prova di amicizia che ci farà augurare bene delle future relazioni tra i due popoli; ma frattanto nè la nostra dignità consente, nè i nostri interessi richieggono che prendiamo alcuna iniziativa riguardo al compimento di un atto il cui merito .consisterebbe appunto nella sua spontaneità (1).

(1) Cfr. n. 334.

349

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 78. Parigi, 27 ottobre 1864 (per. il 29).

Il Conte Rechberg, secondo le informazioni da me avute, avrebbe dichiarato .recentemente all'Ambasciatore inglese a Vienna che l'Austria non intende dare consigli a Roma intorno alla condotta da tenersi relativamente alla convenzione del 15 settembre.

Il trattato di pace tra le Potenze Germaniche e la Danimarca è parafato e sarà firmato dopo domani.

Il Conte dt Bismark, Presidente del Consiglio dei Ministri di Prussia fu qui di passaggio. Vide l'Imperatore e il Signor Drouyn de Lhuys. Quest'ultimo mi disse che il Signor di Bismark entrò egli stesso in discorso intorno ai rumori che erano corsi su pretese guarentigie delle possessioni venete date dalla Prussia all'Austria. Le smentì formalmente e soggiunse che ove queste guarentigie fossero 'state date egli si sarebbe taciuto e non sarebbe venuto egli stesso pel primo a parlare di queste cose. La Prussia, conchiuse egli, non è legata coll'Austria da altri obblighi che da quelli che risultano dal patto federale e dall'azione comune intrapresa per r~solvere la questione dei ducati.

Il Signor Drouyn de Lhuys mi disse che trovava il mio dispaccio del 15 Settembre troppo pa'flamentare, ma mi dichiarò lealmente che il suo contenuto era conforme alla verità. Egli desidera vivamente che le dichiarazioni che saranno fatte dal Mini,stero non siano talmente accentuate da forzarlo a dare dal suo lato un'interpretazione della Convenzione al suo punto di vista.

Il Ministro Imperiale degli Affari Esteri mi ha pur detto che da qualche parola sfuggita al Papa e al Cardinale Antonelli nei loro colloquli col Conte di Sartiges parrebbe resultare che la. Corte di Roma non sarebbe, in un avvenire più o meno prOBsimo, lontana dall'ascoltare parole di accomodamento da parte dell'Italia, almeno su certe questioni ecclesiastiche pendenti.

13 -Doc1·menti diplomatici -Serie I -Vol. V

L'impressione del Signor Drouyn de Lhuys è che in tal caso bisognerebbe

che il Re mandasse a Roma non un ecclesiastico ma un laico, che fosse persona

autorevole, benevisa e di specchiata prudenza.

Le riferisco ad ogni buon .fine queste cose, affinché l'E. V. possa, quando

sia opportuno, avvisare al da farsi.

(1) Cfr. quanto scriveva Cavalchini nel R. 38 del 7 novembre che risponde a questo dispaccio: • ... vidi che continua ad essere saggio proposito del Governo del Re conservare una prudente riserva per ciò che riguarda il riconoscimento dell'Italia per parte di Spagna;ed in verità sono giuste le ragioni in esso dispaccio enumerate, ché da questo riconoscimento il vantaggio reale sarebbe per intero in beneficio del Governo di Spagna, il quale farebbe credere sì all'estero che all'interno ad un cambio favorevole alle idee liberali. Io ebbi sempresiffatto pensiero, e credo averlo svolto spesso nei miei rapporti; epperciò sarammi cosa facile attenermi agli ordini recenti di V.E. •.

350

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, RATI OPIZZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 6. Berlino, 27 ottobre 1864 (per. il 31).

Depuis ma dernière dépeche en date du 23 courant (1) j'ai pu obtenir des données ultérieures sur la nature, la portée et les chances de la crise ministérielle de Vienne. Cette crise, qui date dès le 15 du mois de Septembre, porte à un véritable changement de système plutot qu'à un changement de personnes dans le Ministère.

Dans l'espoir d'une entente profitable avec les deux autres Cours du Nord, l'Autriche avait suivi la politique Russe en Pologne, et la politique Prussienne en Allemagne. Cette condescendance lui avait valu les entrevues de Karlsbad et de Kissingen. Préc.isement au moment où l'on commençait à s'entendre, la Convention Franco-Italienne est venue jeter le trouble et la confusion dans ces trois Cours. Mais tandis qu'après le premier moment de surprise, le Prince Gortchakoff et M. de Bismark calculaient qu'en effet ils étaient libres de toute complication devant l'acte du 15 Septembre, M. de Rechberg par contre était, pour ainsi dire, mis en demeure de se prononcer. Cette nouvelle position, était trop défavorable à l'Autriche, pour que l'entente entr'elle et les deux autres Cabinets put conthiuer dans les memes conditions.

Le Gouvernement Autrichien se serait trouvé complètement isolé, s'il avait pris une attitude provoquante. Ainsi dès le 15 Septembre on se demanda de suite à Vienn.e s'il fallait accepter franchement les conséquences de la convention Franco-Italienne, ou se draper seulement dans une feinte réserve, et attendre les bénéfi·ces du temps. Enfin on discute à Vienne à pcrésent, si l'heure ne serait pas arrivée pour la Maison d'Autriche, de ne plus sacrifier à la tradition historique de l'Allemagne et de l'Italie, l es destinées qui lui restent encore dans l'Orient.

Cette tradition dynastique a poussé en 1859 le Chef de la Maison Impériale à la campagne d'Italie, et il a été battu; en 1863 elle lui a conseillé la tentative de Francfort, et il a échoué. Après ces mécomptes, l'Empereur François Joseph se trouve aujourd'hui parla force des choses au croisement de deux voies biviaires, qui ne peuvent l'amener que vers le France, ou vers la Russie.

Ainsi je pense que la crise ministérielle de Vienne àurera encore jusqu'à ·Ce qu'on connaisse la nature des rapports entre l'Empereur Napoléon et l'Empcreur Alexandre. Si on pouvait déplacer le lieu de la lutte, si l'entrevue de Nice a un résultat négatif, la scène subirait probablement une metamorphose complète. L'entente de la France et de l'Angleterre se rétablissant sur un champ commun, selon m o i la détermination de l'Autriche ne serait plus douteuse.

C'est la -crainte du peu de sincérité dans la rivalité de la France et de la Russie, qui rend moins entreprenants à Vienne les partisans, pas trop nombreux, d'une entente Ocddentale. Car l'Autriche a tout à la fois la conscience de son danger et de la faiblesse de ses moyens vis-à-vis de la Russie -interposée entre les principes ennemis de l'Orient et de l'Ocddent, l'Autriche contient aussi en elle meme cette opposition. C'est par ces considérations que les partisans de la Russie à Vienne éloignent l'Empereur François-Joseph d'un rapprochement avec la France et qu'ils l'entretiennent dans son hostilité à l'égard du Royaume d'Italie.

Par conséquent pour l'Autriche la crlse actuelle n'est pas une crise de Ministère, c'est une crilse d'avenir. Si un nouveau système ne s'en suit pas, c'est que la Russie l'aura empeché.

En tout cas l~ crise actuelle a une proportion plus .grandiose que celle d'une simple lutte de personnes, entre M. de Rechberg et M. Schmerling. Ce dernier fait plus de bruit dans les journaux qu'il n'a d'influence positive dans les pays de l'empire. En outre il ne jouit de la confiance de son souverain. M. de Schmerling n'est que l'enfant cheri de Vienne, et je suis très porté à croire que l'Empereur François-Joseph l'a nommé Ministre en 1859, .pour se faire pardonner par la bourgeoisie de cette Ville la perte de la Lombardie.

M. de Bismark tsera ici demain ou après demain. Il serait témeraire de préjuger les projets que ce Ministre Président peut rapporter de Paris, soit à l'égard de sa politique en Allemagne, soit à l'égard de la ligne de conduite qu'il suivra avec l'Autriche. Il travaiHera certainement à faire ,surgir des éventualités [profitables à la Prusse, mais il ne règlera ses déterminations définitives que d'après les faits qui se seront accomplis. M. de Bismark dans sa politique entreprenante se base sur le présent et ne bàtit par sur les possibilités de l'avenir, il suit assez strictement le conseil évangélique • Sufficit diei malitia sua • (1).

• Je ne saurais dans ces premiers jours indiquer avec exactitude a V. E. quelle sera à cet égard la ligne de conduite qui sera suivie par le Comte de Mensdorff-Pouilly. Si, ses alliances de famille laissent supposer qu'il pencherait pour les anciennes traditions AustroAnglaises, son passé diplomatique à St. Pétersbourg et les sympathies toutes particulière.:s qui lui étaient accordées par feu l'Empereur Nicolas, donnent motif de croire qu'il sera persona gratissima à la Famille de Russie.

Comme de raison ses premières conversations officielles se forceront d'établir que dans le fond rien n'est changé à la politique suivie par le Ministre précédent. C'est le formulaire de tous les Ministres. Je crois cependant qu'en donnant ces explications il sera dans le vrai. Prenant des formes conciliantes vis-à-vis de la France, M. de Mensdorff ne fera que suivre !es derniers actes de M. de Rechberg. Ce Ministre, dans une note confidentielle et v.erbale que le Prince de Metternich doit avoir remis à M. Drouyn de Louys, a apprécié d'une manière très calme et très conciliante les motifs qui ont amené le. Cabinet Français à l'acte du 15 Septembre. Ainsi le Comte de Mensdorff continuera sans doute les tendances politiques du Iangage

-tenti à sa dernière heure par son prédécesseur ».

(1) Non pubblicato.

(1) Con R. confidenziale 7 del 30 ottobre Rati dette notizia della nomina a ministro degli Esteri austriaco dei conte Mensdorff-Pouilly. Di questo rapporto si pubblica solo il brano seguente:

351

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA,

AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 424. Torino, 28 ottobre 1864, ore 9,30.

Le Baron de Malaret m'alula note (1). J'ai reçu aussi votre dépeche du 25 (2). Dites-moi si la déclaration de Drouyn de Lhuys doit etre interprétée dans un sens favorable ou menaçant. Répondez par télégraphe.

352

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(Ed. in Carteggi Nigra, p. 92)

T. 915. Parigi, 28 ottobre 1864, ore 13,10 (per. ore 14).

La note de Drouyn de Lhuy:s ne m'a pas paru menaçante, je crois qu'il faut l'interpréter dans un sens plutòt favorable.

Drouy:n de Lhuys m'a dit hier qu'il trouvait ma dépeche du 15 septembre (3) un peu trop parlementaire, mais il avoua loyalement que son contenu était vraL Je crois que si nous ne dépassons pas les déclarations de cette dépeche Drouyn de Lhuys ne pourra pa's nous contredire. Une lettre de Vienne qu'on suppos;e pas de source officielle donne camme conséquence du changement ministériel la détermination du Cabinet de Vienne de reconnaitre l'Italie.

353

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 427. Torino, 28 ottobre 1864, ore 16.

Reçu votre réponse. Ce que vous me faites connaitre de votre entrevue avec M. Drouyn d~ Lhuys n'est pas d'accord avec ce que le baron de Malaret est venu me lire hier. Demandez au ministre des affaires étrangères communication de ce qu~ a été écrit au baron de Malaret; vous verrez que tand~s que

M. Drouyn de Lhuys vous parle de ne pas dépasser, il mande au baron de Malaret que nous devons compléter par nos déclarations au parlement votre note du

15 septembre faite à un point de vue exclusivement italien, faute de quoi le Moniteur publiera quelques-unes des dépeches adres.sées de Paris à M. de Malaret. Ceci signifiierait que nous devons nous écarter du sens de votre note du 15 septembre, ce qui nous serait impossible.

(1) Il rapporto di Malaret sul colloquio con La Marmora è edito in Les origine~ dip~omatiques de la guerre 1870-1871, vol. IV, cit., pp. 286-290.

(2) -Cfr. n. 343. (3) -Cfr. n. 226.
354

1L MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 917. Parigi, 28 ottobre 1864, ore 19,40 (per. ore 21,10).

D'après ce qu'il me revient les volontaires qui devaient partir de Pavie se sont rendus par groupes de 6 à Edolo où ils doivent recevoir des armes. Ceux de Bezzi sont partis dans plusieurs voitures pour Bagnolino où ils trouveront également des armes. On attend Menotti Garibaldi à Milan, et on pense que Mazzini <se rendra à Lugano et peut-étre méme en Italie dès qu'il apprendra que les volontaires ont passé la frontière qui serait peu surveillée.

355

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(Ed. in Carteggi Nigra, p. 92)

T. 918. Parigi, 28 ottobre 1864, ore 20 (per. ore 21,10).

J'irai demain demander des explications à Drouyn de Lhuys, en attendant je vous confirme que le contenu de ma dépéche est parfaitement vrai et Drouyn de Lhuys lui-méme me l'a avoué hier.

356

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERNA, JOCTEAU

T. 428. Torino, 28 ottobre 1864, ore 22,15.

On me mande de Paris et de Londres que Mazzini part ce soir de cette dernière ville pour Lugano et probablement pour l'Italie.

357

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, QUIGINI PULIGA

D. 4. Torino, 28 ottobre 1864.

J'ai reçu la dépeche que vous m'avez adressée le 12 octobre courant, N. l de la Sér.ie .politique (1), et je vous remercie des renseignements que vous m'avez t:ransmLs touchant la manière dont Ja situation politique créée par la Convention du 15 Septembre est appréci~e à St. Pétersbourg, dans les cercles diplomatiques et dans la presse. Je suis cependant heureux de constater ici que la méfiance dont l'Acte que la diplomatie italienne vient d'accomplir était généralen1ent I'objet à S·t. Pétersbourg, ne parait point partagée .par .le Prince de Gortchakow. Tel est du moins le sens qu'a du attribuer au langage du Vice Chancelier le Représentant du Roi près la Cour de Bade: le Prince témoignait en effet à notre Envoyé l'espoir qÙe le Parlement Italien approuverait promptement le Traité du 15 Septembre. Si le langage du Prince Gortchakow reproduit exactement l'opinion qui règne parmi l'entourage de S. M. le Tzar, il est probable que le courant d'idées qui a dù se former à St. Pétersbourg à la première nouvelle du Traité, se Gera ensuite modifié dans un sens plus favorable.

L'opinion libérale s'est du reste prononcée d'une façon unanime en Europe à l'égard du Traité. Le Gouvernement du Roi a eu la satisfaction de devoir prendre acte en meme temps de l'accueil favorable que la Convention a rencontré auprès du Cabinet de St. James et de celui de Carlsruhe qui représente en ce moment le parti franchement libéral en Allemagne. Le Baron de Roggenbach s'est exprimé à •cet égard de manière à démontrer qu'il envisage dans le traité non seulement un 1succès pour la politique italienne, mais aussi une victoire du Iibéralisme européen. * Lord Russell en déclarant à nostre Ministre à Londres qu'il partageait complètement les sentiments auxquels s'est inspiré le remarquable discours de S.ir Gladstone à ses commettants, qui a été publié par les journaux, a fourni une preuve incontestable de la faveur avec laquelle cet homme d'Etat éminent apprécie la Convention Franco-italienne.

Les soupçons, que le Traité a pu tout d'abord éveiller quelque part en Europe, ont du d'ailleurs tomber par suite de la publication des documents communiqués au Parlement, qui maxquent les phases successives des négociations et que les journaux ont reproduits. C'est dans ces documents que vous pourrez,

M. le Comte, puiser à l'occasion des arguments contre les adve11saires du Traité.

Le Parlement a recommencé ses travaux hmdi, et la Chambre des Députés vient de s'ajourner jusqu'à ce que ses Bureaux aient achevé l'examen de la loi pour le transfert de la Capitale, dont le Gouvernement du Roi l'a saisi.

En attendant malgré les sinistres prédictions dont les réactionnaires, d'après ce que vous me rapportez dans votre dépeche, ont fait parvenir l'écho jusqu'à

(1; Ci'r. n. 322.

St. Pétersbourg, la tranquillité n'a pas été troublée un instant à l'occasion de l'ouverture du Parlement, et tout fait prévoir que la discussion s'achèvera au milieu du calme le plus parfait.

Quant aux questions dont le siège est à Constantinople, rien de remarquable n'est survenu depuis ma dernière circulaire. Les journaux vous auront du reste apporté le texte de la protestation que notre représentant a remise à la Sublime Porte au sujet de notre exclusion de la signature du Protocole du Liban, et dont il était déjà mention dans ma circulaire précitée * (1).

Les journaux ont annoncé que LL. MM. l'Empereur et l'Impératrice de Russie étaient arrivées à Nice le 21 courant au soir. C'est aujourd'hui que d'après les nouvelles de Paris, a du avoir lieu la visite de l'Empereur des Français à LL. MM. II.

Le Roi, Notre Auguste Souverain, a voulu profiter de ce que S. M. le Tzar se trouve si près de la frontière de ses Etats pour l'envoyer complimenter par le doyen de ses Généraux. S. E. le Général Hector de Sonnaz, qui a déjà rempli près S.M.I. la mission d'annoncer la constitution du Royaume d'Italie a été chargé de remettre à l'Empereur Alexan:dre une lettre par laquelle S.M. le Roi témoigne à S.M.I. ses sentiments et le haut prix qu'Elle attache aux bons rapports heureusement ex~stants entre les deux Etats.

S.E. le Général de Sonnaz est parti pour Nice avant hier, et je reçois à l"instant mème l'avis qu'il est arrivé ce matin à sa destination.

358

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 79. Parigi, 28 ottobre 1864.

Una lettera da Vienna in data del 25 Ottohre afferma che la demissione del Conte Rechberg e la nomina del Conte Mensdorff Pouilly si attribuiscono alla determinazione del Governo Austriaco di riavvicinansi il più che sia possibile alla Francia. Prima conseguenza di codesto riavvicinamento sarebbe il riconoscimento del Regno d'Italia. L'Imperatore d'Austria, cedendo alle istanze del Ministro Schmerling e spintovi dalle necessità finanziarie avrebbe già data la sua adesione a questo atto politico.

La stessa lettera soggiunge che a Vienna si vede senza timore e senza so·· spetti il colloquio che deve aver luogo a Nizza fra l'Imperatore dei France.;;i e lo Czar, del quale non mettono in dubbio le disposizioni favorevoli all'Austria.

Come ne informai per telegrafo V.E. l'Imperatore di Russia verrà a Parigi Sabbato, vi si fermerà un giorno, e ripartirà quindi per Berlino.

(1) Il brano fra asterischi fu trasmesso anche ad Oldoini con D. 14, :pari data, che non si pubblica, concernente anche i rapporti commerciali fra la Svizzera e lo Zollverein.

359

IL CONSOLE GENERALE A NIZZA, BENZI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE S. N. Nizza, 28 ottobre 1864 (per. il 29).

S.M. l'Imperatore dei Francesi giunse jeri sera alle 9. Questa mane alle 10 1/2 Egli :recavasi dall'Imperatore Alessandro col quale si trattenne per più di un'ora, ed io trovavami con S. E. il Generale de Sonnaz alla Prefettura nel momento in cui Egli vi faceva ritorno. Il suo volto era radiante e dinotava interna soddisfazione. Egli accolse cordialmente il Generale de Sonnaz col quale si trattenne da solo a solo per alcuni istanti.

Malgrado gli ordini dell'Imperatore la città è imbandierata ufficialmente o per non avere molestie, e questa sera vi sarà illuminazione ufficiale. Il Municipio si è dato gran moto per far credere all'entusiasmo della popolazione; ma questa è più che mai italiana. Si 'Sono fatti venire da Parigi molti Commissarii ed Agenti di Polizia sia per sorvegliare i Polacchi che .gli Italiani.

L'Imperatore dopo l'udienza data al Generale de Sonnaz ha passato in rivista le truppe della guarnigione e si è quindi recato a Villafranca. Domani mattina alle 8 partirà per Tolone ed andrà a passare la notte a Lione. L'Imperatore di Russia lascerà Nizza domenica mattina. E_gli vive da semplice privato.

Se avrò la fortuna di penetrare qualche cosa sull'abboccamento degli Augusti Personaggi mi farò premuroso dovere di sollecitamente comunicarla a

V. E. (1).

360

IL SEGRETARIO DELLA LEGAZIONE A LONDRA, MAFFEI, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI

L. P. Londra, 28 ottobre 1864.

Ho creduto bene quest'oggi di spedire un telegramma a S.E. il Signor Ministro per annunciargli la nuova partenza di Mazzini da Londra. Egli dirigesi secondo il solito a Lugano passando per la Germania e di là si recherà probabilmente in Italia. Queste informazioni mi venivano fornite dalla consueta persona, che me ne assicurava positivamente l'esattezza, e mi diceva inoltre che jeri sera partirono per alla volta del Tirolo Italiano due Agenti Mazziniani, anticamente nell'armata Garibaldina, per nome Antonio Malenchini l'uno, ed Antonio JI.IIameli l'altro. Egli continuava quindi ad espormi come il partito d'azione seguitasse a

darsi il più gran movimento per mantenere l'agitazione nelle Provincie Venete. scopo per cui lVIazzini sarebbe ora partito.

lVIi valgo pertanto di questa opportunità per pregarla caldamente di mandare al Marchese d'Azeglio delle istruzioni precise riguardo a questo individuo (1) il quale non comunica con nessun altro tranne con me, e privo di ogni autorizzazione siccome mi trovo relativamente ai compensi pecuniarii da dargli, rimango, come Ella può ben capire, in una posizione assai imbarazzante venc;o di Lui.

Senza che io mi possa in nessuna guisa render garante delle notizie ch'egli ci procura deggio però far notare alla S.V., che in varie circostanze le sue informazioni furono in seguito avvenite. Per esempio fu egli, che sin da due mesi or sono ci avvertiva di far sorvegliare i passi del Ferrario, a cui ,secondo quanto annunziano i giornali sarebbero state rivolte le proclamazioni rivoluzionarie sequestrate dalle autorità di Chiasso (1). E qui mi cade in acconcio chiamar la di Lei attenzione sopra una cir,costanza, a mio avviso importantissima, la quale se realmente vera, getterebbe molta luce sui presenti moti del Veneto, cioè, che mi venne da costui affermato con asseveranza essere il Ferrario un segreto agente dell'Austria, il quale quando trovasi in questa dttà riceve ordini e danari dall'Ambasciatore Austriaco Signor Appony. Inoltre, a quanto l'individuo in questione mi diceva stamane, da avvisi qui giunti al partito d'azione risulterebbe, che le casse d'armi la cui spedizione veniva da lui annunciata, caddero nelle mani della nostra polizia, e se questo pure non fosse un'invenzione proverebbe certamente ch'egli è di buona fede nelle sue rivelazioni. Che ,sia poi della massima importanza di avere in Londra una persona, che possa tener dietro alle mene dei lVIazziniani, è fuor di dubbio, ma se la Legazione non verrà autorizzata a valersi della sua opera, sarà certamente impossibile di poter in avvenire mandare al Ministero quei ragguagli, che in più d'un'occasione potrebbero riuscire a vantaggio della cosa ,pubblica.

Spero ch'ella vorrà, Signor Commendatore, scusare la libertà che ho preso nel parlarle così a lungo 1su questo argomento, ma mi è parso di doverlo fare nell'interesse del servizio (2).

n. -419) era il Prim.

• Chiamo la sua attenzione ai seguenti importanti fatti, pregandola volerli prendere in seria considerazione onde contribuire al bene dell'Italia tanto minacciata oggi dal Partito Borbonico, il quale preparasi ad una lotta estrema.

Più volte ò avuto l'onore accennarle ai preparativi che dal detto Partito si fanno a Fiume ed a Graz; ora mi pregio sommetterle tutti i dettagli e le più secrete macchinazioni. A G.!'az è stato formato il Comitato Centrale Borbonico sotto la Presidenza di S. M. l'ex Re Ottone di Grecia, il quale di già travasi a Fiume con tutto il suo Stato Maggiore, rimastogli fedele sin dalla Grecia. Una Convenzione è stata stipulata tra i due ex Re, Francesco II ed Ottone, di un mutuo ajuto si nel Napolitano e Sicilia come in Grecia. Ottone fornirà una gran quantità di gente, Bavaresi, Greci, ed Albanesi; i Bavaresi gli si promettono dal Re di Baviera, i Greci sono a di lui disposizione avendo esiliato con lui, gli Albanesi saranno assoldati da lui, mentre gode. su loro molta antica influenza; e già il suo fedele Secretario un certo Palasca ex-Comandante la Marina Greca, accompagnato dal Capitano Draco, sono partiti la scorsa settimana da Fiume per Durazzo, dove preparano una banda di Albanesi pe,r esser pronti a sbarcare nelle Calabrie e più specificamente in Manfredonia ed a Potenza. Il Generai Bosco è il Comandante Generale di quest'Armata, e tutto il piano di reazione è' stato elaborato dal Conte di Trapani e dal Ministro Del Re. Il Duca di Girgenti è stato offi.i cialmente incaricato di stipulare questa Alleanza coll'ex Re Ottone. Le Riunioni di questi Diplomatici come quelle del Comitato Centrale si fanno a Graz nel Palazzo di un Barone che

(1) Con R. confidenziale s. n. del l" novembre Benzi comunicò: "Ogni cura da me messa onde sapere qualche cosa sull'abboccamento dei due Imperatori è riuscita inutile... Ad ognimodo, e qualunque sia stato lo scopo reale del convegno dei due Augusti Sovrani, sta ch'essi apparvero agli occhi di tutti soddisfatti, che la grande cordialità non ces,ò. almeno appareiltemente di regnare tra di essi... >.

(1) -Annotazione marginale: « Spedite istruzioni a Londra 29-10-64 n. 15 » (cfr. n. 362). L'individuo in questione, come risulta dalla lettera 23 novembre di Maffei a Cerruti (cfr. (2) -Si inserisce qui una lettera dello stesso informatore dell'li ottobre, che Maffei inviò allegata ad una l. p. a Cerruti del 20 ottobre, che non si pubblica:
361

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(Ed. in Carteggi Nigra, pp. 92-93)

T. 923. Parigi, 29 ottobre 1864, ore 20,25 (per. ore 23,20).

J'ai eu une longue explication avec Drouyn de Lhuys. Je me suis plaint de ses dépéches et surtout de celle d'hier qui ne vous a pas encore été communiquée (1). Dans cette dépéche Drouyn de Lhuys dit que ma dépeche devrait etre complétée sur trois points savoir:

l • qu'il faudrait faire ressortir davantage les différences entre le projet de Convention de Cavour et notre Convention.

2• qu'il fuudrait faire comprendre que la renonciation aux moyens violents comprend les moyens révolutionnaires et attaques indirects.

3• que dans le ·cas où le Pape ne pourrait pas gouverner malgré la stricte observation de la Convention de notre part il y aurait dans ce fait une éventualité nouvelle, une :position nouvelle qui n'a pas été envisagée et qui ne pouvait pas l'ètre, et qui laisserait les deux Gouvernements libres de leur action.

J'ai répondu:

quant au p1·emier point, que les différences entre les deux projets ont été bien signalées dans ma dépéche;.

quant au second point, que je ne .croyais pas nécessaire d'expliquer ce qui ressortait clairement de la lettre de la Convention;

quant au troisième point, que la mème raison qui nous avait ·conseillé à ne pas l'envisager en signant la Convention m'avait conseiHé à ne pas le faire dans la dépeche. M. Drouyn de Lhuys ayant en outre trouvé à redire sur les mots aspirations nationales, j'ai répondu que ces a·spirations avaient été bien déterminées dans la dépèche conformément aux explications verbales qui s'étaient échangées lors de la signature. J'ai déclaré que le Ministère ne pouvait tenir un autre lan

à per moglie la sorella dell'ex Regina Amalia di Grecia. Le notizie dell'ultima posta di Fiume recano che S.A.R. il Conte di Trapani era colà aspettato, e la notizia dell'arrivo a Fiume del Duca di Girgenti. Le armi per questa truppa si forniscono da una fabbrica del Belgio, ed una gran quantità si spediscono da Roma.

Come le dissi altra volta gran quantità di gente da Malta e da Marsiglia sono partiti per Roma; ammontano a circa 400, e sono Irlandesi, Belgi, Francesi, Napolitani e Siciliani. Da Roma sono stati spediti al deposito di altri 800 a Civitavecchia bene armati, che si tengono pronti per una prossima spedizione negli Abbruzzi e nella Terra di Lavoro. Questa Banda è comandata da uno Spagnuolo a capitanata da vari ufficiali Napolitani dell'ex-esercito e tiene con sè una quanità di Zuavi che àn preso congedo dalle truppe pontificie.

Molti Siciltani camorristi sono arrivati a Trieste, da Trieste sono partiti per Graz e da Graz sono stati mandati a Fiume; sin'ora ignorasi da tutti la loro missione. Un Corrispondente una Casa di Banca di Londra manda da Madrid come circolare la seguente:

• Una Società secondaria di credito con sede a Madrid è incaricata della sottoscrizion"' del prestito di quaranta milioni di Reali che contrae in questo momento l'ex-Re di Napoli.

O' voluto portare a di Lei conoscenza questi importantissimi fatti onde possa 'interessarsene pel bene della Patria ltf•liana •.

gage que celui de ma dépeche qui est parfaitement exact. Jc crois donc que si le Ministère se Tenferme dans les termes de ma dépeche il sera parfaitement exact, tout au plus il pourra tenir compte de,s explications ci-dessus indiquées par Drouyn de Lhuys. Je vous engage à tenir au Ministre de France un langage très net et très ferme à ce sujet.

(1) Cfr. Les origines diplomatiques de la guerre de 1370-1871, vol. IV, cit. pp. 309-313.

362

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

D. 15. Torino, 29 ottobre 1864.

Ho ricevuto il Rapporto politico N. 68 e quello al N. XLVII della serie Confidenziale che Ella mi ha diretti in data dei 6 e 10 ottobre cadente (1). Nel ringraziar la S.V. Illustrissima di quanto mi partecipò intorno agli ultimi colloquii avuti con Lord Russell, mi felicito di sentire ·che il Governo della Regina mantiene fermo il favorevole giudizio pronunciato sulla Convenzione del 15 Settembre ed ha accolto con soddisfazione le formali dichiarazioni contenute nel mio dispaccio N. 14 (Gabinetto) (2).

Nel frattempo il Parlamento, convocato pel giorno 24 del corrente, ha impreso l'esame della Convenzione stessa, esame che si va ora maturando negli ufficii della Camera dei Deputati. Appena sarà esaurito codesto compito, si ripiglieranno le pubbliche ·sedute che furono momentaneamente sospese, non dovendosi, attesa la eccezionale importanza dell'argomento, intavolare altra discussione se non quando abbiano i rappresentanti della nazione emesso solenne verdetto sul trattato italo-francese. Il giarno dell'apertura della Sessione parlamentare la tranquillità fu perfetta in Torino, e questa popolazione col suo dignitoso atteggiamento diede novella e luminosa prova della ·riverenza che professa alla legge. Il mantenimento dell'ordine ,pubblico è d'altronde affidato alla guardia nazionale la quale adempie con zelo esemplare al nobile ufficio.

La S.V. Illustu:issima avrà Ietto nei giornali il testo della nota che il Conte Greppi rivolse ad Aali Pacha onde prote.stare contro l'esclusione dell'Italia dalle Conferenze relative alla vertenza del Libano. Debbo a questo poposito interessarla, Signor Marchese, a voler ring,raziare Lord Russell della disapprovazione che fece significare al Divano per il contegno da esso assunto verso di noi in tale frangente.

Vengo informato che il Signor di Bismark, passando da Parigi al suo ritorno da Biarritz, dichiarò spontaneamente al Signor Drouyn de Lhuys ch'egli non aveva accordata veruna guarentigia rispetto alla Venezia, e non era vincolato coll'Austria da altri legami fuol'ché da quelli derivanti dal patto federaile e dagli accordi 'speciali riguardanti la questione dello Schlesvig-Holstein.

Col rapporto Confidenz.iale N. XLIV (3) la S. V. UJ.ustrissima accennando al:la persona che aveva fornito le informazioni riassunte nel Rapporto medesimo e

notando come dessa sia stata impiegata altre volte da codesta R. Legazione e ne avesse ricevuto qualche sussidio, mi chiedeva di farle conoscere le mie intenzioni relativamente ad ulteriori sovvenzioni. L'erogazione di fondi di questo genere spettando al Ministero dell'Interno, io mi sono concertato col mio collega di quel Dicastero, il quale ha deciso di corrispondere un compenso al suddetto agente, lasciando però al discernimento di V. S. Illustrissima di retTibuirlo nel modo che crederà più conveniente, secondo il merito dei suoi servizi salvo il rimborso delle somme che da Lei saranno state anticipate.

(1) -È edito il solo R. 68 del 10 ottobre al n. 318. (2) -Cfr. n. 317. (3) -Non pubblirato.
363

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 429. Torino, 30 ottobre 1864, ore 9,30.

Reçu dépeche (1). Quoique très claire je vous prie la reproduire avec détails ;par rapport écrit (2) qui arrivera toujours en temps pour discussion jeudi. Soyez ISur je tiendrai ferme avec Malaret. Hier j'ai eu longue discussion dans la commission de la chambre et je me flatte de réussir à éviter tout vote motivé ou ordre du jour.

364

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 430. Torino, 30 ottobre 1864, ore 17,30.

Le baron de Malaret est venu me lire la note. Il est maintenant évident

que M. Drouyn de Lhuys persiste à vouloir donner à la convention un sens différent de votre dépéche du 15 septembre. Il est nécessai·re que vous voyez l'empereur, ·car .si le Gouvernement français pe11siste dans l'inteprétation de M. Drouyn de Lhuys, notre loyauté nous oblige de le déclarer à la commission de la chambre; attirez l'attention de l'empereur sur la gravité des conséquences.

365

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 926. Parigi, 30 ottobre 1864, ore 20,10 (per. ore 21,50).

J'ai déjà demandé l'audience de l'Empereur, mais il n'arrivera que dans la nuit de lundi.

(1) -Cfr. n. 361. (2) -Cfr. n. 367.
366

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AGLI INCARICATI D'AFFARI A BERLINO, RATI OPIZZONI, E A FRANCOFORTE, CENTURIONE

D. (1). Torino, 30 ottobre 1864 (2).

(Pour Ber!in) -Je vous accuse réception, et vous remercie de vos dépe·Ches de la série Confidentielle N. IV et V, en date des 18 et 21 Octobre courant (3).

(Pour Francfort) -La pièce chiffrée, que vous m'avez adressé en date du 4 Octobre courant, m'est régulìèrement parvenue, avec la dépeche politique

N. 63 (4) à la quelle elle était jointe.

La conclusion de la paix entre les deux grandes Puissances Allemandes et le Danemark, dont l'acte a du etre signé aujourd'hui à Vienne, et l'avènement au pouvoir du Comte de Mensdorff-Pouilly, marquent le commencement d'une période nouvelle dans la politique allemande. Au moment où la coopération de la Prusse avec l'Autriche finit avec la guerre contre le Danemark, le Comte de Rechberg cesse de présider à une politique qui n'a atteint aucun des buts qu'elle s'est successivement proposés. Les revirements du Ministre démissionaire des Affaires Etrangères dans les questions de Pologne et de Danemark n'ont pu .aboutir à aucune entente efiiective avec les Puissances que l'Autriche a tour à tour paru vouloir se ·concilier, et la chute de cet homme d'Etat est comme la

.démonstration de l'impossibilité où se trouve l'Autriche de se lier solidement avec l'une ou l'autre de ces pui1ssances tant que les questions qui pèsent sur elle, la question de la Vénétie surtout, ne seront pas résolues. Il reste maintenant à savoir si le nouveau Ministre cherchera la sécurité de l'Empire et sa consolidation dans une politique de recueillement et de concentration, ou s'il prendra, avec décision, dans la ligne de .sa politique extérieure, une initiative propre à

lui assurer des alliances sérieuses. C'est sur ce point, Monsieur, que votre vigilance devra particulièrement s'exercer.

Bien que les bruits assez invraisemblables touchant des garanties que la Prusse aurait donnéels à l'Autdche à l'égard de ses possessions vénitiennes aient été constamment démentis à Berlin, ainsi que le Comte de Launay a eu plusieurs fois l'occasion de le constater dans sa correspondance politique, toutefois les déclarations spontanées que M. cl.e Bismal'l~. a faites à M. Drouyn de Lhuys lom de son passage à Paris sur l'inconsistance absolue de suppositions pareilles, ont été un objet de satisfaction véritable pour le Gouvernement du Roi, en ce

qu'elles témoignent que la Prusse est moins que jamais disposée à s'engager dans une voie aussi éloignée de ses intérèts que des nòtres.

Les circulaires de Cabinet des 2 et 21 courant (1) vous ont indiqué l'esprit et la portée n~elle de la Convention du 15 Septembre. Les documents diplomatiques ayant trait à la négociation, qui ont été présentés au Parlement et que les journaux ont reproduits ont du reste, à ce qu'il paraìt, calmé les appréhensions que 'Cet acte a pu tout d'abord exciter.

La faveur dont la Convention a été généralement l'objet de la part du libéralisme européen paraìt, d'ailleurs, partagée par les hommes d'Etats les plus éclairés en Europe. La Prince Gortchakoff s'est en effet prononcé ouvertement en ce sens dans une rencontre que le représentant du Roi près la Cour de Bacìe a eue avec le Vice-Chancelier de l'Empire. Lord Russell ne pouvait, de san còté, témoigner plus explicitement qu'il ne l'a fait l'heureuse impression que la Convention a rencontré auprès du Cabinet de St James; il a déclaré à notre Ministre à Londres qu'il s'associait complètement aux vues exposées dans le remavquable discours de M. Gladstone à ses commettants, qui a été publié par les journaux. Le Baron de Roggenbach enfin a émis au sujet du Traité un jugcment qui est aussi juste que bienveillant à notre égard.

Le Parlement qui a recommencé ses travaux lundi, 24, a eu communication de la Convention, et la Chambre des Députés que le Gouvernement du Roi a saisie du projet de loi pour le transfert de la Capitale à Florence, s'est ajournée à l'effet de ne pas distraire par des débats d'un ordre secondaire l'attention des représentants du pays, réclamée toute entière par l'cxamen de la loi, qui se poursuit activement dans l'es Bureaux. C'est jeudi prochain que recommenceront les séances publiques, et tout fait prévoir que la discussion qui va s'engager s'achèvera au milieu du calme le plus parfait de la part de la population.

(pour Berlin) -Les journaux vous auront apporté le texte de la protestation que le Chargé d'Affaires du Roi, d'après les instructions de mon honorable prédécesseur, a remise à la Sublime Porte au sujet de notre exclusion de la signature du Protocole du Liban, et dont il était déjà mention dans ma circulaire du 21. J'ai maintenant la satisfaction de vous apprendre que Lord John Russell a donné pour in:structions à son représentant à Constantinople de déclarer à S. E. Aali Pacha que le Gouvernement Britannique considérait comme un grief de plus envers la Sublime Porte l'exclusion du représentant de l'Italie des arrangements pour la réorganisation du Mont Liban. Le Gouvernement du Roi attache un prix d'autant plus grand à cette déclaration qu'il se plait à y envisager non seulement un témoignage de sympathie de la part d'une nation dont nous apprécions hautement l'amitié, mais aussi la preuve la plus roncluante de la valeur du droit que nous avons revendiqué en cette circonstance.

P.S. --31 Octobre. -Je reçois en ce moment Votre dépeche confidentielle· N. -VI du 27 (2).

33R

(1) -A Berlino il dispaccio venne inviato col n. 11 e a Francoforte col n. 12. (2) -Il dispaccio parti però il 31, come si rileva dalla data del postscritto per Berlino. (3) -Non pubblicati. (4) -Cfr. n. 301. (1) -Cfr. nn. 287 e 340. (2) -Cfr. n. 350.
367

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(Ed. in La Gazzetta Ufficiale del 7 novembre 1864)

.R. 80. Parigi, 30 ottobre 1864 .

D'après le télégramme que V. E. m'a fait l'honneur de m'adresser le 28 courant (1), pour m'informer de la -communication qui lui avait été faite par le Ministre de France à Turin, au sujet de ma dépèche du 15 Septembre, je me suis rendu hier chez le Ministre Impérial des Affaires Etrangères et j'ai eu avec lui une longue explication.

S. E. M. Drouyn de Lhuys m'a loyalement avoué, que ce qui était écrit dans ma dépeche était vrai, mais il a ajouté que le contenu de ma dépeche, au point de vue français, devait etre complété sur plusieurs points.

Je vais rendre compte è V. E. cles observations de M. Drouyn de Lhuys et de mes réponses.

L Le Ministre Impérial des Affaires Etrangères croit d'abord que ma dépeche n'a pas suffisamment indiqué la différence qui passe entre le projet du Comte de Cavour et la Convention. J'ai répondu que l'ancien projet du Comte de Cavour ayant été ~xtuellement inséré dans ma dépèche, la différence entre les deux documents devait naturellement ressortir de leur lecture et de leur comparaison; qu'au surplus j'avais fait remarquer bien exactement les modifkations apportées aux texte primitif et notamment celle qui a t11ait à la formation de l'armée pontificale et celle hien plus grave ·concernant la translation du siège

·du Gouvemement Italien. J'ai assez clairement indiqué daoo ma dépeche, que

le fait de la translation de la capitale a été considéré par le Gouvernement lmpé

rial comme une condition sine qua non de la signature de la Convention.

2. M. Drouyn de Lhuys pense, que parler d'aspimtions après s'etre interdit 1es moyens violents d'aUer à Rome c'est faire supposer aux partis qu'on se réserve les voies souterraines. J'ai répondu que rien dans ma dépeche ne pouvait donner Heu à une telle interprétation; que nous avionls expressément réservé les aspirations nationales, mais que nous en avions en mème temps déterminé la voie et le but; que j'aurais cru faire une injure à mon Gouvernement en admettant meme par un seui instant la nécessité d'une explication à cet égard. Il n'y .a rien de commun entre les voies souterraines dont parle M. Drouyn de Lhuys et

ti) Cfr. n. 353.

les forces morales de la civilisation et du progrès aux quelles nous faisons appel pour arriver à une conciliation entre l'Italie et la Papauté.

3. M. Drouyn de Lhuys a rappelé que dans les Conférences il avait été déclaré de [)art et d'autre qu'on ne devait pas se préoccuper du cas où, malgré l'exécution loyale de la Convention, de la part de l'Italie et de la France, le Gouvernement Pontificai ne pourrait plus subsister par lui méme, et se rendrait impossible; que ·cette éventualité aurait constitué une situation nouvelle, indépendante de la Convention et en dehors des prévisions des parties contractantes. Les deux Gouvernements se réservaient pour ce cas, s'i:l venait à se vérifier, toute liberté d'action de part et d'autre. Cette réserve mentionnée par S. E., est parfaitement exacte, et j'ai eu soin de la faire connaitre en son temps au Gouvernement du Roi. Mais je n'ai pas cru devoir la rappeler dans une dépèche destinée à la ·publicité par deux raisons: en premier lieu, les plénipotentiaires ayant reconnu qu'ils ne .pouvaient et ne devaient pas se préoccuper d'une éventualité de cette nature, il devait y avoir une égale raison pour que j'en fisse de meme dans ma dépèche; en second lieu, il me répugnait de livrer à la discussion publique la prévision de la chute du Gouvernement •pontificai par sa seule faute et par son impuissance. Certes cette éventualité est possible; mais si l'on doit t-nvisager dès à présent les éventualités futures, nous préférons arrèter notre pensée sur celle d'une possible conciliation entre la Papauté et l'Italie. Je dois ajouter du reste que M. Drouyn de Lhuys, en fak;ant cette remarque, n'a pas eu l'intention de se plaindre de ce qu'elle n'ait pas été exposée dans ma dépèche du 15 septe1nbre. S. E. m'a dit qu'elle a plutòt voulu répondre en quelque sorte aux journa.ux qui ont commenté ce document. M. Drouyn de Lhuys partage entièrement notre opinion sur la convenance de ne pas engager une discussion sur une éventualité future, dont les parties contractantes n'avaient pas à se préoccuper.

Enfin, M. Drouyn de Lhuys aurait désiré que ma dépèche contint l'explication de ce que nous entendons pour aspirations nationales. J'ai réponclu à

S. E. que cette explication s'y trouvait, et que j'avais eu soin d'indiquer comme but de nos aspirations la conciliation entre l'Italie et la Papauté sur le principe de libre église en libre état. La réserve de ces aspirations ayant été faite expressément et dans les termes que j'ai cités textuellement, je n'avais rien à ajouter à ce sujet.

Par ce que je viens de vous exposer, M. le Ministre, vous verrez que, mème en présence des remarques de l'honorable Ministre Impérial des Affaires Etrangères, le contenu de ma dépèche demeure inaitéré. V. E. tiendra sans doute, comme moi, le plus grand compte des observations de M. Drouyn de Lhuys telles que j'ai eu l'honneur de les lui exposer. Mais je ne les crois pas de nature à infirmer .ce que j'ai consdencieusement exposé dans mon rapport, que je maintiens dans son intégrité.

Ce que je viens d'écrire n'est pas destiné à ètre publié. Mais si le Gouvernement Françai.s croyait convenable de publier les notes qui vous ont été communiquées en dernier lieu par le Ministre de France, je prie V. E. de donner à cette dépèche une égale publicité.

368

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in Carteggi Nigra, pp. 82-83)

L. P. Parigi, 30 ottobre 1864.

Ella ha perfettamente ragione. Drouyn de Lhuys, vivamente attaccato dai partito clericale che contava sopra di lui, spaventato dalla profonda impressione prodotta dalla notizia che la convenzione è in .gran parte identica al progetto Cavour, tentò di attenuare la portata di quest'atto. Ma non vi riuscirà. Noi siamo nel vero. E tutte 'le tergiversazioni, tutta l'abilità di redazione, che è grande, del Signor Drouyn de Lhuys, non varranno a falsare il significato della convenzione, e a distrurre le nostre dichiarazioni, perfettamente accettate in presenza dell'Imperatore, e che oramai appartengono alla storia.

Ieri ebbi una lunga spiegazione con Drouyn de Lhuys ,sui suoi dispacci a Malaret. Gliene mandai il sunto per telegrafo (1), ed ora gliene fo una relazione d'ufficio (2), ch'Ella troverà qui unita. Comunicai il dispaccio al Signor Drouyn de Lhuys. Io lo avevo redatto appena uscito dal Ministero, e le ricapitolazioni delle osservazioni del Signor Drouyn de Lhuys e delle mie <risposte erano esattissime. Tuttavia, com'Ella vedrà dall'unito biglietto, il Signor Drouyn de Lhuys trovò a ridire su due punti. Ho corretto il dispaccio su questi due punti, per quanto era possibile il farlo senza scostarmi da quanto era stato esplicitamente detto. Non mi stupirebbe che, malgrado ciò, il nuovo dispaccio del Signor Drouyn de Lhuys fosse U1 disaccordo col mio. Ma io scrivo quel che è, e lascio a lui la responsabilità del suo operato.

La impegno quindi a r1spondere a Malaret molto nettamente, che il Governo non può entrare in un ordine d'idee diverso da quello es·posto nei documenti diplomatici. Il Signor Rouher, con cui ho parlato, approva il contenuto della mia relazione del 15 ,settembre, e ci sosterrà. Ella può senza inconvenienti, credo, leggere il mio dispaccio d'oggi al Barone Malaret. Finchè il Ministero si terrà dentro i limiti del mio dispaccio, il suo linguaggio sarà perfettamente corretto. Quello che bisognerà evitare si è che si facciano dichiarazioni che oltrepas,sino quanto è detto nel dispaccio stesso; e per quanto è possibile, che si accettino ordini del giorno motivati. Il di Lei dispaccio telegrafico di oggi (3) mi rassicura su questo punto. Del resto sarà bene che il Ministero lasci parlare prima di lui gli oppositori e anche gli antichi Ministri. Per tal modo, se sarà stata detta qualche cosa di troppo vivace, il Ministero potrà dimostrarlo, e l'effetto ne sarà eccellente.

Probabilmente, nel fare le sue osservazioni, il Signor Drouyn de l.huys h~ dimenticato quanto ha detto a Lei, cioè che se il Papa malgrado l'osservanza

della Convenzione non potesse governare, ciò sarebbe un segno che la Provvidenza l'abbandona!

Confesso anch'io che è una fatalità che sia proprio Lei che è incaricato di eseguire la convenzione, come fu una fatalità che anche a Lei sia toccato di fare il Ministero dopo Villafranca. Ma trovo che è una buona fatalità. Ella salvò allora una situazione quasi disperata; salverà anche questa.

L'Imperatore arriva a Parigi domani sera. Si pone di nuovo in dubbio che lo Czar attraversi Parigi. La notizia mi era stata data dal Palais Royal; ma Rouher e Drouyn de Lhuys mi dissero ieri che non erano informati di nulla. È quindi probabile che lo Czar si renda a Berlino per la via di Lione, e Digione.

I giornali annunziavano che la Principessa Clotilde era indisposta. Non fu che un'infreddatura. Ieri sera era al teatro.

(1) Cfr. n. 361.

(2) -Cfr. n. 367. (3) -Cfr. n. 363.
369

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 432. Torino, 1 novembre 1864, ore 17,55.

Merci de votre lettre, très content de votre dépèche (1), seulement le projet Cavour n'est pas contenu dans votre rapport publié du 15 septembre. Télégra~ phiez si vous croyez à propos d'ajouter quelque chose en réponse à cette pre;nière observation de M. Drouyn de Lhuys.

370

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 929. Parigi, 2 novembre 1864, ore 9,40 (per. ore 10,35).

Le projet Cavour se trouve tout entier dans ma dépèche du 15 septembre. Jc crois que vous pouvez faire connaitre confidentiellement à la Commission ma c:'épèche du 30 octobre (1) si toutefois vous le croyez nécessaire (2).

(1) -Cfr. n. 367. (2) -Con t. 433, pari data, ore 13,05, La Marmora informò Nigra che il rapporto del 30 ottobre era stato confidenzialmente comunicato al presidente e al relatore della commissione pol'lamentare.
371

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 434. Torino, 2 novembre 1864, ore 16.

Dans votre dépeche du 30 octobre (1) vous dites que vous avez fait connaitre en son temps au Gouvernement du Roi que dans les Conférences il avait été déclaré de part et d'autre que pour le cas où le Gouvernement pontificai ne pourrait plus subsister les deux Gouvernements contractants se réservaient toute liberté d'action. Cette réserve ne résulte pa.s des documents qui sont au Ministère et M. Visconti Venosta ne s'en souvient pas. Veuillez me dire dans quel document je puis la trouver consignée.

372

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(Ed. in Carteggi Nigra, p. 93)

T. 930. Parigi, 2 novembre 1864, ore 17,50 (per. ore 19,40).

Dans les Conférences il a été dit qu'on ne devait pas se préoccuper du cas en question que s'il se vérifiait il y aurait là une situation nouvelle que nouls ne pouvions pas prévoir. J'ai dit cela verbalement à M. Visconti à Turin. Je ne l'ai pas mis dans le rapport (2) pour les raisons exposées dans la dépeche du 30 octobre (1).

373

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 81. Parigi 2 novemb1'e 1864 (per. il 4).

Secondo le 1struzioni mandatemi dall'E. V., domandai aLl'Imperatore una udienza, all'oggetto di chiamare l'attenzione di Sua Maestà sulle conseguenze che avrebbero avuto· luogo, se il Governo francese avesse in certo modo sconfessato il mio dispaccio del 15 'Settembre (2). L'udienza ebbe luogo jeri a St. Cloud, e vi assistettero il Ministro Imperiale degli Affari Esteri ed il Ministro di Stato.

Diedi lettura all'Imperatore del mio dispaccio del 15 settembre, e dopo aver mentovato i dispacci del Signor Drouyn de Lhuys che vi si riferivano, diedi pure lettura del mio dispaccio del 30 ottobre (1), che riassume le osservazioni del Ministro Imperiale degli Affari Esteri e vi risponde. S. E. il Signor Drouyn

d.e Lhuys diede pure lettura dei suoi dispacci.

Esposi all'Imperatore che il mio dispaccio del 15 settembre formava la base della difesa del trattato dinnanzi al Parlamento e che alla domanda che sarebbe immancabilmente fatta dall'opposizione: • Il trattato è egli una rinunzia assoluta a Roma? •, il Ministero non poteva rispondere che nei termini dello stesso dispaccio del 15 settembre.

Dopo una lunga discussione, l'Imperatore ammise: che se il Ministero, dinanzi alle Camere, non oltrepassava i limiti del mio dispaccio del 15 settembre, completato dal mio dispaccio del 30 ottobre, il Governo Francese non avrebbe sconfessato il linguaggio del Governo del Re. L'Imperatore acconsenti quindi ch'io maudassi all'E. V. il seguente telegramma, che fu redatto da Sua Maestà medesima, e di cui il Ministro Imperiale degli Affari Esteri ritenne una copia.

ALLEGATO

NIGRA A LA MARMORA (Ed. in La Gazzetta Ufficiale del 7 novembre 1864)

T. 923. Parigi, l novembre 1864, ore 18,54 (per. ore 19,45).

Ma dépeche du 15 Septembre a donné lieu à diverses interprétations, qu'ont motivé les dépèches du Ministère des Affaires Etrangères de l'Empereur. Des explications loyales qui ont été échangées entre S.E. et moi, il résulte que, si, devant la Chambre, le Gouvernement du Roi se renferme dans les limites de ma dépeche du 15 Septembre, complétée par ma dépeche du 30 Octobre, il ne sera pas désavoué par le Gouvernement Impérial.

(1) Cfr. n. 367.

(2) Cfr. n. 226.

374

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(Ed. in LV 8, pp. 351-354)

R. 64. Costantinopoli, 2 novembre 1864 (per. l'11).

Ho l'onore di trasmettere qui unito all'E. V. la nota della Sublime Porta dei 26 ottobre di cui già feci cenno per telegrafo, colla quale si risponde a quella da me ,sporta per protestare contro l'esclusione del Rappresentante di Italia dagli aggiustamenti relativi alla questione del Libano.

*Non isfuggirà certamente alla E. V. la squisit'l cortesia* (2) con cui que~sto documento fu scritto, certamente colla intenzione di attenuare la penosa impres

sione che il rifiuto della Sublime Porta deve aver prodotto sul Governo del Re.

Vorrà del pari l'E. V. osservare che gli argomenti addotti da S. A. Aalì Pachà per giustificare la sua attitudine in questa vertenza, sono precLsamente quelli che furono da me combattuti nella mia Nota del 24 settembre.

Coglierò la prima oecasione in cui m'incontrerò con S. A. Aalì Pacha, il quale vive da più giorni riti,rato in seguito ad incomodi di salute, *per ringraziarlo delle .cortesi espressioni usate a nostro riguardo, espressioni che mi autorizzano a sperare ·Che* (1) al .presentarsi di ·Consimili circostanze, il Governo del Re troverà la Sublime Porta disposta ad accogliere con maggior favore le sue domande.

ALLEGATO

ALI PASCIÀ A GREPPI

26 ottobre 1864.

J'ai reçu la Note que vous m'avez fait l'honneur de m'écrire en date du 24 septembre, relativement à la non participation du Gouvernement Royal d'Italie aux dernières modifications du Règlement qui régit l'Administration du Mont-Liban. J'ai également lu avec toute l'attention qu'elle méritait la dépeche que S.E. M. Visconti-Venosta vous a écrite à ce sujet.

Avant tout et surtout je tiens à vous déclarer, M. le Chargé d'Affaires, au nom du Gouvernement de mon auguste Souverain, que la Sublime Porte n'a jamais cessé de reconnaitre les marques effectives d'amitié que S. M. le Roi a bien voulu donner à cet Empire, et qu'elle attache un très-grand prix à la conservation de cette amitié. Ce n'est donc, M. le Chargé d'Affaires, qu'avec bien des regrets qu'elle s'est trouvée en divergence d'opinion avec le Gouvernement de S. M. italienne sur l'interprétation de certaines stipulations du Traité de Paris. Pour mieux expliquer l'origine de cette divergence, je me permets d'insérer ici le texte de l'Article 7 du dit Traité dont vous faites mention dans votre Note; le voici:

• Leurs Majestés déclarent la Sublime Porte admise à participer aux avantages du droit public et du concert européen. Leurs Majestés s'engagent, chacune de son c6té, à respecter l'indépendance et l'intégrité territoriale de l'Empire ottoman, garantissent en commun la stricte observation de cet engagement et considèrent, en conséquence, tout acte de nature à y porter atteinte, comme une question d'intéret général •.

Or, à nos yeux, M. le Chargé d'Affaires, cet article n'a d'autre but que d'empècher toute sorte d'empiètemens sur les deux principes fondamentaux qui garantissent l'existence individuelle des gouvernemens: indépendance et intégrité.

La question du Mont-Li.ban est une question purement intérieure; sa nature comme sa portée réelle n'affectent en aueune manière aueun des deux principes prévus par l'artide en question. Il nous semblerait au contraire que cet article, eorroboré avec l'article 9 du dit Traité, établit de la façon la plus évidente une ìnterdlction officielle contre des ingérenccs extérieures.

Après avoir exposé ainsi le point de -vue sous lequel la Sublime Porte envisage la question du Traité, j'ai l'honneur de vous faire observer que la participation des autres grandes Puissances aux arrangemens du Liban a puisé sa raison d'etre, non dans le Traité de Paris, ·mais dans les précédens acquis antérieurement en leur faveur; elle trouve son explication dans les circonstances exceptionnelles où elle s'est produite pour la première fois. Je ne crois pas avoir besoin de vous rappeler, ni de citer ici une à une ces circonstances, ni l'époque à laquelle elles ont pris

naissance. En conséquence dc tout cc qui précède et dans l'unique but de sauvegarder un principe qu'elle croit vital, la Sublime Porte s'est trouvée dans la pénible nécessité de ne pas acquiescer complètement à la demande formulée à cet égard par le Gouvernement de S. lVI. ita!ienne.

Quant aux droits que l'Italie tient de sa qualité de Puissance co-signataire du Traité de Paris, ils ont toujours été et ne cesseront d'ctre l'objet de toute la déférence de la Sublime Porte, qui n'admettra jamais aucune espèce de distinction à cet égard.

J'alme à espérer, M. le Chargé d'Affaires, que les explications qui précèdent suffiront pour faire dissiper tous les doutes dans l'esprit du Gouvernement Royal d'Italie, et pour établir à ses yeux la j ustesse de la thèse que j'ai eu l'honneur de lui exposer.

Je profite de cette occaswn pour vous réitérer l'assurance de la sincérité du désir de la Sublime Porte de resserrer de plus en plus les liens d'amitié qui existent si heu~eusement entre les deux pays.

(1) -Cfr. n. 367. (2) -In LV 8: <Non disconosco la cortesia •.

(1) In LV 8: • per esprimergli la fiducia che in avvenire •.

375

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 436. Torino, 3 novembre 1864, ore 22.

Quoique discussion sur Convention n'ait pas été commencée quelques interpellations eurent lieu ,aujourd'hui. M. Boggio ayant demandé d'autres documents j'ai répondu que le ministère ne croyait pas en présenter d'autres (1). M. Petrucel1i ayant observé que grande partie de la presse française avait constaté désaccord entre votre dépèche du 15 septembre et les intentions du Gouvernement français M. Lanza a répondu que votre lettre était correcte et dans le vrai, ce qui au reste avait été reconnu de part et d'autre. Commencement de la discussion sur la Convention aura lieu lundi.

376

IL MINISTRO A BERNA, JOCTEAU, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 21. Berna, 3 novembre 1864 (per. il 5).

M. le Président de la Confédération m'a donné communication d'une lettre de la Direction de Police centrale du Canton du Tessin qui complète le télégramme dont copie était jointe à ma dépeche précédente. Il en rétsulterait que, malgré le.s investigations soigneuses qu'elle a fait pratiquer, il lui a été impossible de trouver le moindre indice de l'impression, qu'on suppose avoir eu lieu dans ce canton, d'un libelle contre le Roi Notre Souverain. L'Autorité de Police

ajoute que le paquet saisi à la Douane de Chiasso ne contenait pas des proclamations, comme on l'a dit, mais des modèles de protestation contre la Convention du 15 Septembre, destinés à etre signés par des citoyens Italiens, et semblables, prétend-elle, à ceux qui sont, depuis quelque tems, en circulation en Italie, et qui auraient été publiés dans divers journaux.

La Gazzetta Ticinese, organe semi-officiel du Gouvernement, a déclaré subséquemment que ce n'était pas vrai que ces modèles portassent la date de Lugano, ainsi qu'on l'a publié, et qu'il paraìt meme, d'après les confrontations des caractères et les recherches faites par les Autorités, qu'ils ont du etre imprimés hors du Canton.

En reçevant le télégramme par lequel Vous m'avez prévenu, M. le Ministre, de 1l'arrivée probable de Mazzini à Lugano (1), je me suis empressé d'eu donner avis confidentiellement à M. le Président de la Confédération, qui m'en a beaucoup 'remercié. Il en a immédiatement informé, par le télégraphe, la Police de Bale, avec l'expresse recommandation de veiller avec soin, et d'expulser le dangereux agitateur, s'il arrivait, comme d'autres fois, par ,cette frontiè,re. Les Autorités de Police des autres Cantons frontières, et celles du Tessin tout particulièrement, ont également été mises sur leurs gardes.

On n'a reçu encore au Palais Fédéral aucun avis qu'il ait paru en Suisse.

Le Tribuna! Fédéral, réuni en ce moment à Berne, pour s'y occuper, avant la tenue des assises à Genève, de l'enquete instruite au sujet des derniers événements survenus dans cette ville, a décidé, d'accord avec le Conseil Fédéral, de ne poursuivre, parmi les personnes arretées en grand nombre, à cette occasion, que quatorze des plus compromises dans les deux partis, et de mettre immédiatement les autres en liberté. On désire par ce moyen, et en cherchant à tenir la balance à peu près égale entre les deux fractìons de l'opinion publique, aider à un essai de rapprochement et de padfication, dont les symptòmes paraissent se produire, depuis quelque temps, surtout dans le parti Gouvernemental (2).

(1) Cfr. Atti del Pm·lamento Italiano, Camera Deputati, sessione 1863-1865. Discussioni, vol. IX, pp. 6427-6428.

377

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. P. s. N. Parigi., 3 novembre 1864.

Ho l'onore di trasmettere all'E.V. alcune nuove informazioni che mi furono confidenzialmente comunicate circa i disegni del partito d'azione. Esse hanno la stessa oi'igine delle precedenti. Credo utile che il Governo del Re ne abbia notizia il più presto possibile, e perciò in mancanza d'una occasione particolare, le trasmetto a V. E. per la posta (3).

ALLEGATO I

ESTRATTO

30 ottobre 1864.

La tentative àes volontaires Garibaldiens de Brescia a complètement échoué. Bossi, ex-colone! Garibaldlen, avec 33 hommes devait entrcr d'un còté; ses armes avaient été conduites, avant le 25 octobre, par un nommé Daccò à Cédegola (village au nord de Breno), où il devait aitendre des nouvelles de Bezzi. Ce dernier, avec 75 hommes, devait passer la frontière vers le Caffaro. Mais les armes et les munitions de Bezzi, déposées à Londrino (valle Trompia) et à Bagolino (près du passage du Caffaro) se sont trouvées hors d'état de servir par la faute des nommés Plevani, de Brescia, et Borghetti, de la méme ville, qui avaient été chargés d'y veiller. En outre, sur 5000 cartouches commandées par Plevani à un nommé Gamba, de Brescia, 1600 seulement furent prétes le mercredi 26. Pendant les deux jours qui suivirent l'hésitation se répandit dans la troupe de Bezzi; on décida cependant que l'on changerait de route, sur l'avis reçu que le prcmier itinéraire était surveillé par le Gouvernement Italien. V o ici le nouvel itinéraire adopté: Brione, Palavena, Ics hauteurs à gauche de Gardone par Cesovo et Brusso, Londrino, Colio et S. Colombano, puis le mont Giogo, pour descendre de là, par les sentiers les moins surveillés vers la frontière Autrichienne, très accessible de ce còté pour de petites bandes.

Sur ccs entrefaites on apprit que la bande de Bossi, découverte par la police était rétournée en arrière; les volontaires sont tous revenus à Brescia vendredi soir, et samedi matin on les a renvoyés à Pavie, à l'exception de Bossi, de Prandina et du fils du Comte Bolognini qui restent à Brescia pour réorganiser avec Bezzi une expédition. Bezzi a envoyé vendredi au Colonel Chiassi avis de suspendre ses ordres. Chiassi était à Vérone pour y organiser des expéditions de bombes-Orsini destinées à etre jetées dans des corps de garde et cafés où se réunissent des Autrichiens. Guerzoni est arrivé à Bresci::1 avec nouveaux ordres du Comité centrai.

Menotti Garibaldi est arrivé à Turin, il est caché chez Cairoli, président du Comité. L'expédition de Bezzi se réorganise, et on en prépare en méme temps deux autres:

l" l'une sur le bas-Po, par Ies soins de Missori qui parcourt la ligne de Parme à Ferrare;

2" l'autre à Desenzano, où Menotti Garibaldi veut se rendre maitre, pendant la nuit, d'un bateau à vapeur pour àébarquer sur le territoire Autrichien près de Riva. Chiassi est arrivé samedi à Desenzano, et Guerzoni y est allé pour le voir. Chiassi, qui est venu exprès pour cette entrevue, s'en retournera immédiatement à Vérone.

Guerzoni pensc que le Gouvernement Italien se relàchera de sa surveillance, et que, vers la fin de cette semaine on le cornmencement de l'autre (du 5 au 10 Novembre), on pourra exécuter les trois projets. Bezzi insiste pour mettre le sien à exécution mercreài ou jeudi au plus tard.

Les bombes-Orsini ont été fabriquées au bourg St. Daniele par les soins du

D. Andreuzzi, dans sa maison méme, par l'entremise de Camillo Biseo. Celui-ci en a chez lui nne réserve, et en a envoyé une douzaine à Marchi, à Bologne, son ami.

Les réunions de Brescia, qui seront tenues d'abord chez Marino Bevilacqua, rue Santa Croce 1612, ont lieu aciuellement chcz Frigerio, Corso Vittorio Emanuele 1808.

Les employés du télégraphe de Brescia, de Desenzano et de Pavie appartiennent tous au parti mazzininen; tous les ordres qui viennent de Turin ou de Milan

sont transmis immédiatement à Guerzoni ou à Bezzi; les employés de la poste de Desenzano sont également du parti. Bezzi emportera avec lui sur le territoire du Trentin 2000 proclamations. Ci joint la traduction de l'une de ces proclamations.

ALLEGATO II

TRENTINS!

Le cri des insurgés du Frioul résonne sur nos montagnes: ce cri est la voix de la Patrie; la voix du Devoir. Nous nous insurgeons en armes pour nous unir aux généreux initiateurs d'" la lutte nationale. Nous nous levons au nom de l'Italie, pour la liberté et pour l'unlté de la Nation.

Aux armes, aux armes tous, jeunes frères: L'ennemi qui est devant nous est l'Autrichien: en face d'un tel e n nemi, tout homme né en Italie est un soldat de l'insurrection... Aux armes, aux armes!

Garibaldi sera notre chef supreme, et l'épée de Garibaldi, vous les savez, s'appelle Victoire!

Accourez de touies les vallées sous la bannièrc tricolore qui flotte sur ces hauteurs: accourez tous sur les rernparts des chères montaignes de notre patrie, c'est ici qu'aujourd'hui se trouve le devoir italien: ici l'espoir, la gioire l'honneur de la Patrie commune!

Nous vous attendons; nous ne pouvons pas ;rous attendre envain!

La première bande insurrectionnelle du Trentin

(1) -Cfr. n. 356. (2) -Con R. confidenziale 20 del 28 ottobre Jocteau aveva comunicato di aver fatto lagnanze presso il Governo federale per il contegno del Governo del Ticino e aveva aggiunto « Afin de donner plus de poids à des plaintes si souvent inutiles, j'ai cru devoir ajouter queje ne serais pas trop étonné si le Gouvernement du Roi, las de cet oubli répété de ses obligations internationales, de la part du Gouvernement du Tessin, venait à ètre obligé d'aviser à quelque mesure de frontières, assez sévère pour l'y ramener •. (3) -Annotazione marginale: • Comunicato personalmente al Cav. Aveta ,, .
378

L'ONOREVOLE PEPOLI A NAPOLEONE III

(AP)

L. P. Torino, 3 novembre 1864.

Je viens de voir le Général La Marmora qui est décidé à compléter la note de M. Nigra dans son discours et nous tacherons tous de coopérer au but qu'un parfait accord puisse s'établir entre la France et l'Italie.

Mais je dois cependant adresser à V.M. une prière à mon égard.

Le Président du Conseil vient de me dire que le Baron Malaret lui a communiqué une note de M. Drouyn de Lhuys qui rend compte de l'entretien que j'ai eu l'honneur d'avoir avec vous à Saint-Cloud.

Si le résumé qu'on m'a indiqué est exacte permettez-moi Sire, de vous abserver qu'il n'est pas complet.

Je dois rapp~ler à V.M. que je lui ai répondu que je ne pouvais pas admettre que le Gouvernement du Roi se servit des moyens soute1'rains pour arriver à Rome et que tout en crespectant votre déclacration je devais cependant vous observer qu'une révolution pouvait éclater spontanée à Rome amenée par les violences du Gouvernement papal et qu'à cet égard je ne pouvais que citer les paroles de M. Drouyn de Lhuys prononcées avant la signature du traité: que si avec tous les éléments de stabilité dont nous avons entouré le pouvoir tempo1'el, il venait à tomber c'est que le Bon Dieu l'anrait abandonné.

Le Ministre des Affaires Etrangères, tout en admettant d'avoir prononcé ces paroles, a ajouté qu'il ne pouvait pas admettre cette hypothèse, qu'il ne pouvait

pas discuter sur l'existence du Gouvernement Papa!, qu'ìl croyait assuré et que· dans tout cas la France ne pouvait que réserver sa liberté d'action. Je tenais, Sire, à compléter le récit de notre entretien parce que j'ignore si la note, qui en rend compte, est panni celles qui sont destinées à la publicité.

Je crois donc, Sire, vous demander, au nom de la vérité et de cet attacherrìent que j'ai eu toujours pour V.M., à la compléte1· dans le cas qu'elle fut destinée a paraitre dans le Moniteur.

Je suis tranquille du reste 1sur la Chambre. On sera calme et ,prudent.

379

L'INCARICATO D'AFFARI A FRANCOFORTE, CENTURIONE, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 68. Francoforte, 4 novembre 1864 (per. l'8).

Ho l'onore di segnare la ricevuta all'E. V. del Dispaccio n. 12 (Gabinetto) che Ella si degnò indirizzarmi il 30 dello scorso ottobre (1) e di ringraziarLa delle istruzioni con quello trasmessemi ed alle quali mi atterrò fedelmente.

La Dieta nella sua seduta d'jeri ha ricevuto la comunicazione della Memoria del Duca di Oldenburgo sui diritti che pretende di avere alla Corona dei Ducati dell'Elba e, dopo averne preso atto, incaricò il suo Comitato dell'Holstein di esaminarla e di riferirne a suo tempo. Riservandomi di trasmettere a V. E. un sunto di questo voluminosissimo lavoro, debbo nuovamente constatare che non è a Francoforte, si bene a Vienna ed a Berlino che fa d'uopo cercare la soluzione del problema onde ,sapere chi regnerà sullo Schleswig-Holstein. Non pare che fino adesso le due grandi Potenze sieno d'accordo su questo punto, e certo la modificazione operatasi nel Ministero Austriaco ritarderà tale soluzione. Qui si è con vivo interesse che si volge gli sguardi verso il Conte Mensdorff per vedere quale attitudine prenderà dirimpetto alla Prussia in simile questione, attitudine che segnerà l'avvio che intende dare alla sua politica. Tutte le corrispondenze che giungono da Vienna concordano nell'affermare che, senza rompere decisamente col Gabinetto di Berlino, il Conte Mensdorff non intende accordargli quella condiscendenza dimostratagli in sì gran copia dal suo predecessore, che nei destini che si preparano alle provincie testè cedute dalla Danimarca, 1'Austria concederà alla Prussia qualche compenso territoriale, come p.e. il Lauemburgo, a titolo di indennità di guerra, ma essa si opporrà risolutamente alle soluzioni arbitrarie ed interessate propugnate con tanta costanza dal Signor di Bismarck. Ma saprà egli il nuovo Ministero svincolarsi da quella politica di sotterfugi e di tìtubanza così infelicemente praticata dal Conte di Rechberg e adottare francamente i principii di diritto pubblico che ogni dì più vanno sviluppandosi in Europa? Se si pon mente all'opinione dei diversi Ministri ed uomini di Stato

qui residenti e che hanno relazioni più o meno frequenti con Vienna, non sembra che il Conte Mensdorff sia chiamato a riformare completamente la politica tradizionale Austriaca, ma che porrà ogni studio ad evitare qualunque complicazione che potesse strascinare l'Austria ad una guerra. Così, secondo essi, lungi dall'appoggiare a Roma le resistenze ai consigli concilianti di Francia, il Ministro Austriaco cercherebbe di indurre quella Corte a determinazioni moderate e conformi allo scopo che •Si è prefissa la convocazione del 15 settembre, ed in quanto all'Italia, senza sciogliere la questione della Venezia, egli sembra non essere alieno dal porre in non cale il trattato di Zurigo. Riassumendomi, il programma del Conte Mensdorff è, a quanto pare, così concepito: fermezza senza rompere colla Prussia, conciliazione e riserva colla Francia e l'Italia.

(1) Cfr. n. 366.

380

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 936. Parigi, 5 novembre 1864, ore 13,40 (per. ore 14,25).

Ensuite de la publication du Moniteur, je crois indispensable que vous donniez aujourd'hui .meme à la Chambre lecture de ma dépeche du 30 Octobre et du télégramme dicté par l'Empereur. Veuillez me dire si de mon còté je dois faire publier ici ma dépèche précitée. Je vous prie de me répondre par télégraphe.

381

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 437. Torino, 5 novembre 1864, ore 15,30.

Comme il n'y a pas séance à la Chambre aujourd'hui votre dépèche du 30 Octobre ainsi que le télégramme dicté par l'empereur seront publiés ce soir dans la Gazette Officielle (2). Je vous laisse juge si vous devez la faire publier aussi à Paris.

(1) Nel Moniteur del 5 novembre furono pubblicati i dispacci di Drouyn de Lhuys a Malièret del 30 ottobre e del 2 novembre. Cfr. Les origines <(iplomatiques de la guerre de 1870-71, vol. IV. cit., pp. 324-327 e 343-344.

(2) In realtà questi documenti furono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale del 7 novem· bre insieme ai dispacci di Drouyn de Lhuys a Malarct del 30 ottobre e del 2 novembre.

382

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 439. Torino, 5 novembre 1864, ore 23,40.

Je ne cmis pas que la publication au Ivioniteur de votre dépeche et de votre télégrammc puisse détruire l'effet produit par l'insertion des notes du ministre des affaires étrangères de France au baron de Malaret. Il devient impossible au Gouvernement du Roi de défendre la convention au parlement sans écarter les arguments et les déclarations de M. Drouyn de Lhuys, car nous ne pouvons envisager la Com'ention à ce point de vue.

383

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in Carteggi Nigra, pp. 84-85)

L. P. R. Parigi, 5 novembre 1864.

Il Moniteur d'oggi pubblica il mio dispaccio del 15 settembre e due dispacci di Drouyn de Lhuys a Malaret del 30 ottobre e del 2 novembre. Anche il dispaccio di Drouyn de Lhuys del 30 ottobre è fatto dopo la conferenza che ebbimo coll'Imperatore, benchè porti una data anteriore. Dal confronto di questo dispaccio col mio della stessa data, Ella vedrà quanta sia la buona fede di questo Ministro. Questa pubblicazione è fatta coll'evidente scopo di turbare le nostre discussioni, e forse anche con quello di far naufragare il trattato. La posizione diventa oramai estremamente difficile e non c'è modo di uscirne che usando per parte nostra la massima franchezza. L'Imperatore m'autorizzò a telegrafarle che non saremmo sconfessati se le nostre dichiarazioni si mantengono entro i limiti dei miei due dispacci del 15 settembre e del 30 ottobre. Il telegramma fu dettato dallo stesso Imperatore in presenza di Drouyn de Lhuys che ne vitenne una copia. BLsogna pubblicare adunque il mio dispaccio del 30 ottobre, e il telegramma, aggiungendo che questo telegramma fu inviato con autorizzazione dell'Imperatore. Non bisogna sortir di là. Il dispaccio del 30 ottobre di Drouyn de Lhuys essendo anteriore al telegramma e il telegramma non facendone menzione noi non dobbiamo occuparcene Per noi l'interpretazione della Convenzione, autorizzata dall'Imperatore sta nei due dispacci miei del 15 settembre e del 30 ottobre. Ella non ha idea della passione che qui solleva il trattato, e dei mezzi di ogni genere tentati per farlo andare a monte. Questa polemica passionata, che fu fatta nascere espressamente, avrà naturalmente il suo eco a Torino, e temo che dia luogo a discuss.ioni vivaci e pericolose. Ma la di lei fermezza mi rassicura.

Coi miei due dispacci e col telegramma dell'Imperatore la situazione si può

chiarire e mantenere. Ogni uomo imparziale vedrà da che lato sia la buona fede.

Mi faccia sapere ·che impressione ha fatto costì la pubblicazione del Moniteur,. e mi dica se è di avviso di provocare altre !Spiegazioni. Io credo di no, perché, ripeto, •col telegramma dell'Imperatore in mano, possiamo camminar francamente e lealmente.

384

IL MINISTRO A PARIGI. NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 939. Parigi, 6 novembre 1864, me 13,15 (per. ore 16).

Aujourd'hui dimanche la bande de Bezzi forte de 80 hommes doit partir de Brescia. On se propose de s'emparer d'un bateau à vapeur du lac de Garde; le capitaine du bateau aurait été gagné par le parti.

385

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in Carteggi Nigra, p. 94)

T. Parigi, 6 novembre 1864, ore 13,15 (per. ore 16).

J'ai reçu votre télégramme de hier au soir (1), il est évident que l'Empereur quelle que soit son opinion ne voudra pas sacrifier pour le moment son ministre des affaires étrangères. Toute démarche en ce sens est donc inutile il faut envisager ila position telle qu'elle est. L'Empereur par son télégramme accepte l'interprétation de mes deux dépéches, il ne ,faut pas sortir de là. Quant. aux dépèches de Drouyn de Lhuys vous pouvez, je crois, ne pas vous en occuper devant la Chambre, prenez conseil de votre patriotisme et de votre loyauté. Je n'ai rien à ajouter sinon que je ferai ,pressentir id qu'après la publication du Moniteur on ne rpeut pas répondre qu'il n'y ait pas un vote motivé. Le Moniteur d'aujourd'hui publie ma dépéche et mon télégramme (2).

386

IL PRINCIPE NAPOLEONE ALL'ONOREVOLE PEPOLI (AP)

L. p. Parigi, 6 novembre 1864.

J'ai reçu avant-hier 4 votre lettre du I (3). Je crains indiscrétion de la poste qui 'seule peut expliquer ·ce retard. Il m'a fallu plus d'une heure pour dé

chiffrer votre écriture et encore Nigra m'a-t'il aidé; autant le fond de vos !ettres est bon, autant la forme est difficile à deviner.

Votre lettre est arrivée au milieu d'un échange de soi-disantes explications qui sous une forme polie, sont cles démentìs réciproques de Nigra à Drouyn de Lhuys et de celui-ci à Nigra, vraiment c'est à n'y plus rien comprendre. En sor1.ant d'une conférence chez l'Empereur Nigra dit blanc et Drouyn de Lhuys dit noir. Je crois et suis certain que Nigra seul dit la vérité, mais je le erois un peu mol et pas assez net quando il est devant l'Empereur et le Ministre, de là des confusions déplorables! Si Nigra accepte les interprétations erronées du Ministre des Affaires Etrangères qui :sont publiées dans le Moniteur du 5, cela le regarde. Dans cette confusion il est difficile que les souverains puissent parler nettement, le fait est que dans ces négociations personne ne croit personne et les hommes sérieux en sont un peu dégoutés. Il ne m'est pas possible d'écrire à Rattazzi qui ne m'a pas écrit. L'entrevue de Nice n'a eu absolument rien de politique, les deux Empereurs ne se sont presque pas vus seuls, on n'a pas dit un mot d'officiel, ils se sont quittés assez froidement. Cette entrevue a clone eu tous ses inconvénients pour le public sans aucun avantage. Vous ne sauriez moins à quel point la conduite de Drouyn de Lhuys vous est hostHe, c'est une véritable con:spiration contre l'Italie, il a 1·ep1·is courage, son but est de détruire la Convention et de défai1·e votre unité. Tant que cet homme sera Ministre n'espérez rien de bon, aussi ne le ménagez pas. L'Empereur est toujoul's bien, mais faible il craint le retour de son Ministre et sa ·Conduite sera toujours ambigue. Que va faire votre Parlement en face des dépeches publiées dans le Moniteur du 5?

Ecrivez-moi, cher Cousin.

P.S. -J'attends votre discours avec impatience. Soyez bien modéré mais bìen ferme, affirmatif et net, il faut que vous en sortez à votre honneur (1).

(1) -Cfr. n. 382. (2) -Con t. 938 del 5 novembre Nigra aveva comunicato di aver richiesto a Drouyn de Lhuys di far pubblicare nel Moniteur questi due documenti. (3) -Non rinvenuta.
387

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 441. Torino, 7 novembre 1864, ore 10.3.1.

Je reçois à l'instant votre lettre particulìère du 5 (2). Nous sommes tous d'accord qu'il faut tenir ferme dans la pQsUion tel!le qu'elle est; mais la déplorable note du 30 au Moniteur qui va jusqu'à dicter nos aspirations, nous oblige à répondre aujourd'hui sur la Gazette officielle, en publiant une note en date d'aujourd'hui meme (3), que je vous ai expédié hier au soir par un Courrier de

3'i-f

Cabinet. Ne vous inquiétez pas, la note est faite avec beaucoup de modération. Le Moniteur apportant quelques variations au texte que nous avions de la Note de Drouyn de Lhuys, notre note est légèrement modifiée; vous communiquerez à M. Drouyn de Lhuys la copie définitive que je vous expédie ce soir.

(1) -Il discorso di Pepoli fu tenuto alla Camera nella tornata del 14 novembre. Vedilo in ..Hti de! Parlamento lia!iano, Camera Deputati, sessione 1803-1865, Discussioni, vol. IX. cit . p:;>. 6616-6623. (2) -Cfr. n. 383. (3) -Cfr. n. 388.
388

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (Ed. in La Gazzeta Ufficiale del 7 novembre 1864)

D. 75. Torino, 7 novembre 1864.

Votre dépikhe télégraphique du I" Novembre, dont le texte a été autorisé par S. M. l'Empereur (1), établit la situation des deux Gouvernements signataires de la Convention du 15 Se,ptembre vis-à-vis l'un de l'autre à l'égard dE: l'interprétation de cet acte. Toutefois le contenu de la dépeche de M. Drouyn de Lhuys à M. le Baron de Malaret en date du 30 octobre, publiée dans le NloniteuT du 5 Novembre, rend indispensables de franches explications de la. part du Gouvernement du Roi, qui tient à ce que rien, de 'Sa part, mème son silence, ne puisse donner lieu à de nouveaux malentendus.

Le Ministère que j'ai l'honneur de présider, appelé au :pouvoir par la confiance de S. M. le Roi, n'a ni négocié, ni signé les accords du 15 septembre; mais les ayant trouvés conclus, après les avoir murement examinés et en avoir calculé !es conséquences, il n'a pas hésité à les accepter et à les soutenir. Le lVUnistère a considéré en effet, en premier lieu, que le texte de la Convention et de ses annexes est dair et précis, et ne peut donner Heu à aucune équivoque; en second lieu, le Ministère, en interprétant le Traité de la seule manière admissible. c'est-à-dire selon le sens littéraJ. de sa teneur, a acquLs la convciction que, dans son ensemble, il est avantageux pour l'Italie.

Les Ministres du Roi ont donc la volonté, et ils savent qu'ils ont la force d'exécuter le traité scrupuleusement et dans son intégrité. Leur résolution à cet égard est dictée non seul,ement par la loyauté qui exige que les engagements pris par un Gouvernement soient tenus, et par la reconnaissance et l'amitié qui lient ntalie à la France, mais encore par la conviction per·sonnelle de chacun d'eux, que la meilleure politique pour l'Italie consiste dans l'exécution complète de la Convention du 15 septembre. Cet acte 1se fonde en effet sur le principe de non intervention, principe fondamenta! de la politique des deux Gouvernements, et que M. Drouyn de Lhuy1S a rappelé avec une parfaite opportunité dans la remarquable dépeche qu'il a adressée le 12 septembre dernier au Représentant de la France à Rome. Le Gouvernement du Roi.. en s'interdisant toute interprétation qui ne correspondrait pas punctuellement au sens naturel du texte du traité, puisque une interprétation de se genre ne 1serait permis,e à aucune des deux parties contractantes, se croit en devoir de réserver absolument toute question autre que ·celle de la fi.dèle observation des accords stipulés.

Ces déclarations précises me dispenseront d'entrer dans un long examen des sept proportions énoncées par S. E. lVI. le Ministre Impérial des Affaires Etrangères dans sa note du 30 octobre à M. le baron de Malaret. H suffira, à mon avis, M. le Ministre, des observations suivantes pour dissiper toute obscurité sur ce sujet.

Le traité du 15 septembre pourvoit complètement aux exigences de la situation par rapport à la Papauté, en donnant des assurances positives à la France et au monde catholique. Si, par les engagements que l'Italie a pris, elle a renoncé à employer les moyens violents, à plus fort raison elle n'aura pas recours à ces voies souterraines dont j'ai vu, non 'Sans peine, je dois l'avouer, la dépeche du Ministre des Affaires Etrangères de l'Empereur faire mention, et dont nous repoussons jusqu'à la pensée. Mais il n'est pas moins vrai que l'Italie a une foi entière dans l'action dc la civilisation et du progrès, dont la seule puissance suffira, nous en avons la pleine confiance, pour réaliser ses aspirations.

• Quelles pourront etre les conséquences de cette action des éléments de civilisation et de progrès? Chacune des deux pu1ssances contractantes peut avoir et maintenir à cet égard une opinion particulière; mais je ne saurais voir comment cette opinion pourrait former entre elles l'objet d'une discussion pratique, du moment où l'Italie déclare de la manière la plus explicite que quand ses aspirations viendraient à se réaliser, ce ne 1serait certainement pas par le fait de la violation du Traité de la part de son Gouvernement.

Quelles sont, en dehors de la question de la stricte observation de la Convention, les aspirations nationales de l'Italie? M. Drouyn de Lhuys a entendu les définir et les préciser dans la dépeche que j'ai rappelée plus haut. Le Gouvernement du Roi se voit avec regret dans l'impossibilité de suivre sur ce terrain le Ministre Impérial des Affaires Etrangères. Les aspirations d'un pays sont un fait qui appartient à la conscience nationale, et qui ne peut, à notre avis, devenir à aucun titre le sujet d'un débat entre deux Gouvernements, quels que soient ls liens qui les unissent.

Quant à la conciliation de l'Italie et de la Papauté, c'est un but que le

Gouvernement du Roi n'a jamais cessé de se proposer, et dont la Convention du

15 septembre doit rendre la réalisation plus facile.

En ce qui concerne la signification que le Gouvernement du Roi attache à la translation de la Capitale, je n'ai, M. le Ministre, qu'à laisser parler les faits eux-mèmes. Le Gouvernement Italien a préparé l'exécution de cette condition, qui est peut-etre la plus grave et la plt\s délicate des obligations que nous avons assumées par les accords du 15 septembre. Sauf la délibèration du Parlement, dans peu de mois Florence sera la Capitale de l'Italie, Ce qui pourra arriver plus tarcl, par suite d'éventualités qui sont du domaine de l'avenir, ne peut pas etre aujourd'hui l'objet des préoccupation:s des deux Gouvernements. :\L Drouyn de Lhuys l'a dit avec raison: c'est aux événements qu'il appartient de poser ce problème.

Je m'étendrai encore moins sur la cinquième et sur la septième des propositions énoncées par M. Drouyn de Lhuys; elles me paratosent avoir pour but, J"une, de constater que nous nous sommcs écartés du projet du Comte de Cavour,

l'autre d'expl'imer le déisir que nous restions fidèles ~ sa politique pour l'avenir. Les différences qui existent entre le projet du Comte de Cavour et la Convention actuelle ressortent clairement du rapport que vous avez adressé le 15 septembre dernier à mon honorable prédécesseur, et quant à la politiq~ _du Comte de Cavour, telle qu'elle est exposée dans un dtscou~s célèbre que le Ministre Imperia! des Affaires Etrangères a cité dans la dépeche dont je parle, il comprendra, je n'en doute pas, que nous tenions à honneur de continuer à

la suivre.

Il me reste à mentionner, M. le Ministre, puiJsque S. E. M. Drouyn de Lhuys

en a pris l'initiative, l'éventualité où une révolution éclaterait spontanément

dans Rome et renverserait le pouvoir temporel du Saint Père. Le Ministre Im

périal des Affaires Etrangères réserve pour ce cas l'entière liberté d'action de

la France; l'Italie, de son coté, fait, ·comme de raLson, la meme réserve.

Telles sont, M. le Ministre, les vues et les convictions avec les quelles le

Ministère se présente au Parlement pour soutenir devant lui la Convention du

15 septembre. Cet acte international, convenu pour surmonter les difficultés

d'une situation peut-etre sans exemple, ouvre, selon nous, aux deux Gouverne

ments une voie nettement tracée, où le Gouvernement du Roi croit pouvoir

compter sur l'appui des représentants de la· nation pour rivaliser de loyauté avec

la France.

La publication par le Moniteur des deux Notes adressées par le Ministre

Impérial des Affaires Etrangères à M. le Baron de Malaret nous fait un devoir,

M. le Ministre, de faire insérer sans retard dans la Gazette Officielle du Royaume la dépeche que je vous adresse en ce moment et que je vous prie de vouloir bien faire connaìtre officiellement à S. E. M. Drouyn de Lhuys (1~.

(1) Cfr. n. 373. allegato.

389

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 48. Londra, 7 novembre 1864 (per. il 10).

Trovandomi per pochi giorni a Broadlands da Lord Palmerston ed essendo

ugualmente in visita Lord Cowley, la conversazione è non di rado ricaduta sulla

Convenzione del 15 settembre.

Lord Palmerston si è •sempre espresso come persuaso dell'intenzione per

.parte dell'Imperatore di eseguire i p~tti sottoocritti, ritirando le truppe da

Roma. Anzi confessò egli d'aver dovuto cambiare da poco le sue convinzioni a

questo riguardo accennando anzi a Lord Cowley come egli avesse continuamente

14 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. V

sinora battuto in breccia alle viste color di rosa di quel Diplomatico a questo proposito.

Lord Palmerston ripeté che il motivo per cui credeva altrimenti si era che, come me lo aveva ripetuto soventi, egli fosse di parere che l'occupazione di Roma fosse mantenuta dall'Imperatore con lo scopo segreto di essere a portata di separare Napoli dal Nord se l'unificazione non durava, e inoltre d'avere un punto strategico in caso volesse attaccare l'Austria nella Venezia.

Lord Cowley invece si espresse riguardo all'Imperatore in un modo che a dir vero mi sorprese, poiché riconobbe in lui il pensiero da lungo tempo di togliersi, lasciando Roma, da una posizione riconosciuta falsa appena troverebbe· il modo di farlo con dignità. A sentirlo, questa occupazione era per lui un peso quasi insoffribile.

Aver egli dichiarato soventi che non s'era obbligato che a mantenere salvO' il Papa finché vivrebbe. Ma che non si faceva illusione sui pericoli che aveva da incontrare presso al suo Clero.

Dimandai a Lord Cowley quale a parer suo potesse essere stato n motivo urgente che avesse deciso l'Imperatore a dare ascolto in questi momenti a proposte e reclami che da un pezzo agitavansi da noi. Ed egli mi disse che, fra l'altre cagioni, egli •pensava che l'affare Cohen avesse fatto più impressione che non 'si credesse. Che trovandosi di recente in campagna dal signor Fould nei Pirenei questi gli avea detto che vedrebbe che ilira breve la cosa produrrebbe risultato. E con 'sua sorpresa questo non si fece aspettare. Inoltre poi attribuì all'I,mperatore senza andar a cercare più oltre, sincere aspirazioni in favore dell'unificazione d'Italia e citò quanto parecchie volte avea udito da lui, cioè· che egli desiderasse questa unità sovra ogni altra cosa. Ma solo la .temeva inarrivabile, quasi un sogno. Mi assicurò che nelle sue conversazioni col Plrincipe Mettemich l'Imperatore non avea mai cessato di metter la cessione della Venezia fra le condizioni sine qua non di una buona intelligenza sincera fra la Francia e l'Austria. Ed esprimendogli la mia sor;presa che l'Imperatore s'impegna.sse talmente ,per rendere l'Italia compatta e forte, Lord Cowley mi rispose che realmente egli credeva che l'Imperatore ora credesse più utile pemino per la Francia di potersi far onore di questa opera colossale, come essendo in gran parte opera sua, e legando così l'Italia coi vi:ncoli della riconoscenza Vei1SO la Francia, che non lasciando alla prima dovere a se stessa la sua consolidazione.

Avendo io fatto allusione alla incredulità di Lord' Palmerston, Lord Cowley mi disse esser vero che il Primo Ministro soventi gli avea contradetto le sue idee favorevoli al1l'Imperatore ma che gli parea impossibile dopo aver conosciuto quest'ultimo, come gli era stato dato di farlo, e dopo tante conversazioni avute con lui e col suo Entourage che avesse ·potuto ~endere uno sbaglio sì madornale.

Ripeto queste conversazioni benché prive naturalmente di qualunque carattere ufficiale perché, fondate o no, indicano il modo di pensare di una persona che è inviata a Parigi per farsi una idea giusta di quello che vi si passa e renderne conto al Gabinetto Inglese. E non si può negare che gli avvenimenti dian ragione a Lord Cowley più che a Lord Palmemton.

Questi sembra sempre confermarsi nell'idea che Firenze sia da preferirsi .a Roma per Capitale anche definitiva. Anzi egli pensa persino che potressimo poco per volta assol'bire tutti gli Stati Romani lasciando però Roma al Papa, il quale a parer suo non può vivere altrove che a Roma.

Ma in questo mi feci lecito di non essere del suo parere, potendo forse lasciarsi H Papa a Roma anche dopo divenuta Capitale, ma per conseguenza ·senza potere temporale. Non essendo necessaria ad una Capitale la residenza fissa del Sov,rano e del Parlamento per costituirla tale.

In quanto all'idea di un Congresso, egli non ne vede punto la necessità in questo momento e temerebbe ·che questo Congresso non presentasse il rischio ·di una nuova e fo11Inale asseverazione per parte dell'Austria di non voler cedere la Venezia. Inoltre vedrebbe pericolo persino per 'la quistione Romana nel nostro senso da una riunione in cui sedessero tante Potenze Cattoliche che ci sono tut·t'altro che favorevoli. E ne potrebbero nascere risultati fatali.

Ecco all'incirca il sunto di quanto mi è stato detto in questi giorni. Accusando ricevuta all'E. V. della Circolare Politica delli 21 ottobre e del Dispaccio (Gabinetto) delli 29 ottobre ... (1).

(1) Cfr. in Atti det Partamento Italiano, Camera Deputati, sessione 1863-1865, Discussioni, vol. IX, cit., pp. 6482-6487, tornata del 7 novembre, l'interpellanza di Boggio sulla diversa interpretazione data da Italia e Francia alla convenzione di settembre e la risposta di La Marmora.

390

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

ANNESSO CIFRATO CONFIDENZIALE (2). Baden, 7 novembre 1864.

Rapprochement 'l"éel dont il est question dans ma dernière dép&he télé_gra;phique (3) entre Pru$e et France, découle, d'après M. de Roggenbach, de la situation .générale. Chargé d'Affaires de France, revenu ces joulis derniers de Paris, m'a •confirmé la nouveHe, ajoutant nos rapports avec le Gouvel'nement Prussien n'ont jamais été meilleurs.

Baron de Roggenbach assure que M. de Btsmark a tout intéret à Italie forte -et constituée comme moyen d'affaiblissement et isolement de l'Autriche.

Correspondance échangée directement entre M. de Rechberg, peu avant sa démission, et M. de Bismark, confirme assertion Roggenbach sur entente nominale Austro-Prussienne. M. de Rechberg demandait instamment à Prusse ·quelques 'concessions en faveur de l'Autriche sur arrangement Dano-Allemand, ou sur question Zollverein, se fondant sur quasi promesse antérieure. Ministre répondu que lo11sque Ministre Autrichien Jui avalit demandé une phmse (sic) il. la lui avait déjà faite.

Milnistre Badois ne croit pas difficultés fédérale·s ou autres pour réunion

<l:u Lauenbourg à ·couronne Prussienne moyennant indemnité pécuniaire au Prince <le Hesse qui a des droits sur ce Duché.

Nouvelles de Bavière assurent actuellement aucune disposition de reconnaitre Italie, et moins encore avec Ministère Van der Pfordten.

Traité prochainement négocié croit-on à Carlsruhe entre Suisse et Zollverein est question séparée des arrangements Austro-Bavarois et Suisses signalés dans dépeche du Cabinet N. 14.

M. de Ro~enbach conseille agir à Berlin pour pr01Il1pt traité entre Italie et Zollverein, sans faire connaitre intéret politique pour reconnaissance. On continuera d'ici à faire valoir à Berlin nécessité commerciale ;pour notre traité.

Dépeche française à cette Légation Impériale a'ssure, d'après négociation entre France, Madrid et Vienne, que l'Espagne et Autriche ne feront point d'opposition à notre Convention, pourvu que fidèlement et loyalement exécutée, et meme l'Autriche donnera à Rome conseils de modération et de conciliation.

Renseignements puisés de bonne source assurent que l'entrevue de Nice a été plus importante de ce que l'on croit; que Russie s'est pour ainsi dire disculpée de sa prétendue complicité à Kissingen et Ka.rlsbad quant à l'entente du Nord contre France ainsi que tout l'avait fait bien autol"iser. Il me parait que France ;pour éviter :soupçons de pression, meme morale, sur Russie, laissera, au besoin, opinion publique se fourvoyer sur résultat entrevue de Nice et sur rapprochement Franco-Russe. Mais on croit déjà à Paris amnistie en faveur de Pologne et autres mesures favorables à l'époque du mariage Cesarewitch. Ce qui laissant honneur initiative à Alexandre II permettra à bons rapports entre deux Empires de se rétablir ostensiblement sur ancien pied. M. de Roggenbach par contre ne oroit pas rapprochement Franco-Russe. Ce Ministre assure et diplomates français confirment explicitement qu'Alexandre II a remporté de France conviction per,sonnelle que question polonaise n'est ;pas gouvernementale mais éminemment française et rpopulaire, et France désire maintien au pouvoir Prince Gortchakoff, et M. de Talleyrand a mission de l'appuyer.

(1) -Cfr. nn. 340 e 362. (2) -Al R. 29. (3) -T. 933 del 3 novembre, non pubblicato.
391

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(Ed. in Carteggi Nigra, p. 94)

T. 944. Parigi, 8 novembre 1864, ore 18,35: (per. ore 20,20).

J'ai lu à Drouyn de Lhuys votre dépèche (1) en le prévenant des modifi.cations; je lui remettrai demain copie définitive. La seule observation importante qu'il m'a faite est celle-ci. M. Drouyn de Lhuys ·reconnait que le principe de non-intervention est un principe fondamenta! de la politique française, que la Convention est un hommage rendu à ce principe, mais il dit que ce principe aux yeux de la France n'est pas tellement absolu qu'il ne puisse admettre des

exceptions et des réserves. Drouyn de Lhuys a ajouté que la dépèche ne lui avait pas fait mauvaise ~mpression, qu'il y répondrait, mais qu'il ne désirait pas que sa réponse fut publiée, à moins que les journaux en relevant et en commentant avec passion votre dépéche ne le forçassent à le faire contre son gré. Le ton de la conversation a été très calme et amiable.

(1) Cfr. n. 388.

392

IL MIN:ISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. P. S. N. Parigi, 8 novembre 1864.

Facendo seguito alle mie lettere particolari sullo stesso argomento, ho l'onore di inviare a V.E. ile ultime ,informazioni confidenziali che mi furono comunicate circa le determinazioni del partito d'azione rispetto al tentativo di insurrezione nel Friuli.

ALLEGATO l

5 novembre 1864.

Le parti d'action n'a pas renoncé au projet de soutenir le mouvement insurrectionnel qui s'est produit dans le F~rioul. -Demain, la bande de Bezzi, forte de 80 hommes partira de Brescia.

Le projet de s'emparer d'un bateau à vapeur du Lac de Garde, à Desenzano, n'est pas abandonné. On le mettra a exécution dès que la bande seTa passée, c'est à dire, Lundi ou Mardi. Le Capitain de ce bateau serait déjà gagné.

ALLEGATO II

7 novembre 1864.

Les bandes qui devaient se rendre dans les montagnes du Frioul pour y propager 1'insurrection ont reçu contre-ordre. Il a été décidé, dans une réunion du Comité centrai du parti d'action qui a eu lieu le 3 Novembre à Turin, à laquelle assistaient Menotti, Cairoli, Guastalla, Missori, Guerzoni, Miceli, Cadolini ecc., que l'on continuerait à réunir des armes et des munitions, mais que les départs seraient suspendus jusqu'à ce que l'on ait acquis la certitude que le mouvement insurrectionnel a une base solide et gagne du terrain.

393

L'INCARICATO D'AFFARI AD AMBURGO, GALATERI DI GENOLA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 25. Amburgo, 8 novembre 1864 (per. l'11 ).

Mi è a ,suo tempo pervenuto l'ossequiato dispaccio Confidenziale (Circolare) che V. E. mi ha favorito alla data 21 dello scorso ottobre (1), sulla Con

venzione del 15 settembre, sulle fasi della rivolta tunisina, sulla protesta del

R. Governo contro la sua esclusione dal nuovo regolamento dell'Amministrazione del Libano, sull'avvenire del nostro sistema telegrafico pell'immersione della corda telegrafica nel mare fra Otranto e VaUona, sulla ,riduzione dei prezzi dei telegrammi colla Svizzera, sull'a,ccessione del Governo del Re alle Conferenze di Ginevra circa le ambulanze militari, sullo stabilimento di relazioni diplomatiche con varii Stati dell'America e sull'istituzione di un nostro Consolato nella lontana Melbourne.

Ho l'onore di pregare V. E. di essere ben sicura, che delle notizie positive somministratemi nel citato dispacdo io non tralascio di valermi in ogni occasione opportuna per mettere nella vera loro luce gli atti del Governo di S. M. mostrando quanto giornalmente ,sempre più il medesimo s'inoltri in ogni via di progresso, quanto Séllppia difendere la sua dignità, proteggere e promuovere ovunque gl'interessi politici e commerciali degli Italiani.

Fra tutte le qui:stioni politiche all'ordine del giorno primeggia e forse da alcune settimane tutta giustamente assorbe l'attenzione dei politici, la nostra Convenzione colla Francia del 15 settembre.

La vivissima e non discontinua polemica dei giornali, le spiegazioni officiose ed officiali dei due Governi ben poco qui, sembra, abbiano rischiarato la controversia sull'accordo della Francia e dell'Italia sullo scopo capitale della Convenzione, che pare da noi porsi nella rinunzia assoluta della Francia ad ogni intervento militare in favore di S. Santità quando che poi nè armata mano apertamente, né di soppiatto con emissari rivoluzionarii non assaliamo o lasciamo assalire ed abbattere da forze esterne il Governo del Papa.

Qui si ritiene che quella Convenzione era ben più favorevole ai nostri intendimenti prima che non dopo le spiegazioni ed interpretazioni del Governo :lirancese e del Signor Cav. Nigra sulle aspirazioni nazionali. Nel testo della Convenzione vergine di .spiegazioni vi si poteva logicamente leggere, come fu troppo presto letta da molti, la tacita rinunzia assoluta della Francia ad ogni intervento ulteriore negli Stati del Pontefice, mentre che dopo le spiegazioni del Signor Drouyn de Lhuys la ,possibilità di nuovo intervento è lasciata nebulosamente dipendere dai btsogni delle future contingenze. Inoltre qui si trova, che la definizione data dal Signor Ministro Nigra delle aspirazioni nazionali, essere cioè desse la conciliazione dell'Italia colla S. Sede, nulla abbia definito, e che perciò la quistione resti più oscura e controversa che mai. V. E., mi lusingo, non dubiterà che nelle discussioni sulle differenti interp,retazioni dell'importantissimo atto, di cui parliamo, io mi adoperi sempre a far prevalere quelle che partono dal R. Mintstero e che sono nei desideri d'ogni buon Italiano.

Del resto, come già altre volte accennai, la questione Romana (di cui l'importanza cattolico-religiosa supera d'assai quella materiale politLca) in Amborgo città protestante e tutta di materiali interessi non desta quelle simpatie nè tocca quegli intimi sentimenti che provano altri popoli in affatto diverse condizioni. Quel che agli Amborghesi importa maggiormente ,si è non che il Papa rimanga solo sovrano in Roma, o divida la sovranità dell'Alma Città col Re nostro Augusto Sovrano, o diventi di questo il primo suddito, oppure che egli se ne parta

per altra Sede, ma quello che lor cale rsi è di osservare se dalla convenzione scaturisca difatti una più intima e cordiale unione dell'Italia colla F['ancia, od invece un malumore o p€ggio. In somma gli Ambo['ghesJ più che di Roma sono preoccupati del mantenimento della pace, Mame e nutrice dei commerci, e già sentono un brivido per le vene dagli esili tentativi insurrezionali del Friuli, la questione Veneta, di cui mi riservo di fare argomento d'altro mio dispaccio, assai più interessandoli che non la romana.

(1) Cfr. n. 340.

394

IL SEGRETARIO DELLA LEGAZIONE A LONDRA, MAFFEI, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI

L. P. Londra, 8 novembre 1864 (per. L'11).

La mia attenzione è stata nuovamente chiamata sulle mene incessanti, che a danno del R. Governo si fanno dai Comitati Austro Borbonici qui esJstenti. Mi venne testé comunicato che dodici individui quasi tutti Tedeschi all'eccezione di tre che sarebbero Ungheresi, furono inviati in Italia negli scol1Si giorni dal Comitato di Cambridge. Scopo di costoro, che si fingerebbero anche all'occasione di essere agenti di comitati Polacchi, Ungaresi etc. etc. ed affiliati così al partito d'azione, sarebbe di eccitare dei torbidi a Torino.

Essi si suppongono essere d~scesi all'Hotel Feder e capo di loTo saTebbe il nominato Kreuger.

Inoltre questi si troverebbero in relazione con un tale Sacerdote Ambrosoli residente a Milano, il quale mi viene indicato come un individuo molto ~ ricoloso.

La persona, che davami questi ragguagli a testimonianza della loro verità mi diceva che simile incarico di andar in Italia ad eccitare le passioni popolari, gli veniva offerto dall'anzidetto comitato, e ·mi chiedeva dn pari tempo se doveva accettare la proposta, .poiché essendo costretto di andare fra breve in Italia per affari privati, avrebbe potuto facilmente iniziarsi nei seg.reti de' comitati sparsi in molte delle nostre città, onde poi comunicarli al Governo.

Io non poteva far altro tranne !imitarmi a rislpondere che avrei domandato delle istruzioni. Il .suo nome è Prim, e Siciliano di nascita, egli già veniva un due o ·tre anni or sono dalla Prefettura di Napoli impiegato in mLssioni di uguale natura.

M soggiungeva in seguito che tanto il Cav. Aveta quanto il Cav. D'Amore ben lo conoscevano ed avevano avuto ,prova della sua fedeltà. Da loro forse si potrebbe sapere se la sua proposta sia o no degna di essere aecettata (1).

Ora deggio chiederle perdono, Illustrissimo Signor CommendatoTe, :per queste mie frequenti comunicazioni. Durante Iii Ministero de·l Cav. Peruzzi fui spesso in corrispondenza diretta con lui per affari di questo genere, ma ora non conoscendo il Signor Lanza e nel!l'assenza del Sdgnor Marchetse d'Azeglio, reputo

essere mio obbligo rivolgermi alla S. V. ed Ella farà poi del contenuto delle mie lettere quell'uso che crederà migliore.

La nota attività dei partiti estremi, che hanno centro in questo paese mi spinge, nell'interesse del Governo, a procurarle tanto disturbo, e questa mi varrà spero di scusa appo la S. V. Illustr1ssima.

(1) Maffei fu avvertito di usare ogni cautela nei rapporti col Prim, uomo di moralità assai dubbia e capace di fare il doppio gioco.

395

IL CAPO GABINETTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL CONSIGLIERE DELLA LEGAZIONE A PARIGI, ARTOM (Copie Artom)

L. P. Torino, 8-9 novembre 1864.

Si aspetta qui il risultato dell'impressione che farà a Parigi la nostra nota di ieri (1). Non si disconosce che essa ha l'inconveniente di riaprire una discussione almeno inutile, e che potevasi considerare •come chiusa dal telegramma del 1• novembre; ed io, valendomi della bontà che il Generale mi dimostra, mi sono fatto lecito di esporgli, quando me ne fu da lui offerta l'occasione, alcune considerazioni in questo senso. Inoltre non ha potuto sfuggirli la considerazione del pericolo che vi sarebbe nel preter le flanc a coloro che non desiderano altro se non di vedere prolungate ed inasprite le di·scussioni relative al trattato, e che forse sperano che il Generale, colla lealtà e la franchezza del suo carattere, si lasci spingere a dichiarazioni troppo redse ed inopportune. In quanto al testo stesso della nota, esso fu stabilito quasi testualmente in Consiglio dei Ministri, ed io procurai, come era mio dovere, di rivestirlo di forme quanto più potei moderate. Il testo definitivo che io presentai attenuato fu trovato dai Ministri il più moderato che si potesse adottare, ed io tuttavia ottenni dal Generale che alcune modificazioni vi fossero successivamente recate. Il motivo ·Che fece sì che i Ministri sentissero sì vivamente il bisogno di stabilire in te11mini cotanto decisi il punto di vista del Governo in faccia alle note di Drouyn, e che abbiano preso la grave determinazione di pubblicare questo dispaccio prima che fosse partito per Parigi, fu forse per parte del Generale il convincimento della impossibilità per Drouyn de Lhuys di sostenere a lungo l'interpretazione da esso posta innanzi, e per gli altri Ministri, sopratutto per !acini Lanza e Sella. il sentimento della difficoltà di presentarsi al Parlamento senza crivendicare i principii che il Governo intende non affermare per ora, ma di riservare pienamente. Alcuni Ministri dichiaravano che se la nota di ieri non fosse spedita e pubblicata nella giornata stessa, essi rassegnerebbero le loro demis1sioni. Mi pare che l'effetto prodotto qui nel pubblico fu buono, ma è assai pericoloso il giudicare le note diplomatiche dall'effetto che producono nel pubblico. Non ho dimenttcato che la famosa nota del 10 settembre 1862 ebbe in Torino il plauso di molti anche moderati e disposti alla conciliazione colla Francia. So che fra gli antichi Ministri alcuni dubitano della opportunità o necessità di

constatare maggiormente queste divergenze fra i due Governi che sono qui:stioni di parole piuttosto che di fatto, e credono più abile di continuare a tacere andando

innanzi, come già si fece utilmente all'epoca delle annessioni, badando poco alle proteste francesi. Ma si osservava in senso opposto che Drouyn pretendeva di impegnaTe il Governo del Re nelle sue 7 proposizioni, che la pubblicazione delle sue note posteriormente al telegramma del l" novembre era un fatto nuovo che rendeva i.nsuffidente la pubbUcazione dei dispacci di Nigra nel Monitem·, ecc. Il Marchese Pepoli avendo detto ad uno degli attuali Ministri che sarebbe stato meglio tacere, questi gli rispose che non toccava a lui dare Slimili consigli, dopo le parole pronunciate al banchetto di Milano.

Insomma il dispaccio fu pubblicato nella Gazzetta, malgrado che il Barone di Malaret sia venuto due volte ieri mattina a supplicare il Generale di soprassedere a tale pubblicazione.

Ora che la cosa è fatta, Malaret non pare molto preoccupato delle conseguenze. Nel fargliene lettura, il Generale credette di osservare in lui un certo imbarazzo, e come la tacita confessione della ragionevolezza del dispaccio. Ma le fins de non recevoir così recisamente opposte alle proposizioni della nota di Drouyn del 30 ottobre, come saranno accolte a Parigi?

Non troverai strano che io aggiunga qui che mi sono anche permesso di esporre ·al Generale la convenienza di riferirei, almeno in un periodo del dispaccio, alle due note di Nigra dei 15 settembre e 30 ottobre. Ma il Generale, mentre ammette pienamente come base della discussione parlamentare le considerazioni esposte da Nigra in quei due documenti, non ha voluto lasciar supporre che egli ammetta che queste considerazioni medesime abbiano bisogno di essere completate colle dichiarazioni di Drouyn riferite nella nota di Nigra del 30 ottobre. Non è il caso che io mi estenda di più in questo delicato argomento.

Egli mi parve assai desideroso di ricevere fra breve delle notizie di Nigra, e di sapere che Nigra abbia acquistato la certezza di superare, per quanto lo conceme anche personalmente, i piccoli imbarazzi che possono nascere per lui da questa situazione.

Non so, mio caro Artom, se io faccia bene a scriverti così francamente e confidenzialmente; ·certo è che con nessuno al mondo, eccettuato Nigra e te, non farei altrettanto.

Fa leggeTe, se lo credi, questa lettera a Nigra, salutalo per me.

9 novembre 1864.

P.S. Aggiungo un P.S. a questa lettera che io non potei far partire iersera, la partenza del corriere essendo stata fissata recentemente alle 10 e mezzo. Si sta manifestando ora per parte dei Ministri antichi •Come per parte dei nuovi, una tendenza ad accentuare le divergenze che li separano, sullo stato di cose stabilito dal telegramma del l Novembre e sulla nota del 7 novembre. Visconti pronunziò un magnifico discorso (1), ma nel quale i Ministri attuali credettero di scorgere una critica indiretta. La Stampa dalla sua parte critica la nota 7 novembre. È da sperarsi che queste divergenze non si tradurranno in nessun incidente disgustoso in questa discussione. Se, come ora appare, le cose vanno bene a Parigi, andranno bene anche qui.

Ti mando intanto una copia del discorso di Visconti. Furono firmate stamane dal Re le nomine di Barrai a Berlino, Launay a Pietroburga, Caracciolo a Costantinopoli e Greppi a Mexico.

(1) Cfr. n. 388.

(1) Cfr. Atti del Parlamento Italiano, Camera Deputati, sessione 1863-1865, Discussioni, vol. l, cit., pp. 6501-6507. Si pubblica qui un brano di una Lp. di Nigra a Visconti Venosta

396

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 945. Parigi, 10 novembre 1864, ore 12,35 (per. ore 13,20).

Le Moniteur publie votre note; elle a produit ici en général un très bon effet.

397

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in Carteggi Nigra, pp. 84-85)

L. P. Parigi, 10 novembre 1864.

L'Imperatore è partito per Compiègne. Le sue dtsposizioni a nostro riguardo, ne sono convinto, non han mutato in seguito agli ultimi incidenti. Fu per me, come al solito, molto amabile. Mi mandò i bottoni delle sue cacce; mi fece invitare a Compiègne dal 3 al 10 dicembre (1). Anche l'Imperatrice fu molto cortese. Mi disse che desiderava assicurarmi che non era vero quanto era stato detto da alcuni giornali che fosse irritata meco per la Convenzione; che comprendeva benissimo che io non poteva agire in questa cireostanza che conformemente alla nostra politica, alle nostre idee, e alle istruzioni del mio Governo, etc. etc. Volle che io le conducessi a St. Cloud il mio ragazzo che presentò al Principe Imperiale. IIliSomma le relazioni non potrebbero essere migliori.

In sostanza le cose qui vanno bene, [Per quanto è consentito dalla situazione, la quale è diffi·cile dai due lati; gia•cchè noi dobbiamo rassicurare il partito nazionale, e qui si vuole rassi-curare il partito cattolico. Questa divergenza di fisionomia, per servirmi della frase di Drouyn de Lhuy-s, era inevitabile. Spero che l'Imperatore nel suo discorso di apertura del Corpo Legislativo non si pronunzierà in modo tn~ppo a,ccentuato. Quanto a Drouyn de Lhuys, la sua tendenza, non giova illuder;si, sarà vel\So il partito cattolico. Per ciò che ci riguarda, oramai, dopo il di Lei dispaccio la situazione mi pare assai netta.

del 29 novembre (AVV):

• Devo confessarmi ch'io non m'aspettava di dover impegnare una lotta cosi viva sulla Convenzione. Ben m'attendeva ad una inevitabile reazione. Ma ero !ungi dal supporla cosi violenta. Fatto sta che il Partito clericale senti vivamente il colpo che gli è portato, e tentò di pararlo alla meglio. Ma la parata non valse la botta, e mi fa molto piacere il sapere chie voi, e con voi il paese, cosi avete giudicato. Del resto la parte principale della vittoria vi appartiene. Il Vostro discorso è capitale, e vi assicura nel paese una posizione quale io desiderava per voi. Anche qui, passato il primo impeto d'ira, il Vostro discorso fece buona impressione anche presso il Signor Drouyn de Lhuys.

n discorso di La Marmora fu pure giudicato favorevolmente e anch'esso produsse ottimo effetto •.

Questo suo dispaccio fece qui buona impressione. Domandai che fosse inserito sul Moniteur e lo fu. Il Constitutionnel d'oggi lo commenta favorevolmente. Non mi arrischio a dirle quale sarà la risposta ufficiale di Drouyn de Lhuys; non posso che riferirle quanto egli mi disse, che è ciò che Le ho scritto d'ufficio. Rimane che la discussione proceda come ha cominciato e spero che sarà così. Non posso abbastanza lodare la di Lei fermezza e quella dei suoi colleghi.

Il Principe Napoleone e la Pdncipessa Clotilde partono oggi per Compiègne. Il Principe sarà probabilmente nominato Presidente del Consiglio privato. Anche ciò è bene per noi.

(1) Cfr. t. 144 dello stesso lO novembre di La Marmora a Nigra: « Est-ce vrai que vous etes invité à Compiégne? Tenez nous au courant, car meme les petites choses peuvent nous aider à sortir des grandes difficultés de la situation •.

398

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(Ed. in Carteggi Nigra, p. 94)

T. 948. Parigi, 12 novembre 1864, ore 15,10 (per. ore 16,15).

La réponse à votre dépeche a dti arriver aujourd'hui à Turin. Elle me parait très douce, elle traite deux points, celui de la non-intervention qui est moins accentué de ce que je vous ai mandé, et celui des aspirations nationales; quant à ce second point M. Drouyn de Lhuys dit que lorsque un Gouvernement s'ajpproprie les aspirations de la nation on peut en demander la signification et la portée. Cette réponse ne sera pas publiée .par le Moniteur.

399

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 49. Londra, 12 novembre 1864 (per. il 15).

Incontrai ieri a caso il Conte di Clarendon venuto in città per pochi giorni. Egli si espresse caldamente in favore della Convenzione e confermò a molti riguardi il linguaggio tenutogli a più riprese dall'Imperatore Napoleone riguardo al rammarico che prov;ava di servire indirettamente a sostenere uno dei Governi i più corrotti di questi tempi, quello della Corte di Roma.

Il Conte di Clarendon tenne un linguaggio persuasissimo dei buoni risultati che la Convenzione assicurava all'Italia. E soggiunse che, ove fosse Italiano, egli avrebbe evitato ad ogni costo per questi due anni con moti intempestivi e imprudenze di dare qualunque pTetesto a .chicchessia d'infrangere le stipulazioni.

Parlò poi della sua coma a Vienna come di cosa affatto privata e si mostrò stupito ~come il Giornalismo avesse potuto inventare completi sistemi politici su quella base.

Disse che alla verità conoscendo assa'i il Conte Rechberg, questi aveva insistito per dtscorrere 1seco quasi ogni giorno. Ma riguardo a Venezia avea potuto intendere benissimo come l'averne parlato sarebbe stato preso per poco meno d'un insulto, quasi mi disse il Conte Clarendon come se qualcuno andasse a proporre a Palmerston d'unire l'Irlanda alla Francia.

In quanto all'Imperatore, non lo vide nemmeno.

400

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 76. Torino, 14 novembre 1864.

Fn riferito al R. Ministero dell'Interno essere intenzione del Governo Pontificio di liberare il 1suo rterritorio dai briganti e dai malfattori che infestano quelle campagne, facendoli arrestare e poscia tradurre, senza distinzione tra indigeni e forestieri al ,confine del Regno: duecento di essi, si soggiunge, sarebbero stati già a tal fine rinchiusi nelle carceri di Roma.

Sebbene siffatte notizie non siano punto state guarentite come esatte, nondimeno quel Dicastero stimò conveniente di richiamare per mezzo mio l'attenzione di V. S. Illustrissima su tali voci, affinchè, verificandosi quelle eventualità, il Governo Francese inte:r>ponga i suoi uffici per impedire una misura che riuscirebbe evidentemente di grave pregiudizio alla sicurezza della nostra frontiera (1).

401

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 447. Torino, 15 novembre 1864, ore 8,50.

A la fin de mon discours de samedi j'ai fait la supposition d'aUer moi-meme à Vienne, (pour expliquer à l'empereur d'Autriche l'avantage réciproque à arranger la question de Venise. Faites bien sentir qu'il ne m'est jamais passé par la tete, ni menaces, ni pression (2).

• Questo Ministro Imperiale degli Esteri mi rispose che avrebbe scritto tosto all'Ambaaciatore francese a Roma per verificare l'esattezza di queste voci, e per dare in tal caso le istruzioni nel senso da noi desiderato •.

(1) Con R. 84 del 17 novembre Nigra comunicò di aver informato Drouyn de Lhuys del contenuto di questo dispaccio e aggiunse:

(2) Cfr. quanto dichiarò a questo proposito La Marmora alla Camera nella tornata del 15 novembre in Atti del Parlamento Italiano, Camera Deputati, sessione 1863-1865, Discussioni, vol. IX, cit., pp. 6647-6648.

402

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, GAMBAROTTA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 956. Tunisi, 15 novembre 1864 (per. ore 11,45 del 20) (1).

Le Bey, selon l'usage toujours suivi précédemment, avait décidé d'envoyer, en mission de politesse, un personagge de sa Cour ,pour remer'Cier le Sultan de l'intéret qu'il avait démontré pendant la Tévolution, par l'envoi d'un Commissaire et a fait demander aux consuls une lettre d'introduction pour leul'!s envoyés auprès des légations respectives à Constantinople. Le départ était fixé pour le

' 17 novembre. Le consul de France a refusé la lettre et est allé ce jour meme, le 6, à 5 heures du :soir, déclarer au Bey, qu'il n'avait pas le droit d'envoyer une mission à Constantinople sans le consentement de la France. La conversation a ·été très extraordinaire et remarquable, surtout par le calme du Bey vis-à-vis de l'attitude hautaine et de l'intema;>érance de langage du consul, qui a complété 'SCandale en refusant la main que le Bey lui a offert, en prenant congé et en s'éloignant avec des gestes très ;peu ,respectueux. Le jour après le consul qui avait refusé de communiquer ses prétentions par éCTit, a fait partir un navire pour Cagliari pour savoir de Paris s'il devait permettre le départ de l'env()yé du Bey. Le Bey qui a soutenu énergiquement 1ses droits, déclara de son cOté que le départ fixé pour le 17 aura ~ieu. Le consul, à cette nouvelle, a donné ordre au commandant de la frégate française d'empecher le départ du navire du Bey. L'envoyé du Bey a répondu à l'offider français, qui s'était présenté à bord une heure avant, qu'il était chargé par ,son Souverain d'une mission qu'il devait remplir, et qu'il ne se serait aneté que sur un ordre du Bey ou devant la force. A peine l'officier fut arrivé à bord, la frégate française a commencé à chauffer, mais le navire du Bey ayant commencé à chauffer beaucoup avant, il s'est mis en route une heure après passant avant la frégate qui n'a pas bougé et qui a fait seulement des signaux d'arret à 500 mètres de distance, avec des fusées, car il était déjà nuit. Le navire du Bey n'a pas répondu et a continué son chemin. Environ une demi-heure arprès la frégate a suivi J.e navire du Bey • La Toscane • bon marcheur, vendu dernièrement rpar Rubattino, mais il parait qu'elle n'a pas pu le rejoindre, car elle est rentrée en rade ce matin. Le meme fait ayant jeté beaucoup d'alarme en ville, je suis d'avis que le Gouvernement du Roi doit retarder encore quelque temps le rappel des deux navires italiens qui sont en rade.

(1) Trasmesso da Cagliari alle ore 12 del 19.

403

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in Carteggi Nigra, pp. 85-86)

L. P. Parigi, 15 novembre 1864.

Il di lei discorso (1) è pubblicato stamane quasi completamente nel Moniteur e i due giornali semiufficiali, il Constitutionnel e il Pays, lo commentano favorevolmente. La France stessa, la quale sul semplice estratto telegrafico, aveva di nuovo pigliato il morso ai denti e domandava nuove spiegazioni e rettificazioni ufficiali, jeri sera faceva ammenda onorevole e correggeva il suo avventato giudizio. Il Signor Drouyn de Lhuys à andato oggi a Compiègne, e non ho quindi potuto domandargli le sue impressioni. Lo farò appena sia di ritorno. Ma spero che l'impressione dell'Imperatore e la sua propria non saranno state sfavorevoli. Il linguaggio dei giornali semiufficiali e quello in generale della stampa francese m'induce a crederlo. Insomma spero che la discussione terminerà presto e .senza ;provocar qui altri incidenti. Non bisogna però farsi illusione. La Convenzione ridestò le ire clericali in Francia. Il partito che ha per organo principale la France e che non è senza influenza, non potendo pigliarsela direttamente coll'Imperatore e col suo Ministro degli affari esteri, se la piglia con noi a iSfPToposito. Io prevedo, al Senato e al Corpo Legislativo, discussioni più appassionate delle nostre; e se il movimento dell'opinione pubblica, o per meglio dire, di una parte dell'opinione pubblica in Francia, continua nelle tendenze manifestate dalla France, fino a un certo punto sostenute dal Ministero degli affari esteri, è possibile che l'Imperatore nel suo discorso ;pronunzi qualche frase (più accentuata di quanto fossero le sue intenzioni di due mesi fa. Ma, se Dio vuole, sorpasseremo anche questa burrasca. Intanto è certo che il carattere di lealtà di •cui fu improntato il di Lei linguaggio, ha prodotto qui generalmente un ottimo effetto.

Non ho altro ad aggiungere per oggi. Soltanto La prego di mandarmi subito per telegrafo il risultato della votazione.

404

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 952. Parigi, 16 novembre 1864, ore 13,40 (per. ore 14,30).

M. Drouyn de Lhuys me signale un article du journal l'Unità Cattolica de Turin du 13 courant comme provoquant à l'assassinat contre l'Empereur. Le pas

sage incriminé de cet article commence par les mots suivants: • existe-t-il en 1talie ou à l'étranger etc. etc. •. Je vous prie de me faire savoir si le Gouvernement peut faire procéder contre ce journal, et de me télégraphier ce qui aura .été décidé.

(1) Cfr. Atti del Parlamento Italiano, Camera Deputati, sessione 1863-1865, Discussioni, vol. IX, cit., cit., pp. 6584-6588.

405

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, GAMBAROTTA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE S. n. Tunisi, 16 novembre 1864 (per. il 23).

Ho l'onore di confel1lllare in tutto il suo contenuto il telegramma in cifra che indirizzai all'E. V. jeri sera (1) ;per farle conoscere il modo veramente inqualificabile e l'intemperante linguaggio con cui questo Console Generale di Francia negò a S.A. il Bey il diritto di inviare un Personaggio in missione di convenienza a Costantinopoli, e tentò d'impedire la partenza del vapore tunisino con il Generale Kereddin.

Malgrado i fatti che si succedettero in questi ultimi mesi nella Tunisia, ove le cose volgono ormai a perfetta tranquiltlità, sembra che il Signor de Beauval sia sempre convinto che la rivoluzione tunisina fu suscitata ed mcoraggiata dall'Inghilterra nello scopo di fare di questo ,paese una provincia turca come avvenne della Reggenza di Tripoli di Barbaria trenta circa anni or sono. FoOC"se egli crede tuttora che le supposte mene siano anche presentemente continuate dal Signor Wood nello scopo suindicato, ed a traverso della esagerante sua immaginazione vede nel viag.gio del Generale Kereddin una ripresa di trnttative in modo più diretto ed efficace per l'attuazione del supposto progetto di esautorare .il Bey, e di creare il Kasnada'r Bascià di TuniJSi in premio del suo tradimento.

Queste strane idee io le ho combattute più d'una volta, ma non sono riuscito ad allontanarle dalla mente del Signor de Beauval. Non sono duscito a persuaderlo che il Kasnadar da venti e più anni si mantenne ligio alla politica francese con ogni sorta di sacrificj, :preciJSamente per sfuggire al pericolo sempre esistente di veder cadere la Reggenza sotto la dominazione tuvca; che divenuto membro della famiglia regnante per aver condotto in moglie la sorella del defunto Ahmed Bey, ha tutto interesse di sostenere la Dinastia attuale e l'autonomia del paese; e che la dignità di Bascià della Porta Ottomana è ben lontana dal valere J.a posizione che egli occupò da tanti anni ed occupa tuttora di Primo Ministro onnipossente ai cui cenni gli altri Ministri si curvano ossequiosi ed obbedienti. Questi argomenti che hanno pure un qualche valore, furono e sono calcolati un nonnulla dal Signor de Beauval il quale persistette nelle sue idee, e continuando a scorgere in ogni atto del Bardo e del Consolato d'lnghilte:rn-a intenzioni ~contrarie alla politka francese, pervenne in certo modo a far dividere buona parte delle sue convinzioni dal Signor Drouyn de Lhuys che disapprovò più d'una volta la condotta da lui tenuta durante la rivoluzione, ma sembra sostenerlo ora alquanto.

Mi sembra però cosa non dubbia che volendo essere coerente a se stesso, e sostenere gli interessi e la politica francese nella Tunisia, il Signor de Beauval, invece di dichiararsi apertamente ostile al Bey ed al suo Primo Ministro, avrebbe dovuto moralmente ajutarli e sostenerli prec1samente per impedire il temuto trionfo delle idee ambiziose della Porta incoraggita dall'Inghilterra. Avendo agito in senso contrario, è naturale che si sia trovato di fronte a conseguenze diametralmente opposte allo scopo vero della sua missione, ed invece di mantenere ed accrescere l'influenza francese esistente presso il Bardo prima del suo arrivo in Tunisi, la diminuì, anzi la perdette quasi interamente per molto tempo.

Ora in ogni atto ed in ogni rapporto verso il Governo del Bey il Signor de Beauval lascia chiaramente travedere il dispetto di non essere riuscito a far cadere il Kasnadar 'che era la sua unica ambizione per acquistare popolarità presso [a Col<mia europea, e fu i.J. prindpale evrore ,che Jo trasse necessariamente a commetterne degli altri. Fatta la pace tra il Bey e le tribù arabe egli proclamò ufficialmente tale notizia essere una favola bene inventata, sostenne quindi molto abilmente in secreto l'opposizione e la resistenza dei rivoltosi di Susa e Monastir, ma gli avvenimenti gli diedero più tardi una solenne smentita sotto il cui peso trovasi tuttora, e gli provarono l'impotenza de' suoi sforzi. Non è dunque fuor di proposito il pensare che il Signor de Beauval sia unicamente intento a cogliere ogni occasione che gli si presenti favorevole per far nascere un grosso affare in ·cui trovisi compromesso l'onore della Francia, e possa così ottenere lo scopo da lui tanto desiderato, e che quella occasione abbia creduto di averla trovata nell'invio del Generale Kereddin a Costantinopoli. Tale è l'opinione generale in paese ove questi fatti producono l'allarme e l'incertezza.

Al Bardo ed al Consolato inglese si crede che il Signor de Beauval abbia agito anche in questa circostanza senza instruzioni, e si adduce in prova l'invio dell'Avviso • Actij • a Cagliari per .portarvi e far partire un Dispacdo telegrafico per Parigi, ed attendervi una risposta che permetta o proibisca la partenza dell'Inviato tunisino per Costantinopoli. Il Signor Wood oltremodo ocandalizzato dalla condotta del Signor de Beauval semp,re sistematicamente contraria alla politica ed agli interessi inglesi, fa partire Dispacci molto energici per Torino e Londra, dei quali l'E.V. potrà facilmente avere conos,cenza da Lord Elliot.

Intanto il Bey, che mi fece l'onore di mandarmi a chiamare jeri ed oggi, è in uno stato di irritazione facile a comprendersi, ed avrebbe già a quest'ora troncato ogni relazione col Signor de Beauval se i consigli dei consoli non l'aves

sero persuaso a mantenersi in quella dignitosa attitudine calma e serena che detta la coscienza del buon diritto rimpetto ad ingiuste pretenzioni.

Senza scostarmi dalla condotta di prudente riserva da me ten,uta fin dai primi momenti della rivoluzione, ed approvata dal predecessore dell'E.V., io ho potuto dare a S.A. i consigli che mi chiese anche in questa circostanza, i quali si trovarono in co~lesso corrispondere a quelli degli altri miei colleghi. Colsi però il destro per rammentare che, or sarà circa un mese, quando si è spar:sa per ~a prima volta la notizia della partenza del Generale Kereddin per Costantinopoli, io consigliai S.A. a ritardare alquanto tale missione per non ridestare i sospetti, sebbene infondati, del Console di Francia, ma il Bey mi rispose che non avrebbe potuto protrarre più lungamente l'atto che si credeva in dovere di compiere presso il Sultano.

Io non credo che dalla tsituazione presente ;possa nascere un conflitto serio. Dipenderà dal modo con cui dal Signor De Beauval saranno le cose esposte, e giudicate dal Ministero degli Affari Esteri e dall'Imperatore, ma in ogni caso mi sembra impossibile che la condotta del Console di Francia possa essere approvata. L'E.V. ha mezzo facile per conoscere J.'impressione prodotta a Parigi da questi recenti fatti, e sono persuaso che vorrà favorirmi nuove speciali Istruzioni ove le circostanze ne dimostrassero la necessità.

(1) Cfr. n. 402.

406

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 15. Costantinopoli, 16 novembre 1864 (per. il 25).

Il Signor Stuart, Incaricato d'Affari di S.M. Britannica, mi disse confidenzialmente, avere avuto per istruzione da Lord Russell, di dichiarare a S.A. Aali Pacha, ·che ,ge ·all'occorrenza di nuove deliberazioni riguardanti la Siria ed il Libano, H Rappresentante Italiano non fosse invitato a ,parteciparvi, il Rappresentante Britannico dal canto suo si rifiuterebbe ad assistervi.

407

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, QUIGINI PULIGA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 2. Pietroburgo, 16 novembre 1864 (per. il 25).

J'ai reçu la dépeche (Cabinet) N. 4, que V.E. a bien voulu m'adresser en date du 28 Octobre dernier (1). En la rémerciant des précieux renseignements qu'elle me fournit, je suis heureux de pouvoir féliciter V. E. de l'accueil sympathique que l'opinion libérale a accordé à l'acte accompli par la diplomatie ltalienne le 15 Septembre dernier. Si j'ai du alors réfléter fidèlement l'état de l'opinion publique en Russie à ce sujet, si j'ai du combattre de toutes mes forces, toutes fa1bles qu'elles soient, les argumen1n de mes adversaires, j'ai maintenant la satisfaction de pouvoir constater, ce que je laissai au reste déjà entrevoir à la fin de mon ra,pport N. l (2), que l'opinion s'est complètement rangée soit à la Cour soit dans la société, aux idées que le Prince Gortchakoff a ex•primées au

Représentant du Roi à Bade. Dans l'audience que le Vice-Chancelier m'a accordée immédiatement après son arrivée, le Prince n'a pas cru, malgré mes questions et mes suggestions, devoir s'ex,pl!iquer avec moi au sujet de la Convention. Il m'a dit seulement que se trouvant à son débotté, il ne voulait pas s'occuper d'affaires, mais que son opinion au sujet de la Convention, était déjà connue du Gouvernement du Roi. Lord Napier m'a de son còté assuré, et ceci me revient de plusieurs sources, que le Prince Gortchakoff suit les débats de notre parlement avec un grand intérèt, qu'il croit la Convention utile et avantageuse à l'Italie, dans le sens qu'elle la rendra à elle mème, et lui aplanira le chemin pour se réconcilier peut-ètre avec la Papauté.

Toujours est-il, suivant l'opinion de Lord Napier, l'ltalie est maintenant tout à fait en faveur auprès de l'Empereur. Je dois pour mon compte ajouter que S.M. le Czar a voulu me recevoir Dimanche soir le 13 de ce mois à sa résidence de Czarko-Celo, et m'engager à y passer la soirée. H y a eu représentation de la troupe française et souper. La société était toute intime et uniquement composée de la maison militaire de S.M. Le Mintstre de Turquie et M. de Vrière l'ex-ministre des Affaires Etrangères en Belgique et moi étions les seJils étrangers. L'Empereur a daigné s'entretenir plusieurs fois avec moi, et m'annoncer l'arrivée du Grand Due héritier à Turin. D'après ce qu'on me dit, jamais jusqu'à présent pareille faveur était échue à un simple chargé d'Affaires. Je n'ai pas besoin de déclarer que j'attribue uniquement cette marque de distinction-à la sympathie qu'insrpire à l'Empereur le noble pays que j'ai l'honneur de représenter intérimairement. A l'aocueil que je trouve 'partout dans la société, je m'aperçois aussi qu'elle obéit à un mot d'ordre parti d'en haut.

Je parlais à Lord Napier de la faveur dont je jouissais ici, faveur à laquelle ma pe11sonnalité doit rester ,complètement étrangère, et ce diplomate distingué m'a ,répété avoir fait la mème remarque: il connaissait aJssez la soaiété de Pétersbourg pour pouvoir m'assurer en toute confiance que • nos adions étaient fort à la haUSise. L'Italie, a-t-il ajouté, a maintenant toutes les sympathies de la Russie, comme elle a et a eu toutes celles de l'Angleterre: mais je me réjouis surtout de votre accord cordial avec la France. La France seule, et je devrais peut-ètre dire l'Empereur Napoléon seui pourra vous aider, le cas échéant, effica,cement, à compléter votre unité. C'est dans ,ce sens surtout que je crois la Convention du 15 Septembre avantageuse pour l'Italie. La Russie et nous pourrons certainement .sanctionner des faits accomplis, mais l'éloignement de l'une, et la politique pacifique de l'autre nous empècheront toujours d'aller au dela de cet appui moral •. Je lui ai répondu que l'Italie savait l'intérèt que sa grande cause avait excité en .Angleterre, et qu'elle lui avait voué une grande reconnaissance mème pour l'appui moral, dont S.E. parlait.

J'ai entendu Samedi soir (12 courant) le Prince Gortchakoff annoncer à Lord Napier qu'il venait de recevoir deux télégrammes de Londres, dans les que1s on lui disait que Lord Russell était froid et Lord Palmerston décidément contraire à l'idée du Congrès général qui parait revenir encore sur le tapis. V.E. en saura à cet égard beaucoup plus long que je pourrai lui en dire. Je ne fais donc que mentionner le fait.

Je ne pourrai:s pour le moment rien ajouter qui puisse intéresser le Gouvernement du Roi. Mes collègues ne paraissent pas mieux informés de ce que je le suis.

(1) -Cfr. n. 357. (2) -Cfr. n. 322.
408

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora)

L. P. Parigi, 16 novembre 1864.

Eccole l'articolo segnalatomi da Drouyn de Lhuys. Esso si trova nell'Unità Cattolica del 13 novembre. Credo che v'è abbastanza materia per un processo. La impegno vivamente a raccomandare tutta la severità della legge contro i giornali che attaccano l'Imperatore. Nel caso presente non solo v'è attacco contro l'Imperatore, ma v'è un'implicita provocazione all'assassinio. È cosa che veramente muove a .sdegno. Le unisco il biglietto di Drouyn de Lhuys che accompagna l'estratto del giornale incriminato. Ho ·creduto di scrivergliene per telegrafo (1); .perché quanto più pronta sarà la repressione, tanto migliore sarà l'effetto.

V edTò domani il Ministro degli affari esteri, e le farò conoscere le di lui. impressioni sulla nostra discussione e specialmente sui due di Lei discorsi.

409

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 4~. Torino, 17 novembre 1864, ore 9,20.

Nous avons examiné hier en conseil l'article de l'Unità Cattolica. Malgré notre vif désir de frapper ce journal infame, nous croyons qu'il ne serait pas condamné pour cet artide. Assurez M. Drouyn de Lhuys, que nous saisirons la première occasion pour procéder avec chance de réussir.

410

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 449. Torino, 17 novembre 1864, ore 10,55.

Hier plusieurs bandes, en tout 150 individus armés ont été arretées se dirigeant sur la frontière, et traduites à la forteresse d'Alexandrie.

(1) Cfr. n. 404.

411

IL MINISTRO A L'AJA, CARUTTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE S. n. L'Aja, 17 novembre 1864 (per. iZ 21).

Il Consigliere di Weckerlin, Segretario particolare di S.M. la Regina Sofia, il quale si fa meco interprete dei 1sentimenti di simpatia dell'Augusta Sua Signora verso il nostro paese, mi disse jeri che avea ragione di credere propizio il momento per indurre la Corte del Wurtemberg al riconoscimento del Regno d'Italia.

Giusta il suo modo di vedere, il defunto Re Gugliel:mo per rispetto alla firma da lui posta ai trattati di Vienna, difficilmente sarebbesi indotto a questo passo, ma il nuovo Re accettando le ispirazioni della politica Russa non si attiene agli stessi principii di condotta. Quindi non ci vorrebbe che una qualche circostanza occasionale per provocare un tal passo.

Questa circostanza sembrerebbe ora presentarsi di per sé. Le Camere di Commercio del Regno, che esercitano nel Wurtemberg una grande influenza morale, nelle loro recenti deliberazioni hanno espresso il desiderio che il Governo aprisse negoziati con l'Italia per un trattato Commerciale. Questo voto fu reBo pubblico nel Mercurio di Soavia del 28 scorso ottobre, di cui mi pregio trasmettere un esemplare all'E. V.

Il Signor di Weckerlin opina che il Governo Italiano potrebbe utilmente fare qualche apertura indiretta per mezzo del Barone di Thumb Ministro del Wurtemberg a Carlsruhe. Il Barone è in gran credito presso la nuova Corte di Stoccarda, e le sue comunicazioni hanno sempre probabilità di riuscire accette. Il nostro Ministro a Carlsruhe potrebbe in tal calso tenere col suo collega Wurtemberghese quei discorsi che fossero da V. E. reputati convenienti.

Il Signor di Weckerlin mi soggiun~e che la Camera dei Deputati Wurtemberghesi potrebbe altresì appoggiare il voto delle Camere di Commercio, e mi si offrì di fare a tal fine uffici presso qualche Deputato di sua conoscenza.

Siccome dee premere all'Italia di aprire breccia negli Stati Secondari dell'Alemagna, così l'E. V. giudicherà se debbasi colttr.rare questa pratica. Le informazioni poi che Ella avrà per avventura da altre sorgenti La porranno in grado di apprezzare secondo verità le possibili disposizioni del Wurtemberg. Ove V. E. si risolvesse di scrivere al Marchese Oldoini gioverebbe fo11se avvertirlo di non dire da qual parte provengono le presenti notizie. Ella esaminerà pure se sarebbe prudente di scrivere al Conte de Launay a Pietroburgo.

Finalmente se Le paresse desiderat.ile che l'affare si recasse innanzi alla Camera dei Deputati del Wurtemberg, La prego di darmi le autorevoli sue istruzioni (1).

(1) Annotazione marginale di Cerruti: c Al Ministro direttamente •.

412

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 85. Parigi, 17 novembre 1864.

Nel numero di ieri sera del Giornale La France si trova inserito l'articolo, di cui mi pregio di mandar qui unita una copia (1), e nel quale si ,parla di documenti diplomatici emanati da questo Ministero Imperiale degli Affari Esteri e specialmente di una circoLare a tutte Le potenze eattoLiche contenente delle aperture Ùll'Austria, alla Spagna ed alLa Baviera per domandar Loro d'esaminare coLla Francia La convenienza di colLocare l'autorità deL Papa sotto la garanzia collettiva delle Potenze CattoLiche.

Avendo avuto occasione di veder oggi il Signor Drouyn de Lhuys gli domandai :se v'era alcun che di fondato in questo articolo, all'infuori del dispaccio al Barone di Malaret del 218 ottobre a cui pare fa·ccia allusione il N. l dell'articolo suddetto.

Il Ministro Imperiale degli Affari Esteri mi rispose negativamente su tutti.< gli altri tre punti a·ccennati nell'articolo •stesso. Mi disse cioè:

l. Che non esiste una nuova Nota al Conte di Sarti:ges;

2. -Che non esiste la circolare alle Potenze cattoliche; 3. -Che non esiste il dispaccio ·sul rapporto della Commissione della nostra Camera intorno alla legge del trasferimento della capitale.

Per quanto concerne le Potenze cattoliche S. E. mi confermò quanto mi aveva detto antecedentemente e quanto esposi all'E. V. col mio dispaccio del 4 ottobre (aff. ;pol. N. 71) (2). Su questo ,proposito il Mintstro Impe11iale degli Esteri mi diede lettura di un dispaccio al Barone di Malaret del 7 ottobre che fu a suo tempo comunicato ~confidenzialmente all'E. V. dal Ministro di Francia a Torino. Questo dispaccio 1che riassume le conversazioni del Signor Drouyn de Lhuys coi rappresentanti dell'Austria, della Spagna e della Santa Sede e dell'Italia su questo argomento, espone le ragioni ·per •cui la Francia non crederebbe di risolversi ad ac,cettare la proposta che le fosse fatta d'una guacr:-enti~ia collettiva delle Potenze Cattoliche a favore dei possessi attuali del Pontefice. Queste ragioni sono in sostanza: l. Che la Francia colla Convenzione del 15 Settembre ha di già provv1sto alla •sicurezza del territorio pontificio; 21. che la proposta di una garanzia ~collettiva sarebbe in certo modo ingiuriosa ver,so la Francia; 3. che essa averebbe per risultato di allargare i limiti e il carattere della questione romana; ora questa questione si tratta fra l'Italia e la Francia, dice il Signor Drouyn de Lhuy,s; se la Convenzione venisse v.iolata sarebbe un affare da aggiustarsi fra la Francia e l'Italia; se invece vi fosse un trattato di guarentigia ciò darebbe luogo ad una vertenza europea, ad intervenzioni ed a complicazioni

generali; 4. un tale trattato sarebbe ingiurioso per l'Italia che ha preso impegno solenne di rispettare il territorio pontificio e che lo terrà lealmente; tanto più ingiurioso in quanto che fra i segnatari di tal trattato vi sarebbe l'Austria con cui l'Italia non è in amichevoli rapporti.

Ho ringraziato il Signor Drouyn de Lhuys di questa comunicazione e credetti bene d'indicarne all'E. V. con questo di-spaccio i punti principali.

n Signor Drouyn de Lhuys si congratulò meco che la d:Lscussione generale fosse chiusa nella nostra Camera e mi disse ,sÙl linguaggio tenuto dall'E. V. e sul discorso del Cav. Visconti Venosta parole abbastanza lusinghiere perchè io possa credere che fecero buona impressione sull'animo di lui.

Ho .segnalato in questa circostanza al Ministro Imperiale degli Affari Esteri le disposizioni energiche e decise prese dal Governo del Re rispetto alle bande armate che tentano di ,passare la frontiera per recarsi nel Friuli e nel Tirolo.

(1) -Non si pubblica. (2) -Cfr. n. 298.
413

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 955. Parigi, 19 novembre 1864, ore 15,50 (per. ore 17).

De Launay demande si le ministère peut déjà lui donner une réponse relativement au protocole et à la convention avec la Prusse.

414

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, Al MINISTRI A LONDRA, D'AZEGLIO, E A PARIGI, NIGRA

D. (1). Torino, 19 novembre 1864.

Conosce la S. V. Illustrissima i recenti fatti del Friuli, ove il movimento 1nsurrezionale non parrebbe finora essere in via di diminuzione. In seguito ai provvedimenti che il Governo del Re non indugiò a prendere in questa rincrescevole circostanza, furono eseguiti arresti di giovani che si dirigevano verso il confine per aggiungere nuove forze all'insurrezione, ed impedite spedizioni d'armi e di munizioni. Gli stessi membri più influenti dell'emigrazione veneta nel Regno, mentre non ce,lavano Je loro simpatie pei combattenti nel Friuli, declinavano ogni responsabilità in ordine a quello spontaneo ed inatteso movimento, che non ricevette per conseguenza appoggio neppur morale dal territorio del Regno.

Malgrado però le -condizioni assolutamente sfavorevoli in cui quel moto si era iniziato, poté il medesimo assumere proporzioni che dimostrano quanto anor

male sia lo stato di quelle infelici provincie. Le stesse autorità austriache ne rivelarono la gravità annunciando nella Gazzetta Ufficiale di Venezia le operazioni militari intraprese contro gli insorti e proclamando il giudizio statario pei distretti del FriuH Superiore.

Questi avvenimenti, ·che già si ripeterono altre volte nel Veneto, e le cui cagioni, che si riassumono nel fatto della dominazione straniera, furono già oggetto di severi giudizi per parte dell'opinione liberale d'Europa, non poterono a meno di produrre nel Regno una viva impressione, ed io credetti in conseguenza di dover .prevenire una maggiore eccitazione degli animi. Perciò nelle sedute del 12 e del 15 corrente disapprovai d'innanzi al Parlamento un moto che sebbene ispirato da senttmenhl generOISi, era però sommamente inopportuno e non poteva riuscire •che ad aggravare vieppiù la condizione delle provincie italiane sog.gette all'Impero Austriaco. lo volli inoltre dirigere le preoccupazioni generali piuttosto verso l'eventuaUtà di una soluzione pacifica della questione Veneta, e dichiarai pereiò che io non ireputava impossibile lo indurre il Governo Austriaco ad addivenire ad una transazione egualmente onorevole e vantaggiosa per ambedue gli Stati.

lo non dubito, Signor Ministro che il Governo Imperiale (Britannico) avrà riconosciuto lo 'scopo di ·concildazione a cui tendevano quelle mie parole, da cui era evidentemente aliena ogni qualsiasi ombra di minaccia. Che anzi per escludere ogni equivoco, volli .perfino astenermi dallo esprimere quelle riflessioni che a :llronte delle notizie procedenti dal Veneto debbono affacciarsi ahla mente, non dico degli Italiani, ma degli stessi uomini di Stato delle Potenze saggiamente conservatrici.

Per lo stesso ,scopo fu fatta inserire nella Gazzetta Ufficiale del 17 corrente una nota intesa a far noto a tutti il fermo :proposito del Governo d'impedire qualsiasi cooperazione che si volesse preparare nel Regno agli insorti del Friuli.

Mi 'sento tuttavia in obbligo di richiamare per mezzo di Lei, Signor Ministro, l'attenzione del Governo dell'Imperatore (della Regina) sulla convenienza di non dar luogo a •credere ,che 1Si desista dal cercare i mezzi che potrebbero condurre ad una composizione pa·cifica della questione veneta, e di dimostrare che le condizioni della Venezia sono oggetto di costante sollecitudine per parte della Francia (Inghilterra), né sono abbandonate alle fortuite risultanze di insurrezioni disperate e di inesorabili repressioni.

Io mi lusingo che 1se il Governo Imperiale (Britannico) dimostrasse in qualche modo l'intenzione se non di dirigensi ora al Governo Austriaco per ispirargli disposizioni più concilianti, almeno di esercitare all'occorrenza la sua influenza per una ·soluzione pacifica della questione Veneta, un tale fatto potrebbe contribuire non poco a calmare gli animi, e fors'anco indurre il Governo Austriaco a propositi di conciliazione.

(Per Parigi) -Né fa d'uopo ch'io le rammenti, Signor Ministro, come nei negoziati che 'seguirono la memorabile proposta di un Congresso fatta da S. M. l'Imperatore, la questione veneta fu posta dal Governo Francese ed ammessa dal Governo Britannico fra quelle la cui soluzione interessa altamente la pace europea. Ed Ella pur ricorda che il Governo del Re in siffatta occasione espresse nel modo il più manifesto i suoi intendimenti a quel riguardo nel dispaccio del 24 Dicembre 1863 (1), in cui si ,insiste sulla convenienza di cercare una soluzione pacifica della questione veneta.

(Per Londra) -Né qui occorre rammentarle, Signor Marchese, come gli stessi Ministri di S. M. Britannica abbiano solennemente ammessa la necessità di una soluzione della questione veneta, segnatamente nella Nota diretta da Lord Russell allo Ambasciatore d'Inghilterra a Parigi il 2,5 Novembre 1863. Il Governo del Re fece conoscere in quel tempo i suoi intendimenti a quel riguardo al Governo di S. M. la Regina, col dispaccio diretto alla S. V. Illustrissima da questo Ministero in data del 4 Dicembre 1863 (2).

(Per ambedue) -Intanto io La prego di far notare al Governo Francese (Britannico) che le mie dichiarazioni al Parlamento determinano nuovamente il contegno sempre moderato e conciliante del Governo del Re, ma che gli stessi avvenimenti ,che si rinnovano periodicamente nel Veneto, i provvedimenti a cui l'Austria è ,costretta a ricorrere, e che contrastano coi propositi di pace e di libertà testé proclamati dall'Imperatore in seno al Reichsrat, rivelano abbastanza i pericoli, ai quali, malgrado la prudenza e la regolarità della nostra politica, le condizioni del Veneto espongono il mantenimento della pace.

Il Governo Francese (Britanni,co) si persuaderà che il Governo del Re è in diritto di declinare la responsabilità del ritardo che si pone nella composizione pacifica di una questione ormai officialmente aperta dai Gabinetti di Parigi e di Londra. E si è appunto a meglio definire il carattere rispettivo del contegno del R. Governo e di quello dell'Austria a tal riguardo, che miravano le dichiarazioni da me fatte in un momento in cui l'Italia altro non desidererebbe che di potersi interamente dedicare all'opera del suo interno riordinamento.

Voglia, Signor Ministro, uniformare il suo linguaggio al contenuto del presente dispaccio.

(Per Parigi) -Segnandole ricevuta dei suoi dtspacci politici fino al N. 85 ...

(Per Londra) -Segnando!e ricevuta dei suoi dirs.pacci confidenziali N. 48

e 49... (3).

(1) A Londra il dispaccio venne inviato col n. 16 e a Parigi col n. 77.

415

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, Un po' più di luce sugli eventi politici e militari dell'anno 1866, pp. 37-38)

L. P. Parigi, 19 novembre 1864.

*La :ringrazio molto della sua lettera particolare del 15. Qui il di Lei discorso incontrò molto favore, e non gli si diede affatto, intorno alla questione veneta, l'interpretazione di piressione o di minaccia. Non ho quindi avuto bisogno d'insistere per spiegare al Signor Drouyn de Lhuys H senso deHe parole da

Lei pronunziate. Bensì ciò mi fornì l'occasione di discorrere con questo Ministro

della questione Veneta e dei nostri rapporti coll'Austria* (1). Chiamo su quanto

sto per dirle tutta la sua attenzione.

Dal discorso da me avuto con Drouyn de Lhuys e da altre informazioni, di sorgente dive~sa, ma egualmente degne di fede, mi risulta:

·che l'Austria non sarebbe aliena dal riconoscere il Regno d'Italia, e di stabilire con noi regolari relazioni diplomatiche;

.che a questo fine non richiederebbe da noi una rinuncia alla Venezia, ma si contenterebbe d'avere l'assicurazione che ,l'Italia adempirebbe lealmente i doveri internazionali verso l'Impero Austriaco;

che l'Austria non sarebbe aliena dall'intavolare con noi trattative per la conclusione d'un trattato di commercio; ,che l'Austria desidererebbe che i negoziati pel riconosdmento passassero per le mani della F,rancia e ,coll'ajuto dei buoni uffici di questa Potenza;

che la tendenza della politica austriaca e dell'opinione pubblica a Vienna si pronunzia nel 'senso d'un ~riavvicinamento dell'Austria colla Francia, e quindi con noi;

che la Spagna potrebbe essere indotta a seguire l'esempio dell'Austria e a riconoscere il Regno d'Italia;

che la Spagna si contenterebbe che si lasciasse al Pontefic,e un potere temporale anche limitato, cioè anche più limitato dei possessi attuali, purchè fosse realmente indipendente.

Tutte queste cose non sono che intenzioni e disposigioni d'animo. Non hanno finora nessun carattere ufficiale; non possono ~considerarsi ancora come proposizioni. Tuttavia, anche sotto questa forma, hanno un grado di probabilità e di gravità tale da meritare che il Governo del Re le ponderi e ci pensi.

Toc,ca a Lei, Stimatissimo Signor Generale, il riflettere a tutto ciò e considerare se non sia venuta l'ora d'entrare in una via nuova, non scevra di inconvenienti, ma ,che ha il vantaggio di essere molto aperta e di propol'lsi uno scopo ben chiaro, ben delìinito, di tutta evidenza, e d'esito sicuro, per quanto possono essere sicuri i ,cakoli umani. Soggiungerò che questo piano può essere eseguito solamente, a mio giudizio, dal presente Ministero. Ella ha l'autorità necessaria per farlo prevalere nella pubblka opinione del Paese. Il piano sopra tracciato, perchè abbia una ,ragione di esistere, deve ,essere accompagnato da un fatto interno grave. So ,che tocco un punto delicato per tutti e specialmente per Lei. Ma so che a Lei si può e ,si deve dir tutto. Ella terrà della mia opinione il conto che giudkherà utile. Il fatto di cui parlo è il disarmo. Io credo che se si entra in una via di riavvicinamento coll'Austria (riavvicinamento che può condurre alle trattative di cui mi parla nella sua lettera) non bisogna pensare a far la guerra. Sarebbe poi illusione il ,credere in un prossima conflagrazione europea. Questa non avrà luogo, per quanto è possibile il congetturarne. Scartata l'idea

della guerra, adottato il sistema del riconoscimento austriaco, e quello della necessità di ordinare ad ogni costo le finanze e l'amministrazione interna, l'idea del disarmo si presenta di per sè. Non aggiungo parole sopra un soggetto sul quale ella è molto più competente di me. Mi basta d'averglielo accennato. Ci pensi e se crede, mi dica poi il suo avviso, affinchè all'occasione io abbia una direzione che mi guidi; giacchè è probabile che si torni qui su questo argomento. Badi però che quanto Drouyn de Lhuys mi disse, e quanto seppi per altre vie, si riferisce soltanto alla questione del riconoscimento dell'Austria e della Spagna, non alla questione del disarmo, 1sulla quale nessuno mi disse verbo (1).

(1) -Cfr. Serie I, Vol. IV, n. 356. (2) -Cfr. Serie I, vol. IV, n. 298. (3) -Cfr. nn. 389 e 399.

(1) Il brano fra asterischi non è edito.

416

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 451. Torino, 21 novembre 1864, ore 13,40.

Dites à M. de Launay que le Conseil des ministres a été si occupé qu':il n'a pu encore étud:ier la question. On lui enverra incessament une réponse.

417

IL CONTE CSAKY AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI

L. P. Ginevra, 22 novembre 1864.

Ce n'est qu'hier que j'ai reçu une réponse définitive de Schaffhouse; ce retard m'avait empèché de vous rendre plus-tòt compte de ma mission.

En quittant Turin je me suis rendu immédiatement à S·chaffhouse, j'ai parlé à M. Peyer im Hof et à mon estreme étonnement j'ai trouvé que les sommes en dépòt à la banque de Schaffhouse ont été déjà remises entre les mains de la Société Suisse. Vous trouverez tout naturel qu'en des telles circonstances la société n'entendait guère relàcher l'argent qu'elle tenait déjà, donc j'étais encore assez heureux de pouvoir au moins amener M. Peyer à la promesse suivante:

Senza entrare nell'argomento delle sue mire ed idee personali riguardo alla Venezia, posso dirti che forse egli non è persuaso, come lo è Lanza, della convenienza di rimandare ad epoca posteriore all'evacuazione di Roma ed alla soluzione definitiva della questione romana che Lanza crede dovere aver luogo entro questi due anni, il che il Generale La Marmora certo non spera, l'iniziamento pratico della questione Veneta. Egli è però ben !ungi dal voler prendere occasione dal moto del Friuli, ch'egli naturalmente disapprova, per spingere la questione innanzi; ma domani o dopo, per discarico di coscienza, è probabile che spediremet· un dispaccio confidenziale a Nigra ed un altro a d'Azeglio (Cfr. n. 414).

Puoi intendere come quella circostanza renda forse un poco più difficile per ora la politica del disarmo; ma so che si prendono tutti i provvedimenti per diminuire di molto il numero dei soldati presenti sotto le armi, senza però alterare i quadri. I depositi verranno sciolti poco per volta: grandi economie saranno fatte nel dicastero della guerra, ed è voce accreditata che il Ministero annunzierà il rinvio a casa di almeno 60.000 uomini. Vedremo fra poco >.

La société suisse tient à notre disposition jusqu'au 15 Mai 1865 les 8.880 fusils etc. pour la somme qu'on lui doit encore, c'est-à-dire pour 150.000 francs, dans le cas que la société, ou nous pourrions vend.re ces fusils jusqu'à ce terme le prix obtenu en sus de 150.000 francs nous revieridrait.

M. Peyer a du communiquer cet arrangement au Comité directoire de la société, et ce n'est qu'hier comme j'ai eu l'honneur de le dire qu'il m'a fait parvenir la réponse affirmative.

De cette manière nous avons du temps devant nous, peut-ètre pourra-t-on encore retirer quelques avantages de >Cette affaire sans risquer la moindre perte. Cest bien loin du résultat sur lequel je comptais, mais je me fiatte, M. le

Commandeur, que Vous reconnaitrez qu'il n'y a pas de ma faute.

Il va sans dire que je n'ai fait aucune promesse concernant l'affaire de l'amende, mais j'ose Vous prier, M. le Commandeur, de bien vouloir intervenir pour que le Gouvernement renonce à l'amende. J'ai trouvé que ces Messieurs savent ·plus sur il.'affaire des armes que nécessaire, des propositions julsque ici repoussées ont été faites de la part de l'Autriche .pour 1savoir d'où venait l'argent, je ·crois qu'en des telles circonstances il est ~lus avantageux pour le -Gouvernement de se montrer favorable à la Société car alors l'influence de

M. Peyer restera intacte et c'est un homme que je crois à toute épreuve.

Je me ,permets de Vous faire observer, M. le Commandeur, que nous n'avons pas encore niçu la nouvelle du départ de M. Scovasso. Il m'est impossible de vous cacher que ce retard produit une très mauva:iJSe impression sur nos amis, et que nous courrons le ri:sque de manquer l'occasion 1p0ur terminer l'affaire la plu:.s grave qui s'est présentée depuis 16 ans.

Je ne Vous parle pas, M. le Commandeur, de l'affaire du Général Eber parce qu'il n'y a rien de nouveau de ce >Còté, et parce qu'il nous annonçait de Vous avoir rendu compte par lettre de l'état des choses.

Le passage du discours de M. ·le Président du Consehl rélatif à l'Empereur d'Autriche et la Vénétie nous a vivement impressionné et je Vous avouerai que nous nous estimerions très-heureux de pouvoir donner sur ce sujet des explications rassurantes à nos amis; nous Vous serions donc infiniment obligés si Vous vouliez bien :m'honorer de quelques mots d'éclait'cissements.

(1) Si pubblica qui un brano di una l.p. di Blanc ad Artom del 17 novembre (Copie Artom): • Il Generale dimostra minor fretta di tornare a Napoli. Egli è contento, e ad un tempo un poco sorpreso della costante e sistematica approvazione colla quale accolgono a Parigi tutto quel ch'egli dice o scrive.

418

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA,

AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in Carteggi Nigra, pp. 172-173)

L. P. [Torino], 23 novembre 1864.

La ringrazio per la lettera sua del 19 (1). Quando la scriveva, ella non conosceva ancora il voto della camera. I giornali Francesi che ci arrivano già

lo commentano sull'annunzio telegrafico ciascuno naturalmente al loro punto di vista, ma per me l'importante è di sapere che impressione abbia prodotto quella votazione nelle regioni Imperiali, ed ella ne sono certo me lo vorrà indicare. Ella, che qui si trovava nei brutti momenti, e che assisteva alla crisi ministerJale che mi obbligò accettare questo posto, sarà, come io sono, molto stupito di un così splendido risultato. E io spero che il Governo Imperiale vorrà tener ,conto dei nostri sforzi, perchè riuscisse la cosa. Dicendo nostri, non intendo naturalmente parlare nè di me, nè dei miei 'Colleghi che altro non abbiamo fatto che il proprio dovere, e che per noi nulla pretendiamo. Ma dell'Italia intendo parlare ,che ~si trova in una critica posizione e che più che mai ha bisogno dell'appoggio dell'Imperatore. * Sono assai gravi i quesiti sui quali ella colla sua lettera del 19 richiama tutta la mia attenzione. Anzi tanto gravi che prima di riferirne ai miei colleghi intendo rifletterei bene io stesso. Nissun dubbio che dall'una parte il riconoscimento del Regno d'Italia per parte dell'Austria sarebbe un grave fatto, inquantochè colpirebbe se non mortalmente, gravemente almeno tutti i Principi spodestati che nell'Austria 'solo possono ancora sperare. A mio avviso poi questo riconoscimento basterebbe da sè solo a classificare l'Italia fra le grandi Potenze Europee. Questi ed altri vantaggi sono incontestabili, ma se non si trova mezzo di lasciar almeno intendere che H riconoscimento dell'Austria ci può condurre alla ce1ssione della Venezia non so come si potrà farlo accettare * (1). Mi gode però l'animo di poterle dire che il gran fatto a cui ella accenna e che a lei pare di tanto più difficile eseguimento in quanto che eHa crede che io vi sia avverso è un fatto bello compiuto. Eila capirà ch'io parlo del disarmo, ma qui sono necessarie alcune spiegazioni.

In tutti gli Stati militarmente organizzati, gH eserciti stanno in tempo di pace sopra un piede economico dal quale si possa facilmente passare al piede di guerra; nel qual ,caso tutti i militari 'sono chiamati sotto le armi per dar all'esercito il maggior ,possibile sviluppo. Oltre al pJede di pace e al piede di guerra, ben distinti fra di loro accade alcune volte, ed è precisamente il caso nostro che un paese trovandosi in una situazione che non è guerra né vera pace, si tiene l'esercito sopra un piede intermedio. È ciò appunto che da noi avvenne dopo il 59. Fanti fu il primo, e Dio gli peroonri non solo il denaro che ha sprecato in due anni ma quello che hanno sprecato gli altri dopo, per tema che deputati e giornalisti gli accusassero di disarmare.

Io che questi clamori non ho mai temuto, e che nel 59 non mi lasciai neppure trascinare dalle impazienze di Cavour a chiamare prima del bisogno le classi sotto le armi, appena giunto al Ministero, vedendo meglio Io stato Slpaventevole delle nostre finanze invitai il mio amico Petitti a mandare in congedo tutti quelli che si poteva, senza disorganizzare l'esercito. Si sono mandati in un colpo più di 50 mila uomini in congedo e 40 mila altri si manderanno prima che giunga la nuova leva. Si assicuri dunque lei, e assicuri pure il Governo francese che noi abbiamo dJsarmato. Non ereda però che ciò basti a migliorare la nostra situazione finanziaria. Qui sta l'inganno, inganno ch'io non saprei abbastanza stigmatizzare.

(t) Il brano fra asterischi è edito, con data 22 novembre, in LA MARMORA, p. 39.

Se il Ministro della Guerra ha speso anche lui più di quel che doveva erain certo senso .giustificato, ma che dire degli altri Ministeri che colla guerra nulla hanno che fare e che sprecano i milioni da ridurci al punto che siamo?

Ho visto ,con gran piacere, da quanto ella mi scrive che nessuno abbia dato alle mie parole sulla questione Veneta un senso di minaccia o di pressione e ciò avverrà tanto meno io spero dopo le serie dichiarazioni ulteriori date in risposta ai depqtati Boggio e Pinelli.

La France giornale contiene le stesse idee.

(1) Cfr. n. 415.

419

IL SEGRETARIO DELLA LEGAZIONE A LONDRA, MAFFEI, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI

L. P. Londra, 23 novembre 1864.

La ringrazio dell'avvertimento ch'Ella ha la bontà di darmi relativamente al nominato fuim. lo ben saoevo ch'egli non era un modello di moralità ed usavo per collJseguenza ogni maggior cautela nei miei rapporti con lui, ma quantunque mi avesse confes•sato di essere stato una volta in prigione a Napoli, non m'aspettava certo ,che mi consigliasse di far chieder al Comm. Aveta delle informazioni sul conto suo, mentre doveva sapere che questi non poteva fornirne che delle più sfavorevoli.

Questo è purtroppo l'inconvieniente che sempre si sperimenta nel trattare con tali individui, ed è ineVlitabile di co11rere il rischio con chi esercita il poco onorato mestiere di delatore di essere ad ogni istante tradito.

L'anno scorso il Signor Cav. Peruzzi mandava a Londra un individuo per sorvegliare Mazzini; esso era rivolto a me ed il Signor Cavaliere mi informava che costui era fuggito di prigione ove era stato condannato per delitti comuni, che falso era il nome che portava, che era insomma un pessimo soggetto capace di tutto e specialmente, com'Ella mi scrive a proposito del Prim, di giuocare due parti in commedia. Il Signor Peruzzi aggiungevami quindi che lasciava al mio criterio di giudicare lse le notizie che sarebbe stato al caso di dare fossero vere o no, e di fornirgli in seguito i fondi necessadi! Da segretario di Legazione mi trovava tra1sformato in Commissario di polizia, e disgraziatamente senza nessuna possibilità di accertarmi della veracità dell'agente che mi era stato inviato. Le mie relazioni col Prim ora sono press'a poco dello stesso genere. Quando egli viene da me, io non ho il più piccolo mezzo di controllare le sue

informazioni, e tutto ciò che posso fare si è di trasmetterle alla S. V.

Quest'estate nell'assenza del Marchese d'Azeglio quando dal Ministero riceveva incarico di mandare alcuni ragguagli su questo Comitato Borbonico, io mi metteva in traccia di lui, essendomene già altre volte con successo servito.

Dopo molta fatica lo ritrovai, ed ultimamente il Ministro dell'Interno autorizzava questa Legazione a continuare a valersi dell'opera sua. Mi è lecito così supporre che le sue delazioni non siano rsempre state prive di fondamento, ma ciò non pertanto avendo io già dovuto darle tanto disturbo, mi permetta Signor Commendatore che ancora le rivolga una preghiera.

Bramerei di sapere dai Ministero dell'Interno se deHe molte notizie che trasmisi, alcune di e>~se si siano avverate, poiché se ciò fosse, ancorché il Prim sia un uomo privo di moralità, pure colla necessaria prudenza io potrei continuare a 1servirmene. Ma se per lo contrario egli avesse sempre mentito, sarebbe più conveniente che ne fossi pur anco informato, e cesrserei allora interamente dall'aver delle comunicazioni con lui, non avendo esse in tale ipotesi altro risultato fuorché quello di cagionare alla S. V. il fastidio di leggere i miei rapporti, ed a me una non lieve perdita di tempo che potrei con maggiore utilità altrimenti impiegare.

Che il Prim sia connesso coi due partiti, Mazziniano e Borbonico, io ne ho avuto da ambo i lati le prove. Che a Londra sia della massima importanza di aver qualche individuo che possa informare il Governo delle mene incessanti di questi due partiti, è ugualmente innegabile e lo prova il fatto che la Francia qui possiede un intero commissariato di polizia segreta.

Se dunque io potrò essere in qualche guisa creduto capace di rendere servizio al Governo impiegàndo il Prim, sarò troppo felice di prestarmi con tutto lo zelo e l'attività possibile, e le sarei riconoscente se Ella volesrse, Illustrissimo Signor Commendatore favorirmi a suo tempo un cenno di riscontro che mi potesse servire di norma.

420

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 958. Londra, 24 novembre 1864, ore 18,45 (per. ore 22,30).

-Lord Russell considère qu'un échange territorial peut :seui amener la solution pacifique de la question Vénitienne, l'Autriche en refusant d'en faire une question d'argent. Lui et Palmerston sont disposés à toutes les occasions pour concourir à amener un résultat honorable pour tous et pouvant terminer avantageusement cette question. Ils rpensent par contre qu'une démarche directe à Vienne en ce moment n'ait aucune utilité. Lord Russell en écrira à Elliot mais jusque là considérez ceci comme confidentiel, le Conseil des ministres n'en ayant pas encore été saisi.

421

IL CONSOLE A SCUTARI, DURIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 959. Scutari, 24 novembre 1864, ore l 7 (per. ore 3,40 del 25).

Veuillez bien surveiller autant que p<>ssible la cote italienne adriatique étant possible que l'on essaie en Albanie des enròlements pour le brigandage. J'ai pris de mon còté des mesures. Détails par le courrier prochain.

422

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, Al MINISTRI A LONDRA, D'AZEGLIO, E A PARIGI, NIGRA

D. (1). Torino, 24 novembre 1864.

Il R. Agente e Console Generale in Tunisi mi riferì nei suoi particolari l'incidente a cui ha dato luogo l'invio del Generale Kereddin a Costantinopoli per ringraziare il Sultano dell'appoggio prestato al Governo del Bey durante la recente insurrezione. Il Console di F·rancia, a cui era stata chiesta una commendatizia a favore dell'Inviato presso la Legazione Imperiale in Costantinopoli, non solo la rifiutò recisamente, allegando la deficienza di istruzioni del suo Governo, ma in un colloquio che ebbe col Bey, sostenne che la progettata missione a Costantinopoli non si dovesse tradurre ad effetto senza il consenso della Francia. Malgrado siffatta dichiarazione del Signor di Beauval, l'Inviato del Bey essendo partito da Tunisi, lo stazionario francese dopo aver indarno tentato per ordine del Console Imperiale, di trattenere il legno tunisino, usci esso pure dalla rada per raggiungerlo, nel che non sarebbe riuscito. Siffatta opposizione e segnatamente il contegno tenuto in tale ·circostanza dal Signor de Beauval, avrebbero siffattamente inasprito il Bey, che !senza l'intromissione del R. Agente e degli altri membri del Co11po consolare, si sarebbe addivenuto ad una immediata rottura tra il Bardo ed il Consolato F,rancese. Il Cavalier Gambarotta soggiunge che la condotta tenuta dal Signor de Beauval in questo e negli altri incidenti che occorsero durante la insurrezione, si deve attribuire al timore, che di Tunisi possa avvenire ciò che accadde trent'anni or 'SOno della reggenza di Tripoli, ed al sospetto ,che è vivissimo nel Console di Francia, che il Kasnadar debba essere l'autore di siffatto rivolgimento.

Intanto, così il Signor di Beauval, come il signor Wood avrebbero sollecitamente riferito l'occorso ai rispettivi Governi.

Stimai pertanto conveniente di fare conoscere alla S. V. Illustrissima i fatti esposti dal R. Agente (Per Parigi) al quale paiono esagerati i timori del Signor di Beauval ed eccessivo il suo contegno affinché Ella sia in caso di informarsi se il Governo Imperiale (Britannico) voglia dare qualche importanza al fatto, ed in qual modo lo ravvisi.

P. S. -(Per Londra) Segno ricevuta della serie politica n. 69 (1).

(1) Il dispaccio fu inviato a Londra col n. 17 e a Parigi col n. 78.

423

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI

D. 15. Torino, 24 novembre 1864.

J'ai reçu vos rapports nn. 27 et 28 de la série confidentielle, ainsi que l'annexe chiffré à votre rapport, affaires courantes n. 29 (2), et je vous en remercie.

J'apprends de bonne source que la Cour de Wiirtemberg pourrait actuellement étre mieux disposée que par le passé à reconnaitre le Royaume d'Italie, et que le Roi Chades ne serait pas éloigné de prendre en considération les avantages qu'assurerait à ses Etats l'établissement de 'rapports. réguliers avec l'Italie. Une occasion favorable semble étre présentée en ce moment par le voeu que les Chambres de Commerce du Wi.irtemberg ont émis récemment en faveur de la conclusion d'un traité de commerce avec l'Italie, voeu dont le Mercure de Souabe contient l'expression dans son numéro du 28 octobre dernie.r,-. C'est là une manifestation qui ne manque assurément pas de valeur, et qui témoigne de l'importance que les producteurs Wiirtembergeois attachent à etre admis aux mémes conditions que leurs concurrents Français, Suisses, etc., sur le marché italien. Il· me parait donc qu'il ne serait pas hors de propos de vous informer, M. le Marquis, en conservant la rplus grande réserve, du changement qui peut s'etre opéré dans les sentiments personnels du Roi du Wiirtemberg à notre égard, et de l'importance que l'on attache à Stuttgard aux manifestations dont je viens de vous parler. Je sais que le Baron de Thumb, Minìstre de Wiirtemberg à Carlsruhe, jouit d'un grand crédit auprès de son Gouvernement: il ne serait pas ìnopportun que, en mettant à profit vos relatìons personnelles, vous fissiez sonder ce personnage, soit pour connaitre ses appéciations sur l'état des choses, soit pour vous aJssurer des conseLls qu'il serait diposé à donner a sa Cour dans l'occasion.

Je ne saurais assez vous recommander, M. le Marquis, de ne donner lieu,

en aucun cas, de supposer que le Gouvernement du Roi veuille prendre les

devants 'pour le rétablissement des relations diplomatiques avec des Etats que

le sentiment de leurs propres intérèts et la juste appréciation du caractère de notre politique devraient porter à nous reconnaitre spontanément.

Vous voudrez donc bien, tout en assurant, à l'occasion, que le Gouvernement du Roi attacherait un grand prix à la reprise de ses anciens rapports avec les Etats secondaires de l'Allemagne, ne pas dissimuler qu'il n'entend pas témoigner à cet égard plus d'empressement que ne le comporte le soin de sa propre dignité.

(1) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 390. I rapporti confidenziali 27 e 28 non sono pubblicati.
424

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A L'AJA, CARUTTI

D. 2. Torino, 24 novembre 1864.

Ho ricevuto H rapporto confidenziale che la S. V. Illustrissima mi ha diretto in data del 17 novembre cmrente (1) per darmi comunicazione di ciò che il Signor di Weckerlin le aveva partecipato intorno alle attuali di:sposizioni della Corte di Stoccarda a riconoscere il Regno d'Italia.

Non ho indugiato a valermi di siffatte informazioni colla debita riserva e tacendone la fonte. La S. V. Illustrissima vorrà intanto ringraziare il prefato Signor Consigliere dei buoni offi.cj ch'egli si offerse di prestare presso alcuni deputati Wurtemberghesi di sua conoscenza, onde far appoggiare il voto emesso dalle Camere di Commercio del Wurtemberg ed accrescere così la probabilità della ricognizione del Regno d'Italia per parte del Re Carlo. Io non posso d'altronde che felicitarmi delle cortesi esibizioni del Signor di Weckerlin, imperciocchè il Governo del Re, mentre è bramoso di riattivare le relazioni diplomatiche cogli Stati .secondari della Germania, non potrebbe tuttavia senza ledere il sentimento della propria dignità pigliare veruna iniziativa intesa a conseguire il nostro riconoscimento da quegli Stati che pur dov;rebbero eSisere indotti dai proprii interessi a ristabilire regolari rapporti coll'Italia.

425

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO RESIDENTE A COPENAGHEN, DORIA

D. 10. Torino, 24 novembre 1864.

Vous .connaiSisez les motifs qui ont engagé S. M. le Roi, Notre Auguste Souverain, à conférer la décoration de .son Ordre Suprème de l'Annonciade à S. M. le Roi de Danemark (2). Ce témoignage éclatant de sympathie rendu dans un moment où la paix signée à Vienne, en sanctionnant les résultats d'une lutte

15 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. V

héroi:que mais malheureuse, vient de modifìer les conditions rpolitiques du Danemark, aura, je l'espère, par cela meme, une valeur plus grande aux yeux du Gouvernement Danois. Je vous prie, M. le Comte, de réitérer en cette circonstance l'expression des ,sentiments, que vous avez été constamment chargé de témoigner au nom du Gouvernement du Roi, rpendant le cours d'une guerre, où le Danemark a su se gagner les sympathies générales par la constance de ses populations et la bravoure de ses soldats. Veuillez aussi ajouter, M. le Comte, que le Gouvernement du Roi a la ferme confiance que des destinées prospères sont encore réservées à un peuple dont ,le patriotisme et l'activité ne tarderont pas à faire disparaitre les traces des revers essuyés.

C'est là un voeu bien sincère dont l'Italie souhaite la réaHsation, car elle a appris depuis longtemps à apprécier les sentiments généreux et les nobles qualités de la nation Danoi:se.

(1) -Cfr. n. 411. (2) -Il conferimento dell'Annunziata al Re di Danimarca era stato più volte sollecitato da Doria fin dalla visita a Copenaghen del principe ereditario (cfr. n. 146).
426

IL MINISTRO DEI LAVORI PUBBLICI, JACINI,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora)

L. P. 24 novembre 1864.

La questione ,che Ella si è compiaciuto di sottoporre al mio esame si scinde nei due seguenti quesiti

l. Se convenga all'Italia intavolare 'pratiche per ristabilire regolari rapporti diplomatici coll'Austria.

2. Se 'Convenga all'Italia ristabilire regolari rapporti diplomatici coll'Au

stria indipendentemente dalla insoluta questione veneta. Ho l'onore di esporLe il mio avviso partitamente sull'uno e sull'altro quesito.

QUESITO I

Non v'ha dubbio che nella condizione presente dei rapporti internazionali, quale ci è esposta dalla recente lettera del nostro Ministro plenipotenziario a Parigi (1), il Governo italiano dovrebbe mostrarsi ben disposto ad entrare nella fase dei negoziati coll'Austria (coll'intermezzo della Francia e non ad insaputa dell'Inghilterra), tenendosi peraltro una porta bene aperta per una ritirata.

Il Governo del Re avrebbe ,così opportuna occasione di rendere manifesto innanzi alle potenze alleate quanto gli stia a cuore di contribuire, per quanto dipende da lui, a rassodare il mantenimento della pace europea. Naturalmente che, entrando in questa via, una trattativa dopo l'altra, dovrebbe giungere fino alla questione veneta, la quale peraltro non dovrebbe essere tratta in iscena sulle prime. Ma, ivi giunti per la naturale logica delle cose, 8i dovrebbe chiedere all'Austria, per il ,canale della Francia e dell'Inghilterra, se realmente essa creda che sia possibile stabilire durevoli rapporti d'amicizia fra l'Italia .e l'Austria,.

ocanche con tutta la buona volontà degli attuali governanti, ma colla questione

veneta insoluta.

La soluzione della questione della Venezia (e circolo di Trento) vorrebbe dire in sostanza : un miliardo del debito aUistriaco accollato all'Italia la possibilità per l'Austria di un vero disarmo l'adesione dell'Italia e il di lei ,concorso, anche materiale, all'ingrandi

mento dell'Austria nella penisola Illirica, ingrandimento da determinarsi preventivamente; insomma un'era di prosperità reale e di grandezza incontestata per l'Austria.

L'Italia, per conto suo, oltre a tali ,compensi che darebbe all'Austria, potrebbe offrire all'Europa cattolica il formale impegno di risolvere definitivamente la questione di Roma mediante la rinunzia assoluta sulla eterna città la quale, eretta in libero municipio, conserverebbe il Papa come Sovrano onorifico. L'Europa ,conterebbe nell'Italia uno fra i grandi Stati i più interessati nel mantenimento della pace europea.

QUESITO II

Esplorato il terreno, qualora si riconosca la nessuna probabilità d'indurre l'Austria alla 'cessione del Veneto, resterebbe a vedelisi se convenga, ciò non ostante, all'Italia lo ,ristabilire regolari rapporti diplomatici coll'Aus,tria.

Che cosa guadagnerebbe l'Austria da questo?

Guadagnerebbe immensamente.

Potrebbe, cioè, ·concludere un trattato di commercio coll'Italia molto conforme ai suoi interessi.

Potrebbe governare in pace per qualche tempo la Venezia, la Venezia scoraggiata almeno per qualche tempo, ed approfitterebbe della tregua per assestare le sue pendenze coll'Ungheria.

Potrebbe ridurre in tal modo la propria armata facendo scomparire il deficit.

Insomma l'AUJstria si rinforzerebbe assai.

In 'COrrispettivo essa non farebbe altro che rinunciare a certi eventuali interessi dinastici, ·eventualità ·che ogni giorno diventano più remote, voglio dire la ristaurazione dei troni di Modena e di Toscana. Vediamo ora che cosa guadagnerebbe l'Italia ristabilendo regolari rapporti coll'Austria.

La forza dell'Italia ,consiste nel doppio aspetto sotto cui essa si presenta all'Europa: è un pegno di pace, cioè, per quando avrà raggiunta la sua mèta; è una minaccia perpetua fino a 'che non abbia raggiunta codesta mèta. Da ciò il vivo desiderio di una gran parte d'Europa di veder finita la questione italiana. Ma tolto lo spettro della minaccia, questo desiderio si intiepidirà d'assai.

L'Italia .per conseguenza si !Spoglierebbe di un'arma temuta e temibile.

In secondo luogo è impossibile concepire ch'essa abbia pace e tranquillità interna quando il partito .rivoluzionario potrebbe rivolgere ad ogni ora al partito moderato il rimprovero: voi avete tradito il programma nazionale.

In ,com1lenso di tutto ciò semberebbe a prima vista che l'Italia avrebbe il

vantaggio di poter disarmare. Ma qui bisogna intendersi. Che cosa s'intende per

disarmo? Diminuke forse i quadri dell'esercito? Ma in tal ca,so, se mai soprav

venisse qualche complicazione europea, non perderebbe essa il frutto di molti

anni di sforzi?

O forse, ;per disarmo, s'intende rimandare a casa molte classi di soldati?

Or bene, è ciò appunto che sta facendo, senza cessare di essere per questo una

causa di minaccia per la pace dell'Europa e una spada di Damocle sospesa sul

capo dell'Austria.

Tutto il ,corrispettivo ·che essa avrebbe seguendo questa nuova politica di ristabilire rapporti diplomatici ·coll'Austria, non conststerebbe in altro che nell'essere riconosciuta da un'altra grande potenza di più e da un certo numero di Stati secondarj e in pari tempo quello di assicurare meglio gli interessi mate· riali di alcune provincie del Regno confinanti col Veneto.

Meschino corrispettivo invero in confronto di una politica che comprometterebbe l'avvenire.

CONCLUSIONE

Intavolare pratiche attivamente ed ac·cortamente fino al punto di scanda·gliare se si possa iniziare lo scioglimento della questione Veneta. Ritirarsi, senza ,compromettersi, qualora si riconosca che non sia possibile raggiungere tale scopo.

(1) Cfr. n. 415.

427

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 961. Londra, 25 novembre 1864, ore 17,1.5 (per. ore 20,45).

Lord Russell a examiné hier en conseil la question vénitienne, le résultat a été qu'on a jugé que d'après les déclarations autrichiennes, échange territorial étant la seule base à prendre, le moment actuel ne ferait pas prévoir un accueil favorable; on .se bornera donc à peu près à ce que j'ai écrit hier, en prenant volontier,s en considération des propositions à ·concerter. Mais lord Palmenston pe11sonnellement a fini par me promettre ce matin que son langage au comte Apponyi ne lui laisserait aucun doute sur ·ses sentiments favorables à l'unité d'Italie et à la cession ;pacifique de la Vénétie. Il m'a dit que le Gouvernement français avait proposé il y a quelque temps au Cabinet anglais de prendre l'initiative de ces propositions à Vienne mais qu'on avait refusé (1).

(1) Con t. 453 del 26 novembre La Marmora invitò D'Azeglio a tener sempre Nigra al corrente di questa questione.

428

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 50. Londra, 25 novembre 1864 (per. l'1 dicembre).

Nel dispaccio confidenziale che mi fece l'onore d'indirizzarmi in data dei 19 corrente Gab. N. 16 (1) Ella mi dava istruzioni riguardo al linguaggio a tenere con gli uomini di Stato Inglesi, circa al tentativo di negoziati pel pacifico risolversi della quistione Veneta.

Con i miei Telegrammi del 24 e 25 corrente (2) brevemente informai V.E. di quanto mi venne dato sapere a tale riguardo. Ora mi fo un dovere di ragguagliarla sulla conve11sazione che ebbi ieri ed oggi con Lord Russell e con Lord Palme11ston.

A dir vero sotto i varj Ministeri che si sono succeduti a Torino e presso a quanti se ne formarono a Londra ho soventi dovuto rinnovare simili tentativi. L'Inghilterra che non ha voce in capitolo riguardo alla questione Romana è creduta invece per le sue relazioni a Vienna poter utilmente impiegar,si a prò dei Veneziani.

Purtroppo qtJeste ripetizioni hanno avuto .per effetto di far adottare. ai Min~stri Inglesi una specie di formolario fisso che inesorabilmente mettono innanzi appena se ne parla.

Sapevo dunque con questi antecedenti che in un ultimo si ripresentarono quando l'anno scorso il Ministero Minghetti inviò qui il Conte Pasolini, cosa a un di presso mi si risponderebbe.

In quell'epoca il predetto Conte parve colpito di quanto gli disse Lord Palmerston dopo udite le sue argomentazioni sulla necessità di mettere in campo le questioni di Roma e di Venez·ia: Séparez les questions.

Ma come osservai al Conte, sottintese: Et n'en touchez aucune.

Questo fu in comples,so quanto mi si di,sse oggi.

L'immobilità è divenuta qui il rimedio a tutti i mali.

Inoltre per adottar le idee, questi Signori vogliono vederle ovvie in pratica come in teoria. Ricusarono il Congresso perché non capirono come tanti cervelli diversi avrebbero potuto concertarsi in un risultato pratico; e, deciso un punto, non intendevano chi sarebbe stato chiamato a imporlo ai renitenti.

Così, siccome mi diceva oggi spiritosamente Lord Palmerston, non è tanto difficile provare all'Austria •Che le •conviene 'cedere la Venezia, come di convincernela.

Dunque il modo con cui si ragiona qui è il seguente: L'Austria dichiara non voler far di questo una questione di danaro. Per risolverla pacificamente ci vuole uno 1scambio di territorio, mettiamo in Turchia.

Ma il consenso per questo non è da credere si possa ottenere da tutte le numerose parti interessate, non sopratutto dai presunti futuri sudditi Austriaci i quali han se:m,pre manifestato la più grande ripugnanza a diventarlo.

Inoltre l'Austria si mostrerà ancora meno ben disposta dopo i fatti del Friuli perché non vorrà aver l'aria di cedere a una intimidazione.

Per conseguenza facendo demarcie in questo momento, s'andrebbe incontro a un rifiuto, e un rifiuto sarebbe peggiore in questo senso che pone un antecedente da citarsi ulteriormente.

L'esperienza ,che, malgrado me, ho dovuto acquistare di questi Ministri fece sì che, quando ricevetti il Dispaccio di V.E., ,sperai più favorevole Lord Russell di Lord Palmerston, ,ed anche col Ministro degli Esteri dovetti fare in modo che egli non avesse a darmi una risposta immediata, ma potesse riflettere all'effetto di questa risposta, soprattutto in Italia; avesse poi agio di parlarne con Lord Palmerston ed anche non pensasse che ad altri più che a lui avevo voluto rivolgermi. Credetti anche utile 'che potesse maturare la serie di ragionamenti che venivano da parte nostra e, siccome gli scrissi prima di vederlo, lo pregai di ricordare che, se gl'Inglesi che nuHa opravano colla spada, nulla pure volevano operare colla penna, non stupissero se il loro ascendente in Italia, diventava parimenti nullo.

Vidi quindi Lord Russell, ieri Giovedì. Gli domandai se potevamo far capitale della ,continuazione non solo dell'Inghilterra nella linea presa di consigliare all'Austria di ,consentire a uno scioglimento pacifico della questione Veneta, ma se voleva, ·come v'era vivo desiderio a Torino, rinnovare sotto una forma qualunque questi consigli.

E le ragioni che addussi furono: l o Che importava che a Vienna non credessero che avvenimenti recenti non avessero fatto mutar consiglio nel Gabinetto Britannico.

2o Citai gli avvenimenti del Friuli come una prova da aggiungersi a tante altre della ·concitazione degli animi e dei pericoli che ne nascessero rivoluzioni, guerre e perturbazioni Europee.

3o Le relazioni poco soddisfacenti che eran succedute fra i due Paesi dalla condotta dell'Austria circa la Danimarca permettevano all'Inghilterra di parlare ,con meno riserva. Anzi mi pareva essenziale che Lord Russell non aspettasse nemmeno a prendere questa iniziativa l'arrivo imminente del Conte Appony, poiché se l'Ambasciatore avesse preso lui l'iniziativa in senso contrario, si sarebbe pe11sa una occasione: prendendo i fatti del Friuli come argomento di nuovi suggerimenti, la ,cosa parrebbe naturale.

D'altronde il momento era tanto più opportuno, poiché l'E.V. avea manifestato in Parlamento sentimenti talmente concilianti e quasi favorevoli all'Austria, che realmente non so qual altro Ministro avrebbe potuto esprimersi così senza produrre tempeste. Mentre invece la popolarità di V.E. e la sua coraggiosa lealtà nel dir la cosa come la pensava aveano assicurato alle sue parole un presso che unanime incontro.

Finalmente non dovetti celare a Lord Russell che, standosi sempre con le

mani alla eintola o in continue titubanze, questo ridonderebbe a danno dell'Inghilterra. E temevo che precisamente questo raccogliersi nei soli suoi fatti intemi, non prendendosi fastidio di quei degli altri, gioverebbe poco a quella tale correlazione tra paese e paese che serve a facilitarne i rapporti intemazionali.

Badassero che mentre da una parte poteasi mettere avanti Solferino e poi lo sgombero di Roma (quando abbia avuto luogo) e dall'altra simpatia si, ma inoperosità, il risultato era chiaro. Cioè ·relazioni modificate dalle due parti.

Citai precisamente un testimonio non dubbio del modo di vedere dell'Imperatore Napoleone in quanto alla Venezia, Lord Cowley, che diceva avere il primo dichiarato al Principe Mettemich non una, ma parecchie volte, di non illudersi che fra la Francia e l'Austria non s'avrebbero buoni rapporti che oprata verso l'Italia la cessione della Venezia.

Anzi andai più in là e presentai lo scioglimento di questa difficoltà come una ne·cessità per l'Imperatore 1se non voleva mettere in pericolo la sua dinastia.

Pare una esagerazione, ma la cosa è chiara. Se l'Austria spera, morto l'Imperatore, di poter riconquistare la Lombardia e che pur troppo avvenimenti dolorosi per noi riconducessero la Francia in Italia, se ,contraria avesse la fortuna della .guerra, il ~Povine Imperatore potrebbe convincersi suo malg·rado che alla dinastia dei Bonaparte non ·conviene subire disfatte se vuol restare sul trono.

Questi e simili riflessi potrebbero determinare l'Imperatore a rLsoluzioni energiche. Voleva l'Inghilterra lasciare alla sola Francia l'onore d'aver tanto contribuito a formare l'Italia?

Del resto non s'illudessero. Ora era il tempo in cui attivamente e sinceramente ci occupavamo di cercar modi di negoziare. Ma, esauriti questi, volere o non volere per spirito direi di propria conservazione, dovressimo rischiare anche tutto e far guerra non potendo il paese resistere ai carichi che gli imponeva il presente stato di cose.

Lord Russell mi disse aver discorso con Lord Palmeliston su quanto gli avevo esposto riguardo all'opportunità di nuove dimostrazioni Inglesi in favore di soluzioni pacifiche della questione Veneta.

Benché non potesse rispondere ufficialmente poiché non avea ancora potuto consultare i suoi Colleghi, (però egli credeva potermi dare come opinione sua e di Lord Palmerston, che l'Inghilterra persuasa sempre del gran bene che risulterebbe da una Italia unita e dal pacifico sciogliersi della questione Veneta, era pronta a favorirla in quelle occasioni che praticamente si offrissero o a prender in considerazione proposte da continuarsi a questo riguardo.

Credeva che l'azione separata dell'Inghilterra non produrrebbe nulla. Lord Clarendon al suo passaggio a Vienna erasi accorto che parlando di questo sarebbesi preso per poco meno d'un insulto.

Dicevasi a Vienna che nessun uomo di Stato consentirebbe a vendere la Venezia. Se e3istesse, s'impiccherebbe subito. Dunque non si potea fare altrimenti che considerare la cosa dal lato di un cambio territoriale. Questa non era cosa facile a cambiarsi, domanderebbe gran tempo e non poteva venire che concertandosi tra varie Potenze più o meno direttamente interessate. Le popolazioni non esser più considerate come mandrie. Ma doversi richiedere anche il

loro assenso. E pochi amar a diventare sudditi Austriaci: preferivan rimanere Turchi. E non poSiso trovare che abbian torto.

Esser vero che l'Inghilterra non era stata contenta della condotta della Austria nella questione Danese. La quale al più avea servito a moderare minimamente la rapacità Prussiana.

Ma se parlavamo di guerra, ricordassimo la temuta coalizione fra Prussia e Austl'ia all'epoca di Villafranca, coalizione che risultava imminente da informazion.; precise giunte a Lord Russell a quell'epoca.

E badassimo a quanto affermava ultimamente il Conte di Rechberg che, se l'unione con la Prussia era vantaggiosa all'Austria, così lo era per la Prussia il tenersi stretla a Vienna. Prova di questo essere che, ove vi si fosse atteso, l'vr:(::._ 2-;.r::--ebbo ancor2 la J_...!or'!:barc:ia c l'2ltra Neuchatel.

Ed io risposi che quelle unioni tra paese e paese che son fertili di vantaggi, han luogo quando si hanno interessi identici; mentre tra l'Austria e la Prussia esisteva alleanza superficiale e odii e antagonismi reali. Al punto che vedendola indebolita dalla perdita della Lombardia, non dubitavo se ne fossero segretamente rallegrati a Berlino; c così dell'altro caso. Non bisognava andar tanto lontano :per vedere l'anno scorso a Francoforte la posizione reciproca dei due amici. Simili alleanze erano spauracchi, ma non pericoli essenziali.

Questi Ministri parlano come se fossero ,sicuri che l'Austria non ci attaccherà. Ma ,che il pericolo è che il partito d'azione da noi comprometta e trascini non questo Ministero, ma Ministeri che gli potessero succedere.

Però, da quanto mi vien detto, questa loro impressione riguardo all'Austria, è destata in loro dal timore che s'avrebbe a Vienna di :suscitare una seconda calata di Francesi in Italia.

Lord Russell che andava precisamente al Consiglio dei Ministri si limitò a quanto cercai di condensare nel Telegramma che SJJedii lo stesso giorno a V.E. Ed avrò l'on.ore nel prossimo mio rapporto cìi render conto del mio abboc

camento con Lord Palmerston.

(1) -Cfr. n. 414. (2) -Cfr. nn. 420 e 427.
429

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 963. Berlino, 26 novembre 1864, ore 16 (per. ore 21,40).

Je sollicite n~ponse télégraphique et définitive à la dema!1de que j'ai déjà faite de Pari,;. Avant cette réponse je ne puis voir le ministre des affaires étrangères de Prusse (1).

(1) Con t. 969 del 30 novembre De Launay sollecitò ancora una risposta.

430

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERÌ, LA MARMORA, AI MINISTRI A LONDRA, D'AZEGLIO, E A PARIGI, NIGRA

D. (1). Torino, 26 novembre 1864.

Conosce la S. V. Illustrissima la protesta diretta dal R. Incaricato d'Affari a Costantinopoli a S.E. Aali Pascià per la esclusione del Rappresentante Italiano dagli accordi convenuti tra la Porta e le cinque Potenze per la riorganizzazione del Libano. A siffatta protesta il Ministro ottomano degli Affari Esteri rispose con una nota di cui reputo superfluo trasmetterle copia, perché in essa S.E. Aali Pascià si limita a riprodurre le obbiezioni opposte costantemente alla nostra domanda d'ammissione: obbiezioni che riferii già a suo tempo alla S.V. Illustrissima, ed alle quali noi opponemmo alla nostra volta ragioni cui la Sublime Porta non seppe dare categorica risposta.

Sono lieto intanto di poter significare alla S.V. Illustrissima che il Conte Greppi ebbe confidenziale comunicazione dall'Incaricato d'Affari di S.M. Britannica, di istruzioni speditegli da Lord Russell, in conformità delle quali il Signor Stuart ebbe a dichiarare a S.E. Aali Pascià, che se in occasione di nuove deliberazioni relative al Libans ed alla Siria in genere, il Rappresentante italiano non fosse invitato a parteciparvi, il Rappresentante britannico si sarebbe dal canto suo astenuto dallo intervenirvi.

(per Londra) La ,prego, Signor Marchese, di ringraziare Lord Russell di questa nuova testimonianza di simpatia che il Governo di S.l'vi. Britannica ci porge in questa occasione. Tale dichiarazione per parte del Gabinetto Inglese persuaderà la Sublime Porta come non le convenga tenere così lieve conto come fece testè delle raccomandazioni del Governo Britannico in nostro favore, ed, in quanto a noi, grato ci riesce il ravvisare una ,sicura guarentigia che nelle future contingenze gli interessi dell'Italia e quelli dell'Inghilterra si troveranno sempre più d'accordo in Oriente.

(per Parigi) Ella potrà, S.ignor Cavaliere, giovarsi di siffatta notizia nei suoi colloqui confidenziali con S . .E. il Ministro Imperiale degli Affari Esteri. È desiderabile che la Francia i cui interessi in Oriente non sono certo più discosti dai nostri che non lo siano quelli dell'Inghilterra, s'induca essa pure a fare una dichiarazione non meno categorica di quella onde fu incaricato il Rappresentante Britannico: abbiamo del resto tanto maggior fondamento di ciò sperare inquantoché la Francia si adoprò con non minore impegno dell'Inghilterra nel cercare di indurre la Sublime Porta ad ammettere il Rappresentante Italiano alla partecipazione negli ultimi accordi pel Libano.

(1) A Londra il dispaccio venne inviato col n. 18 e a Parigi col n. iQ.

431

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, QUIGINI PULIGA

D. 5. Torino, 26 novembre 1864.

Je vous accuse réception et vous remercie de votre dépeche N. 2 de la série politique du 16 Novembre courant (1).

Il me revient de bonne source que la Cour de Wurtemberg dont vous connaissez les liens avec la Cour de Russie, pourrait etre actuellement mieux di,sposée que par le passé à reconnaitre le Royaume d'Italie. Le nouveau Roi ne serait peut-etre pas trop éloigné de prendre en considération les avantage,s, qu'assurerait à ses Etats l'établissement de rapports réguliers avec nous. Or ces avantages ont été formellement reconnues par les Chambres de Commerce de Wurtemberg, qui ont émis récemment une délibération par laquelle elles engagent le Gouvernement Wurtembergeois à négocier des accords commerciaux avec le Gouvernement du Roi. Ce voeu qui a été reproduit par le Mercure de Souabe du 28 Octobre d~rnier, et qui est identique à celui émis il y a quelques mais par le Commerce du Palatinat à l'occasion du rapport pour l'année 1863 que la Chambre de Ludwigshafen a adressé au Ministère de Commerce et des .Travaux Public:s de Munich, est une manifestation qui ne manque assurément pas de valeur, et qui témoigne de l'importance que le commerce de l'Allemagne méridionale attache à etre admis sur les marchés italiens au meme traitement dont jouissent les producteurs français, suisses, etc.

Le Gouvernement du Wurtemberg pourrait envisager dans cet incident l'oc·casion favorable pour :se décider à l'accomplissement d'un ade dont il a cru jusqu'ici devoir s'abstenir. Les relations de famille que j'ai .rappelées plus haut et les bons rapports qui existent entre les deux Maisons de Wurtemberg et de Russie, peuvent vous mettre à meme de prendre à cet égard, au moyen de vos relations personnelles, des informations confidentielles. Il est bien entendu cependant que si le Gouvernement du Roi attache beaucoup de prix à la reprise de ses anciens rapports avec un Etat qui se trouve si étroitement lié avec la Russie, toutefois le soin de notre dignité nous empèche évidemment de prendre les devants pour le rétablissement des relations diplomatiques, dont la rupture n'est pas venue de nous, et qu'il est d'ailleurs dans l'intérèt du Wurtemberg de renouer.

Vous voudrez bien, M. le Comte, ne toucher ce sujet, si l'occasion s'en présente, qu'avec une grande réserve.

Dans ma précédente dépèche N. 4 (Cabinet) je vous ai parlé de la protestation adressée par le Comte Greppi à S.E. Aali Pacha à l'occasion de l'exclusion du Représentant de l'Italie des arrangements convenus entre la Sublime Porte et les cinq Puissances touchant la réorganisation du Mont Libél.n. Le Mi

nistre ottoman des Affaires Etrangères a répondu à cette protestation par une Note, où il maintient les mémes objections que la Sublime Porte a toujours opposées, et que nous avons combattues par des raisons auxquelles le Gouvernement du Sultan n'a jamais répondu catégoriquement. Je m'abstiens par conséquent de vous transmettre copie de ce document, dont la simple mention suffit, puisque cette Légation a été toujours tenue au courant de la correspondance échangée en cette occasion entre la Légation de S.M. et le Ministère des Affaires Etrangères de Constantinople.

J'ai maintenant la satisfaction de vous annoncer que le Chargé d'Affaires de S.M. Britannique près la Sublime Porte qui avait déjà exprimé à celle-ci le mécontentement de l'Angleterre au sujet de notre exclusion, et déclaré que le Gouvernement de la Reine considérait ce fait comme un grief de plus envers le Gouvernement du Sultan, vient maintenant d'étre ,chargé par le Premier Secrétaire d'Etat pour les Affaires Etrangères de S.M. Britannique d'une démarche encore plus significative. Il a en effet prévenu confidentiellement le Comte Greppi que, d'ap:rès les instructions reçues de Londres, il devait d'éclarer à S.E. Aali Pacha qu'à l'avenir le RepTésentant Britannique se serait abstenu de tout arrangement touchant les affaires de Syrie si le Représentant de l'Italie n'était pas invité à y prendre part.

J'ai vu avec plais:ir, M. le Comte, que les disposàtions de la société russe envers l'Italie paraissent telles que le veulent les relations amicales des deux Couronnes et les souvenLrs que l'Italie conserve de :la bienveillance que la Russie lui a toujours montrée. S.A.I. le Grand-Due Nicolas, malgré le resped dont son incognito a été entouré, aura pu constater, dans son voyage en Italie, que le sentiment public voyait en lui le futur Souverain d'une grande nation arnie, avec laquelle nos ,rapports devront encore devenir plus étroits.

P. S. Je vous accUise réception aussi de votre lettre particulière du 26 Octobre.

(1) Cfr. n. 407.

432

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 86. Parigi, 26 novembre 1864.

Ho ricevuto a ,suo tempo il dispaccio confidenziale di Gabinetto che l'E.V. mi fece l'onore di dirigermi il 19 corrente (1) intorno ai moti del Friuli, ed alla linea di condotta che si prefisse in proposito il Governo del Re.

Ho informato il mio linguaggio, nelle conversazioni che ebbi con S.E. il Signor Drouyn de Lhuys, alle considerazioni che questi fatti suggerirono alla

E.V. Dalle parole dettemi ,su questo argomento dal Ministro imperiale degli affari esteri si può ~ra,ccogliére che la soluzione pacifica della questione veneta non cessa di attirare l'attenzione del Governo francese. Il carattere del dispaccio di V.E. non mi permetteva di fare proposte ufficiali, né di entrare in altri particolal'i su questa questione. Devo quindi !imitarmi a segnalarle le buone intenzioni manifestatemi al riguardo da S.E. il Signor Drouyn de Lhuys.

(1) Cfr. n. 414.

433

IL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 71. Francoforte, 26 novembre 1864 (per. il 30).

Aussitòt de retour ici, je me suis empressé de me rendre chez le Président de la Diète pour l'informer que, tout en restant accrédité près la Confédération Germanique, j'avais été désigné par mon Gouvernement pour aller le représenter à Berlin. Je l'ai en mème temps prévenu que lorsque le moment serait venu, j'aurais J'honneur de lui présenter le premier Secrétaire de cette Légation chargé de me remplacer pendant mon absence. Le Baron de Kiibeck s'est borné à m'exprimer en termes les plus bienveillants le regret qu'il éprouvait de me voir quitter F,rancfort, et ainsi se trouvent désormais réglées ma future position aussi bien que ,celle de mon successeur vis-à-vis de la Haute Assemblée. Je dois toutefois faire observer à V.E. que, ,comme en principe la Diète n'admet pas à fonctionnN auprès d'elle des Chargés d'Affaires effectijs, il est indispensable, pour prévenir toute difficulté, que le Conseiller de Légation désigné par le Ministère pour me remplacer arrive ici assez tòt pour que je puisse d'abord le présenter en cette qualité, et ensuite, à l'époque de mon départ, comme Chargé d'Affaires intérimaire. M. de Launay, que j'ai vu Dimanche dernier à Paris, m'ayant dit qu'il ne pourrait guère quitter Berlin avant le 15 Janvier prochain, il s'en suit que le nouveau Conseiller de cette Légation devrait au plus tard se trouver ici vers le 20 ou le 25 du mois prochain.

La situation politique de l'Allemagne n'a pas sensiblement changé depuis deux mois; et quant à la Diètc qui attend toujours que les deux Grandes Puissances se soient mises d'accord sur la question des Duchés pour enregistrer leurs volontés, elle n'a positivement rien fait. La question importante du moment est de savoir si, comme eHe le veut à tout prix, la Prusse parviendra à obtenir de l'Autriche l'éloignement des troupes fédérales du Holstein en faisant occuper exdusivement ,ce Duché par l'armée Prussienne. Le Cabinet de Berlin 1soutient que la conclusion de la paix avec le Danemark et la cession des Duchés par cette dernière Puissance, en mettant fin au conflit, ont enlevé toute raison d'etre à l'occupation fédérale. L'Autriche admet bien en 'Principe ce point de vue Prussien, mais, résolue plus que jamais à s'appuyer sur les Etats sécondaires pour résister aux exigences toujours croissantes de la Prusse, elle voudrait apporter quelque tempérament à une mesure qui ne peut manquer de blesser au

plus haut po1nt leur dignité militaire. C'est sur ce point délicat que se pour

suivent les négociations entre Vienne et Berlin, sans que l'on soit encore par

venu à s'entendre.

Aù reste l'on assure de bonne source que si M. de Btsmarck n'a point eu

core renoncé à ses projets annexionnistes, il se trouve cependant danls ce moment

l'ingulièrement gené par les sentiments personnels du Roi, et meme du Prince

Royal qui, 1se •contentant de l'acquisition du Lauenbourg et d'un port important

dans la mer du Nord à titre de compensation i[)our frais de guerre, répugneraient

par conscience politique à un agrandis:sement plus .considérable. C'est à cette

situation difficile que voulait faire allusion M. de Bismar.ck lorsque tout derniè

rement à son passage à Cologne, il a dit à un de ses intimes: « Pour arriver à la

réalisation de mes 1)rojets, il faudrait que j'eusse derrière moi le Roi, ou tout

au moins le Prince Royal, et je sens bien que je ne les ai ni l'un, ni l'autre ••

Au milieu de ces tiraillements et de ces divergenc·es de vues entre un

Prince trop .scrupuleux et son ambitieux Ministre, les chances du Due d'Augus

tenbourg crois1sent en •raison directe de .J'impossibilité où l'an va se trouver de

donner les Duchés à un autre prétendant. Seulement cette mise en passession

sera entaurée de tant de réserves et de tant de concessions en faveur de la

Prusse qu'elle constituera bien plus un fief de la Cauronne Prussienne qu'une

souveraineté indépendante.

Les nouvelles les plus récentes de Vienne disent que l'on s'est singulièrement rassuré sur la portée du traité du 15 Septembre, que dans le premier mament d'émotion l'an avait considéré camme l'acheminement à court délai vers une lutte avec l'Italie aidée de la France. La raisan de ce revirement d'appréciatians serait, d'après •ce que l'an affirme, l'envoi tout récent d'assurances très pacifiques de la part du Cabinet des Tuileries. Ce qui viendrait à l'appui de cette assertion c'est que l'idée de la cessian de Venise, sous quelque forme que ce sait, est aujourd'hui repoussée avec une <recrudescence d'énergie par toutes les feuilles Autrichiennes, y •compris par •cette fraction de la pre,sse qui, en vue d'intérets .commerciaux, avait dans ces derniers temps timidement insinué l'opportunité d'une reconnaissance de l'Italie. Le Gouvernement sur ce point là est malheureusement appuyé .sur une opinion publique qu'aveugle jusqu'à l'injustice l'amour propre national augmenté de toutes les rancunes du parti militaire.

Certaines correspondances de Vienne parlent également du bruit, si sauvent répandu et toujours démenti, d'après lequel en échange des concessions faites par l'Autriche à la Prusse dans la question des Duchés, le Cabinet de Berlin se preterait à l'entrée des possessions vénitiennes dans la Confédératian Germanique. Il suffit pour démantrer l'absurdité de pareilles assertions, de rappeler qu'en 1850 la suppasition seule d'un semblable prajet avait soulevé les protestations anticipées. de la France et de l'Angleterre, et que, battue et humiliée comme elle l'est aujourd'hui, l'Autriche n'est pas en état d'énoncer meme une aussi ridkule prétention.

En Bavière l'an continue à préconiser l'arrivée au Ministère de M. de Pfordten, qui seul est capable d'imprimer au Gouvernement des allures indépendantes, dans le sens des aspirations nationales du moment. Le principal obs

tacle à sa nomination vient du Cabinet de Berlin qui, connaissant la haine que· porte à la Prusse cet éminent homme d'Etat, et redoutant son influence décisive dans la marche du Gouvernement Bavarois, met tout en oeuvre pour l'empècher d'arriver au pouvoir. L'action politique de M. Pfordten serait d'autant plus exelusive et dominante qu'elle s'exercerait sur l'esprit d'un jeune Roi complètement inexpérimenté et dont les aptitudes, •camme les gouts le portent à toute autre occupation que celle des affaires de l'Etat.

P.S. Le Marquis Centurione m'ayant demandé d'accompagner jusqu'à Pise Madame Centurione dont l'état de santé réclame un climat plus tempéré que celui de l'Allemagne, j'ai cru pouvoir lui en donner l'autorisation. Il est parti avant-hier et aura l'honneur, à son arrivée à Turin, d'aUer se présenter à V.E.

434

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 462. Torino, 27 novembre 1864, ore 16,37.

Dites-moi par télégraphe ·s'il existe engagement de ne pas appliquer peine capitale aux brigands de l'Aunis (1). En ce cas envoyez-moi par le premier courrier copie des documents officiels et officieux et particuliers par lesquels la condition a été faite et acceptée.

435

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 964. Parigi, 27 novembre 1864, ore 19,52 (per. ore 21).

Lorsque les brigands de l'Aunis ont été rendus l'Empereur envoya au Roi un télégramme pour demandecr que dans le cas où ils auraient été condamnéts à mort, la peine capitale fiìt commutée. Le Roi répondit par télégraphe à l'Empereur en lui donnant sa parole qu'il aurait changé la peine dans le cas susdit. Les deux télégrammes se sont échangés directement le 4 septembre (1), la parole du Roi a été engagée directement dans la forme que je viens d'indiquer. Détails par lettre.

(1) -Informazioni in proposito furono chieste da Cerruti anche a Visconti Venosta e Min-· ghetti, come risulta da una lettera pari data conservata in AVV. (2) -Cfr. Serie I, vol. IV, n. 166.
436

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 51. Londra, 27 novembre 1864 (per. l'1 dicembre).

Dopo la mia conversazione con Lord Russell ne ebbi oggi una con Lord Palmerston. Intanto da quanto egli mi disse il consiglio dei Ministri erasi occupato di questo argomento precisamente fra le due visite ond'egli poteva parlame secondo le conclusioni a cui s'erano fermati.

Si riconobbe dai Ministri in tesi generale ottima ·cosa l'unificazione dell'Italia ·col congiungervi la Venezia; e sopratutto coll'unirla pacificamente. Ma si credette inutile ed inopportuno tentare di negoziare su questo punto a Vienna adesso. Quindi seguitò colla linea d'argomenti svHuppata nel mio dispaccio precedente (1) e che torna da capo in simili occasioni.

Io cercai dimostrargli come anzi fos,se utile sempre, che una Potenza .come l'Inghilterra parlasse chiaro: prima per il peso che han sempre le sue parole, quindi per li strani erro!Ti che a 1suo riguardo continuamente sul continente sì spargono. E quel ·che è più si credono. Citai anzi un esempio recente. Da qualche giornale in Torino (mi si dice L'Opinione) si spacciò che Lord Palmerston dapprima favorevole alla convenzione da qualche tempo s'era raffreddato. E cagione di questo era La Lettura dei dispacci francesi e iL mio Linguaggio poiché come• piemontese ero naturaLmente avverso ana Convenzione.

Come Piemontesi abbia:mo talmente avversato il trasporto della Capitale, che l'abbiam preparato dal 48 in poi. Ed i Piemontesi 1son creduti talmente avversi alla Conven,zione, che per metterla a esecuzione si è dovuto aver in gran parte ricorso all'elemento Piemontese!

In quanto a Lord Pa:lmerston la mia corrispondenza (sì ufficia•le, che pr.ivata) fa fede che non solo egli è sempre stato favorevole, ma anzi la credeva cosa troppo vantaggiosa per esser vera. Non avendomi egli mai parlato d'altro, che del non esser probabile, ·che l'Imperatore lasci mai Roma. E anche pochi giorni fa in presenza mia disse a Lord Cowley, che se si faceva la cosa, riconoscerebbe essersi preso uno sbaglio.

Se dunque perché Lord Palmelìston nel .suo dis·corso dal Lord Maire non aveva esaltato la Convenzione per la semplice ragione che probabilmente due minuti prima di parlare Lord Palmerston non aveva pensato a quanto direbbe; e quel soggetto non eragli venuto in mente.

Se dico, per questo si fabbricava un'ingiusta accusa contro lui e contro me, non era mai inutile di spiegarsi e levar le ambagie, che poteano esser nate a Vienna.

Mi si rispose .che l'Austria sapea à quoi s'en tenir, e si ripeté l'argomeruto d'un rifiuto, che nuocerebbe !soltanto. Risposi, che appunto la diplomazia serviva a impedire la necessità di folìmolare un rifiuto.

Naturalmente Lord Palmerston parlò dei cambi di territorii, applicandolo

all'Oriente; anzi disse, che l'Inghilterra li avrebbe veduti favorevolmente come

pure la Francia; e la Turchia preferirebbe metter una potenza conservatrice fra

sè e la Russia, non trattandosi in fondo, che di sacrificare un tributo di cinquan

tamila lire sterline.

Non intendevo precisamente come S. S.. basasse il suo ragionamento ed a

scanso d'errore mi feci a domandare di quali provincie Turche egli parlasse.

Lord Palmerston mi rispose, che intendeva i Principati Danubiani. Non potei

a meno di fargli osservare, che in generale parlandosi di compensi avevo cre

duto si trattasse delle provincie limitrofe alla Dalmazia come la Bosnia e l'Erze

govina. Ma egli persistette nella sua ipotesi, che non potei a meno che fargli

osservare, che renderebbe la negoziazione quasi impossibile, poiché trattel·eb

besi allora d'Austrificare provincie quasi indipendenti.

Ad ogni modo non essendo ancora alla vigilia di venir ad una determinazi0ne si progredì, e Lord Palmerston non mi celò, che la Francia avesse fatto dei passi mesi sono per far che l'Inghilterra prendesse l'iniziativa di simili propoiste a Vienna. Ma, siccome mi disse Lord Palmerston, volevan metterei avanti, ma noi non fummo così inesperti da lasciarci pe1·suadere.

Sempre quar,do trattasi di conchiudere qualche riavvicinamento con Parigi

ricomparisce la solita diffidenza, per cui nulla può combinartsi.

La visita si passò per parte mia ad incalzare e perorare e per parte del primo rl'~inistro ad encomia;:oe il sistema d'immobilità. E creda pure l'E. V., che parlando con questi Signori non infioro il mio linguaggio dicendo loro chiaro, che con quel loro sistema di nulla fare e nulla lasciar fare se li avessimo ascoltati dal 48 in poi, non saressimo neppure a Milano. Ripeto loro, che volere o no ci spingono verso la Francia, e che molti anche fra i loro aderenti qua deplorano questo

sistema d'inerzia.

Finalmente oitenni da Lord Palmerston, che quando vedrà l'Ambasciatore d'Austria aspettato da Vienna a giorni, egli gli terrebbe un linguaggio da non ]asciarlo in dubbio sul modo di pensare del Gabinetto Inglese riguardo alla Venezia.

Naturalmente questo nulla mutava al contenuto del mio telegramma redatto con precisione dopo aver visto Lcrd Ru2i3ell. Cioè, che l'Inghilterra vedendo favorevolmente l'unificazione dell'Italia coll'unione pacifica della Venezia concorrerebbe volentieri e prenderebbe in favorevole considerazione qualunque oc'casione si presentasse propizia o proposizione si combinasse per arrivare a un aggiustamento vantaggio:;o ed onorevole per tutti.

Non ,conviene illudersi. Il risultato è poca 'Cosa. Però io son di parere che anche questo risultato negativo possa avere più utilità di quanto si direbbe a prima vista.

In questo paese non si ama di vincolarsi con promesse, ma si fa generalmente poi più di quanto si era creduto.

L'aver chiamato seriamente una volta di più l'attenzione dei Ministri sulla questione Veneta li porterà ad esaminarla meglio, a pensarci sopra e vedranno forse la necessità di non lasciar tutto monopolizzare dalla Francia.

Del resto la risposta in termini precisi sarà incaricata di darla il Ministro d'Inghilterra a Torino. Quanto mi si dice essendo piuttosto confidenziale, che altro.

E probabilmente il Corriere stesso, che porterà questi miei dispacci, sarà pure latore della risposta. Credendo utile che il Cav. Nigra ne prenda conoscenza li mando a Parigi al suo indirizzo (1).

(1) Cfr. n. 428.

437

L'INCARICATO D'AFFARI AD AMBURGO, GALATERI DI GENOLA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 26. Amburgo, 27 novembre 1864 (per. il 2 dicembre).

Ho l'onore di confermare all'E. V. il mio rispettoso dispaccio n. 25, serie Confidenziale dell'8 corrente (2).

La notizia divulgatas,i qui ieri sera della rivocazione dell'ordine da Berlino a quella parte di truppe che dovevano dai Ducati rientrare nel Regno, di sospende;:e la loro marcia e di rimanere tutte ai loro posti, ha qui fatto profonda impressione e destato gravi ed esagerati timori.

Molti vedono in questo fatto un accordo fra la Prussia e l'Austria pel quale alla Prussia consentirebbe l'Austria d'incorporarsi i tre Ducati, e pel quale all'Austria 1sarebbe garantita dalla Prussia, coll'impiego nll'occorrenza dei suoi eserciti, la Venezia, che di più verrebbe dichiarata parte integrante dell'Aiemagna e come tale compresa nella Confederazione Germanica.

Taluni altri, meno numerosi, pensano che l'accordo or accennato non esista, ma che il Governo Prussinno fid;mdosi sulle tropno mDnifeste nco;Jen>iocli delle primarie Potenze Europee ad astenersi dalla guerra e ben calcolando l'impotenza attuale dell'Austria ad intraprendere una grossa guerra a calVw della Venezia e della misera sua condizione finanziaria, abbia deciso di fare da sé, e di provvedere colla forza come meglio intende ai proprii interessi. perchè l'Austria, se l'Europa non agisce, potrà bensì strepitare, protestare essa e promuovere proteste dai piccoli Stati della Confederazione, ma nulla più, fino a tanto che 300/m Italiani 1stanno pronti a cogliere la prima occasione per assaltarla.

Altri, visto lo sproporzionato numero dl truppe ;11russiane, oltre 50/m uomini, che restano ancora nei Ducati, giungono spinti dalla paura fino ad ammettere, che d'aecordo Austria e Prussia non vogliono circoscrivere ai Ducati del

«L'Ambasciatore di Francia ha egli pure avuto occasione di pa~lar coi Ministri Inc;lesi riguardo alla Venezia. E gli si è tenuto a un dipresso il medesimo linguaggio, senza tacergliche la cosa era stata esaminata in consiglio.

Egli è convinto, che qui non c'è altro ad aspettare in questa questione che inouerosità fisica e morale. Voti bensì ed anche nelle possibili conversazioni qui ed a Vienna linguaggioconforme alle dichiarazioni anteriori a noi favorevoli, linguaggio onesto e l<'ale. Ma non alfro.

Il Principe Latour d'Auvergne pure non troppo rassicurato sulle disposizioni della Rn~sia in caso ove succedesse qualche complicazione armata riguardo a Venezia •.

l'Elba la loro azione assorbente, ma spingerla ad altri Stati minori della Confederazione in guisa che la Germania venga ad essere poco meno divisa fra entrambe, l'Austria aggregandoisi principalmente gli elementi cattolici, la Prussia gli elementi protestanti.

Gli Amborghesi poi, i più meticolosi, già vedono la loro Repubblica caduta e divenuta provincia del Regno prussiano.

Tutti poi 'concordano nel <!"avvisare nel mantenimento di tanta truppa prussiana nei Ducati la determinazione del Signor Bismarck di spingere tosto anche colla forza fuori dell'Holstein i 12/m Sassoni ed Annoveresi che lo oc,cupano ed insieme con essi i due Commissari federali che nominalmente (giacchè di fatto è già la Prussia) 'presiedono all'Amministrazione di quel Ducato a nome della Dieta (1).

Io sono convinto ,che le diverse opinioni che sovra riferii, formatesi sotto la pressione della paura e dell'impreveduto sono tutte assai esagerate ed alcune affatto erronee.

Quanto a me il fatto recente, di cui si tratta, nè modifica nè cambia le previsioni che in questa ed in altra serie di corrispondenza già ebbi l'onore di esporre al Ministero, e desse riassumendole sono:

l) L'Austria, se ~ure non ha già conseguito la guarantigia del possesso della Venezia, farà i maggiori sacrifizii alla Prussia per attenerla;

2) i Ducati, salvo tstraordinarii ed impreveduti avvenimenti, apparterranno immancabilmente alla Prussia o direttamente come Provincie annesse od intieramente fuse nella monarchia, ovvero indirettamente all'ombra di un Duca spoglio di tutti i dritti più essenziali della sovranità. Il Signor Bismarck saprà vincere il resto di scrupoli del suo Re;

3) i Commissari federali e le truppe Sassoni Annoveresi od alle buone

o colla forza saranno prossimamente fatti ,partire dall'Holstein e dal Lauenborgo;

4) Amborgo ed altri piccoli Stati della Confederazione io li credo veramente in pericolo, senza dirlo, prossimissimo.

Le truppe austriache, che cominciarono il loro passaggio per Amborgo di ritorno nell'Impero il 17 'Corrente (mio dispaccio n. 79 serie politica) (2) lo conti

" Il Signor Bismark, come ebbi replicatamente a riferire al Ministero, bolle d'impazienzadi sbarazzarsi della presenza delle truppe non prussiane nei Ducati, e vedendo che le insinuazioni non bastavano a far richiamare le truppe federali dal Holstein e dal Lauenborgo arditamente mostrò la disposizione di sostenere la discussione coll'argomento dei cannoni. Fece d'ogni parte avviluppare, da grandi masse di truppe quelle relativamente deboli della Dieta acquartierate nei Ducati e collocare alle porte dei Regni di Annover e di Sassonia due divisioni complete pronte a marciare sulle Città di Annover e di Lipsia, ove l'ordine di sgombro dell'Holstein e del Lauenborgo venisse oltre ben limitato tempo ritardato da quei Sovrani alle loro truppe. A queste inoltre si faceva balenare la minaccia di disarmo e conseguente cacciata dai Ducati. Col contegno assunto il Signor Bismarck mostrò alla Dieta ben chiaramente, che il da lui consentito ritorno delle truppe federali nella piazza di Rendsborgo, dalla quale erano state espulse, non significava una soddisfazione d'onore data dalla Prussia alle armi Sassoni, Annoveresi, ma piuttosto un'amara derisione di esse.

L'Austria vitalmente interessata a far argine all'ambizione prussiana avrebbe voluto muoversi in appoggio dei conculcati piccoli Stati della Confederazione, ma la gamba incancrenita, che gravita sulla Venezia, forzolla all'immobilità ed a rimanere spettatrice passiva delle intraprese della sua rivale. Anzi, io credo, che l'Austria si sente imbarazzata assai dei suoi 5/m uomini lanciati nei Ducati a fronte dell'assai più numeroso esercito prussiano, e che la stessa stia meditando al modo di contestare dirimpetto all'Alemagna il richiamo altresì di quei suoi 5/m uomini che là tengono una posizione troppo secondaria e per nulla brillante •.

nuarono senza interruzione giorno e notte, di modo che di elsse rimarranno attualmente nello Schleswig poco più di 5.000 uomini. V. E. saprà che la cifra delle truppe Austriache e prussiane ·che doveva rimanere nei Ducati fino alla definizione dellà loro sorte era di comune accordo fra le due Potenze stata fissata di 5/m uomini pell'Austria e di 20/m per la Prussia. Ora invece, ove l'ordine di ritorno in patria non venga ridonato, rimarrebbero invece nello Schleswig oltre 50/m uomini di soli Prussiani ed è per questa esorbitanza di forze militari che si sollevarono le apprensioni che or ora riferii.

Non telegrafai perchè da Berlino io senza dubbio sarei stato prevenuto epperciò avrei fatto inutile spesa, non iscrivo in cifra perchè di cose oramai argomento di pubblica conversazione. Volli soltanto ragguagliare dei giudizi e delle impressioni sul luogo di mia residenza.

(1) Cfr. il seguente brano del R. confidenziale 52 di d'Azeglio del 28 novembre:

(2) Cfr. n. 393.

(1) Cfr. il seguente brano del R. confidenziale 27 di Galateri del 3 dicembre:

(2) Non pubblicato.

438

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 968. Carlsruhe, 29 novembre 1864, ore 16,05 (per. ore 19).

Autriche vient de représenter à Berlin nécessité faire cesser au plus tòt état provisoire dans les duchés et proclamer Due d'Augustenbourg, se déclarant prete au besoin à faire proposition formelle à la Diète à ce sujet.

Roggenbach déplore cette politique qui peut pousser M. de Bismarck à jouer son va-tout annexionniste et en craint polittque et territorial lsicl pour états secondaires allemands. Reçu dépeche réservée du 24 (1) tàcherai assumer informations manière indiquée. Ministre de Wurtemberg hostile jusqu'ici. Reine toute puissante Stuttgart où l'entremise russe très utile.

439

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E lVIINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 466. Torino, 29 novembre 1864, ore 21,50.

Comité romain avertit le préfet de Rieti que Chevalier Delellis parti de Rome pour Paris avec mission légitimiste seerète; il s'agirait mouvement révolutionnaire contre ordre choses actuel en France.

407'

(1) Cfr. n. 423.

440

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 74. Berlino, 29 novembre 1864 (per. il 3 dicembre).

Je suis de retour à Berlin depuis le 25 courant au soir.

En reprenant ma correispondance, je me plais à faire mention honorable du Comte Rati Opizzoni qui, ainsi que j'ai déjà pu le constater, a su se concilier ici, durant mon absence, les suffrages du Gouvernement Prussien, et de ses collègues. C'est du meilleur augure pour la manière dont il s'acquittera de ses fonctions dans le nouveau poste qui lui a été réservé par V. E.

J'ai trouvé la situation intérieure en Prusse à peu près la meme que je l'avais laissée lors de mon départ, il y a deux mois et demi. Le Gouvernement, malgré ses succès vis-à-vis du Danemark, n'a pas réussi à faire triompher un seui de ses candidats dans les élections partielles. L'opposition, tout en se réjouiissant au point de vue patriotique, des victoires de l'armée et des chances d'un agrandissement territorial, pers1ste à condamner les tendances de M. de Bismark qui ne seraient autres, à son avis, que d'étouffer la liberté sous le poids des lauriers militaires. Aussi la Chambre des députés restera-t-elle unie et compacte contre le Ministère, absolument comme dans la session précédente.

Quant aux relations extérieures de ce pays, la situation a peu varié aussi, sauf que l'Angleterre indique assez clairement l'intention de se rapprocher davantage de la Prusse. La question du Danemark ne les sépare plus. Le Gouvernement Britannique qui comptait jusqu'ici sur l'alliance autrichienne, trouverait aujourd'hui, m'a'ssure-t-on, qu'elle ne lui suffit pas pour contrebalancer l'influence française sur le continent.

Le rétablissement de meilleurs rapports avec la Grande Bretagne, ne contribuira guère à modérer les allures de M. de Bismark. Il n'y va pas déjà de main morte. La Saxe et le Hanovre se refusant à évacuer le Holstein et le Lauenbourg, ordre a été donné aux troupes prussiennes dans les Duchés de suspendre leur départ, et aux corps déjà rentrés de rester concentrés à Minden et près de Berlin, ,positions d'où ils menacent Hanovre et Leipzig. Un ultimatum a été adressé aux Cabinets Saxon et Hanovrien. On croit assez généralement que les deux Gouvernements protesteront pour la forme, mais céderont sans coup férir. Et une fois de plus M. de Bismark aura gain de cause.

Il est évident que ces coups portés aux Etats moyens. de l'Allemagne ces anciens et fidèles alliés de l'Autriche, il est évident, dis-je, que ces coups retombent sur le Cabinet de Vienne. Pourquoi les endure-t-il? Je ne trouve d'autre explication que celle-ci. N'étant pas en mesure de relever le gant vu le mauvais état de ses finances et parce qu'i,l craindrait en cas de guerre des soulèvemens à l'intérieur, entre deux inconvénients il choisit le moindre. Il se flatte d'ailleurs qu'en compensation de tous les désagrémens qu'il subit de la part de son frère

d'armes, celui-ci, à son tour, lui viendrait en aide si jamais la maison de Habsbourg, comme en 1859, avait une grande lutte à soutenir. Le Premier Ministre du Roi Guillaume exploite la situation. Ainsi il laisse

croire à Vienne, je le tiens d'a:ssez bonne sour,ce, que ~la Convention francoitalienne du 15 septembre n'a sa raison d'etre que dans une entente secrète contre l'Autriche. On veut lui persuader que c'est rpour elle une condition d'existence que de marcher d'accord avec la Prusise. En cas de danger réel, l'Autriche pourrait-elle compter sur un appui efficace du ,còté de son ancienne rivale?

Aujourd'hui je serais presque enclin à répondre oui, vu l'entente morale qui gìt au fond de la situation entre les Cours du Nord. Mais les circonstances peuvent se modifier, et l'affirmation de la veille devenir une négation pour le lendemain. Quoiqu'il en soit, pour le moment du moins l'Autriche compterait éventuellement sur un tel appui, et c'est pour se le ménager de plus en plus qu'elle se montrerait, malgré de nombreux déboires, si accomodante, si humble meme vis-à-vis de la Prusse.

En attendant M. de Bismark fort des sympathies de la Russie, des meilleures dis,positions de l'Angleterre, et des embarras de l'Autriche, vise toujours à l'annexion non seulement du Lauenbourg, mais aussi du Schleswig-Holstein. Pour en venir à ses fins, il cherchera à rprolonger l'occupation de ces territoires, et à écarter en meme temps de l'ordre du jour de la Diète Germanique, la question de succession. S'il réussit à incorporer ce:s pays, la Prusse dominera le Nord de l'Allemagne. Les villes Anséatiques, et partant la majeure partie du commerce maritime, seront sous sa dépendance. C'est-à-dire que l'Autriche serait alors évincée, comme influence, jusqu'à la ligne du Main, et que la suprématie prussienne s'exercerait sans partage.

Il faudrait encore, il est vrai, l'assentiment de la France. On le dit assuré pour l'annexion du Lauenbourg. Pour le Schleswig-Holstein l'Empereur Napoléon aurait laissé entrevoir des objections. Mais la Prusse, au dire de quelques personnes dont je ne garantis point les assertions, serait dispo1sée en échange des duchés à céder vers le Rhin certains districts houillers vivement convoités par la France parce que leur possession l'affranchirait, pour cet article si important, du rnarché anglais.

Si tels sont les plans de M. de Bismark, il faut se dire que l'imprévoyance du Cabinet Autricien ne var,ie pas que ,son Ministre des Affaires Etrangères se nomme Metternich, Buoi, Rechberg ou Mensdorff. En voulant conserver et défendre à la fois ses positions en Italie et en Allemagne, positions qui se nuisent mutuellement en partageant trop l'attention et les forces de l'Autriche, elle s'expose dans un terme plus ou moins éloigné à les perdre toutes deux. Or la Vénétie est bien moins importante pour elle, que ses intérets séculaires et traditionnels au sein de la Confédération Germanique.

N'ayant pas encore reçu de réponse de V. E. à la question que j'ai eu l'honneur de lui adresser à deux reprises déjà, je ne puis, quelque soit mon de~ir, me présenter au Ministre des Affaires Etrangèrels.

441

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora)

L. P. R. Parigi, 29 novembre 1864.

Le scrissi per telegrafo sull'affare La Gala e soci. Ora le mando qui uniti due telegrammi relativi allo scambio della corrispondenza avvenuta un anno fa tra il Re e l'Imperatore (1). La questione è in questi termini precisi che non bisogna .confondere:

I cinque briganti arrestati sull'Aunis a Genova sono rimessi alla Francia per via di terra e detenuti a Chambéry, finché sia dato corso alla domanda d'estradizione;

La Legazione del Re a Parigi domanda l'estradizione; Il Governo francese l'accorda e i briganti sono restituiti alle autorità italiane per la via del Cenisio.

Le condizioni della prima consegna alle autorità francesi, e quelle della seconda consegna alle autorità italiane sono chiaramente indicate nella corris.pondenza scambiatasi tra i due Governi, di cui parte fu pubblicata e parte no. È utile ch'Ella consulti tutta questa corrispondenza e la faccia leggere al Guardasigilli. Essa si compone dei seguenti documenti: dispacci miei 14 luglio 1863; 15 'luglio, 17 luglio; dispaccio Visconti 19 luglio; dispacci miei 21 luglio, 21 luglio; quest'ultimo diretto al Signor Drouyn de Lhuys contiene la domanda di estradizione; 8 agosto; 20 agosto a Drouyn de Lhuys; dispaccio di Drouyn de Lhuys alla Legazione 9 settembre; risposta 10 settembre; dispaccio della Legazione al Ministero del 20 ottobre (2).

All'infuori di questa che può chiamarsi soluzione ufficiale della questione, v'è la formale promessa del Re di commutar la pena capitale; promessa che fu data e chiesta direttamente, e senza intervento della Legazione.

Le mando qui uniti i dispacci di Azeglio che ho letto. Non ho nulla da aggiungere a quanto le .scrissi in proposito. ASPetterò le di lei istruzioni, quando avrà letto i dispacci di Azeglio, e quando avrà interrogato Pasolini, da cui Ella può avere su questi progetti delle informazioni molto utili.

442

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

T. 467. Torino, 30 novembre 1864, ore 14,30.

Conseil des ministres a confirmé instructions du mintstère précédent à l'égard protocole et convention. Vous pouvez donc signer si M. de Bismarck en reprend l'initiative.

(1) -Cfr. Serie, I, vol. IV, n. 166. (2) -Cfr. Serie I, vol. IV, nn. 14, 18. 31, 40 e 222.
443

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

T. 469. Torino, l dicembre 1864, ore 13,35.

Venu au ministère sans connaìtre antécédents entre Bulwer et Caracciolo, avais destiné celui-ci à Constantinople. Elliot m'ayant rep:résenté cette destination comme désagréable Angleter:re, je me suis empressé de la retirer. Vous le ferez sentir à l'occasion au Gouvernement anglais (1).

444

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

T. 470. Torino, 2 dicembre 1864, ore 20.

Je ne doute pas que vous ne sachiez tirer ,parti de l'autorisation que le Gouvernement vous a envoyée de signer le protocole commerciai pour vous assurer que la Prusse n'ait pas pris récemment envens l'Autriche des engagements qui nous soient nuisibles.

445

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 53. Londra. 2 dicembre 1864 (per. il 7).

Jeri avendomi Lord Russell scritto che desiderava vedermi, gli presentai entrando da lui il D~spaccio di V. E. del 26 novembre ultimo n. 18 Gabinetto relativo alle dichiarazioni dell'Incaricato Inglese a Costantinopoli riguardo al Libano (2). Lo le.Sise e se ne dichiarò assai soddisfatto. Quindi con qualche esitazione passò a far parola di quanto già scrissi a V. E. per avermelo detto Lord Palmerston rigua:rdo alla deliberazione del Consiglio dei Ministri !Sulla questione Veneta. Esordì dicendo di temere che V. E. come pure gl'Italiani in generale si lusingassero sulla parte che attualmente potea prendere il Governo Inglese nel risolvere questa questione. Definì quanto erasi deliberato in Consiglio e che non ripeterò per brevità.

Gli risposi che , dal canto suo, non s'illudesse sul nostro lusingarci tanto di collaborazione Inglese. Che sicuramente ad ogni modo la mia corrispondenza ultima non lasciava nessun dubbio sulla loro inoperosità. Gli dissi in sommi capi quanto contenevano i miei Rapporti a V. E. non celandogli che avevo condannato la politica ~'immobilità che l'Inghilterra aveva adottata in massima. .:'via di questa, e precisamente nella questione Veneta, io non l'addebitavo lui personalmente, Lord Russell, poichè dalle sue dichiarazioni in varie circostanze sapevo come la pensasse, e dovevo riconoscere che avevo più fede nel suo modo di vedere che in quello dello stesso Lord Palmerston.

Questo linguaggio m'accorsi andargli a genio e a varie riprese nella conversazione egli lasciò travedere che, benchè legato dalle opinioni dei suoi Colleghi in Consiglio, egli non era persuaso che &vessero rngione e che non si fosse fatto meglio di far qualcosa.

Mentre ncn nascondevo il biasimo, dissi a Mylord che però avevo naturalmente riconosciuto anche il buon lato della questione: quello cioè, che essi Ministri Inglesi agivano più di quanto avessero promesso. Inoltre affermai che ripetutamente avevo avuto cura di notare che essi ad ogni modo asserivano l'opportunità deìl'unione d'Italia e sopratutto con vie pacifiche. Ma solamente non credevano il momento-venuto per parlare a Vienna.

Non omisi di fargli osservare ·che, se avessimo asl_)et::::to che il momento venisse a parer loro, quanto dal 1843 in poi saremmo noi stessi rimasti in quella loro P"'e3.iletta immobilità! E non potè che sorridere e non negare.

Tornai a carico sul nullificarsl dell'Inghilterra in Italia, e ne dicessero il loro ~nca culpa.

l:or::l l-\u:s2ll n1}_ provG d;:-:_1 suo linguélggio che nel Consiglio era,;i l)I"e::a in considerazione la questione del cambiamento territoriale coi Principati Danubiani. Anzi mantenere la preferenza per questi contro all'Erzegovina e alla Bosnia, locchè mi fece dire ridendo che non dubitavo, visto le loro antipatie per il Principe Couz:J, che non avessero caro di sbrigarsene. Ma che questo non faciliterebbe la negoziazione. Però egli mi dimostrò che il Principe sentendosi mal sicuro sul suo trono, a"'''c',terel:-be una ricca posizione indipendente che avrebbe a godersi a Parigi; mentre ai suoi sudditi si assicuravano certi vantaggi in un modo permanente, anch'essi avrebbero potuto dare pienamente nel Plebiscito. Anzi disse d'averne discot50 con l'Ambasciatore Turco, il Mussurus, il quale aveva bensì parlato della difficoltà di cedere una popolazione così numerosa, ma però senza mettere le cose quasi fos1sero impossibili. Andò più oltre e ci consigliò di far qualche grossa offerta di danaro alla Turchia per vedere se quel primo passo non potesse portarsi a buon punto.

Riconobbe che l'ostacolo principale veniva dall'Austria e che gli altri si sottometterebbero. Non fece nemmeno grande difficoltà a ammettere che in fondo la Francia e l'Italia sarebbero in condizioni meno favorevoli dell'Inghilter,ra per parlare a Vienna. Ma allegò il parere del ConJsiglio dei Ministri. Gli domandai almeno, se la Francia avesse promesso d'appoggiare una prima demwcia dell'Inghilterra se credeva che allora egli avrebbe potuto parlare. Esitò un momento e poi disse di no; che nemmeno questo impegno potea prendere.

41 "l

'""

Terminai dicendogli quanto avevo scritto a V.E., cioè, che il risultato attenutosi da noi in queste ultime conversazioni era molto minuscolo. Ma avea due vantaggi positivi: l'uno di mantener vivo il fuoco sacro; l'altro d'impedire la loro infingardaggine d'aver la scusa che non gli avevamo chiesto d'agire. E questo è positivo. Anche con un risultato negativo egli è importante che questa questione Veneta si mantenga viva, si discuta dall'opinione pubblica nell'Areopago Europeo. Gli animi vi si abituano e potrà venire il tempo in cui simili esordi potranno aver preparato le soluzioni. E già vedo la lega Austro-Prussiana in grande pericolo di naufragare. Locché proverebbe forse a favore delle dilazioni. Ma certamente che si deve tener conto dell'azione del tempo, benché non escludendo il 1saper cogliere l'opportunità con coraggio.

L'Ambasdatore di Francia che vidi oggi fu dell'istesso parere di me sulle disposizioni di Lord Russell personalmente. Da quanto pare, egli avrebbe in via privata scritto a Parigi onde presentire il Gabinetto Francese sull'idea del cambio dei Principati Danubiani. E la risposta è stata favorevole al progetto. Rimane a definirsi chi deve parlare a Vienna (1).

(1) -La scelta di Caracciolo come ministro a Costantinopoli non era stata accolta favorevolmente neanche dalla Turchia. Cfr. il seguente brano dl una l. p. 17 novembre di Blanc ad Artom: < Aali Pacha ha dichiarato che la destinazione di Caracciolo era poco graditaal governo ottomano. Il Generale si accorge ora di aver fatto una cattiva scelta. Ma Carac\. ciolo, per parte sua, voleva assolutamente rientrare in attività •. (2) -Cfr. n. 430.
446

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 159/70. Londra, 2 dicembre 1864 (per. il 7).

In conformità di quanto V.E. mi prescriveva col dispaccio N. 17 Gabinetto (2), di cui mi pregio segnarle ricevuta, ho cercato farmi un'idea delle opinioni Inglesi circa l'affare di Tunisi, ma non ho saputo distinguere nulla di molto preciso.

N e scrissi due righe in particolare a Lord Rus1sell il quale nell'istessa guisa mi rispose, che non intendevano affatto il modo di procedere del Console di Francia a Tunisi, nel cercar di impedire colla forza, che l'Inviato del Bey si recasse a Costantinopoli. Il Bey rappresentò al Console Austriaco ed a quello di S.lVL Britannica, che tanto lui quanto i suoi predecessori avevano costantemente conservato l'uso di spedire delle Mi,ssioni al Sultano, che è tuttora considerato dai Mussulmani come il loro gran Califfo, e che per conseguenza egli era in dovere di mantenere questa consuetudine. S.S. mi aggiungeva quindi, che l'Inghilterra non desiderava altro, che veder a conservarsi le relazioni eshtenti fra la Porta Ottomana ed il Bey, e che dalle ultime dichiarazioni del Signor Drouyn de Lhuys appariva che tali pure fossero le idee del Governo Francese.

Quando jeri vidi Lord Russell egli mi ripetè lo stesso, aggiungendo, che Lord Cowley dovea parlarne con Drouyn de Lhuys e forse coll'Imperatore. Ma che si desiderava solo il mantenimento dello statu quo tra Costantinopoli e Tunisi.

Lord Palmerston invece fu più esplicito e più vivo nel suo linguaggio.

Egli mi disse in poche parole, che il Console Francese a Tunisi aveva ammesso al Console ed all'ammiraglio Inglese, che la Francia non poteva tollerare una completa libertà d'azione per parte del Bey, ma voler avere una preponderanza quasi un vassallaggio.

Naturalmente il giudizio di Lord Palmerston su queste prepotenze V.E. se lo potrà immaginare. Penso, che per ora la cosa si limiterà a domandare schiarimenti a Parigi, i quali verranno forniti in linguaggio di circostanza e ,così le ,cose andranno finché

o si richiami il Signor Beauval ammettendo così i suoi torti e un cambiamento di politica, o succeda quailche altro sconquasso.

(1) -Cfr. il R. Confidenziale 54 del 6 aiCembre, non pubblicato, che riferisce colloqui di Azeglio con Clarendon e Bloomfield circa la questione veneta. (2) -Cfr. n. 422.
447

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 80. Torino, 3 dicembre 1864.

Com'Ella avrà già appreso dai giornali la Corte d'Assise in Napoli, con deliberazione del 19 Marzo di quest'anno ha pronunziato la sua sentenza nella causa crimina~e contro i briganti de' quali si era chiesta ed ottenuta l'estradizione dal Governo francese.

Furono ,condannati i fratelli Cipriano e Giona La Gala alla pena di morte, Domenico Papa ai lavori forzati a vita, Giovanni d'Avanzo ai lavori forzati per 20 anni.

I condannati alla pena capitale hanno ricorso in cassazione ed il 16 del corrente mese tsarà trattata la causa.

Ella prevede, Signor Cavaliere, quanto sia poco probabile che la Corte Suprema cassi la sentenza della Corte di Assise, e perciò fra pochi giorni la giustizia umana avrà pronunziata la sua ultima parola.

Il R. Governo allora va a trovarsi nella più difficile posizione. Da una parte la pubblica indignazione aspetta con impazienza di veder cadere su questi criminosi individui il meritato castigo; dall'altra gli impegni eventuali presi da

S.M. verrso l'Imperatore di far grazia della vita ai condannati obbligano il Ministero per coprire il Re colla loro responsabilità a mettersi in lotta aperta colla pubblica aspettazione. L'inevitabile pubblicità data al ,processo di questi colpevoli ha destato nell'animo delle popolazioni un sentimento di orrore, ed il giorno in cui si saprà che il Re ha fatto uso della più preziosa prerogativa della Corona per graziare individui ,che per la loro inumanità si sono messi fuori di ogni legge, il Ministero immerso tuttora in ogni sorta di difficoltà avrà nuove e dure prove a subire, a scapito di quel prestigio che gli è tanto necessario in

questi momenti per mantenere l'ordine interno ed eseguire fedelmente altri impegni recentemente contratti colla Francia.

S.M. l'Imperatore nel ·chiedere anticipatamente al Re la grazia di coloro che potessero essere condannati alla pena capitale fu mosso da un sentimento d'umanità che ben si ·capisce in un ·cuore generoso, e S.M. il Re nell'impegnare la sua parola rese omaggio a questo stesso 'sentimento, ma il corso del ;processo rivelò delitti contro ogni senso di natura che certamente l'Imperatore non potea neanco supporre.

Le mando qui unita una memoria scritta dal Procuratore Generale di S.M. e la prego a leggerla attentamente facendone un breve estratto onde potersene valere presso l'Imperatore, al quale Ella procurerà di rappresentare la vera situazione delle cose.

Prima di tutto dirà all'Imperatore che qualora non credesse egli dover sciogliere S.M. dalla parola data, la grazia del1a vita sarebbe immediatamente accordata e qualunque .considevazione politica non avrebbe il menomo peso nella bilancia delle nostre decisioni; ma vorrà aggiungere che il Ministero si esporrebbe anche in faccia ai più moderati ad una tale impopolarità che la sua influenza potrebbe venirne compromessa.

Affinché il R. Governo possa •resistere ai partiti estremi collegati in questi momenti a danno del nostro paese e dahla pace generale fa d'uopo ch'esso sia forte; ora è innegabile che la grazia accordata ai fratelli La Gala sarebbe una forte scossa al principio di autorità.

Senza questa profonda ·convinzione noi d asterremmo dal chiedere all'Imperatore di ·seioglierci da un impegno ·cui saremmo lieti di soddisfare sotto altre circostanze ed in contingenze meno rischiose.

448

L'INCARICATO D AFFARI A MADRID, CAVALCHINI GAROFOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 40. Madrid, 3 dicembre 1864.

Nella Gazzetta Ufficiale di Madrid del l" del corrente mese si pubblicarono per cura del Ministero di Stato i nomi dei Consoli esteri che ottennero ultimamente dalla Regina il sovrano exequatur. Fra questi incontrai il nome del Signor De La Revilla, nominato dal R. Governo console in Santander, e per quale io aveva chiesto non già l'exequatur, ma ordini soltanto perché potesse esercitare il suo •impiego. Oltre a questa inesattezza osservai che veniva qualificato come Console di Sardegna. Non Cl'edetti dover lasciare passare queste due circostanze 1senza rivolgere alcune osservazioni al Signor Ministro di Stato, protestando principalmente .contro la parola Sardegna posta per definire la nazione rappresentata dal Signor Revilla, parola che non significa che una provincia del Regno di S.M. il Re Vittorio Emanuele II e che per accordo di ambo i paesi non doveva essere usata.

II Signor Llorente si mostrò spiacente di questo errore commesso, e mi dichiarò esservi completamente estraneo. Quindi, fatto venire a sé il Direttore dei Consolati gli chiese spiegazione dell'inserzione posta nel giornale per la quale io reclamava. Il Signor Assensi scusossi egli pure, mettendo la colpa sopra d'un impiegato subalterno, cui però egli aveva prevenuto di non porre nel giornale la nomina del Signor Revilla e che per inavvertenza non aveva fatto conto della sua raccomandazione.

Il Signor Ministro mi offerse allora di fare inserire un'altra volta l'articolo colla definizione di Console di S.M. il Re Vittorio Emanuele, oppure di dichiarare inesatto l'articolo menzionato facendolo ripubblicare senza il nome del Signor Revilla.

Avendo io osservato il desiderio del Signor Llorente di compiacermi ed il disgusto cagionato al Signor Direttore come pure al Sotto Direttore dei Consolati, dichiarai che mi contentavo delle spiegazioni ricevute, e che solo speravo che fosse l'ultima volta ·che la parola Sardegna si applicasse per definire un Agente del Governo d'Italia.

Credo mio dovere d'informare V.E. di questo incidente, e spero che il mio operato incontrerà la di Lei approvazione.

449

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 88. Compiègne, 4 dicembre 1864 (per. il 7).

S.E. il Signor Drouyn de Lhuys essendo venuto a Compiègne per assistere al Consiglio dei Ministri, approfittai di questa circostanza per avere con lui una conversazione sugli affari di Tunisi.

Senza approvare la condotta tenuta dal Signor Di Beauval in occasione della partenza d'un Inviato Tunisino in missione preo;so la Porta, il Ministro Imperiale degli Esteri mi disse non essergli giunta finora, e non credere che gli giunga alcuna domanda di spiegazioni da parte dell'Inghilterra su questo proposito. S.E. mi confermò d'altronde quanto mi disse altra volta su questo argomento, doè che il Governo Francese intende rsolo impedire che a poco a poco Tunisi ricada come Tripoli sotto' la sovranità della Porta, ma che per altro non nega al Bey il diritto di mantenere colla Turchia rapporti regolari e di spedire a Costantinopoli missioni officiali e straordinarie (1).

(1) Con R. 91 dell'li dicembre Nigra attirò l'attenzione di La Marmora su un articolo del Constitutionnel del giorno precedente sulla questione tunisina, evidentemente ispirato dal Ministero degli Esteri Francese, di contenuto analogo a quello del presente rapporto.

450

IL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 974. Francoforte, 5 dicembre 1864, ore 20 (per. ore 21).

Aujourd'hui, par neuf voix contre six, Diète a accepté proposition collective de la Prusse et de l'Autriche portant fin de l'exécution et retraite des troupes fédérales dans le Holstein. Grand succès ·pour la politique prussienne et nouvelle preuve du maintien de 1son entente avec Autriche.

451

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 975. Berlino,.......... (per. ore 21 del 5 dicembre 1864).

Dans ce dernier incident à Francfort il y a eu ·transaction. Autriche a cédé moins dans le fond que dans la forme, il est meme manifeste chez Elle commencement résistance à la Prusse. D'a:près leur attitude réciproque dans les phases ultérieures de la question des Duchés, les grandes puissances germaniques nous donne-ront mieux la mesure de leur alliance. En attendant ministre· d'Angleterre ne croit pas à une garantie de la Venise. Ministre de France est moins positif dans ses dénégations, ·comme moi il attend pour se prononcer avec quelque certitude que la situation se développe davantage. Ministre de Prusse à Vienne m'a dit hier que l'Autriche n'avait jamais songé à une reconnaissance du statu quo en Italie, il confirmait nouvelle d'une réduction de 50 mille hommes dans l'armée impériale à Rome. L~angage du représantant Autrichien est plut6t favorable à la convention du 15 septembre.

452

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (Ed. in LV8, pp. 119-121)

D. 81. Torino, 5 dicembre 1864.

Col dispaccio del 9 Giugno p.p. N. 49 (Gabinetto) (1) Le fu fatta conoscere la determinazione presa dal R. Governo di ~consegnare al Governo Pontificio per mezzo delle Autorità militari francesi i detenuti neHe ca,rceri italiane, che fossero oriundi delle provincie ancor soggette alla Santa Sede. Questa misura essendo stata tradotta ad effetto, il Governo Pontificio ebbe a sua volta ad espri

mere al Governo Imperiale il desiderio di giovarsi della reciprocità facendo consegnare per mezzo delle Autorità francesi alle Autorità nostre i detenuti, rei di delitti comuni, che fossero oriundi delle provincie annesse, e che si trovassero nelle carceri papaline. Il R. Governo acconsentì a siffatto temperamento, e si stanno ora concertando coll'intermezzo del Signor Barone di Malaret il tempo ed il modo della consegna. * Intanto nella seduta del 2.4 corrente della Camera dei Deputati, il Signor Bellazzi avendomi interpellato circa la consegna dei detenuti pontificii, che alcuni giornali avevano erroneamente asserito già esserci stata fatta dal Governo di Roma, fu ricordato che * (1) nelle prigioni pontificie ancor rimangono non pochi Italiani nativi di provincie passate sotto il dominio del Re, e che all'epoca degli avvenimenti del 1859-60 già espiavano condanne riportate •per delitti politici. * Dopo aver esposto le ragioni per cui si era addivenuto alla reciproca consegna dei detenuti oriundi delle provincie attualmente soggette ai rispettivi dominii, dichiarai in ordine ai detenuti politici, ed il Parlamento prese atto delle mie dichiarazioni, che *essi erano sempre stati oggetto di speciale sollecitudine pel R. Governo, che non avrebbe tralasciato, nei limiti del possibile, di cercar modo di attenerne l.a liberazione. Ella 1si rammenta difatti il dispaccio che il Barone Ricasoli ebbe. a dirigerle in data del 7 marzo 1862 (2), senza che si sia allora ottenuto alcun risultato. Ma ora che il fatto della reciproca consegna implica, secondochè confessa lo stesso Signor Drouyn de Lhuys in un suo dispaccio al Signor di Malaret in data 3 settembre 1864 il riconoscimento per parte dei due Governi del principio del reciproco scambio dei detenuti per reati comuni a seconda della loro origine, riescirebbe difficile di giustificare l'eccezione che si farebbe a danno dei detenuti politici, ove essi non fossero pure compresi nella restituzione. Difatti senza voler argomentare dal fatto della consegna offertaci dal Governo Pontificio il riconoscimento della Sovranità del Re sulle provincie che hanno cessato di appartenere alla S. Sede, è pur forza ammettere che l'unico fondamento giuridico di siffatta quasi estradizione si è l'esistenza, ammessa anche dal Governo Pontificio, di un cambiamento territoriale, il quale se è giudicato dover dar luogo a scambio di malfattori, deve a maggior ragione valere pei detenuti politici.

Il Governo Imperiale riconoscerà, ne sono convinto, le ragioni di umanità e di alta convenienza che militano, dopo la consegna dei detenuti per reati comuni, per la consegna altresì dei detenuti politici. Ed io mi lusingo che il Governo dell'Imperatore non avrà alcuna difficoltà a rivolgere appositi officii al Governo Pontificio, e che questo sarà per consentire alla nostra richiesta.

'' Segnandole ricevuta del .rapporto N. 86, Politico (3), del 26 novembre p.p.... *.

(1) Non pubblicato.

(1) -I brani fra asterischi sono omessi in LV 8. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. n. 432.
453

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 89. Parigi, 5 dicembre 1864 (per. il 7).

Giusta le istruzioni datemi da V.E. ho comunicato al Signor Drouyn de Lhuys la dichiarazione fatta da Lord John Russell alla Porta che l'Ambasciatore Inglese si sarebbe d'ora in poi astenuto dall'intervenire alle Conferenze per gli affari della Siria qualora si facesse opposizione alla partecipazione della Italia alle conferenze suddette.

Il Ministro Imperiale degli Esteri ascoltò con interesse questa comunicazione. Egli mi disse che la Francia aveva sempre appoggiato la nOistra domanda d'intervento negli affari di Siria: che non credeva di poter prendere anticipatamente un impegno assoluto di non partecipare alle Conferenze nel caso da me indicato; ma che la Francia non avrebbe cessato d'in_sistere presso il Governo Ottomano affinché si facesse diritto alle nostre reclamazioni.

454

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 75. Berlino, 5 dicembre 1864 (per. il 9).

La proposition de l'Autriche et de la Prusse à la Diète Germanique, ayant pour but de mettre fin à l'exécution fédérale dans le HoLstein par le rappel des contingents Saxons et Hanovriens, proposition qui sera adoptée aujourd'hui à la majorité des voix, écarte un incident qui pouvait amener de sérieuses complications.

M. de Bismarck voulait tout d'abord procéder à des mesures extrèmes et passer outre sans le concours de l'assemblée de Francfort. L'Autriche a décliné de le suivre dans cette voie; mais elle admet que le candidat à la Souveraineté des Duchés de l'Elbe doive se soumettre à de certaines conditions exigées par la Prusse: conventions militaire et commerciale; port de Kiel; constitution politique qui ne soit pas inspirée par des tendances ultralibérales.

A son tour, le Cabinet de Berlin s'engage à négocier sur la question de succession dans le Schleswig-Holstein.

Cet arrangement a donc le caractère d'une transaction. L'alliance AustroPrussienne a pu encore traverser cette crise. Il est impossible cependant qu'au fond de l'àme M. de Bismarck ne soit pas frois:sé d'avoir rencontré à Vienne un commencement de résistance, et de n'avoir remporté qu'un demi-succès. Il doit lui en couter après avoir ·caressé des projets d'annexion, de les voir relégués à l'arrière-plan, et d'en ètre réduit au minimum de piacer sous son vasselage le futur Souverain du Schleswig-Holstein. Aussi, à mon avis, sa résignation n'estelle qu'apparente. Il s'en faut de beaucoup que la situation se soit simplifiée. Les difficultés essentielles renaìtront à chaque pas aussi longtemps que le sort cles Duchés n'aura pas été définitivement réglé. L'engagement de tl·aiter sur la question de succession a été ,pris, sans dire avec qui. Or il est à prévoir que' d'ici on admettra tout au plus la compétence de la Confédération pour le Holstein qui en fait partie après comme avant la cesslon du Roi de Danemark. Mais le Schleswig est dans une toute autre positio21. La Prusse et l'Autriche en ont acquis la propriété par droit de conquéte, et par un droit conventionnel inscrit dans le Traité de paix. C'est à ces deux Puissances qu'il appartient de prendre une décision, sauf à la soumettre, si elles le jugent à propos, à la Diète Germanique. C'est ~ur ce terrain que se placerait M. de Bi:smarck pour prolonger la discussion. Il espère avoir raison des moyens et petits Etats de l'Allemagne. Il se flaiterait en méme temps que le Comte de Mensdorff, moins accommodant que le Comte de Rechberg, finira par comprendre que l'Autriche, à moins de s'expaòer à de graves dangers, devra porter des sacrifices en faveur de la Prusse.

Il est intéressant de suivre de près les rapports entre ces deux Puissances. Leur aWtude dans les différentes phase.:; de la question des Duchés, nous donnera la mesure du degré de confiance qu'il faut preter aux bruits de garantie de la Vénétie. S·l l'opposition qui commence à se manifester chez le Comte de Mensdorff contre les plans ambitieux de M. de Bismarck, grandit, nous aurons un indice qn'il n'existe pas d'accords secrets entre Vienne et Berlin. Si, au contraire, la Prusse en fin de cause rctirait à elle seule de la guerre contre le Danemark, cles avantages achetés au prix de la condescendance de l'Autriche, au prix des intérets Allemands sacrifiés au profit de la Maison de Hohenzollern, il y aurait alors de fortes présomptions que l'alliance a été scellée sous des conditions nui.sil:>les à l'Italie.

Au reste, rien de plus difficile que d'établir ou de nier l'existence d'un Traité secret. A défaut de preuves matérielles, je ne parle pas des déclarations officielle!3 dont la sincérité ne peut ètre •constatée, ,ce n'est qu'à l'aide du bon sens et de la raison qu'il est donné de se guider dans ses appréciations. Je dirai seulement que tant que les troupes alliées resteront cantonnées cote à cote dans les Duchés de l'Elbe, la garantie git dans la situation meme des choses, sans qu'il soit nécessaire de la stipuler par écrit. Autrement le Comte de Mensdorff aurait été moins hautain dans ses déclarations au Reichsrath relativement à l'Italie.

Depuis la réception du télégramme de V. E. du 30 Novembre (1), j'ai déjà

fait deux démarches pour etre admis à voir le Ministre des Affaires Etrangères.

J'attends encore une réponse.

Le Comte Rati Opizzoni part ce soir avec le Courrier Villa, pour se rendre

à Francfort selon les ordres du Ministère. Ce courrier de Cabinet est arrivé

ici ce matin. Je ne lui confie pas mon expédition de ce jour pour éviter qu'elle

ne fasse de trop longues étappes à Francfort, à Carlsruhe et à Paris.

Je travaille de mon mieux pour opérer mon transfert de capitale à St. Pétersbourg. Mais, ·comme je l'avais prévu, je ne serai guère ,pret avant la miJanvier. Devant e~pédier moi-meme toute la corre.spondance de la Légation, faire et recevoir des visites, il ne me reste souvent dans une journée pas de temps pour m'occu,per de mes propres intérets.

(1) Cfr. n. 442.

455

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 472. Torino, 6 dicembre 1864, ore 9.

Dites-moi quelle est l'opinion du Gouvernement impérial sur la votation de Francfort qui rparait renforcer l'entente entre l'Autriche et la Prusse.

456

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 976. Parigi, 6 dicembre 1864, ore ... (per. ore 12,20).

Déchiffrez vous-meme. J'ai la conviction que la démar.che que vous proposez vous-meme au sujet de la grace des brigands (1) n'aura d'autre résultat pratique que •celui de faire 'considéré [sic] le Roi dans l'esprit de l'Empereur, en tout ·cas ce n'est pas le Gouvernement qui devrait faire cette démarche, mais le Roi. C'est surtout dans la prévision de changement de Ministère que l'Empereur ne s'est pas adressé au Gouvernement italien, mais il voulut avoir parole du Roi et traiter directement avec lui. C'est à vous de voir 1s'il convient d'exposer la dignité du Roi à un refus certain dans une question de cette nature.

457

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 32. Carlsruhe, 6 dicembre 1864 (per. il 10).

La mission que V.E. a bien voulu me confier par sa Confidentielle de Cabinet N. 15 (2) n'a pas eu à mon regret un résultat saUSifaisant. Mes impressions fondées sur les informations que je recevais de plusieurs còtés sur le Wiirtem

(!l) Cfr. n. 423.

16 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. V

berg, dont j'ai eu l'honneur de faire part à différentes reprises au Gouvernement du Roi, me portaient à ·croire que nous n'avions guère pour le moment à espérer du nouveau règne et du nouveau Cabinet Wiirtembergeois un changement de politique à notre egard, malgré les voeux elllÌs par les Chambres de Commerce de ce pays.

Il est vrai que cette manifestation est importante, si non pour détruire le peu de sympathie du Gouvernement Wiirtembergeois enve11s l'Italie, du moins et pour siìr comme point de départ d'un changement futur dans l'aprpréciation des rapports directs entre les deux pays.

Dans plusieurs de mes dépeches surtout ma Confidentielle (Conf. XX) je me suis permis d'émettre mon opinion, confirmée p:lus tard par le Baron de Roggenbach au sujet du futur traité [entre] le nouveau Zollverein et l'Italie (Conf. XXIV), que c'est par la voie des intérèts matériels bien plus que ,par l'intérét politique que nous parviendrons à gagner du terrain en Allemagne etc. etc.

La fin de ma dépèche télégraphique du 30 novembre (1) a déjà informé

V.E. que M. de Thumb n'est pas de nos amis malgré mes bons rappor.ts personnels avec ce Chargé d'Affaires, et de ce còté j'ai tout lieu de croire mème actuellement que nous n'avons rien à espérer soit en fait d'influence soit en fait de renseignemens favorables. Je doute également, et M. de Roggenbach partage tout-à-fait mon qpinion que son crédit personnel à Stuttgard 1Soit tel qu'on l'a fait supposer à V.E. En effet ce diplomate est ici depuis dix-ans simple Chargé d'Affaires sans jamais avoir pu obtenir une promotion. Je crois pourtant qu'il sera compris dans le p.rochain remaniement de la diplomatie Wiirtembergeoise, car dans ce pay:s le choix est fort restreint en fatt de diplomates, mais en attendant je sais qu'iJ avait espéré rpendant l'été un plus gtrand pQste que jusqu'ici on ne :lui a ,pas donné malgré qu'il soit allé per13onneHement Ie sollidter.

De méme j'ai cru devoir informer V.E. par télégraphe que les bons offices de la Russie à Stuttgard seraient pour nous plus utiles que tout autres. La Reine est sans •Contredit toute rpuissante sur l'esprit du Roi (ainsi que je l'ai mandé par mes précédents rapports, que je suis à rnème de confìrmer par des récentes informations) et par .conséquent l'influence Russe, si V.E. juge à propos de la faire réclamer officieusement, aiderait pour sur b,eaucoup le travail que de mon còté je ne manquerai pas de continuer indirectement par des moyens particuliers dans le pays pour le rétablissement de nos relations diplomatiques avec le Sud de l'Allemagne, sans engager dans mes démarches la responsabilité du Gouvernement du Roi, et en sauvegardant la dignité de la Couronne et du Pays.

Le nouveau Ministre des Affaires Etrangères à Stuttgard, Baron Varnbiiler a fait ces jours-ci une •Course de quaranthuit heures à Car'lsruhe; ayant eu l'occasion de le ·rencontrer à une soirée j'ai eu l'honneur de faire sa connaissance. Sans pourtant parler affaires, ni faire la moindre allusion au contenu de la Dépèche de V.E. Notre conveil'sation est tombée par incident sur les récents débats ·,sur la votation de notre parlement au sujet de la Convention FrancoItalienne. J'ai criì devoir constater en cette occasion au Ministre Wiirtember

geois le fait splendide qu'il ignorait et qui m'a pa~u !l.'impressionner beaucoup que toutes les Communes du Royaume se sont offertes spontanément avec un empressement au de31Sus de tout eloge d'anticiper l'impot du 1865 que le Gouvernement avait demandé aux rcontribuables. M. de Varnbiiler a convenu explicitement que ce fait avait sans contredit la plus grande signification politique et financière.

Comme j'avais appris en temps utile, la prochaine arrivée à Carlsruhe de

M. de Varnbtiler, j'avais prié M. de Roggenlbach de vouloir bien tsonder personnellement son collègue sur la reconnaissance de l'Italie, ce qui lui était facile de faire comme Min~stre Badois et non comme intermédiaire Italien, en prenant pour point de départ les voeux des Chambres de Commerce Wiirtember·geoises et l'article relatif du Mercur de Souabe, ainsi que lets: intérets de l'Allemagne.

Le Baron Varnbiiler n'a .montré ni mécontentement ni sur,prise quant aux ouvertures offideuses de M. de Roggenbach; il a répondu que le moment n'était .pas encore venu de reconnaitre l'Italie, qu'il était loin toutefois de méconnaitre les avantages en faveur de l'établissement des rapports directs entre le Wiirtemberg et l'Italie, surtout lorsque l'Autriche semblait dernièrement mieux disposée envers l'Italie; mais depuis que les meilleurs dispositions de cette Puissance para~ssent avoir subi un tems d'arret le Wiirtemberg ne voyait pas en ce moment l'opportunité im:médiate de la reconnad:ssance de l'Italie de la part du royaume de Wiirtemberg. M. de Roggenbach en me ·communiquant cette réponse a ajouté. • M. de Varnbiiler m'a laissé tout-à-fait l'impression qu'H n'y a au fond aucune objection réelle pour la reconnaissance de l'Italie, mais que le Wiirtemberg ne veut pas etre le premier à franchir en ·Ce moment le Rubicon •.

Le Ministre de Bavière, M. de Malzen avec lequel je suis dans les meilleurs rapports me d:isait hder chez moi: • Vous voyez que je viens pM"ticulièrement et très-volontiers chez le Ministre d'Italie, et j'espère que :plus tard les rapports entre nos deux pays ISe rétabliront sur l'ancien pied •. Je persiste néammoins à croire que l'entrée de M. de Van der Pfordten aux affaires n'est pas du tout favorable dans les (li:reonstances actuelles à un rapprochement entre l'Italie et la Bavière (1).

(1) Cfr. n. 447.

(1) Recte 29 novembre, .<:fr. n. 438.

458

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

T. 473. Torino, 7 dicembre 1864, ore 11,15.

La nouvelle condescendance Autriche envers Prusse n'indiquerait-e1le pas changement à situation indiquée dans votre dépeche du 29 novembre (2)? Répondez par télégraphe.

(1) -Con D. 3 del 12 dicembre La Marmora informò Carutti del contenuto di questo rapporto. (2) -Cfr. n. 440.
459

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 164/71. Londra, 7 dicembre 1864 (per. l'11).

Il Conte Curtopassi partito stamane per Torino, ove crede giungere Venerdì si è incaricato di ,consegnare privatamente all'E. V. la copia trasmessami dal Foreign Office pochi momenti prima della sua partenza del dispaccio di Lord Russell al Signor Elliot circa la quistione Veneta. Naturalmente questa comunicazione essendomi stata fatta in modo privato e per ,cortesia di Lord Russell, quel documento dovrà considerarsi come privato pure, e perciò non potrà esser citato nè sopratutto pubblicato. Del resto non vi sarebbe, credo, inclinazione a farlo nè utilità veruna.

I Ministri qua non mi paion dislposti a prendersi gran briga dei fatti di Germania. Da quanto sentii da Lord Palmerston il giorno prima che partisse per Broadlands egli pareva credere che a Berlino ammetterebbero le pretensioni Augustenburg colla condizione che la Direzione dell'armata, della flotta e delle relazioni estere rimanesse in mano alla Prussia. Altri fra i miei colleghi e che paion ben informati son disposti a credere che la Prussia finirà per incorporar il Lauenburg e la parte inferiore dello Schleswig mentre, per farsi condonare quell'atto, essa restituirà alla Danimarca il lembo superiore dello Schleswig.

Del resto non v'ha dubbio che in fatto di rpoliHca estera siamo ora in Inghilterra in un'epoca di transizione e d'idee nuove. Quando successe la cattura della Florida a Bahia nel Brasile, sarebbesi facilmente creduto che un paese marittimo come l'Inghilterra si ~Sarebbe non solo sdegnata ma avrebbe fatto da per sè sola o col concorso d'altri Governi ugualmente interessati rappresentanze energkhe e facendo presentire prossime ostilità. Così almeno ne parve persuaso il Ministro di Portogallo qua incaricato degli affari Brasiliani.

Ma Lord Palmerston mi disse ironicamente ch'eran buoni assai di credere che l'Inghilterra stesse per armw-si per la difesa del Brasile.

ALLEGATO

RUSSELL A ELLIOT

N. 174. Londra, 30 novembre 1864.

The Marquis d'Azeglio has communicated to me the substance of a Despatch which he has received from Generai La Marmora (1).

In this despatch the Minister of Foreign Affairs of Italy refers to the disturbances which lately broke out in Friuli, and declares that neither the Italian Government, nor even the Venetian emig;rants at Turin ,gave the slightest countenance to those deplorable outbreaks.

He refers also to his own recent speeches in the Parliament of Turin in which he abjured ali menace against Austria, and manifested his strong and uniform desire for a solution of the question of Venetia, which should be at once pacific and honorable and advantageous both to Italy and to Austria.

But Generai La Marmora protests against the continuance of a state of things so afflicting to the People of Venetia as that which now prevails, and against the renewal of insurrections so disastrous ~md so :llruitless as those which occur from time to time in the Venetian Provinces.

The Minister of Foreign Affairs of Italy does not hesitate to attribute those calamities to foreign domination.

He refers to the despatch which I addressed to Her Majesty's Ambassador at Paris of the 25th November 1863 as demonstrating that the Ministers of Her Majesty admit the necessity of this solution of this question.

Having also Teferred to the declarations of the Government of the Emperor of the French to the same effect, he asks the Government of Her Majesty: if not to address themselves at once to the Austrian Government on this subject, at least to exert their influence in favour of a pacific solution on any opportunity that may arise, and he declines on the part of the King of Italy any responsibility for the delay of that solution.

You will state to Generai La Marmora that he has misapprehended the meaning of my Despatch of November 25 1863. The tenour oft that Despatch was not to admit the necessity of a solution of the Venitian question, but to affirm that such solution would not be promoted by bdnging Plenipotentiaires of Austria and of Italy in presence of each other.

You may however assure Generai La Marmora that H. M. Government will avail themselves of any opportunity of contributing by their fdendly influence toward the pacific solution of a question which embitters the relations of Austria and of Italy, but they do not consider the ;present a favourable moment for moving a representation to the Austrian Government on this subject.

(1) Cfr. n. 440.

460

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in Carteggi Nigra, pp. 87-89)

L. P. Compiègne, 7 dicembre 1864.

Approfitto del ritorno del Corriere di Gabinetto per svolgere meglio che io non abbia potuto farlo col mio dispaccio telegrafico di ieri (1) le ragioni che mi dissuadono dal fare alcuna pratica presso l'Imperatore circa l'affare dei briganti dell'Aunis.

Ho letto con attenzione la Memoria del Procuratore del Re che era annessa al dispaccio confidenziale speditomi da V. E. su questo argomento. Essa prova una verità di cui niuno ormai può dubitare in Europa e che l'Imperatore del resto conosceva per mezzo dei documenti statigli presentati all'epoca della domanda d'estradizione, cioè che i fratelli La Gala hanno commesso le più nefande scelieratezze. Ma essa non muta a parer mio la vera situazione delle cose. A fronte del tenore della nostra Convenzione Postale, tenuto conto del modo violento

con cui il Governo Italiano si era impadronito di quei briganti, la Magistratura francese si era pronunziata contro l'estradizione, e si fu appunto per toglierei dalla situazione penosa in cui ci eravamo messi noi stessi, che l'Inl!Peratore spin:to da un sentimento di simpatia e di equità decise la questione in nostro favore. La domanda della grazia fu un mezzo termine adottato per vincere le esitazioni del suo guardasigilli; essa fu fatta dall'Imperatore al Re direttamente appunto per prevenire il caso di un cambiamento di Ministero, e trattandosi di una indiscutibile prerogativa sovrana il Re non poteva esitare ad impegnare la sua parola per risolvere nel miglior modo possibile un gravissimo conflitto internazionale.

Tale essendo lo stato delle cose io non credo che vi sia alcuna probabilità che l'Imperatore liberi il Re dall'impegno preso, ed un tentativo fatto con questo scqpo offre a mio credere più inconvenienti che vantaggi. In ogni caso mi sembra che il Governo non possa rivolgersi all'Imperatore per questo intento e che questo tentativo debba piuttosto esser fatto dal Re. V. E. giudicherà se convenga che S. M. 1si esponga ad un rifiuto e se, trattandosi di una promessa data non si corra piuttosto il pericolo di produrre nell'animo dell'Imperato11e un'impressione sfavorevole e penosa. Conosco le difficoltà nelle quali si ·trova il Governo a questo riguardo e so •che l'opinione pubblica in Italia spingeva il Governo a seguire nell'affare dell'Aunis una via ingiusta e pericolosa. Ma è mio debito di ripetere a V. E. quanto ho dichiarato ripetutamente al precedente Ministero, cioè che il torto in questa questione essendo tutto nostro, dobbiamo essere felicissimi d'avere potuto ottenere la consegna dei briganti e la loro condanna nelle forme legali e .solenni d'un giudizio penale. Non è lecito a me dar consigli a

V. E.; ma credo che riescirà facilmente all'autorevole parol·a di V. E. di far cessare ogni clamore dichiarando che in questo caso un giusto riguardo delle esigenze internazionali ·consiglia l'esercizio della prerogativa sovrana ed una commutazione di pena.

L'Imperatore che vedo spesso durante il mio soggiorno a Compiègne non ama di occuparsi di politica in questo momento. Tuttavia egli mi interrogò circa l'andamento della discussione attuale in Senato, ed io non mancai di cogliere questa occasione per informarlo delle difficoltà che il Ministero incontra, specialmente pel trasferimento della capitale. Così S. M. I. ·come i pe11sonaggi più autorevoli che lo 'Circondano e fra essi specialmente il Duca di Persigny, parlano di V. E. in termini pieni di deferenza e di simpatia.

Quanto alla questione veneta, credo dovere anzitutto aspettare nuove istruzioni da V. E.

Al mio ritorno a Parigi procurerò di sapere da S. E. il Signor Drouyn de Lhuys quale impressione produsse nel Governo Francese la decisione della Dieta di Francoforte circa la ·cessazione dell'esecuzione federale nei Ducati. L'Imperatore non vi diede molta importanza e non mostrò di preoocuparsene. Egli continua a tenere nelle cose d'Allemagna la stessa riserva che mantenne nella questione danese.

P. S. -Scrivo colla mano di Artom perché jeri cacciando la briglia del mio cavallo, mi scorticò un dito della destra.

(1) Cfr. n. 456.

461

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 76. Berlino, 8 dicembre 1864.

Corrune je l'ai mandé dans mon rappocrt N. 75 (1), le Cabinet de Vienne, en cretour de son adhésicn à la proposition votée le 5 courant par la Diète fédérale, aurait obtenu de celui de Be.rlin quelques assucrances (plus ou moins pcr-écises d'une solution conforme aux désirs de l'Autriche et de la majorité des Etats en Allemagne. En d'autres termes, les projets d'annexion des Duchés à la Prusse, sont au moins ajournés à des temps meilleurs, et la candidature du Prince d'Augustenbourg, ireparait sur la tapis.

Il y a donc eu un 'compromis. Jusqu'ici l'Autriche a cédé mo~ns dans le fond que dans la forme. Il s'est meme manifesté chez elle un corrunencement de résistance à la Prusse. Si la situation s'est un peu modifiée, ce seraft plutot au désavantage de cette dernière Puissance qui ne saurait considérer corrune un grand succès d'avoir fait sortir des Duchés les contingents Saxon et Hanovrien, non pas comme elle l'eut voulu en suite de sa propre sorrunation, mais en vertu d'un ordre fédéral.

Cet incident ne saurait nous fournir un critérium suffisant pour ap:précier à sa juste valeur le ·caractère et la portée de l'alliance des deux Grandes Puissances Germaniques. Il :reste la question la p!lus embarrassante et la plus déUcate, corrune aussi la plus importante au fond pour l'Allemagne, la question de succession.

De deux cas l'un. Ou le prétendant Augustenbourg l'emportera, et le Cabinet de Berlin, alors meme que le nouveau Souverain ,serait en quelque sorte placé sous sa dépendance, alors meme que le petit Duché de Lauenbourg lui fut dévolu, n'aurait pas rétiré de sa 'campagne militaire et diplomatique des avantages assez saillants à son point de vue ambitieux pour se montrer condescendant vis-à-vis de l'Autriche. PlutOt la rendrait-t-il en quelque sorte responsable de ce qui, à ses yeux ne serait qu'un pis aller.

Ou bien la Prusse incorporera les Duchés, du consentement de l'Autriche. Dallis ,ce cas il n'y aurait plus àucune hésitation à en conclure que l'alliance a été scellée au prix d'une garantie de quelque possession extra-fédérale, nommément de la Vénétie.

Le dévédoppement ultérieur de la situation nous donnera la def de l'enigme. Mais, je le ·répète aujourd'hui encore, tant qu'ici l'on n'aura pas perdu complètement l'espoir d'une annexion des Duchés de l'Elbe, tant qu'on ·comptera au moins sur l'imprévu pour en venir à ses fins, tant que le Cabinet de Vienne restera le co-propriétaire des pays conquis, la Prusse a un intéret à ménager l'Autriche, et à lui venir en aide -avec ou sans accords préalables -si, durant ce laps de temps, elle était attaquée dans ses possessions italiennes.

En attendant j'ai sondé ici adroitement le terrain. J'ai causé entre autres assez longuement avec un ami intime de M. de Bismark, son compagnon de route dans ses différentes excursions, l'été dernier, à Carlsbad, Kissingen et meme à Vienne. Ce Monsieur m'a exprimé de vives sympathies pour l'Italie, en regrettant que l'agrand~ssement de la Prusse n'eut pas mar·ché de pair avec le notre.

• -Nous avons, disait-il, de majeures diffi.cultés à vainore. Nous n'avons en Allemagne aucun Prince de race étrangère, aucun régime tyrannique et corrupteur. - • -Qui, ai-je répliqué, mais en attendant il y a une période difficile à traverser de part et d'autre. Votre alliance avec l'Autriche, vos condescendances multiples à son égard laisseraient presque supposer, à les juger à première vue, qu'elles constituent un ,système selon lequel vous lui auriez fait de larges concession:s, à la condition qu'elle vous laissat les mains libres en Ahlemagne •.

Voici la réponse de M ... (1): • Ces concessions, croyez le bien, ne sont que de pure forme précisément pavce que nous ne voulons pas transiger sur le fond. D'après ma manière de voir, il nous faudra deux ans encore avant que nous puissions atteindre le but que nous nous proposons, et l'Italie verra alors que nous n'avons pas plus 1sacrifié ses intérets, que nous ne voudrions compromettre les nOtres. Il faut nous comprendre à demi mot •.

Lord N a pier, l'Ambassadeur d'Angleterre, n'ajoute pas foi aux bruits de garantie. Son collègue français est moins positif dans ses dénégations. Après les déclarations spontanées et si catégoriques données à M. Drouyn de Lhuys par M. de Bismark, lors de son dernier voyage à Par~s, M. Benedetti aurait cru manquer aux convenances en interpellant meme indirectement à ce sujet. A cette époque M. de Bismark a dit que la Prusse ne pourrait prendre un tel engagement qui la mettait à la merci du Cabinet de Vienne, et l'exposerait un jour à se trouver en présence de l'Italie et de la France réunies comme en 1859.

Cet argument a une valeur réelle. Mais, au dire de M. Benedetti, les incidents ultérieurs aux quels donnera lieu la question de isuccession dans les duchés, nous mettront à meme de découvrir si ces assurances étaient vraiment sincères, ou si elles n'étaient qu'un jeu pour détourner les soupçons.

Je .regrette de n'avoir pa:s enco.re à rendre compte d'une conversation suivie avec le Président du Conseil dont le temps est absorbé par le travail de bureau, par les conseils fréquents des Ministres. Je l'ai vu avant hier chez lui à un grand diner diplomatique. Il m'a abordé en me disant qu'aux premiers jours il me recevrait avec plaisir, lors meme qu'il sùt, en fa~sant allusion au protocole commerciai, que je venais lui faire des repròches au reste • bien mérités •.

Je me suis borné à répondre que péché confessé était à moitié pardonné, mais que je me proposais, pour le mettre mieux. à l'aise, de me taire sur ce

sujet, à moins qu'il ne ·reprit l'initiative de m'en parler. Il a bien voulu exprimer ses regrets de mon départ, en mème temps que sa satisfaction, du moment où mon Gouvernement m'avait destiné à S. Pétel'sbourg, que je fusse au moins remplacé par un diplomate qu'il connaissait et appréciait aussi personnellement.

(1) Cfr. n. 454.

(1) Il nome manca nell'originale.

462

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. CONFIDENZIALE 83. Torino. 9 dicembre 1864.

Ho ricevuto il 6 andante il di Lei diiSpaccio telegrafico dello stesso giorno (1),

responsivo alle istruzioni (2) che io Le avea mandate relativamente ai briganti

dell' • Aunis •.

Ho sottoposto al più scrupoloso esame le considerazioni per le quali Ella

crede che la nostra domanda sia inoptx>l'tuna. Ella dice che in ogni caso questa

dimanda dev'essere fatta direttamente da S. M., ed aggiunge che la dignità del

Re si troverebbe esposta a un sicuro rifiuto.

Quanto al primo punto, allorquando per la prima volta io esponeva al Con

siglio dei Ministri questa quistione, i miei Colleghi opinarono che spettasse al

Ministero di prenderne l'iniziativa, appunto per.chè dopo l'impegno preso da

S. M. verso l'Imperatore ci sarebbe sembrato quanto meno poco dignitoso che il Re chiedesse d'esserne svincolato unicamente per mandare due pemone al patibolo. Questo ,passo ci pareva doppiamente della attribuzione del Ministero, inquantochè, sebbene il diritto di grazia spetti al Re, è selilJlre inalienabile dal potere esecutivo la re®onsabilità di un tale atto.

Quanto al secondo punto, cioè al pericolo che può corl'ere la dignità del Re io debbo ·chiederle ,se astenendoci dal fare questa dimanda all'Imperatore, noi non esponiamo anzi in modo più sicuro e più grave il prestigio del Capo dello Stato a quel colpo da cui vogliamo difenderlo.

Ella non ignora, Signor Cavaliere, quante volte nel cor.so delle recenti discussioni sU!lla Convenzione del 15 di settembre dl Mindstero siasi sentito r.infacciare d'aver agito sotto la pressione straniera. Quest'accusa non fu diretta che ai Min~stri, ma il giomo in cui si saprà che i fratelli La Gala sono stati graziati perchè S. M. ne prese impegno coll'Imperatore il pubblico risentimento salirebbe più in alto ·e con tale violenza che noi crediamo far atto di devozione nello esrporci anche ad un rifiuto.

Il Ministero ha pure ventilato se non convenisse far giungere allil'Imperatore l'espressione di questo nostro desiderio per mezzo del Barone di Malaret, ma abbiamo creduto che a Lei meglio .si addica per essere meglio informata dello stato di questa quistione, e ·perchè penetrata delle attuali condizioni interne del

nostro paese, troverà argomenti da allontanare dall'animo dell'Imperatore ogni timore che gli chiediamo alcunchè di contrario alla giustizia ed ai ben noti sentimenti di umanità del suo cuore.

Trattandosi però di un passo così delicato, valendosi Ella della sua prudenza e sagacia vorrà, prima di fare una domanda formale, indagare in modo indiretto ed abile le disposizioni dell'Imperatore, attirando la sua attenzione sulla atrocità dei delitti •commessi dai fratelli La Gala, e sulla necessità di calmare la pubblica indignazione con un castigo corrispondente. Noi crediamo che l'applicazione della pena capitale ·servirebbe di salutare esempio alle bande che esercitano il brigantaggio e preverrebbe molti e molti nuovi delitti (1).

(1) -Cfr. n. 456. (2) -Cfr. n. 447.
463

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO. DE LAUNAY, E AI MINISTRI RESIDENTI A CARLSRUHE, OLDOINI, E A FRANCOFORTE, DE BARRAL

D. (2). Torino, 9 dicembre 1864.

Vous savez que le Gouvernement du Roi n'a pas manqué de prendre les mesures nécessaires pour n'ètre point engagé malgré lui par le mouvement insurrectionnel qui a éclaté récemment dans le Frioul. Les jeunes gens qui se dirigeaient de l'intérieur du Royaume vers la frqntière JPOUT se joindre aux insurgés ont été arrètés, les envois d'armes et de munitions ont été inter.ceptés; de leur còté, les membres les plus influents de l'émigration vénitienne dans le Royaume ont tenu à décliner toute responsabilité à l'égard d'un mouvement, dont l'audace patriotique e~citait leurs sympathies, mais dont ils reconnaissaient l'inopportunité. Les insurgés du Frioul ne reçurent dane ni appui moral ni aide matérielle; et pourtant, malgré leur petit nombre, et malgré les circonstances entièrement défavorables dans lesquelles ils opéraient, l'Autriche dut prend:re à l'égard du Frioul des mesures graves, qui suffiraient, à elles seules, pour démontrer combien,,peu rassurante est la situation intérieure de la Vénétie. L'état anormal des esprits dans ces malheureuses provinces est implicitement avoué dans les documents émanés à cette occasion des Autorités Autrichiennes. Celles-ci ne peuvent pas contester que le Gouvernement du Roi ait gardé en présence des derniers événements une attitude correcte et régulière, mais elles parlent de l'action que l'Italie exerce sur la Vénétie, c'est-à-dire qu'elles reconnaissent l'attraction irrésistible qui porte les populations vénitiennes à unir leurs aspirations à celles du reste de l'Italie.

Les paroles de :conciliation que j'ai prononcées à diver:ses reprises à ce sujet devant le Parlement national, la ·confiance que j'ai témoignée dans la possibi1ité d'une solution pacifique également honorable et avantageuse pour

l'Autriche et pour nous, n'avaient pas seulement pour but, M. le Ministre,

d'apaiser l'e~citation que les nouvelles de la Vénétie pouvaient produire en

Italie. J'ai voulu :par là faire comprendre à l'étranger, et spécialement en Alle

magne qu'il ne tiendrait paiS à nous qu'une 'cause de graves perturbations pour

les intérets de l'Europe, et éventueHement pour les intérèts spéciaux de l'Alle

magne, ne fùt écartée à la satisfaction 'commune. Cette :preuve de bon vouloir de

la part du Gouvernement du Roi devait, à mon avis, etre d'autant mieux appré

ciée, que indépendamment meme des faits douloureux qui viennent périod!ique

ment impooer la question vénitienne à l'attention et à la prévoyance de l'Europe,

deux grandes Pmssances, la France et il'Angleterre, dans les correspondances

officielles échangées entre elles lors de la proposition d'un Congrès européen,

ont placé ·cette question au rang de celles dont la solution importe à la tran

quillité générale.

Il serait superflu, M. le Ministre, de rs'attacher à démontrer que la possession

de la Vénétie est onéreuse pour les finances de l'Autriche, et embarrassante à

un haut degré pour sa politique intérieure; de rappeler que les institutions de

l'Empire n'ont pu, malgré tous les efforts du Cabinet de Vienne, ètre appliquées

en Vénétie; de conJstater enfin l'impuissance de l'Autriche à se concilier mème

une minorité de quelque valeur :parmi ces populations. Quant au point d'hon

neur militaire qui parait seui motiver la persistance de l'Autriche à se refuser

à une cession qui améliorerait grandement sa situation en Europe, nous appré

cions ce qu'il a de respectable, et c'est pourquoi j'ai exprimé le désir que telle

circonstance pùt 'Se présenter où il nous fùt donné de soumettre à S. M. l'Empe

reur Frànçois-Joseph un arrangement où l'honneur des deux parties fùt scru

puleusement sauvegardé. Nous croyons sincèrement, en effet, qu'un arrangement

de ce genre est possi.ble.

Si la possession de la Vénétie par l'Autriche n'est guère dans l'intérèt de cette puissance, à plus forte raison ce n'est pas là un intérèt Allemand. Vous avez eu plus d'ullj:! fois l'occasion de faire ressortir cette vérité dans vos conversations avec les hommes d'Etat allemands, et de développer les raisons qui la démontrent. Je ne parle pas, d'ailleurs, de l'opposition formelle que le projet de .comprendre la Vénétie dans la Confédération Germanique a rencontrée l'année dernière encore de la part de la France et de l'AngleteNe,. de la défaveur qu'ont témoignée a cet égard plusieurs Etats Allemands, ni des graves complkations qui ne manqueraient pas de se produire s'il pouvait arriver que la Confédération engageat sa politique dans les intérets complexes et hétérogènes que les poss.essions non allemandes de l'Autriche créent à ce Cabinet.

*Mais plus ile Gouvernement du Roi atta·che d'importance à ce que la quelstion vénitienne soit regardée comme susce:ptible d'une solution padfìque, plus il tient à ce que les te:rnnes en soient nettement défìn1s. Il peut paraitre quellque peu prématuré de toucher dès aujourd'hui à un tel objet; ma~s comme la fran

chise et la loyauté ne sauraient etre de ·trop lorsqu'il s'agit de l'avenir de deux peuples destinés à entretenir leis meilleurs rapporls, j'ai cru devoir exprimer sans réticence devant le Pavlement mon opinion à cet égard et je viens aujourd'hui vous faire connaitre ·cette opinion avec plus de développement.

Des doutes pourraient surgir, en effet, en ce qui concerne la partie du littoral de tl'Adriatique qui se trouve actuellement cornprise dans la Confédération Germanique. Sans considérer ki la situation du territoire de Trieste à un autre point de vue que celui du droit international positif, j'observerai seulement qu'.il n'est pas établi que cette situation soit entièrement régulière. L'article 53 de l'acte général de Vienne de 1815 contient la disposition expresse que l'Autrkhe et la Prusse seront membres de la Confédération avec toutes celles de leurs rpossessions qui avaient appartenu à l'Empire Germanique. Cette restricHon est confirmée au N. 9 de l'acte séparé qui forme une des annexes du Traité généraJ auxquelles on a attribué rla meme force obligatoire qu'à ce traité mème. Or le territoire de Trieste n'avait point appartenu à l'Empire Germanique. Ce ne fut qu'en 1818 que l'Autriche en notifia l'incorporation à la Diète, mats sans invoquer le concours des autres puissances signataires des actes de 1815; et la France et l'Angleterre ont toujours maintenu, et notamment en 1851, à propos d'un projet d'incorporation de nouvelles provinces dans la Confédération, le principe qu'il ne pouvait ètre apporté la moindre altération aux clauses du pacte constitutif de la Confédération sans le concours de tous les Gouvernements qui avaient signé ce dernier acte (1).

Quoiqu'il en soit, il n'est aucunement dans mes intentions, M. le Ministre, de prévenir dès à présent le jugement que pourraient porter les puissances sur cet état de ,choses ,si des événements exceptionnels le mettaient en question. Ce que j'ai tenu à déclarer avec netteté, c'est qu'il s'agit actuellement du territoire vénitien, et que c'est exclusivement de ce territoire qu'il serait question entre l'Autriche et l'Italie si des négociations pacifiques pouvaient s'établir en vue d'une transaction réciproquement avantageuse et honorable pour les deux Gouvernements.

L'esprit de modrération et de conciliation qui nous inspire sera apprécié, je l'espère, par l'opinion éclairée en Allemagne. En démontrant à l'Angleterre et à la France, par ,ces déclarations, que nous entendons réduire à leul'!s termes les plus stricts les difficultés qu'elles ont reconnu indispensable de résoudre, nous prouvons en mème temps à la nation Allemande que nous savons tenir compte des intérèts qu'elle a dans l'Adriatique. Il est vrai, M. le Ministre, que dans l'état actuel des affaires politiques du pays où vous résidez, il n'est guère à présumer que l'on y pu~sse ou que l'on y veuille donner à l'Autriche des conseils ou exercer sur elle une action quelconque en vue d'une transaction.

• Considerando la questione di Trieste politicamente, faremo osservare all'E. V. che la nostra città fu incorporata alla Confederazione germanica senza essere stata consultata, e contro le disposizioni delle Leggi Federali. Fa d'uopo disc,ernere gli interessi dell'Austria da quelli della grande nazione germanica. L'articolo l del patto federale del 1815 stabilisce che non possono essere ammessi nella Confederazione che quei paesi, i quali già appartennero all'Impero germanico. Questo articolo risponde d'accordo coll'art. 53 dell'atto finale del Congresso di Vienna. Ora abbiamo l'onore di far presente all'E. V. come Trieste non ha mai fatto parte dell'Impero germanico. Se di poi l'Austria arbitrariamente aggiunse Trieste alla Confederazione, quest'atto non appartiene assolutamente al diritto pubblico europeo. ln quanto che è contrario all'articolo 53 del Congresso di Vienna. Trieste non riconobbe mai, né tacitamente, né espressamente, di far parte della Confederazione germanica. Possano questi argomenti convincere l'E. V. dell'errore in cui è caduto, involontariamente di certo, nel suo discorso del 30 novembre d'innanzi al Senato •·

Cependant il n'est pas impossible que vous ayez l'occasion d'exprimer une opinion à cet égard, et c'est dans cette prévision que je vous adresse les éclairci.ssements qui rprécèdent pour votre information particulière.

Vou:s pouvez y ajouter, si vous le jugez à propos, une observation souvent justifiée par les événements, c'est que deux puissances qui négocient à l'amiable en vue de transiger sur une question qui les divise, peuvent, par esprit de conciliation restreindre ·cette question à des termes donnés; tandis que si elles la livrent aux hasavds de la guerre, et surtout d'une guerre à la quelle les éléments populaires doivent avoir une grande part, il devient impossible de répondre des proportions qu'elle pourra rprendre. Vous vous souvenez, M. le Ministre, que lors de la guerre de 1859, les manifestations populaires dirigées contre l'Aut1dche, les secours d'hommes et d'argent, ne se bornèrent pas à la Vén~ie ,proprement dite, mais s'étendirent au Frioul orientai, à Trieste et à l'Istrie, où le Gouvernement Impérial fut obligé, pour rester maitre de la situation, de proclamer la loi martiale, tout aussi bien que dans ses provinces italiennes situées en deçà de l'Isonzo. Mème après 1859, ces populations n'ont pas cessé de donner des inquiétudes à l'Autriche. Leurs municipalités et leurs Diè"tes provinciales ont dù ètre dissoutes plusieu11s fois et l'l'strie n'est pas représentée au Reichsrat. Il est évident que nous ne saurions préjuger les résultats que pourraient avoir les événements qui se produiraient daills les territoires dont il s'agit si des circonstances analogues à celles de 1859 venaient à se présenter de nouveau.

Un exemple récent a prouvé à l'Allemagne elle-meme la vérité de l'oblservation que je viens de faire. La question des Duchés de l'Elbe était pratiquement restreinte, l'année dernière, au Holistein; et cependant elle a fini par comprendre aussi le Schleswig, par suite de l'enchainement de faits auquel a donné lieu la guerre contre le Danemark.

En vous faisant remarquer que ces indic·ations ne doivent étre utilisées par vous qu'avec toute la circonspection que le sujet et les circonstances comportent... (1).

P.S. -(pour Berlin) Je vou:s accuse réception des Rapports Confidentiels N. -VII, VIII, et IX qui m'ont été adressées pendant votre congé par M. le Comte Rati, ainsi que de vos dépèches de la mème série portant les N. 74 à 75 (2) et auxquelles je il."épondrai très prochainement... P.S. -(pour Francfort) Les rapports de la série Politique de cette Légation me sont réguUèrement parvenus jusqu'au N. 73 inclusivement.

« Il Signor Drouyn de Lhuys (che il Cavaliere Nigra intrattenne confidenzialmente dell'incarico avuto dal Rappresentante di S. M. Britannica a Costantinopoli per cui io ebbi a pregare V. S. Illma col dispaccio n. 18, Gabinetto, di ringraziare Lord Russell a nome del R. Governo), dichiarò al R. Ministro che, ripresentandosi il caso di conferenze o di accordi relativi al Libano, la Francia avrebbe nuovamente appoggiato il nostro diritto di prendervi parte •.

(1) -Il giorno seguente fu inviato a Nigra il seguente telegramma: • Courrier Villa m'a porté votre lettre [Cfr. n. 460]. Malgré vos observations que j'apprécie vous vous tiendrez pour l'affaire des brigands, à mes intructions qui sont parties hier au soir •. (2) -Il dispaccio venne inviato a Berlino col n. 12, a Francoforte col n. 13 e a Carlsruhe col n. 16.

(1) In ASME è conservata una lettera datata 5 dicembre 1864, con cui alcuni trie~tini protestano per la dichiarazione fatta da La Marmora al senato che le aspirazioni degli italiani non vanno fino a Trieste. Di tale lettera si pubblica il brano seguente:

(1) Il brano fra asterischi fu comunicato a Nigra e D'Azeglio il giorno seguente. Nel dispaccio diretto a D'Azeglio era aggiunto il seguente periodo:

(2) Cfr. nn. 440 e 454. Gli altri rapporti non sono pubblicati.

464

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(Ed. in LV 8, pp. 289-292)

R. 67. Costantinopoli, 9 dicembre 1864 (per. il 16).

Ebbi l'onore di tra:smettere al R. Ministero degli Esteri in data delli 3 agosto ultimo A.P. n. 48 (1) copia della nota collettiva diretta dai Rappresentanti delle Potenze garanti alla Sublime Porta relativamente all'atto pubblico del Danubio in cui s'insisteva specialmente sul carattere internazionale da attribuirsi all'Ispettore Generale del Basso Danubio ed al Capitano di Porto di Sulina.

In risposta al succitato documento ora la Sublime Porta mi fa tenere la nota di cui copia trovasi qui unita con la quale es,sa acconsente ad inserire nel Protocollo finale, che accompagnerà la sottoscrizione dell'atto pubblico, una dichiarazione per constatare il carattere internazionale da attribuirsi ai predetti funzionarj.

* Abbenché, come la E.V. vorrà osservarlo, la SubJdme Porta si applichi a dimostrare che la sua dichiarazione non può avere per effetto di consacrare a perpetuità questo carattere ,internazionale né IP'regiudicare a' diritti degli Stati ripuari * (2), i miei Colleghi, e specialmente queUo d'Austria autore del11'uUima nota nostra collettiva, 1sono d'opinione (3) che si debba considerare acconsenziente la Sublime Porta alla proposta nostra, e che si possa quindi dichiarare la vertenza appianata.

Se l'E.V. nulla avrà ad opporre, a che mi associi all'opinione degli altri Rappresentanti le Potenze garanti, debbo però pregarla di volermi far conoscere gli ordini suoi circa la forma da darsi all'atto pubblico del Danubio ed anzitutto sul modo col quale si dovrà procedere alla sua sottoscrizione.

ALLEGATO

ALI PASCIA A GREPPI

29 novembre 1864.

De la note collective que Vous et les autres Représentans signataires du Traité de Paris m'avez fait l'honneur de m'adresser en date du 20 juillet 1864, je relève que les Puissances Signataires du Traité de Paris croient devoir insister à ce que l'Inspecteur Général du Bas-Danube et le Capitaine de Port de Soulina soient revetus d'un caractère international, pour la raison que la navigation du Danube est ouverte au pavillon de toutes les nations et que comme chaque pavillon doit obéir aux réglemens de navigatìon et de police fluviale, il est essentiel que les fonctionnaires chargés de faire exécuter ces réglemens représentent l'Autorité qui en vertu des capitulations aurait juridiction sur ce pavillon.

A cet argument, je me permettrai de répondre qu'on ne saurait reconnaitre aux agens de cette catégorie un caractère international quelconque sans s'éloigner

des principes établis par le Congrès de Paris attendu qu'il s'agirait de conférer à des fonctionnaires internationaux le droit de régler la navigation du fleuve, droit qui d'après les mémes principes n'appartient qu'aux Etats riverains exclusivement.

L'admission de la doctrine qui voudrait revetir les employés chargés de l'exécution des Réglemens de la navigation du Bas-Danube d'un caractère international, par la raison que cette navigation se trouve ouverte au pavillon de toutes les Nations, semble etre inconciliable avec le droit de souveraineté territoriale. Il est superflu d'ajouter que les Traités de commerce qui sont également faits pour étre appliqués aux sujets étrangers ne sont nullement exécutés par des fonctionnaires internationaux et j'ose croire qu'il n'y a aucune différence entre ces deux principes.

Qu'il me soit permis de dire aussi que la Sublime Porte avait lieu d'espérer que sa fidélité constante à tous ses engagemens serait considérée comme une garantie suffisante pour l'exécution Tégulière et efficace des réglements en vigueur et que LL.EE.MM. les Représentans n'insisteraient point sur le maintien, à la suite de l'acte public, d'une déclaration qui ne saurait étre interprétée autrement que comme une preuve de méfiance.

Le Gouvernement de Sa Majésté Impériale le Sultan désirant néammoins, et malgré toutes les raisons qui précèdent, obtenir la coopération bienveillante et cordiale des Hautes Puissances à l'achèvement d'une ,grand'oeuwe publique, est disposé à acquiéscer à leur désir de :Eaire insér·er dans le Protocole final qui accompagnera la signature de l'acte, la déclaration suivante:

• Les Commissaires des Puissances signataires du Traité de Paris en se référant à l'art. 9 de l'acte public, ont déclaré collectivement que tout en reconnaissant aux Agens préposés à la Police fluviale sur le Bas-Danube les attributions que Leur confère le Réglement de navigation et de police annéxé au dit acte, ils les considèrent comme fonctionnant sous la direction de la Commission Européenne et comme révetus du caractère International •.

Il est bien entendu que l'insertion de cette déclaration ne devra pas impliquer de la part de la Sublime Porte une consécration à perpétuité de ce principe, ni ne doit apporter le moindre préjudice aux droits des Etats Riverains et aux principes établis par le Congrès de Paris.

(1) -Non pubblicato. (2) -Il brano fra asterischi è omesso in LV 8. (3) -In LV 8 c I miei colleghi ed io siamo d'opinione •·
465

IL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. R. CIFRATO. Belgrado, 9 dicembre 1864.

S'il est possible que M. Milivoi soit chargé de voir clair dans les plans du Général Tiirr, je ne suis pas tout à fait tranquille sur la prudence et les menées du Général Tiirr. Pour le moment, je ne su1s pas encore tout à fait au courant de ses relations et de ,ses plans dans ce pays-ci et dans le pays voisin: mais je m'occupe de ·cette affaire. En attendant je Vous prévien:s que M. Milivoi, en 1848, était Commandant de l'Artillerie Serbe contre les Hongrois, et que son opinion est qu'il faut aider les Hongrois à la ·condition que ceux-ci s'obligent de céder à la Serbie, le Batcka. le Sirmio, la Croatie et la Slavonie: mais veuillez ne paJs en parler au Général TfuT.

M. Milivoi Vous remettra cette dépéche et une autre, de série politique.

466

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 85. Torino, 11 dicembre 1864.

In data d'oggi, 11 Dicembre, fu sanzionata da S.M. il Re la legge pel trasferimento della Capitale, stata già approvata dalla Camera dei Deputati nella tornata del 19 Novembre p.p. e dal Senato del Regno nella seduta del 9 Dicembre corrente.

S.M. ha pure firmato in data d'oggi il decreto Reale per cui è data forza esecutoria alla Convenzione conchiusa in Parigi il 15 Settembre 1864 tra l'Italia e la Francia.

Prego la S.V. Illustrissima di voler recare quanto precede a conoscenza di

S.E. il Ministro Imperiale degli Affari Esteri.

P.S. La prego di sOlij)endere la comunicazione ufficiale al Governo francese, finché, adempiute Je formalità consuete, si sarà potuto dar la :pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del Regno.

467

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

D. 21. Torino, 13 dicembre 1864.

Il Signor Elliot mi ha fatto •conoscere la sostanza di un dispaccio di~ettogli da Lord Russell ·che serve di riscontro alle comunicazioni ond'io ebbi ad incaricare V.S. Illustrissima col dispaccio del 19 novembre p.p. N. 16 (Gabinetto) (1).

In quel documento il Primo Segretario per gli Affari Esteri della Regina porge l'assicurazione che il Governo di S.M. Britannica si varrà di ogni opportunità per ·contribuire mediante la sua amichevole influenza alla pacifica soluzione di una questione che turba i rapporti tra l'Austria e l'Italia, ma dichiara nel tempo stesso che esso non ravvisa il momento favorevole per far giungere a Vienna rappresentanze a tal riguardo.

Io ho dimostrato al Signor Elliot d'essere grato al Governo inglese delle benevole intenziDni, ond'egli era incaricato di porgermi la testimonianza, ed espressi la fiducia che verrà il momento in cui l'Inghilterra ravvilserà opportuno di rivolgere le rappresentanze di cui si tratta al Gabinetto Austriaco.

Nel medesimo dispaccio Lord Russell fa osservare che il concetto della sua nota del 25 novembre 1863, cui io feci allusione nel precitato mio dicsrpaccio del 19 novembre ,p,p. non era di ammettere la necessità di sciogliere la queiStione veneta, ma sibbene di constatare che quella soluzione non si sarebbe punto agevolata col porre in presenza l'uno dell'altro, Plenipotenziari dell'Austria e dell'Italia.

A questo proposito mi limito a far notare alla S.V. Illustrissima che il passo del mio dispaccio, cui ,si riferisce il Primo Segretario della Regina per gli Affari Esteri, è la semplice riproduzione, in termini forse meno assoluti, del tenore del dispaccio, che fu diretto a V.S. Illustrissima in data 4 dicembre 1863 (1), del quale Ella ha dovuto dare comunicazione a Sua Signoria, ed in ordine a cui non mi risulta che il Governo britannico abbia mossa alcuna riserva.

Non reputo del resto necessario che Ella risponda a questa speciale osservazione di Lord Russell. Segnandole ricevuta de' suoi rapporti N. 71 Politico (2) e LIV Confidenziale... (3).

(1) Cfr. n. 414.

468

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI, AI MINISTRI DELL'INTERNO, LANZA, DELLA GUERRA, PETITTI, DELLA MARINA, ANGIOLETTI, DELL'AGRICOLTURA, TORELLI, DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE, NATOLI, DEI LAVORI PUBBLICI, JACINI, DELLE FINANZE, SELLA, E DI GRAZIA E GIUSTIZIA, VACCA

D. (1) Torino, 13 dicembre 1864.

Essendo state annunziate in sul principio dell'anno ~corrente nel Parlamento Inglese e nel Senato di Francia inteJ1)ellanze sulle condizioni delle Provincie Meridionali del Regno, ed alcuni Membri del Governo di quei due paesi avendo manifestato il desiderio di essere più esattamente ragguagliati in siffatto argomento per potere all'uopo rispondere agli oratori della opposizione, fu spedita in quella circostanza da questo Ministero alle due Legazioni di Parigi e di Londra, e più tardi alle altre, una Memoria, in cui erano notate per sommi capi le indicazioni che si poterono ricavare da pubblicazioni ufficiali o che furono appositamente somministrate dai rispettivi dicasteri circa il progreSISO matedale e morale verificatosi nelle condizioni di quelle Provincie dacchè esse fanno parte del Regno Itald.ano. Quella Memoria, benché per molti lati assai incompleta giovò nondimeno ad alcuni uomini di Stato, amici dell'Italia, in Francia ed in Inghilterra, che espressero la loro soddisfazione per le informazioni loro somministrate. I nostri Agenti all'estero vi poterono d'altronde attingere utili nozioni per ribattere inesatte o calunniose a~sserz.ioni, e per far conoscere a tutti la vera situazione delle cose.

Sarebbe ora desideTio dello scrivente, avvicinandosi l'epoca dell'apertura dei Parlamenti d'Inghilterra e di Francia, di poter inviare ai nostri Rappresentanti una nuova Memoria che riassuma i progressi ottenut~si in quest'anno, non solo nelle provincie meridionali, ma in tutte le parti del Regno, e fornisca cosi una rappresentazione la più completa che sia possibile, d/ella situazione economica, amministrativa, politica e finanziaria d'Italia. Siiratta Memoria sarebbe

per tal guisa meglio che una continuazione di quella dell'anno precedente: essa sarebbe una .specie di esposizione delle condizioni del Regno al principio del 1865 in confronto di queille delle epoche anteriori.

Lo scrivente stima pertanto utile di unire con preghiera di Testituzione alla presente una 'copia della prima Memoria, affinché codesto Ministero, scorgendo quanto in essa difetta, ;più agevolmente discerna quali notizie e quali dati debbano •comporre la nuova memoria. Gradirebbe poi il Sottoscritto che siffatte informazioni gli siano trasmesse prima del 10 gennaio, affinché il nuovo lavoro possa esseve compilato e distribuito per l'epoca in cui ricomincierà la sessione parlamentare in Francia ed in Inghilterra.

(1) -Cfr. Serie l, vol. IV, n. 298. (2) -Cfr. n. 459. (3) -Non pubblicato. (4) -Il dispaccio reca i numeri dal 164 al 171, secondo i vari ministeri.
469

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in Carteggi Nigra, pp. 173-175)

L. P. Torino, 13 dicembre 1864.

La ringrazio per la lettera sua ,partieolare del 7 corrente (1). Mi valgo del Cav. La Tour che si reca a Parigi per andare quindi al Messico onde trattenerla sul grave argomento di cui ella mi scrisse con lettere sue particolari del 19 (2) e 26 scorso Novembre (3). Ella capisce che io intendo parlal'e del riconoscimento del Regno d'Italia per paTte dell'Austria. Con mia lettera particolare del 23 novembre (4) io già le diceva come io scorgessi in quel ricon01scimento due gran vantaggi: il primo di levare ai Principi spodestati ogni speranza di ricuperare i loro Troni; il secondo di acquistare il diritto al Regno di Italia di entrare nel concerto delle grandi Potenze. A questi vantaggi incontestabili, bisogna pur aggiungerne un altro non meno importante nelle attuali nostre condizioni: quello cioè di rilevare il nostro credito, e assestare le nostre finanze. Ma queste coillsiderazioni quantunque importantissime non sono apprezzate che dagli uomini serii e moderati, e disgraziatamente abbiamo un buon numero di uomini poco assennati, che trattano le questioni politiche anche del maggior interesse con molta leggerezza e ÌIDIPrudenza, (e fra questi ve ne sono alcuni sventuratamente anche assai alto locati); per cui temo che per non capire o per non voler capive ragione riescano a sviare l'opinione pubblica, e incagliare viè maggiormente la macchtna governativa già inceppata da mille difficoltà. * Io non ho comunicato la ·Cosa che a due dei miei colleghi, coi quali cademmo d'accordo,

che essendo ormai prossime le nuove èlezioni, ci convenga per ora astenerci da qualsiasi trattativa per il riconoscimento dell'Austria, giacché non mancherebbero certamente gli uomini del partito avanzato, di accusare i moderati, e massime coloro che sono al Governo, dopo di aver abbandonato Roma, di sacrificare la Venezia; e, con queste accuse sviluppate e ricamate sotto tutte le forme e ·colori, noi rischieressimo di avere una nuova Camera r01s:sa, con tutte le deplorabili conseguenze che ne deriverebbero. Se le nuove elezioni riesciranno favorevoli, che si concentri cioè nella camera una forte maggioranza ragionevole, sarà allora il ·caso di esaminare la grave questione del riconoscimento dell'Austria * (1). Intanto badi che né la diplomazia né la stampa ufficiosa dell'Impero non ci compromettano. n Mémorial diplomatique giunto stamane ha un paio d'articoli che si riferiscono a quella questione, e non dubito che il Drouyn de Lhuys vi entri per qualche cosa giacché rimarcai in quegli articoli, non solo le idee, ma perfino alcune frasi di cui ella si è meco servito. Questo indugio mi sembra tanto più necessario che non so ancora fino a che punto possiamo contare sull'appoggio del Governo Inglese. Non già per il riconoscimento puro e semplice. In questo sono d'avviso che l'Inghilterra col suo attuale amor della pace, o per meglio dire con la sua sfrenata avversione per qualunque cosa che alla guerra possa condurre, •applaudirà a qualsiasi passo pacifico che noi facessimo verso l'Austria. Ma sulla cessione della Venezia, che noi in nessun modo possiamo perdere di vista, sembra che gli uomini di Stato d'Inghilterra in quelsti giorni abbiano anche un poco indietreggiato da quelle buone disposizioni che avevano prima dimostrato a nostro riguardo. Infatti io ho lungamente parlato con Pasolini, e confrontato i risultati della sua missione, con quanto ci scrive d'Azeglio sulle conversazioni recentemente avute con Palmerston e Russell, sembra be111Sl che di simpatia ce ne dimostrassero allora come ce ne dimostrano tutt'ora ma quanto ad agire anche solo diplomatkamente, appare che se al tempo di Pasolini non osavano compromettersi, ora si !rifiutano con buona grazia a qualunque iniziativa. Spero avrà rimarcato come abbia dichiarato al Senato che eravamo

sul piede di pace (2).

(AVV): • Il Ministro La Marmora ha avuta per un momento la velleità di rimettere sul tappeto la ritrita combinazione pel cambio della Venezia coi Principati danubiani, consultò il Sommo Paso!ini, ne scrisse ad Azeglio, che parlonne a Palmerston, ed a Nigra che ne tenne discorso all'Imperatore ed a Drouyn de Lhuys. Da Londra venne incaricato Lord Cowley di consultare in merito S.M. Imperiale, e qui l'azione di Nigra limitassi a procurare che la risposta non fosse contraria. Diffatto il Ministro inglese ha potuto scrivere al suo Governo che qualora l'Austria aderisse, e le popolazioni rumene consultate dessero il loro voto favorevole, la Francia non avrebbe difficoltà a seguire il Gabinetto di Londra su questo terreno. Ciò non è serio e l'Imperatore non consentirà a disfare nei Principati ciè che Egli bene o male vi ha stabilito.

Nigra, vedendo la poca o nessuna probabilità di successo in questa via, sconsigliò La Marmora dall'incominciare queste trattative, dacché egli, il Generale, diceva non voler rimanere al potere che il minor tempo possibile. Come si accordano poi questi pii desiderii di conciliazione coi suoi discorsi tenuti alla Camera? Questi in Austria produssero il più deplorabile effetto, furono approvati qui perché naturalmente il nostro antagonismo coH'Austria rende facile il maneggio della politica Imperiale •.

(1) -Cfr. n. 460. (2) -Cfr. n. 415. (3) -Non rinvenuta. (4) -Cfr. n. 418. (1) -Il brano fra asterischi è edito, con data 23 dicembre, in LA MARMORA, p. 40. (2) -Cfr. quanto scriveva Vimercati a Visconti Venosta in una l.p. datata dicembre 1864
470

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 92. Parigi, 13 dicembre 1864 (per. il 15).

Giusta le istruzioni contenute nel dispaccio direttomi dall'E.V. il 5 corrente mese N. 81 (Gabinetto) (1) ho pregato il Ministro Imperia1le degli Affa~ri Esteri di voler fare nuove pratiche presso il Governo pontificio per ottenere la liberazione dei condannati politici originarii delle lprovinde che formavano parte dello Stato pontificio e detenuti nelle prigioni tromane.

Ho diretto a questo intento al Signor Drouyn de Lhuys il dispaccio di cui

V.E. troverà qui unita una copia.

ALLEGATO

NIGRA A DROUYN DE LHUYS

(Ed. in LV8, pp. 121-122)

Parigi, 12 dicembre 1864.

Dès l'année 1862 j'ai eu l'honneur d'appeler l'attention du Gouvernement Impérial sur les individus qui ayant été condamnés pour crimes politiques sont détenus dans les prisons pontificales, bien qu'ils soient originaires des provinces qui font actuellement partie du territoire italien. Les démarches que j'ai eu l'honneur de faire à plusieurs reprises auprès du Ministère impérial des Affaires étrangères pour obtenir, par l'obligeante entremise du Gouvernement de l'Empereur, la mise en liberté de ces condamnés pour crimes politiques n'ont pu amener un résultat satisfaisant, par suite du refus du Gouvernement pontificai d'accepter aucune des conséquences matérielles des changements qui se sont produits en Italie. Cependant l'opinion publique n'a jamais cessé de se préoccuper du sort de ces individus, et récemment encore, à la Chambre des Députés, des interpellations ont été adressées à cet égard aux Ministres du Roi: Le Président du Conseil se borna dans sa réponse à exprimer la sollicitude du Gouvernement du Roi pour ces malheureux Italiens. Mais le Général La Marmora croit de son devoir de soumettre à V.E. par mon entremise les raisons de justice et de haute convenance qui doivent engager le Gouvernement pontificai à faire droit à nos réclamations à ce sujet.

Il y a surtout une considération dont la justesse et l'importance n'échapperont pas au Gouvernement impérial. Dans ces derniers temps un accord s'est établi indirectement, entre le Gouvernement italien et le Gouvernement pontificai, pour procédér à la restitution réciproque des individus condamnés pour crimes ou délits communs et détenus dans les prisons de l'Etat dont ils ne sont pas respectivement originaires. Sans déduire de ce fait une reconnaissance formelle de la part du Gouvernement pontificai des changements politiques survenus dans la Péninsule, on ne pent cependant contester que le Gouvernement du Saint-Siège n'a pu rendre au Gouvernement Italien les condamnés pour crimes et délits communs originaires des Marches et de l'Ombrie que par une seule raison, c'est-à-dire parce que ces provinces font partie actuellement du territoire italien. Le meme motif peut etre invoqué pour les condamnés pour crimes politiques. Un sentiment d'humanité nature! a toujours engagé les Gouvernements à traiter avec des ménagements et des égards particuliers les coupables de crimes et délits politiques. La conscience publique

ne saurait admettre que ces individus soient traités plus sévèrement que les condamnés pour crimes ordinaires. Le Gouvernment pontificai ne pourrait donc, après les précédents qui existent, continuer à se refuser à la restitution à nos Autorités des condamnés pour crimes politiques originaires des Marches et de l'Ombrie.

Ces considérations me font espérer que V.E. voudra bien avec son obligeance accoutumée donner à l' Ambassadeur de l'Empereur à Rome les instructions nécessaires pour obtenir du Gouvernement Pontificai la libération ou la consignation aux Autorités italiennes des individus dont j'ai eu l'honneur de l'entretenir.

En vous priant, M. le Ministre, de vouloir bien me mettre à meme de faire connaitre en son temps à S.E. le Général La Marmora si le Gouvernement de l'Empereur croit convenable de renouveler ses démarches à ce sujet...

(1) Cfr. n. 452.

471

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 94. Parigi, 13 dicembre 1864.

Pregiomi d'accusar ricevuta del dispaccio di Gabinetto N. 84 che l'E.V. mi diresse in data d«;). 10 corrente e col quale Ella mi comunica l'estratto d'un dispaccio diretto in data del 9 dello stesso mese alle Legazioni di S.M. in Gerlnania (1), in ordine al territorio triestino ne' suoi rapporti colla questione veneta. La ringrazio di questa comunicazione, di cui mi gioverò nelle mie conversazioni ,su questo a<rgomento col Ministro Imperiale degli Affari Esteri.

Dalle lettere del Marchese D'Azeglio, e dai discorsi da me avuti con S.E. il Signor Drouyn de Lhuys e con lord Cowley, seppi che lord Russell aveva scritto in via particolare all'Ambasciatore inglese a Parigi per domandare qual fosse il modo di vedere del Gabinetto delle Tuileries intorno al progetto d'un cambio della Venezia coi Principati Rumeni. S.M. l'Imperatore, che me ne parlò durante il mio soggiorno a Compiègne, e più tardi il Signor Drouyn de Lhuys dissero che s'era risposto dal Gabinetto delle Tuileries, che si approvava il progetto, con che però si tenesse conto della volontà delle popolazioni. Ma fu soggiunto che non era conveniente che la Francia pigliasse l'iniziativa d'una simile apertura presso il Gabinetto di Vienna, il quale non [pOtrebbe a meno di sentire con un sentimento di ,dignità offesa che la stessa potenza la quale colle vittorie di Magenta e Solferino tolse all'Austria la Lombardia, venisse ora a domandargli il cambio o la vendita della Venezia; 'che una tale iniziativa con minori inconvenienti avrebbesi dovuto pigliare dall'Inghilterra che non si trovava verso l'Austria in così delicata posizione.

Lord Cowley, ,con ·cui ho scambiato qualche parola sullo stesso proposito,

mi disse che, a suo giudizio, un cambiamento lento bensì ma continuo, andava

operandosi nella opinione pubblica a Vienna, in ordine alla questione Veneta e

nel senso d'una soluzione pacifica, ma egli crede che per ora sarebbe ancora im

maturo il mettere innanzi delle proposte a questo fine.

(1) Cfr. n. 463.

472

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, GAMBAROTTA

D. 10. Torino, 14 dicembre 1864.

Mi giunse regolarmente il suo Rapporto del 16 Novembre di serie Con

fidenziale (1).

In ordine al contegno del Signor di Beauval nella circostanza della missione del Generale Kaireddin, non è impossibile ·che siano domandati schiarimenti dal Governo Britannico a quello di S.M. l'Imperatore, ma, non :pare che esso sia per formare oggetto di formali reclami. Il Gabinetto delle Tuileries è poi sempre deciso ad impedire che a :poco a poco avvenga di Tunisi, ciò che di Tripoli accadde trent'anni circa or sono; ma non pensò mai di negare al Governo del Bey il diritto di mantenere colla Sublime Porta rapporti regolari e di inviare al Sultano missioni officiali e straordinarie.

Mi è poi riferito dalla R. Legazione in Costantinopoli che Kaireddin Pascià vi giunse il 25 Novembre !!JV. e vi fu ricevuto come incaricato di una missione di semplice •Cortesia, ed evitando ogni apparenza di negoziati qualsiasi. Egli ebbe dal Sultano ·cortese ed onorevole accoglienza, e gli fu aocordata ospitalità nello stesso Palazzo Imperiale in uno speciale Conak.

P.S. Le rammento che l'invio di telegrammi cifrati è riservato ai casi di reale urgenza ed importanza, ed in ogni caso essi vogliono essere redatti colla maggior brevità possibile.

473

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 77. Berlino. 14 dicembre 1864 (per. il 18).

Depuis mon retour à Berlin, j'ai déjà fait trois tentatives pour m'aboucher avec le Ministre des Affaires Etrangères. J'attends toujours une réponse à ma demande d'audience. C'est la première fois qu'il m'arrive qu'une semblable demande n'ait pas été aocueillie avec empressement par M. de Bismark. Je ne parle pas du court entretien que j'ai eu avec lui lors d'un diner qu'il offrait aux nouveaux Ambassadeurs de France et d'Angleterre. Il se réservait alors de me recevoir sous peu de jours.

Ces retards proviennent évidemment de l'embarras où il se trouve de me fournir des explications sur 1sa conduite dans les négociations commereiales. Il sait cependant que je m'abstiendrai soigneusement d'en souffler mot, à moins qu'il n'amène lui meme la conversation sur ce sujet. Au reste, comme je l'ai

dit aussi à S.E. il y a d'autres points sur lesquels un échange d'idées ofirirait quelque intéret et meme quelque utilité à nos gouvernemens respectifs.

Je tiendrais, entre autres, à signaler, avec la circonspection qui m'est tracée, quelques unes des considératioDJs si bien développées dans la dépèche (Cabinet) du 9 Décembre (1). Qu'il me soit permis d'ajouter que l'article concernant la situation de Trieste au point de vue international positif, a beaucoup fixé mon attention. Mais c'est là, pour le moment du moins, un noli me tangere. Une simple discussion académique sur ce point délicat, une simple mention de cette ville, éveilleraient des soupçons et des susceptibilités, sans nombre. Les opinions emises avec tant de vérité et de modération par V.E. au parlement sur la question circonscrite de la Vénétie, avaient cependant donné lieu à des commentaires qui passant par la bouche de nos ennemis à Berlin camme à Vienne, dénaturaient le sens et la portée de ses vues aussi justes que conciliantes. Ces commentaires, je me hate de le dire, n'ont porté coup ici ni à la Cour ni dans les régions officielles où le caractère de V.E. est hautement apprécié. Mais il n'en a pas été de mème en Autriche. Là, il est vrai, une certaine coterie dénigre systématiquement tout ce qui !Se passe chez nous. Ainsi je sais par le Baron de Werther Ministre de Prusse près la Cour Impériale que le parti rétrograde à Vienne a jeté les hauts c'Tis, et a presque vu une menace dans un langage qui n'avait ·pourtant en vue qu'une entente pacifique et réciproquement honorable

pour les deux Go.uvernements.

On a trouvé entre autres à rédir que V.E. eut mentionné l'Empereur Fran

çois-Joseph, absolument ,comme s'il y avait un manque de tad à nommer ce

Souverain à notre Tribune, ou 1sur nos bancs ministériels. Je n'ai pu m'empe

cher de répondre que 1ces critiques étaient inspirées par la mauvaise foi, ou par

des comptes-rendus inexacts de nos discussions parlementaires; que c'était pré

cisément parce que V.E. accordait des sentimeills élevés à l'Empereur d'Autri

che, qu'elle s'était montrée disposée, le cas échéant, à y faire appel en soumet

tant à S.M. un arrangement où la dignité des deux parties fUt sauvegardée.

Au reste M. de Werther était d'avis que le Cabinet de Vienne ne songeait

nullement à une cession à l'amiable. Le non possumus est de mise là comme à

Rome. Ses renseignemens portaient aussi que le Gouvernement Impérial n'avait

aucune intention de reconnaitre le status quo territorial de notre Royaume.

Le Holstein et le Lauenbourg ont été entièrement évacués par les contin

gents Saxon et Hanovrien. La Prusse et l'Autriche s'y iillstallent absolument

comme dans le Schleswig. Les officiers et sous officiers de l'armée prussienne

ont reçu l'autorisation d'y conduire leur famille, et de s'y établir comme si leur

séjour devait durer au moins troiJs ans. A lui seul ce détail indique que M. de

Bismark désire prolonger l'occupation, en calculant pour s'approprier les Du

chés de l'Elbe sur lè bénéfice du temps et des événemens.

Je continue avec toute la diligence possible mes préparatifs de départ. Bientòt aura lieu l'enchère de mon mobilier. V.E. aura vu par mon rapport commerciai N. 23 (1) que le directeur général des postes à Berlin désire que je ne parte pas avant que nous nous soyons entendus sur un projet définitif de Convention postale. Ma seconde dépeche confidentielle (1) d'aujourd'hui contient quelques détails au sujet de la Convention littéraire et du protocole.

P.S. Ci joint deux lettres transmises à Berlin pour les Comtes de San Marzano et Bricherasio.

(1) Cfr. n. 405.

(1) Cfr. n. 46.3.

474

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. P. CONFIDENZIALE Parigi, 16 dicembre 1864.

Ho l'onore di trasmettere a V.E. la copia che mi fu comunicata direttamente da S.M. l'Imperatore di alcuni documenti indicanti lo stato attuale e i disegni ulteriori del partito d'azione in Italia.

Prego l'E.V. di far uso confidenziale di queste informazioni...

ALLEGATO I

MAZZIN! A MOSTO (Traduzione)

Londra, 5 dicembre 1864.

Lisez l'incluse et faites la parvenir. Il est bon que vous sachiez la conduite que je tiens. Quant à vous, vous étes nòtre, mais répondez à ce que je demande dans mes lettres précédentes. Nous voulons triompher de nos adversaires; j'y consacre les derniers jours de ma vie. Aidez-moi.

Serrez la main, si vous pouvez les voir, à Tolazzi Andreuzzi et C. pour moi •.

ALLEGATO II

MAZZIN! A CAIROLI

(Traduzione)

Londra, 5 dicembre 1864.

Le mouvement du Frioul est terminé. A raison de l'estime particulière que j'ai pour vous, je vous dois compte de mes idées et de mes déterminations pour l'avenir; vous me ferez aussi connaitre les vòtres, et nous éviterons ainsi les interprétations injustes. Nous avons devant nous deux grandes questions: la question nationale et la question politique.

Cette dernière devient d'autant plus importante qu'elle devient de jour en jour le moyen le plus probable de résoudre la première.

Pour ma rpart, comme je vous l'ai déjà dit, je ne travaille rplus que républicainement: j'organise le parti républicain et je cherche à lui conquérir d'autres éléments.

Le premier travail est naturellement secret; le second travail d'apostolat est public.

Deux associations, toutes deux républicaines et unitaires, sont déjà en pleine activité en Italie: elles demandent à étre dirigées par moi. Laissées à elles-mémes elles se répandraient en bulletins imprudents etc. J'ai donc accepté, et j'entends les diriger vers un méme but, les étendre le plus que je pourrai, y affilier tous ceux de nos éléments qu'il me sera possible, et constituer une véritable force organisée.

Y entreront tous ceux qui promettront:

-de pousser à l'apostolat républicain unitaire;

-de prendre part à tout mouvement national qui surgirait dans l'intervalle et sous quelque drapeau que ce soit, mais en continuant l'apostolat tant que le but ne sera pas atteint;

-d'obéir aux instructions qu'ils recevront de leurs chefs de groupe en tant qu'elles ne seront pas en contradiction avec le but accepté ou repoussé par leur conscience;

-de garder le secret.

Des bulletins paraitront tous les quinze jours, soit de moi, soit du Comité centrai existant, qui doit rester secret pour tous et qui aura pour signature quelques lettres initiales.

Toute plainte, toute dissidence, tout conseil de modification, me sera adressé comme.au centre visible.

La Vénétie reste toujours le point objectif de l'agitation. Si jamais, ce que je crois très difficile aujourd'hui où on ne peut plus réunir une somme suffisante, on réussissait à faire un second mouvement plus fortement commencé, les associations agiraient pour l'appuyer; si le Gouvernement faisait opposition et qu'elles fussent assez fortes, elles agiraient contre le Gouvernement. Un coup d'Etat, une suspension des garanties, une nouveUe cession de territoire etc. seraient aussi des occasions favorables.

La supréme nécessité est de recueillir de l'argent; et ceci exige, comme condition première de conserver intacte et d'accumuler 'la presque totaHté des sommes recueillies. Si nous avions pu, griì.ce à des ressources réalisées, aider dès la première semaine, nos amis du Frioul en leur envoyant des volontaires, nous aurions probablement réussi à donner au mouvement des proportions importantes.

Inutile de se faire illusion sur les riches; inutile et honteux de faire des demandes en Angleterre ou ailleurs. Nous n'avons qu'un moyen, long, pénible, exigeant un travail constant; mais comme il est unique, il faut le tenter: nous affilier tous aux associations et les étendre; verser chacun une cotisation mensuelle; nous faire chacun centre d'un petit groupe qui verse au minimum un frane par mois pour la classe. moyenne et 50 centimes pour les ouvriers; chaque groupe provoquer des offrandes d'un frane ou plus de ceux ~qui bien que patriotes, craignent de se lier à une organisation; étendre, griì.ce à ce travail d'association, les contributions à toutes les petites localités. Cent mille affiliés ou contribuables étrangers donne

raient par an 1.200.000 francs; et si chacun de nous grand ou petit, dans le parti,

s'astreignait religieusement à former son groupe particulier, il ne serait pas im

possible d'atteindre ce chiffre. Le travail secret s'étendra particulièrement au midi,

pour en faire une base d'opération.

Par la nature de ce travail, vous voyez que je suis forcé d'agir, indépendant

de tout autre centre. Je demanderai tout d'abord aux individus influents que

j'estime, s'ils consentent à travailler fraternellement avec moi à l'entreprise.

C'est un devoir entre nous d'etre francs. Vous et vos amis, vous etes trop dévoués au pays pour ne point recevoir et discuter fraternellement ma proposition, comme j'interpréterai fraternellement le refus; je sais malheureusement que vous refuserez.

Comme Comité centrai, vous ne pouvez plus, selon moi, unifier le parti. La majorité veut un programme plus clair et plus hardi. Les associations qui finiront par réunir un grand nombre des n6tres, ne peuvent reconnaitre deux centres.

Comme individus, vous etes précieux, indispensables, et vous pouvez jeter un grand poids dans la balance. Selon moi, en vous dissolvant, vous vous délivreriez sans heurter personne, de toute relation inutile, dangereuse meme, d'après l'opinion du parti. Vous devriez le faire, et vous réunir ensuite sans bruit, en formant avec les meilleurs des Commissions spéciales ayant un but déterminé et en rapport avec moi.

Il faut un travail d'organisation entre les 20 ou 25 mille Garibaldiens de l'ancienne armée, la plupart dispersés, oubliés, ignorés. N'en réorganiserait-on que 2.000, ce serait déjà beaucoup; chacun d'eux pourrait ou entrer dans une des deux associations, ou se faire chef de groupe pour recueillir.

Il faut, comme je l'ai dit plusieurs fois, un travail systématique dans l'armée; ce travail est déjà commencé, mais il faut l'étendre.

Il faut des commissions de finances multipliées.

Il faut unifier la presse, et, en concentrant dans un petit nombre d'organes, toutes les forces, en faire une puissance. Le Diritto, en se maintenant sur le terrain plus indépendant choisi depuis la Convention; le Dove1·e, comme organe hebdomadaire; l'Unità Italiana, et, peut-etre, le Popolo d'Italia, devraient etre les organes du Parti, et unifier plus que jamais leurs tendances. Le Dovere manque de collaborateurs; il faudrait, en aidant à l'émission des actions, le mettre en état de rétribuer toute la collaboration; puis y collaborer, l'améliorer, lui rendre de l'importance. De tous ceux qui ont signé le programme, presque aucun n'y écrit: Guerzoni, collaborateur précieux, l'a abandonné; le Dovere existe, il est beaucoup lu et c'est une véritable

faute de l'abandonner.

Ces buts spéciaux et d'autres encore, devraient déterminer entre vous la formation de Comités spéciaux dans une zone définie pour ne point se heurter avec d'autres existant ailleurs.

Je n'ai pas besoin, en vous entretenant, de m'étendre. Les détails, si nous parvenons à nous entendre, viendraient plus tard. Je voudrais que vous communiquassiez ces vues à Guerzoni, Guastalla, Nicotera, Corte, Miceli, Bertani et à quelques autres de vos meilleurs et plus actifs amis. Je n'ai pas besoin non plus de vous dire que j'exclue de la communication non seulement Mordini, Crispi et autres semblables, mais aussi quelques uns parmi vos amis que j'estime, mais dont la tendance à une perpétuelle incertitude et timidité politique rend absolument inutile de discuter avec eux un travail camme celui que j'entreprends et que je vous

propose.

Ne soyez pas surpris si dans tout cela, je n'ai pas dit un mot de Garibaldi. Il a une position spéciale: chef naturel de toute action, il sera toujours pour nous le chef accepté de toute entreprise nationale et je n'avais pas besoin de le dire. Mais quant au travail proposé, il se trouve encore en face de l'Italie mécontente sous le poids d'une équivoque qui devrait avoir cessé depuis deux ans. Le travail incessant de ses plus chers amis, devrait etre de le lui faire peu à peu comprendre. Un mot de lui, conforme à notre programme, serait la plus grande conquete italienne possible. Et peut-etre nous l'aurons, mais non pas avant de lui avoir

prouvé que l'Italie active sent comme nous. Veuillez me répondre pour que je sache comment nous sommes entre nous. De quelque façon que ce soit, je vous extimerai et je vous aimerai, tout en déplorant que nous ne puissions pas marcher unis •.

(1) Non pubblicato.

475

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 985. Parigi, 18 dicembre 1864, ore 14,50 (per. ore 15,45).

Le bruit s'est répandu hier au soir à Paris qu'un attentat a eu lieu sur la personne du Roi qui aurait été blessé à l'épaule. L'Empereur et l'Impératrice ont envoyé demander des nouvelles. J'espère Dieu merci qu:n n'en est rien. Je vous prie de me télégraphier.

476

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. u. 487. Torino. 18 dicembre 1864, ore 17.

Rien de vrai dans bruit en question (1). Le Roi jouit parfaite santé.

477

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 78. Berlino. 18 dicembre 1864 (per. il 22).

A une récente réunion chez le Ministre de Russie, le Président du Conseil m'a nouvellemen~ e~primé ses regrets de mon départ, en m'assurant en meme temps qu'il ·conservait le meilleur souvenir de nos bons rapports.

A mon tour, je lui ai manifesté mes regrets de n'avoir pas eu jusqu'ici l'occasion de m'entretenir avec lui sur la ·situation actuelle, et de procéder à un échange d'idées sur quelques points ·qui de part et d'autre devaient fixer notre attention.

M. de Bismark se dirigeant alors vers une embriì.sure de fenetre, me dit:

• Rien n'est changé dans la situation réciproque de nos pays. Vous suivez, comme nous, une politique conforme à vos intérets. Rien de plus crationnel. Mais je puis affirmer qu'entre les deux Etats il n'existe aucune différence de ,principes. La Prusse pour ·ce qui la concerne est occupée des affaires Allemandes et à régler le sort des Duchés. de l'Elbe. Ces questions septentrionales ne vous touchent pas de près. Nos: relations avec l'Italie sont sur un pied qui n'exclue pas, le cas échéant, une entente. Au reste, on n'est pas toujours en mesure de sauter

le fossé. Les événemens sont bien plus suscités rpar Dieu, que par la volonté des hommes •.

• Oui, ai je répondu; mais il serait à désirer que dans ces événemerus la Prusse évitàt du moins de servir les convenances de l'Autriche, comme lors des incideiJJs pour l'acte de navigation du Danube, pour la question du montLiban, et enfin relativement à une troisième affaire (protocole commerciai) sur laquelle je n'entrerai pas en matière, sans y etre invité. Quels que soyent les ménagemens que comporte, jusqu'à un certain point, votre politique actuelle, votre rawrochement vers une alliée de circonstance, il serait essentiel que le Cabinet de Berlin n'eùt posé et ne posflt aucun acte de nature à compromettre les relations d'amitié qui doivent se maintenir soigneusement entre des alliés naturels. En un mot: le rprésent ne doi t pas préjudicier l'avenir •.

Le Prés.ident du Conseil saisissant l'allusion, me répondit qu'il n'y avait pas lieu de se préoccuper à ce sujet • Autant vaudrait-il nous juger capables de piacer entre les .mains d'autrui une déclaration de guerre, ou de lui mettre en poche une clef, avec la faculté de s'en servir comme bon lui semblerait •.

Je me suis empressé de rendre hommage à la perspicacité de M. de Bismark, et à son patriotisme l'un et l'autre trop marquants pour se preter à contracter des engagemens de la sorte. Aussi ma défiance se rportait-elle sur les manoeuvres de l'Autrkhe qui visait à des concessions moins de forme que de fond. N'aurait-elle pas spéculé sur le caractère généreux et cheva-leresque du Roi Guillaume, pour prendre acte, pour torturer le sens de paroles prononcées dans un moment d'entrainement après les victoires sanglantes remportées par des frères d'armes dans la ·campagne du Schleswig? Paroles qui seraient interprétées comme des promesses qu'on aurait bien soin de rappeler en tems et lieu.

S.E. m'a répété que la Prusse avait les mains libres dans le présent et

pour l'avenir, et il a ajouté ces mots: • Si nous eussions agi autrement on pourrait avec raison noUJs taxer d'imprudence. Ce serait absolument comme si nous eussions envoyé un blanc-seing sous enveloppe, en laissant toute liberté au destinataire de le décacheter et de s'en rprévaloir selon ses convenances. En d'autres termes, ce serait noUJs mettre à la merci d'une Puissance étrangère •.

Je n'ai pas insisté, d'ailleurs un importun est venu interrompre notre entretien que j'aurais voulu prolonger pour amener mon interlocuteur à émettre ses impressions sur la convention du 15 Septembre. Il ne m'est resté que le tems de témoigner mes regrets. les mieux sentis de n'avoir pas été servi assez à souhaits par les événemens, durant mon séjour à Berlin, pour voir se réaliser le plus cher de mes voeux: celui d'une entente des plus intimes contre notre adversaire commun et irrécondliable, tant qu'il n'aura pas renoncé à ses reves ambitieux en Italie aUJssi bien qu'en Allemagne.

V.E. aura remarqué que la Vénétie n'a pas été nommée une seule foi:s dans cette conversation qui se rapportait cependant de part et d'autre à cette question délicate. D'après le langage de M. de Bismark on devrait admettre qu'une garantie formelle n'existe pas. Mais il est prudent de n'accueillir ces assurances que rsous bénéfice d'inventaire. Il convient en tous cas de se tenir sur ses gardes; car lors meme que cette garantie ne serait pas stipulée par écrit, ou ne résulterait pas de promesses verbales, il ne faudrait pas moins nous dire qu'elle git dans la situation mème des choses, si non aux yeux de la Prusse, dumoins à ceux de l'Autriche. Cette Puissance connait la corde sensible du Cabinet de Berlin pour les Duchés; il lui répugne, il est vrai, de jouer le jeu de sa rivale et de la fortifier davantage dans le Nord de l'Allemagne; mais si Vienne se croyait sérieusement menacé dans ses ,possessions Italiennes, peut-ètre ne résisterait-il pas à la tentation .de jeter ses sc,rupules par dessus bord, et de réclamer au prix d'un abandon des Duchés, le mème concours qu'il a pn~té à la Prusse dans la dernière guerre. Le Cabinet de Berlin, présidé par M. de Bismark, répondrait peut-ètre non, parce qu'il trouverait l'occa:sion excellente pour montrer la porte à un copropriétaire qui aurait besoin de ses meilleures for,ces pour conjurer l'orage.

Malheureusement le Roi a des idées trop arriérées pour partager un avis qui lui semblerait 'Contraire à ses sympathies pour le maintien de l'accord entre les trois Puissances du Nord. Là est l'écueil où risquerait de se briser tout le savoir faire du Président du Conseil. Celui-ci d'ailleurs, dans la politique proprement dite d'un ordre Européen, n'a pas des principes arrètés. Ce qu'il veut, c'est l'agrandissement de son pays, per fas et nefas. Comme je l'ai maintes fois signalé, ses convenances sont ,sa règle de conduite. Avec un homme d'Etat sans préjugés, qui wse à laislser toutes les portes ouvertes pour arriver au mieux de ses intérèts, on a ,certainement quelques chances favorables. Mais il faut lui laisser franchir le Rubicon, avant de lier sa cause à la sienne. Jusque là la défiance est de la tsagesse. Depuis qu'il est au pouvoir il m'a d'ailleurs déjà fait bien des protestations de bon vouloir, parlois mème des ouvertures assez compromettantes si elles avaient été connues à Vienne et à Paris; mais ses paroles étaient démenties par les actes. Ainsi que je l'ai mentionné dans un autre rapport, pour asseoir un jugement en meilleure conna~ssance de cause, surveillons attentivement les phases ultérieures de la question des Duchés. Elles nous donneront peut-ètre une juste mesure tsur la solidité et l'étendue de l'alliance entre les grandes Puissances Germaniques.

En attendant les deux Cabinets se querellent, ou feignent de se quereller. A Vienne on se pose aujourd'hui comme offensé du résultat des dernières négociatioiJJs commerciales entre la Prusse et la France qui n'ont amené aucune concession réelle aux prétentions Autrichiennes d'un régime différentiel. La Prusse de son d)té semble irritée de ce que le Comte de Mensdorff n'entre pas dans les idées de M. de Bismark de prétendre que le Gouvernement Royal soit chargé de la représentation diplomatique des Duchés, et que le3 troupes du Souverain de ces pays soyent en quelque sorte incol1iporées à celles de la Prusse par une convention à peu près analogue à celle qu'elle a conclue avec le Duché de S.axeCobourg-Gotha. Le fait est que le propos suivant à été tenu récemment par le Roi vis-à-vis d'un diplomate Français, M. De Clercq: ns me le paieront. Sa Majesté relevait ain:si iles récrimination:s des agens Autrichiens re,Jativement aux protocoles explicatHs du Traité de commerce entre la France et le Zollvere,in, protocoles qui ont été signés la semaine dernière. Ce propos a été évidemment tenu, pour qu'il fut répété. Je n'ose ajouter que peut-ètre était ce un stratagème

pou:::-détourner les soupçons d'une alliance trop intime entre la Prusse et l'Autriche.

Un dernier détail. M. de Bismark s'est plu à me dire les choses les plus ilatteuses sur le caractère de V.E., qui est hautement apprécié à la Cour de Prusse.

En terminant ce rapport, qu'il me soit permis de féHciter le Ministère présidé par V.E. d'avoir conduit à terme, avec autant de tact et de mesure, les discussions parlementaires sur la loi du transfert de la capitale.

J'ai l'honneur d'accuser réception de la dépèche Cabinet N. 13 du 10 Courant (1).

(1) Cfr. n. 475.

478

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 938. Parigi, 19 dicembre 1864, ore 19,40 (per. ore 21,15).

J'ai fait connaitre confidentiellement à l'Empereur la difficile position. du Roi et la votre dans l'affaire des brigands, leUDS atrocités, et l'indilmation de l'opinion ~publique en Italie, j'aurai demain matin la réponse quelle que soit cette réponse, que vous enverra,i immédiatement. La manière dont j'ai soumis la question sauvegarde entièrement la dignité du Roi et du Gouvernement.

479

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 990. Parigi, 21 dicembre 1864, ore 18,45 (per. ore 20,25).

La réponse m'est enfin arrivée: l'Empereur apprécie lels observations que je lui ai fait soumettre et les difficultés très graves de la position; mais il m'a fait dire qu'il tient à la promesse du Roi à laque'lJe il ne saurait renoncer. Je vous enverrai les détaUs demain (2). On annonce comme décidée la nomination de M. Conti à la place de secrétaire de l'Empereur.

• -Pour nous, ainsi que j'ai eu souvent l'occasion de le faire observer à V. E., le fait do· minant de la situation Allemande, est le maintien de l'alliance de la Prusse avec l'Autriche. 'llliance bien plus de raison que d'inclination, mais qui n'en existe pas moins et a sa raison d'etre dans l'exploitation d'un intérét commun facile à expliquer. En effet, la Prusse. Pnvieuse comme elle l'est d'obtenir une extension de territoire. ne pourrait dans la questio':l des Duchés. se séparer de l'Autriche sans l'obliger à faire cause commune avec les Etats çi>condaires dans leur résistance aux ambitions Prussiennes qui en recevraient probablement un coup mortel. D'un autre coté l'Autriche, en se séparant de la Prusse, craindrait de jet<M" M. -de Bismarck dans les bras de la France et de orovoquer ainsi une rupture éclatante, dont le contre-coup se ferait immédiatement sentir en Vénétie. Pour le moment donc la prudence,aussi bien que l'intérét, conseillent aux deux Cabinets de Vienne et de Berlin de maintenh· intacte leur entente; et, malgré l'existence de rivalités et d'antipathies traditionnelles, l'o" re.e·arde ici comme certain. que, tant que aurera la question des Duchés, il ne faut s'attendre à voir surgir aucune divergence d'une importance décisive, de nature à altérer sérieusement leè!rS rapports politiques •.

(1) Si pubblica qui un brano del R. 75 di Barrai a La Marmora del 20 dicembre (AST, Legazione a Francoforte):

(2) Cfr. n. 481.

480

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI GAROFOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 993. Madrid, 22 dicembre 1864, ore 15,55 (per. ore 18,30).

Dans le discours de la Couronne on remarque ce passage: • La solution des affaires d'ltalie ayant été suspendue par des récentes combinaisons diplomatiques lorsqu'elles arriveront à une 1situation définitive mon Gouvernement les considérera au point de vue de la prudence la plus exquise sans méconnaìtre le respect et l'amour filial que l'Espagne comme nation catholique doit au père commun des fidèles • (1).

481

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in Carteggi Nigra, pp. 89-90)

L. P. Parigi, 22 dicembre 1864.

In seguito al di Lei dispaccio telegrafico del 19 corrente, feci fare all'Imperatore la commissione intorno all'affare La Gala. Valendomi delle di Lei istruzioni ufficiali, e per condurre le cose in guisa che, in caso d'un prevedibile rifiuto, non ne venisse a soffrire nè la dignità del Re, nè quella del Ministero, mi risolsi a far parlare all'Imperatore dal Dottor Conneau. Mi recai da questi lo stesso giorno; gli lessi quella parte dei di Lei dispaoci che poteva esser letta senza inconvenienti, gli esposi le considerazioni sviluppate nella memoria del Procuratore Generale di S. M. e lo pregai di esporre tutto ciò all'Imperatore e di domandargli se in vista delle atrocità svelate dal processo, e della giusta irritazione della pubbl1ca opinione in Italia, non fosse nell',interesse della giustizia, e in quello delle due Corone, di far sì che la vendetta della legge e della natura oltraggiata avesse il regolare suo co11so e non fosse impedita dalla promessa che l'Imperatore ottenne direttamente dal Re all'occasione dell'estradizione di questi ,scellerati. Affinchè il Dottor Conneau si ricordasse bene di quanto gli espo

« Volendo prevenire ogni interpretazione erronea che verrebbe facilmente data dalle Agenzie Telegrafiche particolari al paragrafo del discorso del Trono che riguarda l'Italia, ne spedii ieri per telegrafo a V. E. la traduzione letterale. Mi fo però oggi doverosa premuradi trasmetterle il testo spagnuolo di detto discorso, nel quale l'E. V. vedrà che sebbene l'aré:icolo in questione sia redatto in modo oscuro e dirò inesatto, pure si scorge dalla semplice sua inserzione il desiderio del Governo Spagnolo di abituare la Regina all'idea di un riannadamento di relazioni con l'Italia. Questa interpretazione mi venne, se non così chiaramente data, pure accennata dal signor Benavides Ministro di Stato, al quale particolarmente dimostrai la mia sorpresa per le parole • suspensos de resolucion • colle quali comincia l'alinea sopra l'Italia. '

Il signor Benavides non solo mi fece intendere quanto qui sopra indicai, ma volle, per spiegare quelle parole persuadermi che siccome il trattato franco-italiano è ancora il tema di tutte le discussioni egli non credeva poterlo tenere come un fatto compiuto. Non trascurai di far notare al signor Ministro non esser egli nel vero, però non credetti insistere maggiormente, riconoscendo che il Ministero spagnuolo già aveva ottenuto assai dalla Regina, facendole pronunciare solennemente il nome d'Italia, omettendo al tempo stesso di far menzione del potere temporale del Pontefice •.

nevo, gli ripetei ad uno ad uno i principali argomenti che spingevano il Governo del Re a desiderare la resiliazione della .promessa, e che si trovavano sviluppati nei suoi due dispacci (1) e nella memoria del Procuratore Generale. Il Dottor Conneau s'incaricò volentieri della .commissione, la quale ben inteso doveva essere puramente officiosa. Pregai il dottore di avvertirmi per un cenno, appena avesse parlato all'Imperatore, affinché trattandosi di cosa urgente io potessi telegrafare subito. Gli diissi dunque di mandarmi subito a chiamare, o di venire egli stesso se poteva, o di scrivermi due irighe. Il dottor Conneau non potè fare che la sera del 20 la commissione, e quando rientirò era ·troppo tardi perchè potesse venire da me o farmi venire da lui; mi scr~sse quindi il bigliettino che qui acchiudo, pregandola di ritornarmelo; ma il suo portinaio invece di portarmi il bigliettino nel mattino dopo per tempo, lo mise alla posta, e non mi pervenne che jeri sera. Però, senza attendere questo biglietto, essendo io inquieto di non aver ricevuto risposta, mi recai nella giornata di jeri a più !riprese dal dottore, e finii per trovarlo alle 5. Mi disse che era meravigliato che io non avessi ancora ricevuto il suo biglietto, e poi mi raccontò l'esito della commÌ!ssione fatta. L'Imperatore era al ·corrente del processo, giacchè i principali giornali di Francia avevano riprodotto i sunti della udienza della Corte di Santa Maria; disse che vedeva anch'esso gli inconvenienti e le difficoltà gravi della situazione, ma che esso considerava ·conforme alla dignità della sua Corona di mantenere la condizione della commutazione di pena, e che gli rincresceva di non poter nulla mutare al convenuto. Le cito le parole testuali del Dottor Conneau, le quali del re

sto trovai confermate nel biglietto di lui.

Continuano i dissensi tra Rouher e Drouyn de Lhuys. Il primo insistette di nuovo per uscire dal Ministero, come le telegrafai. Ma l'Imperatore gli scrisse jeri una lettera, che avrà per risultato di farlo rimanere, e così la composizione del Gabinetto rimarrà per ora come prima. L'uscita di Rouher sarebbe in questo momento per noi una vera disgrazia; giacchè non è dubbio che Drouyn de LhuYIS propenda per un accordo colle potenze cattoliche sulla questione romana.

Il Signor Conti, consigliere di Stato, nativo di Corsica, deve essere nominato segretario Capo del Gabinetto dell'Imperatore. E' uomo di sentimenti liberali e, dicono, onesto. Questa scelta è giudicata abbastanza favorevolmente.

Approfitto della partenza del Deputato Briganti Bellini per farle avere questa lettera e il dispaccio ufficiale che Le scrivo sull'affare La Gala.

(1) Cfr. il seguente brano del R. 46 di Cavalchini in data 23 dicembre:

482

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI

D. 22. Torino, 23 dicembre 1864.

L'incaricato d'Affari di Francia mi ha fatto conoscere la sostanza di un dispaccio direttogli recentemente da S. E. il Ministro Imperiale degli Affari Esteri in ordine agli affari di Tunisi (2).

Il Signor Drouyn de Lhuys aveva avuto da Lord Cowley comunicazione di un progetto di accordo tra la Sublime Porta ed il Governo Tunisino, onde sarebbero in avvenire regolati i reciproci rapporti tra loro. Questo progetto, la cui negoziazione saebbe stata affidata al Generale Kereddin, benchè la sua missione sia stata con tanta insistenza affermata dal Governo del Bey essere semplicemente una dimostrazione di ·cortesia voluta dagli usi, si riassumerebbe nei punti seguenti:

l) Diritto di successione confermato nella dinastia attuale.

2) Autonomia del Bey negli affari interni della Reggenza.

3) Libera nomina di ufficiali ed impiegati, fino al grado di Ferick.

4) Facoltà di mantenere i suoi rapporti esteriori.

5) Facoltà di negoziare e conchiudere trattati, salvo la ratifica del Sul

tano in caso di alleanza offensiva e difensiva, cessione di territorio, delimitazione di frontiere. 6) Il Bey al suo avvenimento al Trono domanderà ed otterrà l'investitura dal Sultano come per l'addietro. 7) Potrà il Bey recarsi a Costantinopoli, ma ogniqualvolta vi si recherà sarà ricevuto cogli onori dovuti ad un Principe Ereditario.

8) Abolizione dei presenti d'uso in ,siffatta circostanza, che saranno surrogati da un diritto annuo da pagarsi all'arsenale Imperiale a titolo di sussidio per la difesa generale dell'Impero.

9) Riconoscimento come per il passato per parte della Porta della bandiera tunisina. 10) Delegazione al Bey della facoltà di accordare decorazioni. 11) La moneta porterà l'effige del Sultano. 12) Le pubbliche preghiere \Saranno in nome del Sultano.

Il Signor Drouyn de Lhuys limitossi ad osservare all'Ambasciatore Britannico che il Governo Imperiale non avrebbe riconosciuto valido alcun cangiamento nello statu quo dei rapporti tra il Governo Tunisino e la Sublime Porta: Soggiunse ·che la prossimità di un grande Stato, in luogo· dell'attuale Reggenza, ai possessi francesi d'Algeria, avrebbe ·recato troppo gravi inconvenienti, perchè la Francia, amica del Governo del Sultano, potesse desiderare di aver confinante, in Africa, la Sublime Porta.

Di sifiatto colloquio il Signor Drouyn de Lhuys fece argomento di un dispaccio all'Ambasciatore di Francia presso il Governo Britannico, incaricando il Principe di La Tour d'Auvergne di far giungere al Gabinetto di St. James rappresentanze conformi alle dichiarazioni fatte a Lord Cowley.

Il Signor Drouyn de Lhuys dopo aver esposto quanto precede al Barone di lVIalaret, nel dispacdo di cui ebbi comunicazione, esprime la lusinga che il R. Governo sia per assodarsi al modo di vedere del Governo Imperiale nella presente circostanza, dichiarando esso pure di volere il mantenimento dello statu quo nella Tunisia.

17 -Documenti dt~!Dmati~i -Serie I -Vol. V

Il Rapporto N. 70 della serie politica, ch'Ella mi diresse in data del 2 corrente (1), ,constata essere pure avviso del Conte Russell che lo statu quo debba essere mantenuto nei ~rapporti tra la Sublime Porta ed il Governo del Bey.

Noi potremmo quindi aderendo al desiderio del Governo Imperiale, ritenere di essere d'aocordo col Governo Britannico. Difatti la dichiarazione che il Governo dell'Imperatore bramerebbe fosse fatta da noi, sarebbe esattamente conforme all'avviso manifestato dal Primo Segretario della Regina per gli Affari Esteri.

Nondimeno gradirei anzitutto che Ella sollecitamente mi fornisse la spiegazione completa dell'incidente sopravvenuto, ragguagliandomi particolareggiatamente circa la portata effettiva che il Governo Britannico annette a ciascuno degli articoli del progetto di modificazioni che si vorrebbero introdurre nei rapporti tra il Bey e la Sublime Porta, ed assicurandosi nel modo più preciso che sia possibile, degli intendimenti attuali del Governo della Regina.

Segnandole :rdcevuta del Rapporto N. 72 Politico del 15 corrente... (2).

(1) -Cfr. nn. 447 e 462. (2) -Del 20 dicembre, comunicato in copia da Rothan il 22 dicembre.
483

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 496. Torino, 25 dicembre 1864, ore 15,35.

J e suis surpris que journaux Paris continuent à commenter la circulaire faussement attribuée à M. Lanza et dont journaux sérieux en ltalie ont démenti existence. Confirmez à l'occasion que cette pièce est absolument apocryphe.

484

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 497. Torino, 25 dicembre 1864, ore 16,20.

Tachez savoir but voyage Malaret et s'il est vrai que plusieurs autres ministres de France à l'étranger soient convoqués à Paris par l'empereur.

(1) -Cfr. n. 446. (2) -Non pubblicato.
485

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 55. Londra, 25 dicembre 1864 (per. il 28).

Ho l'onore di acchiudere al presente rapporto la copia delle basi state recentemente proposte alla Francia per un accordo tra la Sublime Porta e la Reggenza di Tunisi, che jeri confidenzialmente il Principe La Tour d'Auvergne aveva la gentilezza di comunicarmi (1).

Questa proposizione, come V. E. non ignora, venne fatta al Gabinetto delle Tuileries da Lord Cowley e l'Inghilterra pretende di non esserne che l'intermediario, quantunque l'Ambasciatore di Francia sembri piuttosto indotto a crederla il risultato delle istigazioni del Console Britannico a Tunisi.

Egli non ·aveva ancora avuto a questo riguardo una conversazione con Lord Russell ed a.spettava istruzioni dal Signor Drouyn de Lhuys. Non dubitava però, stando alle ultime dichiarazioni di Sua Signoria, che il Governo Imperiale e quello di S. M. la Regina avrebbero finito per mettersi d'accordo nell'a\5settare una questione insorta ·a quanto pare, in realtà più per lo spkito di diffidenza e di sospetto che regna fra i loro rispettivi Rappresentanti in Tunisi, che per vero desiderio dell'Inghilterra di veder accrelsciuti i diritti della Porta sopra la Reggenza.

Tuttavia, in conformità delle comunicazioni fatte all'E. V. dall'Inviato Francese a Torino, il Principe La Tour d'Auvergne m'esprimeva come giammai il suo Governo avrebbe tollerato ogni più piccola alterazione avente ;per iscopo di estendere il dominio dell'Impero Ottomano sul territorio tunisino, per le gravi conseguenze che un tal fatto potrebbe avere rispetto ai possedimenti francesi nell'Algeria.

Leggevami anche il dispaccio rivoltogli dal Signor Drouyn de Lhuys in cui ira i molti argomenti addotti contro questo progetto notai il seguente: • Che la Porta, cioè, nel ·Cercare a spingere le sue frontiere sin verso i confini deLle provincie algerine, commetteva una grande imprudenza, e doveva essere troppo conscia delle calamità che la vicinanza della Russia già le aveva cagionato, per desiderar anche un istante ·di diventare limitrofa coi possedimenti di un altro potente Impero •.

Il Signor Drouyn de Lhuys terminava infine con queste ;parole il suo dispaccio al Prindpe La Tour d'Auvergne: • Dites à Lord Russell que nous portollls un trop grand intéret à 'la Turquie pour souhaiter de devenir ses voisins •.

Su tale questione certamente non verrà fatta nessuna concessione. Il Principe ignorava tuttora quali fossero i punti essenziali su cui le nuove basi proposte modificassero o mutassero lo • statu quo • esistente, né al Foreign Office lo mi si seppe dire. Gli articoli segnati a matita pajonmi quelli che realmente accorderebbero maggior potere al Sultano che per 1lo palssato, e cosi pure i due

ultimi, relativi al conio delle monete ed alle preghiere pubbliche. Spero di poter ottenere da Lol'd Russell delle più ampie informazioni, ed avrò cura di conformare il mio linguaggio alle istruzioni dall'E. V. comunicatemi per telegrafo, cioè che attenendosi alle dichiarazioni di Sua Signoria, il Governo del Re desidera sia mantenuto nella Reggenza di Tunisi lo stato attuale dei rapporti che la legano all'Impero Ottomano.

(1) Non si pubblicano perché contenute nel n. 482.

486

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 997. Parigi, 27 dicembre 1864, ore 18,40 (per. ore 19,45).

Malaret m'a dit qu'il était venu à Paris pour des affaires. Je tacherai de savoir s'il est venu pour autre chose. Jusqu'aujourd'hui il n'a pas vu l'EIDjpereur. Il y a toujours à Paris à l'occasion du jour de l'an quelques diplomates français, mais je puis vous assurer que Empereur n'a convoqué personne: chaque année on irépand le meme bruit et toujours sans aucun fondement.

487

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 170/74. Londra, 27 dicembre 1864 (per. il 30).

Non avendo stimato conveniente di ·recarmi da Lord Russell per parlargli di affari il giorno di Natale, ,gli rivolsi una lettera chiedendogli quali fossero le vedute del Governo Inglese intomo alla nuova fase in cui la quistione Tunisina pare sia per entrare, e S.S. s'affrettò di mandarmi la risposta, di cui già jeri aveva l'onore di telegrafare un sunto a V.E. (1).

Ora mi pregio farle pervenire la traduzione in disteso della lettera di Lord Russell, unendovi pure quella ch'io gl'indirizzai acciò V.E. possa formarsi un criterio esatto dei termini con cui il l o Segretario di Stato per gli Affari Esteri di S.M. Britannica formulò la sua risposta.

Verificandosi uguale a quella che V.E. già possiede, ometterò di mandarle la copia delle basi degli accordi tra la Porta e la Reggenza di Tunisi di cui è cenno nella lettera di Lord Russell.

Quest'oggi avendo avuto occasione di recarmi al Foreign Office vidi il Signor Layard (Segretario Generale per la parte politica del Ministero degli Affari Esteri) il quale mi disse aver fiducia che in codesta questione, il Governo del

Re andasse d'accordo coll'Inghilterra, non desiderando essa che veder regolarizzato, mercè alcune più precise dichiarazioni, lo stato attuale delle cose. Io gli feci notare allora ·che tale appunto essendo pure il desiderio dei Governi di Francia e d'Italia, eravi luogo a sperare che i tre Governi non avrebbero incontrato difficoltà a concertare fra di loro un'azione in comune.

Il Signor Layard mi osservò però come il Governo Francese intendesse affrancare interamente il Bey dai suoi obblighi vevso la Porta, circostanza che sarebbe 'contraria, secondo lui, agli interessi d'Italia e d'Inghilterra. Ma il Signor Layard è conosciuto per la sua diffidenza verso la Francia.

Per regolarità di corri:sa;>ondenza segno rkevuta a V.E. del dispaccio di Gabinetto N. 21 del1i 13 'corrente (1). Egualmente mi sono pervenuti .gli altri due dispacci ·di Gabinetto N. 22 e 23 (2). Non mancherò di comunicare il contenuto di quest'ultimo a Lord Russell. La informo intanto che il Signor Layard mi disse che gli avvocati della corona avevano finalmente emesso il loro parere sugli affari della Plata, e che me ne sarebbe mandata una copia il più presto possibile.

ALLEGATO I

MAFFEI A RUSSELL (Traduzione)

Londra, 25 dicembre 1864.

Reputando troppo indiscreto di venirle a parlare d'affari in un giorno di festa solenne come questo, prendo la libertà di rivolgerle il presente biglietto. S.E. il Generale La Marmora avendo avuto conoscimento dell'esistenza di un progetto per la conclusione di nuovi accordi tra il Bey di Tunisi ed il Sultano, bramerebbe sapere quali sieno le vedute del Governo Britannico in tale materia, ed inoltre, se questa proposta sia per mutare la sostanza degli attuali rapporti tra la Porta e la Reggenza.

Riferendosi alle dichiarazioni dalla S.V. recentemente espresse, che l'Inghilterra cioè, non desiderava altro tranne il mantenimento dello • statu quo • esistente,

S.E. il Generale La Marmora è d'avviso essere ugualmente negli interessi del Governo del Re di seguire una simile politica, e non esiterebbe perciò a pronunciarsi contro a qualunque disposizione che fosse per alterare essenzialmente la situazione presente delle cose.

Ove ciò non incomodasse la S.V. le sarei tenuto se volesse favorirmi un riscontro il più presto possibile.

ALLEGATO II

RUSSELL A MAFFEI

(Traduzione)

Pembroke Lodge, 25 dicembre 1864.

In risposta alla domanda che mi rivolgeste a nome di S.E. il Signor Generale La Marmora vi prego di aver la cortesia d'informarlo che appena io ricevetti comunicazione dal nostro Console in Tunisi come il Bey avesse mandato un Inviato a Costantinopoli latore di una proposta per la conclusione di alcuni accordi destinati a regolare i rapporti che esistono fra i due Governi, non mancai di subito portare un tal fatto al conoscimento del Principe La Tour d'Auvergne non che del Marchese d'Azeglio.

Avendo poscia esaminato le condizioni che si proponevano, mi apparvero essere interamente conformi alle relazioni che, senza essere da nulla regolate, pur da ~ungo tempo sussistono tra la Porta e la Reggenza di Tunisi. E siccome il Governo della Regina non desidera che s'introduca nessuna innovazione in ordine a tali rapporti, mandai il dispaccio del nostro Console a Parigi ordinando a Lord Cowley di pregare il Signor Drouyn de Lhuys a voler a sua volta esaminar gli articoli di questa proposta e se quindi il suo giudizio s'accordava col mio, e se trovava anche lui che essi non facevano ·che precisare più definitivamente dò che già esisteva da prima, io nutrivo speranza che il Governo Imperiale si unisse a noi nel consigliarne l'accettazione alla Porta ottomana.

Il Signor Drouyn de Lhuys promise di occuparsi di tale questione ma non mi è ancor dato sapere se abbia preso una decisione a questo riguardo.

Vi manderò domani una copia delle condizioni anzidette che vi sarei grato di trasmettere al Generale La Marmora acciò possa anche lui esaminarle e pronunciare il suo parere.

P.S. È bene che vi faccia notare come su questo argomento nessuna istruzione sia ancora stata mandata a Costantinopoli dal Governo di S.M. la Regina.

(1) Con t. 995, non pubblicato.

(1) -Cfr. n. 467. (2) -Cfr. n. 482. Il D. 23 non è pubblicato.
488

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO,

QUIGINI PULIGA

D. 6. Torino, 28 dicembre 1864.

J'ai reçu régulièrement vos rapports de la série politique jusqu'au N. 5 indUJSivement, et j'ai llu avec intéret les détatls que vous m'avez transm:is touchant l'Oukase Impérial du 27 Octobre 8 Novembre concernant les Couvents dans le Royaume de Pologne.

Vous savez que le projet d'Acte Public pour le réglement provisoire de la navigation du Danube, rédigé dès 1861 par la Commission Européenne de Galatz, a été l'objet de nombreuses objections de la part de la Sublime Porte. L'une de ces objections portait sur certaines dispositions qui auraient impliqué la reconnaissance d'un caractère international aux emplois d'Inspecteur Général de 1a Navigation du fleuve et de Capitaine du port de Sulina.

Les représentants des Puissances signataires du Traité de Paris à Constantinople ayant suocessivement modifié leurs demandes, et, par une Note collective du 20 Juillet 1864, s'étant bornés à reserver aux Puissances certains droits à l'égard de quelques mesures disciplinaires touchant le personnel, et à reclamer l'insertion d'une dause ~constatant le caractère international des Agents dont il est question, S.A. Aali Pacha vient d'y répondre par une Note circulaire du 29 NovembTe dernier, que S.E. le Général Ignatieff aura sans doute déjà portée à la connais:sance de son Gouvemement.

La Sublime Porte 'Consent enfin à ce que dans le Protocole final qui devra

etre dressé à l'occasion de la signature de l'Acte Public, une déclaration soit

insérée de nature à 'satisfaire, dans l'opinion du Gouvernement Ottoman, au

désir des Puissances garantes; il demeurerait toutefois entendu, ajoute la Note,

que l'lnsertion de ·cette déclaration ne devra .pas impliquer de la part de la

Sublime Porte la consécration à perpétuité du principe, ni apporter le moindre préjudice aux droits des Etats riverains et aux principes établis par le Congrès de Paris.

Le Gouvernement Britannique m'a déjà fait connaìtre confidentiellement par l'entremise de son MiniJstre à Turin, qu'il est disposé à accepter la proposition de la Sublime Porte.

Le Gouvernement Français a aussi manifesté son adhésion. Vous rpourrez à l'occasion me renseigner sur le jugement que le Gouver~ nement Russe porte sur le point en question. Vedi il seguito disp~Hx:,io N. 14 a Be11lino (1) dalle parole: • Dè:s: que le projet • alle parole • touche évidemment à sa fin •.

P.S. Les dernières nouvelles qui me parviennent de la Légation à Athènes et du Consulat à Corfou m'arpprennent que le désordre continue à régner dans les Iles Joniennes. L'administration nouvelle remplace les bons employés formés sous le régime antérieur par des créatures des divers chefs de parti à Athènes. La partie éclairée et aisée de la population est systématiquement écartée des affaires, et le bas peuple se porte souvent, comme dernièrement à Zante, à des excès déplorables. En vous signalant ces faits pou:r votre information, je vous prie de me faire connaìtre les appréciatiollis que l'on porte sur cet état de choses à Péter,sbourg. Vous ne devrez faire cependant à cet égard aucune démarche directe, puisque nous sommes entièrement étrangers aux actes diplomatiques qui concernent ces territoires (2).

489

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 69. Costantinopoli, 28 dicembre 1864.

Ebbi già a suo tempo l'onore di annunciare all'E.V. l'arrivo in questa metropoli dell'Inviato Tunisino il Generale Her-Eddin e di ragguagliarla sommariamente dell'oggetto della sua m~ssione.

Questo personaggio visitò quelli tra i Capi di missione i cui Governi tengono più stretto legame colla Reggenza di Tunisi. Perciò mi usò la gentilezza di visitarmi e non avendomi incontrato una prima volta di rinnovare l'atto cortese.

• Ho pure ricevuto il dispaccio n. 11, 26 detto mese, col quale l'E. V. mi annunzia la destinazione della R. Pirofregata • Italia • per istazione al Pireo; ed è per me assai gratodovere di esternarle la mia più viva riconoscenza per la bontà con cui Ella ha ben voluto apprezzare le osservazioni che avevo l'onore di sottoporre alla di Lei saviezza sullo stato attuale delle cose in Grecia.

Se per le condizioni speciali di questo stato noi non abbiamo una diretta ingerenza al pari delle tre potenze protettrici non è men vero però che in non pochi rapporti noi non siamo ad esse inferiori, quindi la presenza della nostra bandiera in questi mari sarà una provja che l'Italia non perde di vista un paese che, se non ora, certamente nell'avvenire è chiamato ad aver con essa i più stretti legami a preferenza di qualunque altra potenza •.

Interrogatolo sulle vicende di cui fu teatro la Reggenza sullo stato presente delle cose e specialmente su i recenti contrasti col Governo F,rancese, mi fu largo delle più esplicite spiegazioni.

Anzi tutto mi disse che le relazioni esistenti tra la Reggenza di Tunisi e l'Impero Ottomano sono quelle stesse che esisteva,no tre secoli e mezzo or sono, vale a dire che la Reggenza di Tuni:si si considerò sempre perfettamente autonoma all'interno e seppe sempre del pa~i far rispettare questa sua autonomia all'estero. Quindi non fuvvi mai discorso né di investitura da chiederJS!i al Sultano, all'avvenimento di un nuovo Principe, né tributo sia annuale sia est·raordinario da 1pagarsi, né di qualsiasi altro atto, nel quale potesse rac,chiude!"lsi un concetto di vassallaggio. Ammise l'inviato tunisino che ne' rapporti religiosi il Bey di Tunisi riconosceva nell'Imperatore degli Ottomani il Califfo, e come tale, ma esclusivamente ·come tale dovevagli ossequio, ma null'altro più. Esse11si, è bensì vero, trattato alcune volte di soccorso d'armi, ma anche in quelle occasioni il Bey di Tunisi agiva verso.il Sultano nell'istessa guisa che un Principe autonomo soccorre un Principe amico.

Toccò dappoi il Generale Her-Eddin di timo·ri espressi dalla Francia circa le intenzioni del Bey di Tunisi, di voler modificare questi suoi rapporti colla Sublime Porta, ed a questo proposito mi dichiarò ch'era ferma risoluzione del suo Principe di non alterare in nulla quei rapporti stante che non eravi motivo di farlo, e più ancora di non volere soffrire che altri s'ingerisse nelle cose sue. Non mi tacque l'impressione dolorosa provata· per la tentata violenza da parte dell'Agente Francese Signor Beauval, il quale colla minaecia cercò d'impedire la sua missione stante che all'atto stesso della partenza un ufficiale dello Stazionario francese presentassi al suo bordo intimandogli di non muoversi prima che il Governo Francese avesse fatto conoscere ciò che pensava di quel vaggio a Costantinopoli.

Il Generale Her-Eddin non tenne verun conto di quelle ingiunzioni, prese il largo ,col legno, quantunque lo Stazionario francese lo seguisse per oltre sei ore facendogli continuo segnale di fermarsi.

Accennò poscia a segrete mene francesi a cui attribuiva lo scoppio della ribellione e l'alimento che queLla ebbe per qualche tempo, né tacque degli sforzi per ispingere gli insorti 'contro gli Europei per avere poi motivo di operare ,sbal'chi di truppe. Aggiunse che i capi stessi della rivolta ciò confessarono offerendosi darne prova.

L'Inviato tunisino lodò assai il ·Contegno del Cavaliere Gambarotta, per la

cui opera conciliante il Governo tunisino nutre sin;cera riconoscenza.

Nell'atto di prendere commiato il Generale Her-Eddin mi disse che il Bey

di Tunisi aveva sommamente a cuore di conservare l'amicizia del Governo Ita

liano e .che a questo erano diretti tutti i suoi sforzi stante l'importanza degli

interessi che collegano la Reggenza all'Italia e 1stante l'appoggio ch'essa spera

sempre di trovare in una nazione tanto forte ed a lei così vicina.

L'inviato tunisino ripartì or sono pochi giorni, dopo essere stato decorato

dal Sultano ,coll'Osmanié di 2• classe. Durante il suo soggiorno in Costantino

poli fu trattato a spese della Casa Imperiale nel modo più onorevole. Pe11sonal

mente eziandio léliSciò gratis,sima impressione e per i suoi modi distinti e per il

suo linguaggio franco, leale e misurato ad un tempo.

(1) -Cfr. n. 492. (2) -Si pubblica qui un brano del R. 17 da Atene del 5 novembre 1864:
490

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora)

L. p. Londra, 28 dicembre 1864.

È stato generalmente uso di questa R. Legazione quando il Segretario ne ha

la reggenza ancorché per brevissimo tempo, di rivolger1si in taluni casi speciali

al Ministro per mezzo di lettera privata, potendosi in tal guisa aver maggior fa

cilità di spiegazioni su certi punti delicatissini, che nol permettano le forme di

un dispaccio ufficiale.

Inoltre, V. E. 'che ho il bene di conoscere da sì lungo tempo, vorrà spero

perdonarmi la libertà che prendo in vista del sentimento di divozione al paese

che me l'ispira.

Qualche giorno fa nell'aSisenza del Marchese d'Azeglio avendo dovuto scrive.re una lettera al Comm. Cerruti per alcuni affari credetti di dovergli fare, ad ogni buon fine, menzione di alcuni brani di una ·conversazione che aveva avuto con Lord Russell, in cui Sua Signoria ripetevami ·che la questione della Venezia non sarebbe stata •certamente dimenticata, e che tanto l'Inghilterra quanto la Francia non avrebbero mai cessato di cogliere l'opportunità per cercare di attenerne una pacifica soluzione.

La parte più rilevante di questo discorso era quella in cui Mylord dicevami essere d'opinione si dovesse ora cercare a diffondere ed a rendere popolare l'idea di un compenso da darsi all'Austria sul Danubio in iscambio dei suoi possedimenti Italiani.

Reputo pertanto dover mio rassegna.rle brevemente i seguenti cenni che riassumono un lungo colloquio che ho avuto jeri su questo importantissimo argomento col Principe La Tourr d'Auvergne, e che forse concorderanno coi ragguagli che da Parigi pervevranno a V. S.

Il Principe ·conveniva con Lord Russell nel rreputare conveniente di popolarizzare e spandere l'idea del compenso sul Danubio, ma trovava però essere ugualmente importante di non eccitare i tsospetti della Russia, e di non consultare per ora la Tur·chia la quale non poteva che essere sfavorevole ad un simile progetto e che non avrebbe mancato di porre in guardia il Gabinetto di Pietroburga. Da alcune parole sfuggite a Lord Russell m'è parso intendere che forse bramerebbe far inv·estigare quali sarebbero le intenzioni del Governo Turco, ed è su questo punto ·che l'Ambasciatore di Francia opinava che, prima di ciò fare, si dovesse concertare un piano qualunque coll'Austria.

Non :più tardi della settimana scorsa egli chiese a Lord Russell se aveva già avuto quaLche abboc'e31m;ento a questo riguardo ·coll'Ambasciatorre austriaco. Mylord risposegli di no, ma che lo avrebbe fatto appena rientrato a Londra, ciò che avrà luogo nel mese di Febbrajo all'epoca dell'apertura del Parlamento.

È increscevole però che in questa delicatissima questione Lord Russell non abbia a trattare con persona meno ostinatamente avvensa all'Italia che il Conte Appony, pokhé la presenza a Londra di un diplomatico Austriaco animato da idee più ·conciliative potrebbe... [par. ill.] momento produrre un gran bene al nostro paese.

Durante il prossimo mese di Gennajo V. E. vedrà se sarà il calso di far intavolare nuove pratiche confidenziali a Londra ed a Parigi. Dal modo con cui mi parlava l'Ambasciatore, il Governo Francese aspetterebbe con impazienza che l'Inghilterra prenda l'iniziativa. E' indubitatamente da deploral.'lsi che il Conte Clarendon abbia fatto valere in •consiglio l'idea dell'inutilità che un tal passo avrebbe :presso il Gabinetto Austriaco. Il Conte che fu nell'estate a Vienna è tuttora sotto l'impressione dell'ostinazione del Signor di Rechberg. Ma sarà il suo successore ugualmente sordo alla voce dell'antica alleata dell'Impero?

Passando ad altro argomento il Principe La Tour d'Auvergne di-cevami come alcuni giorni or sono gli fosse caduto in acconcio di chiedere all'Ambasciatore Prus:siano quale sarebbe l'attitudine del suo Governo se gl'Italiani insorgessero contro gl'Awstriaci per compieTe finalmente :la :l.oro ~indipendenza; quest'ultimo gli avrebbe risposto •che !Se nessun'altra ;potenza intervenisse in favore nostro, i Prussiani non avrebbero certamente preso parte alla lotta. Ma il Principe osservò allora al Conte di Bernstorff che, quantunque non facesse che esprimere un'opinione PTivata, poteva però aceertarlo che nella ipotesi d'una guerra, ove per sventura gl'Italiani toceassero una disfatta e gl'Austriaci varcaJs:sero i confini della Lombaxdia, non credeva vi fosse in Francia un solo uomo di Stato che non avrebbe consigliato all'Imperatore di prendere immantinenti le armi in difesa del suo alleato.

L'Ambasciatore Prussiano parve profondamente cOJlpito da queste parole, e non celò al Principe essere egli d'avviso ·che per il mantenimento del:l.a pace Europea fosse a desiderarsi taH pensamenti troppo non si divulgassero in Italia, ma questi fecegili al contrario osservare come nell'interesse istesso di quel!la pace fosse urge~te di trovare una soluzione alla questione del Veneto. Mi aggiunse quindi come avesse ·la convinzione che nessun patto esistesse tra Austria e Prussia per i possedimenti Italiani del:la prima, ed av·endo anche avuto occasione di conversare sullo stesso tema della cessione della Venezia coll'ambasciatore Russo, ebbe da lui l'assicurazione che ove mai il Governo Austriaco addivenisse ad un tal partito, non sarebbe ·certo il Gabinetto di Pietroburgo che ne lo distoglierebbe.

Il Principe La Tour d'Auvergne conchiudeva infine esponendomi nuovamente la necessità che vi era di circondare della massima segretezza ogni pratica relativa a questi negoziati, onde non perdere il frutto delle summentovate favorevoli disposizioni, ed evitare di suscitare prematuramente in seno al Reichsrath un voto contrario.

Eceole Eccellenza i ragguagli che ho stimato essere in obbligo di portare all'alto di Lei conoscimento.

491

PROMEMORIA DEL CONTE CSAKY

Torino, 28 dicembre 1864.

Les dernières nouveillets que nous venons de recevoir, ne laissent plus de

doute sur il.'intention du Gouvernement Autrichien de convoquer prochainement

la Diète Hongroise, et sur les efforts inouis qu'il fait, pour gagner les esprits et

s'assurer la direction des élections.

Cette situation renferme des dange11s sérieux, contre lesquels, il faut se

prémunir dès à présent.

Le Comité Hongrois est décidé d'user de toute énergie, de tout son pouvoir,

pour contrebalancer et pour anéantir les intrigues du Gouvernement Autrichien,

pour arriver siìrement à ce but, le Comité ne connait qu'un seui moyen, mais un

moyen infaillible, c'est: une entente définitive avec le Gouvernement Italien.

Soutenu matériellement et moralement par le Gouvernement Italien, le Co

mité exercera une telle influence sur le pays, qu'il restera maitre de la situation,

et darus ce cas, la convocation de la Diète Hongroise deviendra un événement

heureux, duquel il sera facile, au Comité Hongrois et au Gouvernement Italien

de profiter.

Si au 'contraire, le Gouvernement Italien abandonnerait dans ce moment

critique le Comité, la convocation de la Diète doit ètre envisagée comme un

malheur irréparable, car alors, la conscience et la probité politique défendrait

au Comité de soutenir dans le pays des espérances, que ni le Comité, ni ses repré

sentants à l'étranger ne pourraient plus partager; certes, l'Autriche profiterait

d'une telle situation pow-s'affermir aux dépens de la Hongrie et de ,l'Italie,

et rendre impossible pour longtemps peut-etre, à J'une de reconquérir (çon indé

pendance, à l'autre, de constituer l'unité italienne.

Nous croyons inutile de nous arrèter plus longtemps à la considération de la situation que nous venons d'esquisser, tellement elle nous parait claire et évidente; nous passons donc à l'indication des conditions sous lesquelles le Comité croit pouvok répondre d'un succès complet.

l • Vu les dépenses exorbitantes que le Comité doi t faire pour déjouer les intdgues de l'Autriche, telle que: gagner Jes employés etc. le Comité espère que le Gouvernement Italien voudra bien lui venir en aide pendant tro1s mois par une subvention mensuelle de 50.000 fr. savoir:

le 1•r février 1865 -50.000 fr. le 1•r Ma11s 1865 -50.000 fr. et le 1•r avril 1865 -50.00() fr. et outre cela ... 500.000 fr.

aussitot que le décret de convocation de la Diète paraitra; cette demière somme est destinée exolusivement pour faire de ila propagande nécessaire dans les collèges électoraux de nationalité roumaine.

2" Pendant le temps qui s'écoulera entre la convocation et la réunion de la Diète Hongroise, le Gouvernement Italien devrait se décider pour l'un des deux projets suivants:

a) Aussitòt la Diète réunie, on amenerait sa dissolution par une manifestation éclatante quelconque, et le pays prendrait immédiatement les armes ou bien: b) Faisant semblant de se rapprocher de l'Autrkhe, on trainerait la Diète jusqu'à l'hiver, et ce n'est qu'alors que l'insuvrection aurait lieu.

3" S.i le Gouvernement Italien se décide pour le premier projet les conditions suivantes arretées déjà avec le ministère précédent lseront exécutées immédiatement, savoir:

a) Outre les 6000 fusils expédiés et en expédition, dépòt de 4000 fusils aux embouchures du Danube.

b) Achat de 10.000 fusils du prince Miche!.

c) Intervention auprès du prince Couza pour obtenir des fusils.

d) 2.500.000 fr. pour le Comité Hongrois.

e) 500.000 fr. pour l'expédition en Croatie Esclavonie et Dalmatie.

Si au contraire, le second projet est accepté, le Gouvernement Italien mettra à la disposition du Comité Hongrois après l'ouverture de la Diète

500.000 fr. et toutes les autres conditions seront accomplies successivement, jusqu'au terme fixé d'avance pour le commencement de l'insurrection.

4" En tout cas, le Gouvernement Italien aacordera au Comité Hongrois les memes garanties qui ont été stipulées avec le ministère précédent, et acceptées par ce dernier, savoir:

a) Tout ·en ·restant juge de l'opportunité de déclarer la guerre à l'Autriche, le Gouvernement Italien la guerre une fois éclatée, reconnaitra l'indépendance de la Hongrie et le Gouvernement provisoire.

b) Le Gouvernement ItaUen opérera un débarquement sur les còtes de la Dalmatie.

;C) le Gouvernement Italien garantira au Gouvernement provisoire un emprunt national de 50 milLions de florins.

Le Comité s'abstient de recommander au Gouvernement Italien l'acceptation du présent projet, par l'énumération des nombreux avantages qu'il offre a la cause commune de l'Italie et de la Hongrie, il ne se permet qu'une observation, c'est, qu'en des cil'constances pareilles, en 1861, le Comte de Cavour accordait sans hésitation, tout ce que le Comité Hongrois lui demandait, il faisait des sacrifìces dans un moment où la situation politique de l'Italie était beaucoup moins menaçante qu'aujourd'hui, où, grace à la manière malheureuse dont les affaires de la Hongrie ont été dirigées pendant la guerre de 1859 on était dans l'incertitude sur l'opinion publique de ce pays, et tout cela, ISUr la proposition d'un Comité à peine constitué, les fruits de cet acte de haute perspicadté politique ont été: l'issue ·connue de la Diète, de 1861, et la résilstance acharnée que la Hongrie oppose jusqu'à ce jour à toutes les tentatives de l'Autriche.

Aujourd'hui la 1situation a ·changé de beaucoup, le moment où les destinés de l'Italie doivent s'accomplir, ne peut plus etre longtemps ajourné, la volonté ferme et unanime des Hongrois de se débarrasser de l'Autriche ne peut plus etre mise en doute, enfi:n, le Comité Hongrois pendant une existence de 4 années a donné mainte preuve de l'influence et du pouvoir qu''il. exerce danJs son pays.

Il est donc hors question que le Gouvernement ItaUen trouve toutes les garanties possibles, que le présent :projet, une fois accepté -sera exécuté con.sciencieusement et vigoureusement par 'le Comité Hongrois, et couronné d'un succèis qui doit assurer à la Hongrie et à l'Italie à l'une indépendance, à l'autre l'unité nationale.

492

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, E AI MINISTRI RESIDENTI A CARLSRUHE, OLDOINI, E A FRANCOFORTE, DE BARRAL

D. (1), Torino, 29 dicembre 1864.

J'ai reçu vos rapports de la Série Confidentielle portant les N. 76, 77 et '78 (2) (tpour Berlin) N. 74 et 75 (3) (pour Francfort) N. 29 à 34 (4) (pour Carlsruhe) et je vous remercie des intéressantes communications q_u'ils contiennent.

Dès que le projet de loi relatif à la translation de la Capitale à Florence eut été voté par les deux Chambres et sanctionné par le Roi, le Ministre des Travaux Publics a :pris toutes les mesures nécessaire1s pour que la loi reçut son exécution dans le terme fixé. Les préparatifs d'installation sont ,conduits, à Florence, avec la plus grande activité, afin que, dès le l er Mai prochain, la Cour et le Gouvernement puissent tse transporter dans la nouvelle capitale.

Le Parlement va reprendre ses séances dans peu de jours. Le Ministère a porté toute son attention sur la situation financière du Royaume, et sur les lois d'unification administrative et législative qui doivent présider à la nouvelle t>haJse qui s'ouvre pour notre organisation intérieure. Je ne puis entrer ici dans le détail de ces lois, les débats du Parlement vous éclaireront à ce sujet, et il suffira que, pour ma part, je vous en aie indiqué le sens général.

La :situation intérieure du pays est, d'ailleurs, satisfaisante à tous les points

de vue. Ainsi, les nouvelles du brigandage deviennent toujours meilleures. Ce fléau est décidément en pleine décroissance, des captures importantes ont été opérées dans ces derniers temps, et il y a tout lieu d'espérer que la nouvelle année ne verra pas se renouveler cette recrudescence d'a:ttentats, qui s'est produite à chacun des dernie11s printemps. Traqué sur notre territoire, le brigandage en vient maintenant aux mains avec les détachements français; réduit ainsi à exploiter le territoire d'où il était déchainé sur nous, ce fléau touche évidemment à sa fin.

(Pour Berlin). Bien que je n'aie, en ce qui concerne l'Allemagne qu'à vous remercier de vos informations et non pas à vous en donner, il sera cependant peut-etre intérestsant pour vous, M. le Ministre, de connaìtre le langage tenu par le Baron de Roggenbach au Marquis Oldoini.

(Pour Francfort). Dans ce moment où l'attitude des Etats secondaires de l'A:llemagne est particulièrement intéressante, il sera peut-etre utile pour vous,

M. le Minilstre, de connaitre sur ce sujet il'opinion de M. de Roggenbach.

(Pour Berlin et Francfort). Le Ministre des Affaires Etrangères du Grand

Due pense que la IPOlitique suivie actuellement par les Etats secondaires vis-à-vis

de la Prusse, est non seulement peu pratique et peu utile, mais mème dangereu

se; il estime que ces Etats devraient faciliter à M. de Bismarck la modération

dans la victoire en faisant à la Prusse des concession:s relativement aux garan

ties militaires et maritimes qu'elle désire obtenir dans les Duchés. Ce serait là,

d'après M. de Roggenba·ch, le meilleur moyen d'aplanir la voie à la solution de

la question de oouveraineté. S.E. ne croit pas, d'ailleurs, à la réussite du fameux

projet de la Triade; le .sort des Duchés est, à son avis, entre les mains de la

Prusse et de l'Autriche, et en faisant, en quelque sorte du Due d'Augustenbourg

un homme de parti contre le Cabinet de Berlin, on risque fort de susciter des

complicationts sérieuses pour la Confédération germanique (1).

(Pour Berlin). Lord Cowley a été chargé récemment par son Gouvernement de présenter à M. Drouyn de Lhuys un projet de règlement des rapports du Bey de Tunis avec le Sultan. Le Cabinet des Tuileries a jugé à propos de rappeler à ce sujet qu'il ne consentira en aucun cas à ce que le statu quo dans la Tunisie soit modifié, et c'est dans ce sens que le Mini:stre Impérial des Affaires Etrangèr~s a répondu à la communication de ll'A:mbassadeur d'Angleterre. Les deux Gouvernements et le Gouvernement du Roi n'ont, d'ailleurs, pas encore examiné et apprécié en détail le projet de règlement dont il s'agit; mais il est probable qu'ils tomberont aisément d'accord, l'Angleterre et la France ayant, comme nous, déclaré à plu:sieurs reprises, en prindpe qu'elles voulaient maintenir le statu quo dans la Régence.

(Pour le reste de la dépèche adressée à Berlin, voir la dépèche N. 6 expédiée à St. Pétersbourg le 2·8 Décembre 1864 (2), des paroles: • Vous savez que le projet •, aux paroles • Gouvernement russe porte sur le point en question • ).

(1) -A Berlino e Francoforte il dispaccio fu inviato col n. 14 e a Carlsruhe col n. 17. (2) -Cfr. nn. 461, 473, 477. (3) -Non pubblicati. (4) -Cfr. nn. 390 e 457, gli altri rapporti non sono pubblicati.
493

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, GAMBAROTTA

D. 11. Torino, 29 dicembre 1864.

L'Ambasciatore di S.M. Britannica in Parigi ha comunicato, per ordine del suo Governo, al Minilstro Imperiale degli Affari Esteri un progetto di accordo tra la Sublime Porta e la Reggenza di Tunisi, per cui sarebbero in avvenire stabilmente regolati i rapporti tra il Governo del Sultano e quello del Bey. Il Signor Drouyn de Lhuys, ricevendo siffatta comunicazione, si limitò a ripetere essere ferma intenzione del Governo Imperiale che lo statu quo sia mantenuto

nella Tunisia, e facendomi indi conoscere le progettate stipulazioni per mezzo dell'Incaricato d'Affari, ,che (fegge le Legazione Imperiale durante l'assenza temporaria del Signor di Malaret, mi ha pure espresso il desiderio che il Governo del Re a 'sua voilta si pronunci apertamente rpel mantenimento dello statu quo negli affari della Reggenza. Il Min~stro Imperiale degli Affari Esteri nel suo dispaccio al Barone di Malaret, afferma che il Generale Kereddin, la cui missione a Costantinopoli fu fatta credere da :codesto Governo una sempHce dimostrazione di cortesia voluta dagli usi, avrebbe avuto invece l'incarico di negoziare proposte di natura tale da modi:IS~care lo statu quo nella Reggenza, e soggiunge che già fece dichiarare dal suo Ambasciatore presso la Sublime Porta che la Francia avrebbe considerato come non avvenuto qualsiasi fatto contrario al principio del mantenimento dei rapporti attuali tra il Sultano e la Reggenza.

Mi risulta d'altronde che Lord Russell al quale il progetto d'accordo sarebbe stato trasmesso dal Signor Wood, ha dichiarato al Principe La Tour d'Auvergne che ·l'Inghilterra voleva pure il mantenimento dello statu quo neilla Tunilsia. La stessa dichiarazione ha egli ripetuto al nostro Rappresentante, cui soggiunse che le stipulazioni in questione erano state proposte dal Governo del Bey, e che egli le crede conformi alla situazione presente, cui darebbe soltanto stabile assetto.

V'ha dunque un punto in ordine al quale e Francia ed Inghilterra convengono, nel mantenimento cioè dello statu quo nei rapporti tra la Porta e la Reggenza. È quindi 1sperabile ·che non si tarderà ad ottenere un a·ccordo colllJ)leto, segnatamente dappoiché il prossimo arrivo costì del Signor Duchesne de Bellecour, che mi è ufficialmente comunicato, ponendo fine alla Reggenza temporaria del Signor di Beauval, toglierà quelle fra le ragioni di dissi<lli che pajono nascere da motivi personali.

Il Governo del Re per parte sua non ha (fagione di scostar:si dalla linea di condotta seguita finora; egli ha sempre dichiarato di desiderare il mantenimento dello statu quo, ed Ella dovrà in genere sempre pronunciarsi in questo senso.

In quanto al giudizio da recare sulla opportunità del progetto di accordo in questione, e sulla portata dei singoli articoli di esso, è questo argomento da esaminarsi maturamente. La .prego adunque di vOiler attentamente esaminare il più volte citato progetto, di cui Le trasmetto qui unita una copia, e di riferirmi l'opinione sua, di indagare ·colla debita prudenza e riserva qual l9ia quella dei Consoli esteri e quella del Governo del Bey sull'importanza, segnatamente nelle pratiche conseguenze, dell'accettazione, sia del complesso che delle clausole speciali del progetto. Vorrà poi V.S. Illustrissima trasmettermi ogni notizia che si riferisca alle ·circostanze di fatto che accompagnarono la formazione del progetto in discorso (1).

(1) -Per l'intero contenuto del colloquio Roggenbach-Oldoini cfr. R. confidenziale 34 del 20 dicembre, che non si pubblica. (2) -Cfr. n. 488.

(1) Analogo dispaccio venne inviato il 30 dicembre a Greppi col n. l. Un riassunto di questi dispacci è edito in LV 8, pp. 378-379.

494

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 97. Parigi, 29 dicembre 1864 (per. il 31).

L'Enciclica dell'8 Dicembre ha prodotto in Francia un sentimento generale di sorpresa. Il silenzio serbato dal Governo Pontificio sulla Convenzione del 15 Settembre aveva dato pretesto a molti di credere che il Papa avrebbe accettato con passiva ras.Segnazione e senza proteste clamocrose la 6ituazione politica che gli veniva fatta. Il partito che vuole salvar soprattutto quello che rimane del potere temporale e ch'è rappresentato dal Giornale La France cel'cava di far credere ad un accordo vieppiù intimo fra il Governo Imperiale e quello della Corte Romana fondato sul!la pretesa rinuncia dell'Italia ai suoi diritti su Roma: esso si lusingava che il Papa avrebbe perfino accettato ed meguito dal suo lato la Convenzione, purché H dominio di Roma gli fosse guarentito dalle Potenze Cattoliche. Tutte queste supposizioni svanirono innanzi a codesta nuova e completa rivendicazione dei diritti della Chiesa, quale fu costituita nel medio evo: il disordine prodotto dall'Enciclica in quella parte del partito clericale che accetta l'Impero pul'ché serva i suoi interessi fu così grande che il giornale del Signor Lagueronnière fu costretto à dichiarare ch'esso professava le massime del cattolicismo gallicano di Bossuet e non quelle di cui l'Enciclica è la solenne dichiarazione. Gli organi stessi del partito ultramontano sono imbarazzati; il Monde soltanto si abbandona a manifestazioni entusiastiche; ma la Gazette de France non sa celare la sua esitazione e si limita ad opporre altre citazioni di Bossuet alla di•chiarazione gallicana del 1682 citata dalla France.

I giornali del partito liberale, unanimi nel ·condannare l'Enciclica, fanno osservare con ragione ch'essa non rsi limita a ·Condannare le massime e le teorie dell'odierna ·civiltà ma ripudia altresì parecchi dei principii che formano la base dei Concordati e costituiscono gran parte del diritto ecclesiastico interno degli Stati d'Europa.

L'articolo del Constitutionnel d'oggi palesa in qual modo il Governo Francese abbia giudicato la dichiarazione di principii contenuta nell'Enciclica. Dopo avere esitato alquanto a permetter.e la sua pubblicazione, ed aver tentato con qualche articolo del Pays di ridurne il valore ad una semplice manifestazio!le dottrinale destituita di sanzione canonica, il Governo Francese si decise a lasciar pubblicare l'Enciclica ed a permetterne l'esame e la condanna per parte dei giornali, riservandosi probabilmente di non accordare l'exequatur per la pubblicazione che se ne volesse fare dai vescovi nella forma canonica.

S.E. il Signor Drouyn de Lhuys col quale io ebbi oggi una conversazione su questo argomento, mi tenne un linguaggio conforme in sostanza all'articolo del Constitutionnel d'oggi. Ma soggiunse che questo fatto non avTebbe modificato la ·condotta del Governo Francese vel'lso la Santa Sede e che il miglior partito a prendere era quello di non dare importanza a questo documento. Egli mi lesse inoltre un dispaccio indirizzato al Conte di Sartiges in data del 27 dkembre, col quale il Ministro Imperiale degli Esteri rammarica che la Corte di

Roma abbia con questo nuovo atto resa più difficile la missione che il Governo

Francese ,si era assunta di mantenere l'autorità del Pontefice. L'Enciclica, dice

il Signor Drouyn de Lhuys, non condanna soltanto delle massime teoretiche e

dottrinali: essa cerca aJ.tresì di scalzare dei prindpii che si possono ormai con

siderare come definitivamente acquisiti e conJsacrati dall'ordinamento politico

degli Stati Europei.

Da quanto precede, l'E.V. potrà desumere che la pubblicazione dell'Enciclica avrà per noi qualche risultato favorevole. Essa renderà probabilmente più facile ai Ministri francesi la difesa della Convenzione innanzi al Senato ed al Corpo Leg1slativo e d1sanimerà quelLi fra gli oratori dei partiti avversi al Governo che avrebbero fatto della stLpulazione del 15 Settembre il tema principale dei loro discorsi nella discussione dell'indirizzo.

495

IL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI

L. P. CIFRATA. Belgrado, 29 dicembre 1864.

Dans une longue conversation avec M. Garachanine l'occasion de tater le terrain pour l'achat des armes s'est présentée si favorable que je n'ai pas pu m'empècher d'en .profiter. Nous aurons les armes si nous y songerons quelqnes mois d'avance. On les tirera de l'Autrtche mème, moyennant vingt florins (papier) chaque fusils (43 franc!s à peu pres) remis en Serbie par contreband francs de toute dépense et au risque du vendeur; et peut-ètre mème à un prix plus bas.

M. Garachanine s'offre à nous faciliter cette affaire, mais il faut s'y prendre d'avance m'a-t-il dit, car lorsque la Hongrie s'agitera les frontières militaires seront plus surveillées. Le Gouvernement serbe s'est procuré de cette manière quelques millions de fusils à vingt florins et ls'iJ. n'en a pas introduit davantage c'est qu'il n'avait plus d'argent pour en acheter.

M. Garachanine m'a dit qu'il nous aidera puissamment pour que l'affaire réussisse et moi j'ai l'honneur de dire à V. E. que j'espère d'avoir les armes d'une manière ou de l'autre et mème sans argent si les vingt mille fusils pouvaient arriver avant le commencement des hostilités, chose imposl3ible si eUes éclataient au printemps.

M. Garachanine 1se plaint du peu d'empressement que les Hongrois mettent à la stipulation de la Convention que Vous savez; cela fait du tort aux Hongrois. .Je lui ai fait observer, en ,lui montrant le paquet cacheté que j'ai apporté pour l'agent hongrois, que je l'attenda1s d'un jour à l'autre.

496

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI

T. 498. Torino, 30 dicembre 1864, ore 12,20.

Reçu votre dépèche 74 (1) et annexes. La réponse de Lord Russell signifierait que marquis d'Azeglio a eu communication en mème temps que La Tour

d'Auvergne, que la mission d'un envoyé du Bey à Constantinople avait pour but conclusion d'accordts destinés régler rapports entre Bey et Sultan. Je désire éclaireissements là-dessus, n'ayant reçu de cette légation aucun avis que tel était but mission Kecreddin.

(1) Cfr. n. 487.

497

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 1001. Londra, 30 dicembre 1864, ore 15,35 (per. ore 19).

Lord Russell m'a dit un jour, en réponse à une question faite par moi, que clès qu'H ·saurait à quoi s'en tenir sur la mission de Kereddin m'en aurait fait part ainsi qu'à ambassadeur de France, la ·Chose en est restée là je vais lui demander ce qu'il a entendu dire dans sa lettre.

498

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO (Ed. in LVB, pp. 292-293)

D. 24. Torino, 30 dicembre 1864.

Il Signor Elliot è venuto ad intrattenermi di un ineidente relativo all'Atto Pubblico del Danubio.

Con una Nota Collettiva in data 20 luglio p.p. i Rappresentanti delle Potenze segnatarie del Trattato di Parigi in Costantinopoli rinnovarono la domanda, già stata in addietro re!Spinta dal Governo Ottomano, che in un Protocollo, che sarebbe stato redatto in occasione della firma dell'Atto Pubblico del Basso Danubio, fosse !inserita una clausola constatante aver carattere intemaziona:le così l'uftìicio di ~ispettore Generale della navigazione del fiume come qucllo di Capitano del porto di Sulina : in quella nota collettiva erano pure mantenute alcune riserve •Consegnate nel progetto di Atto Pubblico, per cui, in dipendenza appunto di quel carattere internazionale, alle Potenze è consentito un certo controllo in caso di alcune disposizioni pensonali concernenti quegli ufficiali.

La Sublime Porta ha risposto a quella Nota Collettiva con una Nota Circolare del 29 Novembre, di cui il Conte Greppi mi ha inviato sollecitamente una copia (1), mentre il Signor Stuaort la recava a conoscenza del Governo di S.M. Britannica. La Sublime Porta consente a che nel Protocollo finale, che accompagnerà la firma dell'Atto Pubblico, sia inserita una dichiarazione concepita in termini tali da soddisfare, secondo il suo avviso, al desiderio delle Potenze ga

ranti, purché sia inteso che siffatta dichiarazione non implicherà, rper parte della Porta, una definitiva accettazione del principio, né pregiudicherà in alcuna guisa i diritti degli Stati Ii1puarii ed i principii sanzionati dal Congresso di Parigi.

Il Signot Elliot per ordine del suo Governo, mi ha dichiarato che se il Governo Italiano è disposto ad associarsi per tale oggetto a quello della Regina, questo è rpronto a dare per istruzione al suo Rappresentante in Costantinopoli, di accedere ad una Nota Collettiva alla Sublime Porta, in cui si dichiari che le Potenze segnatarie del Trattato di Parigi sono dispo'ste, quando ne verrà il tempo, a convenire nella proposta dichia·raz,ione.

Voglia, Signor Ministro, far conoscere al Primo Segretario per gli Affari Esteri della Regina, che il Governo del Re ben volentieri accoglie la proposta comunicatami da Sir H. Elliot, e ,che collo stesso corriere d'oggi io scrivo all'Incaricato d'Affari di S. M. in Costantinopoli (1), affinché si dichiari pronto ad associarsi alla Nota Collettiva ·che i Rappresentanti delle Potenze garanti si accordassero di !l'ivolgere a S.A. Aali Pascià per prendere atto della _proposta contenuta nella sua Nota Circolare del 29 Novembre.

* Segnandole ricevuta del rapporti N. LV Confidenziale 73 e 74 Politici...* (2).

(1) Cfr. n. 464, allegato.

499

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 88. Torino, 30 dicembre 1864.

Il Signor Rotharn mi ha fatto conoscere la sostanza di un dispaccio diretto al Signor Barone di Malaret da S.E. il Ministro Imperiale degli Affari Esteri in ordine alla questione di Tunisi.

Il Signor Drouyn de Lhuy.s aveva avuto da Lord Cowley comunicazione di un progetto di accordo tra la Sublime Porta ed il Governo Tunisino, per cui sarebbero in avvenire regolati i reciproci rapporti tra loro. * Questo progetto, di cui mi pregio trasmettere una copia a V. S. Itllustrissima, sarebbe stato recato a Costantinopoli dal Generale Kereddin, che avrebbe avuto incarico di intavolare appositi negoziati a tal riguardo colla Sublime Porta, mentre la sua m1sswne fu con tanta insistenza affermata dal Governo del Bey, essere una semplice dimostrazjone di cortesia voluta dagli usi • (3).

Il Signor Drouyn de Lhuys limitassi ad osservare all'Ambasciatore Britannico che il Governo Imperiale non avrebbe riconosciuto valida alcuna innovazione nello statu quo dei rapporti tra il Governo Tunisino e la Sublime Porta. Soggiunse che la prossimità di un grande Stato, in luogo dell'attuale Reggenza, ai possedimenti Francesi d'Algeria, averebbe recato troppo gravi inconvenienti perché la Francia, amica del Governo del Sultano, potesse augurarsi di avere finitima in Africa, la Sublime Porta.

Di ,siffatto colloquio il Signor Drouyn de Lhuys fece argomento di un dispaccio all'Ambasciatore di FrallJCia presso il Governo Britannko, incaricando il Principe La Tour d'Auvergne di far giungere al Gabinetto di St. James rappresentanze conformi alle dichiarazioni fatte a Lord Cowley, e contemporaneamente inviò per istruzioni al Rappresentante dell'Imperatore a Costantinopoli di dichiarare alla Sublime Porta, che la Francia avrebbe ritenuto come non avvenuta ogni innovazione allo statu quo nella Reggenza.

Il Signor Drouyn de Lhuys, dopo aver esposto quanto precede al Barone di Malaret, nel dispacdo di ~cui ebbi comunicazione, esprime la lusinga che il Governo del Re sia per associarsi al modo di vedere del Governo Imperiale nella presente circostanza, dichiarando esso pure di volere il mantenimento dello statu quo nella Tunisia.

Il Governo del Re avendo costantemente dkhiarato al ,pari dei Governi di Francia e di Inghilterra, che in principio egli desidera il mantenimento dello statu quo nella Reggenza, non ebbi difficoltà di dare per istruzione così al R. Incaricato d'Affari in Costantinopoli, come al R. Console in Tunisi (1), coi corrieri d'oggi e di jeri, di rinnovare aLl'occorrenza le anteriori dichiarazioni a tal riguardo.

Il mantenimento dello statu quo nella Reggenza essendo adunque concordemente desiderato dai tre Governi di Francia, d'Inghilterra e d'Italia, è ragionevole lo sperare che non riesca malagevole un accordo (2) perfetto, tanto più dappoiché il prossimo arrivo a Tunisi del Signor Duchesne de Bellecour che mi venne testé officialmente annunziato, sarà per togliere quelle tra le cagioni di dissidii tra i Consolati di Francia e d'lnghilter,ra che parevano nascere da motivi personali.

Quanto poi al giudizio ,che vuolsi recare così 1sulla opportunità del progetto di regolamento, come sulla portata dei singoli articoli di cui consta, è questo argomento ~che sarà naturalmente oggetto di maturo esame per parte delle tre Potenze. Già mi risulta che il Governo Britannico, a cui quel progetto formulato dal Governo del Bey, sarebbe stato trasmesso dal Console della Regina in Tunisi, propende per l'avviso 'che non induca alcuna innovazione nella situazione attuale cui solo darebbe stabile assetto.

Rimarrebbe a conoscere quale sia il giudizio che ne reca il Governo Imperiale, e segnatamente se le obbiezioni 'che stimasse di dover produrre siano per riferirsi al contesto del progetto, doè ad aLcune innovazioni che giudicasse arrecate da qualche artkolo di esso allo statu quo, ovvero se il Governo dell'Imperatore disapprovò il fatto stesso delle stipulazioni dell'accordo, reputando una infrazione dello statu quo il consegnare in un documento diplomat1co e solenne la regola dei rapporti già attualmente esistenti di fatto tra il Governo del Sultano e la Reggenza.

Ad ogni modo mi limito per ora ad autorizzarla a dare conoscenza al Governo Imperiale del senso delle istruzioni inviate, come dissi più sopra, alla R. Legazione in Costantinopoli ed alla R. Agenzia in Tunisi.

(1) -Con D. l, pari data, che non si pubblica. (2) -Cfr. nn. 485 e 487; il R. 73 non è pubblicato. Il brano fra asterischi è omesso in LV 8. (3) -In LV 8 invece del brano fra asterischi: • che sarebbe stato recato a Costantinopoli dal generale Kereddin •. (1) -Cfr. n. 493 e p. 467, nota. (2) -Fin qui edito con qualche modifica, in LV 8, pp. 376-378.
500

IL MINISTRO A L'AJA, CARUTTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 6. L'Aja, 30 dicembre 1864 (per. il 3 gennaio 1865).

Ho ricevuto il dispaccio riservato del Gabinetto del 12 cadente mese (1), e la ringrazio degli schiarimenti favoritimi intorno all'incidente del Principe Umberto, schiarimenti che riuscirono accettissimi alla Regina.

Dal Signor Wekerlin mi fu comunicato il qui unito estratto di una lettera del Signor Hubert, direttore della Società di Commercio di Stoccarda.

V.E. osserverà ,che la questione sarà trattata dal nostro punto di vista; saranno doè gli interessi del Wur,temberg che dovranno condurre al riconoscimento. Per porre in grado il Signor Hubert di fondare i !suoi ragionamenti sop,ra dati positivi, gli ho fatto trasmettere copia del trattato franco-italiano.

Quanto alle disposizioni della Corte di Stoccarda, non sono alieno dal credere ,che le notizie pervenute a V. E. siano in gran parte esatte; ed io avea avuto cura di notarle fin da principio che sarebbe stato conveniente di verificare meglio lo stato delle cose che mi era stato descritto qui.

Per altro il Signor Wekerlin mi avea detto, e mi ha ora ripetuto che se il paese per mezzo de' suoi rappresentanti legali facesse conoscere la propria opinione, la Corte non si metterebbe in opposizione ,col sentimento pubblico. Il Re Carlo I sembra non avere un sistema politico proprio e seguire i consigli della Russia che ese11cita influenza notabile per mezzo della Regina Olga. Ora la Russia avendo r,iconOisduto il Regno d'Italia, ila Regina Olga, come Ardduchessa di Russia, non :può disapprovare ciò che venne fatto dalla sua famiglia.

Mi si accerta, ,contrariamente a quanto fu 'Scritto a V.E., che il barone di Thumb gode veramente il favore della Corte del Wurtemberg. Le sue opinioni non sono note qui.

Quanto al barone Warnbuler, Ministro degli Affari Esteri, mi si dice che è così sollecito del favore popolare, che non oserebbe contrastare alla pubblica opinione.

Checchè ne sia, non dobbiamo far altro per ora che attendere i dsultati delle discussioni parlamentari che avranno probabilmente luogo nel mese di Febbraio. Esse daranno lume ,sulle vere intenzioni del paese e del Governo.

ALLEGATO.

HUBERT A WEKERLIN

(Estratto)

Quant à l'affaire italienne je suis tout pret à coopérer, autant que possible, à l'accomplissement du but indiqué. Je vais donc, si vous le trouvez bon, m'adresser à mes amis entre les députés, qui font partie de la Commission Financière, en leur

exposant la nécessité pour notre commerce de reLations réglées avec l'I. et le besoin d'un traité. Je les engagerai d'en faire le sujet d'un discours dans la Chambre pour lequel je fournirai les matériaux.

Apr€s ce premier acte je pourrais lancer quelques articles dans les journaux,

et comme je suis un des rédacteurs des rapports annuels des Chambres de Commerce,

je serais à meme de donner, aussi de ce còté, du poids aux rédamations vi,s-à-vis du

Gouvernement.

Notre Société de Commerce faisait beaucoup d'affaires avec l'It., je puis donc

en ame et conscience prétendre que l'industrie française, favorisée par nos traités,

doit nous faire un tort sensible aussi longtemps qu nous n'avons par les memes

avantages. Mais pour appuyer cette argumentation par des détails et des chiffres

il serait désirable, que je puisse obtenir un exemplaire du traité avec la France.

Si nos observations seront bien accueillies en haut lieu c'est une question,

que je ne saurais résoudre.

(1) Non pubblicato, in cui, fra l'altro La Marmora comunicava che il principe Umberto non aveva ossequiato la Regina di Olanda perchè ne aveva appreso l'arrivo a Milano solo dopo che era già ripartita.

501

L'ONOREVOLE MINGHETTI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora)

L. P. Bologna, 30 dicembre 1864.

Pasolini deve avervi parlato dell'affare La Galla e compagni. Già ne tenemmo discorso un poco insieme, poi me ne scrisse Peruzzi che durante il suo soggiorno co,stì ne aveva avuto discorso con Lanza. Ora io desidero di esporvi come abbia visto e giudicato tal cosa, e come la vegga, e giudichi anche al presente.

Primieramente è da notare che durante tutta la trattazione per la estradizione fra la Francia e l'Italia, non fu mai fatto parola di grazia, né prima né poi. Bisogna dunque toglier di mezzo l'ipotesi che questo argomento sia stato discusso fra i due Governi, e come una condizione della estradizione.

Quando ,l'Imperatore decise di restituire quei briganti telegrafò a S.M. particolarmente e confidenzialmente in proposito. Io trovo abbastanza naturale che !"Imperatore il quale aveva avuto pareri contrari alla estradizione da taluni giureconsulti, e da taluno dei suoi stessi ministri chiedesse al Re di risparmiare il sangue di coloro che restituiva. Trovo anche ragionevole che S.M. ad una preghiera siffatta non si rifiutasse, men'tre non si trattava di grazia assoluta, ma solo del capo.

Quando fra l'Imperatore e il Re si passarono tali telegrammi (1), S.M. ebbe la bontà di 'Chiamarmi, e di farmene parola. Però sin d'allora io avvertii che non avrei sottoposto tal cosa al Consiglio dei Ministri, trattandosi di prerogativa regia; e così feci: tantoché più tardi S.M. ne parlò Ella stessa direttamente al Pisanelli. Io mi limitai a farne la confidenza a parecchi dei miei colleghi, ma sempre fuori del Consiglio dei Ministri.

Io credo in diritto costituzionale (ed è questo iii. rpunto :pr~nci(pale) che la grazia sovrana non sia un atto comparabile ad ogni altro atto governativo e politico nel quale la responsabilità ministeriale è direttamente impegnata. La

grazia è una prerogativa tutta regia e indiscutibile, come insegnano gli scrittori più autorevoli in questa materia. Laonde un MiniJstro il quale volesse giustificare una grazia sovrana, mentre si proporrebbe con retta intenzione di cQp!I'ir la Corona, porterebbe offesa all'esercizio di un diritto sovrano che non ha limite, né sindacato alcuno dal Parlamento.

Io adunque non saprei ammettere la costituzionalità di una interpellanza di tal genere. Nonostante ciò e per evitare ogni discorso in PaTlamento era intenzione di Pisanelli di combinare la cosa in modo che il fatto avvenisse dopo sciolta la Camera. Ma qu~sta questione non può essere risoluta che sulla conoscenza dello stato legale della cosa.

Eccovi mio ·Caro Generale quali sono le idee che sempre prevalgono nel mio animo su questo argomento.

Io conto venire a Torino sOilo verso il 10 perchè suppongo che prima di quell'epoca non vi sarà numero. Avrei desiderato, e avuto anche bisogno per gli interessi di mia moglie e dei suoi figli di passare qualche mese in Sicilia: ma comprendo che il trovarmi in Parlamento :sarà per me una questione di dovere e di onore in certi momenti. Auguro però, pel bene del paese, che la sessione sia breve, e che le :relazioni possano farsi il più presto che •sarà possibile. E l'uno e l'altro .scopo sono conseguibili, ma ad una condizione che gli uomini tutti del partito moderato vogliano e sappiano essere concordi e compatti.

Mia moglie m'incarica in ilsrpecial modo di farvi i suoi saluti. Voleva anzj scrivervi per reclamare una promessa fattale del vostro ritratto.

(1) Cfr. Serie I, vol. IV, n. 166.

502

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 1003. Londra, 31 dicembre 1864, ore 11,15 (per. ore 14,15 ).

Lord Russell croit .se souvenir qu'en m'annonçant une prochaine communication sur les affaires de Tunis il a fait allusion à un projet arrangement transmis à Coil!Stantinople, ma~s n avoue l'avoir fait en termes très vagues voulant auparavant examiner documents, il a trouvé ensuite préférable commencer à s'entendre avec la France, et ne recevant que des réponses dilatoires et inquiet de ses allures à Tunis et à Turin méme, Gouvemement Anglais a soudain décidé sans •communiquer avec nous de formuler à Con:stantinople son adhésion aux propositions. Tunis parce que dit lord Russell elles constituent consécration et la définition statu quo. Russell a admis spontanément que de cette manière on a fini par ne nous pas ·Consulter et je ne lui ai pas dissimulé mécontentement que causerait à Turin ·Ce brusque revirement et la manière de l'aocomplir. Ambassadeur de France que j'ai vu souvent ces joul"s là me parla également de Tunis de manière ·peu précise; j'ai cru devoir attendre communication annoncée supposant au reste que vous sauriez directement pax Tunis et Constantinople vérité sur le but de ce voyage.

503

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AI MINISTRI A LONDRA, D'AZEGLIO, E A PARIGI, NIGRA

D. (1). Torino, 31 dicembre 1864.

Le notizie che mi giungono dalle RR. Legazioni in Germania non lasciano presumere 'che siano per ottenersi importanti risultati dalla politi<ca di più vigorosa resistenza, onde :sembra abbia voluto prendere l'iniziativa presso gli Stati secondarii il nuovo Ministro di Baviera, Signor di Pfordten, del quale sono conosciute le disposizioni ostili alla politica del Signor di Btsmark. Convennero bensì à Bamberga i Ministri di Baviera, di SaSISionia, di Wurtemberg, di Da.rmstadt e di Nassau, ma la mancanza del rappresentante di Baden dimostrò che il Granducato già ·così caldo fautore della resistenza alla politica austro-prussiana, accenna presentemente di piegare a propositi più miti d'assai. La cagione di quel fatto, secondoché mi si riferisce da Carlsruhe, vuolsi attribuire a ciò, che il Ministro Granducale degli Affari Esteri, giudica la politica seguita attualmente dagli Stati secondarii verso la Prussia non solo come poco pratica e poco utile, ma benanche si:ccome pericolosa. Quel Ministro è d'avviso che gli Stati secondarii dovrebbero rendere più agevole al Signor di Bi:Sililark la moderazione nella vittoria, facendo alla Prussia concessioni in ordine a guarentigie e vantaggi militari e marittimi, ·che essa ambisce nei Ducati. Questa sarebbe, secondo lui, la via migliore per giungere alla soluzione della questione della sovranità nei Ducati, non gli parendo che si possa aver fiducia nella riuscita del celebre progetto vagheggiato dai 1\-Iinistri attuali di Sa~ssonia e di Baviera di una Triade Germanica.

Intanto il Signor di Pfordten ha inaugurato già la sua politica di resistenza concertata coi suoi Colleghi convenuti a Bamberga coll'invio di due Note: l'una assai altera diretta al Gabinetto di Berlino in vi:srposta a quella che H Sdgnor di Bismark aveva diretto ai Governi dissenzienti nel voto del 5 dicembre a Francfort, l'altra più mite diretta al Gabinetto di Vienna per rivendicare recisamente l'indipendenza e la libertà del voto agli Stati secondarii.

Non v'ha motivo però di supporre che quando la quistione di succes:sione nei Ducati sia risoluta se·condo i desiderii di Prussia e d'Austria, gli Stati minori non siano per continuare nell'antica e tradizionale loro sommissione.

Siffatto ·Contegno degli Stati secondarii ·coll'ecdtare l'orgoglio rprussiano, pare abbia !scemata al Signor di Bis:mark l'opposizione interna in guisa che già si presume siano meglio disposte alle concessioni volute dal Governo alcune frazioni del centro e della sinistra, già opponenti nella Camera di Berlino.

In quanto alla politica della Prussia a nostro riguardo ebbi a prendere atto di nuove né meno esplicite assicurazioni fornite dal Signor di Bismark al R. Ministro, di recente restituitosi al suo posto, in ordine alle voci corse di supposte guarentigie promesse dalla Prussia all'Austria relativamente alla Venezia, in compenso delle concessioni attenutene nella questione dei Ducati.

Dal lato poi di Vienna nulla mi si accenna di importante tranne di voci che carTono sul probabile ritiro dagli affari del Signor Mensdorff Pouilly.

La S.V. Illustrissima !Sa ,che in seguito a recenti vittorie fu di considerevole tratto inoltrata la linea di ,confine dei dominii dello Czar nell'Asia Centrale. Il Ministro di Russia a Torino ebbe incarico dal suo Governo di spiegarmi il concetto della politica del Gabinetto di Pietroburgo a tal riguardo. Non è senza interesse di 'conoscere qual :sia l'ÌIIl!Pressione riportata dal Governo Imperiale (Britannico) in seguito all'annunzio di siffatti avvenimenti ed a fronte degli schiarimenti ~che gli avranno forniti gli Agenti del Governo Russo.

Gli Agenti degli Stati Confederati del Sud in Europa mi hanno fatto pervenire una Civcolare colla quale il loro Governo chiarisce gli intendimenti della Confederazione del Sud quaili sono formolati nell'ultimo Messaggio di Jefferson Davis al Congresso.

L'Incaricato d'Affari di Spagna mi ha lasciato copia di una circolare nella quale il Gabinetto di Madrid dopo aver spiegata la politica spagnuola nella questione Peruviana, espone quali siano gli intendimenti della Corte di S. Ildefonso in ordine alla soluzione della vertenza per cui formula proposte contenute in un documento annesso a quella Cir:colare, e ,chiarisce quale sia ad ogni modo la linea di condotta che la Spagna si prefigge di seguire. Il Governo Spagnuolo dichiara che qualunque siano per essel'e le eventualità ed il termine del conflitto, egli rinuncia fin d'ora ad ogni proposito di conquista e di dominazione su alcun territorio del continente americano.

(Per Parigi). Anche in ordine a queste due vertenze non mi pare inutile che la S.V. Illustrissima sia informata delle ~comunicazioni che mi furono fatte.

(Per tutti). Le notizie che mi giungono dalla R. Legazione in Atene e dal Consolato in Corfù accennano alla ·continuazione del disordine nelle isole Jonie. La amministrazione Greca vi surroga con creature di capi-partito gli impiegati onesti e capad, formatisi sotto il regime anteriore. La parte migliore della popolazione è sistematicamente tenuta in disparte dalla cosa pubblica, e la plebe trascorre sovente, ~come di recente avvenne a Zante, a deplorabili eec~,;si. Essencìo noi affatto estranei agli atti diplomatici ~che ·regolarono la condizione di quei territorii, noi lasciamo ai Governi protettori la cura di dar consigli e far rappresentanz,e al Governo eLlenico; tuttavia la prossimità deUe isole al litorale del Regno, la somma considerevole degli interessi itailiani in quei pa.esi, non possono a meno di farci provare qualche rincrescimento per un co~simile stato di cose.

(Per Partgi). Segnandole ricevuta dei nn. 95-99 Poi... (1).

(Per Londra). Segnandole ricevuta del n. 75 Pol... (2).

(1) II dispaccio fu inviato a Londra col n. 25 e a Parigi col n. 89.

504

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 56. Londra, 31 dicembre 1864 (per. il 3 gennaio 1865).

Alla ricevuta del telegramma di jeri (3) col quale l'E. V. domandava schiarimenti dvca 'l'asserzione fatta da Lord Russell in corrispondenza privata d'aver

dato comunicazione a me ed aiJ. Principe La Tour d'Auvergne dela Missione Tunisina a Costantinopoli, invece di aspettare il ritorno in città del Ministro degli Esteri, pensai d'andarlo a trovare a Richmond onde mi spiegasse questo che non potevo attribuire che ad un equivoco.

Lord Russell rispose che non era sor:preso che non avessi dato grand'importanza a quanto rispose interrogato da me su quella quistione, poiché ammise di aver semrpHcemente fatto allusione en passant all'invio di un progetto d'aggiustamento a Costantinopoli.

Si scusò di questa brevità, aggiungendo che m'avea detto di più che nulla poteva dirmi di preciso sinchè avesse visto le carte officiali, ed allora ne avrebbe dato ulteriore comunicazione a me ed all'Ambasciatore di Francia. Ma dopo questo esame, egli era stato di parere di cel'car d'intendersela prima con Parigi, sia perchè una deHe parti più !interessate sia precisamente rper i diverbi accaduti fra i rispettivi Consoli a Tunisi.

Trasmessi a Parigi i ragguagli su questo affare, il Signor Drouyn de Lhuys aveva sinora dato rispo~te dilatorie dicendo che su varii punti il suo Governo vedeva diversamente senza dir quali.

Temendo qualche compl1cazione se si lasciava andar le cose per le lunghe, pare che il Governo Inglese abbia di recente deciso di aderire alle propolste Tunisine. E così si rece scrivendone a Costantinopoli. Ma parve Lol'd Russell dubitare che forse anche prima di questo ila Turchia non avesse detto di si.

Comunque Lm-d Russeill non poté che ammettere di suo proprio movimento che in quest'affare il nostro Governo non era stato consultato. Ammessione che mi par decisiva quando d'altra rparte asserisce d'averci fatte comunicazioni a questo :riguardo.

Egli è obbligato a ammettere che appunto perché non fummo consultati abbiamo diritto di J.agnarci. E diffatti non potei a meno di far presentire a S. S. che a Torino iii. Governo di S. M. avrebbe trovato una mancanza a1le convenienze queste apparenti conswltazioni mentre in realtà si tagliava il nodo senza darne avviso. E diffatti nehla poscritta dehla lettera di Lord Russell come da quanto disse il Layard si rilevava che il 2,6 ed il 27 non avesse preso determinazione, che jeri 30 mi si disse inviata a Costantinopoli. Ed anzi jeri sera vennero dal Foreign Office in esecuzione della promessa tra~messi gli articoli della Convenzione senza punto far parola della determinazione presa.

Onde •Se non andavo a Hi,chmond .probabilmente nuLla ne saprei ancor adesso.

Domandai a Lord RusseH come mentre m'avea sempre dichiarato volersi mantenere nello stretto statu quo avesse potuto aderire alle proposizioni. Ed egli mi disse che quest'adesione derivava precisamente dalla 1convinzione che le proposizioni consecrassero definendolo lo statu quo.

Lord Russehl in questa conversazione mi parve mal celare l'imbarazzo. Non vi ha dubbio che questo modo d'agire tortuoso e poco franco non gli farà amici. E non stup~~co che cerchi ora di scusar la cosa con pretesti ed asserzioni. Non ho visto ancora l'Ambasciatore di Francia dal quale andrò a momenti onde sapere come la pensi.

Quel giorno 1stesso che Lord Russell crede aver fatto menzione del Khareddin, il Principe trovavasi anche a Pembroke Lodge. Lo interrogai parimenti su Tunisi, ma non usd dai generali. Onde sempre rpiù mi confermai sapendolo, d'aver avuto un colloquio pochi minuti prima con Lord Russell, che nulla v1 fosse di grave neùJ.o stato della quistione. Eppur Lord Russell dice d'avergliene anche parlato quel giorno.

Questa persuasione mi decise d'aspettare come mi aveva detto il Ministro che se ne sapesse di più. E ciò è tanto più evidente che non essendovi gran che da scrivere avrei sicuramente non omesso un punto che avrei creduto importante. Anzi avendo rivisto 1'Ambasciatore in quella settimana non sembrò aver ricevuto altre notizie e così si produssero le ulteriori compilicazioni.

Chiesi a Lord Russell se al Conte Apponyi avesse fatto parola circa la Venezia.

Mi disse di no, essendo così mal disposto il Gabinetto Inglese a entrare in materia. Ed inoltre voiler in ogni modo sapere come si giudicherebbe la quistione a Costantinopoli.

Disse qualche parola a biasimo dell'Enciclica, giudicandola del resto favorevole ai nostri interessi pel mal effetto che produrrebbe. Ma naturalmente in questo paese due non potevano essere i modi di giudicarla.

Parlai poi a Lord RusseH riguardo alla Pllata e mi lfispose semplicemente che per ora le istruzioni ,che partirebbero sarebbero puramente d'ammettere il blocco colle solite regole per l'entrata e usdta in tempo debito dei bastimenti di commercio.

(1) -Cfr. n. 494. Gli altri rapporti non sono pubblicati. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. n. 496.
505

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 57. Londra, 31 dicembre 1864 (per. il 3 gennaio 1865).

Il caso dell'Ambalsciatore di Francia è simiile ail mio se non peggiore.

Egli non ebbe comunicazione fatta: poichè così non chiama quanto aocadde.

Un giorno congedandosi da Lord RusseH a Richmond e quasi per entrar in carrozza, egli pensò a domandar se sapesse qualcosa di nuovo di Tunisi. Lord Russell rispose che [a rpretesa missione di Khareddin da quanto gli risultava non avea quell'importanza 'che si credeva poiché trattavasi soJ.o d'intendersela su pochi punti dei rapporti reciproci. Allora disse mprincipe trattasi di una convenzione o di un m·rangement? • Né l'uno né l'altro, rispOise Lord Russell, ma di pochi punti che non cambiano lo stato attuale •.

Ec,co quanto Lord Russeill chiama una comunicazione. Ma l'Ambasciatore ha l'intenzione di dichiarargli che la considera tarlmente poco pe~r una comunicazione che quasi non ne scriveva a Parigi. Ma avendo una llettera particolare aperta per Drouyn de Lhuys egli per caso si ricmdò d'aggiungere questa conversazione.

In quanto poi a quest'ultima determinazione il'Ambasciatore ne venne informato per caso essendo il primo segretario andato in visita da Lord Rus,sell e questi avendogli al momento che partiva parlato di questa determinazione. Questo era il 28.

L'Ambasciatore che aveva sempre decantato la moderazione del Gabinetto Inglese in quest'affare aveva appunto ricevuto da Parigi un dispaccio per ringraziarne Lovd Russel.'l. Andò subito i:l 29 a Pemmoke Lodge e seppe così che inve,ce di ringraziare, le relazioni reciproche subirebbero una forte alterazione.

Un dispaccio diffatti da Parigi indica essere state mandate istruzioni a Costantinqpoli per 'con:sliderar come nullo l'avvenuto. L,''Ambascliato~e si ,crede quasi certo 'che la determinazione finale e subitanea fu opera di Lord Palmenston._

506

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 101. Parigi, 1 gennaio 1865 (per. il 3).

Le preoccupazioni della politica francese si disegnano, all'entrare del nuovo anno, nel senso medesimo ,che da due anni va prevalendo nei consigli dell'Im~ratore, cioè una grande riserva nelJJ.e questioni estere. È questa del resto la tendenza deil pae.se, quale fu manifestata dalle elezioni dell'anno scorso, e quale continua generalmente a prevalme in Francia. Evitare la guerra, astenersi dalle spedizioni il.ontane, occup~si delle questioni interne e massimamente delle finanze, ecco il programma che è in favore al Senato, al corpo legislativo e in genere presso gli uomini che sono al potere.

Il ritiro successivo delle trlliPpe francesi dal MeS.s:ico, e la Convenzione del 15 settembre 1sono in parte il risultato di queste tendenze. Non è quindi a meravigliare se la poliUca francese in questo momento trovasi in un certo stato d'inazione in ordine ahle questioni estere, ove si eccettui la questione romana, la quale co1la Convenzione del 15 settembre la fece uscire per un istante dalla sistematica riserva in cui il Governo francese si va rinchiudendo.

Un breve esame delle relazioni della Francia colle principali potenze chiarirà meglio questo fatto.

La Convenzione del 15 settembre fece buona impressione suLl'animo del Gabinetto di Londra. Non v'è dubbio che essa ha migliorato le relazioni della Francia e dell'Inghilterra, 'che il rifiuto dato da questa alla proposta di congresso aveva TaffTeddato. Tuttavia il riavvicinamento operatosi non è tale da far credere che possa formarsi fra le due potenze un vero accordo attivo. È un riavvicinamento diplomatico, peT ,così dire platonico; non vero proposito d'agire insieme e di formare un'aUeanza che abbia per scopo l'azione.

I miserandi casi di Polonia avevano lasciato i due Governi di Francia e

di Russia l'un dell'altro malcontenti. H convegno di Nizza, di cui scrissi a suo

tempo i particolari all'E. V., rese le relazioni tra i due Gabinetti più normali

e più convenienti. Ma non distrusse interamente l'impressione che i fatti di Po

lonia e i dispacci scambiati in quella circostanza avevano reciprocamente la

sciato nei due Governi.

L'Austria si è risentita all'annunzio della Convenzione del 15 settembre,

e sa d'altronde che fino a quando non si spoglierà della Venezia non può nutrire

fiducia nei sentimenti della Francia. Ne sorge quindi una certa riserva nei rapporti dei due Gabinetti.

I rapporti della Francia colla Prussia sono migliori; e sono pure migliori quelli della Francia cogli stati 1secondarii d'Allemagna. l'Imperatore nella questione dei Ducati agì colla massima prudenza. Non volle ingerirsi attivamente nella questione, e si limitò a riconoscere da un lato che vi era :là una questione di nazionalità, la quale doveva avere naturalmente le simpatie della Francia, e a dichiarare dall'<altro [ato che il miglior modo di risolvere la questione era quello di sottoporla al voto delie popolazioni. Tutti gli sforzi fatti l'anno scorso dall'Inghilterra per indurre l'Imperatore a pigliare un'attitudine rpiù decisa e favorevole ahla Danimarca, rimasero 1senza risultato. Questa ·condotta del Governo francese ebbe rper risultato di dissipare, in parte almeno, le diffidenze che sorgono costantemente contro la Francia al di là del Reno. La Prussia ebbe agio a fare tranquillamente quel che fece; e gli stati secondarii tedeschi seppero grado all'Imperatore di non essersi mescolato in un conflitto che le popolazioni Germaniche considerarono come di esclusiva competenza tedesca.

È evidente ·che •l'Imperatore desidera mantener la ;pace, e in ogni caso vuoi evitare d'aver l'Allemagna tutta intiera contro di lui. Questa ragione insieme a molte altre, spiega la condotta tenuta dal Governo francese nell'affare dei Ducati. L'Imperatore sa che .gli riescirebbe pericoloso il tentar qualsiasi cosa in Allemagna, :liinché 'le due grandi potenze tedesche rimangono unite. Ma non dispera che questa unione venga a sciogliersi di per sè e che gli alleati d'oggi possano diventare i nemici dell'indomani. Egli quindi osserva ed aspetta.

Relativamente alla Spagna, benchè covino in quel paese germi di prossimi rivolgimenti, posso dire che il Governo francese rimane in una riserva anche più assoluta.

11 Isolo fatto importante dehl'anno scorso è quindi la Convenzione di settembre. Quest'atto, lasciando in disparte gli altri rtsultati, ebbe pure per effetto di rendere più intime le relazioni della Francia coll'Italia. Le parole dettemi oggi dall'Imperatore, e di cui Le rendo conto in altro dispa·ccio, ne sono una prova.

All'infuori adunque di questa questione, che fu il punto culminante della poliUca :lirancese in quest'anno, non ho a segnarle nessuna iniziativa, nessun fatto importante nella politica estera della Francia. Questa poliUca si può riassumere così: osservazione, aS(pettazione, rilserva, ritorno dalle questioni estere alle questioni interne.

Quale poi sia il'opinione dell'Imperatore intorno a11a questione Veneta e com'e~li pensi intorno al progetto d'una soluzione pacifka, mediante uno scambio, l'E. V. conosce.

Le questioni di Tunisi, di Montevideo, dei Principati Danubiani, sono questioni speciaE ,che non modificano la fisionomia deLla situazione generale. Anche a queste questioni la Francia applica il medesimo sistema, cioè: mantenimento dello statu quo, rigetto d'ogni intervento armato, sforzo costante d'evitare complicazioni.

Parrà strano al di fuori e per chi non abbia esperienza degli uomini e delle cose di qui, che la rpoUtica francese all'estero possa il"iassumersi a questo modo.

Si vorrà credere difficilmente che l'Imperatore non si oocupi di continuo a far sorgere questioni, a pigliare ardite iniziative o a (pl'epararne attivamente ed efficacemente J.e occasioni. Ma per quanto posso giudicare di ciò che si passa qui, non esito ad affermare che il giudizio contenuto in queste pagine mi pare esatto. La Francia da due anni si ripiega in 1se stessa; mantiene la massima riserva nelle questioni estere; non brama la guerra; non vuole spedizioni; domanda buone finanze, una costituzione fissa e non tentennante, e un po' più di libertà.

Che ·cosa pOissa na.scere, lin un prossimo avvenire, da questo raccoglimento, sarebbe prematuro e molto incerto il definire fin d'ora.

507

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGDIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 2. Londra, 2 gennaio 1865, ore 10,05 (per. ore 12,25).

Après un entretien aujourd'hui avec Lord Russell, prince Latour d'Auvergne a écrit à Paris que Je Gouvernement britannique renonce à encourager Turquie à a,ocepter proposition de Tunis, ne faisant ex·ception que dans cas improbable où l'on exige de sa part opposition. Nouvelle arrivée hier de Constantinople annonce que ila Porte voyant que les envoyés de Flrance et di'Italie déclaraient ignorer proposition, n'a poin't cru pouvoir y adhérer, et que mission reste purement et simplement courtoise. Lord RUissell a télégraphié ces nouvelles et le langage décidé de la France à lord Palmerston, et ile résultat a été que l'ambassadeur de France parait satisfait toumure conciliante que l'affaire prend (1).

508

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI

T. 4. Torino, 2 gennaio 1865, ore 14,05.

Angleterre parait renoncer à appuyer rprojet rè~lement affaires Tunis. Ne prenez pas initiative d'exrplications à cet égard et si vous etes aprpelé à vous prononcer, ins~stez sur maintien du statu quo en général, sans vous préoocuper d'un projet de règlement qui ne nous a été d'ailleurs communiqué ni par Porte ni par Tunis (2).

(1) -Il contenuto di questo telegramma è svolto più ampiamente nel R. confidenziale 58, pari data, che non si pubblica. (2) -Con R. 3 del 18 gennaio Greppi comunicò • nulla per ora verrà innovato nella situazione presente della Tunisia •.
509

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 3. Parigi 2 gennaio 1865, ore 18,20 (per. ore 19,40).

La défense aux evéques français de publier l'encyclique insérée au Moniteur d'aujourd'hui obtient approbation générale. Les nouvelles que vous m'avez transmises (1) sur les ovations faites au Roi ont fait aussi excelilent effet ici. J'appelle votre attention sur les paroles très gradeuses que l'Empereur m'a adressées et que je vous ai exposées dans ma dépeche que vOUis recevrez demain matin (2).

510

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 80. Berlino, 3 gennaio 1865 (per. il 7).

Le Comte d'Usedom a mandé, par dépeche télégraphique, à son Gouvernement que nous réduisions de 95.000 hommes l'effectif de l'armée. M. de Thiele en communiquan:t cette nouvelle à ,un de mes collègues, n'y voyait qu'un désarmement appaTent vu la facilité avec Jaquelle nous pourrions rappeler sous les drapeaux les soldats en congé temporaire. • Au reste, ajoutait-il, l'Autriche n'est nullement disposée à suivre cet exempJe •. Le Secrétaire génfual voulait dire sans doute que cette Puissance n'kait pas au delà d'une réduction de 40 à 50.000 hommes qui avait déjà été opérée en Octobre dernier selon les renseignemens les plus positifs transmis ici par la Légation de Prusse à Vienne.

Quoiqu'il en soit, il me résulte de plusieurs còtés à la fois que ii'Empereur François-Joseph se préoccupe p,rE'lsque exclusivement de chercher des alliés pour le soutenir dans une crise qu'il,prévoit en Ralie au plus tard à l'échéance fixée par la convention du 15 septembre. J,l est d'avis que pour affronter l'orage qui se condense soit à Rome. soit dans la Vénétie, il convient de ménager la Prusse, de lui laisser presque ~carte blanche dans les Duchés, en se conciliant un appui qui lui assurerait le ,concours de ~l'Allemagne, ne fùt-ce que pour opérer une diversion vers le Rhin. Autrement S. M. Impériale s'exposerait non seulement à ~rester Lsolée comme en 1859, mais à voir peut-étre le Cabinet de Bel'llin se rapprocher de la France, s'il trouvait à Paris plus de condescendance qu'à Vienne pour une annexion directe ou indirecte des Duchés de Schleswig-Holstein.

• -Quando fu presso di me, avendogli io espresso gli auguri di S. M. il Re e del suo Go4 verno, l'Imperatore rispose molto gl"aziosamente che il Re non poteva dubitare dei suoi sentimenti a suo riguardo, giacché i legami che uniscono i due Sovrani ed i due paesi sono cosi stretti che il benessere di ciascuno di essi è inseparabile da quello dell'altro ». M. -de Bismarck est trop perspicace pour ne pas avoir deviné le fond de la pensée de l'Empereur d'Autriche. II a manoeuvré en conséquence. Lors meme qu'il n'aurait pas pris d'engagement forme! pour une garantie de 'la Vénétie, il a tout intéret à la Iaisser espérer, en se réservant, le cas échéant, de ne prendre conseil que des intérets de Ia Prusse. Telile est, vra~semblablement, la véritable situation des choses. Il ne manque :pas ici de diplomates qui assurent que la garantie existe déjà, ISailS etre Cependant à meme d'en fournir ia preuve irréCUsable. Leu11s raisonnements reposent sur des présomptions plus ou moins fondées. L'un d'eux m'a, entre autres, oité ce fait qu'il tenait de l'Ambassadeur de France. A son dernier passage à Paris, fin Octobre, M. de Bismarck fut à trois reprises interpellé par l'Em:pereur Louis-Napoléon. Les dénégations du Ministre Prussien avaient été ,conçues dans des termes tellement nébuleux, que Sa Majesté n'ajoutait que médiocrement foi à son langage. M. Benedetti, comme je l'ai déjà mandé à V.E., ne m'avait parlé que d'un démenti donné spontanément par M. de Bismarck, démenti, il est vrai, que pour son compte et jusqu'à plus ampie information, il n'acceptait que sous bénéfice d'inventaire.

Pour ce qui nous concerne, il est de toute évidence, ne fiìt-ce que pour éviter d'etre surpii'is par tles événemens, que nou:s devons agir com.me si cette garantie existait, car :peu importe qu'elle soit consignée dans un document, ou qu'elle résulte d'une promesse verbale faite par le Roi Guillaume. El1e découle de la situation actuelle des choses, aussi tlongtems du moins que la Prusse devra continuer à coqueter avec le Cabinet de Vienne, :pour qu'il ne sorte pas de son ròle de 'Complaisant dans l'affaire des Duchés. N'oublions pas d'aiileurs que

M. de Bismarck, tout-puissant qu'il paraisse et quelles que soyent ses protestations de bon vouloir à notre égard, est en maintes occasions for,cé de subir la loi du parti Téactionnaire, dont il est l'obligé et que ce parti de connivence avec l'Autriche cherchera à ['entrainer dans une politique hostile à l'Italie pour peu que les circonstances ie lui pe11mettent. Déjà dans des que!stions secondaires, il a obtenu gain de ,cause. Pour s'excuser on a prétendu avoir ,sa,crifié la forme pour sauver le fond. On nous a laissé sur la breche en Orient, :pour ne rien céder à notre désavantage dans l'Occident. On a laché pied dans tles négociations commerciales pour laisser intact tout 'ce qui est du domaine de la haute politique. Bref de concessions en ,concessions avouées on est arrivé jusqu'à l'extreme limite d'une certaine sincérité, qui une fois dépassée mène droit aux actes

inavouables.

Au point de vue du bon sens, il est clair que l'Autriche ne peut, comme en

1859, songer à prendre l'initiative d'une attaque. Telle devrait du moins etre la

manière de voir d'un Gouvernement composé d'hommes sérieux qui inscdraient

dans leur programme les judicieuses paroles prononcées par V.E. à ~a chambre

des députés • Celui qui sera le plus raisonnable fin ira par avoir raison ». Mais

je vais rapporter un entretien qui a eu lieu ces jours derniers entre un de mes

collègues et le Baron de Hock arrivé de Vienne pour négocier un Traité de com

merce avec la Pru:sse. V.E. verra le jugement que ce fonctionnaire lui-meme

porte sur son Gouvernement.

Mis au pied du mur par son interlocuteur qu'il ,connaissait assez pour parler

sans réticences, il avouait que depuis deux ans l'Autriche avait fait une campa

gne sans succès dans las affaires commerciales, et qui plus est assez compromettante vis-à-vis de la France, ainsi que vis-à-vis de bon nombre des Etats secondaires de ·l'Allemagne qu'elle semblait aujourd'hui livrer à la Prusse quand ils avaient .si longtems lutté contre des réformes économiques tendantes à lui enlever une position privilégiée vis-à-vis de l'union douanière. M. de Hock disait en outre que c'était une chimère que de prétendre entrer de plein pied dans le Zohlverein. • Que voulez-vous, ajoutait-il, l'Empereur y tient, tout au moins veut-il dans le nouveau Traité un artide qui implique un engagement que ce projet se réalisera dans un délai plus ou moins éloigné. Comme si la Prusse r;ouvait y donner son assentiment ., . Il espère encore qu'on renoncera à Vienne à une semblable prétention, quand on se persuadera que ce serait le meilleur moyen de faire échouer les négoclations. Pour son com.pte il serait heureux s'il parvenait à signer un Traité qui assurerait aux productions du Zollverein une réduction notable du tarif Autrichien. Le Reichsrath dont la majorité est protectionni,ste, ne prendra pas l'initiative; il faudrait lui forcer la main par un acte international. Enfin voici 'son dcrnier aveu: "depuis la mort du Prince de Schwartzenberg, nous manquons d'hommes d'Etat et partant de toute direction politique; depuis le suicide de M. c'!.e Bruck, nous n'avons plus eu de Ministre assez inte11igent pour donner une sage impulsion aux intérèts matériels de l'Empire"·

Je citerai encore le jugement d'un diplnmate qui a résidé :l'automne dernier à Vienne: « L'Empereur ·se réserve exclusivement la conduite des Affaires Etrangères. Les Ministres ne sont pas consultés; ce ne sont que des instruments dociles pour l'exécution de ses volontés. Sa Majesté en ayant toujours le regard tourné veros l'Italie, n'est absorbée que par I'idée de maintenir à tout prix l'alliance avec la Prusse .pour ~'empecher de se rapprocher de la France. C'est pourquoi il fait au Cabinet de Berlin la part si belle en Allemagne ".

Telles .sont les indications que j'ai recueillies sur l'Autriche. Elle continue à etre tout aussi ·contraire à l'Italie qu'à la France. C'est toujOUl'S la passion qui est ·sa ·Conseillère. J'espère qu'à Paris on se rend parfaitement compte de cet état de choses, qui n'est pas sans gravité en voyant le parti le plus influent à la Cour de Prusse partager ces memes préventions. Et quant à ·la Russie, quel que soit son besoin de la paix, il ne faut pas perdre de vue que c'est surtout gràces à sa diplomatie que l'alliance a été rétablie entre les trois Cours du Nord. Aus,si intervient-e1le par ses ·conseils chaque fois qu'elle craint quelque mésintelligence entre Vienne et Berlin. La convention du 15 Septembre a sans doute été un premier avertis1sement donné à la Iigue septentrionale; mais poli[" qu'il porte des fruits salutaires, il faudrait que l'alliance occidentale fut renouée. Sous ce rapport la France me paraitrait faire fausse route. Si à Paris on avait de justes motifs de plainte ·contre l'attitude de l'Angleterre dans les affaires polonaises, si Lord John Russell a eu tort de traiter l'Empereur Napoléon d'idéologue quand il proposait un ·congrès, le Cabinet des Tuileries n'a-t-il pas à son tour dépassé la mesure en affichant par trop l'impuissance de l'Angleterre dans ses efforts en faveur du Danemark, en la ridiculisant presque aux yeux de l'Europe? Si cette rancune devait 1se pevpétuer, n'y aurait-il pas un danger que peu à peu la Grande-Bretagne ne toe laissàt attirer dans le camp de la coalition? Je me réfè

18 -Documenti di!>lomatici -Serie I -Vol. V

re à cet égard au langage de Lord Napier relativement au sort des duchés de l'Elbe.

L'encyclique du 8 Décembre qui rejette toute réconciliation entre la Papauté et la civilisation moderne, soulève ici, comme ailleurs, les critiques de la presse libérale. Les journaux officieux tiennent à ce sujet un langage wssez réservé pour ne pas s'aliéne!l" le parti ult!l"amontain qui compte des memb!l"es influens dans les provinces Rhénanes. Quant à la Gazette de la Croix, elle se borne à publier l'Encyclique, sans aucun commentaire. Jusqu'à p!résent je n'ai encore rencontré personne qui en prit la défense au point de vue des intérets de l'Eglise.

(1) -Cfr. t. l del 1° gennaio, ore 14,35, non pubblicato. (2) -R. 100 del l o gennaio, di cui si pubblica il brano seguente:
511

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Oarte La Marmora; ed. in Carteggi Nigra, pp. 95-96)

L. P. Parigi, 3 gennaio 1865.

Vedrò dopodomani iJ. Signor Drouyn de Lhuys e dopo il colloquio scriverò d'ufficio intorno all'affare di Tunisi in risposta al di Lei dispaccio del 30 dicembre (1).

Finora le istruzioni mandate a Costantinopoli e a Tunisi dal Governo francese si limitano a dichiarare che la Flrancia non ammette in nessun modo alcuna innovazione allo statu quo nella reggenza, ma non esprime i[ suo giudizio sugli artreoili preparati d'accordo tra la Porta e il Bey.

Il Governo francese ebbe per telegrafo jeri la risposta del Governo inglese aJla nota diretta a Latour d'Auvergne di cui Ella mi parla. Ciò mi è confermato oggi da D'Azeglio, il quale mi mandò aperto H dispaccio che troverà qui unito (2). Da questo dispaccio pare che La Tour d'Auvergne abbia parlato in guisa da far credere .che la convenzione progettata tTa la Porta e il Bey è considerata dalila Francia come un'inilrazione allo statu quo, e che perciò non deve aver seguito. Ma intanto risulta dallo stesso dispaccio di D'Azeglio che l'Inghilterra si è di già impegnata fino ad un certo punto, per modo che se la Tul'chia insistesse, iJ. Gabinetto inglese non potrebbe ripudiar la Convenzione. È questa una situazione nuova e delicata che richiede la massima riserva.

Io 1son convinto che se Moustiers tiene a Costantinopoli un linguaggio fermo, la Turchia non oserà insistere, il Gabinetto Inglese lascerà correr la cosa, e il progetto di convenzione rimarrà lettera morta. Ad ogni modo Le manderò per telegrafo quanto awò saputo da Drouyn de Lhuys.

Si parla di nuovo del viaggio dell'Imperatore in Algeria. È un progetto che data da quest'estate. NuJ·la è deciso finora. Appena saprò qualche cosa al riguardo, gliela farò subito sapere. Intanto se il viaggio lo fa, sarebbe bene hl pensare fin d'ora ,se non sarebbe utile che il Re invitasse in questa circostanza l'Impe

ratore a visitare Napoli. Credo che l'Imperatore non sarebbe forse alieno dall'accettare J.'invito, non avendo egli mai visitato il Golfo di Napoli. Questa visita avrebbe forse qualche inconveniente, ma avrebbe anche dei vantaggi. Voglia pesare gli uni e gli altri e mi faccia poi sapere quello che ne pensa.

(1) -Cfr. n. 499. (2) -Cfr. p. 482, nota l.
512

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. CONFIDENZIALE 92. Torino, 4 gennaio 1865.

Secondochè mi riferisce il R. Ministro a Carlsruhe, (1) il Signor di Pfordten avrebbe dichiarato al Ministro Granducale degli Affari Esteri recentemente e dopo il convegno di Bamberga che pe:rsonalmente egli non era punto avverso al riconoscimento dell'Italia per parte della Baviera: essere anzi d'avviso che sia nell'interesse dell'Austria stessa di addivenire al nostro riconoscimento.

Aggiunse doversi però tener conto dei sentimenti personali della Corte Bavara e delle sue alleanze di fam.i~lia: l'interesse della Baviera poter del resto richiedere una politica più indipendente, la cui conseguenza sarebbe l'opportunità di un ravvicinamento immediato e fors'anco l'ALleanza italiana.

La Prussia, ,secondochè mi riferisce il R. Ministro in Berlino, è più che mai intenta a protrarre la soluzione della questione giuridica di iSuccessione. Il Signor di Bismarck pare si lusinghi che, mentre <Si agitano ,le ragiOIIli dei pretendenti prolungandosi l'occupazione delle truppe prussiane nei Ducati, gli stessi abitanti dello Schleswig-Ho1stein preferiranno forse un'annessione alla Prussia ad uno smembramento che sarebbe la conseguenza del non vantare nessuno fra i concocrenti titoli sufficienti su tutti gli intieri Ducati.

Ad ogni modo il Ministro Prussiano conta sovra un'annessione indiretta, mediante condizioni che sarebbero apposte al riconoscimento di un pretendente qualsiasi, e che il Duca d'Augustembourg sarebbe digià ampiamente disposto a subire.

Intanto 'l'Inghilterra si dimostra più ,che mai benevola verso la Prussia. Lord Na,pier Jascia travedere che il suo Governo non il.'ha munito di istruzioni precise in ordine aUa questione di successione nei Ducati. Secondo il suo avviso personale, ed a malgrado delle simpatie del!la Regina Vittoria pel Duca d'Augustembourg, l'Inghilterra non annette troppa importanza a che i Ducati rimangano ail.la Prussia mediante un'annessione indiretta ed anche diretta, purchè la Prussia non la ottenga mediante accordi segreti colla Francia. Siffatto linguaggio darebbe a taluno argomento di supporre che lo stesso Ambasciatore britannico, il quale già riuscì a S. Pietroburgo a rompere in occasione dei casi di Polonia, i buoni rapporti tra la Francia e la Prussia, abbia avuto ora per missione d'impedire a Berlino un ravvicinamento tra la Ftrancia e la Prussia.

Ad ogni modo, siffatta annes,sione manifesta o simulata dei Ducati alla Prussia, dovendo avere per effetto di assicurare l'assoluto predominio della Prussia nel Nord della Germania, e facendo temere a parecchi piccoli Stati che la Francia voglia a sua volta guarentirsi 1le frontiere ve11so il Belgio e sul Reno, il Ministro del Belgio a Berlino avrebbe richiamato su tale eventuatlità l'attenzione del suo Governo, e simili apprensioni hanno pur la loro parte nelle cagioni dello agitami che ora fanno i piccoli Stati della Germania.

InviandoLe queste notizie per sua informazione e pregandola di voler ricambiarle con quelle che Ella potrà raccogliere costì...

P. S. Segno ricevuta dei nn. 100, 101 e 102 Politica del l" Gennaio (1).

(1) Cfr. annesso cifrato al R. 26 del 31 dicembre, non pubblicato.

513

L'ONOREVOLE MINGHETTI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora)

L. P. Bologna, 4 gennaia 1865.

Se la mia lettera del 30 (2) vi giunse ritardata, fu coLpa mia che invece di gettarla aLla posta, mi valsi di occasione privata.

Mi duole assai che non siate del mio avviso circa la natura e l'indole della prerogativa sovrana della grazia. La mia persuasione su questo argomento è antica, e frutto di lunghi ed accurati studii. Se ben mi ricordo tale opinione è professata da Blackstone, da Benjamin Constant, da Cesare Balbo, e da altri autorevoli scrittori. Io ne consulterò le opere in questi giorni, ma non so trattenermi dal citarvi un brano delle lezioni del Prof. Casanova sul diritto costituzionale vol. 2, p. 69.

• Il Re (sonò sue parole) può far grazia ar:li scellerati più viìi, ai colpevoli i meno degni di ~commiserazione, nè persona al mondo può chiedergli conto dei motivi che lo hanno determinato? Sotto questo rapporto, il diritto del Re è assoluto, e lo esercita solo, senza limiti: e a questi atti, come altra volta notammo, non si estende la responsabilità ministeriale. Ugualmente ~l diritto di grazia si applica ad ogni genere di delitto senza eccezione, e qualunque sia la giurisdizione da cui emanò la condanna •.

Ho consultato anche il valente Professore di Diritto Costituzionale che abbiamo nella nostra Univeu~ità, ed egli pure partecipa a tale opinione. La cosa dunque merita per lo meno di essere grandemente considerata; perché trattandosi di una .prerogativa della Corona, Io ammettere un principio lesivo di essa sarebbe un precedente di somma gravità. Se credete che non sia tardi, mi troverò al Ministero degli Esteri lunedì mattina 9 corrente alle 9 antimeridiane. Se voleste che io venissi prima, compiacetemi di telegrafarmi il giorno e l'ora.

La Enciclica del Papa che riconfermando tutte le pretese le più esorbitanti del medio-evo, e riunendole insieme, rende il senso loro sempre più grave, è anche a mio avviso una fortuna per noi. La ostinazione romana fa contrasto alle disposizioni 'conciliative del Regno d'Italia; e pone la Francia e l'Imperatore in una posizione più netta.

La questione di Tunisi non è nuova del tutto; e se non m'inganno Visconti ebbe oc~casione di scrivere qualche nota su quel tema al quale alludete, dei rapporti cioè :llra il Bey e ill Sultano. Ma di ciò parleremo in voce.

(1) -È pubblicato solo il R. 101 al n. 506. (2) -Cfr. n. 501.
514

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 7. Londra, 5 gennaio 1865, ore 17,25 (per. ore 19,45).

Lord Russell voulant probablement effacer mauvaise impression, m'a prié de pa~sser chez lui ·ce matin pour me dire quelle était ia situation de Tunis, et que l'affaire paraissait en voie d'arrangement. Il se réserve discuter quelques points avec France, et formuler plaintes sur sa manière d'agir. J'écrils par la poste (1).

515

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, GAMBAROTTA

D. 12. Torino, 5 gennaio 1865.

A cagione di erronea indicazione nell'orario ufficiale che la Direzione locale delle Poste di Torino trasmise a questo Ministero, i,l dispaccio che Le diressi in data 29 Dicembre p.p. (2) 'impostato nelle ore p.m. del giorno stesso, non Le giungerà ~che .coHo stesso vapore che Le reca il presente.

In seguito all'accoglienza che le aperture del Gabinetto britannico, in ordine al progetto di regolamento dei Rapporti tra il Sultano ed il Bey trovarono presso il Gabinetto delle Tuileries, sembra che l'Inghilterra abbia rinunziato ad appoggial'lo pl'elsso la Sublime Porta. Mi consterebbe d'altronde che questa,

« Me ne parlò come d'affari che prendevano buona pie~a benché rimanesse a discutere colla Francia quanto ad uno dei punti principali, quello cioè del dover il Bey ottener l'assenso della Porta per qualunque modificazione di fronticta.

Lord Russell è di parere che sarebbe appunto mantenere lo statu quo se si conservasse questa stipulazione, poiché non crede mai che il Sultano .abbia avuto in mente di cor.cedere quel punto al Bey.

I francesi invece mantengono che lo statu-quo sarebbe modificato poiché ad O/!ni modo tratterebbesi di principij non più in uso da dugent'anni a questa parte. Lord Russel.l inoltre si riservò di muovere lagnanze colla Francia sul suo modo di agire, cioè che mentre il Drouyn de Lhuys diceva di non trovar tempo per rispondere alle questioni dell'Inghilterra, egli ne aveva per scrivervi contro a 'l'orino ed a Cos!antinopoli ».

poiché ebbe dal Generale Kereddin ·comunicazione del progetto in discorso, avrebbe interpellato in proposito i Rappresentanti d'Italia e di Francia, e vedendo che questi non avevano avuto comunicazione del progetto, avrebbe ricwsato di aderire alla !Proposta del Governo Tunisino.

Tali risoluzioni però non furono finora argomento di comunicazioni officiail.i a me dirette, e perciò io gliene fo parola soltanto perchè Ella !pOssa regolare la sua condotta a norma della incertezza che ancora avvolge quell'incidente.

Ella dowà dunque limitarsi a prender informazioni anche presso il Governo del Bey, sulle circostanze, sullo scopo, e sui dsultati della missione del Generale Kereddin, e rinnovare all'occorrenza come Le commisi col mio precedente Dispaccio, l'eS!pressione del desiderio del Governo del Re di vedere mantenuto lo statu quo nella Reggenza.

Ella vorrà inoltre accertare quali siano ,gli intendimenti che prevalgono attualmente al Bardo, e che hanno potuto indurre codesto Governo a non dar contezza dei suoi IJ["opositi nella presente circostanza al Governo del Re. In quanto al progetto di Regolamento di cui Le trasmisi copia, la S. V. Illustdssima lo considererà, fino a nuove istruzioni, come documento, di cui il Governo del Re non vuole preoccuparsi, come di quello che non gli fu comunicato nè dal Governo Tunisino, nè dalla Sublime Porta (1).

(1) Cfr. R. confidenziale 59, pari data, di cui si pubblica il b,.ano seguente:

(2) Cfr. n. 493.

516

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

D. 26. Torino, 6 gennaio 1865.

Ho ricevuto i rapporti rpolitici della S. V. Illustrissima ai nn. LVI, LVII (2)

e LVIII (3).

Le istruzioni impartite dal Governo del Re al R. Console Generale in Tunisi

gli prescrivono di prendere maggiori informazioni presso il Governo del Bey,

sul vero carattere e sulle risultanze della missione del Generale Khereddin;

di rinnovare, all'occorrenza, nel modo più preciso l'espressione del desiderio del

Governo del Re di vedere mantenuto lo statu quo nella Reggenza, e da ultimo

di accertare quali siano gli intendimenti 'che preva!lgono attualmente al Ba·rdo

e che hanno potuto indurre quel Governo a non darci ·Contezza dei suoi propositi

nelle presenti circostanze. Al Conte Greppi a Costantinopoli furono trasmesse

istruzioni in selllso analogo.

In quanto poi al progetto di regolamento, non essendoci esso stato comuni

cato nè dalla Sublime Porta, nè dall'Inghilterra, non crediamo di dovercene

preoccupare per ora, reputando sufficienti le nostre anteriori dichiarazioni circa

il mantenimento da noi desiderato dehlo statu quo nella Reggenza:

La S. V. Illustrissima già si fece interprete presso il primo Segretario di Stato per gli Affari Esteri della Regina dello !spiacevole senso che avrebbe fatto nel Governo del Re il procedimento usato a suo riguardo, ed io non posso che approvare tale linguaggio. Non so che interesse possa avere l'InghiLterra a considerare la Francia più interessata di noi nelle questioni che si riferiscono allla Tunisia. Il fatto è ·che, essendoci noi tenuti al primo rango quando si trattava di proteggere l'ordine e gli interessi europei negli ultimi casi della Reggenza, ed avendo ivi per la prossimità di quelle Coste e per il numero dei nostri nazionali, interessi almeno uguali a quelli di qualsiasi altra potenza, abbiamo motivo di confidare che, ove fosse il caso di trattare seriamente le questioni relative alle condizioni della Tuni:sia, non si crederebbe di poterei assegnàre una parte secondairia nei negoziati.

(1) -Un riassunto di questo dispaccio è edito in LV 8, pp. 380-381. (2) -Cfr. nn. 504 e 505. (3) -Non pubblicato, ma cfr. n. 507.
517

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 35. Carlsruhe, 6 gennaio 1865 (per. il 12).

Dans l'audience priVee que le Grand Due a daigné m'accorder (dépeche de la Légation N. 36) (1), S. A. R. m'a entretenu longuement d'affaires avec sa bienveillance accoutumée, en me renouvelant à plusieurs reprises l'assurance qu'Elle était toujours charmée (sic) de recevoir le Ministre du Roi et avoir l'occasion de me répéter ses vives sympathies pour l'Italie.

J'ai déjà signalé à V. E. par l'annexe à ma dépeche précitée, la manière dont le Grand Due Jui-meme envisage la récente Encyclique. En cette circonstance ce Souverain m'a dit: • Nous avons aussi nos difficultés avec Rome à cause de la question des Ecoles, et notre Clergé Catholique nous fait une opposition par laquelle je ne me laisserai pas fourvoyer dans le maintien de l'indépendance du pouvoir civii •.

Le Grand Due a aussi déploré la politique des hommes d'Etat Allemands qui revent la Triade des Etais Secondaires, en ajoutant qu'il ·croyait hien plus dans l'intéret Germanique d'appuyer, au lieu d'entraver, l'entente sur •les affaires intérieures des deux Grandes Puissances Confédérées, entente qu'il espérait désormais plus ou moins assurée pour ce qui concerne la question des Duchés de l'Elbe.

Le premier jour de fan, où il est d'usage ici de s'inscrilre chez les Princes de la famille Grand Ducale, le Prince et la Princesse Guillaume ont daigné me permettre de Leur présenter personnellement mes félicitations, et m'ont fait l'honneur de m'offrirà déjeuner en famille. Le Prince, qui est un ami de l'Italie et a eu grande part à la reconnaissance par Bade, m'a .parlé, entr'autres, de la question Vénitienne, en m'assurant que jamais l'.&Hemagne deV'iendra solidaire de l'Autriche pour lui garantir d'aucune manière la ;possession de cette Province, laquelle tòt ou tard deviendra Italienne. S. A. a ajouté tenir tout récemment de son frère le Prince Charles qui connait parfaitement l'Autriche où il a été

longuement au service militaire que l'opinion sensée meme ,pa·rmi l'armée dans ce Pays est désormais ·convaincue que dans un temps plus ou moins rapproché

la Vénétie est perdtte pour rA utriche.

J'ai saisi J.'occasion de cette initiative Princière pour faire ressortir auprès de S. A. Granduca,le comme je l'avais déjà fait auprès de S. A. R. le Grand Due dans mon audience privée, l'avantage d'une solution pacifique de cette question vitale dans le sens des récentes instructions de V. E., et l'esPJ"it de modération et de conciliation dont le Gouvernement du Roi était animé dans l'espoir que teHe circonstance put se présenter pour entamer des négociations honoorables et équitables pour les deux Parties intéressées.

Soit le Grand Due que le Prince Guillaume se sont montrés fort satisfaits personne.!Jìement au sujet des bonnes disposit.ions Italiennes et ont convenu explicitement qu'une solution pacifique de la question Vénitienne serait désirable au point de vue ìtalien, aussi bien qu'au point de vue Autrichien et Allemand.

Je me réserve de transmettre à V. E. de plus amp.Jes détails sur une conversation intéres~ante qve j'ai eue dernièrement sur cette meme que:siion Vénitienne dès que j'aurai le moyen de les lui faire parvenir d'une manière sùre et directe.

J'ai eu occa:sion ces jours-ci d'entendre constater dans ·le camp ennemi la justesse des assertions contenues dans la dépèche de V. E. quant à l'attitude correcte du Gouvernement du Roi envers l'Autriche dans les derniers événements du Frioul. Le Baron de Edelsheim, actueUement en congé, fils de la Grand Duchesse Sophie, Général au service Autrkhien, qui a marqué par des faits d'armes briHants dans les guerres Austrc-Italiennes, surtout à Solferino où il a reçu la Croix de Marie Thérèse, lequel se trouvait en garnison à Udine pendant l'échauffourée du Frioul, m'a fait des éloges explicites sur la conduite des Autorités ItaHennes en reconnaissant que l'attitude du Gouvernement du Roi n'a pas seulement été correcte, ma~s avait beaucoup contribué à nous pn?ter une assistance utile en cette occasion (si c).

Je m'empresse d'offrir mes remerciments à V. E. pour les nouvelles satisfaisantes du Pays qu'Elle a bien voulu me trammettre par la Dépeche de Cabinet

N. 17 (1). Je n'ai ([la<s manqué d'en faire part au Baron de Roggenbach, qui s'en est montré satisfait, en disant: " En politique il faut avoir du bonheur et tout vient à point. Convention Franco-Italienne, décroissance du Brigandage et jusqu'à l'Encyclique pour assurer le triomphe de votre cause ».

Les nombreuses et différentes prétentions, y ccmpris Dynastiques, mises en avant par M. de Bismark dans les négociations relatives à la solution de la question des Duchés sont envisagées ici camme des feintes pour mieux établir les Droits de la Prusse à des ·conces,sions finales qu'Elle se croit en droit de réclamer dans le Nord de l'Allemagne au point de vue Militaire Maritime et Commerciai.

C'est pourquoi M. de Roggenbach perEiste à croire que le Due d'Augustembourg, si l'Allemagne désiste de poser sa Candidature comme hostile à la Prusse, finira par obtenir la Souveraineté des Duchés.

Ce ne serait que dans ile IS€ul cas d'une complète annexion territoriale déclarée que l'Allemagne, au dire du Ministre Badois, devrait se coaliser pour tenir tete à la Prusse, et encore faudrait-il, ajouta S. E., etre tous d'accord et co.mpter nos moyens de résistance.

Je viens d'apprendre de source certaine que l'Article de la Karlsruher Zeitung annexé à ma Dépèch€ N. 37 (1), a été publié par ordre direct du Grand Due et rédigé par M. de Stabel, Ministre d'Etat et Père de l'Offieier d'Ordonnanc,e qui a été à Turin porteur de l'Ordre de la Fidélité.

(1) Non pubblicato.

(1) Cfr. n. 492.

518

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, E AL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL

T. 8. Torino, 8 gennaio 1865, ore 15,20.

Journal officiel Cadsruhe contredit avec raison assertions journaux allemands qui prétendent que mon langage fait prévolr guerre au printemps. Je n'ai rien dit de semblable. Transmettez-moi toutes informations pos'Sibles sur impi!"'eEsion que mes déclarations au Parlement ont pu produire en Allemagne.

519

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 93. Torino, 8 gennaio 1865.

Nel me~e di maggio 1864, quando erano ancora pendenti negoziati per la ricostituzione dello Zollverein, il Signor di Bi:smarck esprresse confidenzialmente al R. Ministro in Berlino il desiderio che il Governo Italiano si inducesse a stipulare ,col Governo Prussiano accordi analoghi a quelli conchiusi da questo col Belgio. Il Pres1idente del Consiglio di Re Guglielmo già ne aveva tenuto parola coll'Ambasciatore di Francia, cui aveva manifestata la 'lusinga che un tale risultato sarebbe riUJs:cito gradito alla Francia, e da cui aveva avuto una ris!}osta affermativa a questo riguardo.

Gli accordi proposti dal Ministro Prussiano degli Affari Esteri fu convenuto dovessero aver forma di un protocollo per le stipulazioni relative al Commercio ed alla navigazione, e di una convenzione pe1r quelle relative alla proprietà letteraria ed artistica.

Questa sarebbe stata modellata sulla Convenzione letteraria belga-prussiana, che è la più recente tra quelle conchiuse dal Governo di PruS~Sia; e quello avrebbe 'contenuto, oltre all'impegno di addivenire alla negoziazione di un trat

tato formale, tutte quelle clausole in uso nelle Convenzioni commerciali e marittime che si potessero stipulare dalla Prussia senza il consenso degli Stati dello Zollverein e traducibilli ad effetto anteriormente alla scadenza del patto che è base alla Lega Doganale.

Indipendentemente da talune obbiezioni relative alla redazione del Protocollo stesso, un riflesso d'indole generale avrebbe potuto sconsigliarci dallo accogliere le ;proposte prussiane, se si fosse dovuto esclusivamente aver riguardo al lato commerciale della questione. Diffatti la reciprocità del più favorevole trattamento stipulata nel ;protocollo stesso sarebbe riuscita più apparente che reale, poichè mentre il beneficio delle riduzioni doganali sarebbe stato applicabhle in Italia alle merci dello Zollverein immediatamente, nello Zollverein alle merci italiane non sa·rebbe stato accordato che collo entrare in vigore dei Trattati prussiani colla Francia e col Belgio. Tuttavia in ,presenza -della iniziativa presa spontaneamente dal Signor di Bismarck, volemmo considerM"e la cosa piuttosto sotto l'aspetto lsuo politico, e porgere una testimonianza del buon volere del

R. Governo verso la Prussia, col facilitarle una politica più indipendente nei suoi rapporti commerciaH coll'Austria, e col non !l"ifiuta·rle i mezzi di promuovere francamente gli interessi commerciali della Germania.

Per siffatte considerazioni il R. Ministro in Berlilno fu autorizzato a sottoscrivere gli accordi proposti dalla Prussia: ma gli fu nel tempo stesso espressamente dato per istruzione di rlasciare fino al termine dei negoziati al Governo Prussiano ogni iniziativa nei medesimi, affinché non potesse in nessuna even-· tualità nascere il dubbio che il Governo del Re avesse inteso altro che di essere largo di una concessione alla Prussia.

L'assenza ;prolungata del Signor di Bismarck da Berlino ed indi il congedo del R. Ministro furono le cagioni che si sospendessero le negoziazioni. Allorquando H Conte di Launay si restituì al suo posto, il nuovo Ministero stimò di dover mantenere le istruzioni im!Partite dal Gabinetto anteriore, di firmare cioè gli accordi quando il Governo Prussriano ne riprendesse l'iniziativa.

Senonché importanti avvenimenti erano nel frattempo sopravvenuti. La politica prussiana trovossi per fa questione dei Ducati ancor più legata alla politica austriaca. Lo Zollverein si era ricostituito.

Il Conte di Launay potè avvedersi che le dilsposizioni della Prussia in ordine ai negoziati, di cui pure essa aveva preso l'iniziativa erano mutate, e che il Gabinetto di Berlino non si sentiva più così libero de' suoi atti rimpetto all'Austria da mantenere le proposte fatteci. Dichiarazioni esplicite del Signor di Bismarck non tardarono a togliere ogni dubbio a tal riguardo. Un tal fatto non poteva essere .pel R. Governo argomento né di disinganno, perché l'eventualità non era stata imprevista, né di difficoltà, sia perché in tutto il co11so dei negoziati si era scrupolosamente lasciata l'iniziativa al Gabinetto di Berlino, sia perché in sostanza il vantaggio maggiore sarebbe ridondato dagli accordi alla Prussia ed allo Zollverein. A noi non rimaneva che di prendere atto della rottura dei negoziati pel fatto della Prussia, e di constatare la piena libertà d'azione del R. Governo per H futuro.

Analoghe istruzioni furono impartite al Conte de Launay, il quale richiederà la restituzione dei pieni poteri pei negoziati rstati esibiti al Gabinetto di

Berlino, appena avrà presentate a S.M. il Re Guglielmo le ricredenziali che pon

gono termine alla sua missione presso la Corte di Prussia.

Stimai conveniente di recare confidenzialmente a sua con01scenza i particolari che precedono, pel caso in cui intorno ai nostri negoziati commercialli segreti colla Prussia Ella fosse interpellata da S.E. il Ministro Imperiale degli Affari Esteri, cui l'apertura dei negoziati stessi deve essere nota per la comunicazione confidenziale, che preventivamente ne diede, come Le accennai, il Signor di Bismarrck al Barone di Talley·rand.

Colgo il'opportunità perr compiegarLe in via riservata l'estratto di ·un interessante rapporto confidenziale del Conte di Launay (N. 80 Conf.) (1). SegnandoLe ricevuta dei suoi pregiati Rapporti di Serie Politica dal N. 103 al N. 107 inclusivamente (2) ....

(1) Non pubblicato.

520

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

D. CONFIDENZIALE 27. Torino, 10 gennaio 1865.

Le previsioni di cui feci cenno nel mio dispaccio N. 25 (Gabinetto) (3) intorno alla riuscita degli sforzi del nuovo Ministro bavarese degli Affari Esteri per costituire tra i piccoli Stati una lega capace di far fronte alle due maggiori potenze, cominciano ad avverarsi.

Il Signor di Pfordten accortosi del debole appoggio che avrebbe trovato presso gli Stati minori, sembra siasi affrettato a rivolger lo sguarrdo dal lato di Vienna e dimostrando di voler conoscere gli intendimenti deil Governo Imperiale nella questione dei Ducati, provocò dail Gabinetto austriaco in risposta ad una sua nota una comunicazione in cui il Signor di Mensdorff si affretta a constatare che lo scopo della politica austriaca nelila questione dei Ducati punto non differisce da quelllo cui tendono gli Stati minori, e che ad ogni modo si sare}, bero tutelati a Vienna gli interessi germanici ed il diritto federale.

Intanto lla questione di successione continua ad essere argomento di negoziati tra Vienna e Berlino. La Prussia perseverando nel suo sistema di dilazione, vuole che il diritto dei pTetendenti sia fatto oggetto di più lungo esame, e che intanto si introduca nei Ducati un regime politico conforme ane istituzioni prussiane, abolendovi la costituzione democratica del 1848; pretende inoltre che la Dieta non abbia poi ·che a ratificare le decilsioni delle due g;randi Potenze. L'Austria consente nel punto dell'abolizione della Costituzione del 1848, ma vorrebbe che l'esame dei titoli fosse fatto rapidamente, né già dissimula il Duca d'Augustembourg avere a' suoi occhi il più valido titolo a Ha Corona dei Ducati: esige inoltre che la soluzione della questione sia ad ogni modo conforme al di

ritto federale, e che in ogni caso si ponga soLlecitamente un termine allo stato provvisorio attuale.

Malgrado siffatte differenze, tutti concordano nello affermare che a Vienna si vuole ad ogni costo evitare una rottura colla Prussia. Il giornalismo ufficioso dei due paesi non lascia alcun dubbio a tal riguardo.

Le informazioni che mi giungono di Germania ·concordano colle indicazioni fornitemi da Lei sulle istruzioni impartite dal Governo Britannico ai suoi agenti in ordine al contegno da tenere a fronte delle questioni interne di quel paese. Senza punto giudicare i motivi che ·consigliano un siffatto contegno al Gabinetto Britannico, debbo notare il fatto incontestabile che l'astensione assoluta dell'Inghilterra nelle cose di Germania ed i germi di diffidenza ch'altri cercano ad arte di fomentare tra la Francia e l'Inghilterra possono, a fronte delle idee che ora paiono nuovamente prevalere alla Corte di Vienna, indirettamente favorire od almeno incoraggiare presso quest'ultima, a malgrado delle intenzioni dell'Inghilterra, disegni aggressivi contro l'Italia.

Infatti informazioni sicure procedenti da Vienna, attestano che mentre l'Imperatore Francesco Giuseppe r.i!serva a sé esclusivamente :la Di:r·ezione degli affari esteri, al punto da non consultare i Ministri, docili strumenti della sua volontà, gli sguardi suoi sono costantemente rivolti all'Italia: e la sua quasi esclusiva preoccupazione sarebbe quella di assicura11si alleanze pel conflitto coll'Italia, che egli crede di prevedere al più tardi per la scadenza del termine fissato dalla Convenzione del 15 Settembre, e soprattutto di mantenersi ad ogni costo alleata la Prussia fino al giorno di una lotta coll'Italia, che appunto perciò desidera forse di affrettare.

Intanto mentre il R. Governo si studia di dirigere le preoccupazioni del paese verso idee di quiete e di organizzazione interna al punto di susiCitare anche le recriminazioni dei partiti estremi, invece gli organi del giornalismo tedes•co, che ricevono più o meno direttamente le loro ispirazioni dalla Cancelleria austriaca cercano in ogni maniera di preparare gli animi a rprossime complicazioni. Non solo la Corrispondenza Generale di Vienna rirpete insinuazioni affatto destituite di fondamento cirea pretesi apprestamenti ·che si farebbero nel Regno per spedizioni clandestine d'armi e d'uomini, ma, quel ·che è più, in opposizione completa alle recenti mie dichiarazioni al Parlamento, alcuni giornali di Germania osarono perfino assicurare che il mio linguaggio accennava al proposito del R. Governo di voler la guerra alla ventura primavera. Il giornale officiale di Carlsruhe smentì così false asserzioni, colla semplice riproduzione esatta del senso delle mie dichiarazioni.

Ella !p{)trà, offrendosele l'occasione ·chiamare l'attenzione del Governo Britannico sui d~segni della Corte di Vienna. SegnandoLe ricevuta de' suoi pregiati rapporti nn. 59 e 60 confidenziali (1) ...

(1) -Cfr. n. 510. (2) -Non pubblicati. (3) -Cfr. n. 503.

(1) Non pubblicati. Analogo dispaccio venne inviato in pari data a Nigra col n. 94.

521

IL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE l. Francoforte, 10 gennaio 1865 (per. il 14).

Je viens répondre aux informations que V.E. a bien voulu roe deroander par son télégraroroe d'avant-hier (1) sur les appréciations auxquelles ont donné lieu dans la presse allemande ses récents discours au Parlement.

Et d'abord, avant tout, un fait à établir c'est que la presse autrichienne, soit en vertu d'un mot d'ordre, soit pour tout autre rootif, évite depuis quelque temps avec un soin calculé la discussion des questions. politiques ayant trait à l'Italie, surtout à ila Vénétie, et ne s'y engage pour ainsi dire que forcée par les événements présentant un tel caractère d'actualité qu'il serait impossible de les passer sous silence. L'on a vu un exemple frappant de cette attitude réservée dans les événements du Frioul qu'ils traitaient de putsch (échauf:i'ourée) se gardant bien d'entrer dans la discussion des problèmes politiques que soulevait naturellement l'insurrection.

Un autre caractère de l'attitude systématique observée vis-à-vis des questions Italiennes par la presse dévouée à l'Autriche (qui par parenthèse, malgré l'épu~sement de ses finances trouve moyen de disposer de 800.000 francs pour payer ses réclames politiques), un autre caractère très prononcé, dis-je, est d'affecter avec une morgue ~ridkule de ne pas prendre l'Italie au sérieux et de ne

1:e préoccuper de ses tendances politiques, de ses espérances et des déclarations publiques de ses hommes d'Etat qu'autant que le Cabinet des Tuileries est disposé à leur préter sérieusement assistance. Pour un journal autrichien, la Capitale de tl'Italie n'est ni à Turin ni à Florence ni à Rome, elle est à Paris. Cela n'empeche point les traits haineux, les sinistres prédictions de se produire; mais la tactique du moment est de parler le moins possible de l'Italie, ou si l'on est obligé d'en parler, d'amoinddr démésurement ses forces, son importance, et de n'en tenir compte qu'autant que !a France impériaie est derrière elle.

C'est au milieu de ces dispositions de la Pre,s8e autrichienne que sont venus se produire les remarquables discours de V.E. au Parlement. Naturellement les journaux en question ,craignant l'impression qu'ils pourraient produire sur le bon sens Al!lemand, se sont efforcés de n'y faire voir qu'un rooyen pour emporter les hésitations de la Chambre, ils ont repoussé pour l'e compte de l'Empereur François-Joseph le passage faisant allusion aux probabilités de la déliv~rance, sous forme de cession de Venise, et meroe il:s ·sont aHés jusqu'à dire que l'Eropereur Napoléon, mis en cause dans J'exposé de ces probabilités en avait témoigné son méeontentement à Turin.

111 t.:tr. n. 0111.

L'extrait suivant de la Presse de Vienne suffira pourr donner une idée exacte des appréciations auxquelles, à cette oceasion, s'est livrée la presse soudoyée par l'Autriche:

• Nous croyons que nous ne devons pas attacher une grande importance aux discours des hommes d'Etat italiens dans la Chambre de Turin: Ces Messieurs ·)Q.ttent de la paille vide (e:x,pression purement A:Hemande pour dire que l'cn fait de la besogne inutile) et il était grand temps de voir finir ces longs et fasiidieux débats. Que MM. La Marmora, Pepoli et autres mettent ou non sur le tapis la question de Venise cela nous est parfaitement indifférent; nous ne doutons pas plus de leur pieux désix d'obtenir la Vénétie que de leur conviction à l'endroit de l'impuissance où se trouve l'Italie de réaliser seule ses désirs par la Iorce. Le G€néral La Marmora s'est retranché derrière les bons services qu'il attend de Napoléon; nous ne voulons pas discuter si l'Empereur des hançais désire sincèrement et sérieusement J'unification de l'Italie; il y a beaucoup de gens qui en doutent. Mais quelque soit son attitude vis-à-vis des hommes d'Etat de Turin, Napoléon ne songe assurément pas en ce moment à employer les moyens violents pour arriver à la possession de Venise •.

Tel est fsicl en ·résumé, à peu de variantes près, l es commentaires faits au discours de V.E. par la presse officieuse de l'Autriche en AUemagne. Mais ce que l'on considère comme la réponse de il'Autriche officielle et qui probablement a donné lieu à Ja supposition des idées belliqueuses attribuées à

V.E. pour le p:rintemps, c'est une phrase placée comme à dessein dans la péroraison du discours prononcé au Reichsrat par le Général Franck, Ministre de la Guerre en Autriche, à propos de la discussion sur le budget de l'Armée, et dont voici l'extrait textuel:

• Je suis heureux en terminant, de donner l'assurance que ii.'Armée de la Patrie s'efforcera de payer avec usure les lourds sacrifices financiers que coftte sa tenue sur Je pied de guerre, quand le moment du danger sera venu et que dans un avenir peut-etre peu éloigné il sera porté atteinte à l'intégrité de l'Autriche •.

C'est cette demière alil.usion que l'on a considérée comme une réponse officielle au discours de V.E., mais l'on n'y a pas attribué d'autre importance que celle d'un moyen oratoire destiné à obtenir les chiffres demandés pour le budget.

Quant au fait d'une intention nettement arretée par V. E. de vouloir la guerre au printemps, je ne l'ai vu formulée nulle part dans la presse Allemande, et en la démentant, la Gazette de Carlsruhe s'est bien positivement méprise sur la portée d'inductions de journaux ne dépassant pas Jes limites d'une simple politique conjecturale.

Puisque je suis à parler de journaux et de journalistes, je crois devoir signaler à V.E. l'attitude hostile à l'Italie qu'a prise depuis quelque temps le journa·l d'ici l'Europe dirigé par M. Gregory Ganesco. Cette feuiHe qui, il n'y a pas encore longtemps, nous était très sympathique, s'est mise tout à coup à lancer contre nous des insinuations extremement perfides et d'autant plus de mauvatse foi qu'elle n'a plus de correspondants à Turin et que les ip'rétendues correspondances datées de cette ville se fabriquent dans ses bureaux. Les personnes qui connaissent intimement M. Gregory Ganesco assurent qu'il pratique avec un certain succès l'operation bien connue sous le nom de chantage et que ses attaques ne sont que des demandes d'argent déguisées ou l'expJ.osion de sa mauvaise humeur eontre une suppression de subvention. Il n'a eependant pas pu réussir avec le Gouvernement F:russien, quì aux flots d'injures qu'il répand chaque jour contre sa politique a répondu par J'interdiction du journal en Prusse (1).

522

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 12. Torino, 11 gennaio 1865, ore 11,15.

Interpellation pour la gràce aux brigands a eu lieu hier. Selon moi elle a été déplorable (2).

523

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, QUIGINI PULIGA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 6. Pietroburgo, 11 gennaio 1865 (per. il 18).

Par votre dépeche confidentielle du 26 Novembre dernier (Cabinet) N. 5 (3)

V.E. avait bien voulu me charger de prendre, au moyen de mes relations personnelles, des informations confidentielles sur les dispositions que la Cour de Wurtemberg pourrait avoir, tpour renouer avec ile Royaume d'Italie ses rapports politiques. Je dois à mon J:egret l'avouer immédiatement à V. E.: le réslllltat de mes démarehes indirectes n'a pas été satisfaisant. En toute manière je vous en rendrai eompte et si V.E. y reconnait maladresse ou incapacité de ma part, je subirai sans murmurer ile jugement qu'il iui plaira de prononcer. Et d'ahord j'ai prié une persmme qui est en rapports continuels avec le Prince Gortchakow de l'interpeller, sans que toutefois mon nom fut prononcé ni que l'action du Gouvernement du Roi en aucun point fut engagée, s'il n'était pas possible de connaitre ~confidentiellement par ses agents à Stuttgard les dispositions du Roi à l'égard de l'Italie. Le Prince répondit qu'il verrait avec beaucoup de plai~:;ir la Cour de Wiirtemberg se rapprocher de l'ItaJie, mais que l'atmosphère des événements en Allemagne ne lui paraissait pas assez rassurante pour se charger d'une négociation qui pourrait ne pas aboutir. La personne en question suivant

c J'ai reçu d'un pays limitrophe des nouvelles sur la manière dont le Gouvernement Autrichien envisage la solution de la question vénitienne. II est très hostile à la cession de la Vénétie: il affirme que le quadrilatère est nécessaire pour la défense de l'Allemagne, et que si l'Italie était trop forte l'alliance franco-italienne serait trop prépondérante.

Son opinion sur la question romaine est bien plus favorable, en croyant comme cn Prusse que des éventualités européennes ou des circonstances exoeptionnelles pourraientoffrir la chance de négociations pour une solution italienne >.

les instructions que je lui avais données n'insista pas, et laissa entendre au Prince que sa démarche lui avait été uniquement dictée par le désir de faire quelque chose d'agréable à l'Italie, pour laquelle il ne cachait nullement ses vives sympathies. Le chemin du c6té Russe éiant barré. fai du me rabattre sur le c6té Wurtembergeois. Il y a justement à Péter~bouq un Chargé d'Affaires de Wiirtemberg, le Baron de Spitzenoerg. qui vient d'épouser la fille du Ministre des Affaires Etrangères du Cabinet de Stult<.;ard. Je l'ai prié de me procurer pour mon usage perwnnel le texte de la délibération des Chambres de Commer,ce du Wiirtemberg :par laquelle elle~ engagent le Gouvernement à négocier des accords commerciaux avec le Royaume d Italie. et je :lui ai demandé s'il ne savait pas quelle ~mite son Gouvernement comptait donner aux voeux du Commerce de son pays. M. de Spitzenberg ignorait cette démarche, ma.i:s il me promit d'en écrire particulièrement et confìdentiellernent à son beau-père, et de m'en communiquer la ,réponse. Il y a un mois de ceci et jusqu'à présent M. de Spitzenberg ne m'a plus parlé de l'incident. Je dois donc conclure que la récente attitude de la Prusse au sujet du vote d2 la minorité de la diète à Francfort, force les Gouvernements secondaires c! e 1' Allemagne !cl se rapprocher de I'Autriche: la crainte de la mécontenter aura naturellemfl1t rdroidi ]es bonnes dis.positions du Gouvernement de Wiiriemberg à notre ég<'lrd. Ses intérets politiques auront ainsi primé son intéret matériel lE plus m:mifPste.

Après la réception de vcire dt'neche ICabinet) N. 6 (1) j'ai demandé quelques imtants d'entretien à S.E. le Vice-Chancelìer. J"'ai été reçu h]er matin, et

-V .E. connalt déjà, par ma depèche iélégraphique (~), la réponse que le Gouvernement lmpériai a cru òevoir f8ire aux propositions de la Sublime Porte, touchant la déclaration à insér2r rh·. n' le Protocole fin al qui devra etre dressé à l'occasion de la signature de 1. 'nrte nublic reglant la navigation du Danube. Quant aux réserves que Ja Sublime Pcrte òésirait insérer dans cette déclaration, la Russie les ·reconnaissait .Oav :t<1bles. LE' G;ractère temporaire enfin donné à la déclaration en questìon ne àeve1it certes p<J:s arrètPr la Russie, car, me disait le Prince, ce qui est temporrd···r· prn-le 1emn8 f!HÌ CO?Jr·t.. pourrait bien ét1·e éternel, et • viceversa •, ròpondìs-je. L2 su jet ci e ma conversation sur la Turquie se trouvait ainsi épuisé, m;:ds je me svis ~en>i ÒP. ce pays camme transition limitrophe pour passer t! la Grèc:e et dE:m<Jr!der ;:;u Prince s'il avait òes nouvelles des Hellènes. Le Vice--Chance1ie•· me dit oue les rapports des agents russes tant à Athènes que dans les iles Ioniennl> constalHlent un désordre de plus en plus croissant. Qu'il avait conseillé a•.J Comtc èle Sponneck avant son départ pour Athènes de gouverner pend<:>rlt audque temps sam= Chambres, mais en se réservant de revenir stricteme,1; à b Co;;stitu1 ion dès qu'on aurait réussi à former un noyau d'hommes con~erv;:;te1ns et riè~ qu'C!~ aur:J.it pu connaitre où résidait la vraie force du pays: que Jes hom;ne~ politiques faisaient défaut: qu'il espérait toutefois dans l'avenir, e·, qu'il ét3i1: convaincu grace aux sentiments monarchiques du peuple Grec, que le Roi actuel réus~irait à se maintenir au pouvoir et à se faire aimer: qu'il ne lui était pas encore possible de se former une idée (J) -Cfr. n. 488.

exacte de la situation en Grèce, et des conséquences qu'el•le pouvait entrainer: tout est encore dans le vague et dans l'obscurité. Le Royaume de Grèce, dis-je au Prince, vous ferait presque l'effet de la musique de l'avenir? Précisément, j'aime la Grèce, mais je ne la comprends pas.

(1) Cfr. quanto scriveva Oldoini in un annesso cifrato al R. 32 del 12 gennaio:

(2) Cfr. Atti del Parlamento Italiano, Camera deputati, sessione 1863-1865, Discussioni, vol. X, pp. 7439-7462.

(3) Cfr. n. 431.

(2) -Non pubblicato.
524

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 110. Parigi, 12 gennaio 1865 (per. il 14).

Il Governo imperiale non riescì ad evitare, come forse sperava, un conflitto con una parte dell'E;pi:scopato a proposito dell'Enciclica.

Oltre ila .lette,ra di Monsignor di Cambrai, che fu pubblicata per la prima, e di cui feci menzione a V.E. •COl mio rapporto N. 108 (1), altri vescovi indirizzarono al Guardasigtlli lettere in cui p·rotestarono con grande vivacità contro il divieto di pubblicare gran parte dell'Enciclica. Il vescovo di Moulins non tenne conto alcuno di siffatto divieto: egli promulgò personalmente dal pergamo l'enciclica e la comunicò al parroci de.Ua sua diocesi con una circolare che fu pubblicata dai giornali dericali. Un comunicato del Moniteur d'oggi annuncia che la condotta di questo vescovo fu deferita al Consiglio di Sta~o in via d'appello per abuso. Mi si afferma che si procederà in egual modo contro il vescovo di Poitiers. Questo prelato avrebbe letto egli stesso domenica scorsa dal pergamo d~lla sua chiesa cattedrale un mandamento in cui protesta contro la circolare del ministro Baroche, promulga l'endolica e ·condanna .i giornali la France, H Débats, il Pays, il Constitutionnel, il Siècle e l'Opinion nationale. Questo mandamento sarebbe ·concepito in termini •così violenti che gli stessi giornali oltramontani non avrebbero osato di pubblicarlo, temendo d'attirarsi un avvertimento od un sequestro.

Il Signor Drouyn de Lhuys al quale io parlai quest'oggi deU'enciclica, mi dils1se che H Goveil'no deplorava la ·condotta deHa Santa Sede e dei vescov,i, che contro questi non aveva altra via di coazione che i processi di appello per abuso, non volendo ricorrere alla ·sospensione dello stipendio vescovile, od al<la nomina di coadiutori, benché lo possa fare in forza del Concordato.

Il Mini1stro imperiale soggiunse che nelle sue conversazioni col Conte di Sartiges il Cardinale Antonelli si •studiava di attenuare i.l significato poHtico dell'enciclica. _Per esempio, Sua Eminenza assicurava che il Papa non aveva voluto condannare la •sovranità popolare né H suffragio universale, laddove sono, come in Francia e nell'America del Ncrd, costituiti dal,le leggi organiche del paese, ma soltanto dove sono adoperati come strumenti rivoluzionarii.

n Signocr Drouyn de Lhuys, dopo quanto scrissi all'E.V. con dispaccio N. 97 (2), diresse all'Ambasciatore francese a Roma un secondo dispaccio che in sostanza conferma il primo. H Governo francese non ·chiede in esso spiegazioni intorno

all'enciclica: essa non ne ha d'uopo, il senso genuino e naturale deLle parole baista a determinarne il significato. Questo si è tale da dover far rammaricare al Governo francese che la Santa Sede gli abbia con questo atto resa più difficile la sua missione in Italia e creato gravi imbarazzi all'interno, provocando la negazione per parte della fazione ultramontana del clero dei principii di diritto pubblico consacrati dalla costituzione dello Stato, dai Concordati e dalle tradizioni della Chiesa gallicana.

La lotta impegnatasi fra il Governo francese e parte del clero a proposito dell'enciclica costringerà probabilmente i Ministri francesi a sostenere con maggior vigore la Convenzione del 15 Settembre avanti il Senato ed il Corpo legislativo francese.

Avrà lo stesso effetto il discorso del Signor Thiers il quale, a quanto mi si assicura, persiste a voler difendere il potere temporale del Papa, benché condanni l'enciclica come un grande errore politico. • Bisogna essere Papa per farne di queste! • esclama spesso, a quanto dicesi, l'antico Ministro di Luigi Fi:lippo.

Giova sperare che l'Imperatore, il quale è sovrattutto fermo nei suoi princ.ipii liberali quando li vede ·condannati dagli avversarii della sua dinastia, ometterà n.el suo discorso d'apertura delle Camere francesi quelle frasi troppo favorevoli alla Santa Sede che potrebbero produrre spiacevole impressione sulla pubblica opinione in Italia.

(1) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 494.
525

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 84. Berlino, 12 gennaio 1865.

N'étant revenu à mon poste que vers la fin de novembre, je n'ai pu cons

tater par moi-meme quelle avait été l'inter:prétation donnée par la presse alle

mande au discours prononcé par V. E. à la Chambre des Députés dans [a

séance du 12 du meme mois. Mails, d'après les renseignements que j'ai recueillis,

aucun journal de ce pays, je ne parle bien entendu que de ceux qui ont un carac

tère assez indépendant pour ne pas se mettre à •la solde de l'Autriche, ne s'est

permis de révoquer en doute la franchise et la loyauté des paroles conciliantes

de notre Ministre des Affaires Etrangères.

Depuis mon retour, j'ai suivi attentivement la polémique des Gazettes, et

aucune de celles au moins que je lis journellement, ne s'est permis de tirer de

votre Iangage. M. le Ministre, soit à la Chambre des Députés, soit dans l'enceinte

du Sénat, ·la conclusion que Vous auriez fait prévoir la guerre au printemps.

J'ai meme remarqué que la Gazette de la Croix et celle de l'AlZemagne du Nord,

d'ordinaire si peu bienveillantes à notre égard, lors meme qu'elles continuent

la première surtout, à dénigrer l'Italie, n'ont jamais essayé de torturer le sens

des paroles de V. E. Son caractère est trop respecté meme parmi nos adversaires,

pour qu'ils osent susi>ecter ouvertement la sincérité de ses décla,rations itéra

tives notamment quand elle représentait la question Vénitienne comme étant

susceptible d'une solution pacifique. Toutefo~s s'ils rapportent les discours, ils s'abstiennent d'en faire ressortir l'esprit de modération, tandis qu'ils se prévalent du moindre fait qui se passe en deho11s de :la sphère d'action du Gouv:ernement !POW" déverser le blame sur nos institutions et sur nos aspirations légitimes. C'est là que git une mauvaise foi aussi incorrigible que l'esprit de parti dans ses oppositions systématiques.

Mais si la presse, ou du moins ses organes les plus répandus craignent de se livr~ à des commentaires qui resteraient sans écho auprès des gen)s éclairés en Allemagne, il y a tout lieu de croire que certains Cabinets ne se font pas faute de nous la~sser noircir et calomnier à Vienne.

J'ai déjà mandé quelle avait été l'interprétation fournie par Je parti influent à la Cour de Prusse relativement à la Convention Franco-Italienne du 15 Septembre. Sa raison d'etre n'aurait été autre qu'une entente contre l'Autriche.

On a un intéret ici à ne pas détromper cette Puissance sur de prétendus projets belliqueux de notre part dans le but de lui arracher ses possessiolliS Vénitiennes. Afin de la rendre condescendante pour une annexion directe, ou indirecte des Duchés de l'Elbe, on voudrait de ;plus en plus inculquer à l'Empiereur François-Joseph et à son Minilstère la nécessité de maintenir une alliance étroite au prix meme de quelques sacrifices dans le Nord, et d'écarter ainsi des dangers très menaçants en Italie, si l'Autriche se retrouvai t isolée comme en 1859.

Il se rpeut fort bien que dans des pays où ·Ies passions religieUSies se drliJ)ent du manteau de la .politique, et où le parti catholique nous poursuit de la haine des dévots; il se peut fort bien, dis-je, qwe dans des pays comme le Ga:andDuché de Bade, la Bavière, les provinces Rhénanes, quelque journa:l ultramontain ait travesti Je sens du langage de V. E. La Gazette Universelle d'Au~sbourg est à elle-seule capable de nier le jour en ;plein solei:J.; c'était elle qui, peu après la guerre de 1859, avouait de la manière la plus cynique pru-l'organe d'un de ses rédacteurs qu'elle avait sciemment menti dans l'intéret de l'Autriche.

Mais le temps ne suffirait pa!S pour lire les élucubrations de tous les publicistes allemands. Aussi n'ai-je parlé que des journaux auxquels je suis abonné. Au reste la presse n'a ici qu'une importance bien secondaire comparativement au ròle qu'elle joue chez d'autres nations. Ehle a une 'l.ongue éducàtion à faiire encore, avant de jouir d'un véritable crédit. Chacun sait que le Cabinet de Vienne dépense des sommes con®déra'bles pour y faire prévaloir ses vues. Rien donc de plus nature! que les attaques pJeuvent sur nous qui ne faisons rien pour combattre avec les memes armes. Cependant il conviendrai't sans aucun doute d'établir quelque service de défense moyennant quelques correspondants dévoués et intelligents. J'ai ò'éjà appelé plus d'une fois l'attention du Gouvernement sur ce point.

Depuis plusieurs jours je cherche vainement à m'aboucher avec le Président du Conseil, ou avec le Secrétaire Général. Celui-ci est absent, et son chef se dit trop éprouvé par [es fatigues de la chasse et des travaux préparatoires pour la réunion des Chambres, rpour recevoir les visites du corps diplomatique. Il est vrai que sa porte est toujou:ns ouverte à la Russie, à l'Autriche, à la France, età l'Angleterre. C'est vraiment dommage que des ::représailles ne soient pas appliquées aux Ministrels de Prusse à l'étranger.

Void ce qui me revient d'autre part. Depuis ma dernière dépeche, la corde parait s'·etre tendue dans les rapports. entre Vienne et Berlin. Le Chargé d'Affaires d'Autriche laisse entendre que son Gouvernement commence à se lasser des prétentions exorbitantes de la Prusse qui vise à l'annexion directe du Schleswig Holstein. Aussi se rapprocherait-ll des Etats secondarires, entre autres de la Saxe, pour contrebalancer des vues, à son gré, trop ambitieuses. Voici à ce propos un mot de M. de Bismarck: « Nous voulons bien d'un mariage honnete avec l'Autriche, mais nous ne pouvons pàs lui passer une maitresse Saxonne •.

Mon collègue de Ru:ssie dit, et pour cause, puisqu'il travaillle au maintien de la bonne intelligence entre les trois Cour:s du Nord, qu'il ne croit pas à une rupture.

J'ai l'honneur de remerder V. E. de ses dépeches du 29 Décembre et du 3 Janvier, et de Lui accuser réception de Son télégramme du 8 courant (1). En me 1é;,ervant. d0s que j'auré'i pu forcer la porte du Ministère des Affaires Etrangères, de mander le jugement du Gouvernement Prussien relativement au projet d'acte public pour le règlement provisoire de la navigation du Danube...

526

IL CONSIGLIERE DELLA LEGAZIONE A PARIGI, ARTOM, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI

L. P. CONFIDENZIALE. Parigi, 12 gennaio 1865.

Mi fu assicurato quest'oggi da fonte non sospetta, e da persona credo bene informata, che in Ungheria lo scoraggiamento è giunto al punto da desiderare positivamente un accordo coll'Austria. Credesi che i Capi del partito aristocratico ungherese manovrino con Mensdorff per ottenere dall'Imperatore concessioni tali da .permettere la ·Convocazione della Dieta. La stessa persona (è un ungherese, antico segretario di Kossuth) tni disse: devo confessare con dolore che una volta l'Ungheria riconciliata coll'Austria.. i so1dati ungheresi si batteranno contro l'Italia ·come fecero nel '!:8.

Questa notizia mi parve abbastanza grave perchè io la scrivessi a Lei. Ella ha modo di controllarla. Certo se l'Austria si riconcilia da un canto coll'Ungheria dall'altro ottiene il concorso della Prussia, noi, che non po1ssiamo ormai sperare in una cooperazione efficace d'a:lcuna poltenza estera, ci troveremo nella più triste condizione.

Nigra sta un pò meglio, ma non è ancora pienamente ristabilito. Spero però che presto egli possa scrivere al Generale qualche lettera particolare. Pel resto lo supplisco io quanto so e posso.

(1) Cfr. n. 492 e 518. Il dispaccio del 3 gennaio non è pubblicato.

527

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 85. Berlino, 15 gennaio 1865 (per. il 20 ).

J'ai enfin réussi à rencontrer le Secrétaire Général pour lui demander quel était le jugement porté par le Gouvernement Prussien au sujet de la déclaration que S. A. Aali Pacha désirait voir insérée dans le protocole final qui sera dressé à l'occasion de la signature de l'acte public pour le règlement provisoire de la navigation du Danube. M. de Thiele n'était nullement au courant de cette affaire. Il m'a promis de consurtter les ar.chivels et de me donner plus tard quelques indications. Mon •Collègue de Turquie n'en savait pas davantage (1).

J'ai profité de •cet entretien pour démentir les assertions de journaux allemands qui donnaient au langage de V. E. une signification qui n'avait jamais été dans il'expression de sa pensée. En rappelant les passages de ses discours sur la Vénétie, j'ai paiTlé dans ile sens de la dépeche n. 12, (Cabinet) (2) et, pour donner plus de poids à mes explications, j'ai meme lu quelques extraits de cette dépèche avec la circonspection qui m'était tracée.

M. de Thiele regrettait de ne pas en avoir une copie, parce qu'il aurait voulu faire soumettre au Roi des appréciations., dont la franchise et la modération eussent été de nature à produire le meilleur effet sur l'esprit de S. M. Au reste j,} m'a donné !l'assurance que rpelìsonne ne s'était permis de déduire des discoulìs de V. E. qui tous se trouvaient au Ministère, l'induction que nous aurions lais•sé prévoir la guerre au printemps. En outre, il ne lui résultait aucunement que certains organes de la presse allemande eussent écrit des articles ayant cette portée. On ira cependant aux recherches, et si le fait se confirme on aura soin de faire rectifier, en voie officieUJ~e, les suppositions de journaux mal renseignés, ou mal inspirés.

A ce propos M. de ThieJ.e m'a nouvellement parlé de l'e:stime, de la sym

pathie et de la haute réputation de loyauté dont Vous jouissez, M. le Ministre, à la Cour Royale de Prusse. Je n'ai pu m'em.pècher de laisser comprendre qu'il était vraiment dommage que le Cabinet de Berlin ne cherchat pas à mieux utilise.r la présence de V. E. au rpouvoir, en nous donnant, par des actes, des preuves de son bon vouloir. • En attendant, ai-je ajouté, je ne pu~s que me référer à ce qui m'a été dit l'année dernière par M. de Bismarck. Si l'Autriche me suit jusqu'au bout, je la conduirai iloin •. Voilà une garantie que c'est iJ.'Autriche qui doit suivre la Prusse, et non la Prusse qui se laisse remorquer par l'Autriche. Je veux bien admettre cette garantie, mais aucune autre, à moins

• En me référant au premier artic1e de mon rapport n. 85 du 15 de ce mois. je suis à meme de mander à V. E. que le Comte Brassier, Envoyé de Prusse à Constantinople, a reçu l'instruction d'adhérer at:x réserves proposées par la Sublime Porte, relatives à l'acte public pour le règlement provisoire de la navigation du Danube. Le Cabinet de Berlin avait été dé.ià informé des adhésions de la Russie, de la France, de l'Angleterre et de l'Autrtche •.

que le Cabinet de BerJ.in, par une faute des plus colossales, n'ait engagé la réalité de ses intérets politiques dans les reveries des hommes d'Etat à Vienne •.

M. de Thiele ne m'a pas suivi sur ce terrain. Il ne m'a répondu que par quelques observations sur [es difficultés que la Prusse rencontrait pour le règlement définitif des affaires du Schleswig-Holstein. Il parait en effet avéré que le Comte de Mensdorff insiste pour une prompte solution, et que M. de Bismarck cherche toujours à gagner du temps sous des prétextes plus ou moins dérisoires. Il regrette peut-etre, en rprévoyant de graves embarras pour l'Autriche à l'expiration du traité Franco-Italien du 15 Septembre pour l'évacuation de Rome, que l'échéance n'en soit pas à un terme plus rapproché. Il est évident que ses prétentions hausseront ou baisseront ,selon le degré de résistance que l'Autriche pourra opposer à ses velléités ambitieu:es.

Les Chambres ont été ouvertes hier par le Roi. Le discours du trone est assaisonné de la phrase de rigueur sur l'alliance étroite avec l'Autriche. Maisi, comme contrepoids, il s'y trouve un éloge à l'adresse de l'Empereur des Français, et la déclaration que la Prusse n'a cessé d'entretenir iles meilleurs rapports avec les autres Puissances étrangères. En d'autres termes, c'est laisser comprendre que le Cabinet de Beruin a bien des portes ouvertes en cas de défection à Vienne. Au reste pas une seule concession n'est annoncée à la majorité par.lementaire qui continuera ainsi de faire opposition. Quant aux duchés, les voeux légitimes de ces pays, et des Princes, seront consultés, après avoir entendu l'avis des Syndics de la Couronne. C'est toujours le meme refrain pour temporiser, et obtenir les meiHeures conditions au point de vue prussien.

P. S. -Ci joint une dépeche sous cachet volant, de M. le Comte Puligl(.

(1) Cfr. quanto scrisse De Launay nel R. confidenziale 86 del 19 gennaio, che non ~~ pubblica:

(2) Cfr. n. 463.

528

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 114. Parigi, 16 gennaio 1865 (per. il 19 ).

Sono grato all'E. V. delle intere.ssanti notizie contenute nel pregiato dispaccio N. 93 (Gabinetto), dell'8 gennajo corrente (1), cil'ca i negoziati commerciali che erano stati intavolati, per iniziativa del Signor di Bismarck, fra il Governo del Re e la Prussia.

Giusta l'autorizzazione datamene da V. E., mi prevarrò di queste notizie nel caso in cui fossi interpellato in proposito da questo Ministro i:ffiiPeriale degli Esteri.

Il discorso pronunciato jerlaHro dal Re di Prussia all'apertura della Dieta spiega chiaramente il motivo della condotta del Ministero prussiano a questo riguardo. È impossibile di manifestare meglio e le velleità d'annessione che

furono in sostanza lo scopo diretto della politica prussiana nella questione dei Ducati, e la mancanza delhl'energia necessaria per raggiungere dÌirettamente questo lscopo. Se per riescire nell'intento il Signor di Bismarck non ll"ifuggirebbe da una rottura coll'Austria e colla Confederazione germanica, le tendenze illiberali del Re, ie sue idee preconcette in fatto di diritto, i suoi scrupoli impediscono che la Prussia proceda col metodo :logico e naturale, cioè appoggiandosi alla volontà delle popolazioni, e fanno sì che il Gabinetto di Berlino cerchi d'ottenere indtrettamente, procurandosi l'assenso della Corte di Vienna, quei vantaggi che non osa procurarsi altrimenti. In tale stato di cose gJ.i è evtdente che ogni riguardo vertso di noi debba essere ,posposto alla necessità d'un accordo coll'Austria. Tuttavia io credo che H Governo abbia saviamente operato, mostrandosi paziente verso la Prussia, e lasciando al Gabinetto di Bel'llino ogni responsabiJ.ità della sospeillsione dei negoziati commerciali. L'accol"ido fra l'Austria e la Prussia, per essere sincero e durevole, dovrebbe estendersi a tutte le questioni germaniche e non limitarsi alla sola questione dei Ducati. È probabi,le che il Re di Prussia abbia comperato con promesse verbali d'ajuto in caso di gueNa in Italia l'adesione dell'Austria ad un accomodamento fra [a Prussia ed il Prtncipe di Augustenburg, in forza di cui i Ducati verrebbero ad essere in certo modo infeudati politicamente ahla Prussia. Ma l'ambizione prussiana non può stare contenta di questi vantaggi indiretti, ne può trovare in quelslli un compenso sufficiente al peso gravissimo di una guarenzia indefinita dei possedimenti austriaci nel Veneto. In Francia s'inclina quindi a credere che questa guarenzia non sia stata concessa né st~ulata con veri atti internazionali, e che le promesse verbali le quali esistono probabilmente fra i due Sovrani abbiano un carattere essenzialmente temporaneo. Se cosi fosse veramente, basterebbe al Governo del Re di persevera~e per quakhe tempo nella sua riserva attuaie, per veder svanire un pericolo che non è per ora in poter nostro di prevenire altrimenti.

(1) Cfr. n. 519.

529

IL SEGRETARIO DELLA LEGAZIONE A LONDRA, MAFFEI, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, GERRUTI

L. P. Londra, 16 gennaio 1865.

Il vapore Borbonico di cui le annunziava la partenza da Livel'J)Ool per Trieste verso i,l 17 od il 20 corrente, sarebbesi allontanato già da vari giorni, e mi si rende informato che sarà presto seguito da un altro.

V. S. ricorderà che a quanto mi veniva detto, i legni acqu~stati dal comitato Borbonico sarebbero in numero di cinque, di cui i compratori già avrebbero pagato la metà del prezzo in anticipazione.

Lo scopo dei fautori di Francesco II parrebbe ora essere quello di avere tra Trieste, Fiume e Gratz tutti gli elementi necessarì per una importante spedizione contro all'Italia, appena una guerra o qualChe altro sconvolgimento politico loro gliene offrissero l'occasione favorevooe. Delle altre armi sarebbero qui giunte dal Belgio, e saprò quando partiranno per l'Italia.

Mi venne raccomandato di far seguire attentamente i passi di quel tale agente Borbonico, Santo Nocifera che 1sarebbe in continua comunkazione con Civìta,-ecchia, Napoli. Messina e Malta. In codesta ultima città mi si disse che il Cav. S.lythe avrebbe facilmente l'opportunità di farlo sorvegliare. Mi venne infine assicurato essere vero ciò che fu già annunziato da quakhe giornale circa la venuta di Garibaldi in InghHterra. Egli avrebbe scritto alle società operaje di Liverpool che sarebbe in breve fra di loro, e diffatti lo aspetterebbero entro una quindicina di giorni. Non ho potuto finora sapere quanto v'abbia di vero in questa as.serzior:.e.

P. S. -Le unisco un biglietto di visita di uno di quelli emissarj tedeschi intorno ai quali le scriveva recentemente, essendo forse il suo nome stato nella mia lettera sbagUato dietro alle erronee indicazioni datemi (1).

530

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

D. 15. Torino, 17 gennaio 1865.

J'ai fait ccmnaitre confidentiellement au Ministre du Roi à Paris ce qui s'est passé entre le Gouvernement prussien et nous au sujet de la conC>lusion d'un protocole commerciai, afin qu'il fùt en mesure de donner des éclaircissements sur ce sujet au Ministre des Affaires Etrangères de France, dans le cas où celui-ci, qui a pu en etre informé par M. de Talleyrand, prendrait l'initiative d'une conversation à cet égard. J'ai encore signalé à Paris, avec la réserve convenable, queique~-unes de intéressaates informations que vous m'avez transmises par votre dépèche N. 80 (2) et je ne doute pas que le Gouvernemen!t Impérial ne soit attentif aux dispositions que laisse voir plus ou moins ouvertement la Cour de Vienne.

L'opìnion en Italie est d'ailleurs frappée de voir les feuilles autrichiennes répandre les bruits les plus cténués de fondement sur de prétendus préparatifs clandestins qui auraient lieu chez nous pour des hostilités ;plus ou moins prochaines contre l'Autriche. Il semble qu'à Vienne I'on cherche à habituer les esprits à l'iclée de compiieations prochaines.

Les CélbineL de Londres et de Paris continuent à garder une attitude pleine de réserve.

Le !V1mistre du Roi à Londres vient de m'informer que le Gouvernement Britannique a aàressé récemment à ses Agents d1plomatiques en Allemagne une cireulake qui leur prescrit de ne se méler en quoi que ce soit des affaiJ'es intér1eures de la Confédération et leur enjoint mème d'avoir à s'abstenir d'exprimer publiquement leur opinion sur ces affaires, le role òes représentants de la Reine devant se borner à rendre compte au Foreign Office du résultat de

(]) Annotazione marginale: « N.B. manca la carta di visita •· (:O) Cfr. n. 510.

leurs observations. On admettait généralement en Angleterre la prévision que la Prusse finirait par arracher au Cabinet de Vienne son assentiment à une annexion plus ou moins déguisée des Duchés à la Monarchie des Hohenzollern; et à cet égard on montre la meme indifférence que vous témoignait le pe!1sonnage dont vous me signaliez le langage dans votre dépeche N. 79 (1).

De son còté le Ministre des Affaires Etrangères de France déclarait, il y a quelques jours, au Chevalier Nigra que, quelle que soit l'attitude de la Bavière et des autres Etats secondaires de l'Allemagne vis-à-vis de l'entente austroprussienne, la France n'entend pas sortir de la réserve que lui a fait adopter, dès l'origine du conflit. son désir de faire cesser la défiance systématique que les actes, du Gouvernement Impérial rencontraient trop souvent en Allemagne.

S.E. a ajouté que le Gouvernement Impérial avait toujours exprimé le désir que le voeu des populations fùt consulté et qu'il persistait à penser que c'eut été là le meilleur moyen de résoudre la question des Duchés. On cr01t, à Paris, que le Prlnce Frédéric Charles est chargé d'obtenir l'assentiment de la Cour de Vienne au projet d'incorpora1ion indirecte des Duchés à la Prusse, moyennant des accords militaires et maritimes qui uniraient étroitement le nouvel Etat à la Monarchie prussienne. Le Gouvernement Impérial ne verrait d'ailleurs pas de mauvais oe1l rannexion pure et simple des Duchés à la Prusse par la voie du suffrage populaire, car les résultats polìtiques en différeraient, au fond. bien peu de ceux d'une incorporation détournée, la Prusse serait amenée ainsl à fonder sa politique sur le voeu populaire et à reconnaìtrc le principe des naiionalités. Dans ce cas, les districts septentrlonaux du Schleowig, dont les habitan(s sont entièrement danols et qui par conséquent ne pouiTaient l!ppartenir à l'AUemagne que par le droit de conquete, pourraient, à la satisfacbon marquée du Gouvernement Français, etre rendus au Danemark.

Le télégraphe nous a transmis le résumé du Cliscours royal d'ouverture des Chambres prussiennes. Ce discours parait accentuer la situation dans un sens plus décisif, et je recevrai avec un vif intérèt les informations que vous m'adresserez sur la portée qu'on lui attribue à Berlin, et sur ce qu'il peut y avoir de fondé dans :les bruits accueillis par Ies journaux allemands sur les compensations qui pourraient etre données à l'Autriche.

En vous accusant réception de vo:s dépèches Confidentielles du N. 79 au

N. 8'l, (indusivement)... (2).

531

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, GAMBAROTTA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE S.N. Tunisi, 17 gennaio 1865.

Mi pregio rispondere ai Dispacci Confidenziali NN. 11 e 12 che l'E.V. mi indirizzò dal Gèlbinetto in d;:;ta 29 'C(''~"o Dke1:1bre e 5 corrente mese (3). Nel ,corso degli avvenimenti che si succedettero durante la rivoluzione tunisina, ormai completamente sedata e compressa, nnghilterra e la Francia aventi

jnteressi politici diametralmente opposti in questo paese, esercitarono più dell'usato reciproca attenzione e sorveglianza, pronte ad oppor5i al minimo indizio

o sospetto cile indicasse vantaggio o prevalenza dell'una o dell'altra. La Francia suppone, e forse non senza qualche ragione, che la .politica inglese tenda a trasformare la Reggenza di Tunisi in una provincia turca come avvenne di Tripoli eli Barberia trent'anni or sono. Dal canto proprio l'Inghilterra teme, non senza fondamento anche essa, che la Francia voglia, o tosto o tardi, mettere ad esecuzione i:l progetto da molto tempo formato, e che male nascondono anche presentemente i Maresciahli Randon e Mac Mahon, di spingere cioè le proprie frontiere algerine fino alla Medjerda, a circa quattro ore di distanza da Tunisi, impossessandosi così di tutto il tratto della Costa fino a Biserta compreso il famoso lago che prende nome da questa Città, e che diverrebbe in poco tempo un sicurissimo porto con non ingente spesa. È evidente che con un gran porto ed un grande Arsenale a Biserta la Francia sarebbe padrona quasi assoluta del Mediterraneo, ed è evidente del pari ,che l'Inghilterra, interessatissima a mantenere libero questo mare, si opporrà anche cOilla forza a ta,le ambita conquista. L'Italia a parer mio non dovrà certo rimanere spettatrice indifferente di questa lotta, ed io sono anzi convinto che il Governo del Re potrà contribuire possentemente ad impedirla con azione diplomatica ferma e ri,soluta.

Fu nel proteggere quegli interessi, che si formò e divenne sempre maggiore I'antagoniSIIllo tra il Signor Wood ed il Signoc de Beauval, antagonismo che per gli eccessi e le intemperanze di quest'ultimo discese a meschina questione personale, ed il progetto di Regolamento, che V.E. mi comunicò, dei rapporti tra il Sultano ed il Bey di Tunisi, venne redatto dal Signor Wood e ;proposto quindi dal Gabinetto Britannico per allontanare e distruggere possibHmente 'le idee ambiziose della Francia, la quale, mentre continua a pronunciarsi in favore dello statu quo, non si rifiuta per ciò meno a definire in modo stabHe il significato pratico di queste due parole ,per la Tunisia. Il Signor du Chesne de Bellecourt mi disse infatti, appena arrivato, che la Francia non credeva ancora giunto il momento di sanzionare con atto diplomatico ~a posizione della Tunisia verso la Porta.

Le circostanze di fatto, o dirò meglio i motivi principali che suggerirono al Signor Wood quel progetto di regolamento, sono i seguenti:

l) La domanda fatta al Bey dal Signoc de Beauval di annullare la Convenzione Anglo-Tunisina, nello scopo evidente di impedire che gli interessi materiali inglesi divengano preponderanti nella Reggenza, e di mandare in esilio per tre mesi il suo Primo Ministro Sidi Mustafa Kasnadar. Il Bey non potendo cedere a tale domanda, senza abdicare alla propria autonomia e spogJ.iarsi della libertà nelle sue relazioni con Potenze Estere amiche, la respinse in modo cortese ma fermamente. L'InghHterra vide in tali pretese l'urgenza di assicurare a Sua Altezza ti libero esercizio dei suoi diritti, privilegi ed immunità così negli affari interni che nelle relazioni estere.

2) Le grida degli insorti e dei soldati disertori alla Costa, durante la rivoluzione, tendenti a deporre la Famiglia Regnante per sostituirle una diretta Autorità turca. Questo sentimento in favore della Porta fu quasi generale nella speranza 'che sotto la Turchia non vi rsarebbe coscrizione. e nella persuasione che il Bey era troppo debole contro la pressione e le pretese straniere, per cui l'indipendenza e la religione del paese essendo minacciate, H Sultano soltanto poteva efficacemente proteggerle. Il Commissario turco avrebbe senza dubbio potuto usufruttare tale sentimento per sbalzare dal trono il Bey, il quale si è benissimo avveduto che i suoi diritti ereditarj non dovrebbero essere lasciati in balia di un funzionario turco mandato a Tunisi per affari.

3) La minaccia del Contr'Ammiraglio francese di colare a fondo il Commissario turco in acque tunisine, ed il susseguente tentativo del Comandante francese di impedire •la partenza dell'Inviato del Bey a Costantinopoli. Questi due fatti sembrano aver comprovato all'Inghilterra che la Francia non riguarda la Tunisia come compresa sotto la protezione del diritto pubblico e delle leggi internazionali. Se il Contr'Ammiraglio francese avesse messo ad esecuzione la sua minaccia, ne sarebbe immediatamente seguito un atto di guerra fra i bastimenti francesi e turchi, e siccome Kaider Effendi aveva già chiesto ed ottenuto protezione dal Signor Wood e dal Comandante della stazione navaJ.e inglese, questi non avrebbe certamente mancato di difendere la Bandiera Ottomana da un ingiustificabile attacco, non potendo assolutamente accettare l'umiliazione di vedere la Bandiera garantita sommersa alla tloro presenza dalla Bandiera garante.

4) L'accusa fatta presso il Bey dal Si.gnor de Beauvai contro il Signor Wood di avere non solo istigato i 1suoi sudditi alla rivolta, ma di aver anche cospirato contro la vita di Sua Altezza e dei membri della sua famiglia, e ciò d'accordo col Kasnadar che in premio del tradimento sarebbe stato nominato Muscir daLla Porta. Il Signor de Beauva•l aveva infatti una [mmaginazione fervidissima, ma voco cauta; la sua animosità personale ·Contro il Kasnadar lo fece cadere in assurdità incredibili, e gli fece commettere atti inqualificabili. Mentre accusavr. il Signor Wood ·come istigatore dei •sudditi tun~sini alla rivolta, egli era in corrispondenza diretta col Capo dei rivoltosi nello scopo di mantenere l'agitazione e di ottenere iJ. rinvio del Kasnadar. Tre o quattro lettere originali furono spedite ai Bardo dallo stesso Capo dei rivoltosi; trasmetto qui acchiusa all'E.V. traduzione di una delle più importanti (1).

5) Le dichiarazioni fatte dal Signor de Beauval a·l Bardo, e ripetute altrove, che la politica francese doveva prevalere esclusivamente nella Tunisia, che i suoi colleghi dovevano contentarsi di avere in:liluenza nelle rispettive Cancellerie; e che senza n'consenso della Francia il Bey non poteva trattare con altre Potenze per costruzione di strade ferrate, per collocamento di cordoni elettrici sottomarini, né stabilil'e una Banca tunisina. Qui ·cade in acconcio la quistione di sapere se il Signor de Beauval, il quale si limitò 'sempre a fare verbalmente tali dichiarazioni e si ricusò ·costantemente di .comunicarle per scritto, abbia agito dietro ordine del suo Governo, oppure a capriccio 1recondando le sue ·personali antipatie. lo credo che il Signor Drouyn de Lhuys, impressionato da malevole insinuazioni dei giornali e da esageratissime relazioni Uffidali, abbia bensì desiderato la caduta del Kasnadar, ma si sia prudentemente astenuto dall'esprimere tale desiderio per scritto. Ad ogni modo Sua Altezza era fermamente decisa a non cedere, ed il Gran Colllsiglio, che ha nel suo seno dive11si membri avversi al

sistema di Governo del Kasnadar, si trovò unanime nell'approvare quella risoluzione.

6) Finalmente la scena scandalosa, non impedita né punita più tardi dal Signor de Beauval, avvenuta alla presenza del Bey in udienza Ufficiale, di un Colonnello francese del seguito del Signcr de Beauval che apostrofò irriverentemente il Kasnadar con gesti minacciCsi; il poco rispetto usato dal Signor de Beauval obbligando Sua Altezza a riceverlo ad or a tarda senza averla fatta prevenire; e per colmo, l'mmlto fatto al Bey rifiutand9 di accettare la mano che gli offrì al momento di congedarsi. Questi ìatti non hanno bisogno di commenti, ma saranno essi stati riferiti o pen·enuti a Parigi nella loro ventà ed esattezza? ...

La Missione del Generale Kerreddin a Costantinopoli in apparenza di semplice cortesia, era in realtà puramente pclitica, ed è stata suggerita al Bardo dal Signor W ood. Egli aveva speciale incarico di conoscere le intenzioni della Porta sul progetto di regolamento in qui,stione, e di vincere le difficoltà che avrebbe incontrate con argomenti desunti dall'attitudine della Francia durante gli avvenimenti politici della Tunisia, attitudine che toglie al Governo Ottomano qualunque speranza di trasformare un giorno questo paese in una provincia turca. Appoggiato dall'Ambasciatore ingle;:e, e da Kaider Effendi.. che aveva veduto le cose da vicino, il Generale Kerreddin ottenne completo successo, ed ebbe ampia e formale dichiarazione che la Porta è pronta a definire e sanzionare con un atto diplomatico lo Statu quo della Reggenza sulle basi di regolamento del Signor Wood; e sebbene la Francia si sia ultimamente dimostrata meno disposta ad accogliere le aperture del Gabinetto Britannico, e la Porta abbia ora ricusato di aderire ai desideri del Bey, io posso dare all'E.V. l'assicurazione la più formale che esiste accordo completo tra Londra, Costantinopoli e Tunisi e che l'Inghilterra non ha nullamente rinunziato a sciogliere la questione tunisina nel senso dello statu quo. Sembra che la Francia abbia veduto negli articoli 5<> ed so del progetto una modificazione alla posizione attuale della Tunisia, e che questa sia la ragione oppure il pretesto della sua fredda accoglienza, ma da quanto ho potuto rilevare dai coiloquii avuti col Signor Wood sono indotto a credere che Lord Russell rinnoverà e spingerà le trattative fino a risultato soddisfacente, ed in altri termini fino ad eliminare la probabilità di una guerra per impedire la occupazione della Tunisia per parte della Francia.

Il Governo Tunisino conosce le mire ambiziose della Francia, compiute le quali, anche soltanto alla Medjerda, l'autorità del Bey sarebbe ridotta a quella di semplice Prefetto di Polizia; non ignora per altra parte che la Porta, senza l'opposizione francese, stabilirebbe volentieri la sua autorità diretta nella Reggenza; e vede anche le diffkoltà ·cui l'espongono le vedute della politica inglese. In tale critica posizione il Kasnadar con apparente più stretta unione col Sultano

cerca di evitare destramente i pericoli che minacciano la Reggenza, e per sot

trarla poi anche alla diretta dominazione della Porta desidera ardentemente

che le Potenze amiche definis·cano e fissino in modo stabile la posizione del

Bey rimpetto alla Turchia. Egli lasciò pertanto agire il Signor Wood e lo se

condò inviando il Generale Kerreddin in Missione a Costantinopoli, ma sembra

che nell'incertezza della riuscita abbia voluto ritardare a dar comunicazione

dei suoi propositi al Governo del Re.

Prima di progredire più oltre devo far conoscere all'E.V. che il Dispaccio N. 11 mi era giunte regolarmente il giorno 2, e che allorquando mi pervenne il Dispaccio posteriore N. 12, il giorno 9, io aveva già avuto un lungo colloquio col Bey in presenza del Kasnadar. Non mi riuscì cosa difficile il fa1 cadere in modo prudente il discortso sull'argomento in questione, il quale venne risolutamente continuato da Sua Altezza in termini chiari ed espliciti, dichiarando che il progetto attuale era già stato posto sul tappeto daJ. suo predecessore e fratello Sidi Mohamed Bey in un momento di forte pressione esercitata dal Signor Roches in allora Console Generale di Francia, senza però le restrizioni portate nell'Art. 5°, né la contribuzione annua proposta nell'art. 8. Il Governo Tunisino in sostanza vuole anch'esso il mantenimento dello statu quo senza modificazioni, ma desidera sopra ogni .cosa che il significato di quelle due parole sia definitivamente fissato con un atto dip·lomatico àalle Potenze garanti dell'integrità de'll'Impero Ottomano, non che da quelle altre che erano rappresentate al Congresso di Parigi. Ciò nondimeno il Bey accetterebbe anche l'art. 5° nella sua attuale redazione alla condizione però che le Grandi Potenze garantissero la neutralità della Reggenza in caso di una guerra tra J.a Francia e la Turchia. Sua Altezza mi fece osservare che taie garanzja non sarebbe un fatto nuovo e 1senza precedenti, giacché durante la guerra tra la Francia ed il Sultano Selim, e durante l'occupazione francese dell'Egitto, Hamuda Bascià aveva ottenuto la neutralità della Reggenza, e che ciò malgrado nella guerra deH'indÌ[:lendenza greca, e pdù recentemente in quella •Contro la Russia, i Bey di Tunis:i obbedirono all'appe:llo del Sultano, ed inviarono un contingente proporzionato alle loro for:re. Aggiunse inoltre che se si incontrano difficoltà pel fatto deil'Algeria, divenuta più tardi una colonia francese, le altre Potenze aventi interessi importantli nel Mediterraneo devono, a più forte ragione, affrettare e conchiudere il regolamento de' suoi rapportì col Sultano. Tutti gli altri articoli il Governo Tunisino li accettava perché esprimono in modo preciso lo statu quo attuale. Dall'insieme di questa conver,sazione io credo di aver .rilevato che il Signor Wood ha redatto il nuovo progetto sulle basi dell'antico aggiungendovi gli articoli 5·' ed 8"; che :lo spedì a Londra ed a Costantinopoli senza previa adesione del Governo 'runisino all'aggiunta suddetta, e che il Generale Kerreddin può benissimo non aver portato egli stesso quel progetto a Costantinopoli, ed essere stato soltanto incaricato di trattare segretamente sulle basi dello statu quo attuale senza modificazioni.

Due giorni dopo aver ricevuto il Dispaccio N. 12 e precisamente al momento in •CUi mi di•sponevo a chiedere al Bey un'altra udienza, Sua Altezza mi fece cortesemente pregare di fargli una nuova visita all'indomani. Esauriti i complimenti d'uso, il Kasnadar prese il primo la parola e mi informò come il Signor du Chesne de Bellecourt aveva dichiarato il giorno precedente al Bey che la Francia non vedeva iJ.a necessità di definire per ora lo statu quo della Reggenza, e che credeva ·cosa conveniente attendere un momento più opportuno. Il Bey mi chiese subito dopo se l'Italia consentirebbe ad interporre i suoi buoni ufficj presso la Francia ne:llo :scopo di farle abbandonare i suoi progetti dilatorj, ed io riSIPosi ·che il Governo del Re non ebbe a preoccuparsi direttamente del progetto di regolamento in qu~s.Uone perché non gli fu comunicato né dalla Sublime Porta né dal Governo Tunisino, ma essere persuaso che aderirebbe volentieri al desiderio da Sua Altezza formalmente espresso in proposito. Stringendomi allora cordialmente la mano il Bey mi pregò di :scrivere all'E.V. nel senso suindicato, e di comunicarle il nuovo progetto che Egli sottopone a1le Potenze interessate al mantenimento dell'equilibrio politico nel Mediterraneo, cioè: • l) di lasciare alla Turchia ed a1la Tun~sda libertà assoluta di mantenerè tra loro lo statn quo tarl quale esiste ora tacitamente; e 2) di mettere la Reggenza di Tunisi in uno stato di neutralità inviolabile rimpetto a tutte le Potenze EurO[>ee senza distinzione •. I sentimenti da Sua Altezza ripetuti anche in questa circostanza a favore dell'Italia essendomi sembrati sinceri, io promisi di scrivere a V.E. col presente corso di Vapore, ed espreSSJi la possibilità e la speranza di poter ricevere un riscontro tra quindici giorni.

Il Consolato che dopo la Francia, l'Inghilterra e l'Italia intrattiene relazioni politiche col Bavdo, è quello d'Austria; tutti gli altri si astengono o per mancanza d'interessi politici diretti, o per essere coperti da personale non di carriera. Nella questione tunisina il Gabinetto di Vienna seguita la politica dell'Inghilterra, per cui i:l Signor Merlato Console Generale d'Austria si trovò sempre d'accordo col Signor Wood, soprattutto contro le intemperanze di condotta e di linguaggio del Signor de Beauval. Mi consta poi che tanto il Signor Wood quanto il Signor Merlato ebbero anch'essi comunicazione ufficiale dei due punti costituenti il nuovo progetto del Bey, e che già scrissero a Londra ed a Vienna c:tvant'jeri col Corriere di Francia. Le informamoni infine che ho potuto .procurarmi mi autorizzano a credere cile il Kasnadar abbia soltanto tenuto parola al Signor du Chesne de BelJecourt della convenienza di terminare la quistione fissando i termini dello statu quo, splingendolo con intSistenza a scrivere in questo senso, e ciò nella persuasione che la proposta della garanzia di neutralità della Reggenza sia con più favore accolta giungendo a Parigi per mezzo dei Gabinetti di Londra e di Torino.

Mi xdmane ora ad ubbidire agli ordini contenuti nei Dispacci cui rispondo

in quella rparte neLla quale ·l'E.V. mi fa J.'onore di chiedermi l'opinione mia.

L'Italia non avrà mai vera ed efficace influenza nella Tunisia se la politica

francese vi diviene prevalente come il Signor de Beauval pretendeva. In tal

caso malgrado l'importanza della Colonia e del Commercio itailiano in questo

paese, la R. Agenzia si troverà sempre costretta di camminare a rimorchio del

Consolato Generale di Francia con saorificio continuo dell'amor proprio nazio

nale, e di interessi materiali mollemente sostenuti. Parmi dunque conveniente

che il Governo del Re conservi l'attitudine presa durante gli avvenimenti poli

tici della Reggenza opponendosi a qualunque idea di superiorità della Francia,

e sostenendo i diritti di parità sanciti dai Trattati. Il Governo Italiano, a parer

mio, non dovrebbe secondare i progetti ambiziosi della Francia che nel solo

ca:so in cui, per intelligenze previamente stabilite in vista di eventualità possi

bili, abbia fondata speranza o certezza di divenir padrone un giorno di questo

paese cui manca soltanto una buona Amministrazione per divenire vera e reale

sorgente di ric-chezza. Se questa speranza non esiste (e la gelosia dimostrata dalla

Francia all'annunzio di truppe preparate a Genova per la Tunisia durante la

rivoluzione, lo lascia facilmente supporre) sembrami che gli interessi politici

dell'Italia nel Mediterraneo siano talmente importanti da decidere hl. Governo del Re ad accostarsi alle vedute della politica inglese in queHa parte ben inteso che vuole assicurata la liibertà di questo mare, mantenendo lo statu quo della Reggenza, e diminuendo le probabilità di un futuro conflitto col sostenere la convenienza di prontamente definire con atto solenne i rapporti del Bey di Tunisi col Sultano.

Segnando ricevuta del precedente Dispaccio Confidenziale n. 10 (Gabinetto) (1) ...

(1) -Non pubblicato. (2) -Cfr. nn. 510 c :"i?fi. Gli altri rapporti non sono pubblicati. (3) -Cfr. nn. 493 e 513.

(1) Non rinvenuta.

532

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI

D. 102. Torino, 18 gennaio 1865.

Il Governo francese ha fatto comunicare al Governo di S.M. una Nota o MemOTandum, di cui compiego copia (2), col quale il Gabinetto di Bietroburgo propose alle Potenze firmatarie del Trattato di Parigi una nuova combinazione suggerita dal Generale Ignatiew, Rappresentante deLla Russia a Costantinopoli per assestare la quistione dei beni dei Conventi dedicati. QueHa ,proposta della quale credo la S.V. Illustrissima abbia già avuto qualche sentore, consisterebbe nel restituire ai Monaci Greci le Chiese ed i Conventi e nel secolarizzare unicamente i beni rurali.

Ella vedrà, Signor Conte, dalla copia qui unita del Dispaccio indirizzato dal Signor Drouyn de Lhuys aJ. Ministro di Frnncia in Torino (2) quale sia l'opinione del Governo Francese intorno a quella combinazione.

Le ragioni esposte in quel oopaccio ci paiono ·così giuste e così concludenti da non potervisi movere veruna fondata abbiezione. Quanto a noi non solo dividiamo il parere che le Potenze, nell'ammettere il principio della secolarizzazione mediante indennlità, non hanno inteso fare alcuna distinzione né escludere alcuna specie di immobili, ma siamo convinti che il temperamento consigliato dalla Russia ove fosse approvato, susciterebbe immediatamente vive opposizioni nei Principati e sarebbe successivamente causa di nuove e gravi difficoltà tanto nell'andamento .interno, come nelle relazioni esterne di quel paese.

La quistd.one de' Conventi dedicati ha già cagionate troppe complicazioni e suscitato troppi pericoli di dissenso fra le Potenze perché non debba essere desiderio di tutti il terminarla per modo che non vi res<tino germi di nuove differenze. Perciò non ho esitato a dar faco1tà al Ministro del Re in Parigi di far sentire al Governo Francese che noi pure eravamo convinti degli inconvenienti gravissimi e dei pericoli del ,sistema suggerito dalla Russia; e la S.V. Illustrissima troverà egualmente qui acchiusa copia del Dispaccio da me indirizzatogli su questo .proposito (2). È probabile che <la proposta Russa fa.cendo soggetto delle comunicazioni dirette fra le Potenze non verrà posta in discussione a Costantinopoli. Tuttavia ho creduto bene informare la S.V. Illustrissima delle comunicazioni da noi ricevute e delle conv!inzioni che noi abbiamo.

Però siccome ragioni di influenza che ha la Russia nel favorire il Clero Greco in Oriente la rendono molto sollecita in questa vertenza, se il Minist,ro di RusSiia a Lei ne parlasse, converrà che Ella procuri di torre il più possibile, ogni asperità alla discussione, mostrando il nostro dispiacimento di non poterei trovare d'accordo su queste punto col Governo Russo, e spiegando le cause del nostro dissenso coi pericoli di discordia e di turbamenti, che noi temiamo, potrebbero più o men presto nascere nei Principati. Ella noterà poi particolarmente che il Governo del Re avendo sempre professato ed applicato il principio, consacrato d'altronde dal nostro pubblico diritto interno, che il Potere Civile debba aver piena libertà di azione in quanto concerne l'esistenza delle Corporazioni religiose, esso non potrebbe senza incorrere la taccia di contraddizione e di inconsequenza concorrere ·col suo coll!senso ad imporre la osservanza di un principio affatto diverso al Governo dei Principati.

(1) -Cfr. n. 472. (2) -Non pubblicato.
533

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T, 18. Berlino, 19 gennaio 1865, ore 2,50 (per. ore 10,30).

Les xévélations assez exactes de la presse sont un démenti au discours de la Couronne sur alliance étroite entre Prusse et Autriche: il me résulte en effet que la tension est aujourd'hui très prononcée entre Vienne et Berlin; l'Autriche a fait savoir ici qu'elle ue veut annexion ni directe, ni indirecte, des duché.s, que déjà elle s'est entendue avec les états secondaires et que ce n'est que dans l'espoir que les deux Gouvernements parviendraient à se mettre d'accord qu'elle s'abstient encore de démarche:s ultérieures qui aggraveraient la situation des choses: lutte a déjà commencé entre le Gouvernement prus,sien et la chambre.

534

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 97. Torino, 19 gennaio 1865.

Da varìi lati giunsero in questi giorni al R. Ministero deil'Interno talune in

dicazioni intorno ad un nuovo complotto che si macchinerebbe attualmente con

tro la persona di S.M. :l'Imperatore dei Francesi, ed a cui potrebbe collegar:;:i la

notizia contenuta nel mio disr;aceio di questa serie N. 95 (1).

Vuolsi che l'idea dì queste progetto abbia avuto origine in Isv1zzera e sia

stata dibattuta tra i noti Zamperini Francesco e Quadrio, dimoranti il primo a

Ginevra, ed il secondo a Lugano: ne avrebbero indi avuto comunicazione in

Milano l'Ing. Paolo Spreafico, già stato processato per fabbricazione di bombe alla Orsini, il Signor Brusco Omnis, redattore dell'Unità Italiana e certi Antonio Frigerio (1) ed Ambrogio Tagliaferri, tra i quali quest'ultimo sarebbe la persona il cui nome figura nel processo Greco, ma che mai non poté essere rintracciata.

Il Conte Cattoli da Faenza, .conosciuto come uno dei più fanatici agenti del partito d'azione, sarebbe rstato richiesto di fornire gli esecutori del complotto, che si sarebbe desiderato fossero in numero di sei: due soli invece si sarebbero finora assunto l'incarico, per •cui furono posti a disposizione del Comitato d'azione di Londra, cui parrebbe essere affidata l'intiera direzione. Questi due sarebbero di quei quattro che l'anno scorso avrebbero offerta l'opera loro a Mazzini per coadiuvare il Greco nel suo attentato.

I sospetti della Polizia Italiana in ordine alla designazione di questi due individui sono divisi tra le persone cui si riferiscono le seguenti indicazioni:

a) Un ex Garibaldino di Faenza;

b) un giovane ventenne di Rimini che conosce bene Parigi e St. Cloud;

c) un Sicti.liano ·che si sta aspettando da Palermo;

d) il nominato Raffaele Tosi, ex ufficiale Garibaldino, uno dei più :solerti agenti del partito d'azione, scevro finora di reati di sangue, •che fu nell'Ottobre scorso a Genova, ed ora si suppone a Parigi, viaggiando sempre per conto del

partito;

e) Marco Zavoli, ·che fu per alcun tempo in Algeria col proprio padre, e ne fece da poco tempo ritorno, passando per Parigi in Italia, ove è impiegato alla Ferrovia in Rimini, conosciuto come appartenente alla setta degli accoltellatori, arrestato non è guarì per sospetto d'assassinio e dismesso per insufficienza di prove.

In ordine al Conte Cattoli riferisce la R. Prefettura di Ravenna, aver egli da alcun tempo frequenti e misteriosi colloqui con ,persone di pessima fama ed altre sconosciute in paese. La sera dell'H corrente sarebbero convenuti in casa di lui oltre a due forestieri, provenienti, si dice, dall'Egitto, il nominato Nicola Versari da Faenza, ex Garibaldino, reduce, si elice, da poco tempo da Nizza, e .che pe' suoi pessimi precedenti potrebbe benissimo supporsi essere l'individuo segnato alla lettera a, tra i sospetti di complicità nel complotto.

Di segreti rapporti col Conte Cattoli sarebbe pur sospettato certo Treossi Federico da Faenza, pur egli ex Garibaldino, segnalato dalla pubblica voce come reo di moUeplici omicidii commessi in patria tra il 1847 ed H 1850 ed indiziato per assassdnio nel 1864 in Cairo d'Egitto.

Prego la S. V. Illustrissima di voler recare alla conoscenza del Ministro Imperiale degli Affari Esteri le surriferite indicazioni, comunicandogli ad un tempo i connotati dei nominati Zamperini, Spreafico, Cattoli, Versari, Treossi, nonché di due tra gH sconosciuti ·convenuti in casa del Conte Cattoli rla sera dell'll corrente.

Segnandole ricevuta del suo Rapporto Politico N. 113 (2) ...

.;p --Documenti diplomatici -Serie I -Vol V

(1) Non pubblicato: notizie su due individui sospettati di voler attentare all'Imperatore.

(1) -Con D. 100 del 26 gennaio Cerruti comunicò a Nigra: • In ordine al Frigerio non :sarebbero guarì fondati i sospetti accennati nel mio anzidetto Dispaccio. Quantunque professi opinioni politiche alquanto esaltate, egli conduce una vita affatto regolare e gode della pubblica stima, così per la sua onestissima condotta quanto per la sua rara perizia nelle scienze znatematiche •. (2) -Non pubblicato.
535

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

ANNESSO CIFRATO (1). Carlsruhe. 19 gennaio 1865 (per. il 22).

La première impression du Grand Due, du Prince Guillaume et surtout d~,

M. de Roggenbach est très favorable aux déclarations parlementaires de V. E., complétées par mes explications réservées puiJsées dans la Dépeche Confidentielle N. 16 (Cabinet) (2).

L'impression ultérieure demeure favorable, mais avec ;peu d'espoir pour

une solution pacif<ique sans crises européennes ou cireonstances exceptionnelle/S,

L'opinion des Gouvernements de I'Allemagne méridionale est contraire à

la cession de la Vénétie dans l'intéret autrichien et allemand.

L'opinion pubhlque en Allemagne, surtout la presse indépendante, s'est peu

préoccupée des déclarations du Gouvernement du Roi, persuadée qu'elle est,

d'après M. de Roggenbach, que dans le's circonstances actuelles, et sans évé

nements imprévus, des négociations pour une solution pacifique sont impossibles.

L'opinion du Gouvernement Prussien, m'a assuré le Ministre Badois, est la meme que l'oplinion rpublique, tout en reconnaissant les déclarations de V. E. fort habiles et conciliantes, mais stériles quant aux chances des négociations, faute de bases acceptables actuellement par l'Autriche.

M. de Roggenbach partage entièrement à présent cet avis, en modifiant ainsi non pas ses sympathies pour nous ni ses convictions favorables, mais ses impressions primitives dont voici le réisumé:

Lors de mes premières explications, M. de Roggenbach en a interrompu l'exposé quant à ~a première partie relative, soit à l'imposs~bilité pour l'AU\triche de garder la Vénétie et l'espoir d'une solution pacifique sauvegardant l'honneur militaire, soit à l'opinion que ila possession de la Vénétie par l'Autriche n'est pas non plus un intéret allemand. S. E. m'a félicité d'une manière explicite du terrain pratique et :politique sur lequel le Gouvernement du Roi venait de se piacer en constatant qu'òter les points aigus, comme V. E. l'avait fait, était le seui moyen de faire cesser de part et d'autre un état permanent agressif aussi mineur que dangereux, et la seule chance d'une nouvelle :phase qui ren-< drait possibles des négociations.

Quant au litoral de l'Adriatique, M. de Roggenbach, sans discuter le droi t absolu international de possession de l'Allemagne, nommément sur Trieste, a observé qu'un Etat ne se constitue pa;s seulement d'après les droHs et les raisons de stricte nationalité, mais qu'il faut aussi tenir compte de sa configuration et de ses forces vitales pour exercer une action politique, militaire, maritime et commerdiale, sur l'ensemble du pays, c'est pourquoi Trieste et la cote adriatique sont nécessaires à l'Allemagne.

Quant à la question territoriale et militaire au point de vue germanique,

M. de Roggenbach m'a signalé trois opinions distinctes, dont il faut tenir compte:

l o Celle soutenue surtout en Bavière, mais qui tend à se modifier en générale, que la frontière défensive de l'AHemagne est sur le Mincio et l'Adige, -soit le statu quo;

2° Celle de la frontière des Alpes, dont les crètes et les passages fortifiés à l'Acllemagne seraient, d'après l'opinion d'une petite minorité, une garantie suffisante;

3° Celle plus sympathique au Ministre Badoi:s, que la Vénétie n'est pas nécessaire à l'Allemagne, ni le quadrilatère non plus, excepté Vérone, comme clef naturelle de l'Allemagne contre Mantoue, Peschiera, etc. clefs militaires de l'Italie.

M. de Roggenbach ajoute que pour faire avaler, le cas échéant, aux défenseurs de la première opinion la cession de la Vénétie, il faut leur dorer la pilule avec la possession de Vérone comme territoire aHemand, ainsi que du Tyrol. Relativement à cette dernière combinaison, il lui a semblé voir dans les paroles de V. E. plus de portée qu'une simple constatation d'opinion.

Je n'ai pas manqué de faire ressortir combien une solution paaifique intéressait l'Mlemagne et l'éventualité qu'une guerre austro-italienne mème sans la garantie ou Ja coopération de la Confédération put rester localisée. J'ai demandé par conséquent s'il ne serait pas dans l'intéret de l'Allemagne d'exercer une action sur l'Autriehe en vue d'une transaction éqwitable.

C'est difficile, m'a-t-il répondu, et pas autrement que sous forme amicale, et quant au travaH intelligent de la presse, il vaut mieux éviter le risque de provoquer au lieu d'apaiser les passions allemandes, en cas de négociations.

M. de Roggenbach m'a renouvelé à plusieurs reprises l'assurance que jamais la Prusse dans l'état actuel des choses, deviendra 'solidaire de l'Autriche pour ses provinces extra-fédérales nommément pour la Vénétie, 1sachant, m'a-t-il dit, qu'on continuait à tort de s'en préoccuper à Turin.

Je lui ai répété la phrase relative dans mes Rapports d'après ses communications précédentes • Si la Prusse n'est pas lsolidaire l'Allemagne l'est encore moins •. S. E. la trouve correcte seulement en prenant l'Allemagne dans le sens de Confédération et non de quelques Etats isolément, entr'autres de la Bavière, -pour !la quelle il ne peut pas donner les mèmes a1ssurances.

Quant à l'incorporation de la Vénétie à la Confédération le Ministre Badois la croit impossible: il n'y a ni utilité, ni opportunité, a-t-il dit, car l'opinion publique et gouvernementale est contraire à toute incorporation ter.ritoriale non allemande, et quand meme, ajouta S. E., faudrait-il l'unanimité absolue des voix, selon la Constitution fédérale, tandis qu'un seui véto probable, mème d'un seui Etat confédéré suffirait pour ·rendre toujours impossible une telle éventualité.

D'après des renseignements confidentiels directs, j'apprends que le Ministre des Affaires Etrangères du Wiirtemberg à répondu ces jour1s derniers au Ministre d'une grande Pui1ssance accrédité à Stuttgard que quant à rendre la Vénétie à l'Italie, il ferait en cette éventualité son possible comme Ministre Wiirtembergeois pour s'y opposer dans l'intérèt autrichien et allemand, et ferait mème connaitre ses convictions à Vienne, que l'Italie étant forcément l'alliée fidèle de la France, celle-ci est déjà trop forte pour livrer l'AutJ.'Iiche et l'Allemagne sans défense exceptionnelle par la cession du quadrilatère --cession qui obligerait l'Autriche à une dépense immense rpour des nouvelles fortifications. • C'est pourquoi mieux vaut garder la possession actuelle qui ne coute pas plus à défendre que le revenu de la Vénétie, -et que si la Vénétie e~st cédée à l'Italie il y a le meme danger ensuite pour Trieste et la Dalmatie. Enfin qu'il rpréférait une Italie faible, endettée et divisée, et qu'il ne croyait pas qu'elle put jamais se constituer en un Etat fort •.

Les memes renseignements st1rs m'informent que le Ministre des Affaires Etrangères de Wiirtemberg est tout à fait autrichien dans la question italienne, et qu'il est à craindre que ces idées soient partagées par ~e pays.

De nouvelles de Bavière, sures et détaillées ne me sont pas encore parvenues. J'espère en recevoir indirectement d'autre part, en assurant V. E. que !es parties lintéressées non favorables ne peuvent pas soupçonner mes sources d'information, exploitées dans l'intéret italien.

(1) -Al R. 21. (2) -Cfr. n. 463.
536

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI. LA MARMORA, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

D. 28. Torino, 20 gennaio 1865.

Senza rivenire !sull'incidente, che ormai sembra esaurito, del progetto di Regolamento tra la Sublime Porta e Tunisi reputo nondimeno opportuno di farLe una osservazione in ordine alla dichiarazione che la S. V. Illustrissima fece a Lord Russell, siccome Ella mi riferisce nel suo rapporto N. 62 Confidenziale (1) che in ordine alle cose di Tunisi a Torino si esprimesse stupore sul modo di procedere dell'Inghilterra riguardo alla Francia.

Ora nel mio dispaccio N. 26 (Gab.) (2) io esprimevo rincrescimento perchè il Governo della Regina non abbia adoprato verso di noi il procedimento cui egregiamente si attenne verso la Francia, ;incaricando Lord Cowley di presentire in ordine al progettato Regolamento il Governo dell'Imperatore: soggiungeva non sembrarmi che si avesse a stimare l'Italia meno interessata della Francia nella questione di Tuni:si, e conchiudeva mantenendo il diritto del R. Governo di avere sempre come ebbe costantemente pel passato parte principale nei negoziati relativi alla Reggenza. Intorno al procedere dell'Inghilterra verso la Francia a noi non poteva spettare il giudicare, nè tanto meno conveniva a noi di muovere rappresentanze in proposito. Queste mie osservazioni sono del resto pienamente confermate dalla stessa risposta fattale da Lord Russell, il quale ebbe a lealmente riconoscere che se alcuno avesse potuto lagnarsi del contegno dell'Inghilterra si era appunto il Governo Italiano.

Non dubito che i rapporti particolam in cui Ella si trova col Primo Segretario della Regina per gli Affari Esteri, saranno per porgerLe mezzo di ristabi:lire, alla prima opportunità che Le ne si presenti, nel suo vero aspetto un incidente, a ,cui del resto non è pdù il caso di annettere soverchia importanza.

Segnandole altresì ricevuta, per regolarità di carteggio, del Rapporto N. 61 confidenziale ... (1).

(1) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 516.
537

IL CONTE CSAKY AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI

T. Ginevra 21 gennaio 1865, ore 14,45 (per. ore 17).

J'ai vu à Paris le Général Tiirr et le Prince Napoléon.

Je Vous rendrai compte verbalement de cette entrevue. Komaromy est content de l'entrevue qu'il a eue avec l'agent des frontières militaires, qui est avec le général Tiirr.

Je vous prie de ne rien aocorder ni arranger avant mon arriivée à Turin, mercredi matin. La convocation de la Diète de Croatie vient d'avoir lieu: un arrangement devient de plus en plus urgent.

538

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 21. Parigi, 21 gennaio 1865, ore 17,30 (per. ore 19).

Le marquis Corio de Milan actuellement conseiller de Iégation du Mexique à Rome part aujourd'hui pour Turin. Il a dlit à quelqu'un qu'il est personnellement chargé d'une 'commission pour le Roi de la part de l'Empereur du Mexique.

(1) Cfr. quanto scriveva Nigra sulla questione di Tunisi in una l.p. a La Marmora dei 21 gennaio (AS Biella, Carte La Marmora, ed. in Carteggi Nigra, pp. 96-99): • Quanto a quest'ultimo affare pare che tutto il mondo si è messo d'accordo a non più padarne. La Porta dall'un lato e il Bey dall'altro vanno fino al punto da dire che non fu mai questione di cambiamenti e che ignorano il progetto di regolamento. Cosi almeno fu risposto agli agenti francesi a Costantinopoli e a Tunisi •.

539

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 63. Londra, 23 gennaio 1865 (per. il 26).

Sono stato ieri a Richmond da Lord R111ssell, avendo motivo di credere che avesse avuto qualche risposta circa ai passi fatti a Costantinopoli, onde conoscerne le disposizioni pel cambio dei Principati Danubiani rispetto alla quistione Veneta. Difatti Mylord mi raccontò che sebbene non avesse avuto precisamente risposta dall'Incaricato d'Affari Inglese, il quale s'era contentato di scrivere che ad una tale notizia il Ministro degli Esteri avea spalancato gli occhi, pure il Musurus era stato incaricato dirgli che il Divano non poteva prendere favorevolmente in considerazione quest'idea. Affermò che ilo stato attuale delle cose era favorevole assai per la Porta, la quale percepiva una somma a guisa di tributo, senza aversi a dare la briga di pensare all'amministrazione o di mandar truppe. Fece intendere che la Turchia non vedeva precisamente che fosse di una sana politica il prestarsi ad accrescere la potenza austriaca in quei dintorni; argomento che militava ugualmente, secondo mi osservò Lord Russell riguardo all'Erzegovina e Bosnia che proponevo dd sostituire ai principati. Lord Russell anzi mi assicurò che per queste ultime provincie la Turchia proverebbe più difficoltà che per le altre, ·considerandole come Turchia propria, mentre le altre non erano che tributarie. Citai allora altre modi:llicazioni che avevo giorni prima prese in considerazione coll'ambasciatore di Francia, cioè di prendere il destro di queste complicazioni relative ai Ducati Danesi ed ai compensi da attenersi dall'Austria in Germania per unirvi una soluzione per la quistione Veneta.

Lord Russell sembrò ditsposto a credere che qualche compenso per l'Austria, in fuori dalla questione veneta, si ordisse a Berlino ed a Vienna. Ma si dovette riconoscere da noi che compensi in Germania non erano da aspettarsi per parte della Pcussia la quale ha ora per idea fissa di destramente cacciare l'AUJstria dalla Germania onde diventi quel che potrà; anche una potenza Orientale. Lord Russell mi domandò allora se avevo osservato le notizie date dai giornali del mattino riguardo alla gita a Vienna del principe Carlo di Prussia coll'intesa che dovesse trattare di qualche alleanza offensiva e difensiva. Disse inoltre che probabilmente in Germania si lusingavano che in Inghilterra questa unione non si vedrebbe di mal'occhio, e mi chiese che cosa ne pensassi. La mia risposta fu che mi pareva indispensabile che l'Inghilterra loro tenesse un linguaggio chiaro e tale da impedire simili illusioni. Ed allora Lord Russell mi disse questa frase, su cui non è d'uopo ·chiamar specialmente l'attenzione di V. E. Disse essere opinione sua che in 'caso di una !Simile alleanza sarebbe opportuno che l'Inghilterra si mettesse dalla parte dell'Italia. Esternò quest'opinione spontaneamente, e non richiesto da me, lo che la rende tanto più essenziale. Naturalmente applaudii ad un tal modo di pensare; e di lì si venne a discorrere del sistema che presiede ai Consigli del Governo Britannico, e che aveva ricevuto una speciale applicazione nella quistione Danese. Discorremmo di quanto è inutile lungamente ridire, delle due correnti, bellicosa e pacifica, che aveano vicendevolmente do

minato nei giorni più critici del Gabinetto di Londra, delle esitazioni sull'opportunità di mandare 25 mila Inglesi a Duppell, mentre i Tedeschi avrebbero potuto opporvi centinaja di mille uomini; ed io finii col dire al Ministro degli Esteri: scusasse la mia franchezza, ma quando dliscutevasi quell'argomento, rsempre esprimevo quanto a parer mio gli attempati fra i Ministri fossero i più giovani di testa, e quanto i più giovani fossero 'l'opposto. Esser dunque, in carso di urgenza, le speranze mie in lui ed in Locd Palmerston; e in nessun altro. Ed egli rispose approvando ed ammettendo questo mio modo di pensare.

Riguardo a Lord Pa,lmerston mi pare in questo momento un uomo che vedendosi contrastato dai colleghi sulle sue viste generali, trova modo di sventare il mal umore nelle quistioni speciali che gli si presentano a trattare. Il rnlio collega di Portogallo mi diceva ieri essere molto scoraggiato <riguardo alla mediazione pel Brasile, ed aspettarsi ogni corriere a ricevere l'ordine di abbandonarla; e questo lo attribuiva al solo modo di vedere di Lord Palmerston.

Nella nostra posizione per l'affare di Tunisi, trovai Lord Palmerston tre giorni fa molto inasprito ed anzi con idee pregiudicate ed ingiuste. E non potei tenermi dal farne parola con Lord Russell ribattendo ad uno ad uno gli argomenti di cui erasi servito per dimostrare che in questa vertenza non eravamo stati gli ausigliarj della Francia nelle sue idee di annessione. Mentre era evidente (e neppur lo tacqui al Principe La Tour d'Auvergne) che non potea essere politica nostra il favorire le idee del Mediterraneo lago francese. Difatti interpellato dalla Francia cosa avea fatto V. E., aveva ripetutamente mandati incalzanti telegrammi a Londra .per sapere come la pensassero. Rispose Lord Russell che se forse noi avevamo motivo di lagnarci di loro, essi non aveano motivo di lagnarsi di noi, .poichè anche ultimamente aveva scritto il loro Console a Tunisi per dirgli che il Console Italiano aveva avuto ordine di informa11si presso di lui a che punto stessero le cose, onde combinarle. Ed anzi il Signor Wood aveva aggiunto con una tal quale semplicità che ora credeva d'aver capito qual fosse l'animo del suo Governo, che cioè in tutti gli affari essenziali, egli si com:ertasse coi suoi colleghi di Francia e d'Italia. E Lord Russell cascò dalle nuvole quando parlando in termini poco lUJsinghieri della diplomazia Tunisina, gli dissi che questa ringraziava i Francesi d'averli salvati dalla pressione che coHa Convenzione avea voluto esercitare la Porta, seguendo la sua tattica ordinaria. Non volli dirgli ch'erano notizie venute da Parigi e confidatemi a condizione ne dissimulassi l'origine. Ma così è. Del resto gli dissi una volta di più ch'era contento di veder che questo imbroglio che poteva diventare grave fosse finito, e se aveva provato rincrescimento pel modo d'ag.Lre, egli era in vista del danno che ne potea nascere pei buoni rapporti tra noi e loro che bramavo sempre eccellenti. Ecco a un dipresso la parte interessante della nostra ·conversazione di ieri, che spero

V. E. leggerà con piacere. Del resto mi si afferma che nei tre Consigli di Gabinetto tenutisi questa mattina, Gladstone si mostrò animatissimo contro al Bilancio della Guerra pretendendo che si dovesse diminuire l'armata, le fortificazioni delle Coste, e quelle perfino del Canadà. Ma pare :s.iasi trovato solo del ::uo parere. Era corsa la voce che avesse domandato si facesse menzione della riforma nel discorso della Corona, ma ciò non mi venne confermato.

540

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

ANNESSO CIFRATO (1). Carlsruhe, 23 gennaio 1865 (per. il 27 ).

A moins d'événements ou drconstances favorables, je partage l'opinion de

M. de Roggenbach précédemment exprimée dans ma dépèche N. 26 (2), que ce sera un traité de 'commerce entre le nouveau Zollverein et l'Italie qui ouvrira forcément les portes à la re,connaissance de l'ItaUe par les Etats secondaires Allemands et qu'il serait utile d'agir, en son tems, à Berlin pour disposer le Gouver · nement prussien à négociations d'un traité italien, aussitòt après celui dont il est question dans ma dépèche ci-jointe (3), ainsi que Bade le désire dans l'intéret commevcial rpolitique italien et allemand.

541

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 20. Torino, 24 gennaio 1865, ore 10,20.

Discussion enquete heureusement évitée sans luttes trop vives ni irritation partis. Chambre disposée discuter activement lois unification (4).

542

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 22. Parigi, 24 gennaio 1865, ore 14,20 (per. ore 15,20).

Quelques journaux français font des commentaires sur ce que Italie n'a pas encore envoyé de ministre au Mexique. Je crois qu'il serait peut-etre utile de faire envoyer de Turin un télégramme à l'agence Hava:s pour annoncer que La Tour part le l"' février pour sa destination. Je me félicite sincèrement avec vous d'avoir évité discus:sion enquete, ce qui fera excellent effet.

(1) -Al R. 23. (2) -Non pubblicato. (3) -Si tratta di quello con la Svizzera. (4) -Nella tornata del 23 gennaio fu approvata dalla Camera la mozione Ricasoli di rinunciare alla discussione circa l'inchiesta parlamentare sui fatti di Torino del 21 e 22 settembre 186•1. Cfr. Att-i deL Pa1·lamento Italiano, Camera Deputati, sessione 1863-1865, Discussioni, vol. X, cit., pp. 7708-7740. La relazione della commissione d'inchiesta è edita in Atti del Parlamento Italìano, Sessione del 1863-1864, Documenti, vol. V, pp. 4046-4075.
543

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

T. 21. Torino, 24 gennaio 1865, ore 17,25.

Reçu votre lettre particulière. Gardez grande réserve dans question Tunis, mais ne laissez pas supposer que nos vues soient en désaccord avec désir manifesté par Angleterre de maintenir statu quo. Nous ne nous sommes plaints que de n'avoir pas été consultés en meme temps que Cowley consultait le Gouvernement de l'Ernpereur; Angleterre a intéret à ne pas nous faire passer après France dans cette question, voilà tout.

544

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 98. Torino. 24 gennaio 1865.

Il discorso con cui il Re di Prussia inaugurò il 14 corrente la sessione delle Camere di Berlino, ed i documenti diplomatici onde fu pubblicata dalla Presse di Vienna un'analisi, della cui sostanza non par dubbia l'esattezza, somministrano un criterio per giudicare dello stato presente della questione germanica. Mi si conferma da Berlino che in quei documenti il Signor di Bismarck affermò che l'opinione pubblica nei Ducati dell'Elba, LSempre più si dimostrava propensa alla annessione alla Prussia, e palesò così il pensiero che ispira la politica dilatoria del Gabinetto di Berlino. Il R. Ministro a Berlino aggiunse che il Conte di Mensdorff senza punto rilevare le asserzioni del Signor di Bismarck avrebbe effettivamente a sua volta dichiarato che una annessione dei Ducati alla Prussia non avrebbe potuto ad ogni modo ottenere il'assenso dell'Austria se questa non fosse per conseguire un corrispondente ingrandimento di territorio in Germania.

Siffatta dichiarazione del Gabinetto di Vienna, sia che si voglia ravvisare in essa l'e.spressione sincera di una eventuale pretesa del Governo austd"iaco, sia che la 8i debba considerare come un assoluto diniego opposto alle mire ambiziose della Prussia, di,ssimulato sotto la forma meno aspra di una condizione di impos!Sibile effettuazione, siccome pretendono gli organi devoti alla Cancelleria austriaca, riesce pur sempre a dimostrare ·che una notevole divergenza di opinioni separa le due maggiori Potenze tedesche neJla quistione dei Ducati. Il carteggio pubblicato dalla Presse riusdrebbe altresì a dimostrare che le frasi contenute nel discorso di Re Guglielmo all'indirizzo dell'Austria, si possono ritenere come esatte solo se si assumono come l'espressione di un ben naturaJe desiderio della politica prussiana.

II R. Ministro in Berlino mentre afferma risultargli della esattezza sostanziale di tali ragguagli da attestazione di persona che ebbe agio di [eggere i

documenti originali, soggiunge constargli altresì che il Signor di Mensdorff fece dichiarare a Berlino che il Gabinetto di Vienna non faceva distinzione tra una annessione diretta e qual·siasi combinazione per cui il futuro Sovrano dei Ducati fosse per essere posto ·come in condizione di vassallo della Prussia: che l'Austria erasi del resto intesa per un contegno concorde cogli Stati secondarii e si asteneva da una azione più risoluta unicamente nella lusinga di potersi accordare colla Prussia. Però secondo quanto mi vien riferito così da Berlino come da Francoforte il Signor di Mensdorff avrebbe significato che in ogni eventualità l'Austria si sarebbe accostata ad ogni proposta che fosse fatta alla Dieta di Francoforte per sciogliere la questione della successione a seconda delle esigenze del diritto federale e degli interessi della Confederazione.

Il Conte de Barrai 1soggiunge inoltre che, chiusa senza risultato la campagna degli Stati secondarii, per non essere riusciti ad accordarsi per un'azione comune ed indipendente dalle due maggiori Potenze, essi si sarebbero gettati in braccio all'Austria, come quella che sola può efficacemente tutelarli contro la politica invaditrice ed assorbente della Prussia.

Tale sarebbe lo stato dei il."eciproci rapporti tra le Corti di Vienna e di Berlino, presso le quali però attivamente si adoprerebbero a ricondurre 1a riconciliazione gli Agenti di Russia ond'è interesse precipuo mantenere l'accordo tra le tre Potenze del Nord. L'attitudine più risoluta assunta dall'Austria mentre dimostra, come giustamente Ella osserva nel suo rapporto N. 114 Poi., che impegni positivi e formali non furono presi dal Governo Prussiano relativamente alle possessioni austria,che ,non federali, potrebbe per avventura indurre il Gabinetto .di Potsdam a concessioni diniegate finora, sulle quali già in vario senso si travagliano gli organi dei differenti partiti in Germania. Il viaggio del Prindpe Federico Carlo non sarebbe forse stato estraneo a siffatto divisamento, se è vera l'opinione di chi sostiene non essere di semplice cortesia lo scopo della sua gita a Vienna. Ed appunto per questo rispetto riesce di sommo interesse al Governo del Re di seguire gli andamenti dei due maggiori Stati di Germania, benchè la questione che presentemente si agita tra loro certamente non ci tocchi più da vicino che Francia ed Inghilterra, che pur si dimostrano neutrali e quasi indifferenti nel conflitto.

Segnandole ricevuta del N. 114 Poi... (1).

545

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, GAMBAROTTA

Torino, 25 gennaio 1865.

D. 13.

Ho ricevuto l'interessante Rapporto ch'Ella mi diresse in data 17 corrente {Confidenziale) (2) e ne La ringrazio.

Terrò conto della indicazione fornitami da Lei sull'accordo completo che esisterebbe tuttora tra Londra, Costantinopoli e Tunisi in ordine al recente progetto di Regolamento. Mi consta però che il contegno attuale dell'Inghilterra è per ora nel senso di una astensione assoluta da ogni pratica ulteriore a tale riguardo. Assicurazioni formali in proposito furono date dal Gabinetto Inglese, così al Rappresentante di S. M. come al Governo francese. Finchè così rimarranno le cose, e continuerà il tacito consenso che sarebbe prevalso, di lasciar cadere la questione, Ella comprenderà di leggieri come a noi non convenga di risollevarla. Ciò punto non toglie però che il R. Governo continui a manifestare in genere H suo desiderio che lo statu quo sia mantenuto neHa Reggenza: egli si riserva soltanto di emettere un'opinione circa l'opportunità di regolare definitivamente Ja condizione dei rapporti quali già esistono tra la Sublime Porta e la Reggenza, fino a tanto che la situazione stessa delle cose lo chiami ad enunciare un giudizio a tal riguardo. Intanto* la S. V. Illustrissima vorrà esprimere a S. A. il Bey la soddisfazione del R. Governo per la dimostrazione d'amicizia e di fiducia fattale nell'ultima udienza, ed in cui mi fu grato altresì di scorgere la prova della giusta considerazione in cui l'Italia è tenuta al Bardo. Ella potrà a tal proposito manifestare a S. A. la lusinga che in ogni circostanza in cui il Governo del Bey avesse ad invocare la benevolenza delle Potenze amiche, egli non dimenticherà la parte principale che l'Italia ebbe negli ultimi negoziati relativi alla Reggenza ed il senso in cui fu esercitata l'azione nostra nei recenti rivolgimenti * (1).

(1) -Cfr. n. 528. Analogo dispaccio venne inviato col n. 29 a Londra il 28 gennaio. (2) -Cfr. n. 531.
546

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 117. Parigi, 25 gennaio 1865 (per. il 27).

Col mio dispaccio politico N. 110 (2) riferii a V.E. che il Cardinale Antonelli neile sue conversazioni col Conte di Sartiges cercava di attenuare l'importanza politica dell'enciclica, e di dimostrare che il Papa non aveva voluto condannare con essa né la sovranità popolare, né la libertà di coscienza, né il progresso, né la civHtà. Tale è pure in sostànza lo scopo dell'opuscolo di Monsignor Dupanloup, vescovo d'Odéans, di ,cui i giornali hanno dato jeri qualche brano, ma che fu pubblicato oggi soltanto. Con artificiosi sofismi, con sottili distinzioni il difensore dell'enciclica riprende ad una ad una le massime del Sillabario rsic] e dichiara che il Papa ha voluto condannare soltanto gli errori che corrono sotto le parole civiltà, progresso, libertà religiosa e politica. Ciò che può esservi di intrinsecamente buono in questi concetti è così conforme alla religione, così caro alla Chiesa che si fa ingiuria al Papa chiedendogli di riconciliarsi con esso.

Questo artificio sarebbe stato troppo insufficiente per sé solo ad ottenere lo scopo propostosi da Monsignor Dupanloup. Perciò questo prelato, cui non

si possono negare abilità ed eloquenza, cercò di distrarre dall'enciclica I'atten~ zione del pubblico, richiamandola all'argomento della convenzione del 15 Settembre. Ed è questa la parte su cui mi credo in debito di richiamare l'attenzione di V.E. perché le pagine del vescovo d'Orléans possono farci prevedere in qual modo i nemici dell'Italia parleranno della Convenzione del 15 Settembre innanzi al Senato ed al Corpo legislativo.

Naturatlmente, per Monsignor Dupanloup l'Italia non esiste. Le popolazioni della Penisola sono tuttora ossequienti al Papa, ai Borboni, ai Principi di Lorena; il solo Piemonte ha colla cospirazione e colla conquista, coll'astuzia e colle stragi rovesciati i Governi che precedettero il Regno d'Italia. Le calunnie di Lord Nor~ manby, di Bowyer, Lennox e Maguire, le parole imprudenti e le esagerazioni di alcuni deputati italiani sono riassunte da Monsignore in alcune pagine in cui la passione si scatena a danno del buon senso. Ma la conquista di tutta l'Italia, la persecuzione del clero, le stragi dei briganti non sono i delitti più enormi del Piemonte. La colpa più grave è quella d'aver sempre ingannato la Francia, d'avere abusato della sua alleanza e del suo ajuto per mancare alle promesse fattele e distruggere il Papato. La convenzione è l'ultima di queste trappole tese dal Piemonte all'onore francese: essa non è obbligatoria per la Francia, perché non sono validi i patti giurati con chi non mantiene i giuramenti.

Analizzando la Convenzione il vescovo d'Orléallls mette in evidenza tutti i pericoli della situazione in cui si trova il Papa in seguito a questa stipulazione. Il Papa non può farsi un esercito perché non ha danari; non ha danari perché non vuole e non può mettersi d'accordo col Governo del Re e riconoscere il Regno d'Italia: quand'anche il Papa volesse, il , Piemonte • dice Monsignor Dupanloup, non sarebbe in grado, indebitato com'è, di pagare i debiti della Corte romana. Infine, il Papa non può dare riforme, perché ciò sarebbe il preludio di una rivoluzione: non può reprimere i torbidi che succederanno alla partenza delle truppe francesi, perché non ha forze sufficienti. Dovrà dunque cedere od abbandonare Roma. Riconciliar:si col Piemonte non mai; perché il Papa può subire i fatti compiuti, non può abdicare. Ma se abbandona Roma, altre Potenze cattoliche lo accoglieranno e faranno a gara per protegger!o : e ~a Francia sarà umiliata, avrà mancato alla missione assunta da Carlomagno in poi.

La conseguenza logica di queste premesse sarebbe che l'occupazione francese a Roma durasse indefinitamente. Ma ,l'autore è troppo abile per dirlo espressamente. Egli si Umita a chiedere che la Francia d'accordo colle altre Potenze cattoliche guarenti:sca perpetuamente al Papa il possesso degli attuali suoi territorj, e vieti al Piemonte ogni usurpazione ulteriore.

Ecco dunque lo scopo che gli oratori clericali avranno in mira nelle prossime discussioni: ecco probabilmente la parola d'ordine data dalla Corte ro~ mana ai suoi aderenti. A quest'intento io non mi stupirei che si evitassero gli attacchi troppo violenti contro l'Imperatore ed il suo Governo; Monsignor Dupanloup dà l'esempio di questa moderazione scatenandosi specialmente contro di noi e lanciando appena qualche frizzo contro l'Imperatore ed i suoi Ministri. Io dubito però che questa strategia sia seguita da tutti gli oratori clericali. Alcuni di essi sono così violenti che non ,conos,cono freno; nuocciono ad altri i loro antecedenti ben noti, i loro rapporti coi partigiani dei Borboni o degli Orléans.

Malgrado tutta la sua abilità lVIonsignor Dupanloup non riescirà a dilssipare la pessima impressione prodotta in Francia dall'enciclica. Ed io spero del pari che il discorso che il Signor Thiers prepara a favore del Potere temporale impedirà che l'Imperatore prenda altri impegni al di fuori di quelli che stanno scritti nell'atto del 15 Settembre. Intanto mi sia permesso di conchiudere che dal punto di vista della politica italiana l'opuscolo del celebre ves,covo d'Orléans è la migliore difesa di quella Convenzione.

Le trasmetto sotto fascia questa pubblicazione.

(1) -Il brano fra asterischi è edito in LV 8, p. 381. (2) -Cfr. n. 524.
547

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

ANNESSO CIFRATO (1). Carlsruhe, 25 gennaio 1865 (per. il 29).

J'ai demandé à M. Roggenbach son opinion sur la portée de la visite récente du Prince Frédéric Charles à Vienne, et sur 'la vérité des Notes confidentielles austro-prussiennes révélées par l'indiscrétion de la P1·esse de Vienne. Il m'a répondu quant'au Prince que pour sùr il n'avait point eu de mission politique mais de courtoisie, et peut-etre aussi désir d'entente du parti militaire austroprussien, par la quelle S.E. est persuadée que M. de Bismarck est assez fort et habile pour ne pas se laisser entrainer.

Quant'aux Notes prussiennes la version de la P1·esse n'est pas correcte, assure le lVIinistre Badois le texte lui en étant connu; car en lieu de adhérer à projet prussien de annexion des Duchés en particulier demandant compensation pour tl'Autriche celle-ci s'oppose décidément à toute idée d'annexion territoriale prus.si.enne dans l'AUemagne et y est d'autant plus contraire qu'elle serait obligée autrement à exiger des compensations que dans l'opinion ;personnelle de

M. Roggenba.ch elle sait ne pouvoir obtenir. A une audience privée ce matin le Grand Due m'a confirmé la réponse de

M. Roggenbach sur la visite du Prince prussien à Vienne. S.A.R. m'a assuré d'après sa conviction de aucune machination politique surtout <contre l'Italie (sic) entre Berlin et Vienne. Convtction basée mème sur la politique personnelle du Roi de Prusse contraire à toute garantie de la Vénétie à l'Autriche à tel point que lorsque le Roi de Prusse a envoyé... (2) l'année derniere à Vienne pour la guerre danoise-allemande, S.M. lui a premièrement démandé à son retour • j'espère qu'on ne vous a pas parlé de garantie vénitienne •. A quoi l'Officier répondit négativement (3) .

.(1) Al R. 24.

Le Grand Due m'a dit tenir ce fait du Roi lui-meme et croire que l'opinion

de S.M. à ce sujet n'a point changé.

Le Grand Due m'a renouvelé avant tout son approbation pour le langage pacifique de V.E. comme chance de conciiiation désirable en ajoutant que dans le Parlement Autrichien comme dans l'opinion IPUblique les idées, que la possession Vénétie est une lourde besogne pour l'Autriche (sic) font beaucoup progrès.

Le Prince Guillaume dans une longue conversation ces jours derniers partage l'opinion du Grand Due et de Roggenbach relativement à l'Italie.

(2) -Gruppo indecifrato, probabilmente c un officier ». (3) -Cfr. quanto comunicava Barrai con R. 5 del 26 gennaio (AST. Legazione a Fran· coforte): • L'on regarde cependant ici comme certain que l'Empereur d'Autriche, dans ses négociations avec la Prusse, maintiendra son point de vue au sujet de la garantie de ses possessions Italiennes. soii qu'il exige directement en cas d'attaque, le secours des armes Prussiennes, soit qu'il s'assure de l'appui de son vote à la Diète dans la proposition qui déclarerait la lignc du li/lincio nécessaire à la sécurité de l'Allemagne.
548

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI

D. 103. Torino, ... gennaio 1865 (1).

La quistione del preambolo dell'Atto pubblico per la navigazione del Danubio, sulla quale la S.V. Illustr~ssima mi chiedeva ultimamente ed io mi riservava di trasmetterle precise istruzioni, è stata, come Ella sa, soggetto di speciali negoziati fra il Governo del Re e le altre Potenze Garanti.

Sul principio dell'anno scorso pareva che le Corti di Parigi, di Berlino, di Londra e di Pietroburgo fossero disposte a far prevalere il nuovo preambolo che era stato approvato da tutti i Delegati della Commissione Europea del Danubio ad eccezione di quello dell'Austria, e pel quale i firmatarii di esso sarebbero stati indicati col titolo della Potenza rispettiva da cui tengono il mandato, cosicché il Delegato del Governo del Re avrebbe figurato esplicitamente come Delegato del Regno d'Italia.

Ma queste disposizioni delle Potenze in parte s'andarono raffreddando per i rapporti più amichevoli che in seguito agli affari di Polonia ed alla impresa dello Schleswig Holstein si stabilirono fra la Prussia, l'Austria e la Russia, in parte pel timore concepito dall'Inghilterra e dalla Francia che una quistione in apparenza secondaria potesse assumere più gravi proporzioni.

En me parlant hier de cette absurde théorie qui veut qu'on mit un pied chez son v01sm pour se croire en sureté chez soi, un personnage parfaitement au courant des idées quidominent dans les Conseils de l'Empereur d'Autriche (et qui, m'a-t-il assuré, sont surtout celles du Chef de l'Etat), m'a dit en propres termes: « Ne vous faites pas la moindre illusion sur !es dispositions et les intentions de l'Autriche à l'égard de Venise; jamais elle n'aban• donnera cettc province, que vaincue sur le champ de bataille; l'honneur de l'armée y est attaché, et comme l'existence de l'Autriche se personnifìe dans son armée toute cession de la Vénétie, sous quelque forme qu'elle se présentàt, en constituant un véritable soufflet pourle drapeau Autrichien serait le premier pas vers une rapide décomposition de l'Empire.Une fois Venise détachée de la Monarchie, quelle raison y aurait-il de maintenir dans leur ensemble cette mosa'ique d'états divers qui sont déjà si difficiles à garder réunis? Au reste, croyez le bien, la Prusse elle méme, quelles que soient ses apparentes dispositions pour l'Italie, ne se prétera jamais à une dépossession de Venise; elle comprend trop bien, qu'une fois chassée de cette pl·ovince, l'Autriche n'a plus d'autre ressource que de se jeter en Allemagne, et elle tromre sa rivale déjà beaucoup trop puissante et préponderante dans la Confédération Germaniquc. Enfin, et c'est là une opinion généralement répandue en Allemagne, si vous en exceptez peut-étre quelques républicains, vous ne trouverez pas un Allemand qui ne soit de l'avis que pour étre à l'abri des attaques improvisées de la France, il faut que le territoire Vénitien soit entre !es mains d'une puissance Allemande, n'importe

la quelle».

del 18 ed uno del 25 gennaio.

Difatti l'Austria avendo perentoriamente dichiarato che piuttosto di apporre

la sua firma ad un atto nel quale fosse nominato un Rappresentante del Re

d'Italia, il Delegato Austriaco dovrebbe ritirarsi dalla Commissione, i Gabinetti

di Parigi e di Londra non credettero si potrebbe facilmente vincere quella op

posizione, dal momento che la Russia e la Prussia sembravano volersi astenere

dal congiungere i loro officii con quelli delle altre Potenze.

Vani temperamenti furono proposti dall'Inghilterra per eludere la difficoltà

ma senza frutto.

Intanto la Sublime Porta faceva consegnare al mio predecessore e credo

inviasse pure agli altri Gabinetti una memoria nella quale esponendo che l'atto

pubblico del Danubio era sempJ.icemente inteso a promulgare disposizioni rego

lamentari di polizia fluviale in eseguimento di disposizioni già consacrate da

un Trattato esprimeva il pensiero fosse superfluo ed inopportuno il darvi la

forma solenne di una Convenzione e chiedeva per conseguenza gli si conser

vasse il carattere di un semplice protocollo ed il preambolo che già era stato

inteso ed adottato prima ,che, sulle istanze del Delegato d'Italia, ne fosse stato

proposto il ,cambiamento. Una memoria 'Consimile fu rimessa al Governo del Re

dall'Inviato Britannico ed il Governo Francese fece sentire a Torino opinione

sostanzialmente identica. La quistione cambiava quindi d'a1spetto. Non si trat

tava più di fare una ,concessione all'Austria con detrimento della dignità d'Italia,

ma di assecondare un desiderio della Turchia.

Sebbene pertanto il Governo del Re riputasse pur sempre migliore partito che si desse aLl'atto pubblico del Danubio 'la forma di una Convenzione diplomatica e che i precedenti relativi alla navigazione della maggior parte dei fiumi internazionali venissero in appoggio di questa opinione, tuttavia daeché non era più in causa l'opposizione dell'Austria, non reputò continuassero ad esistere motivi sufficienti per insistere nella sua domanda, e per astenersi dal firmare quell'atto nella forma chiesta dalla Tul'chia e consentita dalle altre Potenze.

Quindi il mio onorevole antecessore mandava al Cav. Strambio le istruzioni delle quali la S.V. troverà copia qui unita.

Non conosco veruno indizio che possa far presumere un mutamento nelle disposizioni delle Potenze a questo riguardo, e rper conseguenza credo che quelle istruzioni non debbano né possano modificarsi.

Tuttavia prego la S.V. Illustrissima di esplorare prontamente ma cautamente per modo a non dar troppo peso alla quistione, quale sia l'opinione de' Ministri delle grandi Potenze segnatamente dei Ministri di Inghilterra e di Francia a questo riguardo e quali ~struzioni abbiano per avventura ricevute essi medesimi, o siano state trasmesse dai loro Governi ai Delegati rispettivi ne1!la Commissione.

Se dalle nozioni che la S.V. avrà ottenute risultasse che si persista nella determinazione di aderire ai votì della Turchia conservando all'Atto pubblico la formola di un protocollo e l'antico preambolo si aJstenga dal movere difficoltà.

Qualora poi venisse a conoscere positivamente che qualcuna delle grandi Potenze e specialmente l'Inghilterra e la Franda avessero per avventura mutato di avviso e propendessero di nuovo per il sistema di una Convenzione portante il titolo delle Potenze a cui nome verrebbe firmata me ne informi tostamente pel telegrafo. In questo caso procuri anche di sapere quale sia il modo di vedere dell'Internunzio Austriaco e quale il grado di resistenza che egli opporrebbe o consiglierebbe al suo Governo contro un qualche temperamento del genere delle riserve fatte per la Convenzione della Schelda delle quali il Ministero trasmise copia alla S.V. Illustrissima con <:uo dispaccio.

(1) Il dispaccio, privo di giorno, si inserisce qui perché posto nel registro fra un dispaccio

549

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. CONFIDENZIALE 99. Torino, 25-26 gennaio 1865.

Il Cavalier Gambarotta mi 'trasmette da Tuni!Si taluni particolari circa l'incidente di recente sopravvenuto negli affari della Reggenza, che io non reputo fuor di proposito di comunicare in via confidenziale a V. S. Illustrissima benchè per buona parte essi ormai più non offrano che un interesse retrospettivo.

Il progetto di Regolamento che fu argomento dei presenti negoziati è in sostanza lo stesso che già il Governo Inglese fece porre innanzi da Sidi Mohamed Bey, fratello e predecessore del Bey attuale e che in allora non ebbe seguito alcuno. Il sospetto cresciuto in questi ultimi tempi nel Governo Britannico, che la Francia voglia estendere fino alla Medjerda il confine de' suoi possedimenti d'Africa e ridurre così di fatto alla propria dipendenza il Bey di Tunisi fu negli ultimi anni il movente principale della politica inglese nella Reggenza. La Convenzione anglo-tunisina dell'Ottobre 1863 fu pur dessa un sintomo della sollecitudine del Governo britannico nel cercare di guarentire mediante una stipulazione internazionale il mantenimento dello statu qua nella Reggenza. Ed appunto gli sforzi del Signor di Beauval che volle indurre il Governo del Bey ad annullare quella Convenzione, e la condotta favorevole agli insorti osservata da quell'Agente in occasione della recente rivoluzione confermarono sempre più i timori del Gabinetto di St. James. Si fu sotto J'influenza di siffatte preoccupazioni che il Consolato Inglese propose al Bardo che intavolasse negoziati colla Sublime Porta per dare stabile assetto ai reciproci rapporti, giovandosi della circostanza in cui l'uso voleva che un inviato Tunisino recasse al Sultano i ringraziamenti del Bey. L'antico progetto di Regolamento fu in siffatta circostanza modificato col limitare all'art. 5° le facoltà del Governo della Reggenza, e collo stabilire all'articolo 8 un'annua contribt:zione da prestarsi alla Sublime Porta: delle quali modificazioni probabilmente né ebbe previa comunicazione il Bardo, nè fu conscio il Generale Kereddin dappoichè risultò al Cav. Gambarotta da colloqui ufficiali col Bey e col Signor Wood che l'invio del nuovo progetto fu fatto direttamente dal Consolato Britannico a Londra ed a Costantinopoli. Il R. Agente seppe altresì che le aperture del Generale Kereddin presso la Porta dirette in genere a sanzionare con un atto diplomatico lo statu qua della Reggenza grazie all'appoggio di Haider Effendi e dell'Ambasciatore Britannico ebbero dapprincipio favorevolissima accoglienza, ma <he la Porta non tardò a riti

rare il p.roprio consenso agli accordi proposti poichè conobbe l'assoluta resistenza della Francia.

Il R. Agente e Console Generale il quale attinse le sue informazioni a fonti ufficiali, crede di poter darmi l'assicurazione la più formale che esiste tuttora un accordo completo tra Londra, Costantinopoli e Tunisi, e che l'Inghilterra non ha punto rinunciato a sciogliere la quistione tunisina nel senso dello stat1< quo essendo intenzione sua di rinnovare e di spingere le trattative fino a che si sia ottenuto un risultato soddisfacente.

Intanto in una udienza che il R. Agente e Console Generale ebbe da S. A. il Bey ed a cui era presente H Kasnadar S. A. lo interpellò spontaneaxnente se l'Italia consentirebbe ad interporre i suoi buoni uffici presso ·la Francia nello scopo di farle abbandonare i suoi intendimenti dilatorii in ordine a qualsiasi proposta di stabile regolamento dei rapporti tra :la Porta e la Reggenza. Alla qu;;tl doman9a avendo il Cav. Gambarotta risposto che egli avrebbe comunicato al R. Governo ogni formale proposta che S. A. crederebbe di dover emettere in proposito, il Bey lo pregò di scrivere al R. Ministero nel senso suindicato, sottomettendo al R. Governo i principii cui si informerebbe il nuovo progetto di Regolamento che il Governo Tunisino intende sottoporre a tutte le potenze interes!'ate al mantenimento dell'equilibrio politico nel Mediterraneo.

Questi principii sarebbero i seguenti: l • lasciare alla Turchia ed alla Tunisia libertà assoluta di mantenere tra loro lo statu quo tal quale esiste ora tacitamente; 2• costituire la Reggenza in uno stato di neutralità inviolabile rimpetto a tutte le Potenze europee senza distinzione.

Di siffatti punti sostanziali ebbero altresì comunicazione ufficiale i Consolati d'Inghilterra e d'Austria, dei quali il secondo segue costantemente la poliOca del primo. Il Cav. Gambarotta seppe altresì che quegli Agenti ne avevano fatto argomento di speciali Rapporti ai rispettivi Governi, cui li trasmisero col corriere di Francia del 15.

Poichè sembra sia prevalso il tacito consenso tra Londra e Parigi di lasciar cadere la questione, di leggieri si comprende come non convenga a noi di risollevarla, coll'inoltrare a Parigi quegli officii onde il Governo del Bey ci richiede. Mi limiterò pertanto col Corriere di domani a far conoscere al R. Agente che non ci pare essere il caso di emettere qualsiasi opinione drca la opportunità di regolare definitivamente lo stattt quo dei rapporti tra la Sublime Porta e la Reggenza, finché le altre Potenze interessate manifesteranno il proposito di non occuparsi ulteriormente della quistione, e finché la situazione stessa delle cose non ci chiami ad enunciare un giudizio a tale riguardo. Il Cav. Gambarotta avrà inoltre .per istruzione di limitarsi a ringraziare S. A. il Bey della testimonianza di amicizia e di fiducia che ci diede in questa occasione, e di esprimergli ad un tempo la lusinga ·che in ogni occorrenza il Governo del Bey non dimenticherà che l'Italia ebbe parte principale negli ultimi negoziati relativi alla RN~genza, e che la sua azione fu sempre esercitata in senso affatto amichevole.

Se le informazioni tra!smessemi dal R. Agente in Tunisi dovessero realmente essere seguite da una ripll.'esa di negoziati che ebbimo finora ragione di ritenere come sospeiSi, è appena necessario che io Le significhi, come sarà per riuscirmi di sommo interesse il conoscere la precisa opmwne del Governo Francese riguardo ai due punti a cui si informerebbe il più recente progetto di Regolamento e ad ogni modo 'se il Governo Imperiale sia per opporsi anche alla semplice constatazione e consecrazione dello statu quo col consegnare in un documento diplomatico la sanzione dei rapporti già attualmente esistenti tra la Sublime Porta e la Reggenza.

Segnandole ricevuta del suo Rapporto N. 115 Pol. ... (1).

P. S. 26 Gennaio -Segno pur ricevuta del Rapporto N. 116 Pol. Confidenziale (1).

550

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 118. Parigi, 26 gennaio 1865 (per. il 28).

Ringrazio l'E. V. delle notizie contenute nel pregiato dispaccio di Gabinetto N. 98 del 24 gennaio (2) pervenutemi stamane, e mi affretto a comunicarle dal canto mio quanto mi fu riferito circa l'esito della missione del Principe Federico Carlo di Prussia a Vienna. Non potendo quest'oggi parlare col Signor Drouyn de Lhuys, il quale è alquanto ·indisposto, non posso verificare l'esattezza delle informazioni che mi furono date e che io riferisco perciò a V. E. per semplice di Lei notizia e con tutta riserva.

Secondo •lettere di Vienna scritte a persona che conosce bene la politica austriaca, H Pl'incipe Federico Carlo avrebbe proposto alla Corte di Vienna di stringere fra la Prussia e l'Austria un'alleanza puramente difensiva. Risultato di quest'alleanza sarebbe stato da un canto l'adesione dell'Austria a1le idee della Prussia circa lo Schleswig-Holstein, dall'altro la promessa che la Prussia avrebbe fatto causa comune coll'Austria nel caso che questa venisse minacciata nei suoi possedimenti italiani. Ma questa promessa sarebbe stata giudicata insuf"' ficiente dall'Imperatore Francesco Giuseppe, il quale non avrebbe voluto aderire alle domande della Prussia che mercé la conclusione d'una alleanza offensiva e difensiva. L'Imperatore, dicesi, non avrebbe rinunciato alle sue idee di riprendere l'offensiva in Italia: e per questo scopo appunto vorrebbe asskurarsi l'ajuto della Prussia del quale non crede di avere d'uopo semplicemente per respinger un'aggressione dell'Italia. Il Gabinetto prussiano per altro non avrebbe voluto impegnarsi sino a questo punto. Esso osservava che conchiudere coll'Austria una alleanza offensiva equivaleva a mettersi male colla Francia e rporsi nel rischio di perdere ·le provincie renane per annettersi i Ducati. I negoziati dunque non avrebbero potuto essere condotti a buon termine, ed il Principe Federico Carlo sarebbe ritornato a Berlino senza che la questione fosse progredita di un passo. La persona che mi comunicava queste informazioni aggiungeva che l'Austria si trova ciònullameno in buone condizioni: che essa era sicura d'avere la mag

gioranza nella Dieta, malgrado l'ostilità della Prussia, perchè gli Stati secondari sarebbero grati al Gabinetto di Vienna della sua condotta nella questione Danese; che intanto Schmerling e Plener si erano rimessi d'accordo col Reichsrath; che intrighi avevano luogo in Croazia per giungere alla riunione d'una Dieta croata, ed all'invio di membri croati al Reichsrath; che una volta che ciò si fosse ottenuto, la riconciliazione coll'Ungheria per la quale le pratiche non erano mai state intel'rotte, sarebbe divenuta assai probabile.

Senza guarentire, come dissi, l'esattezza di queste notizie, esse mi parvero tali da poter essere riferite a V. E. Aggiungerò che la Russia non cessa di darsi moto per condurre a buon termine l'accordo fra le due potenze tedesche, mentre invece la politica francese continua nella riserva che ho sì spesso segnalata all'E. V. L'Imperatore è sempre convinto che nulla può meglio agevolare l'alleanza fra Vienna e Berlino che una politica attiva per parte della Francia in Germania; mentre invece colla sua indifferenza, simulata o vera ch'essa sia, l'Imperatore spera di far sì che le cause permanenti di dissenso che esistono fra i due grandi Stati tedeschi prevalgano al desiderio, poco sincero da entrambe le parti, di un accordo definitivo (1).

(1) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 544.
551

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora)

L. P. Parigi, 26 gennaio 1865.

Approfitto dell'occasione sicura che mi offre la partenza dell'editore Cav. Pomba per scriverle di cose che non posso affidare alla posta. La prego di ardere questa lettera dopo che ne avrà preso notizia.

Da circa due anni l'Imperatore aveva relazioni 'con una donna, d'origine volgare, e di vita abbastanza disordinata, per nome Margherita Bellanger. Finchè le cose si limitavano a semplici relazioni, nessuno ci faceva attenzione, e nessuno faceva colpa all'Imperatore di cercare distrazioni alle gravissime sue occupazioni e preoccupazioni. Ma in questi ultimi tempi vi furono tali incidenti da far nascere delle serd.e apprensioni in tutti gli amici del Governo Imperiale. Questa donna, a Vichy principalmente, ·comprometteva con passi inconsiderati, l'Imperatore. La cosa divenne pubblica e manifesta. L'Imperatrice lo seppe, e passionata com'è, pigliò la cosa talmente a cuore, che ne perdette la salute. Vi furono scene spiacevoli. La questione si aggravò quando si seppe che c'era di mezzo un ragazzo, che sii tentò di far credere aJ.l'lmperatore che fosse suo figlio, e che fors'anche è supposto. L'lm;peratrice fece fare indagini molte, ed ottenne dall'Imperatore stesso ·che per mezzo di un Magistrato di confidenza si facessero ricerche sulla nascita del ragazzo. Queste ricerche furono fatte, e benchè non abbiano avuto per risultato d'addurre delle prove indubitate della supposizione

d'infante, tuttavia credo che abbiano prodotto una convinzione morale nell'Imperatore che si è tentato d'abusare della sua buona fede. Ad ogni modo l'inchiesta ebbe per effetto di tranquillare l'Imperatrice, la quale quindi è soddisfatta dell'esito ottenuto. La pace è adunque tornata nei penetrali delle Tuileries e sperasi che non sarà più interrotta da nuovi incidenti. Intanto la donna iin questione vive fuori di Parigi in una proprietà che fu comperata per essa e a lei regalata. Non ho bisogno di dirle che queste distensioni e questi guai dJ famiglia tormentarono molto i'Imperatore e non sono ['ultima cagione di questa specd.e d'abbandono delle questioni estere che io Le ho segnalato, e che perdura, checchè possano scJ"iverle in contrario. Vi fu un momento in cui era a prevedersi un divorzio. Confido queste cose alla di Lei delicatezza e discrezione, e passo ad altro.

Ella mi domandò, tempo fa, notizie di Vimercati. Esso mena a Parigi la stessa vita che conduce da tre o quattro anni; va spesso dalla Principessa Matilde, qualche volta dal Principe Napoleone, qualche volta viene alla Legazione, a cui appartiene come addetto militare e come consigliere onorario. Lei non gli diede nessun incarico io non ne ho nessuno a dargli. Del resto non ha credito, e la mia posizione qui è tale che la presenza di Vimercati non ci dà ne ombra, nè luce. Riceve qualche volta lettere di Rattazzi, e di Castelli. Da queste lettere fu informato che c'era stato qualche dissenso nel Gabinetto e che vi fu pericolo d'una modificazione ministeriale, e che il Papa era di nuovo seriamente malato.

La questione delle eventualità a cui può dar luogo la morte del Papa, è estremamente grave. Io farò Il possibile per spingere il Governo francese a preoccuparsene, ma ho poca speranza di vincere questa terribile forza di inerzia che paralizza tutto. Mi proponevo di parlarne ieri ed oggi a Drouyn de Lhuys ma questo Ministro mi ha fatto dire che da due giorni era indisposto. Ciò nondimeno anclrò questa sera dalla Signora Drouyn de Lhuys, e se il Ministro non è a letto, lo intraprenderò su questo soggetto. Intanto ecco quello che Le consiglierei di fare. Se io dico solamente a Drouyn de Lhuys che bisogna che i due Governi sì mettano d'accordo per questa eventualità, è probabile che mi domanderà su che cosa dobbiamo metterei d'accordo, quali sono le nostre viste, e che cosa domandiamo alla Francia. Sarebbe quindi utile che Ella esaminasse un piano di condotta a tenersi, lo esponesse in una lettera ostensibile di cui io mi potrei servire, e me la mandasse. Con un progetto preciso e ragionato in mano, avremo molto maggior probabilità, non dico di ottenere, ma di fare in modo che piglino la cosa sul serio e se ne preoccupino. Altrimenti temo che in primo luogo non credano alla malattia del papa, e che in secondo luogo rispondano che se il papa muore, la Francia manterrà l'Ol'dine a Roma perchè i Cardinali possano nominare un nuovo papa. Quando parlai, or sono molti mesi, a Drouyn de Lhuys della prossima possibile vacanza del sòglio pontificio, questo Ministro mi chiese l'indicazione dei cardinali, che a nostro avviso, sarebbero i più liberali e i più degni della candidatura, e di queìli all'incontro su cui si potrebbe utilmente portare il veto della Francia. Il Ministro di Portogallo mi fece in allora la stessa domanda. È probabile che questa medesima domanda mi sarebbe rinnovata ora, e non vorrei rispondere senza le di Lei direzioni in proposito.

Le scrissi nell'ultima mia lettera intorno alla questione di Tunisi. Drouyn de Lhuys mi disse che la Turchia e il Bey rinnegavano entrambi il progetto di regolamento; e mi avvidi che nel di lui pensiero c'era il sospetto che questo progetto potesse essere opera dnglese. Ma soggiunse che dal momento in cui non era più questione del progetto, esso considerava la cosa come finita. E sarebbe in verità tempo che anche l'Inghilterra fosse del medesimo avviso e non se ne parlasse più. Per noi è sempre cosa delicata l'essere tra Francia e Inghilterra, cioè tra l'incudine e il martello. A me non tocca darle consigli su ciò. Vedo ch' Ella si rende conto esattissimo di questa vertenza e delle sue difficoltà e che la giudica colla voluta misura. Certo è che quanto più sapremo eV'itare di metterei in ·conflitto coll'una o coll'altra delle due potenze nostre amiche, tanto meglio sarà.

Sulla questione germanica Le scrivo d'ufficio, e stimo quindi inutile di ripetermi qui.

Ella accenna nella sua ultima lettera ad un articolo abbastanza inesatto di Maxime Du Camp. Purtroppo è impossibile lo evitare questi sconc,i, senza andare incontro ad inconvenienti più gravi. Per l'esperienza da me fatta, per convinzione e per antico consiglio datomi, tre anni or sono, da Thouvenel, mi tengo estraneo ad ogni ingerenza di giornali. Nulla di più compromettente per la posizione d'un diplomatico a Parigi che i suoi rapporti coi giornali. Perciò sistematicamente m'astengo d'aver relazioni con essi. Il vero modo di esercitare un'influenza sulla stampa parigina, senza incorrere dn gravi inconvenienti, si è di avere in Italia un giornale francese scritto nel senso della politica del Governo. Ella sa come si redigono i giornali francesi, più colla forbice che col calamajo. L'Italie ebbe qui un'importanza vera, unicamente perchè \SCritta in francese e perchè è commodo il tagliar gli articoli bell'e fatti e darli al proto senza necessità di traduzione. La cosa merita che il Governo se ne occupi. Tutti gli altri mezzi sono inefficaci e se vi s'impiega denaro, è denaro sciupato.

Benedetti mi scrive da Berlino pregandomi espressamente di ringraziarla molto della decoraz;ione accordata al suo protetto, e di presentarle i suoi rispetti.

Il Moniteur annunzia finalmente l'apertura del Corpo Legislativo pel 15 febbrajo. Temo che l'Imperatore nel suo discorso dica w1a frase troppo accentuata nel senso pontificio, e temo pure che Drouyn de Lhuys pubblichi tutte le note di cui Le fu data lettura, sull'interpretazione della convenzione, inchiusa quella scritta in risposta al di Lei dis-paccio ;pubblicato nel nostro giornale ufficiale, della quale ella con ragione si ·rifiutò a dar comunicazione alla Camera. Il Governo francese con queste apparenti concessioni crede di poter calmare il partito clericale, il quale è veramente esacerbatissimo e violento. Ma s'inganna. Non gliene saranno Diconoscenti. Il vero pericolo consiste nella :possibilità di una guarentigia dalle potenze ,cattoliche data al Papa. Finora il Governo francese respinge quest'idea. Ma finchè Drouyn de Lhuys è al 'POtere non sono tranquillo, e credo di doverle far parte di questa mia inquietudine.

Le mandai per la posta la brochure di Monsignor Dupanloup e gliene scrissi d'ufficio. La parte che concerne l'Italia, violenta, inesatta, manifestamente ingiusta, è giudicata da tutti come molto debole, e molto infelice. È il linguaggio d'un Proudhon in sottana. Ma la parte che concel'ne l'enciclica è più abile. Ad

ogni modo è agevole il vedere da questa brochure, la quale risparmia molto l'Imperatore e Drouyn de Lhuys, come il partito cattolico non disperi ancora di vincere la partita nell'animo dell'Imperatore e del suo Governo.

Non ho pel momento, mi pare, altre cose da dirLe. Perciò pongo fine alla lettera.

P. S. -Vedo che qualche giornale ha pubblicato una mia barcarola fatta a Fontainebleau per l'Imperatrice che me ne aveva fatto domanda quando fece venire una gondola da Venezia. E' bene che Ella sappia che è questa una cosa vecchia di due anni fa; e che fin da due anni questi versi avevano fatto il giro dei saloni di Parigi.

(1) Il contenuto di questo rapporto fu comunicato da La Marmora a Launay e Barral con D. l dell'l febbraio .

552

PROMEMORIA DEL CONTE CSAKY

Torino, 27 gennaio 1865.

Le but poursuivi par le Comité National de Hongrie d'accord avec le Gouvernement Italien et secouru par .ce dernier, a été, et reste toujours:

l" d'empecher une réconciliation de la Hongrie avec l'Autriche; 2" de faire éclater en Hongrie dans un moment favorable un soulèvement assez sérieux pour donner une occasion à l'Italie d'entrer en guerre avec l'Autriche, et assez fort pour devenir un auxiliaire formidable contre les forces de l'Autriche.

Le soussigné s'abstient de récapituler tous les efforts qui ont été faits dans ce but jusqu'à ce jour, et qui certes ont portés leurs fruits, et se borne simplement à indiquer les mesures que le Comité National de Hongrie regarde comme mdispensables dans ce moment.

Les mesures à prendre se peuvent partager e n trois phases: l" Le Comité National de Hongrie demande du Gouvernement Italien une subvention de 200.000 fr. dont la moitié immédiatement le reste en deux parties égales le ler mars, et le 1er avril 1865. Le Comité s'engage à provoquer des démonstrations en Croatie contre le

• Reichsrath • donc hostiles à l'Autriche, d'assurer au parti d'action en Hongrie la majorité aux prochaines éléctions comme à la Diète de 1861 et enfin d'entret('rnir et d'affermir les relations dans les régiments de la frontière militaire, travail par sa nature secret, et de la plus haute importance.

2" Aussitòt après la réunion de la Diète Hongroise, et après avoir prouvé

par un vote quelconque p.e. l'élection des présidents, la majorité dont il dispose,

le Comité National de Hongrie demandera au Gouvernement Italien de se pro

noncer si:

a) l'insurrection de la Hongrie devrait éclater immédiatement, ou

b) si elle devrait etre remise au primtemps 1866.

Dans le premier cas, le conditions arretées antérieurement avec le mmis

tère Minghetti, plus un million de francs pour les régiments de la frontière militaire devraient etre exécutées immédiatement.

Dans le .second cas le Comité National traìnerait la Diète sans s'entendre avec l'Autriche jusqu'à l'époque fixée pour l'insurrection et le Gouvernement Italien remettrait ila somme 750.000 fr. au Comité pour soutenir l'organisation et les préparatifs nécessaires en Hongrie, Transylvanie, Croatie, Esclavonie, Dalmatie et les frontières militaires, tandi:s que les autres conditions susmentionnées plus le million pour les régiments de la frontière militaire ne devraient etre exécutées que succelssivement, jusqu'au terme fixé rpour l'insurrection; ces conditions en question qui, camme cela était dit -ont été arretées déjà antérieurement avec le ministère Minghetti, sont les suivantes:

l" annement a) Achat de 6000 fusils en Angleterre et transport de ces fusils dans les

Principautés Danubiennes. b) 4.000 fusils aux embouchures du Danube. c) Achat de 10.000 fusils du prince Michel de Serbie et remise de ces fusils au Comité.

d) Intervention auprès du prince Couza pour obtenir de lui des armes.

2" fonds

3.000.000 fr. pour le Comité Hongrois.

3" Garanties

a) Tout en restant juge de l'opportunité de déclarer la guerre à l'Autriche, le Gouvernement Italien, la guerre une fois éclatée reconnaitra l'indépendance de la Hongrie et le Gouvernement provisoire.

b) Le Gouvernement Italien opérera un débarquement sur les còtes de la Dalmatie. c) Le Gouvernement Italien garantira au gouvernement provisoire un emprunt de 50 millions de florins.

Le Gouvernement Autrichien camme le prouve le programme publié récemment dans le journal Augsburger AUgemeine Zeitung est résolu de faire des concessions très larges, très sérieuses à la Hongrie, le Comité ne pourrait

donc consei1ler au pays de refuser toute entente, tout approchement, s'il n'est pas assuré d'etre soutenu :par le Gouvernement Italien, et sans entrevoir la possibilité de reconquérir l':indépendance absolue par une action commune avec l'Italie. Le Comité croit donc n'avoir demandé que le minimum des garanties nécessaires.

Le Gouvernement Italien par contre trouve dans ces propositions toutes les garanties possibles. Les relations qui existaient jusqu'à ce jour, entre le Gouvernement Itahen et le Comité sont un gage que les sacrifices qu'on fera porteront largement leurs fruits, tout camme ceux faits en pareille occasion en 1861. D'ailleurs Je Gouvernement Italien ne s'engage pas d'avance, il marche de pas à pas, la première phase couronnée de succès, le Comité remp1issant ses engagements, le Gouvernement passe à la seconde et puis de mème à la troisème phase, il garde toute sa Hberté d'agir ne s'engageant que successivement et après des succès, des preuves éclatantes.

Le seul sacrìfice à faire d'avance consisterait donc dans la subvention de

200.000 fr. Le Comité est persuadé que le résultat d'une majorité du parti d'action à la Diète hongroise, est d'une telle importance pour l'ItaHe, qu'il lui semble .presque impOISSible que le Gouvernement Italien s'il doutait meme des promesses du Comité, pourrait hésiter de risquer 200.000 fr. pour un résultat aussi important et avantageux.

La situation est grave et des ,plus pressantes, les décrets préparatoires pour !es Dìètes de Croatìe et Hongrie ont paru --si on veut réussir il faut agir sans retard, nous traversons une de ces crises décisives, dans lesquelles ce qu'on négligerait de faire aujourd'hui, ne J)€Ut etre racheté par aucun sacrifice plus tard.

553

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO DESTINATO A BERLINO, DE BARRAL

ISTRUZIONI CONFIDENZIALI. Torino, 28 gennaio 1865.

Au moment où vous allez présenter à S.M. le Roi de Prusse les lettres Royales qui vous accréditent comme Ministre plénipotentiaire d'Italie auprès de son Gouvernement, je ,crois devoir vous adresser confidentiellement quelques indications sommaires sur le sens dans lequel vous aurez à interpréter à Berlin les sentiments et les vues du Gouvernement du Roi. Je n'ai pas à vous donner des ìnstructions proprement dites sur l'ensemble des intérets qu'a l'Italie en Allemagne; la connaissance approfondie que vous avez acquise à Francfort de nos relations politiques avec la Confédération, et le zèle éclairé que vous y avez déployé pour le service de S.M. me donnent l'assurance que vous saurez, dans votre nouvelle !fésidence, remplir à tl'entière satisfaction du Gouvemement du Roi la mission qui vient s'ajouter à celle dont vous étiez déjà chargé. Je désire seulement vous mettre à meme de tenir au Ministre des Affaires Etrangères de Prusse dans la mesure que comporteront les circonstances, un langage clair et frane, qui ne laisse aucun doute sur nos dispositions envers la Prusse et sur notre manière de voir dans la situation actuelle de l'Europe.

Vous savez, M. le Ministre, que le Gouvernement du Roi a toujours considéré sa politique comme étant naturellement d'accord avec les intérets essentiels et la .politique historique de la Prusse, et qu'il n'a jamais manqué de se comporter en conséquence. Le Gouvernement prussien peut d'autant moins douter de la sincérité et de la constance de ces tendances amicales, que le Gouvernement du Roi les a montrées à travers des épreuves bien diver:ses, et que rien ne les a démenties pendant tout le cours des événements qui se sont succédés en Italie, depuis 1848.

C'est là une des traditions les plus invariables de la Monarchie de Savoie,

et il n'est pas besoin de rappeler que la reconstitution de l'Italie, ce couron

nement d'une oeuvre séculaire, n'a rompu aucun des liens que nos Princes et

leurs peuples ont contracté jadis avec leurs amis naturels. C'est par là que se

manifeste surtout le caractère providentiel d'une transformation qui ne peut

t~ujourd'hui .paraitre révolutionnaire qu'à des esprits superficiels; car elle est en réalité .par ses effeh à nntérieur et à l'étranger, l'un des actes les plus profondément conservateurs que notre siècle aura vu s'accomplir. Par l'organisation de l'Italie en un seul Etat, le pays qui était auparavant pour ii.'Europe le foyer de révolutions le plus 'inquiétant, offre le spectacle de l'ordre, de la légalité, d'un complet triomphe enfin du prindpe monarchique; et quant à l'équil:ibre européen, gràce à la fixité des frontières naturelles de l'Italie et aux destinées commerciales et maritimes qui l'appellent, ce Royaume doit devenir, à l'avantage surtout de l'Allemagne, un renfort pour les Etats les plus intéressés à la paix de l'Europe, et l'un des plus solides éléments de la stabilité des bons rapports entre les Puissances.

Ces résultats, sur la valeur desquels on ne se rend pas enco~e compte partout en Allemagne, ne peuvent ,cependant étre méconnus par le Cabinet de Berlin. Lorsque les événements de 1860 vinrent en hater la réalisation, le Gouvernement Prussien, en reconnaissant que le principe des nationalités était la base de sa politique, fit des réserves contre les systèmes révolutionnaires. La Prusse a rpu voir par les faits postérieurs que sur J.'un et l'autre point nous pensions comme elle et que J.'avènement de la nationa1ité italienne marque la fin des révolutions d'Italie. Le Gouvernement du Roi, en prenant possession ùes territoires italiens restés sans gouvernement par suite de la chute de leurs Princes, a pu empecher la révolution de prendre J.e dessus, sans enfreindre en aucune façon ses engagements internationaux, car vous savez, M. le Ministre, qu'il n'avait aucunement enchainé sa liberté d'action dans les négociations de Villafranca et de Zurich relativement aux autres Etats italiens. Depuis lors nous avons montré que si notre politique a été à la hauteur d€s circonstances très graves amenées par l'agression autrichienne de 1859, nous n'entendions pas nous départir de la modération que nos amis avaient le droit de nous demander. Lorsque la Prusse a reconnu le nouveau Royaume, elle exprima le désir d'étre rassurée ·sur les deux questions qui irnposaient à notre politique: celles de Rome et de Venise. Nous avons répondu par 'les déclarations les plus nettes et par les faits J.es rplus concluants. La Convention du 15 Septembre est la consécration de la politique à laquelle nous avons toujours déclaré à la Prusse vouloir nous en tenir à l'égard de Rome. Quant à la question Vénitienne, l'Autriche elle

mème a dù reconnaitre avec quelle vigueur ont été prévenus 1sur notre terri

toire les tentatives des partis extrèmes pour rprovoquer des hostilités. Il serait

donc impossible à quiconque de 'contester la correction parfaite et l'entière ré

gularité de notre politique dans nos rapports extérieurs. Le Gouvernement du

Roi a mème fait plUis; quoique l'attitude de la plupart des Etats du Sud de

l'Allemagne ne nous laissàt pas l'illusion qu'ils pussent etre ,ramenés à des idées

plus justes sur notre compte, nous avons déclaré que, dans le cas où l'Autrkhe

se prèterait à une transaction pacifique, nous ne comprendrions pas dans la

question vénitienne 'le littora,l adriatique fai,sant partie de la Confédération. En

méme temps nous avons voulu que l'opinion publique fut assurée qu'au moins

dc notre part une solution ,pacifique est possible, et qu'en Italie l'on se confiàt

plutòt en ,J'espoir d'une telle éventualité, que de se C'roire toujours à la veille

d'hostilités nouvelles.

Ayant ainsi rempli jusqu'au scrupule ses devoirs envers l'Europe, le Gouvernement du Roi a le droit de s'attendre de la part des puissances amies, et je veux mettre parmi elles la Prusse au premier rang, à une juste réciprocité de sentiments bienveillants et d'appréciations équitables. Il est vrai, M. le Ministre, que l'oeuvre que pour:suit inévitablement la Prusse en Allemagne, analogue au fond à celle que la destinée a assignée à la Monarchie Sarde en Italie, s'en écarte en ce moment par la différence des situations et par celle des idées mises en avant par l'un et l'autre Gouvernement. La politique de tendance qui a prévalu chez les Cabinets du Nord à la suite des malheureux événements de Pologne, le trouble jeté par ces mèmes événements dans les relations entre les· puissances les mieux faites pour s'entendre, ont conduit la Prusse à fonder sa politique dans l'affaire des Duchés non pas sur les principes de la nationalité et du voeu populaire, qui semblaient ètre les véritables éléments de la question, mais sur le droit de conquète et sur la nécessité de .prévenir le développement des idées démocratiques. D'un autre còté, si l'aristocratie prussienne, ainsi que la nòtre, a présidé sous la direction d'un Chef habile à la politique nationale, elle n'a pas, comme il est arrivé en Italie, donné encore la main aux classes moyennes, et n'a pas voulu se servir jusqu'ici des forces du parti libéral, qui pouvait ètre amené à la seconder puissamment. Il en est résulté une situation qui est singulièrement mise en lumière par le discours récent de S. M. Guillaume I au Parlement et par les révélations publiées à Vienne qui prouvent que les tendances de la Prusse n'ont pas encore obtenu l'assentiment de l'Autriche. L'on voit ressortir clairement des circonstances actuelles les velléités d'annexion qui ont été le mobile réel de la politique prussienne dans les affaires du Sleswig-Holstein, et les influences qui ont empèché le Ministre dirigeant de Prusse de marcher à son but avec logique et résolution, en s'appuyant sur la volonté des populations, dont le concours ne saurait certes ternir la gioire des conquétes prussiennes ni rien òter aux prérogatives royales; l'on voit en un mot comment la Prusse a été conduite à chercher à obtenir indirectement de la Cour de Vienne des avantages qui eussent pu étre le résultat nature! d'une politique ouverte et décidée. Cette direction une fois adoptée par la Prusse, il était inévitable qu'elle sacrifiàt quelque chose de ses bons rapports avec nous au besoin de se ménager la complaisance de l'Autriche. C'est ce qui est arrivé dans les affaires d'Orient et dans la question commerciale italo-allemande, comme je vous l'exposerai plus loin. L'Autriche, de son còté, entrainée par le désir d'une garantie de ses possessions extra fédérales, est allée si loin, de concessions en concessions envers la Prusse, que fon a pu suppooer qu'elle avait dels raisons de compter sur l'appui de celle-ci dans des éventualités qui ne pourraient ètre envisagées avec indifférence par l'Europe.

Cet état de choses, M. le Ministre, réclame de la part du représentant de l'Italie à Berlin une attitude pleine de réserve en mème temps que de franchise. Elle appelle surtout la vigilance et l'attention les plus soutenues. Nous aurions lieu peut-ètre de nous plaindre au Cabinet prussien de ce qu'il semble ne désirer notre amitié qu'à défaut de celle de l'Autriche; nous préférons cependant lui exprimer les yoeux sincères que nous formons pour qu'il retrouve bientòt une liberté d'action égale à celle que le Piémont mème a toujours su

garder dans ses bons rapports avec la Prusse, et pour que S.E. M. de Bismarck se sente bientòt délivré des entraves qu'embarrassent, dans la pratique, les bonnes d~spositions qu'il a bien voulu ne pas cesser de nous témoigner. C'est dans ce sens que vous voudrez bien vous exprimer avec S.E. M. de Bismarck, en l'assurant que d'ici là nous apporterons dans nos relations avec lui toute la discrétion que sa situation comporte. Je n'ai pas besoin d'ajouter que vous devrez observer sans cesse, et me rapporter avec votre exactitude accoutumée tous les incidents de quelque valeur relatifs aux affaires allemandes. C'est à Berlin que seront le plus saisissables les symptòmes qui pourront annoncer un rapprochement entre les Puissances dont l'accord a été déconcel'té, à notre grand regret, par les négociations diplomatiques engagées en 1863, sur les instigations de l'Autriche, entre la France et la Russie. C'est là, par suite de l'initiative prise ensuite par M. de Bismarck, qu'est actuellent le noeud des affaires européennes. L'impuissance, la faiblesse morale et matérielle dont ont fait preuve la plus grande partie des petits Etats allemands, parmi lesquels Baden à peu près seui joint à un 1sage libéralisme des sentiments amicaux pour la Prusse; le désarroi et l'absence de tout système qui règnent depuis 1859 dans la politique de Vienne, où la Cour seule semble avoir une idée fixe, celle de prendre aussitòt que possible sa revanche contre l'ltalie, la réserve que gardent l'Angleterre et la France, la résolution enfin nettement manifestée par nous de ne point provoquer pour notre part une conflagration, tout concourt à faire du

Cabinet Prussien l'arbitre des destinées de l'Allemagne, et à donner une extreme importance aux déterminations qu'il sera dans le -cas de prendre.

Nous ne nous dissimulons pas, M. le Ministre, que l'instant actuel, où le premier Ministre de Prusse vante à la Tribune de Berlin l'alliance autrichienne, n'est guère favorable pour émettre la prévision d'un changement prochain dans ses dispositions à notre égard. Cependant nous ne sommes pas assez convaincus que cette attitude doive se prolonger indéfiniment, pour changer à notre tour celle que nous avons constamment gardée envers la Prusse. Nous continuerons

·donc à ~ui J.aisser toutes les portes ouvertes et toutes les voies aplanies pour un rapprochement. Nous ne nous inquiétons pas outre mesure, je dois l'avouer, .des divisions apparentes, fondées sur des théories et des systèmes de politique abstraite, qui ont paru s'élever récemment entre les Puissances du Nord et celles du Sud de l'Europe. De meme que nous avons la conscience de ne pas etre révolutionnaires, nous croyons aussi fermement à la mission de civilisation et de progrès qui incombe à la Russie envers les races slaves et à la Prusse envers la race germanique. Le fantòme de Sainte Alliance qui a servi de theme aux déclamateurs dans ·ces del.'niers temps, expression de la situation fausse créée par les affaires de Pologne, doit disparaitre, nous en sommes convaincus, avec les dernières traces de ce déplorable incident. La conduite très différente tenue par l'!talie et par l'Autriche en 1863, ne peut avoir été oubliée à Berlin: autant la nòtre a été amicale et pacificatrice, autant celle de l'Autriche a été provoquante contre la Russie et contre la Prusse, soit dans le ròle que cette puissance joua dans les négociations, soit par sa connivence ouverte avec l'insurrection. Il ne peut y avoir à nos yeux qu'un seui fait sérieux et durable dans cette entente des trois Cours du Nord dont l'Autriche se couvre et dont elle

voudrait faire croire qu'elle est le lien: ce fait, que nous avons toujours considéré comme offrant par lui-meme un point de départ pour des combinaisons favorables à l'Italie, c'est l'union de la Prusse et de la Russie. La part que l'Autriche s'est fai:t accorder dans leur alliance ne saurait, nous en avons la conviction, etre que précaire; car ni la Prusse ni la Russie ne peuvent voir dans l'Autriche qu'une rivale naturelle; et si des transactions éphémères sont possibles entre des intérets opposés, il n'est d'accords solides et sincères qu'entre des intérets semblables. Après que l'Autriche eut contribué plus que personne à donner des proportions graves aux complications de Pologne, la Russie a pu profiter de l'impossibilité où l'on s'est trouvé à Vienne de s'entendre avec les puissances occidentales, et agréer le revirement forcé de ce Cabinet; après le Congrès de Francfort, où l'Autriche avait tenté de déposséder à so n profit la Prusse de la situation que celle-ci doit avoir en Allemagne, le Cabinet de Berlin a pu croire qu'il était d'une bonne politique pour lui de conduire bon gré mal gré cette puissance à sa remorque dans l'affaire des Duchés. Mais la versatilité inquiète avec laquelle l'Autriche s'est tournée successivement, depuis 1859, vers chacune des grandes puissances pour lui offrir son alliance, leur a donné la mesure du fond que l'on peut faire sur elle. Au prix de la garantie de Vénétie, si elle fut parvenue à l'obtenir de la France et de l'Angleterre, l'Autriche s'est montrée prete à prendre à propos de la Pologne une attitude d'hostilité ouverte contre la Russie et contre la Prusse; elle ambitionnait la meme garantie lors du Congrès de Francfort, et si cette tentative n'eut avorté, elle préludait à ~'abaissement de la Prusse en associant les Etats secondaires à sa politique extrafédérale. Aujourd'hui c'est de la Prusse qu'elle espère cette mème concession; l'obtiendra-t-elle d'une manière effective? trouvera-t-elle dans la Monarchie de Frédéric le Grand l'alliée qu'elle a un besoin si impérieux d'associer à ses destinées chancelantes? Je veux croire qu'il n'en sera pas ainsi. L'habilité meme du Ministre dirigeant de Prusse nous en est garante, et les protestations explicites qu'il adressait à cet égard à votre prédécesseur à Berlin sont entièrement conformes aux intérèts fondamentaux de la Prusse. Celle-ci a mieux à faire que de prendre à son compte la cause de l'Autriche en Vénétie, car cette cause est condamnée moralement par l'Europe civilisée, et le Cabinet de Berlin ne peut

souhaiter de voir se produire les complications européennes qui surgiraient .inévitablemcnt si elle se rendait solidaire des intérets non allemands de l'Autriche. La question Vénitienne peut devenir un danger pou:r la Pç,:usse si celle-ci se lie aux intérets autrichiens. Il ne tient d'autre part qu'au Cabinet de Berlin que cette questlon devie.one au contrairc un moyen de succès pour sa politique allemande. La nation italienne n'a en effet que des sympathies pour la nation germanique, et ccs sympathies ne seraient pas stérHes si la Prusse les invoquait contre un ennemi commun.

Le jour peut-etre n'est pas éloigné où la question Allemande proprement dite se posera entre l'Autrlche et la Prusse; et c'est alors que selon toute probabilité l'Autriche perdra la position que lui a value le besoin qu'on a cru avoir d'elle dans les affaires de Pologne et des Duchés. La Prusse a souvent hésité devant l'accomplissement de sa mission allemande; mais lorsque Frédéric II, Frédéric Guillaume III, Frédéric Guillaume IV refusèrent tour à tour la Couronne Impériale, ce fut parce qu'ils crurent plus habile et plus sùr de former autour d'eu~ des ligues de Princes Allemand3. L'imperfection de l'organisation politique de l'Allemagne devenant de plus en plus sensible, ces ligues eurent une durée de moins en moins longue, et la dernière, celle de 1849, ne dura pas une année. L'état actuel de l'Allemagne ne permet pas de douter que si une ligue de ce genre pouvait désormais se réformer sérieusement, ce ne fùt sous l'influence de l'Autriche. Celle-ci profite autant qui lui est possible du prestige du ròle libéral et protecteur que la Prusse lui a laissé prendre auprès des petits Etats, et si cette situation se prolongeait, le Cabinet de Vienne pourrait avoir plus de chance de relever la grandeur autrichienne sur le Mein que sur le Po ou sur le Danube, quel que soit le désir de la Prusse d'éloigner le moment où il lui faudra choisir entre une rupture et l'acceptation des conditions autrichiennes, quelle que soit la lenteur proverbiale avec laquelle les situations politiques se déroulent en Allemagne, les circonstances paraissent décisives: ìl s'agit de savoir si le Cabinet de Berlin réussira à prendre sa revanche d'Olmutz, ou si, malgré les succès de la Prusse dans l'affaire du Sleswig-Holstein et malgré la reconstitution du Zollverein, l'Autriche pourra humilier en Allemagne l'influence de la Prusse et l'assujettir à la politique incertaine et hasardée à laquelle le Cabinet de Vienne est réduit par les dangers qui le menacent.

Vous donnerez, M. le Ministre, au Cabinet de Berlin l'assurance que nous ne fournirons pas au Gouvernement autrichien l'occasion qu'ìl épie visiblement de tirer parti de ce qu'il y a d'avantageux dans sa situation présente pour un conflit avec l'Italie. La Prusse, en ce qui ne dépendra que de nous, aura le temps nécessaire pour recouvrer toute sa liberté d'action à l'égard de l'Autriche. Le Gouvemement du Roi s'occupe de la réorganisation du Royaume, du rétablissement des finances publiques, et .confirme plus que jamais son désir de voir la question Vénitienne recevoir une solution pacifique et honorable pour l'Autriche comme pour nous.

Je n'ignore pas qu'à Vienne l'on regarde la Convention du 15 Septembre comme marquant elle-meme la date d'une guerre en Italie. Je ne saurais mieux définir notre politique qu'en vous disant que nos vues sont diamétralement contraires: la situation créée par la Convention du 15 Septembre nous porte à souhaiter le maintien d'une paix réparatrice, en meme temps que la confirmation donnée à notre politique par la Convention mème nous est un gage qu'une solution satisfaisante aura lieu tòt ou tard quant aux difficultés qu'il nous reste à régler.

Comme je l'ai dit plus haut, les deux ordres d'intévets où se traduit la déférence actuelle de la Prusse envers l'Autriche concernent nos relations commerciales avec l'Allemagne et les affaires d'Orient. Il est bon que vous ayez, M. le Mbistre, des éclaircissements sur ces deux objets. * Comme vous les savez les rapports commerciaux entre l'Italie et la Prusse sont réglés par le Traité de commerce et de navigation conclu entre la Sardaigne et le Zollverein le 23 Juin 1845, modifié par les Conventions additionnelles du 20 Mai 1851, et du 28 Octobre 1859.

La Prusse est par conséquent l'un des rares Etats européens qui ne jouissent pas encore sur le marché italien des réductions de tarif sanctionnées par nos Traités les plus récents, et qui ne nous ont pas accordé réciproquement leur traitement de faveur.

Au mois de Mai dernier, lorsque les négociations pour la reconstitution du Zollverein n'avaient pas encore abouti au résultat que se proposait la polltique commerciale du Cabinet de Berlln, M. de Bismarck exprima confidentiellement à M. le Comte de Launay le désir du Gouvernement Prussien de stipuler avec le Gouvernement Italien des accords commerciaux analogues à ceux qui venaient d'étre conclus entre la Prusse et la Belgique.

Le GouverEement du Roi ne crut pas devoir récuser les ouvertures dont le Cabinet Prussien prenait l'initiative, ne voulant pas mettre d'obstacle pour sa part à l'adoption par la Prusse d'une politique commerciale plus indépendante vis-à-vis de l'Autriche, et plus conforme aux véritables intérets économiques de l'Allemagne.

A la suite des pourparlers qui eurent lieu entre le Ministre du Roi et le

Chef de la Division Commerciale au Ministère des Affaires Etrangères de Prus

se, il fut convenu que les accords à intervenir auraient la forme d'un protocole

pour les stipulations relatives au commerce et à la navigation, et d'une Conven

tion pour les arrangements ayant trait à la propriété littéraire et artistique. Le

Protocole dut contenir, outre l'engagement de négocier au plus tòt un Traité for

me!, toutes les stipulation:s commerciales et maritimes à l'égard desquelles la

Prusse pouvait se passer de l'assentiment des autres Etats du Zollverein, et qui

pouvaient entrer en exécution sans retard et antérieurement à l'échéance du

pacte sur lequel l'union douanière allemande était fondée * (1).

Le Gouvernement du Roi, voulant témoigner de son bon vouloir à l'égard

du Cabinet de Berlin, et mettant en première ligne la signification politique de

l'acte que la Prusse nous proposait, ne s'arréta point à certaines difficultés de

rédaction, il fit méme bon marché de quelques objections, dont quelques unes

ne manquent cependant pas d'une certaine gravité; il était par exemple évident

que la réciprocité du traitement le plus favorable, sanctionnée dans le Protocole,

devait etre en réalité très incomplète jusqu'à ce que la mise à exécution des

Traités prussiens avec la France et avec, la Belgique eut établi en Prusse un

véritable régime de faveur, et cette considération ne pouvait etre négligée par

le Gouvernement du Roi.

* Le Comte de Launay fut autorisé cependant à signer le Protocole et la Convention; mais ses instructions en date du 12 Aoùt 1864. dont vous pourrez prendre connaissance, portaient qu'il devait laisser jusqu'au bout l'initiative des négociations au Gouvernement Prussien, afin qu'il fut bien établi, quoi qu'il arrivàt, que le Gouvernement du Roi n'avait fait qu'accéder, par une condescendanee amicale, et dans l'intérét de la Prusse bien plus que dans le nòtre, au désir manifesté par le Ministre dirigeant de S. M. Prussienne.

L'absence de M. De Bismarck et en suite le congé du Ministre du Roi marquèrent un temps d'arret dans les négociations. Lorsque le Comte de Launay se rendit à son poste au mois de Novembre dernier, le nouveau Cabinet que j'ai l'honneur de présider, maintint les instruc

tions émanées à cet égard du Ministère précédent, c'est-à-dire que l'autorisation fut continuée au Ministre du Roi à Berlin de signer le Protocole et la Convention, à la condition toutefois que le Gouvernement Prussien reprit, ce qui était devenu moins probable, l'initiative de la conclusion de ces actes.

Des événements graves s'étaient accomplis en effet sur ces entrefaites. La question des Duchés avait lié plus étroitement que jamais la politique de la Prusse à celle de Vienne; le Zollverein venait d'ètre reconstitué. Le Ministre du Roi eut lieu de remarquer que la Prusse ne se sentait plus assez libre de ses actes vis à vis de l'Autriche pour maintenir ses propositions antérieures.

En présence de ce revirement, que le Gouvernement du Roi n'avait pu s'empècher d'admettre dès le principe comme possible, nous n'avons cru devoirmodifier en rien l'attitude que nous avions gardée pendant le cours des négociations *. La ligne de conduite tracée au Ministre du Roi dans ces circonstances nouvelles résulte clairement de ~a dépèche commerdale confidentielle adressée par moi au Comte de Launay le 3 Janvier 1865. Nous nous sommes abstenus mème de toute démarche indirecte, bien que M. de Bismarck ayant dans le temps fait part confidentiellement à l'Ambassadeur de France de l'ouverture des négociations, nous eussions pu amener des expUcations à ce sujet entre les Cabinets de Paris et de Berlin *. Nous nous sommes bornés à prendre acte de la rupture des négociations par le fait de la Prusse, en ayant soin de marquer une dernière foh l'attitude que le Comte de Launay, interprète éclairé et fidèle des vues du Gouvernement du Roi, n'avait (pas cessé de garder dans cette question. Après la présentation de ses lettres de recréance, votre prédécesseur a demandé la restitution des pleins pouvoirs, qu'il avait exhibés lors qu'aucune difficulté ne paraissait s'opposer à la signature des accords. En conservant à M. de Launay ses pleins pouvoirs jusqu'au bout de sa mission, le Gouvernement du Roi a voulu montrer qu'il n'a pas tenu à lui que les négociations n'aboutissent à un bon résultat.

Les rapports commerciaux entre l'Italie et la Prusse, continuent donc à ètre réglés par les accords surannés de 1845, légèrement modifiés par les Conventions addittionnelles de 1851 et 1859. La mise à exécution des Traités prussiens avec la France et la Belgique ouvrira le 1•r Juillet prochain le marché allemand dans des conditions de faveur aux produits de ces deux pays ainsi qu'à ceux de tous les Etats qui accorderont ou s'engageront à accorder à l'Union douanière le traitement de la nation la plus favorisée. Nous nous trouverons exclus de ce bénéfice: mais le commerce allemand, vous le savez, est beaucoup plis intéressé Que le nòtre à ce que des accords libéraux président aux échanges entre les deux pays. Les délibérations prises par les Chambres de commerce du Palatinat et du Wurtemberg, ainsi que les rapports de1s Consuls Prussiens en Italie, ne laissent aucun doute à cet égard *.

En présence de cet état de choses, quelle est notre situation, et quelle est

celle de la Prusse? Celle-ci, en refusant de signer le Protocole déjà accepté par

nous, lorsqu'elle pouvait le faire sans l'assentiment de ses Etats confédérés de

l'Union douanière a sacrifié à sa politique du moment l'occasion de rendre un

grand service aux iintérèts économiques de l'AJ}lemagne. L'union douanière, sur

ces entrafaites, s'étant rétablie, la Prusse ne peut plus agir pour des accords avec nous qu'avec l'assentiment préalable de tous les membres du Zollverein; la pluspart de ceux-ci obstinés dans leurs aveugles préventions contre l'Italie, et dans leur soumission à l'Autriche, refuseraient probablement de sacrifier ces tristes sentiments à l'intéret des populations allemandes, si la Prusse leur proposait de traiter avec l'Italie et par conséquent de la reconnaitre. Il est vra.i que le nouveau tarif franco-prussien sera appliqué à toute puissance qui accordera au Zollverein le traitement de la nation la plus favorisée; le Gouvernement du Roi se réserve de délibérer en son temps s'il lui conviendrait d'établir un modus vivendi avec le Zollverein, sans traité exprès et sans reconnaissance formelle de la part des petits Etats allemands. C'est un point sur lequel l'état des affaires générales et les rapports que vous adresserez au Ministère auront naturellemcnt, M. le Ministre, une grande influence.

Mais actuellement, la question d'un changement de rapports commerciaux entre l'Allemagne et l'Italie doit ètre regardée par vous comme n'étant pas meme posée. Non seulement nous entendons ne prendre aucune initiative pour des négociations commerciales, mais * si le Ministre Prussien vient à vous faire des ouvertures à cet égard, vous voudrez bien les recevoir comme un ordre de négociations entièrement nouveau, ne les point rattacher au projet précédent, et vous borner à demander tous les éclaircissements propres à fixer l'opinion du Gouvernement sur la suite qu'il serait le cas de donner aux propositions qui nous seraient faites *.

Je mentionne en passant une Convention postale en cours de négociation. qui n'a pu etre conclue par M. le Comte de Launay avant le terme de sa mission. Les difficultés qui restaient seules au sujet du prix de transit, et du transit en plis clos paraissent cependant etre éliminées par suite de la mission du Conseiller Meitzner à ParLs, et nous attendons que le Gouvernement Prussien ayant obtenu l'assentiment de l'Autriche et de la Saxe nous signifie son adhésion au projet final de Convention rédigé par notre Direction générale des postes et que j'ai expédié depuis quelques temps à la Légation.

Quant aux affaires d'Orient, la politique que le Gouvernement du Roi se propose de suivre est facile à définir. Résolus à ne [prendre aucune initiative ni directe ni indirecte dans les questions Orientales, il nous suffit de maintenir intacts en toutes circonstances et d'exercer au bénéfice des populations chrétienues nos droits Qui sont égaux à ceux des puissances garantes de l'Empire Ottoman. En se maintenant dans ces termes, l'Italie avait le droit de compter que l'exercice des droits en Question ne rencontrerait pas d'obstacle. Il est cependant arrivé que la situation où la Prusi:;e s'est trouvée ces te:nps derniers vis-à-vis de l'Autriche, a été exploitée habilement par celle-ci, la seule des Puissances garantes qui ne nous ait pas reconnus et qui nous soit hostile. L'Autriche a réussi à obtenir de la Russie et de la Prusse, contre nos droits bien établLs, des concessions qui ne sont pas un des signes les moins caractéristiques de l'état anormal des relations actuelles entre les puissances. Quelques détails sur les questions spéciales qui ont été dernièrement traitées ou qui sont encore en cours de négociation à Constantinople vous éclaireront davantage à ce sujet, et doivent trouvcr piace dans ces instructions.

D'après des arrangements convenus à la suite du Congrès de Paris entre la Sublime Porte et les Puissances garantes un règlement provisoire de la navigation du Danube dut etre élaboré par ila Commission Européenne siégeant à Galatz. Le projet du 2 Décembre 1861 que celle-ci rédigea et modifia ensuite d'après les objections de la Porte, continua jusqu'à ces derniers temps à rester en suspens à cause de difficultés relatives à la juridiction à laquelle devaien1J etre soumis les Agents de la police fluviale, et à la perception des droits sur la navigation; sur l'un et l'autre point la Sublime Porte excluait l'immixtion des Puissances garantes et de la Commission européenne. La Sublime Porte cependant, par sa Note Circulaire du 21 Octobre 1863, se désista de sa première prétention, et quant à la seconde, elle proposa, par la Note du 29 Novembre 1864, un terme moyen qui fut accepté par les Puissances et qui consiste à insérer lfu Protocole de la signature de l'acte, une déclaration constatant le caractère international des emplois d'Inspecteur Général de la navigation et de Capitaine du Port de Soulina, sous la réserve, de la part de la Porte, de ses droits qu'elle pourra faire valoir à l'avenir.

Cette dernière difficulté venant d'etre éliminée, l'époque approche où l'Acte final de la Navigation du Danube sera signé. Une nouvelle difficulté se produira probablement à cette occasion. L'Acte public aura-t-il la forme d'une Convention, que le délégué de l'Italie, comme ceux des autres Puissances, devrait naturellement signer en cette qualité? Tournera-t-on au contraire les difficultés que l'Autriche oppose à la signature d'un acte où figurerait le nom du Roi d'Italie, et s'abstiendra-t-on de donner à l'Acte Public de la Navigation 'la forme solennelle d'une Convention internationale, pour lui laisser celle d'un simple Protocole, forme adoptée pour les séances ordinaires, et dans laquelle les noms des Commissaires figurent dans l'ordre alphabétique et sans mention des Puissances qu'ils représentent? L'Autriche qui nous est hostile par système, en Orient comme ,partout ailleurs, a renouvelé l'étrange prétention émise sans succès à l'occasion du Traité pour le rachàt du péage de l'Escaut, de s'abstenir si notre délégué signait comme Représentant de l'ltalie: cette fois elle a su décider la Sublime Porte, à ne pas vouloir d'une Convention internationale à l'égard d'un objet que

celle-ci entend ctmsidérer comme étant de simple administration intérieure. Dans cette occurrence, la Prusse n'a pas fait un mystère de son intention d'appuyer, le cas échéant, la prétention du Cabinet de Vienne: son Consul à Bucarest, qui en 1sa qualité de Commissaire avait rédigé un projet de Préambule où 'l'Italie était mentionnée, fut désapprouvé par so n Gouvernement. La France et l'Angleterre nous sont favorables, mais la nécessité de procéder à un règlement définitif est le fait qui domine tout. Le Commissaire du Roi a reçu pour instructions de signer l'ancien Préambule adopté pour les Protocoles ordinaires si la majorité de ses collègues ne s'oppose pas à adhérer aux voeux de la Turquie. Dans le cas où une forme plus solennellle serait adoptée, il ne pourrait signer, bien

entendu, que comme représentant de l'Italie.

Vous savez, M. le Ministre, que la condition anormale des Couvents dédiés

aux Saints Lieux dians les P11incipautés Unies a attiré depuis longtempls l'atten

tion de la Russie, puissance protectrice des chrétiens de la Roumanie avant 1856,

et celle des Puissances garantes après le Congrès de Paris. Vois savez aussi que

20 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. V

le Protocole XIII du 30 Juillet 1858, a tpd"évu et réglé le mode de solution de la question, qui aurait dù d'abord etre l'objet d'une négociation à l'amiable entreles parties intéressées, et ensuite, après le délai d'une année, confiée à des arbitres choisis par les deux parties memes, et soumise enfin, lorsque cette dernière tentative aurait échoué, à un surarbitrage convenu entre la Porte et les Puissances garantes. Quoi qu'il en soit des reproches que les Couvents grecs et le Gouvernement Roumain s'adressèrent réciproquement, au sujet de la non exécution de ces arrangements, il est de fait que l'on était arrivé au mois de Novembre 1862 sans qu'aucune transaction fùt intervenue à l'égard des biens dédies, et sans qu'il y eut lieu d'espérer qu'il en fut stipulée une dans un délai rapproché. Ce fut a'lors que le Prince Couza, de son rpropre chef frappa de séquestre les revenus des biens des Couvents, en présentant cette mesure camme un moyen de décider les moines grecs à entrer sérieusement en arrangement pour la solution d'une question dont le règlement définitif était vivement réclamé par l'opinion publique et par la Représentation nationale dans les Principautés Unies. Cette mesure, qui fut bliì.mée par une démarche unanime des Représentants des iPUÌSsan~s garantes à Constantinople et à Bucarest, ne fut pas cependant au fond l'objet d'une appréciation identique de la part de tous les Gouvernements intéressés. Tandis que la majorité de ceux-ci désapp,rouvait en meme temps la forme et la substance des déterminations du Prince Couza, le Gouvernement du Roi crut devoir dès lors faire connaitre aux Puissances que, tout en reconnaissant l'irrégularité des procédés du Prince Couza, il ne pouvait se dispenser de voir dans l'application aux Principautés des règles de législation admises pour les biens de main morte chez iles Etats les plus civilisés de l'Europe, la seule solution possible et satisfaisante de ,la question des Couvents dédiés. Làdessus le Prince Couza proposa en Aoùt 1863 une indemnité pécuniaire de 81 millions de piastres, que les IMlégués des Communautés grecques refusèrent. La Sublime Porte exprima alors l'intention de convoquer les Puissances garantes en conférence à Constantinople pour aviser d'a.près le Protocole XIII à la solution du différend. Sur ces entrefaites le Gouvernement Roumain rendait le 25 Décembre 1863 une loi par la quelle les bienls dédiés étaient sécularisés moyennant le payement effeotif d'une indemnité de 51 millions de piastres (en

tout 81 millions en y comprenant la remise d'une dette antérieure). La Sublime Porte s'empressa de déclarer qu'elle considérait cette delibération camme nulle et non avenue, et les Représentants des Puissances, à l'exception de ceux de· France et d'Italie, appuyèrent par une démarche colleotive la déclaration du Gouvernement Ottoman. Notre Représentant à Bucarest ne manqua cependant pas d'exprimer, par ordre du Gouvernement du Roi, son regret pour la méfianoe dont les procédés du Gouvernement Roumain témoignaient à l'égard des Puissances garantes.

L'invitation adressée par la Sublime Porte aux Représentants des Puissances garantes pour une Conférence sur cet objet, fut successivement acceptée par les Représentants de Russie, d'Autriche, de Prusse, d'Italie et enfin par celui de France, ce dernier Gouvernement ayant voulu s'assurer auparavant de l'adhésion de la majorité des Puissances (Angleterre, Autriche, Prusse et Italie) au. principe de la sécularisation moyennant indemnité camme base deÉ' accords à intervenir.

La Conférence, après avoir constaté l'irrégularité et la nullité des actes et

·des délibérations du Gouvernement Roumain, convint de nommer une Commis

sion pour l'examen des titres de propriété concernant les biens dédiés, et arrèta

des mesures ,conservatoires à l'égard des revenus de ces biens. Gette commission

pou11suit son examen, et ses travaux, suspendus maintenant jusqu'au mois de Mars

prochain, d'après le désir exprimé par le délégué des Couvents, n'ont pas donné

lieu jusqu'ici à des contestations graves, bien que le but et la portée pratique de

l'examen des titres ne soient pas les mèmes dans la pensée des différentes Puis

sances.

Pour compléter ces détails il faut mentionner ici une nouvelle tentative d'ar

rangement direct entre le Prince Couza et les Couvents grecs, proposée par le

premier au mois d'Aoùt dernier, sur la ba·se d'une indemnité dc 150 millions de

piastres et que les Délégués des Communautés grecques refusèrent; il faut

encore noter une proposition toute récente, dont l'initiative appartient au Gé

néral Ignatieff Envoyé de Russie à Constantinople. Elle tend à distinguer les

biens des couvents en deux catégories, dont la première comprendrait les égli

ses et autres édifices religieux, qui seraient rendus aux moines grecques, et la

seconde, les biens fondis et autres possessions étrangères aux services religieux

que seraient sécularisés moyennant une juste compensation pécuniaire. Cette

combinaison qui s'accorde avec le système de protection particulière que la Rus

sie a toujours aocordée au culte grec, a peu de chances d'ètre acceptée par les

Pui.ssances et par le Gouvernement Roumain.

Enfin, bien que la question du Liban ne paraisse pas devoir se reproduire

avant le terme de cinq années fixé par le dernier Protocole du 6 Septembre 1864,

il n'est pas hors de propos de vous exposer ici, M. le Ministre, le résumé des

phases des négociations qui s'y rattachent. Le représentant du Roi à Saint Péters

bourg n'avait pas été admis à prendre part aux Conférences auxquelles le

Gouvernement du Czar avait convié en Avril 1860 les grandes Puissances pour

aviser au sort des chrétiens de Turquie. La Sardaigne n'avait pas été non plus

représentée aux Conférences de Paris, qui réglèrent, d'accord entre la Sublime

Porte et les cinq Puissances, l'expédition de Syrie. Le Ministre du Roi à Cons

tantinople, enfin, n'avait pas eu non plus part de la communication adressée

officiellement par la Porte dans une Circulaire du 2 Juin 1860 aux Légations des

autres Puissances garantes, touchant l'enquete sur la situation des chrétiens de

l'Empire, confiée au Grand Vizir Kibrisli Pacha; on voulut, au mois de Septem

bre suivant, J'exdure encore des accords ,relat.Us à la Syrie. H rémit à S. E. Savfet

Effendi, Ministre deis Affaires étrangères, une rprotestation datée du 22 Septem

bre 1860, par laquelle les droits conférés par le Traité de Paris du 30 Mars 1856

au Gouvernement du Roi, ont été expressément rappelés et réservés.

Le Règlement du Liban convenu après l'expédition de Syrie entre les cinq Puissances et la ~orte dut etre revu en 1864:il fallut à la meme époque renouveler les pouvoirs triennaires accordés en 1861 au Gouverneur du Liban, Daoud Pacha. Le Gouvernement du Roi fit des démarches à Paris, à Londres et à Berlin pour demander l'assentiment de ces Cabinets aux réclamations qu'ils se · proposait d'adresser à la Sublime Porte pour prendre part, cette fois, aux arrangements à intervenir. Les Gouvernements d'Angleterre et de France reconnu

rent la justesse de cette demande, dont le fondement consiste dans l'égalité des droits dérivant de l'article VII du Traité de Paris pour toutes les Puissances garantes de l'intégrité et de l'indépendance de la Turquie. Ces Gouvernements et notamment celui de France affirmèrent que c'était uniquement en vertu du droit d'intervenir pour cette indépendance et cette intégrité, droit sanctionné et étendu au Gouvernement du Roi par le Traité de Paris, que les Puissances s'étaient occupées avant 1856 des affaires de Syrie. Malgré ces déclarations et malgré l'appui que nous prètèrent la France et l'Angleterre en cette circonstance, la Sublime Porte maintint obstinément son refus de nous admettre .à participer aux accords relatifs au Liban. Nous eumes mème Je regret de devoir constater que l'une des objections opposées par la Porte à notre demande était la certitude que notre admission aurait entrainé l'abstention de la Russie et peut-ètre de la Prusse. Nous avons vu sans surprise, à cause des rapports actuels de l'Autriche et de la Prusse, mais non pas sans un vif regret, notre bon droit méconnu par cette dernière Puissance. Le nouveau Protocole du Liban fut signé le 6 Septembre 1864, sans le concours du Représentant du Roi, qui dut renouveler le 24 Septembre les protestations et les réserves énoncées par le Général Durando à l'occasion de l'ancien règlement.

Tel est, M. le Ministre, l'état des questions spéciales qui nous intéressent en Orient. Je me réfère du reste à cet égard à la correspondance que le MiniJ:;tère a entretenu avec la Légation à Berlin, et aux directions plus amples que je serai dans le cas de vous adresser.

Il ne me reste, M. le Ministre, qu'à vous exprimer l'entière confiance où je suis que vous saurez. faire apprécier au Gouvernement Prussien les sentiments et les vues du Gouvernement du Roi.

(1) I brani fra asterischi sono editi in italiano in LV 8, pp. 175-178.

554

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI GAROFOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 52. Madrid, 28 gennaio 1865 (per. il 2 febbraio).

Nel mio rapporto del 12 corrente (1) riferii a V. E. che la minoria della Commissione del Senato, cioè l'Union liberale, aveva per mezzo de' suoi organi, Signori Serrano e Gonzales presentato un progetto di risposta al disco:rlso della Corona, nel quale veniva espresso il desiderio di vedere riconosciuto il Regno d'Italia. Difese, giorni sono, il progetto della minoria il Signor Serrano, ma si attenne alla questione di Santo Domingo e parlò assai dei meriti dell'Union liberale e dei demeriti del partito moderato, ma non toccò la questione estera, essendo questa riservata al Signor Antonio Gonzales, ora Marchese di Valdeterrazo, già Inviato del Gabinetto O'Donnel a Londra, uomo liberale anzi pro

gressista in tempi passati, ma corrotto come molti altri dall'amministrazione

Vicalvarista. Il Signor Marchese fece un buon discorso ieri combattendo la poli

tica estera d'isolamento che osserva la Spagna; ma il suo dire era un contras

senso, giacchè non era che la critica dell'amministrazione vicalvarista dei cin

que anni e della politica da lui stesso seguita nella sua ambasciata a Londra.

Ma lasciando da parte il merito di questo discorso, chiese al Governo il ricono

scimento del Regno d'Italia, basando la sua domanda sulla nuova posizione in

cui Italia si trova dopo il trattato del 15 Settembre.

Il Signor Benavides, Ministro di Stato, rispose immediatamente al Signor

Marchese di Valdeterrazo facendogli osservare che le difficoltà che il Governo

incontrava pel riconoscimento provenivano precisamente dalla politica seguita

dall'Union Liberale che avea creati precedenti che non si poterono distruggere

nel poco tempo che ha di Governo l'attuale Gabinetto. Quanto al trattato franco

italiano disse :

• Attendiamo che sia posto ad esecuzione, giacchè sino ad ora non havvi che un atto del Parlamento di Torino che dispone che la Capitale del Regno è Firenze; e poi non osserva il Signor Gonzales che in questo trattato figurano tre potenze e che sino ad ora non lo accettarono che due? Attendiamo che la Corte di Roma dica se accetta o no il trattato. Siamo rimasti, o Signori, sei anni seguendo una politica di attesa, perchè !asciarla oggi che vi sono ancora delle difficoltà? Per questi motivi il Governo non può rispondere categoricamente al Signor Gonzales se riconoscerà o no il Regno d'Italia, e molto meno può dirgli

quando"·

Credo abbandonare, ma nel dubbio che possa interessare a V. E., Le trasmetto qui un~to l'estratto ufficiale dei due discorsi del Signor Gonzales e del Ministro di Stato, al quale è pur forza perdonare, in causa dell'inesperienza sua nel trattare esteri negozi, l'aver egli posto in eguale posizione le relazioni che Spagna ha con Italia con quelle che mantiene col Perù; ma pure su ciò non trascurerò, se mi verrà l'occasione, di farne particolare osservazione al Signor Benavides (1).

(1) Non pubblicato.

(1) Si pubblica qui un brano del R. 5.3 da Madrid del ;; febbraio: "Nei giornuìi francesi c negl'italiani leggo oggi un dispaccio telegrafico che fa dire a questo Ministro di Grazia e Giustizia essere il Governo spagnuolo deciso a seguire l'esempio delle altre nazioni riconoscendo l'Italia come il trasferimento della capitale a Firenze le dia un assetto definitivo. Le parole pronunciate dal Signor Arrazola non avendo però suonato in siffatto modo al mio orecc!liO, non le incontrai meritevoli di essere trasmesse sollecitamente all'E.V. Ed invero assai Importante sarebbe una tale dichiarazione nella bocca del ministro che rappresenta nel Gabinetto la parte più devota alle tradizioni dinastiche e religiose, ma egli in quella vece nella seduta del 31 scorso gennajo in mezzo ad un profluvio di parole disse che non potevasiprevedere l'avvenire d'Italia perchè abbisognavano due anni al compimento del trattato franco-italiano, nel quale tempo nello stato attuale delle cose europee molti eventi dive;rsi avrebbero potuto succedere sendo Italia sottoposta agl'impulsi dell'estero. Ed in prova addusse la pace di Villafranca, da cui, a parer suo, fu Italia costituita in federazione quantunquefosse prima unitaria. Da ciò l'E.V. vedrà se non era nel vero considerando le parole del Signor Auazola prive d'importanza non modificando in alcun modo la situazione •·

555

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 89. Berlino, 31 gennaio 1865 (per. il 5 febbraio).

Le Marquis Incontri, arrivé hier au soir, m'a remis les instructions qui lui avaient été .confiées par V. E. (1). Il serait superflu de dire que je m'y conformerai scrupuleusement. Elles sont tracées de main de maitre. Je me prévaudrai de certains passages pour enguirlander le Prince Gortchakoff.

Je partirai demain soir avec le Marquis Incontri, et me rendrai directement à St Pétersbourg.

En attendant je viens d'apprendre que M. Benedetti a été chargé par son Gouvernement d'insister auprès de la Prusse pour notre admission à signer l'acte de navigation du Danube à un titre qui, parmi les Puissances, ne nous est plus contesté que par l'Autriche. L'Ambassadeur de France espère que M. de Bismarck moins engagé vis-à-vis de M. de Mensdorff qu'il ne l'était avec le Comte de Rechberg, montrera aujourd'hui moins de scrupule à pat;;ser outre dans un sens conforme à nos légitimes exigences.

M. Benedetti, ayant eu sous les yeux le texte meme de la dernière dépeche autrichienne du 21 Décembre, dépeche assez impertinente envers le Cabinet de Berlin, émet l'avis qu'après un blame aussi nettement formulé contre les tendances de la Prusse à incorporer les Duchés ou à les constituer en état de vasselage, o n ne saurait admettre que l'Autriche eùt déjà entre les mains une garantie sérieuse de la Vénétie. M. de Bismarck dans sa réponse, tout en cherchant à faire ,prendre .patience à Vienne. ·continue à se retrancher derrière les Syndics de la Couronne et [es Ministères compétents chargés d'examiner les droits éventuels des différents compétiteurs au trone des Duchés.

Dès que j'aurai une occasion sùre, j'ex,pédierai de Pétensbourg au Comte de Barrai le dictionnaire des chiffres qui lui est destiné et qui restera ici en échange de l'ancien qu'il restituera au Ministère.

En remerciant V. E. de sa dernière dé!:>eche (Cabinet) du 16 Janvier... (2).

(1) -Le istruzioni a De Launay non sono conservate nella busta 19 contenente le istruzioni per le missioni in Russia. (2) -Con R.s.n. del 1° febbraio Launay informò che durante la visita di congedo il Re di Prussia gli aveva fra l'altro detto: « Je suis au courant des négociations commerciales. J"espère qu'elles seront reprises • e che egli aveva risposto: • Qu'il n'avait pas dépendude nous, qu'elles n"eussent abouti au résultat désiré; mais que j'étais heureux de voir par le langage de Sa Majesté. qu'elle attachait du prix à la conclusion d'une affaire qui se rattachait à des intéréts réels et vivement réclamés surtout par le commerce et la navigation de la Prusse •.
556

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

ANNESSO CIFRATO (1). Carlsruhe, l febbraio 1865.

Faisant isuite à l'annexe à la dépeche N. 39 (2), voici les appréciations personnelles actuelles de Van Pfordten sur l'Italie.

. • Il croit aux déclarations pacifiques et conciliantes de V. E. au Parlement, surtout à cause de l'état de nos finances et ne craint pas de notre part J'initiative de guerre Austro-italienne pour rette année et pour quelques autres.

Qu'en cas non probable d'une invasion italienne, il faudra voir l'attitude de la Prusse dans la quelstion Vénitienne pour décider solidarité de ligne de conduite de l'Allemagne, surtoU:t des Etats secondaires de frontière.

Que dès le Xème siecle les Empereurs Allemands ont constitué la frontière Italo-allemande telle qu'elle est actue1lement en parttculier élevant dès lors le Véronais en fief Impérial danr.;; les mains de Bavière, comme frontière détfensive Allemande. Il persiste à croire cette frontière nécessaire.

Qu'il considère maintenant l'Italie en voie de se consolider, surtout l'ltalie Septentrionale et Centrale, qu'il croit désormais toute restauration des Princes antérieurs impossible: quant'au Napolitain plus douteux sans pourtant méconnaitre chances favorables à l'Italie •.

Un personnage ami qui m'a procuré confidentiellement ces informations

sures, constate ce langage de Van Pfordten comme nullement empreint d'hos

tilité systématique envers l'Italie; ce qui est d'accord avec celui tenu à Roggen

bach par le Ministre Bavarois dont il est question dans l'annexe à la dépe

che N. 39.

Roggenbach m'a assuré ces jours derniers d'après informations ofiicielles

et particulières récentes. et sures que le désarmement en Autriche se fait sur

une très grande échelle, et que la Cavalerie et l'Infanterie ont déjà subi de fortes

réductions.

557

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, GAMBAROTTA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE S. N. Tunisi, l febbraio 1865.

Ricevetti avant'jeri sera il Dispaccio al N. 13 che Ella mi fece l'onore di

indirizzarmi dal Gabinetto il 25 dello scorso mese di Gennaio (3).

Mi reco ora a premura di informare l'E. V. delle comunicazioni diploma

tiche che ebbero luogo in questi ultimi giorni tra il Signor Wood ed il Bey e

tra Sua Altezza e gli Agenti dei Governi Europei, tanto piu che le stesse accen

nano evidentemente ad intendimenti non conformi alle assicurazioni date dal

Gabinetto Inglese così al Rappresentante di S. M. come al Governo Francese.

Dopo aver ricevuto Dispacci da Londra il Signor Wood scrisse una Nota al Bey in data 25 Gennajo, nella quale, !sollevando indirettamente H dubbio sui diritti ereditari della famiglia Husseinita al trono della Reggenza, spinse nuovamente Sua Altezza ad insistere sulla convenienza di definire e consacrare con atto solenne la sua posizione verso la Sublime Porta e le altre Potenze Europee. Dalla copia delle corrispondenze qui annessa negli allegati l, 2, 3 (1) V. E. rileverà che il Bey, secondando anche questa volta il desiderio dell'Agente Britannico, non solo lo incaricò di scrivere in proposito al suo Governo, ma diresse il giorno stesso apposita Nota agli Agenti delle altre Potenze trasmettendo loro copia del Dispaccio del Signor Wood e della sua risposta, ed interessandoli a darne comunicazione ai Governi rispettivi. Appena ricevuto il Dispaccio del Signor Wood Sua Altezza chiamò il Console di Francia e chiamò contemporaneamente anche me, ma ci ricevette l'uno dopo l'altro. Partito il Signor de Bellecourt, che era giunto primo al Bardo, Sua Altezza si compiacque di trattenermi un'ora durante la quale mi fece leggere il suddetto Dispaccio del Console Inglese e me ne annunziò l'imminente comunicazione ufficiale; ritornò sugli argomenti delle precedenti udienze; mi disse essersi il Signor de Bellecourt nuovamente espresso nel senso di procrastinare la definizione dello Statu quo della Reggenza, e conchiuse coll'impegnarmi di nuovo a scrivere all'E. V. in favore del compimento dei suoi desiderii. Dall'insieme della conversazione mi sembra di aver intraveduto la probabilità ,che il Dispaccio del Signor Wood sia stato concertato d'accordo con Sua Altezza nello scopo di dare una nuova spinta alla sospirata definizione dello statu quo, ma per altra parte credo essermi accorto che a fronte dell'attitudine benevola e cortese che tiene al Bardo il nuovo Console di Francia, il Kasnadar seconda la politica Inglese non senza qualche esitazione. Mi consta che il Signor de Bellecourt comunicò a Parigi domenica 29 Gennajo questa recente corrispondenza tra il Signor Wood ed il Bey e che a tale scopo fece ritardare di alcune ore il Postale francese.

In conferma di quanto scrissi col precedente rapporto confidenziale sull'accordo perfetto che esiste tra Londra, Costantinopoli e Tunisi in ordine al recente progetto di regolamento, trasmetto qui compiegata all'E. V. traduzione della riSJposta fatta dal Gran Vizir a Sua Altezza il Bey (allegato n. 4) alle lettere che il Generale Kerredin avea portato a Costantinopoli, contenente condizioni poco presso identiche a quelle del memorandum del Signor Wood, meno l'art. 5" di quest'ultimo ed il punto relativo alla somma annua da sostituirsi ai regali di uso.

In tale stato di cose attenendomi alle istruzioni ricevute, attenderò quegli ulteriori ordini che piacerà all'E. V. di trasmettermi.

(1) -Al R. 40, che non si pubblica. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. n. 54.5.

(1) Gli allegati non si pubblicano.

558

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE AD ALESSANDRIA D'EGITTO, BRUNO

D. CONFIDENZIALE S. N. Torino, 2 febbraio 1865.

Il taglio dell'Istmo di Suez riaprendo all'Italia quelle fonti di lucrosi traffici

coll'Oriente che già in altri tempi furono principale strumento della sua pro

sperità e della sua grandezza, promette al nostro commercio ed alla nostra

marina tali vantaggi che il Governo del Re non pòtrebbe a meno di osservarne

con ansiosa sollecitudine le fasi e vivavemente desiderarne il pronto successo.

Noi vogliamo sperare che le difficoltà le quali secondo recenti notizie sem

brerebbero tuttora prodursi saranno felicemente appianate e che un'opera della

quale gli interessi commerciali di tutto il mondo civile sono chiamati a dividere

i beneficii, potrà provvedere alacremente verso il suo termine.

Però quella stupenda impresa troppo altamente importa agli interessi com

merciali d'Italia perché ci sia lecito astenerci dall'esprimere i voti nostri pel

prontò e compiuto suo esito.

La S. V. Illustrissima dovrà quindi cogliere quelle occasioni che si presen

tassero per far conoscere al Governo del Vice-Re il vivo desiderio nostro di

veder superate le difficoltà che per avventura ne incagliassero il corso.

In questi suoi ufficii tuttavia EHa saprà regolarsi in modo da non offendere suscettività che potessero nuocere ai nostri buoni rapporti colle Potenze. Intanto favorisca tenermi sempre esattamente informato dello stato della questione e di comunicarmi tutti quei dati che fossero a cognizione sua sull'andamento dei lavori.

559

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 122. Parigi, 2 febbraio 1865.

Col pregiato dispaccio 25 gennajo scorso n. 99 (Gab.) (1) l'E. V. si compiacque d'informarmi di alcuni particolari riferiti dal R. Agente e Con!sole Generale in Tunisi circa l'incidente sopravvenuto di recente nella Reggenza, e specialmente di una proposta che consisterebbe nei due principi seguenti, cioè:

l) Lasciare alla Turchia ed alla Tunisia libertà assoluta di mantenere lo statu-quo; 2) Costituire la Reggenza in uno stato di neutralità inviolabile rispetto a tutte le Potenze europee senza distinzione.

Ho creduto utile d'informarmi fin d'ora intorno al modo con cui il Governo francese giudicherebbe tale proposta, quando questa fosse effettivamente messa in campo in via ufficiale.

Il Signor Drouyn de Lhuys mi disse che questa proposta non era stata formalmente fatta al Governo imperiale, ma che il Consolato francese a Tunisi ne aveva avuto conoscenza e ne aveva informato il suo Governo. Il Ministro imperiale degli Affari Esteri non esitò ad assicurarmi che il Governo francese era recisamente opposto ai due principii surriferiti. Il primo punto mi diss'egli, implica in modo indiretto che la Turchia e la Tunisia possano d'accordo introdurre cambiamenti nello statu quo attuale; altrimenti, a che pro' dichiarare che hanno libertà assoluta di mantenerlo? Questa dichiarazione equivale alla facoltà d'interpretare lo statu quo in un senso od in un altro, cioè, in pratica ad introdurre dei cambiamenti nello stato attuale dei rapporti delle due potenze. Ora è questo appunto che [a Francia vuole assolutamente impedire.

Il secondo punto avrebbe per risultato, continuò il Signor Drouyn de Lhuys, di far si che quando una Potenza qualsiasi abbia qualche vertenza con Tunisi, questa vertenza debba essere considerata come una appendice della questione d'Oriente, a scioglier la quale sarebbe indispensabile l'accordo di tutte le Potenze garanti. La Francia non ha alcuna intenzione, e lo dichiara altamente senza riserve e senza ambiguità, di estendere i suoi possedimenti, già troppo vasti, nell'Africa: ma non intende che ogni questione tunisina abbia a trasformarsi in una questione d'Oriente, e debba essere trattata collo stesso metodo.

Io chiesi allora al Ministro imperiale degli Esteri, se anche la semplice constatazione dello statu quo avrebbe incontrato per parte del Governo francese la stessa opposizione. S. E. mi disse che egli considerava anche questa proposta come affatto inoppor,tuna, e che ciò darebbe luogo praticamente a delle discussioni e delle difficoltà interminabili ch'era poco prudente il far nascere.

Nella fiducia che queste informazioni possano riescire utili all'E. V ...

(1) Cfr. n. 549.

560

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI ALL'ESTERO

CIRCOLARE CONFIDENZIALE. Torino, 3 febbraio 1865.

* Col mio telegramma di questa mattina (1) Le annunziai che * (2) S. M. accompagnata da S. E. il Generale La Marmora partiva alla volta di Firenze,

Affinchè non sia male interpretato illsignificato di questo viaggio, mi affretto a darLe qualche cenno sui motivi che indussero il Ministero a consigliare a

S. M. una tale determinazione.

La sera del 30 Gennaio aveva luogo un ballo a Corte e nell'ora in cui le persone invitate stavano recandosi al Palazzo del Re, alcuni male intenzionati si misero a capo di qualche centinaio di persone che riuscirono ad indurre ad ignobili dimostrazioni, con fischi ed atti di scherno contro gli invitati stessi.

Come suole accadere in simili circostanze, la voce pubblica esagerò questi fatti e la loro importanza, sebbene la massa della popolazione sempre devota alla famiglia ed alla persona del Re, abbia unanimemente disapprovato l'accaduto e deplorato che in una Città così bene educata e gentile abbia potuto aver luogo questo sfregio fatto alla Società intiera ed alla dignità del paese.

In questo stato di cose, quantunque il Ministero non avesse ragioni fondate da temere il rinnovamento di scene consimili credette suo dovere di consigliare a S. M. di allontanarsi da Torino, affinchè se per avventura qualche male accorto tentasse all'ombra della libertà di cui si gode in questa Città, nuovi disordini, risulti che lo sfregio non è diretto alla Augusta Persona di S.. M. che ha tanti titoli alla devozione ed alla riconoscenza degli Italiani.

La Città è tranquillissima e non può essere tenuta responsabile in alcun modo della incondotta di pochi malevoli (1).

(1) -Non pubblicato. (2) -Le parole fra asterischi furono omessè nella circolare inviab alle legazioni in America.
561

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI, AL MINISTRO A BERNA, CARACCIOLO DI BELLA

T. 32. Torino, 4 febbraio 1865, ore 16,30.

Mazzini parti de Londres est depuis quelques jours à Lugano ou environs, d'où il fait acheter par émtssaires armes et munitions. Prévenez-en autorité fédérale (2).

sione prodotta in Prussia dagli avvenimenti di Torino: • Hier soir à un hai donné par le Comte d'Arnim, le Roi et le Prince Frédéric-Charles de Prusse se sont successivement approchés de moi pour me demander des informations au sujet des troubles qui avaient eu lieu à Turin dans la soirée du 30 Janvier dernier. J'ai répondu à Sa Majesté camme a Son Altesse Royale que ces démonstrations n'étaient que les restes d'un sentiment de municipalisme aveuglé par quelques intéréts particuliers; qu'elles n'avaient point eu l'importancequ'on leur attribuait, et qu'en définitive la masse de la population qui y était restée étrangèreles avait hautement désapprouvées. Sa Majesté n'a pas paru convaincu de ces appréciations et il m'a été facile de voir qu'cn Lui avait fait des rapports très alarmants sur l'esprit de la population de Turin.

A ce méme sujet je dois encore ajouter que plusieurs de mes collègues sont venus me parler des démonstrations en question, et que malgré le soin que j'ai mis à en atténuer la portée, ils les considéraient comme très graves et ayant un caractère inquiétant ».

Cfr. anche quanto comunicò Barrai con R. 4 del 14 febbraio: • Les derniers événements de Turin ne pouvaient manquer de faire grand bruit dans la presse Autrichienne qui s'en est emparée avec avidité pour en tirer les pronostics les plus défavorables à l'avenir de l'Italie. Au milieu des appréciations essentiellement malveillantes que les journaux soudoyés par l'Autriche ont émises à cette occasion, il en est une qui mérite d'étre remarquée en ce sens qu'elle indique comme très prochain le moment où l'Autriche pourra se venger des désastres de 1859. Je n'ai pas besoin d'ajouter que les organes féodaux de Berlin ont également mis à profit cette circonstance pour nous témoigner leur hostilité, et faire une sortie violente contre l'Italie et son régime parlementaire. Quant aux organes officieux de M. de Bismarck ils se sont exprimés avec une très grande réserve et qui sent tout à fait la contrainte •.

(1) Con R. confidenziale l del 9 febbraio Barrai informò della sfavorevole impres

(2) La notizia della partenza di Mazzin! da Londra per la Svizzera era stata comunicata da D'Azeglio con t. 37 del 3 febbraio.

562

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 2. Berlino, 4 febbraio 1865.

L'événement du jour est la réponse du Gouvernement Prussien à la Note

Autrichienne du 21 Décembre dernier dans laquelle le Cabinet de Vienne, en

insistant sur la prompte solution de la question de succession, et se prononçant

énergiquement contre toute espèce d'annexion directe ou indirecte, proposait

d'établir provisoirement le Due d'Augustenbourg dans les Duchés, jusqu'à ce

que se's droits à la souv&ad!neté fussent nettement et solennellement reconnus.

L~ réponse ou plutot le véritable mémorandum du Cabinet Prussien, qui se

compose, dit-on, de ,près de trente pages, n'est qu'un long plaidoyer tendant à

prouver que J.a Prusse ne veut, ni ne peut rien déoider avant que les Syndics de

la Couronne se soient prononcés sur les droits des différents compétiteurs, et

se termine par le refus péremptoire d'installer, meme provisoirement, le Due

d'Augustenbourg à Kiel. En un mot, c'est une véritable fin de non recevoir

opposée à toutes les demandes de l'Autriche, et qui va infailliblement constituer

un nouveau point de départ dans J.'impossibilité absolue de ls'entendre tant que

la question restera purement allemande, sans immixtion de considérations et de

pf'rpectives étrangères. Il est évident que le Cabinet de Berlin veut gagner du

temps et, en lassant la patience des uns et des autTes, arriver par un système

d'inertie calculée, à l'accom:plissement de ses :projets annexionnistes qu'il n'a

jamais abandonnés, l. teme dans les moments les moins favorables à sa politique,

et au sujet desquels il est positif aujourd'hui que les scrupules primitifs du Roi

se sont singulièrement modifiés.

Que va faire maintenant l'Autriche en présence de ce refus qui, pour ètre enveloppé dans d'interminables arguments, n'en constitue pas moins la résolution bien arretée de ne jamais partager sa manière de voir, et celle bien autrement significative de maintenir indéfiniment l'occupation Prussienne dans les Duchés? La réponse à cette question nous intéresse plus que personne, puisque la seule perspective d'une rupture de relations entre l'Autriche et la prusse doi t nécessairement modifier notre politique, et que l'imminence d'une lutte deviendrait pour l'Italie le signa! d'une action militaire bien autrement justifiée que celle de la Prusse pour la possession des Duchés.

Malheureusement les choses n'en sont pas là. Si la situation critique qui va résulter du refus de la Prusse ne se rattachait pas à des considérations de politique étrangère d'un intérèt supreme pour l'Autriche, nul doute que cette Puissance, forte de l'opinion publiq_ue de l'Allemagne, et de l'appui des Etats Secondaires ne se décidat bravement à poserà la Prusse un ultimatum au bout duquel serait la guerre. Mais 1'Autr.iche sent bien que le jour meme où se3 armées marcheraient contre la Prusse, la Hongrie se soulèverait et l'Italie tout entière courrait à la délivrance de Venise. Aussi, dans les circonstances actuelles, se gardc:ra-t-elle bien de rien pousser à l'extreme, et s'inspirant de sBs instincts de conservation, se bornera-t-elle, avec l'habileté astucieuse qu'on lui connait, à user de tous les moyens possibles en dehors de celui de la guerre, pour entraver les rplans annexionnistes de la Prusse. C'est à cet ordre d'idées que, sarus le vouloir, faisait tout dernièrement allusion le Comte Choteck Chargé d'Affaires d'Autriche, en disant à l'un de ses co1lègues: " La Prusse a beau vouloir nous pousser à bout, elle sait bien que nous ne lui ferons pas la guerre ». Ce prorpos est signi.ficatif, et précise parfaitement la position respective des deux grandes Puissances allemandes.

De cet exposé succinct de la situation allemande amenée par le récent refus de la Prusse, passant aux considérations pratiques qui peuvent en résulter pour notre politique, il me semble que notre ròle est tout tracé, et que nous n'avons rien de mieux à faire qu'à observer et attendre.

563

IL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CIFRATO S. N. Belgrado, 5 febbraio 1865.

Déchiffrez vous meme. Oreskovitch m'a dit qu'on pense de faire dans le printemps parmi 1les Grenzer une telle démon!stration qui convaincrait Napoléon III de l'état des esprits des régiments et de la facilité avec laquelle on peut les faire insurger contre l'Autriche. Il est en correspondance suivie avec Tiirr, je crois qu'il compte faire éclater une révolution dans les frontières militaires. n m'a dit que Garachanine lui a promis de lui laisser faire des dépòts d'armes en Serbie et de permettre le passage en Autriche des volontaires et des armes. Je crois meme qu'il lui en fournirait. Garachanine a pleine confiance en Oreskovitch, moi je ne 'la partage que jusqu'à un certain point. Garachanine m'a demandé des informations sur Tiirr. Je lui ai répondu que je le croyais bon batailleur, homme décidé. Je pense qu'il est de bonne foi mais trop confiant pour etre bon politique. En attendant les nouvelles que de bonne source on a reçu à Belgrad de l'Hongrie portent que le parti Deak traite sérieusement avec le Gouvernement Autri:chien et on considère la conciliation à peu près camme assurée. Si elle aura lieu nous aurons perdu une oocasion qui peut etre ne se présentera rplus.

Je vous demande en grace réponse car Garachanine m'interpelle souvent sur l'arrivée de l'agent du Comité Hongrois depuis si longtemps vainement attendu.

564

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI

T. 34. Torino, 6 febbraio 1865, ore 11,20.

Ministre de France à Bel'lin a reçu ordre d'insister pour qu' Italie puisse signer acte du Danube avec son titre. Probable que démarches égales soient fai,tes par la France auprès autres puissances. Assurez-vous si M. Moustier a reçu instructions en ce sens. En attendant ne vous engagez pas à des concessions.

565

IL MINISTRO A BERNA, CARACCIOLO DI BELLA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 38. Berna, 6 febbraio 1865, ore 15,55 (per. ore 17,40).

J'ai verbalement donné au Conseil fédéral information sur la présence de Mazzini, qu'on m'a dit ignorer ici. Chef département de la justice m'a assuré qu'H aurait immédiatement écrit aux autorités Cantonales. Je lui ai dit que je retournerai au plus tòt moi-meme à prendre sa réponse.

566

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 65. Londra, 6 febbraio 1865 (per. il 9).

Devo alla gentilezza del Principe La Tour d'Auvergne la conoscenza di due

Confidenziali del Duca di Grammont e del Signor Benedetti di cui la prima

interessante assai perchè tratta d'affari nostri.

Ambedue gli Ambasciatori rendon conto prima di tutto della visita a Vienna

del Principe Carlo Guglielmo di Prussia (1) e del suo ritorno a Berlino.

Quindi il Duca di Grammont ragguaglia una sua conversazione col Conte

Mensdorff riguardo alla situazione reciproca tra l'Austria e la Prussia che na'

scerebbe da una guerra coll'Italia per la Venezia.

In quanto alla visita principesca, i due Diplomatici s'accordano in questo che, cosa singolare a dirsi, con un certo stupore generale si osservò il silenzio in materia di politica.

Pare che, partendo da Berlino il principe avesse avuto ordine dal Re di Prussia d'astenersi di dar opinioni se non interrogato: Ed in questo caso di rispondere non come a nome del suo Governo ma come esprimendo opinioni personali. A Vienna invece si desiderava di trovare quest'occasione di dir chiaramente il lor modo di pensare sulla linea politica presa dalla Prussia e s'aspettava soltanto un entrar in materia per aprir le dighe. Ma quest'entrar non ebbe luogo e cool si differì di parlare finchè giunse il giorno della partenza.

E la sorpresa per questo modo di procedere fu tale da far immaginar come spiegazione che forse tutto ben considerato il Governo Austriaco avesse creduto un silenzio assoluto più eloquente di frasi e discussioni.

Il principe passò il suo tempo in cose militari, andò a caccia coll'Imperatore, visitò egli iL primo gli Ambasciatori, ma non aprl booca sulle quistioni del giorno. Questo non impedì che l'Austria facesse conoscere a Berlino che poco gradisse le tendenze assorbenti che vi si manifestavano. Anzi pare che da prezzolato impiegato siasi divulgata la corrispondenza.

Consta almeno che appunto siccome crede qualcuno per mettere fine a simili tendenze l'Austria abbia fatto intendere che per annettere i Ducati non si -contenterebbe di altro che di compensi territoriali in Germania. Il rimedio pare sia stato efficace ed il Bismarck non tornò più alla carica.

L'Austria alla verità si mostrò disposta ove la Prussia concedesse che i Du

cati andassero in mano a un Governo non per burla ma avendone le prerogative,

ad ammettere per contraccambio certe combinazioni favorevali a•l commercio ed

alla Potenza militare e navale della Prussia.

E ·su queste basi :potrebbe stabilirsi la discussione onde fissarne i limiti.

E se intesi a dovere, si fu appunto partendo da queste informazioni date

dal Mensdorff che il Duca di Grammont esternò l'idea che in compenso di simili

concessioni fosse l'Austria portatà a reclamare un appoggio morale che però .dovrebbesi piuttosto chiamar materiale per assisterla in caso di guerra.

Il Ministro austriaco completò la frase dicendo che probabilmente il Duca di

Grammont alludeva ad una guerra che non avrebbe luogo che coll'Italia essen

do questa l'eventualità di cui più si parlava.

Ora se l'Italia attaccava sola l'Austria, questa si credeva da tanto da po

terla mettere alla ragione non solo da per sè sola.

Ma anzi preferirebbe agir senza collaborazione che qualche volta produce

impacci come vediamo nel caso presente della guerra colla Danimarca.

Se poi sottintendevasi l'Italia assistita dalla Francia allora evidentemente la guerra non potendo a meno di diventar generale, la Prussia avrebbe da far per sè sia per difendersi sia per adempire ai suoi doveri federali. Per conseguenza in ambedue queste .ipotesi, l'Austria non vedeva ragione di desiderall'e altro che il patto federale e non solo ora ma mai non credette di suo dovere nè di sua dignità di domandar alla Prussia di 1legarsi con rpatti per garantire le 'sUe :possessioni non federali. Autorizzò l'ambasciatore a prendere atto di questa dichia

·razione.

Domandai all'ambasciatore, udita questa lettura, se non gJ.i facesse l'effetto di quanto definiscono i Francesi per i • raisins trop verts •. Poichè se cosi era, cosa significavano tante promesse personali di assistenza scambiate fra i Sovrani dei due Stati, e l'idea generalmente inva1sa che questo :pensiero dettasse appunto la condotta subserviente dell'Austria verso la Prussia nella guerra colla Danimarca? L'ambasciatore parve anche esso di quel parere. Ecco quanto contenevano i dispacci precitati, per quanto ho potuto ricordarmi da una sola e rapida lettura. Non a11dii domandar di più, non sapendo nemmeno se intendesse il Principe che ne facessi oggetto di un rapporto avendomi raccomandato la più gran rilserva sopratutto riguardo a lui; mi par però di non aver tralasciato :la parte essenziale.

Del resto siamo tutti d'accordo sul non esistervi convenzioni segrete.

Si può bensì temere che se la Prussia vedesse chiaro negli intrighi delle corti secondarie di Germania che temendo di vedere a sparire l'influenza che esercita sull'Austria tenendo sempre indecisa la quistione del suo modo di agire ove comparisse la vertenza veneta, che non vedendo modo di far altrimenti per raggiungere i suoi fini .che, dico, agevolasse una soluzione contraria ai nostri e favorevole ai suoi interessi.

(1) Sic, ma si tratta del principe Federico Carlo.

567

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI, AL CONSOLE GENERALE A NIZZA, BENZI

T. 36. Torino, 7 febbraio 1865, ore 14,40.

Immense majorité population turinoise a désapprouvé et regrette vivement. faits déplorables qui ont amené départ du Roi: :la ville a été très émue du départ, mais tranquillité la plus parfaite n'a cessé de régner (1).

568

IL MINISTRO A BERNA, CARACCIOLO DI BELLA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 4. Berna, 7 febbraio 1865 (per. il 9).

Secondo che ebbi l'onore di comunicare alla E. V. col mio telegramma in data di jeri (2), fui prima dal Signor Kntisel, Capo del Dipartimento della Giustizia e Polizia, per informarlo della presenza in Lugano del Mazzini e dell'acquisto da lui fatto per mezzo di un emissario di armi e munizioni; e mi fu assicurato dal Signor Kniisel che le più rigorose istruzioni sarebbero state da lui date alle Autorità Ticinesi per allontanare il noto agitatore, e impedire frattanto qua~ lunque mena occulta che potesse minacciare l'ordine legale in Italia e compromettere rimpetto alle Potenze estere il Governo Federale. Le medesime assicurazioni mi vennero oggi ripetute da1lo stesso Signor Schenk, il quale mi aggiunse che le istruzioni erano già state inviate per telegrafo dal Signor Kniisel, onde non tarderà la r,ispo)sta. Non mancai di ricordare al Signor Schenk, come il Mazzini, per decreto del Governo Svizzero, fosse stato ben tre volte espulso dal territorio della Confederazione nel 31, cioè, nel 51 e nel 64, e gli feci comprendere che io stavo contento per ora ad una semplice trattativa verbale, ad evitare una pubblicità che potrebbe per avventura tornar increscevole ai due Governi, sperando che la cosa potesse senza rumori risolversi in famiglia. Aspetterò dalla E. V. ordini sul da farsi in seguito, nel caso che la negligenza, già altre volte sperimentata, delle Autorità Ticinesi, rendesse necessaria qualche instanza più formale e più efficace.

(1) -Questo telegramma risponde al t. 39, pari data, non pubblicato, con cui Benzi. comunicava che a Nizza circolavano notizie allarmanti sulla situazione a Torino. (2) -Cfr. n. 565.
569

IL CONTE CSAKY AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI

L. P. 7 febbraio 1865, sera.

M. le Ministre Lanza m'a donné audience pour demain soir 8 heures et 1/2. Si par hasard Vous le voyez, je Vous serais très reconnaissant si Vous voudriez l'affermir dans les dispositions dans lesquelles Vous l'avez trouvé aujourd'hui.

J'aurai l'honneur de me présenter chez Vous dans la journée de demain pour· prendre vos ordres.

570

IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 1, Pietroburgo, 8 febbraio 1865.

Avant de me rendre chez l'Empereur pour la présentation de mes lettres de créance, j'ai été reçu par le Prince Gortchakoff qui a bien voulu me dire que j'étais arrivé ici vent en poupe, précédé du meilleur avant-coureur de ma longue mission en Prusse. Sa première interpellation a été sur le départ pour Florence du Roi acèompagné de son premier Ministre. Il savait que le Général Cialdini avait été 'chargé du 'commandement du Ier Corps d'armée, mais M. de Kisseleff, en en donnant avis, avait rendu justice au bon esprit qui animait la grande majorité de la population de Turin.

J'ai répondu n'avoir d'autres nouvelles qu'un simple télégramme de V. E .. m'annonçant le départ de Sa Majesté; mais que je n'avais reçu aucune indication qui vint à l'appui des commentaires sans fin des journaux. Il se pouvait qu'il y eut eu quelque manifestation dans les rues et rplaces de l'ancienne capitale, mais elles avaient évidemment été provoquées par les partis extremes, ces brouillons qui, là comme ailleurs, cherchent à nuire aux meilleures causes. Au reste, le Gouvernement se fiait avec raison au bon sens, à l'esprit pratique des masses qui comprennent que la concorde est la plus solide garantie du succès de nos efforts pour compléter l'organisation intérieure, et pour faire front, avec des forces indivises, à toute menace éventuelle de l'étranger.

L'Empereur également m'a adressé la méme question à laquelle j'ai donné une réponse analogue, tout en regrettant en moi-meme de n'avoir pas des données plus positives pour fermer la bouche à nos amis aussi bien qu'à nos adversaires. Au reste j'ai donné à S. M., ainsi qu'au Ministre des Affaires Etrangères, l'assurance que nous vouerions tous nos efforts à entretenir les meilleures relations avec la Russie; que mes instructions étaient écrites dans cet esprit, dans ce seul esprit.

Le Czar m'ayant exprimé le voeu d'un prompt rétablissement de l'ordre, je me suis empressé de répliquer que je n'avais aucun indice qui me portat à croire à des troubles d'un caractère sérieux; mais que, le cas échéant, nous saurions les réprimer avec cette vigueur dont se sent capable un Ministère qui

n'a d'autre mobile que son dévouement au Roi et au pays; qu'on aurait tort à l'étranger de s'exagérer l'importance de quelques manifestations dans les rues de Turin. C'étaient les derniers soubresauts, conséquence inévitable de regrets sincères, mais surexcités par les passions politiques. S. M. croyait qu'il y avait du Mazzinisme au-dessous des cartes. • Il ne manque pas en effet, ai-je répondu, de gens qui se parent du manteau de la royauté et de nos institutions libérales, pour fomenter des troubles. Nous sommes parfaitement édifiés sur leur jeu hypocrite; mais cette minorité si elle sait échapper, non à notre vigilance, mais à la punition qui l'atteindrait quand elle s'écarterait de la stricte légalité, aura perdu sa raison d'etre du jour où l'Italie aura atteint le but qu'elle se propose. Ne pouvant plus dès lors se retrancher, comme aujourd'hui, derrière des aspirations communes, ou elle renoncerait à ses mouvements démagogiques, ou elle s'exposerait infailliblement, quand on lui aurait arraché son masque, à tomber sous la vindicte de la loi. Ce serait bien là un argument de plus pour que les Puissances reconnussent toujours mieux la nécessité de ne mettre aucune opposition à la réalisation de nos vues tendantes à compléter le territoire de l'Italie, non seulement pour mieux assurer l'équilibre de l'Europe, mais aussi pour y raffermir les conditions de l'ordre et de sage liberté •.

• Pour le moment, dit S. M. il faudrait en finir promptement avec des démonstrations dont il est loin de ma pensée d'exagérer la valeur, mais qui jettent quelque discrédit sur votre cause •.

Je n'ai rien ajouté, sauf que l'installation du Roi à Florence calmerait l'agitation peut-etre plus factice que réelle survenue à Turin en suite de la Convention du 15 Septembre.

Comme V. E. le voit, je me suis attaché à expliquer de mon mieux et à atténuer les derniers incidents dont je n'avais connaissance, à mon grand regret, que par les journaux. Aussi ne saurais-je trop insister sur la nécessité d'etre renseigné exactement sur nos faits et gestes. Si la Russie est loin, le télégraphe efface les distances.

571

IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 2. Pietroburgo, 8 febbraio 1865.

Le Prince Gortchakoff m'a, à deux reprises, parlé de la situation politique Européenne, comme étant assez difficile à définir et n'offrant pas les élémens nécessaires à de larges combinaisons. Pour ce qui nous concernait, le Cabinet de St. Pétersbourg était animé des meilleures dispositions à notre égard, et il était très satisfait d'entendre répéter, par mon organe, combien nous désirions à notre tour cultiver et resserrer toujours davantage les rapports amicaux et traditionnels entre les deux pays. Il avait une entière confiance dans les sentiments de notre Auguste Souverain et de notre ministère; mais il craignait que le Gouvernement de Sa Majesté ne fUt pas servi aussi consciencieusement par quelques

:566

agents secondaires. • En un mot, ajoutait-il, l'administration centrale ne laisse rien à désirer; mais veillez aux extrémités •.

Ayant demandé au Prince de mieux préciser, il m'a laissé entendre, à mots couverts, qu'il avait fait allusion à quelques agents consulaires dans de certaines contrées éloignées (probablement dans les régions Danubiennes; en Orient). Je me suis contenté de répliquer que je n'avais aucun motif de douter de nos agents consulaires; mais que s'il me résultait qu'un employé quelconque ne se conformàt pas scrupuleusement aux instructions de mon Gouvernement, instructions évidemment conçues, commes les miennes, dans un esprit de bon vouloir vis-à-vis de la Russie, je m'empresserais de le signaler à Turin.

J'invitais méme le Ministre Impérial des Affaires Etrangères à porter, le cas échéant, à ma connaissance tout grief fondé.

572

IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, Al.J PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 3. Pietroburgo, 8 febbraio 1865.

Dans une vilsite qui m'a été faite par le Prince Gortschakoff, il m'a tracé à grands traits quelle devait ètre l'attitude de la Russie dans la situation incertaine de l'Europe. Il la résumait en ces mots: • Nous devons suivre une politique de conséquence. La Russie, comme une cloche, doit rendre le son qui lui est propre •.

J'ai saisi la balle au bond pour lui parler dans le sens de la dépèche de

V. E. du 20 Janvier dernier (sans numéro) (1) sur la question des biens décliés. J'ai fait ressortir, avec tous les ménagements voulus, qu'à notre tour nous devions nous montrer logiques à l'intérieur comme à l'étranger, en évitant de nous mettre en contradiction avec nos principes. Le Gouvernement Impérial, en se plaçant à notre point de vue, comprendra donc comment nous ne nous trouvons pas entièrement d'accord avec lui sur la meilleure solution pratique de la question des couvents dédiés. Nous connaissons et apprécions l'intérèt porté par le Czar au Ol.ergé Grec, à l'église Grecque; nous nous demandons cependant s'il n'y aurait pas un intérèt majeur de concourir à contenter les Roumains, et du mème coup à écarter dans les rapports entre les Puissances de nouveaux embarras. Quoi qu'il en fùt, nous espérions que l'Empereur, parfaitement au courant de nos circonstances, s'expliquerait pourquoi l'ItaUe, malgré ses sympathies le'S plus sincères pour son allié naturel, ne pouvait appliquer aux Principautés Danubiennes une autre mesure que celle consacrée par les principes de son droit public.

Le Prince m'a répondu qu'en suite de l'attitude de la France qui avait rallié l'Angleterre à son opinion, le projet Ignatieff avait été écarté. Ce projet avait

été mis sur le tapis par esprit de conciliation, lors meme qu'il fiìt loin de satisfaire les moines Grecs. La Russie les avait fortement mécontentés en se monfrant prete à accepter, moyennant indemnité, l'abolition de la main morte sur leurs domaines territoriaux, sous la réserve de la restitution des Eglises et des édif.ices conventuels. Cette transaction n'ayant pas rencontré l'assentiment nécessaire, le Cabinet de St. Pétersbourg se dégage de toute responsabilité pour l'insuccès de ses tentatives. Seulement il s'étonne à bon droit que la grande Europe consente à faire en quelque sorte antichambre chez le Prince Couza. Celui-ci profite des divergences entre les Puissances pour violer des actes internatlonaux qui lui imposaient des obligations positives; tandis qu'il suffirait d'une entente entre les Cours intéressées pour mettre un frein à ses excès de pouvoir.

Je me suis permis de faire observer que si divergences il y avait sur ce point, on ne saurait révoquer en doute, en embrassant un plus vaste horizon que celui des Principautés Danubiennes, que l'Italie serait heureuse de donner à la Russie des gages de son amitié bien plus sincère que celle de l'Autriche. Il me semblait aussi que la France ne demanderait pas mieux que de témoigner de ses bonnes intentions. Le choix du Baron de Talleyrand, comme .Ambassadeur, en était un indice assez évident.

• Oui, disait le Prince, mais je suis mathématicien en matière politique. Pour établir des calculs, il me faut des faits. Or, jusqu'ici je n'ai entendu de sa part que des phrases bien tournées, monnaie dont je sais aussi me servir. Pour le moment du moins, son arsenal est assez incomplet. Quant à nos rapports avec le Cabinet des Tuileries, sa conduite dans les affaires Polonaises a ébranlé notre confiance. Qu'on dresse le bilan des procédés réciproques. De notre còté je compte des services rendus, de l'autre còté, je ne vois que des pages blanches. J'ai tenu ce meme langage à l'Ambassadeur de France •.

J'ai su par le Baron de Talleyrand qu'en effet le Vice-Chancelier avait marqué quelque surprise de son attitude réservée. Tout d'abord il avait passé sous silence la question des couvents dédlés. Ce ne fut que plm tard qu'il aborda le sujet. Il avait été chargé, comme lVI. Benedetti à Berlin, de demander ici notre participation, avec le seui titre qui nous appartienne, à la signature de l'acte pour la navigation du Danube. A cet effet il avait donné lecture d'une dépeche de M. Drouyn de Lhuys démontrant, entre autres, que l'opposition de l'Autriche, vu le précédent de l'Escaut, n'avait plus de raison d'etre. Le Prince se montra disposé à écrire à Vienne dans le sens de cette dépeche. Par une transition habilement ménagée, lVI. de Talleyrand parla du Prince Couza, de ses derniers actes, et de la manière dont ils étaient envisagés à Paris. Ce fut alors qu'H fut appelé à entendre à peu près les mèmes paroles qui m'avaient été dites. Il répliqua Que la France à son tour était désireuse de vivre dans les meilleurs termes avec le Cabinet Moscovite, mais qu'il fallait d'abord chercher un terrain o:J l'e:1iente ~2,·2it ):·ltJs réalisable que ;;ur ce.lui des couvents dédiés {projet Ignatieff), et que le maintien de bonnes dispositions mutuelles rapprocherait Ics deux Gouvernements de cet accord recherché de part et d'autre. Four ne pas écraser son interlocuteur avec un argument sans réplique, mais qui aurait peut-etre dépassé le but, il s'est abstenu, comme moi, de faire aucune allusion à l'Ukase l'écent relatif aux couvents Catholiques en Pologne.

(1) Non pubblicato.

573

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 42. Parigi, 9 febbraio 1865, ore 16,10 (per. ore 17,15) (1).

Reçu votre lettre particulière dont je vous remercie. Tous les personnages à qui j'ai parlé, y compris M. Drouyn de Lhuys, s'expriment de la manière la plus approbative sur l'objet de la résolution prise par le Roi d'aller à Florence. L'Empereur m'a demandé hier avec intéret nouvelles du voyage et de la santé de Sa Majesté.

574

IL MINISTRO A PARIGI. NIGRA. AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 127. Parigi, 9 febbraio 1865.

Il Nunzio della Santa Sede a Parigi ha diretto a Monsignor Dupanloup, arcivescovo d'Orléans, ed a Monsignor Pie, vescovo di Poitiers, due lettere con cui ringrazia caldamente questi due prelati d'aver propugnato i diritti della Chiesa e difesa la condotta del Papa a proposito dell'enciclica. Questi elogi, dati imprudentemente a due vescovi che hanno spiegato in modo non solo diverso, ma ev~dentemente <:ontraddittorio il significato dell'enciclica, :produssero una polemica dei giornali, i quali chiesero quale dei due sistemi diversi di cui i due vescovi isi sono fatti camjpioni, fosse approvato officialmente dal Nunzio e dal Pontefice. Ma questo inconveniente, se poteva imbarazzare il giornale La France, che aveva trovato nella lettera del Nunzio a Monsignor Dupanloup l'interpretazione autentica dell'enciclica, in senso liberale, non sarebbe di molto momento per Monsignor Chigi.

Ben più grave è l'errore da lui commesso d'avere pubblicamente incoraggiato questi vescovi nella loro opposizione al Governo e nella loro violazione degli articol,i organicL Una nota apparsa nel Monitem· d'oggi dichiara che l'Ambasciatore francese a Roma ebbe ordine di lagnarsi ufficialmente della condotta di Monsignor Chigi, il quale, secondo il giornale ufficiale, ha commesso una infrazione alle regole di diritto internazionale e del diritto pubblico francese.

Se le reclamazioni del Conte di Sartiges avrebbero avuto per sè sole ben poca importanza, la constatazione pubblica delle medesime nel Moniteu1· ne accresce la gravità. Egli è evidente che la posizione del Nunzio ne sarà compromessa per modo che la sua permanenza a Parigi diverrà assai dubbiosa. Il malumore che cova fra la Corte delle Tuileries e quella di Roma acquista dunque un carattere ufficiale, e ciò non sarà senza importanti conseguenze nell'esecuzione della Convenzione stessa.

È a notarsi che il comunicato del Monitew· parla non solo dell'arcivescovo di Poitiers, ma fa pure colpa a Monsignor Chigi della lettera scritta a Monsignor Dupanloup. Ora è noto che questi non si era mai messo in aperta rottura col Governo imperiale e che anche nell'opuscolo di cui ho riferito a V. E. un sunto con uno dei miei precedenti dispacci aveva risparmiato e rispettato palesemente la persona dell'Imperatore. Il biasimo indiretto che lo colpisce, nella persona del Nunzio che lo lodò pubblicamente, dimostra nel Governo una volontà più decisa di quello che generalmente gli si supponesse, di frenare gli abusi del clero, e di reprimere in esso anche quella opposizione che per essere più artificiosa e meno palese, non è perciò meno pericolosa.

Il Signor Drouyn de Lhuys, con cui ho parlato oggi della pubblicazione del Moniteur, mi disse che il Nunzio non ha privilegi maggiori di qualunque altro Ambasciatore: che il Governo non può ammettere ch'esso abbia ingerenza diretta coi vescovi, tranne in due casi eccezionali, cioè per informatorie in caso di prima nomina a sedi vescovili, e per la comunicazione dei brevi di penitenzieria riguardanti il foro interno. Nel caso attuale v'era poi la circostanza aggravante della approvazione pubbHca data a fatti ed a tendenze ostili al Governo.

Il Moniteur pubblica inoltre tre altri documenti, cioè due decreti che dichiarano abusiva la condotta del Cardinale di Besançon e quella del vescovo di Moulins, ed il rapporto del Consigliere di Stato Langlais su questa vertenza. Questo rapporto non contiene che la difesa degli articoli organici e la ripetizione delle teorie svolte da Portalis. La pubblicazione di questo documento dimostra però che il Governo è ben deciso a non fare alcuna innovazione nei rapporti giuridici esistenti fra la Chiesa e lo Stato.

(1) Rispedito a La Marmora a Firenze alle ore 17,35.

575

IL MINISTRO A BERNA, CARACCIOLO DI BELLA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 47. Bema, 10 febbraio 1865, ore 16,40 (per. ore 19,50).

Le Gouvernement du Tessin n'a pas encore répondu relativement à Mazzini. Le Conseil fédéral signale de nouveau. Dans le cas où il y aura silence obstiné ou probable réponse évasive, je prie V. E. de me donner instructions (1). Le Canton de Lucerne a répondu qu'aucun convoi d'armes n'est passé sur son territoire. Les autorités fédérales m'ont fait connaitre que caisses contenant armes d'artillerie adressées au Gouvernement italien et autres armes de luxe sont librement passées par Coire. Expéditeur beige meme Adam signalé dans la dépeche de V. E., lieu de fabrication BelgiQue.

(1) Con R. confidenziale 5 del 25 febbraio Caracciolo comunicò: • le Autorità Ticinesi attestano nella risposta di avere con la massima sollecitudine, come prima venne la comunicazione del Governo Federale, prese le indagini necessarie per aver contezza dell'arrivo e delle mene del noto "politico perturbatore", ma che verun indizio finora non sia loro apparso che dimostri la sua presenza nel paese •.

576

IL SEGRETARIO DELLA LEGAZIONE A LONDRA, MAFFEI, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI

R. s. N. Londra, 10 febbraio 1865.

Ieri sera uno dei membri della R. Legazione essendo al Club, ove generalmente conviene il Corpo Diplomatico, si trovò a caso vicino al Marchese Fortunato che, come Ella sa, è qui il Rappresentante dell'ex Re Francesco II presso i Comitati Borbonici, e non poté fare a meno di udire una conversazione che si passò tra lui ed un vecchio Russo, il Conte P., conosciuto per le sue opinioni reazionarie, quantunque non occupi alcuna posizione ufficiale. Questa conversazione è cosi importante e conferma talmente quanto ho avuto finora l'onore di esporLe nelle mie frequenti J.ettere, che credo utile di ripeterla minutamente alla S. V. Illustrissima.

Il Marchese Fortunato, non pensando di essere ascoltato, cominciò col dire

al suo amico, che gli chiedeva a qual punto stessero le speranze della reazione,

che lo stato attuale degli affari in Italia rendeva più che mai probabile il ritorno

di Francesco II nei suoi antichi dominii. Il danaro non mancava ai suoi aderenti,

l'ultimo imprestito di 40 milionj di reali contratto in !spagna avendo pienamente

riuscito e non rimanendo che ;. milioni da coprire i quali, v'era luogo a credere,

lo sarebbero presto in Inghilterra.

H Conte P. domandava allora quali sicurtà si offrissero ai sottoscrittori In

glesi che, non doveva ignorarlo, prima di dare i loro capitali per una simile

causa, avrebbero certamente richiesto una formale guarentigia. A questo rispon

deva il Marchese Fortunato, che la fortuna .privata dell'ex-Re assicurava hl paga

mento dell'imprestito, il quale era pur stato convalidato dalla firma personale

di S. M. la Regina Isabella.

Continuava egli quindi, che i torbidi recentemente scoppiati a Torino ren

devano ancora più certe le aspettazioni dell'avvenire, ed a questo riguardo osser

vava che o<ra tutti gli sforzi del suo partito erano diretti a tener viva t'agitazione

del Piemonte. Disse poi che l'Inghilterra costituiva il vero centro delle opera

zioni dei Borbonici all'estero, non potendosi far molto in Francia, e notava al

Conte P. che le sue giornate erano continuamente occupate nel recarsi a Cam

b1·idge ed a Liverpool per attendere alla spedizione di emissarj, armi ecc. Aggiun

geva su questo particolare che generalmente gli agenti mandati in Italia avevano

fallito il loro scopo, ma ciò solo per l'incapacità delle persone state impiegate

e non già per la vigilanza della Polizia italiana, secondo lui, la peggiore e la

meno bene informata di tutte.

Avendogli ancora chiesto il vecchio Russo se l'Ambasciata d'Austria pren

desse parte a questi intrighi, l'altro replicava affermativamente, osservando però

che questa cooperazione era soltanto morale cioè di consiglio ,e quale la inspi

rava la comunanza di interessi, poichè la posizione disastrosa delle finanze

austriache non permetteva a quel Governo, come sarebbe suo desiderio, di soc

correre con danaro la causa dei Principi spodestati Italiani.

La perfetta autenticità di queste parole e l'essere desse pronunciate da un reazionario fiero, implacabile ed intelligente come lo è il Marchese Fortunato, danno loro un'importanza che non isfuggirà alla S. V.

Avendo così la prova che l'agente da me impiegato è meglio informato di quanto io stesso poteva supporre, debbo chiamar la seria di Lei attenzione sul vantaggio che vi sarebbe se venissi autorizzato a disporre di maggiori fondi onde essere in grado di poter fare esercitare una più vigilante ,sorveglianza sulle mene di un partito che, come Ella scorgerà dalle dichiarazioni di uno dei suoi principali capi, è ora più attivo e minaccioso che mai. La S. V. non deve ignorare che colle spese immense che la più lieve circostanza cagiona in un paese dispendioso come questo, le tenuissime somme da me sborsate fino ad oggi, per quanto possano parere adeguate per le informazioni che ho inviato, non costituiscono a Londra che un meschinissimo compenso alle fatiche di un uomo il quale deve perdere per questo delle giornate intere, e quanto mi è dato sapere è quasi sempre piuttosto !"opera del caso che il risultato di una ben diretta indagine.

Per ovviare ad un tale inconveniente, sarebbe necessario mi si permettesse di disporre anche di cinque o sei lire sterline alla volta per mandare l'agente in questione sia a Cambridge che a Liverpool, e per poi abilitarlo, quando giunto al suo destino, a far quelle spese che sono indispensabili per procurarsi i desiderati ragguagli. Bramerei che il Signor Ministro dell'Interno si persuadesse dell'importanza delle mie osservazioni, e considerasse come in un servizio di questa natura, il limitare siffattamente sussidj ad esso destinati, quasi non equivalga ad altro che a sprecare le piccole somme che si vanno man mano spen

dendo senza frutto.

Certamente userei la più gran cautela nel così disporre dei fondi del Governo, e quanto ad impiegare dal conto mio attività e diligenza onde trarne il maggior partito possibile, spero d'aver già avuto campo di provare a V. S. che non tralascerei per questo nè fatica nè ogni cura più sollecita.

Ho frattanto l'onore di trasmetterLe il sunto di una circolare stata inviata ultimamente dal Signor Leopoldo del Re agli agenti Borbonici all'Estero (1). Mi è stato raccomandato di pregare la S. V. a non renderla per ora di pubblica ragione.

Col vapore la • Minerva » devono essere partiti due o tre giorni fa due barili di polvere destinati a Napoli. Torrenteros e Bosco sono di nuovo ritornati e si trovano a Cambridge. Il nominato Santo Antonio, di 'cui altre volte ebbi occasione di farle parola deve essere presentemente a Torino. Costui sarebbe uno degli agenti borbonici stati mandati costà per fomentare disordini.. Mi è pur stato osservato che ove riuscisse agli agenti della nostra Polizia di ritrovare questo individuo, invece di procedere al suo immediato arresto, sarebbe conveniente di sottoporlo ad una stretta sorveglianza potendosi forse in tal guisa scoprire degli altri affiliati.

Nella speranza di ricevere un cenno di riscontro alle considerazioni che ho reputato mio dovere nell'interesse del servizio di sottomettere all'alto di Lei giudizio... (1).

(1) Non si pubblica.

577

IL CONTE CSAKY AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI

L. P. Torino, 10 febbraio 1865.

J'ai eu l'honneur de rencontrer hier sous les arcades M. le lVIinistre Lanza. J'ai lu aussi dans les journaux qu'il assistait à la séance d'hier de la Chambre des Députés, il n'était donc pas parti-et je suis presque porté à croire que lVI. le Ministre n'a pas voulu me recevoir.

Veuillez m'excuser, M. le Commandeur, si je viens par mes plaintes augmenter vos ennuis journaliers, mais à qui dois-je faire part de mes chagrins, de me craintes si ce n'est à Vous qui les partagez, à Vous le seul ami sincère -au sein du Gouvernement Italien -de notre noble et sainte cause?

Je passe par des véritables angoisses! Je vois le temps s'envoler et chaque jour que nous perdons est un avantage pour l' Autriche que nous ne pourrons plus racheter par aucun sacrifice!

Dans les démarches que je suis chargé de faire actuellement auprès du Gouvernement Italien, il ne s'agit pas seulement de réussir, mais de réussir promptement, je pourrais presque dire, vu le temps déjà perdu, immédiatement!

J'ai beau me creuser la tete, je ne vois qu'une issue: c'est de s'adresser directement au Roi! c'est la seule voie de salut qui se présente à mon esprit! Je crois au succès de cette démarche, mais en tout cas elle mettra fin à l'incertitude de notre situation, et si le Gouvernement Italien nous abandonne nous aurons au moins le temps de faire nos conditions à l'Autriche pour échapper au moins à la nécessité d'accepter tout arrangement qu'elle voudra nous imposer; nécessité à laquelle nous lserions réduits par la force des choses.

Vous pouvez bien juger, M. le Commandeur, combien cela doit me coiì.ter d'etre contraint de m'occuper avec des idées pareilles, et de les exprimer!

La ·responsabiLité qui pèse sur moi me défend de me laisser bercer par des illusions-mon honneur et mon patriotisme me font également un devoir de ne pas cacher ni devant Vous ni devant mes amis en HongJrie les impressionis si tristes qu'elles soient, sur l'attitude du Gouvernement actuel de l'Italie vis-à-vis la question de ma pauvre patrie!

N'allez pas croire, M. le Commandeur, que je désespère entièrement -quoique j'ni très peu d'espérances Vous me trouverez toujours prét à suivre Vos conseils, à me conformer en tout à Votre sagesse et Votre expérience -je ne parle pas méme de vos sentiments, ils sont trop connus par nous, et soyez persuadé, la Hongrie Vous en est et Vous en sera toujours reconnaissante!

Veuillez de grace m'indiquer quand est ce que je pourrai avoir l'honneur de prendre Vos avis sur la démarche que je propose et que, je le répète, j'en· visage comme le ~eul moyen qui nous reste nour réussir.

t1) Annotazlone tnnrginale: CoinunicRto al Co1nn1. A veta }) .

<(

578

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 62. Costantinopoli, 15 febbraio 1865, ore 18 (per. ore 11,30 del 18).

Votre office du 6 (1) arrivé régulièrement. Quant aux instructions de l'am-bassadeur de France pour acte public du Danube, datent de juin dernier et lui disent que l'acte doit etre simplement signé par les commissaires comme il a été fait pour les protocoles. Rien y est dit à l'égard du titre de notre Commissaire. Ambassadeur de France m'a dit ne pouvoir rien y changer sans nouvelles instructions.

579

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 129. Parigi, 15 febbraio 1865 (per. il 17).

Oggi ad un'ora pomeridiana S. M. l'Imperatore inaugurò la sessione del Senato e del Corpo legislativo con un discorso rimarchevolissimo.

Riservandomi d'unire a questo dispaccio una copia del discorso stesso che spero mi sarà rimessa prima della partenza del corriere, mi limiterò a far notare a V. E. le frasi più importanti che toccano la politica generale ed in particolare la questione italiana quali le ho potute ritenere a memoria.

Nel discorso d'inaugurazione della precedente sessione l'Imperatore aveva messo innanzi l'idea d'un Congresso generale, e le ultime parole da lui profferite in allora: • l'Europe écoutera ma voix parce que je parle au nom de la France • avevano fatto temere che al tentativo non riuscito d'un congresso dovesse succedere la guerra. Il Corpo diplomatico era quindi in grande aspettazione per vedere in qual modo l'Imperatore avrebbe annunciato l'esito non riuscito di quella sua proposta.

Il discorso pronunciato testè rammenta quel tentativo e ne esprime rincre-

scimento, perchè un accordo fra i Sovrani conforme alle legittime aspirazioni

dei popoli sarebbe l'unico modo di guarentire la conservazione della pace.

L'Imperatore parla quindi degli affari di Danimarca nei quali la Francia

pendeva tra ~a sua ISdmpatia !Per la Danimarca e il suo buon volere per la Ger

mania. Essa mantenne dunque la più stretta neutralità e quando fu chiamata ad

esprimere la sua opinione in una conferenza si limitò a pronunziarsi col più

moderato linguaggio in favore del principio delle nazionalità e per la conve

nienza di consultare la volontà delle popolazioni.

Nel Sud dell'Europa la Francia era chiamata ad esercitare una politica più

risoluta. La Convenzione del 15 settembre ch'è un'opera di pace e di concilia

zione, ha per effetto di trasformare in un regno solido e compatto, difeso dalla fortezza inespugnabile degli Appennini, un paese le di cui membra sparse poc'anzi con deboli nodi collegavansi ad un piccolo Stato assiso appiè dell'Alpi. Nel tempo stesso la Convenzione consacra l'indipendenza della Santa Sede e permette all'Imperatore di ritirare le sue truppe da Roma.

La frase relativa all'unità dell'Italia fu accolta con applauso, come pure la dichiarazione del prossimo richiamo delle truppe francesi da Roma. Mi pare degna di essere notata l'assenza d'ogni menzione del potere temporale dei Papi, a cui fu sostituita l'espressione ben più vaga e generica dell'indipendenza della Santa Sede.

Il discorso annuncia quindi che gli affari del Messico e quelli dell'Algeria volgono verso un migliore indirizzo.

Passando poi alle cose interne l'Imperatore dice che la religione e l'istruzione popolare sono gli oggetti principali delle sue cure. Parla dell'influenza accordata al Clero cattolico dalla Costituzione che ammette la sua presenza in tutti i corpi elettivi e nel Senato, ma dichiara che il rispetto alla Costituzione dello Stato è la condizione indeclinabile di questa legittima influenza. Questa dichiarazione fu accolta con vivi e significativi applausi.

Dopo avere accennato ai progetti di legge sull'istruzione primaria, sul decentramento amministrativo e sulle modificazioni da introdursi nell'attuale sistema differenziale dei dazi di navigazione, l'Imperatore conclude con una dichiarazione esplicitamente pacifica. • L'esercito del Messico, egli dice, rientra in Francia, quello di Roma ritorna pure fra breve. Chiudiamo dunque il tempio della guerra ed inscriviamo sopra un nuovo arco di trionfo le vittorie riportate dai soldati francesi in Europa, in Asia, nell'Africa e nell'America. All'estero il rispetto delle nazionalità sarà la miglior guarentigia della pace; nell'interno, il progresso si opera non con mutamenti nelle forme politiche, quali li desiderano i nemici del presente ordine di cose, ma mediante le modificazioni suggerite dall'esperienza e reclamate dall'opinione pubblica •. Queste parole accennano l'intenzione di non aocordare nessuna di quelle franchigie costituzionali che muterebbero il carattere personale del governo imperiale per trasformarlo poco a poco in un regime parlamentare. Ma nel tempo stesso la conservazione della pace all'estero e le riforme amministrative e commerciali all'interno debbono aumentare la prosperità della Francia. Questo discorso produsse buona impressione nell'uditorio. Esso fu generalmente interpretato come assai favorevole all'Italia. È da notarsi la mancanza d'ogni menzione de' rapporti coll'Inghilterra, l'Austria e la Russia: e sopratutto il silenzio circa la questione americana.

(1) Cfr. n. 564.

580

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 130. Parigi, 15 febbraio 1865 (per. il 17 ).

Il Monitem· d'oggi annunzia che Monsignor Chigi ha chiesto un'udienza dall'Imperatore, gli ha espresso il suo rammarico della pubblicità data alle sue lettere al vescovi di Poitiers e di Orléans e lo assicurò che convinto dei doveri inerenti al suo carattere diplomatico non aveva avuto l'intenzione di mancare al rispetto delle regole del diritto internazionale. L'Imperatore, aggiunge il MoniteU1', accolse con benevolenza codeste spiegazioni.

A quanto mi si dice fu il Nunzio stesso che espresse il desiderio di veder pubblicato nel Monitem· il risultato della sua udienza, ed aveva proposto una redazione avente per iscopo di far conoscere che dalla conversazione tra l'Imperatore e il Nunzio era risultato che la cosa non aveva la gravità che s'era voluto attribuirle. Ma questa redazione non sarebbe stata accettata e fu sostituita con quella che comparve nel MoniteU1·.

Mi pare che ciò aggravi ancora la posizione del Nunzio. È impossibile infatti accennare con maggiore chiarezza che Monsignor Chigi ha chiesto scusa dell'operato.

581

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI, AL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO

T. Torino, 16 febbraio 1865, ore 17.

Aujourd'hui reçu votre intéreJs.sante dépeche chiffrée du 5 février (1), dont je vous suis très reconnaissant. Ici on s'occupe des affaires en question mais d'autres préoccupations ont porté un moment d'arrét. Tout nous lais3e croire que Deak ne cèdera pas. L'agent hongrois arrivera en son temps, je vous en préviendrai.

582

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO. AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 191/78. Londra, 17 febbraio 1865 (per. il 22).

L'impressione prodotta qua dal discorso Imperiale mi par generalmente favorevole.

L'idea dominante che volentieri vi si ravvisò fu l'idea pacifica, e questa fece accettar di buon grado tutto il resto. Ne ,parlai ·con Lord Palmerston e con Lord Russell questa mattina pensando che amerebbe V. E. conoscerne le opinioni.

La parte del discorso che parla di Italia parve buona. Lord Palmerston distingue fra il significato Inglese di " garantir " che sottointeEde un impegno fisso e l'espressione francese • donne1· des ga1·anties " che è più indefinita.

Egli pensa poi che in quanto alla questione princip2le, se una volta Firenze vien adottata come Capitale, (provvisoria o no) meno vivace rimarrà fra gli Italiani l'idea di traslocarla a Roma sia per le complicazioni religiose sia per

questioni di salubrità. Ma tutto questo non impedisce i Romani di voler far

adesione al Governo Italiano, e sempre torniamo al Dominio temporale limitato

alla città di Roma tutt'al più.

Lord Russell poi ne parlò in quel senso coll'Ambasciatore di Francia, dicen

dogli a un di presso lo stesso e mantenendo il diritto dei Romani di scegliere

fra il Governo liberale dal quale erano retti i loro compatrioti ed il pessimo

Governo dei Papi.

Il Principe La Tour d'Auvergne rispose che sarebbe un gran torto se gl'Ita

liani a rischio di rompere in visiera coll'opinione cattolica universale volessero

irrompere nella Città Eterna appena avessero i Francesi voltate le spalle. E Lord

Russell non parve credere che saressimo disposti ad agir così sconsideratamente

ma mantenne essere gli impegni nostri limitati a non attaccar il Papa nè per

mettere venga attaccato da forze regolari od irregolari salvo sempre il diritto

dei Romani di pensare ai fatti loro nel modo che crederan migliore.

Devo osservare però per debito di esattezza che fra le Legazioni tedesche epperciò più disposte di cercar di vedere le cose con occhio scrutatore, mi venne chiesto se fosse vero quel tche diceva il discorso sul guarentire noi le attuali Provincie Papali. E so di certo che il Signor Drouyn de Lhuys, all'epoca in cui sottoscrisse la Convenzione, mantenne con uno dei suoi principali Agenti diplomatici all'Estero l'opinione analoga. E gli venne domandato se i plenipotenziari Italiani vi avessero aderito. E il Ministro rispose essere ad ogni modo questo il suo modo di vedere, al che rispose il Diplomatico che era certo gli Italiani non aver accettata que~E>ta versione, e neppur poterla accettare facendo astrazione del voto verso Roma che prevaleva in Italia.

Egli è chiaro che nel frasare il discorso si è cercato di far risaltare questa versione che tante volte venne da noi contraddetta. Credetti bene non lasciar ignorare nè da Lord Palmerston nè da Lord Russell certi dati precisi che ultimamente mi pervennero su intrighi Borbonici in Inghilterra; parvero colpiti, e dissi ad entrambi che era opportuno che pel caso in cui si parlasse d'Italia in Parlamento essi sapessero ,come stavano le cose. E benchè, secondo le vigenti leggi qua, non si potesse far nulla, però sarebbe bene che il Governatore di Malta fosse stato invitato a tener d'occhio a quanto si passava a quel riguardo nell'Isola.

Portai poi il discorso sulle notizie venute d'America e mi disse Lord Palmerston che non attaccava grande importanza a queste proposte di pace perchè le credeva forse più messe innanzi per fini di politica interna. Essendo bene mostrarsi non alieno dal trattare. Ma veniva da un lato Lincoln con abolizione di schiavitù da una mano e rkostHuzione dell'unione nell'altra; dal iato opposto Davis voleva basare la pace sulle due proposizioni esattamente opposte. Che probabilità aveasi per conseguenza di intendersela?

Lord Russell disse pressappoco lo stesso, mettendo il suo ragionamento per parte del Sud, ove il Presidente dovea per seguitar la guerra dimostrarsi non alieno dal far pace ma dimostrar evidente che inaccettabili fossero le condizioni del Nord. Non poter del resto pel fatto stesso delle cose il sud far concessioni, che solo stavano nelle mani del Presidente Lincoln; però aggiunse che sicuramente lo stesso trattare era segno di debolezza.

Si pensa dunque che continueranno le ostilità, speranza tanto più grata che la prossima denunzia dei trattati dei laghi, che molto chiaramente trovai descritta nel giornale dei Débats d'avant'ieri, fa temere agli Inglesi probabili complicazioni cogli Stati Uniti fra non molti anni.

Lord Russell mi disse d'aver dichiarato ai Brasiliani che intendeva dovessero rimanere salve a Montevideo le proprietà dei Neutri e protestavasi contro il bombardamento di città non fortificata.

(1) Cfr. n. 5G3.

583

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 131. Parigi, 17 febbraio 1865.

Col mio dispaccio telegrafico d'oggi (1) mi affrettai ad annunciare a V. E. che il libro giallo, del quale Le spedisco questa sera una copia sotto fascia, non contiene alcun documento il quale modifichi essenzialmente l'atteggiamento preso dal Governo francese nella questione romana. Tuttavia credo mio debito d'esaminare il complesso dei dispacci relativi a quella questione, e di far rimarcare all'E. V. quei brani di essi che hanno specialmente attirata la mia attenzione.

La prima osservazione che mi accade di fare si è che il Libro giallo di quest'anno non contiene alcun dispaccio che non sia d'origine francese. Anzi la parte che risguarda l'Italia non contiene nemmeno alcun dispaccio dei diplomatici francesi all'estero. Il Signor Drouyn de Lhuys ha riservato esclusivamente a sè la parola in quest'occasione. Egli era certo in diritto di farlo; ma ciò giova a spiegare come l'impressione prodotta dalla lettura non interrotta di questi documenti sia per avventura diversa da queLla prodotta dai medesimi la prima volta che furono pubblicati.

Il dispaccio al Conte di Sartiges del 12 Settembre 1864, che apre la serie dei documenti sulla questione romana, ebbe mercè la stampa grandissima eco nella opinione pubblica. Le dichiarazioni in esso contenute, e che trovano un riscontro insperato nei dispacci che chiudono questa serie e che risguardano la pubblicazione dell'enciclica ed il biasimo inflitto a Monsignor Chigi, sono la prova più eloquente che la convinzione dell'impossibilità della durata del potere temporale comincia, malgrado tutte le affermazioni contrarie, a penetrare nell'animo dell'Imperatore e del suo governo.

La notificazione alla Corte di Roma della convenzione del 15 Settembre

forma lo scopo d'un secondo dispaccio al Conte di Sartiges, in data del 23 set

tembre, che non contiene nulla di rimarchevole. Lo stesso può dirsi del dispaccio

al Barone di Malaret, in data pure del 23 settembre, ch'era già stato comunicato

al Governo del Re.

Ma il dispaccio al Duca di Gramont, ambasciatore di Francia a Vienna, del

26 settembre, che Le segnalai a suo tempo (dispaccio della Legazione 4 ottobre

ultimo) (1) merita, a mio avvilso, di essere ponderato da V. E. Il Signor Drouyn

de ·Lhuys dichiara nella sua risposta che la convenzione non implica un aggiusta

mento definitivo della questione romana, ch'essa non fa che sostituire un nuovo

modus vivendi ad un sistema di cui si erano provati gli inconvenienti. È questa

una dichiarazione di cui potremo prender atto nell'avvenire e che, sebbene fatta

con intenzioni diverse, potrà un giorno non essere inutile al Governo italiano.

Più grave si è l'altra dichiarazione: che cioè la convenzione non modifica la

situazione generale dell'Italia. Per dimostrarlo, il Signor Drouyn de Lhuys ram

menta che la Francia riconobbe, senza guarentirlo e senza approvare gli atti

che lo crearono, il Regno d'Italia: soggiunge che nel fatto il Governo del Re

esercitava a Firenze da quattro anni tutti gli attributi della sovranità, e che in

sostanza non si modifica alcun diritto pel solo fatto che un Governo trasferisca

la sua sede in una città e vi eserciti direttamente la sua sovranità in luogo di

delegarla ad un Prefetto.

Questa dichiarazione risponde evidentemente alle proteste dell'Austria circa il trattato di Zurigo, di cui per altro non è fatta alcuna menzione nel dispaccio stesso, e questo silenzio in tale occasione mi pare degno di essere osservato. Ha pure lo stesso scopo di calmare i timori dell'Austria la distinzione fatta nel dispaccio stesso fra la violazione del principio del non-intervento, che talora può essere inevitabile, ma ch'è sempre spiacevole e sempre temporaria, sia che proceda dall'Austria o dalla Francia, e la composizione d'un esercito mercenario composto anche tutto di gente straniera alle provincie romane.

Malgrado queste dichiarazioni le quali riescirono a calmare gli allarmi austriaci, il tuono generale del dispaccio è abbastanza duro e lascia capire che a quell'epoca i rapporti fra i due Gabinetti di Vienna e di Parigi dovettero essere molto tesi. La fine del dispaccio in cui il Ministro francese degli Esteri dichiara che avendo sopportato solo l'onore e gli oneri dell'occupazione romana, non aveva a consultare nessuno circa il modo e l'epoca di por termine ad essa, e soggiunge che in altre occasioni l'Austria rifiutò di unirsi alla Francia per dar consigli di moderazione al Governo papale, ha qualche cosa di risentito che mi pare degno di segnalare di nuovo all'E. V.

Il dispaccio del I• ottobre al Conte di Sartiges lascia vedere che l'impressione prodotta dalla convenzione sulla Corte di Roma fu sommamente sgradevole. L'Ambasciatore francese ebbe ordine di non chiedere nè provocare alcuna risposta da parte del Papa e del suo Governo.

Dopo la comunicazione al Barone di Malaret della dichiarazione firmata a Parigi il 3 ottobre, trovo nel libro giallo un altro dispaccio all'Ambasciatore francese a Roma, in data dell'H ottobre 1864. Esso è rimarchevole perchè constata gli sforzi del Conte di Sartiges perchè il Governo papale si esoneri giusta l'articolo 4• della convenzione della parte del suo debito afferente alle provincie annesse al nostro Stato. In una conversazione puramente accademica il cardinale Antonelli avrebbe cercato col Conte di Sartiges il modo di eseguire questa parte della convenzione senza riconoscere il Regno d'Italia. Segnalo questo dispaccio siccome quello che accenna ad una eventualità che potrebbe verificarsi in appresso.

Il dispaccio del 15 ottobre al Barone di Malaret fu già comunicato al Governo del Re. Le frasi dubbiose che ivi si leggono sull'ordinamento definitivo dell'Italia sono dovute probabilmente all'agitazione inseparabile dalle importanti discussioni avvenute nel nostro Parlamento dopo la convenzione.

Questa impressione domina pure nel dispaccio al Conte di Sartiges del 22 ottobre. Il Signor Drouyn de Lhuys vi loda il contegno di aspettazione e di riserva assunto officialmente dalla Corte romana: anche la Francia, esso dice, aspetta ad eseguire la convenzione che l'Italia abbia per parte sua eseguito l'impegno di trasferire la capitale. Evidentemente fu il nobile e coraggioso contegno del Governo del Re in questa difficile crisi che strappò finalmente all'Imperatore CJ.Uel riconoscimento definitivo ed incondizionato dell'unità italiana che forma la frase più splendida e più applaudita dell'ultimo discorso d'apertura delle Camere francesi.

I dispacci al Barone di Malaret dei 28 e 30 ottobre e 2 novembre sono già noti a V. E. I due ultimi furono già pubblicati e V. E. rispose ad essi colla sua nota del 7 novembre scorso (1). Quanto al dispaccio del 28 ottobre, io ne ebbi lettura a quell'epoca dal Signor Drouyn de Lhuys; ma, se non m'inganno, alcuni brani di esso furono posteriormente modificati, come ciò accadde anche per altri dispacci, probabilmente per produrre nel pubblico francese un'impressione determinata. Tale è, o mi pare la frase in cui accenna che la Convenzione " reconnait en Italie deux souverainetés, et en attendant qu'un accord plus intime ait ;m s'établir entre elles, elle assure leur coexistence ».

È pure notevole nel dispaccio del 15 novembre al Ministro di Franf'ia a Torino la frase seguente: • A notre avis, Rome et le Patrimoine de S. Pierre ne sont nullement indispensables à l'unité italienne; mais nous pensons qu'il importe essentiellement aux destinées de l'Italie qu'une reconciliation s'effeci:ue entre le S. Siège et le Gouvernement italien •.

La risposta francese al dispaccio di V. E. del 7 novembre scorso non figura nel libro giallo.

Ho già ne' miei precedenti rapporti segnalato a V. E. i due dispacci del 27 dicembre e 7 gennaio relativi alla pubblicazione dell'enciclica. Ma più rimarchevole degli altri per la sua concisa ed inesorabile chiarezza, è il biasimo dato alla condotta del Nunzio col dispaccio che chiude la serie relativa alle cose di Roma e che ha la data dell'8 corrente. La pubblicazione di questo dispaccio distrugge l'effetto di tutte le note del Moniteur e crea a Monsignor Chigi nel mondo politico una situazione veramente intollerabile.

Riassumendo questa analisi, mi pare che V. E. possa chiaramente desumere dai documenti che ho accennati che il Governo imperiale continua a volere, innanzi alle Camere francesi, difendere la Convenzione, come un fatto non sfavorevole al potere temporale del Papa. L'Exposé de la Situation de l'Empi1·e conferma esplicitamente questa induzione. Esso dichiara che il trasferimento della capitale non è una semplice tappa ve1·so un'altm capitale, ch'esso non è un espediente destinato ad apTir la strada che conduce a Roma. La Convenzione era reclamata dagl'interessi francesi i quali non permettevano la continuazione inde

(l} Cfr. n. 388.

finita della occupazione francese. L'Italia essa sostituisce ad una situazione indecisa e confusa, che poteva essere causa d'anarchia nell'interno e di complicazioni alL'estero, uno stato di cose regolare e normale: la traslazione della capitale accelera i progressi dell'unificazione italiana ed apre l'adito nelL'avvenire ad 1ma riconciliazione fra l'Italia ed il Papato.

Queste dichiarazioni non sono nuove per V. E. Era a prevedersi che il Governo imperiale volesse giovarsi di esse appunto per difendere la sua condotta innanzi al Senato ed al Corpo legislativo. Gli applausi che accolsero le frasi del discorso imperiale relativo al mantenimento del potere civile non lasciano alcun dubbio che una forte maggioranza non si rannodi anche su codeste questioni intorno al Governo. L'unità italiana francamente accettata, non solo dal Governo, ma dall'opinione pubblica in Francia, ecco il grande risultato degli ultimi negoziati. Il buon senso delle popolazioni italiane e l'accorta fermezza dei nostri uomini di Stato faranno fare nuovi progressi alle questioni italiane.

(1) T. 57, non pubblicato.

(1) Cfr. n. 298.

584

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 64. Londra, 20 febbraio 1865, ore 16 (per. ore 18,45);

L'espion habituel m'assure que Mazzini revenu samedi, repart ce soir pour Belgique où parti républicain et bourbonien organtsent enrolements. Il propose, moyennant dix livres sterling, de se rendre à Anvers pour les surveiller. Pensezvous au'il soit à propos accepter? (1).

585

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 8. Berlino, 21 febbraio 1865 (per. il 24).

Le Mémorandum relatif à l'organisation des Duchés, contenant les propositions, ou plutot les aspirations Prussiennes, comme le disait M. de Bismarck, est terminé, et il aurait du etre adressé aujourd'hui meme au Cabinet de Vienne, si une légère indisposition du Roi qui n'a pu encore en prendre connaissance n'en avait retardé l'envoi. Les points princ1paux 1sur J.esquels portent les demandes de la Prusse sont en premier lieu l'établissement d'une convention militaire semblable à •celles déjà ];lassées avec certains petits Etats médiatisés et dont le résultat a été de fondre leur armée dans celle de la Prusse. Comme conséquence de cette première exigence, la Prusse réclame sa mise en possession du

21 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. V

port et de la rade de Kiel qui seraient déclarés appartenir à la Prusse, et dont elle pourrait disposer exclusivement dans l'intérèt de sa marine. L'administration, aussi bien que la constitution politiQue des Duchés, devraient etre calquées sur celles de la Prusse. Enfin rien ne devrait s'opposer à ce que la P):usse fit creuser ce fameux canal maritime dont il a été si souvent question et qui serait flanqué à ses deux extremités de deux fortereSISes oercupées par des troupes Prussiennes. Quant à la question de SUICcession il n'en est pas parlé; et de d'ait l'on peut se demander quelle part de souveraineté resterait au Prince qui consentirait à étre placé à ila téte des Duchéls dans de vareHles ·conditions de vasselage.

Ce serà maintenant au tour de l'Autriche de répondre, et il n'est pas difficile de prévoir, qu'ayant nettement formulé son opposition à toute annexion directe ou indirecte, elle ne consentira jamais à une combinaison qui livrerait complètement les duchés entre les mains de la Prusse, en amoindrissant considérablement l'influence et la prépondérance autrichienne en Allemagne. Chacun en effet comprend quelle force énorme et quel prestige irrésistible viendrait apporter à la Prusse la création instantanée d'une marine qui lui donnerait précisément l'élément de force qui lui manque pour en faire une véritable grande Puissance. Cette considération suprème suffirait à elle seule pour engager l'Autriche à refuser son .consentement; et à moins d'accords secrets portant sur la garantie des possessions extra fédérales, et dont alors il ne serait plus permis de douter, l'Autriche refusera péremptoirement. Mais la réponse négative du Cabinet de Vienne ne terminera rien; il faudra encore attendre les répliques de la Prusse qui n'a aucun intérét à se presser, et -ce jeu de bascule pourra durer encore longtemps, surtout si, comme l'Autriche semble plus que jamais y tenir, l'on fait intervenir dans le débat l'autorité de la Diète Germanique.

Le discours de l'Empereur Napoléon a été regardé ici comme l'expression accentuée de sentiments très pacifiques. L'on aurait voulu qu'en parlant des affaires des Duchés Sa Majesté ,se fut !Prononcée dans un sens plus favorable aux intérets Prussiens. Cette réserve marquée, ne faisant mention que du principe des nationalités, a confirmé bien des personnes politiques dans la pensée que, si jusqu'à présent l'Empereur Napoléon s'est tenu dans une complète abstention et semble disposé à tout laisser faire à la Prusse, c'est qu'il n'est pas faché de voir établir par cette Puissance elle meme des précédents qu'il se propose, suivant J.e cours des événements futurs, d'invoquer ;plus tard contre elle. En ce qui concerne la question Italienne, l'on a remarqué que Sa Majesté, en dehors de ses sympathies bien prononcées, s'était servie des mots de royaume et de patrie; et qu'ainsi Elle avait bien positivement renoncé à ses ainciennes idées de fédéralisme qu'on avait toujours supposé en Allemagne ètre le fond intime de sa pensée.

En général le corps diplomatique a fortement approuvé le discours impérial

comme présentant des assurances certaines de paix pour l'année qui vient de

commencer; et le Ministre d'Angleterre s'est plus particulièrement distingué dans

les éloges qu'il en fait et qui vont, comme il le dit lui méme, jusqu'à l'admiration.

Jusqu'à présent je n'ai point encore fait mention des débats de la Chambre

Prussienne, dont personne ici ne s'occupe et qui n'auront, je ne dis pas quelque

importance, mais seulement quelque intérét, que lorsque l'on abordera la proposition du Gouvernement relative à l'organisation militaire. Au reste l'on sait à l'avance que ces propositions seront refusées; et comme d'autre part l'on est habitué à voir le pays gouverné et administré sans l'assentiment de la représentation nationale, et surtout sans la votation régulière du budget, l'on ne se préoccupe pas autrement de •cette situation anormale que pour constater l'impuissance radicale du Parlement en présence d'un Gouvernement militaire qui se sent assez fort pour se passer du droit.

(1) Cerruti inviò il 21 febbraio un telegramma al ministro a Bruxelles con l'istruzione di sorvegliare Mazzini.

586

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 25. Carlsruhe, 21 febbraio 1865 (per. il 24).

Nella seduta del 16 corrente ebbe luogo nella Camera dei Deputati a Stuttgard un'interpellanza del Signor Holder sulla riconoscenza dell'Italia. Nel suo discorso relativo questo deputato appartenente al partito liberale, parlando dell'utilità dei rapporti tra il Wurtemberg e l'Italia, •conchiuse col dire

• -Esser giunta l'epoca nell'interesse del suo paese di riconoscere il Regno Italico, e che i riguardi verso l'Austria non sono attualmente a suo credere fondato motivo per impedire tale riconoscenza •. - • -Trovarsi quanto alla riconoscenza dell'Italia in tutt'altra posiZione che il Deputato .interpellante. Se il Regno Italico cessasse di far valere officialmente e officiosamente delle pretensioni sulle Provincie del·la Confederazione Germanica, i negoziati per la riconoscenza potrebbero essere iniziati, ma finché nelle sedute del Parlamento Italiano si udivano Ministri Italiani proclamare che l'attacco della Venezia non era che questione di tempo, era nell'interesse, non solo Austriaco, ma Germanico di rifiutare tale riconoscenza, attesoché la conquista della Venezia arrecherebbe debolezza non tanto all'Austria quanto alla Germania. Quindi, continuò il Ministro, non debbo né voglio consigliare attualmente

(der Zeit) a S.M. il Re la riconoscenza dell'Italia •.

Tale è la traduzione per quanto è possibile testuale del resoconto della

Gazzetta Ufficiale, dal quale apparisce che l'ultima frase del discorsò è essen

zialmente travisata nel resoconto degli altri giornali, che pongono in bocca del

Ministro la parola che mai consiglierebbe al Re la riconoscenza dell'Italia.

Oltre le precitate informazioni dirette testé ricevute da Stuttgard, il mio corri~tpondenté aggiunge non .sembrargli aver la Camera espresso approvazione

o disapprovazione di sorta quanto al discorso del Ministro Wiirtemberghese in risposta alla non opportuna (mi sembra) interpellanza Holder, consentanea, per quanto a noi sfavorevole alle dettagliate informazioni ·che ebbi il'onore di trasmettere precedentemente a V. E. nel mio annesso al dispaccio n. 40 (1) sulle opinioni del Barone VarnbUler relativamente all'Italia.

Qui unito un dispaccio cifrato.

.ALLEGATO

ANNESSO CIFRATO

Baron de Roggenbach a été lui méme fort surpris déclaration Ministre des Affaires Etrangères dans la séance du 12 au Parlement de Stuttgard sur non reconnaissance de l'Italie.

S. E. m'a dit, en le déplorant, que son collègue Wurtembergeois se laisse souvent entrainer par impression du moment et ensuite est obligé rebrousser chemin comme récemment sur questions chemin de fer et négociation Traité avec la Suisse malgré déclarations contraires faites préalablement aux Gouvernements intéressés.

VeuiUez ajouter à chiffrant le N. 12280 pour dénoter Baron de Varnbtiler.

Il me résulte positivement de double source, que Baron de Roggenbach a entretenu dernièrement Ministre de Bavière à Stuttgard sur affaires italiennes, en lui expliquant politique Badoise envers Italie de manière à le convaincre en partie de l'opportunité de la reconnaissance de l'ltalie.

Je doute cependant, avec les idées de Van der Pfordten rapportées dans l'annexe à la dépéche N. 41, de l'efficacité de pareille démarche, quoique fort appréciable, surtout après les déclarations Ministérielles dans le Parlement de Stuttgard, et persiste à croire qu'il faut attendre circonstance européenne plus favorable ou nécessité urgente pour l'Allemagne de rapports directs avec nous dans l'intérét commerciai.

(1) Cfr. n. 556.

587

IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 7. Pietroburgo, 21 febbraio 1865 (per. il 2 marzo).

Mardi dernier, je me suis ménagé un entretien avec le Prince Gortschakoff. Je tenais à lui donner lecture des principaux passages des instructions que V. E. a bien voulu me transmettre parla dépeche du 24 Janvier échu.

Après avoir mftrement réfléchi, il m'a paru que je pouvais sans aucun inconvénient en faire connaitre le contenu. Je constatais ainsi, dès le début, que j'étais muni des ordres tles plus ,catégoriques d'employer tous mes efforts à maintenir et à dévelQPper les meilleurs rapports entre l'Ita1ie et la Russie. Je marquais en meme temps que je tenais à gagner la confiance du Ministre Impérial des Affaires Etrangères par la franchise de mes procédés.

A plusieurs reprises ma lecture a été interrompue par des observations. Je vais les résumer.

Le tracé historique des services signalés rendus en maintes circonstances par la dynastie des Romanow à la Maison de Savoie a été complété par le fait bien connu des prétentions de l'Autriche, au Congrès de Vérone, d'exclure les Carignan du Tròne de Sardaigne, prétentions repoussées par l'Empereur Alexandre l"". En 1859, l'attitude de la Russie a penché également de notre còté, car l'Empereur Napoléon n'hésita pas à déclarer que jamais il n'eftt entrepris la guerre, si le Czar ne l'avait a:ssuré de sa neutralité bienveillante.

Le Prince a beaucoup applaudi à la phrase de la dépeche classant dans le précieux héritage accepté parla nation italienne, l'amitié qui a régné si longtemps

entre les deux Cours. Il n'était pas le premier à reconnaitre combien il importait à la Russie de chercher un point d'appui dans la Péninsule. En souscrivant aux paroles du Comte de Cavour sur le paralléhsme de leurs intérèts essentiels, il se prit à raisonner sur les épreuves qu'ont traversées les relations des deux Gouvernements. La 'conduite du Cabinet Im;périal, lors de la dernière rupture des rapports diplomatiques, aussi bien qu'en 1862 à l'époque de la reconnaissance de notre Royaume, n'avait point été dictée par la crainte que le triomphe de la cause italienne pùt ètre celui de la révolution. Tout d'abord le cabinet Russe avait dù témoigner de ses sympathies pour les princes dépossédés, dont le bon vouloir ne lui avait jamais fait défaut, et plus tard il aurait eu également mauvaise grace s'il n'avait cherché à atténuer le rude coup porté par le mème acte de reconnaissance. Au reste il rendait justice à nos efforts et à nos succès dans notre travail de réorganisation intérieure.

Les insinuations pleines de vérité contre l'Autriche qui voudrait • engager la Russie dans les liens d'une amitié plus périlleuse que son hostilité méme •, ont été accueillies par les mots: • Il n'y a aucun aveuglement de notre part. Nous ne lui avons promis aucun appui contre vous. Nous n'avons pris aucune garantie. Nous avons été parfaitement édifiés sur ses allures durant les derniers troubles de la Pologne; mais nous croyons qu'elle agissait de la sorte plus par nécessité de position que par un mauvais vouloir systématique. Elle devait ètre bien convaincue que nous aurions accepté la guerre avec toutes ses conséquences, plutòt que de 'céder dans une question où notre dignité était en jeu. Je vois avec plaisir que certaines préventions se sont dissipées chez vous, devant l'évidence des faits. Moi-mème, je m'étais fait de généreuses lllUisions à cet égard. Je croyais pratkable Ja politique de fusion, représentée par le Marquis Wielopolski et soutenue par le Grand-Due Constantin. Mais, quand nous nous sommes aperçus que les bonnes intentions de l'Empereur étaient méconnues par les Polonais, que nous qualifìons à bon droit d'écervelés, et que ses ordres étaient vilipendés, il a fallu se dire que la tentative avait échoué, et reprendre le dessus par des mesures énergiques, sous peine de compromettre à jamais le prestige nécessaire de l'Autorité.

Quoi qu'il en soit, je suis instruit par les rapports de nos Agents du langage plein de sagesse tenu à vos Chambres par le Général de La Marmora. Cet hornme d'Etat mérite les suffrages de tous les hommes sensés. Vos instructions confìrment ses vues éclairées. Il faut en effet rechercher avant tout des solutions pacifìques. Je me rends compte des difficultés de la situation. Mais vous auriez tort de donner, aux paroles que j'ai adressées au Marquis Pepoli (rapport du 27 Mars 1864) (1) une extension qui n'entrait point dans ma pensée. Je lui avais dit sans détours combien il serait à désirer que tous les Souverains et leurs Gouvernements s'entendissent entre eux pour combattre les fauteurs de désordres et de convoitises qui pourraient menacer la tranquillité générale de l'Europe. Il conviendrait de se liguer contre ceux qui ébranlent ainsi les bases de la Société et agissent contrairement aux intérèts des Gouvernements et des peuples. Dans cette union, personne ne serait exclu, tout le monde serait le bienvenu,

<J) Cfr. Serie I. vol. IV, n. 646.

et chaque Etat trouverait sa piace, en raison du rang qu'il occupe. Ce projet n'avait rien qui ressemblat à une coalition, à une Sainte AZZiance, dans l'ancienne acception du mot. Celle-ci a fait son temps, et ses doctrines ne seraient, ni conseillées, ni acceptées par une Russie engagée dans la voie du progrès. Au reste, tout en appréciant le caractère et le talent de votre prédécesseur, il y avait parfois entre nous des points de divergence •.

J'ai exprimé l'espoir qu'en me plaçant, comme le Vice-Chancelier, sur un pied de confiance mutuelle, nous parviendrions à nous comprendre et à nous mettre d'accord dans une mesure équitable. Que s'il surgissait quelques-uns de ces tiraillements qui se produisent parfois, meme entre des amis !es plus intimes, nous saurions de part et d'autre nous appliquer à en détruire tout facheux effet, en nous rappelant que, si des convenances passagères peuvent nous diviser, nos intérèts permanents, la force des choses reprendront tòt ou tard le dessus. Notre programme national et Iibéral est trop connu, pour que je le rappelle à chaque instant. Chacun sait qu'il forme un rtout indivisible et conforme aux conditions essentielles de la prospérité et de la sécurité de I'Italie. Aussi, pour soutenir notre cause, me placerai-je sur un terrain qui, en Russie, sera peut-ètre mieux apprécié que celui de la nationalité et de la liberté. Je parlerai de préférence au nom de l'équilibre Européen, dont une Italie forte et indépendante, avec ses frontières naturelles, sera un des meilleurs pivots, en mème temps qu'elle tendra la main au Cabinet de St. Pétersbourg, pour développer son influence légitime vers la Méditerranée et l'Adriatique.

Le Prince Gortschakoff, reprenant alors la 1parole, faisait l'observation que

parfois par les petits moyens on arrivait à de grands résultats. Nous ferions

preuve, par exemple, de tact et de prévoyance pour notre propre cause, nous

lui préparerions des conditions favorables, si nous savions, sans parler de Ve

nise, nous concilier les sympathies de la Russie dans !es questions qui touchent

à l'Orient. • Ainsi, ajoutait-il, pourquoi ne pas vous ranger de notre bord dans

l'affaire des couvents dédiés? Pourquoi n'avez-vous pas accepté la proposition

Ignatieff? Tout cela vous intéresse beaucoup moins Que nous •.

J'ai répondu par !es memes arguments développés dans la correspondance

de V. E. J'ai rappelé à mon interlocuteur que nous devions, quelqu'en fùt notre

vif regret vis-à-vis de la Russie suivre cette mème politique de conséquence à

l'étranger comme à J.'intérieur, qu'il s'était proposée J.ui-méme daru; son adminis

tration, si glorieuse pour l'Empire.

J'ai lu alors l'artide de mes instructions relatif à l'Orient: acte de navi

gation du Danube, règlement des affaires du Liban, où, jusqu'ici du moins, nous

avions rencontré plus de déférence envers l'Autriche qu'envers l'Italie, etc. etc.

Sur le premier point, le Vice-Chancelier m'assura avoir écrit à Vienne pour

vaincre les répugnances de l'Autriche. II n'avait encore reçu qu'une réponse

assez vague, mais il espérait qu'on aboutirait à un accord. Quant au second point,

on avait demandé dans le temps son opinion, comme à un juré. En bon Iogicien,

il avait dù répondre que ni la Sardaigne, ni l'Italie, n'ayant participé aux pre

miers arrangements du Liban, on ne pouvait de jure admettre leur compétence.

J'ai signalé les réclamations présentées sous le Ministère de feu M. le Comte

de Cavour et les démarches réitérées faites subséquemment. J'ai fait ressortir

que l'esprit, au moins, du traité de Paris venait à l'appui de nos justes prétentions. Je n'ai pas voulu insister davantage.

Le Princé Gortschakoff s'est montré extremement sensible au ton de cordialité qui vibre à chaque ligne des instructions tracées par V. E. Avec sa perspicacité, qui le place au premier rang des hommes d'Etat, il partage comme nous le désir .de maintenir lei3 meilleure.s relations entre deux Pays, si bien fnits pour s'entendre et régis par des Souverains si chevaleresques et si dignes, l'un et l'autre, du dévouement de leurs Peuples. A plusieurs reprises il s'est plu à me dire QUe le document, dont je venais de lui donner une lecture partielle faisait honneur à notre Chancellerie. Il était aussi bien écrit que bien pensé. Il me demanda mème de le laisser confidentiellement entre ses mains pour qu'il pùt le soumettre, dans notre propre intér·èt, à S. M. l'Empereur.

Il m'a semblé Que, dans ce cas exceptionnel, je pouvais parfaitement me départir des règles ordinaires de la diplomatie. Je n'ai eu au reste dans ma carrière qu'à me féliciter de jouer cartes sur table. Nous n'avons rien à cacher dans notre politique. Si nous devons tenir à ce Que chacun puisse l'apprécier dans ses moindres détails, a fortiori devons-nous témoigner de notre confiance vis-à-vis d'un Souverain qui s'appelle Alexandre II, et vis-à-vis d'un Ministre qui personnifie d'une manière si éminente • la grande politique Russe •.

Jeudi dernier, à un bal, l'Empereur a bien voulu s'approcher de moi pour m'exprimer sa satisfaction de la preuve de confiance que je venais de donner et dont je n'aurais pas à me repentir. S. M. manifestait en meme temps combien Elle avait apprécié l'esprit amicai et plein de modération qui avait inspiré cette dépèche, véritable modèle de style et d'élévation dans la pensée.

A cette mème audience dont je viens de rendre compte, le Prince Gortschakoff m'a communiqué confidentiellement une dépèche de M. de Kisseleff, qui contenait d'intéressants détails sur les derniers incidents de Turin. Le tout rédigé avec une vérité et une bienveillance qui prouvent combien nous devons nous louer d'avoir ce digne représentant près notre Cour. A ce propos j'ajouterai que l'Empereur m'a dit en toutes lettres que, en se mettant en lieu et place de Notre Auguste Souverain, il comprenait parfaitement son départ pour Florence, lors mème qu'on ne saurait rendre la ville de Turin reSl)onsable des désordres de quelques malintentionnés.

(1) Non pubblicato.

588

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE AD ALESSANDRIA D'EGITTO, BRUNO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE S. N. Alessandria, 21 febbraio 1865 (per. il 7 marzo).

Ho ·ricevuto l'ossequiato di Lei dispaccio confidenziale del 2 febbraio 1865 (1) il'elativo a~ taglio dell'Iistmo di Suez e mi reco a debito di r1sponderle. Il Governo del Vice Re sa che il Governo Italiano e l'Italia tutta pr-endono il più vivo interesse alla felice riuscita dei lavori intrapresi pel taglio dell'Istmo

di Suez e conosce quanto l'avvenire e la prosperità del nostro paese siano intimamente legati a questa grand'opera. Quand'io fui chiamato a rappresentare il Governo del Re in questa residenza, il compianto Conte di Cavour mi diede istruzioni precise e verbali su questo argomento, ordinandomi di non mai prendere alcuna ingerenza nelle questioni che il taglio dell'Istmo di Suez avrebbe sollevato e di Umitarmi a lasciar travedere in privato :l'interesse. ~che tutta l'Italia aveva al suo pronto compimento. Fedele a queste istruzioni io non mi sono mai ufficialmente ingerito nelle molteplici a,uestioni ch'ebbero luogo tra la Compagnia dell'Istmo ed il Governo Egiziano, ma dall'altro canto non ho mai omesso di dire in ogni occasione apertamente, che nessun paese era più dell'Italia interessato a veder aperta ai bastimenti mercantili una comunicazione non interrotta tra il Mediterraneo ed il Mar Rosso. E del resto debbo confessare che non ho mai incontrato alcuna difficoltà nell'osservanza delle ricevute istruzioni, imperocché lo stesso Governo Francese, ch'è il più direttamente interessato, non prese alcuna diretta ingerenza ufficiale nelle quistioni suscitate dal Governo di Ismail Pacha contro la compagnia di Suez, se non dopo che queste quistioni furono portate davanti al suo tribunale dallo stesso Vice Re, essendosi per lo passato limitato a far proteggere dal suo Console Generale la Compagnia del

l'Istmo, come qualsiasi altra Compagnia commerciale francese.

Io non apprenderò nulla di nuovo al Vice Re manifestandogli, come mi ordina l'E. V. il vivo desiderio del R. Governo di veder superate le difficoltà, che, suscitate dal Vice Re stesso e dal Governo Britannico ne incagliano il corso, e nel mentre questa manifestazione non avrebbe alcun utile risultato, essa potrebbe nuocere ai nostri buoni raprporti col Governo della Gran Bretagna. Imperocché se Ismail Pacha per contrariare i lavori del taglio di Suez non ha punto esitato ad inimicarsi non solo il Governo francese, a cui come discendente di Mohamed Ali avrebbe dovuto essere legato da eterna riconoscenza, ma a rendersi ostile la Francia tutta, che avea sempre mostrato tanta simpatia per la dinastia Egiziana, non è a sperare, ch'egli possa mutare consiglio per le manifestazioni ch'io gli facessi dei desideri del Governo del Re già da lui conosciuti. Egli sarebbe per altra parte indubitato, che appena io avrei parlato al Vice Re del desiderio del R. Governo -di veder appianate le difficoltà che incagliano il corso dei lavori dell'Istmo, il Signoc Bulwer, rche gli sta ogni giorno ari fianco e che è presentemente con lui nella più grande intimità, ne sarebbe immediatamente informato.

Se l'esperienza che ho acquistato colla residenza in questo paese mi facesse

lecito di esprimere la mia opinione su questo argomento io direi che i lavori

del taglio dell'Istmo di Suez racchiudono ancora in germe grandi questioni, e

che se gli interessi politici e generali del Governo Italiano lo consigliano a

prendervi parte, esso deve farlo in modo tale, che nel mentre assume dei rischi

abbia anche la certezza o la speranza di vantaggi e non parlo soltanto dei van

taggi derivanti dall'apertura del canale di Suez. Il Governo del Re non dovrebbe,

a mio avviso, entrando in questa vertenza, cedere ad istanze del Signor di Les

seps o di altro rappresentante della Compagnia, ma a quelle del Governo fran

cese o dell'Imperatore, il quale avendo pronunziato una sentenza come arbitro

è ora personalmente interessato a vincere gli intrighi che si sono orditi per impedire l'eseguimento del suo arbitrato. Così operando, se da un lato potrà dispia

cere al Governo Britannico, avrà dall'altro la gratitudine del Governo Fran

cese (1). Finchè non si tratta, che di dimostrazioni favorevoli al taglio dell'Istmo

se ne possono fare senza .perkolo tante quante decidesse il Signor Di Lesse.ps,

ma nulla più senza un corrispettivo. E furono certo dimostrazioni favorevoli

l'onorificenza accordata or sono due anni agli Ingegneri della Compagnia Si

gnori Voisin, Sdamaf e Gioja, e quella ora concessa al Signor Di Lesseps, ma

si potrebbero ancora eccitare le principali Camere di Commercio dello Stato

a esprimere i loro voti in favore di questa grande intrapresa.

Finirò la presente coll'informare l'E. V., che per pormi in grado di dare sui

lavori del taglio quei ragguagli, che possono essermi richiesti dall'E. V. al mio

prossimo ritorno in Italia, ho fatto or sono pochi giorni una breve, anzi un po'

precipitata escursione lungo tutta la linea.

Voglia, Eccellentissimo Signor Ministro, perdonarmi la libertà forse ecces

siva colla quale io credendo di compiere il mio dovere le ho espresso la mia

opinione. Qualunque possa esserne il valore essa potrà per avventura giovarle

per dare al mio successore delle istruzioni precise su questo importantissimo

argomento.

(1) Cfr. n. 558.

589

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 10. Costantinopoli, 22 febbraio 1865 (per. il 4 marzo).

Il R. Agente e Console Generale in Bukarest avrà senza verun dubbio avuto l'onore d'informare l'E.V. a varie riprese circa alcune determinazioni del Governo rumeno lesive del principio sul quale sono basate le capitolazioni. Fra le illegali innovazioni tentate dal Principe Couza si osservano quelle concernenti le tasse sulle patenti, le successioni e libertà personale degli stranieri, la tariffa doganale, le tasse di dazio di consumo etc. etc.

Questo irregolare stato di cose, rivelato dalle accurate relazioni degli Agenti esteri in Bukarest non potè a meno di produrre sull'animo de' rappresentanti le Potenze garanti una forte impressione. Ben presto ci trovammo tutti d'accordo per ammettere la necessità di porre un freno alle pericolose innovazioni del Principe Couza, innovazioni che recavano grave perturbazione agli interessi esteri ne' Principati e minacciavano di rendere delicata la posizione nostra dirimpetto alla Sublime Porta, la quale non avrebbe trascurato di prevalersi della tolleranza nostra verso il Principe Couza per chiedere un rimestamento a suo vantaggio delle capitolazioni.

Dietro invito del Marchese di Moustier, che in assenza di Sir Henry Bulwer copre il ,carico di decano del Corpo diplomatico, [ rawresentanti delle Potenze

garanti si riunirono all'Ambasciata di Francia per prendere ad esame il sopraccennato stato di cose, e decidere il comune contegno da osservarsi.

Il Marchese di Moustier espose succintamente la questione e ci diede lettura di un dispaccio diretto in data delli 20 gennajo, se non erro, al Signor Tillos in Bukarest, nel quale il Ministro Francese degli Esteri caratterizza in termini di biasimo le irregolarità commesse dal Governo Rumeno, ed invita il Rappresentante francese a tenere al Principe Couza un linguaggio improntato da qualche severità, !asciandogli chiaramente intendere che il Governo francese è risoluto a non tollerare più oltre gli abusi introdotti dal suo Governo a danno degl'interessi stranieri. La lettura di questo documento, a quanto ci disse l'Ambasciatore lii Francia, impressionò fortemente il Principe Couza, il quale si affrettò di esprimere le più formali assicurazioni di correggere i lamentati abusi. Tuttavia il fatto non aveva peranco tenuto dietro alla promessa, a meno che il parziale cambiamento negli uomini chiamati a governare nella Rumenia, non accenni, come vuole sperarlo il Marchese di Moustier, alla voglia d'assecondare i desideri delle Potenze garanti.

Il Barone Prokesh si estese nell'esposizione de' casi in cui interessi austriaci furono lesi dalle Autorità rumene. Egli richiamò l'attenzione dei suoi colleghi sulla posizione speciale dell'Austria dirimpetto la Romania, contandosi in questa pressochè 300.000 sudditi austriaci, perciò più che ogni altro egli insisteva sulla necessità di porre un termine a' tentativi del Governo rumeno per conservare le capitolazioni. Si offerse presentare un elenco delle materie da esaminarsi. Fece però alcune osservazioni sulle tasse di patenti per i negozianti all'ingrosso, cioè che i negozianti austriaci ascritti a questa categoria accettavano la tassa, stante che, soddisfacendo ad essa, acquistavano il diritto di eHgibilità alle camere di commercio ed agli incarichi municipali neLle lo·calità ove risiedevano.

Il Generale Ignatiew, appoggiando vivamente la necessità di provvedere al rispetto delle capitolazioni ne' Principati, giudiziosamente fece osservare ch'era mestieri di rimanere fermi in queste determinazioni per non indebolire la posizion nostra dirimpetto alla Sublime Porta, la quale accenna da qualche tempo a scalzare le capitolazioni e per mantenere intatti i legami esistenti tra l'Impero Ottomano ed i Principati.

Si convenne per iscemare l'importanza eccessiva che potrebbesi attribuire alle nostre deliberazioni se si fosse proceduto a discutere sul principio istesso delle capitolazioni, di trasmettere sotto forma di istruzioni identiche ai rispettivi consoli il modo ·col qua,le essi dovevano di["igersi ne' singoli casi (1).

Tuttavia si ammise la convenienza di far precedere le istruzioni da una identica comunicazione a' Consoli, nella quale si farà loro conoscere che le relazioni da loro trasmesse sulle succennate violazioni delle capitolazioni avev'ano decisi i Rappresentanti delle Potenze garanti a preoccuparsi di questo stato di cose e di fare soggetto d'un serio esame i singoli casi da loro riferiti come lesivi del principio delle capitolazioni, coll'aggiunta di avvertire di queste nostre risoluzioni il Governo rumeno. Il Marchese di Moustier propose che ognuno di noi si assumesse l'incarico di stendere le istruzioni identiche sopra uno degli argo

menti, di cui più sopra feci cenno. Questo essendo stato accettato, al Generale Ignatiew fu dato l'incarico di redigere il progetto di comunicazione identica, nella quale saranno lamentate le innovazioni del Principe Couza, e si annuncierà la risoluzione di porvi un freno ed un rimedio.

Appena che il Ministro di Russia avrà in pronto il suo progetto di comunicazione, ci riuniremo di nuovo all'Ambasciata di Francia per esaminarlo e per convenire della distribuzione degli ulterio11i lavori ai quali ritengo servirà di base

il progetto di regolamento per l'esercizio della giurisdizione consolare nei Principati Uniti, redatto dagli Agenti delle Potenze garanti e sottc~s1 critto a Bucarest lì 7 aprile 1862.

(1) Con R. 112 del 13 gennaio Nigra aveva comunicato: « H Signor Drouyn de Lhuys poi mi lasciò chiaramente comprendere come ogni cosa che indichi nel Governo del Re l'intenzione di dare appoggio a questa impresa importante nella quale gl'interessi della Francia e dell'Italia sono comuni, tornerebbe naturalmente gradita al Governo Imperiale •.

(1) Con R. 13 dell'S marzo Greppi trasmise copia delle istruzioni identiche inviate il 3 marzo ai rappresentanti delle potenze garanti a Bucarest.

590

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI, AI MINISTRI A BERLINO, DE BARRAL, A LISBONA, TALIACARNE, A LONDRA, D'AZEGLIO, A PARIGI, NIGRA, A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, E A MADRID, CAVALCHINI GAROFOLI

T. 58. Torino, 23 febbraio 1865, ore 14,15.

Sa Majesté vient d'arriver accueillie par acclamations enthousiastes de la population. Elle a été reçue à la gare du chemin de fer par ministres, municipalité, députation des ouvriers. Elle assiste en ce moment, entourée de sa famille, de sa Cour, et des principaux fonctionnaires au défilé de la garde nationaie (1).

591

IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI. LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 8. Pietroburgo, 23 febbraio 1865 (per. il 2 marzo).

J'ai cru convenable de lire hier au Prince Gortchakoff la minute du rapport ci-joint, N. 7 (2). Il a bien voulu m'assur& que j'avais fidèlement rendu son langage, et il espérait que cette dépeche produirait une bonne impression à Turin.

Il m'a seulement prié de modifier le passage relatif à la conduite du Cabinet

Impérial lors de la dernière rupture des relations diplomatiques et à l'époque

de la reconnaissance de notre Royaume. D'après ma version, la Cour de Russie

n'aurait alors agi, en quelque sorte, que par acquit de conscience vis-à-vis des

Princes dépossédés, elle s'excuserait presque de son attitude, tandis qu'elle re

grettait sincèrement d'avoir vu méconnaitre les droits de ces Souverains, de

meme qu'elle désapprouvait les actes de notre politique qui avaient constitué le nouvel état de choses. Le principal motif qui avait néanmoins décidé le Gouvernement Impérial à passer outre, avait été celui de fortifier le principe monarchique dans la Maison Royale de Savoie. Quelque rétrospectif qu'il soit, le fait devait rester acquis à l'histoire.

J'ai promis au Prince Gortchakoff d'accentuer son langage dans ce sens, ce que je fais par <ces quelques lignes. Mais en meme te!IliPs je lui ai fait observer qu'à certains égards nous devions nous féliciter de la vivacité des regrets énoncés, car ils nous donnaient la mesure de la distance franchie pour un rapprochement vers l'Italie. La Russie est venue de plus loin.

Le Vice-Chancelier m'a remercié de la franchise qui m'avait concilié ses suffrages et ceux de l'Empereur son maitre. J'espère que V. E. voudra bien m'accorder son approbation, à laquelle j'attache le plus grand prix.

(1) -Cfr. quanto aveva comunicato Nigra a La Marmora con I.p. pari data (AS Biella, Carte La Marmora): • Oggi ho visto il Principe Napoleone. Si parlò naturalmente della determinazione presa dal Re di tornare a Torino per qualche tempo. Il Principe non è troppo convinto dell'utilità di questo ritorno; Rouher e Lavallette mi parlarono anche nello stesso senso •. (2) -Cfr. n. 587.
592

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 65. Carlsruhe, 25 febbraio 1865, ore 14,50 (per. ore 17,05).

Grand-Due hier au soir m'a chargé de féliciter Roi pour la réception enthousiaste de Turin. S. A. R. m'a assuré de nouveau ne se laissera pas ébranler par agitation clergé et rétrogrades provoquant actuellement jusqu'à attaque contre couronne, ni fourvoyer dans sa politique libérale intérieure et étrangère. Varnbuler a dit à ministre de grande puissance à Stuttgard, atténuant ainsi déclaration parlementaire, qu'éventualité occupation Vénétie par l'Italie constituerait menace Confédération germanique, mais non attaque contre elle. Varnbuler s'est déclaré partisan du chemin de :fer St. Gothard pret à en soutenir utilité dans l'intérèt du Wurtemberg.

593

IL MINISTRO A L'AJA, CARUTTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 9. L'Aja, 25 febbraio 1865 (per. il 28).

Il Signor Wekerlin mi ha comunicato un estratto della conversazione che

ebbe luùgo nella Camera di Stoccarda il 16 corrente intorno al riconoscimento

del regno d'Italia, conversazione che a quest'ora sarà già nota all'E. V.

Il Signor Hoelder, capo dell'opposizione, interpellò il Ministro degli Affari

Esteri se era finalmente giunto il tempo di riconoscere il regno d'Italia, e si

espresse con calore intorno al contegno del suo Governo .

Il barone di Varnhbiiler rispose che nella questione italiana era implicata la questione veneta e che questa era tanto tedesca quanto austriaca; e che perciò mchè H Governo italiano metteva innanzi le sue pretensioni !SU quella provincia, egli Ministro non proporrebbe mai al Re il riconoscimento.

Il Signor Wekerlin che gli anteriori suoi discocr1si intorno al Stgnor Varnhbiiler ponevano meco in qualche imbarazzo mi disse che deplorava tanto l'interpellanza quanto la risposta; che la prima non era stata concel'tata punto cogli amici a ,cui egli avea scritto, e 'che costoro doveano porre la questione non sul terreno della politica ma su quello degli interessi commerciali.

Risposi che mi rincresceva che i buoni uffici da lui Signor Wekerlin praticati si trovassero per tal modo interrotti sul bel ,principio; ma che non era punto maravigliato della risposta del Signor Varnhbiiler perchè avea ricevuto da V. E. indicazioni che me la faceano prevedere. Gli soggiunsi che il Governo italiano non avea voluto prendere alcun ingerimento in quest'affare, a cui non annetteva maggiore importanza di quella che meritava, e che io avea scritto a Torino che l'iniziativa del riconoscimento dovea essere una semplice conseguenza degli interessi commerciali del Wurtemberg. Del resto conchiusi che non credevo compromettere la mia qualità, dichiarando essere mia opinione che per compiacere il barone Varnhbiiler difficilmente il Gabinetto italiano s'indurrebbe a modificare in un senso qualunque la sua politica.

594

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

T. 60. Torino, 26 febbraio 1865, ore 11,25.

Représentants d'Autriche et de Russie à Constantinople réclament aux termes protocole 28 mai institution caisse spéciale pour revenus biens des couvents dédiés Moldo-Valaques. France se déclare contraire à cette proposition. Tachez de me faire connaìtre au plus tòt opinion du Gouvernement britannique.

595

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, .LA MARMORA, AL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY

D. 2. Torino, 27 febbraio 1865.

Je vous accuse réception et vous remercie de vos intéressants rapports, N. I de la Série Politique, N. l, 2, 3, 4, 5 et 6 de la Série Confidentielle (1). Votre lettre réservée du 11 Février m'est aussi régulièrement parvenue.

J'ai soumis à S. M. le Roi les détails que vous m'avez transmis touchant l'accueil plein de sympathie et de bienveillance que vous avez rencontré à la

Cour de Saint Pétersbourg. Sa Majesté a reçu ces informations avec plaisir, et Elle s'est plue à trouver dans le langage qui vous a été tenu, le gage assuré de l'amitié qui doit exister entre les deux Couronnes et les deux pays. S. M. se réserve d'ailleurs de témoigner à S. E. le Comte de Kisseleff, pour qu'il en fasse parvenir l'expression à S. M. l'Empereur Alexandre les sentiments que lui ont inspiré ceux dont S. M. le Czar a daigné se montrer animé envers Son Auguste Personne.

* Bien que l'immense majorité de la population de Turin ai:t été complètement étrangère aux faits déplorables qui ont précédé le départ de S. M. pour Florence, et que cet incident regrettable n'ait absolument eu d'autre importance que 'celle que j'ai tenu à vou:s jpl'éciser dans ma Circulaire du 3 courant (1), je· veux vous signaler les manifestations qui se sont produites spontanément en Piémont après la translation de la Cour Royale de Turin à Florence. Les nombreuses adresses de dévoument qui ont été votées par les Municipes piémontais et notamment celle qu'ont eu l'honneur de présenter à S. M. dans sa Villa de San Rossore le Syndic et quatre Assesseurs de Turin ont été les premières marques de la vive préoccupation sentie par les anciennes provinces de la Monarchie, de ne permettre qu'aucun doute puisse s'élever sur leur profond et inébranlable attachement pour la Maison de Savoie, et sur leur foi dans l'accomplissement des destinées nationales. Des témoignages d'affection et de respect plus directs et plus touchants encore ont été adressés personnellement à S. M. dans le court séjour qu'Elle est revenue faire actuellement au milieu de la fidèle et loyale population piémontaise. Les fetes toutes spontanées qui ont eu lieu à cette occasion et dans lesquelles S. M. a voulu se trouver exclusivement en présence des éléments locaux, ont eu un caractère d'intimité, si je puis dire ainsi, qui a effacé de tous les coeurs, à leur soulagement réciproque, ce que de récents souvenirs pouvaient avoir eu d'amer. La Garde Nationale, les Corps municipaux, les associations ouvrières ont acclamé et entouré le Roi à son arrivée; la population entière s'est chaleureusement associée à leurs démonstrations et les a renouvelées avec entrainement dans deux représentantions au Théatre Royal et dans la promenade faite hier par S. M. au milieu de la faule qui f·etait le Carnaval. S. M. et son peuple ont été également et profondément satisfaits, le Roi de revoir son peu,ple de Tur,in tel que la Maison de Savoie l'a toujours trouvé, et le peuple de pouvoir montrer avec éclat à son Roi l'attachement impérissable qu'il lui porte.

Le Parlement poursuit activement ses travaux. La loi pour l'unification administrative a été votée par la Chambre des Députés, QUi a aussi conféré au Ministère la faculté de modifier les circonscriptions actuelles en lui ménageant de la sorte la possibilité de réaliser des sages économies. La discussion est maintenant engagée dans la Chambre élective sur les lois pour l'unification législative, et il est à prévoir que le résultat en sera tel que le souhaite le Ministère dsns son désir légitime de mettre au plus tot un terme aux complications et aux incertitudes que les divers régimes actuels amènent dans les rapports juridiques des citoyens des différentes provinces, et de faire cesser une inégalité,

qui est en opposition avec Ies bases de la constitution et avec le principe de l'unité nationale. La discussion des projets de loi sur les corporations réligieuses et les possessions ecclésiastiques, et sur la vente des chemins de fer de l'Etat, la votation de l'exerdce Pirovisoire du budget, et il'examen de J.'exposé de la situation financière, que mon honorable collègue au Département des Finances a pris l'engagement de présenter, seront les principaux travaux par lesquels s'achèvera la tache laborieuse et patriotique que la Chambre a remplie dans la longue session qui a commencé dès le printemps de 1863.

Le Sénat sera clos aussi lorsqu'il aura aCICompli sa part de la m~metàche * (1).

(1) Cfr. nn. 570, 571 e 572. Gli altri rapporti non sono pubblicati.

(1) Cfr. n. 560.

596

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, E AL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI

D. (2). Torino, 27 febbraio 1865 (3).

(Pour Berlin). -J'ai reçu vos rapports de la Série confidentielle du N. l au N. 8 inclusivement et celui de la Série politique N. l, ainsi a.ue les rapports précédents du Comte de Launay en date des 31 Janvier et I•r Février (4).

Le Roi notre Auguste Souverain, à qui je me suis empressé de faire connaitre le bon accueil que vous avez trouvé à la Cour de Berlin, a été particulièrement sensible aux dispositions amicales que S. M. le Roi Guillaume vous a montrées pour Son Auguste personne. Sa Majesté saisit, de son còté, toujours avec plaisir l'occasion de témoigner à M. le Comte d'Usedom !es sentiments qui l'animent à l'égard de S. M. le Roi de Prusse.

(Pour Carlsruhe et Berlin). -Voir la dép~che N. 2 adressée à St. Pétersbourg ile 27 Février 1865 (5), des mots:

• Bien que l'immense majorité de la population de Turin etc. •

aux mots:

• Le Sénat sera clos aussi Iorsqu'il aura accom:pli sa part de 1la meme tàche •.

(Pour Carlsruhe). -Le Comte de Barrai arrivé récemment à Berlin, y a trouvé un excellent accueil de la part de la Cour et du Gouvernement Prussien.

S. M. le Roi Guillaume lui a témoigné ses sentiments de sincère amitié pour notre Auguste Souverain, et J.es ;princes et rprincesses de 'la Famille Royale ont daigné recevoir notre représentant avec une courtoisie particulière.

(Pour Berlin et Carlsruhe). -Parmi les pièces diploma,tiques que vient de publier le Livre jaune du Gouvernement français vous aurez remarqué la dép~che du Ministre Impérial des Affaires Etrangères au Due de Grammont en date du 26 Septerr1bre dernier, qui étend de la manière la plus explicite, à la situation de l'Italie vis-à-vis de l'Autriche, l'application du principe de non-inter

vention consacré par l'Acte international du 15 Septembre à l'égard des rapports entre le Royaume d'Italie, le Saint-Siège et la France. Le passage de cette pièce qui déclare que la Convention ne change pas l'état de choses existant en Italie est une réponse aux protestations de l'Autriche touchant le Traité de Zurich, traité dont cette dép€che ne fait d'ailleurs pas meme mention.

On n'a été que trop porté jusqu'ici en Allemagne à ne pas vouloir considérer comme définitive la constitution du Royaume d'Italie. S'il y existe encore incontestablement des préjugés contre la stabilité et les progrès de notre situation intérieure et contre notre position internationale, il faudra bien qu'ils finissent par céder devant l'évidence, notamment devant les preuves toujours plus frappantes que la conservation de l'ordre établi dans la péninsule devient de plus en plus un principe de la politique de la plupart des grandes Puissances, un intéret d'équilibre européen.

(Pour Carlsruhe). -Je sais bien que des hommes politiques en Allemagne croient aujourd'hui opportun, dans l'intéret de leurs relations avec l'Autriche ou par déférence envers [es [préjugés dont je parlais tout à l'heure, d'énoncer l'opinion que l'Autriche doive conserver un pied en Italie. Cette opinion, dont je trouve le témoignage meme dans ce que me rapportent vos dernières dép€ches, ne saurait etre réfutée ici. Elle tient à ce que, s'ar11etant à l'idée que la question italienne continue à etre, comme jadis, une question de rivalité entre l'Autriche et la France, on ne saisit pas encore bien la portée politique de la reconstitution de l'Italie, dont le résultat sera précisément de fermer une arène d'interminables luttes entre l'Allemagne et la France, de supprimer une cause de démelés insolubles entre elles. On ne veut pas voir que laisser à l'Autriche un pied en Italie, c'est amener la France à y en mettre un de son còté, c'est n'etre conséquent ni avec les tendances légitimes qu'on a vers une paix durable, ni surtout avec les défiances qu'on montre parfois à l'égard de l'extension de l'influence ou de la puissance française.

A l'égard du journal l'• Europe ", dont voUis me signalez les inexactitudes et la malveillance, vous ne devez pas y ajouter d'importance. Pour vous le dire, confidentieilement, il est possible que I'attitude de ce journal ne soit pas sans quelque rapport avec le système d'économie adopté invariablement par le Gouvernement du Roi.

En vous accusant réception de vos dépeches N. 35 et 36 (Série Confidentielle) 21 et 24 (Série Politique), des annexes en date de 9, 12, 19, 23 et 25 Janvier, l, 17 et 21 Février et de vos lettres particulières de 23 et 31 Janvier, 9 et 22 Février (1)... l marzo.

(Pour Berlin). -P. S. -Je reçois à l'instant votre dépeche N. 9 de la Série Politique en date du 24 Février dernier (2).

(1) -La parte fra asterischi di questo dispaccio venne inviata in pari data a Parigi e Londra, con l'aggiunta di notizie ricevute da Berlino e Francoforte sui rapporti fra Austria e Prussia, e a Berlino e Carlsruhe (cfr. n. 596) e in data 1° marzo agli altri rappresentantidiplomatici. (2) -Il dispaccio venne inviato a Berlino col n. 2 e a Carlsruhe col n. 18. (3) -Il dispaccio fu spedito il l o marzo come risulta dal postcritto per Berlino. (4) -Cfr. nn. 555, 562, 585. Gli altri rapporti non sono pubblicati. (5) -Cfr. n. 595. (1) -Cfr. nn. 517, 535, 540, 547, 556 e 586. Gli altri documenti non sono pubblicati. (2) -Non pubblicato.
597

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A WASHINGTON, BERTINATTI

(Ed. in L V 8, pp. 472-473)

D. 3. Torino, 27 febbraio 1865.

* In un momento in cui pertinacemente si manifesta agli Stati Uniti il proposito di non riconoscere la ingerenza delle potenze Europee nelle cose del Nuovo Mondo, nel momento in cui la dottrina di Monroe riceve la sua conferma nelle deliberazioni del Congresso Sud-Americano radunatosi a Lima, e nelle dichiarazioni emesse di recente nelle Assemblee di Washington * (1), siimo opportuno di far avvertire alla S. V. Illustrissima, quanto ingiustamente furono attribuiti al R. Governo in questi ultimi tempi da giornali intendimenti di intervenzione o di conouista nelle contrade del Plata.

I numerosi sudditi ed i rilevanti interessi nazionali che il R. Governo ha il dovere di tutelare in quelle regioni gli imponevano ser;i obblighi in presenza dei funesti avvenimenti che si svolgono nella Banda Orientale. La stazione navale italiana vi si com!Pone di due piro~corvette • Fulminante • ed • Ercole • e di una piro-cannoniera • Veloce •. Questi legni che sono colà a guarentigia dei nostri connazionali, ebbero altresì occasione di utilmente cooperare con quelli delle altre nazioni a prò degli stranieri segnatamente alla resa di Paysandu di cui i giornali avranno recato costi il racconto.

Ma per quanto sia vivamente desiderato dal R. Governo che la quiete sia restituita a quel paese dove la colonia italiana costituisce una frazione considerevole della intera popolazione, mai non fu intendimento nostro di eccedere benchè menomamente i limiti di una legittima tutela delle persone e degli interessi dei nostri nazionali.

E per metterLa in grado di smentire all'occorrenza ogni informazione erronea sul vero carattere della concessione temporaria fattaci ad uso della R. stazione del Plata dal Governo di Montevideo di una piccola isola situata di fronte alla rada di quella città, è bene che Ella sappia che l'Isola dei Ratti ci fu concessa a titolo di locazione, revocabile a periodi fissi e assai brevi, e contro compenso annuo pecuniario per uso consimile a quello cui era destinato fino a quest'ultimi tempi il deposito della marina americana alla Spezia (2).

598

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, GAMBAROTTA

D. 14. Torino, 27 febbraio 1865.

Mi è regolarmente pervenuto cogli annessi suoi il Rapporto di Serie Confidenziale ch'Ella mi diresse in data del lo corrente (3).

Benchè la lettera ufficiale fattale pervenire da S. A. il Bey in data 28 gennaio, e diretta nel tempo stesso agli Agenti delle altre Potenze accenni al desiderio del Governo della Reggenza di risollevare una questione che pareva ormai per consenso tacito di tutti gli interessati affatto lasciata in disparte, non vedo però ragione per cui il R. Governo abbia a scostarsi da quella linea di assoluta riserva cui si attenne finora. Le confermo pertanto appieno il precedente mio Dispacdo n. 13 deJ. 25 gennaio (1) e La .prego di volere unifomnare al mede,simo il suo linguaggio qualora le sia mossa da codesto Governo formale interpellanza, astenendosi però da spontanee dichiarazioni, se niuna domanda Le sarà fatta pervenire.

(1) -Il periodo fra asterischi è omesso in T"V B (2) -Analogo dispaccio venne inviato ai ministri a Lima, Rio de Janeiro e Messico. (3) -Cfr. n. 557.
599

IL MINISTRO A MONTEVIDEO E BUENOS AIRES, ULISSE BARBOLANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 4. Montevideo, 27-28 febbraio 1865 (per. l'8 aprile).

*Mi è grato poter dare a V. E. il lieto annunzio che la città di Montevideo è salva dalla catastrofe da cui era minaociata e che la pace è fatta * (2). Essa non è veramente quale sarebbe stata da desiderarsi, né quale converrebbe interamente ai nostri interessi, ma era la sola possibile nelle condizioni a cui erano giunte le cose. specialmente in conseguenza della stretta neutralità che i Governi Europei sonosi decisi ad osservare.

Anzi tutto mi è d'u~po far conoscere a V. E. che il Sena~tore Signor Don Tommaso Villalba, eletto il di 15 andante dal Senato con quattro voti contro tre, Presidente della Repubblica, è l'uomo che gode maggior considerazione nel paese non solo per la sua capacità, intelligenza e sapienza amministrativa, ma sopra tutto (~cosa ben rara in questi luoghi) per la sua oneistà ed integrità a tutta prova. Dopo esser stato a più ;riprese e sotto Governi di diverso colore, Capo Politico, Tesoriere Generale e Ministro delle Finanze, e dopo essersi studiato d'introdurre in tutte le amministrazioni l'ordine, l'e1conomia e la moralità, di cui difettavano interamente. era ritornato nella vita privata più povero di prima, non troppo amato, ma stimato generalmente, anche dagli stessi suoi nemici. Egli, a somiglianza di altri pochi uomini distinti di qui, ma per disgrazia ben pochi, vantasi di non appartenere ad alcun partito politico; sicché quantunque avesse da prima sinceramente biasimato il moto revoluzionario iniziato dal Generai Flores, non però ristavasi dal deplorare a tutt'uomo gli errori commessi, la poca abilità mostrata dagli uomini del Governo da due anni a questa parte, tanto negli affari interni come nelle relazioni estere, e segnatamente lo stato di totale discredito e sfacelo a cui da ultimo erano giunte le cose. Infatti negli ultimi tempi dell'Amministrazione Aguirre si poteva dire che il Governo era caduto nelle mani di alcuni mentecatti, i quali facevano consistere il loro patriottismo nel rispondere ad ogni rovescio con un atto di maggiore follia. Cosi

avvenne che alla perdita del loro unico vapore di guerra contrapposero il rin

vio del Ministro e di tutti i Consoli Brasiliani, alla .caduta di Pay,sandu, il'incendio

dei trattati in pubblica piazza, e al blocco di Montevideo lo strascino di uno

stendardo Brasiliano alla coda di un cavallo. Il Signor Villalba, dal fondo del

suo gabinetto, non cessava di alzar la voce contro siffatte scempiaggini e non

mancava di predicare a tutta possa, pace, pace, pace.

Infatti per chiunque a cui la passione non facesse velo alla mente era ormai

evidente che ogni resistenza era divenuta impossibile, sia per la demoralizza

zione di gran parte della guarnigione di cui parecchi capi erano in corrisponden

za col Generai Flores, sia infine per le svanite speranze di un prossimo soc

corso esterno.

* 11 Signor Villlalba, appena prese pO!Sisesso del seggio Presidenziale, (Annesso N. l) (1), mi fe' chiamare e mi disse francamente che egli voleva salvare la città e far la pace a qualunque costo, aver mandato due persone influenti al campo del Generai Flores per trattare con lui e desiderare che nello stesso intento io, a nome di tutto il Corpo Diplomatico intavolassi pratiche col Signor Paranhos, che era giunto pochi giorni innanzi da Buenos Aires al campo Brasiliano della Villa dell'Union, sobborgo situato a circa due miglia da Montevideo *. Soggiunse esser egli preparato ad ammettere in ultimo .caso un Governo Provvisorio [Presieduto dal Gent~['a·l Flores ma desiderare, se fosse possibile, ottenere invece che gli alleati assedianti riconoscessero la legalità della sua Presidenza, sopra basi però che dessero al Generai Flores e al partito colorado parte ampissima al Governo della Repubblica. Egli consegnò queste idee in un breve memorandum 1che mi rimise. (Annesso N. II).

*Fui dunque il ,giorno 17 dal Signor Paranhos (Annesso N. III) ed ebbi una lunghissima conferenza con lui e col Generai Flores. Mi riuscì impossibile il persuaderli ad ammettere la legittimità della nuova Presidenza. Il Signor Paranhos più ·che H Genera! Flores si mostrò iNemovibHe su questo punto, sostenendo che il Brasile avendo dichiarato di riconoscere il Generai Flores come unico rappresentante della nazione orientale, ed avendo preso le armi di accordo con lui per far la guerra non già al Governo della Repubblica ma ad un pugno di faziosi che volevano perpetuarsi al potere, non poteva senza incorrere nella più flagrante contraddizione, ammettere la esistenza legale di un Senato della Repubblica e per conseguenza la validità della scelta da lui fatta nella persona del Signor Villalba. Nel dir ciò entrambi protestavano di far completa astrazione di ogni questione personale, dappoiché eglino nutrivano il maggior rispetto e la maggiore considerazione pel Signor Villalba, da cui il Generai Flores segnatamente si aspettava di essere efficacemente ajutato nel Governo che avrebbe inaugurato.

Il Signor Paranhos e il Generai Flores parlarono inoltre, per sommi capi. degli impegni vicendevolmente presi, mercé uno scambio di note, asserendo che in tali documenti non vi era né poteva esservi nulla che recasse la menoma offesa alla indipendenza e alla integrità territoriale dello stato orientale. Queste due note sono state poscia rese di pubblica ragione, (Annesso N. IV).

Avendo riferito al Signor Villalba l'esito poco soddisfacente del mio ab· boccamento coi Signori Paranhos e Flores, egli mi disse che veramente non aveva contato sopra un risultamento favorevole, ed avere anzi formulato nel frattempo altre condizioni di pacificazione, le quali ammettendo come base principale la formazione di un Governo Provvisorio, sotto la Presidenza del Generale Flores, dovevano riscuotere il pieno consentimento del medesimo. Gli feci allora osservare che giunte le cose a tal punto doveva cessare la missione officiosa del Corpo Diplomatico estero, e non avere egli a far altro che nominare un suo plenipotenziario o commissionato ad hoc per firmare la pace; ciò che egli fece destinando a tale uffizio il suo amico politico Senatore Don Manuel Herrera y O bes.

Tre lunghi giorni durarono, (18, 19 e 20), le trattative del Signor Herrera y Obes ,col Rappresentante del Brasile e il Generai F:lores (Annesso N. V), * durante i quali la città di Montevideo visse nella più ansiosa aspettativa, dappoiché pochissimi erano al fatto delle basi in discussione, e la maggioranza propendeva a credere che nulla si sarebbe conchiuso. Il P-residente ed i Ministri caduti in unione ad altri partigiani della resistenza ad ogni costo, diffidando del Signor Villalba, cercarono di far nascere un movimento militare per rovesciarlo, ma sorvegliati dal nuovo Capo Politico che maneggiò le cose con molta abilità, non riuscirono.

* Intanto la sera del giorno 17 il Signor Villalba mi aveva detto che prevedendo la conchiusione della pace egli sentiva di non aver forza ed autorità bastante per imporla al partito esaltato e soffocare i disordini che ne sarebbero sorti. Egli rivolgevasi quindi al Corpo Diplomatico per chiedere che sbarcassero truppe estere dalle diverse stazioni navali nello scopo di tutelare l'ordine e la tranquillità della capitale. Concertatomi a tal uopo coi miei colleghi di Francia, Inghilterra e Spagna, decidemmo di aderire alla richiesta (Annesso N. VI), e l'indomani 18 all'una 1/2 p.m., con grande giubilo di tutta la popolazione estera, sbarcava sul molo un corpo di truppe alleate di 500 uomini, e prendeva possesso della Dogana e degli edifici circostanti. La presenza di queste truppe, il loro contegno, l'ammirevole loro dipliscina, le pattuglie che fecero constantemente durante i quattro giorni della loro permanenza in città, contribuirono non poco a sventare qualunque tentativo di resistenza alla pace ed impedirono che accadesse il minimo disordine. La quota fornita dalla R. Stazione navale in 143 uomini, faceva di sé bellissima mostra e attirava particolarmente lo sguardo di tutti. Tutto il corpo era sotto il comando in capo del Capitano di vascello più anziano, Signor de Toulard, Comandante della Fregata Francese • Astrée •.

I negoziati di pace procedendo sempre favorevolmente (Annesso N. VII) il giorno 20 il Signor Villalba m'avvertì che tutto era conchiuso e ratificato e che l'indomani per tempo avrebbe pubblicato il convegno, dato ,l'ordine del disarmo ai Corpi di Guardia Nazionale, e ai capi della linea istruzione di porsi a disposizione del Generai Flores: ma che acciò tutto riusciJsse felicemente sarebbe stato necessario che un forte distaccamento di truppe estere occupasse durante la notte il Palazzo del Governo, residenza abituale del Presidente. E così fu fatto. Alle 4 del mattino la guardia orientale di circa 30 uomini si ritirò da quel locale, che

<500

venne immantinente occupato da circa 400 uomini delle diverse stazioni, che vi rimasero tutto l'indomane e il posdomane fino alle 2 p.m. (Annesso N. VIII).

Il giorno 21 il segreto fu svelato e la pace annunziata. * Parte della guarnigione, compreso un piccolo battaglione di linea, la maggior parte estera, e le guardie di polizia rimasero al loro posto, mostrandosi obbedienti al nuovo Governo. L'altra parte composta in maggioranza di uomini della campagna si sbandò, cercando ognuno di riguadare il suo abituro. La Guardia Nazionale, già molto assottigliata dalle diserzioni dei scorsi giorni, credendosi maggiormente compromessa, si diresse parte fuggendo verso il molo dove erano però disarmati dal posto straniero lasciato a guardia della Dogana, parte corse a nascondersi nelle rispettive ~case gettando armi e bagaglio. * All'una p.m. entrò in città un ~corpo avanzato di circa 200 uomini dell'esercito colorado, col Generale Caraballo in testa, nominato provvisoriamente comandante militare della città, che prese subito possesso del Palazzo del Governo e della Polizia ove istallò il nuovo Capo Politico, ~colonnello Borjes. * Non vi furono grandi a1cdamazioni e dimostrazioni peDché la maggioranza rpacifica della rporpdlazione, più stupefatta 'Che <giuliva, non sapeva rendersi ben ragione di quanto accadeva.

*Nello stesso <giorno il Signor Villa,1ba mi notificò che scendeva dal potere e m'inviò pure una lettera di ringraziamenti a cui mi affrettai a rispondere. (Annesso N. IX).

Il 22 mi scrisse il Generai Flores per ringraziarmi del servizio prestato dalle truppe estere e nel tempo stesso per chiederne il rimbarco atteso che era cessato il motivo che le aveva fatte discendere. -Risposi essere già ritornate nei loro ~rispettivi bastimenti. (Annesso N. X).

Il Segretario Interino del GoveTilo Prov'V'isorio, Signor Bustamante, notificò in pari tempo al Corpo Diplomatico che il Generai Flores aveva in virtù della stipulata Convenzione, assunto la ~suprema Magistratura della Repubblica, ed a questa comunicazione rispondemmo tutti ringraziandolo e pregandolo di felicitare da parte nostra il sopradetto Generale. (Annesso V).

Il giorno 23 il Generale Flores fece all'una p.m., la sua entrata trionfale alla testa delle sue truppe e di tre battaglioni Brasiliani che sono rimasti acquartierati in città.* Lungo tutta la strada da lui percorsa fino alla casa del Governo, ove ha preso stanza, ricevette una continuata ovazione, specialmente dalla popolazione estera, amante della pace e simpatica nella maggior parte, come già ho avuto l'onore di riferire altre volte a V. E., al partito colorado. Ma di gran lunga maggiori sarebbero state tali ovazioni se il Generai Flores avesse saputo o potuto rinunziare a farsi accompagnare dai suoi alleati, qui del tutto impopolari. Il rimanente dell'esercito Brasiliano è rimasto nel suo accampamento dell'Union.

La squadra non si è mossa dalle sue posizioni ma il blocco fu tolto fin dal giorno 21.

L'ordine fortunatamente non è stato menomamente turbato in tutti i scorsi giorni fino ad oggi. La sola disgrazia che abbiasi a deplorare si è l'uccisione di un bottegaio, che rifiutava togliersi la sua divisa bianca, commessa da un soldato ~colorado, iil quale peraltro fu all'istante fucilato.

Fa d'uopo anche 'convenire che il Generai Flores ha inaugurato il suo Governo con mitezza e liberalità, e lungi dal perseguire i suoi avversari, ha dato loro, e specialmente ai più invisi, libero campo di mettersi in salvo. * Egli mostrasi animato di sentimenti conciliantissimi e nella prima visita particolare che gli ho fatto mi ha detto che voleva porre ogni suo studio nel calmare gli odii e i rancori e nel riunire in un fascio tutta la famiglia orientale. * Riuscirà egli a tanto? Si rassegneranno i bianchi alla loro sorte? I precedenti storici di questi paesi non possono esserci arra di sì liete speranze.

* Gl'Italiani fecero giorni-sono una strepitosa dimostrazione ed andarono, preceduti dala musica, a festeggiare il Generai Flores, vennero poscia a far lo stesso sotto le finestre di questa R. Legazione e da ultimo si condussero dai Signori Villalba e Herrera y Obes. * I Francesi e gli Spagnuoli hanno poscia seguito il loro esempio, escludendo però dalle loro manifestazioni i rispettivi Rappresentanti.

Ciò non pertanto egli è mestieri confessare che nel modo con cui è stata sciolta per ora la quistione orientale, cioé mercé l'intervento armato del Brasile, la politica Europea in queste regioni ha ricevuto agli occhi di tutti una seria sconfitta. Il Generai Flores potrà credersi, e in buona fede, eccellente patriota e liberissimo nell'esercizio delle sue funzioni governative; ma difficilmente potrà riuscire a scuotere il giogo dell'influenza Brasiliana, che sarà qui preponderante ed impedire che coll'andar del tempo questo Stato non venga di fatto assorbito dalla finitima provincia Brasiliana di Rio Grande. II Signor Paranhos e i suoi successori saranno quindi innanzi gli oracoli da cui partiranno i responsi che decideranno dei futuri destini della Repubblica.

In quanto a me particolarmente. sebbene fossi Lietissimo di aver contribuito a salvar Montevideo da una catastrofe, pure non mi è possibile l'esimermi dall'esternare a V. E. il mio rammarico sul vedere sensibilmente diminuire la salutare influenza del R. Governo in queste regioni semi-italiane, mentre d'altra parte come suddito e subordinato rispetto altamente le potentissime ragioni che consigliavano all'Italia in questi momenti una politica di astensione.

* -V. E. avrà potuto scorgere dalla nota sopra mentovata del Generai Flores al Signor Paranhos (Annesso N. IV) com'egli prenda l'impegno di riconoscere in favore del BrasiJe i ,crediti risultanti dalle indennità dovute ai Brasiliani per effetto della guerra che terminò nell'anno 1852, nello stesso modo che furono riconosciuti i crediti Anglo-Francesi nascenti dallo stesso titolo. Trovandosi i crediti itaUani nello stesso ca,so dei Brasiliani parmi giunto H tempo in cui questa R. -Legazione, seguendo le istruzioni ricevute, debba esigere, tanto nello interesse dei nostri concittadini quanto a tutela del decoro e della dignità del R. Governo, che ciò che è stato conceduto al Brasile non sia negato all'Italia. Sarà questa perciò una delle prime domande che mi propongo di fare con Nota ufficiale al nuovo Ministro delle Relazioni Estere * (1).

In questo momento ricevo comunicazione della formazione del nuovo Ministero. È nominato Ministro delle Relazioni Straniere il Signor Carlo de Castro, giovane Professore di Economia politica in questa Università e che fece già la sua educazione scientifica in Italia a cura e spese di suo cognato Cavaliere G. B. Capurro, benemerito suddito italiano qui residente. Alle Finanze è nominato il

Signor J. Ramon Gomez, all'interno il Dr. Vidal e alla guerra il Colonnello Battle. In generale queste nomine sono state ben accolte dal pubblico.

P. S. -28 Febbraio. In questo momento mi vien comunicato un De-::reto che annulla la Missione affidata al Signor Juanico (Annesso N. XI). * Il Signor Villalba, dopo aver ricusato di far parte del Ministero ha accettato il modesto ma difficile posto di Tesoriere Generale.

(1) -Cfr. n. 545. (2) -I brani fra asterischi sono editi, con qualche variante, in L V 8, pp. 498-502.

(1) Gli annessi non si pubblicano.

(1) Annotazione marginale di Cerruti: • Si consigli di perseverare in questa risoluzione e di rimettere in campo i negoziati pel trattato •.

600

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 73. Costantinopoli, 1 marzo 1865, ore 15,40 (per. ore 23).

De Moustier a reçu nouvelles in:structions pour obtenir que chevalier Strambio signe ade public Danube avec sa qualification de 'commissaire italien. Ministre de Russie m'a dit que son Gouvernement fait des démarches dans le meme sens à Vienne. A l'occasion, crainte nouvelles complications en Syrie, chargé d'Affaires britannique a fait connaitre à son collègue russe qu'il ne pourrait prendre part à une entente avec ses collègues qu'à la condition que représentant italien y ;soit admis. Ministre ,de Russie m'a dit avoir là-dessus demandé instructions à son Gouvernement lui conseillant la meme attitude.

601

IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 10 Pietroburgo, l marzo 1865 (per. l'8).

J'ai l'honneur d'accuser réception et de remercier V.E. de la dépeche (Cabinet) N. l (1), qui m'a été remise par M. le Chevalier Tosi.

J'ai lu avec beaucoup d'intéret les détails confidentiels sur la dernière visite du Prince Frédéric-Charles à Vienne. Si le Chevalier Nigra n'a pu les contròler par des renseignements puisés à des sources officielles, V.E. comprendra qu'il me sera encore plus malaisé d'en vérifier ici l'exactitude. D'ailleurs, d'après sa recommandation, je dois user à cet égard d'une extreme réserve. Je ne puis que me référer à ce que j'ai écrit en pareille matière dans ma correspondance de Berlin. Ce qui me semble le plus avéré, quelles qu'aient été les propositions de la Prusse et les contrepropositions de l'Autriche, c'est que la mission du Prince Frédéric Charles aurait échoué.

Si l'entente pouvait s'établir ultérieurement dans le cours des négociations relativement aux Duchés de l'Elbe, le degré de condescendance du Gouvernement d'Autriche sur cette question nous donnera tòt ou tard la mesure des rapports existants entre les deux Puissances Germaniques. En attendant, je

continue à douter que M. de Bismarck, malgré ses convoitises, aille jusqu'à se Iaisser prendre au piège d'une alliance offensive et défensive, qui le mettrait complètement à la merci de l'Autriche. Quant à l'alliance purement défensive, elle git dans la situation meme des choses, tant que l'affaire du SchleswigHolstein ne sera point sortie d'une phase qui comporte des ménagements réciproques entre les copropriétaires des Duchés.

Leur alliance a été, assez brutalement, comparée à celle de larrons en foire. Chacun d'eux se défie de son complice, le surveille, et n'attend que le moment de s'approprier le meilleur lot. Quand le but est atteint, on se sépare sans trop se soucier de maintenir des promesses échangées pour s'assurer le tout ou une portion du butin, avec ou sans compensation.

La comparaison est odieuse, mais elle ne manque pas d'une certaine vérité, quand on songe qu'en dépit du courant réactionnaire qui entraine l'un vers l'autre les Souverains des deux Etats. il se dresse entre eux une force de répulsion dès que leurs intérets permanents sont sérieusement en jeu. Quoi qu'ils f;,;::sent, la lutte de suprématie en Allemagne divisera leurs intérets, aussi bien sur le terrain politique qu'en matière commerciale. Le résultat à peu près négatif des négociations confiées au Baron de Hock, en est déjà une preuve assez évidente.

De mon còté, j'avais aussi mandé de Berlin que la Russie poursuivait une oeuvre de conciliation entre les Grandes Puissances Germaniques. Le Minlstre de Prusse ici me l'a laissé assez clairement entrevoir. Mais de semblables efforts, disait-il, n'auraient nullement pour but de former une coalition des trois Cours Septentrionales, mais simplement celui de prévenir tout danger de complications qui mettraient à jour l'impossibilité absolue où la Russie se trouve aujourd'hui de jouer un ròle digne d'elle. Ses finances ne lui permettant pas d'affronter la guerre, il lui faut le maintien de la paix. Il lui faut en outre quelques années pour conduire à bon terme ses réformes intérieures, dont la nécessité est constatée, mais qui lui suscitent à chaque pas de graves embarras. Aussi son attitude n'est-elle nullement accentuée. Mème dans la question d'Orient, elle affecte des airs patelins, pour laisser croire qu'elle a renoncé à sm projets traditionnels. Si l'aigle à deux tètes rentre ses serres, sans perdre de vue l'objet de ses convoitises, c'est qu'il sait très bien que demasquer ses batteries équivaudrait à rétablir l'alliance occidentale, sans avoir encore, pas plus que lors de la guerre de Crimée, les moyens de la combattre avec des chances de succès.

Le langage du Prince Gortchakow serait aussi un indice de cette tendance à l'effacement. Est-ce par suite de la lassitude qui succède souvent à une grande excitation (dernière crise polonaise), le fait est qu'il ne déploie plus la meme activité. Il va meme jusqu'à dire que sa position de Ministre des Affaires Etrangères est devenue une telle sinécure, qu'autant vaudrait-il supprimer cette place. Il répète à qui veut l'entendre qu'il ne soupire qu'après sa retraite: qu'ayant commencé sa ·carrière à Florence, il désirerait y .tranSiiJOrter ses pénates pour y vivre et prolonger ses jours sous le ciel vivifiant de l'Italie. Pas plus tard qu'il y a quatre jours, il développait en ma présence ce thème que, vu la situation blìtarde de l'Europe, aucune combinaison grandiose n'était de mise: que par conséquent pas un homme d'Etat ne devait se soucier de traverser au pouvoir une époque qui ne saurait fournir aucune page glorieuse à l'histoire.

Si ce langage, en admettant sa sincérité, ~témoigne jusqu'à un certain degré que la Russie parcourt en effet une phase de recueillement et suit une politique expectante, pourrait-on également en argumenter que la po'sition du Vke-Chancelier est un peu menacée?

Je n'oserais l'affirmer. Il me revient néanmoins d'assez bonne source que l'Im,pératrice accuserait une P'référence très marquée pour le Baron de Budberg. Le caractère sérieux et concentré de S.M. ne s'accommode guère à ce qu'Elle appelle la frivolité du Prince Gortchakow. Son éducation allemande, la sévérité de ses gouts, l'empechent d'apprécier la finesse de ses réparties, sa gràce toute française, les traits dont il se plaìt à émailler la conversation. Aux yeux de la Czarine, c'est un homme de salon, plus qu'un homme ayant toutes les qualités requises pour siéger dans un Cabinet. Il appartiendrait trop au beau monde; il cultiverait outre mesure le jargon des dames, jargon tout plein de galanterie, de scepticisme, d'ironie et de gràces appretées. Le Czar également ne serait pas à la hauteur d'un marivaudage, moyennant lequel son Ministre se repose, sur un chemin semé de fleurs, des soucis officiels. Mais les habitudes plutòt indolentes de ce Souverain se trouveraient fort à l'aise avec un interprète aussi intelligent et d'une conception si prompte, qui lui ,épargnerait jusqu'au soin de fornnuler en raccourci. ses idées. N'étadt donc de J'in!lìluence bien ~connue de l'Impé,ratrice, il n'y aurait aucune raison de croire à un changement du Prince Gortchakow.

Si le cas se vérifiait néanmoins, le parti allemand n'étant rien moins que populaire, ce ne serait point alors, me dit-on, M. de Budberg qui serait appelé à prendre le portefeuille des relations extérieures, mais le Général Ignatieff, Envoyé de Russie à Constantinople, lequel est très bien placé en Cour.

Les journaux ont parlé tout récemment de modifications administratives importantes en Pologne. D'après des renseignen1ents que j'ai recueiHis auprès de plusieurs de mes collègues, rien n'a encore été changé au statu-quo.

(1) Non pubblicato.

602

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 2. Berlino, 2 marzo 1865.

Hier, à un diner qu'il a bien voulu me donner, M. de Bismarck, en se plaçant entre M. Benedetti et moi, m'a dit: • me voici entre la France et l'!talie •. J'espère, lui ai-je répliqué, qu'un jour viendra où V.E. ne dira pas seulement: entre la France et l'Italie mais bien: avec la France et l'Italie.

• Je n'en doute pas un seul instant. m'a répondu M. de Bismarck, mais il faut encore attendre quelque temps; je n'ai jamais été pour les dénouemens brusques; je préfère les amener. J'ai déjà eu occasion de vous dire depuis que vous etes ici que dans l'affaire des Duchés notre action ne pouvait pas se séparer de celle de l'Autriche, mais c'est là une situation transitoire qui devra cesser avec la réaUsation du but que nous poursuivons. Dans ce moment-ci par exemple, la situation est très importante; la marmite bout; nous nous attendons à ce que l'Autriche réponde par un refus à nos dernières propositions, mais nous occupons les Duchés, et l'on verra bien si nous ne savons pas aussi bien les défendre, que nous avons su les prendre. Enfin nous verrons, et si l'on nous pousse à bout alors... alors... •.

-• Alors, lui ai-je dit, camme je voyais qu'il hésitait sur le mot. alors vous nous reviendrez •.

• C'est cela, m'a aUSisitòt dit M. de Bismarck, vous m'avez parfaitement compris, nous vous reviendrons... l'on revient toujours à ses premiers amours •.

Tout cela a été dit avec les apparences d'une entière franchise et d'une grande liberté d'esptrit. Je sais bien qu'en politique, et surtout à une époque camme celle-ci où la situation se modifie à chaque instant, l'on ne peut guère compter sur des assurances et des apptréciations qui portent sur l'avenir; mais d'un autre còté il est positif que l'homme d'état éminent qui dirige en ce moment les destinées de la Prusse a de tout tem!PS été opposé à une alliance avec l'Autriche; que dans ce moment méme il ne fait que subir avec impatience la nécessité de devoir bon gré mal gré régler sa marche sur celle de l'Autriche dans une question de territoire que la Prusse est bien décidée à garder sous une forme ou sous l'autre, et qu'en me parlant camme il l'a fait, M. de Bismarck m'a bien réellement dit le fond de sa pensée résultant de la situation du moment (1).

603

L'INCARICATO D'AFFARI A FRANCOFORTE, RATI OPIZZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 1. Francoforte, 2 marzo 1865.

La réponse de M. de Bismarck à la Note Autrichienne sur la question des Duchés et dont les journaux ont apporté une analyse télégraphique, confirme en tous points ce que j'avais l'honneur de mander à V. E. par ma dépéche de Berlin en date du 17 Novembre de l'année dernière, et par celle datée d'ici le 22 Février échu (2).

La souveraineté territoriale sur Rendsbourg, Kiel, Eckernforde, List e't sur les rives du canal de la Mer du Nord à la Baltique, le droit de lever des équipages et de disposer des troupes des Duchés en temps de guerre, le droit de piacer ces troupes en temps de paix sous le commandement en chef de la Prusse

R. -lO di cui si pubblica solo il brano seguente: • Les nouvelles que l'on reçoit de Vienne disent que le programme des demandes formulées par la Prusse dans l'affaire des Duchés a produit le plus facheux effet sur le Gouvernement Autrichien, mais que résolu, comme il l'est, à eviter une rupture, il ne les repoussera pas absolument et y répondra par une série de contre-propositions ilestinées à modifier singulièrement les prétentions Prussiennes. A son tour la Prusse refusera d'entrer en négociations sur la base de ces contre-propositions, et la question en reviendra à son point de départ, sans avoir fait un seui pas en avant. C'est là un cercle vicieux dans lequel les deux grandes Puissances Allemandes peuvent tourner indéfiniment, tant qu'un élément imprévu ne viendra pas se méler aux embarras inextricables d'une situation sans issue •.

précisent assez le pis aller militaire et maritime que j'annonçais etre la voie de transaction par laquelle le Cabinet de Berlin serait pret à renoncer à une annexion pure et simple.

Ainsi que je l'annonçais aussi dans ma dépeche du 22 Février, V.E. aura remarqué que la Note Prussienne ne parle que du Holstein et que le Schleswig reste tout-à-fait hors de cause. Je me réserve de revenir plus tard sur cette province danoise, quoique je pense que V.E. aura à cet égard des données plus locales par la Légation du Roi à Kopenhagen.

Pour ce qui regarde la Note Prussienne il serait téméraire de préjuger la réponse du Comte de Mensdorff. Ainsi j'attends des renseignements ultérieurs, mais je dois dire ma pensée intime, il combattra, il négociera ces prétentions, mais il ne brisera pas avec la Prusse. Ne pouvant pas la déloger de la position matérielle et morale qu'elle occupe, le Cabinet de Vienne tachera de vendre son adhésion au plus haut prix qu'il vourra. Quel sera ee prix? Il y a que.lque temps le Cabinet Prussien avait proposé de compenser l'Autriche par des indemnités pécuniaires et des concessions commerciales. Le Cabinet de Vienne a réfusé, répondant qu'il voulait des indemnités territoriales, et il désigna des provinces en Silésie. Cette contreproposition Autrichienne est restée sans réponse. Ainsi à l'égard de la position que va prendre l'Autriche, je me réserve de m'adresser à

V.E. sous peu de jours.

Jusqu'à ce que cette position ne soit clairement dessinée, je crois oiseux de s'occuper de celle que prendront les Etats secondaires de l'Allemagne. Je soupçonne bien que M. von der Pfordten veuille en saisir la Diète par l'entremise du Ministre Bavarois qui est ici. Ma,is il me revient que .ces vaguels projets ont été déconseillés par le Président meme de cette Assemblée Germanique.

Ainsi dans l'attente de l'attitude que va prendre l'Autriche, les Etats secon

daires, d'autant plus ceux du Midi, se garderont bien de se détacher du Cabinet

de Vienne. Enfin, si la phrase m'est permise, dans l'état actuel des choses entre

l'Autriche et la Pruss~, les autres Etats de l'Allemagne feront le plongeon.

Par conséquent la motion faite dernièrement à la Chambre de Stuttgard, afin

de provoquer la reconnaissance du Royaume d'Italie, a prouvé plus de zèle que

de tact politique dans celui qui l'a faite. Il est positif que pour les Etats du Midi

de l'Allemagne, l'intéret commerciai est la corde qu'il faut toucher pour notre

reconnaissance. Ces Etats seraient encore plus poussés par l'intérèt commerciai,

st dans le temps le Gouvernement du Roi leur avait appliqué les conventions

commerciales qu'ils avaient avec les ex-Etats Italiens, qu'on prétend exister en

core de jure, car je crois que ces conventions sont moins favorables que celles

de notre ancien Royaume. Quoi qu'il en soit, une corde touchée mal à propos

donne une fausse note, ·c'est 1ce qui est arrivé à la Chambre de Stuttgard.

En premier lieu jusqu'à ce que la question des Duchés ne soit résolue, les Etats moyens de l'Allemagne ne pourront pas se passer de l'Autriche. En deuxième lieu les Cours Germaniques sont naturellement plus dominées par l'int<&-et dynastique que par l'intéret commercia!!, et 1le travail qud se fait à présent au sein de la politique allemande leur fait envisager une analogie menaçante entre leur position et le sort des dynasties Autrichienne et Bourbonnienne en Italie.

Je pense donc que le parti Germanique qui nous est favorable devrait aller avec plus d'adresse, qu'il devrait se prévaloir de ce qu'on peut avoir, et attendre l'occasion non lointaine d'avoir davantage.

(1) -Lo stesso 2 marzo Barrai inviò notizie circa i rapporti fra Austria e Prussia con il (2) -Non pubblicati.
604

IL CONSOLE GENERALE A NIZZA, BENZI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE S.N. Nizza, 6 marzo 1865.

V.E. non ignora le voci che con tanta persistenza si fanno correre iii Italia e fuori intorno a pretese cessioni di territorio italiano alla Francia. Queste voci, io non debbo nascondervelo, Signor Ministro, destano tra i nostri connazionali, che qui sono moltissimi, apprensioni e malumore.

A dare maggior peso a tali dicerie s'aggiungono certi fatti su dei quali ho certe informazioni che io mi reco a premuroso dovere di portare alla conoscenza di V.E. sembrandomi meritevoli del di Lei interesse.

Così un ingegnere applicato a questa Direzione di Ponti e strade sta per recarsi d'ordine governativo nel circondario di S. Remo per farvi dei lavori topografici, e la sua missione deve durare tre mesi.

D'altra parte, mentre i lavori della ferrovia ligure sono sospesi su vari punti, ptroslsiÌimi alla frontiera francese, quelli tra Nizza e Ventimiglia, sono spinti colla massima attività, ed è offerto un premio agli impresari se questi lavori sono ultimati in più breve tempo di quello stipulato.

Si chiedono da queste autorità locali esatte informazioni sul numero degli uomini di mare inscritti nel circondario di S. Remo.

Infine, ma questo è un si dice, trattasi di stabilire ad Oneglia una stazione internazionale il che [sic]. secondo la opinione assai generale, tutto .il territorio al di qua di quella città, e la città stessa, resterebbero per tale fatto sotto la dipendenza della Francia.

605

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 140. Parigi, 7 marzo 1865 (per. il 9).

La Commissione del Senato, di cui è relatore il Presidente Signor Troplong, ha terminato il progetto d'indirizzo in risposta al discorso dell'Imperatore. Esso è, come al solito, un'amplificazione elegante delle parole imperiali. Il paragrafo relativo alla convenzione del 15 settembre ed agli affari d'Italia, mi pare redatto con molta moderazione, e con abilità. Esso dichiara che la Convenzione chiude la via di Roma alle passioni : questa frase non ha certo nulla che possa spiacere al Governo Italiano.

È certo che questo progetto d'indirizzo sarà adottato dal Senato, con poche

o niune modificazioni, malgrado gli sforzi contrarli del partito ultramontano. Questo si agita assai, ed uno dei suoi più noti rappresentanti, il Senatore Ségur d'Aguesseau, non potendo per ragione di salute assistere alle discussioni, ebbe cura di scrivere al Presidente una lettera in cui esprime il suo pensiero sulla Convenzione, e ne mandò copia autografata ai suoi colleghi del Senato. Benché rechi la data del 12 febbraio questa lettera non fu conosciuta che in questi ultimi giorni. Il Signor Ségur d'Aguesseau si scaglia con molta violenza contro il Piemonte, e specialmente contro il Principe Napoleone: esso teme che la politica del Vice Presidente del Consiglio Privato prevalga su quella dell'Imperatore dichiara che la Convenzione non può avere per la Francia alcuna forza obbligatoria ecc. Mi limito a far osservare a V. E. che le parole dell'Imperatore • Nos troupes partiront bientòt de Rome • riducono al loro valore tutte queste declamazioni. Mi astengo del resto dal mandari..e copia di questa iJ.ettera, ch'Ella troverà stampata nel Nord del 5 marzo.

606

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL. AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 82. Berlino, 8 marzo 1865, ore 15,05 (per. ore 18,20).

Autriche a refusé nettement proposition prussienne relativement aux duchés. On ne croit cependant point pour cela à la rupture des négociations.

607

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 11. Berlino, 9 marzo 1865 (per. il 14).

Je viens confirmer ce que j'ai eu l'honneur de mander par mon télégramme d'hier (1) à V. E., sur la réponse négative de l'Autriche rélativement aux propositions Prussiennes dans la question des Duchés, propositions que le Cabinet de Vienne a déclaré inadmissibles. C'est hier matin que le Comte Karoly a donné lecture à M. de Bismarck de ce document, qui cependant laisse encore la porte ouverte à de .nouvelles négociations et n'entrainera point en tout cas une rupture d'entente entre les deux Gouvernements. En effet, d'après ce que l'on a appris ici d'une source certaine, l'Empereur d'Autriche se serait lui-meme chargé d'atténuer l'impression facheuse que pourrait produire à Berlin ce refus en donnant verbalement à l'Envoyé P;"ussien à Vienne l'assurance positive que la divergence d'opinion à propos des Duchés ne devait aucunement porter atteinte à l'entente amicale des deux Gouvernements.

Au reste si le Cabinet de Berlin a pu etre froissé du mot d'inadmissibles employé par cellui de Vienne pour qualifier les propositions Prussiennes, en revanche l'on ne croit point ici que M. de Bismarck soit le moins du monde embarrassé par le non possumus prononcé dans cette circonstance par l'Autriche. Le grand argument de la Prusse est la possession et comme elle croit etre parfaitement sure que l'Autriche ne lui fera jamais la guerre pour la chasser du Schleswig-Holstein, elle s'inquiète peu d'une résistance qui n'ira jamais jusqu'à tirer le canon. Les Ministres dirigeants des Etats Sécondaires s'agitent bien, il est vrai, dans tous les sens pour pousser l'Autriche à prendre une attitude belliqueuse vis-à-vis de la Prusse; mais à Vienne, où l'on sait parfaitement que l'Italie et la Hongrie n'attendent que la première occasion favorable pour secouer le joug autrichien, l'on ne se sent nul:lement d'humeur à courir l'aventure d'une guerre avec la Prusse qui deviendrait à l'instant le signal d'une lutte générale, et dans laquelle les bataillons Bavarois seraient d'une médiocre ressource pour l'Autriche.

De cet état de choses l'on peut donc conclure que, après comme avant le refus du Cabinet de Vienne, la situation n'a pas changé, et que, comme par le passé, la Prusse continuera dans les Duchés son travail d'assimilation dont le dernier mot, si les Puissances occidentales ne s'en melent pas, sera l'annexion.

C'est aujourd'hui que doit se signer la Convention Commerciale entre l'Autriche et la Prusse, cette dernière agissant au nom du Zollverein. J'ai eu soin d'en faire connaitre sommairement à V. E. les principales conditions. J'ajouterai aujourd'hui que, en échange de quelques facilités de transit accordées aux toiles et tissus de Saxe, l'Autriche acquiert le droit d'importer librement dans le Zollverein ses céréales, son gros et petit bétail etc. mais non ses vins, ce qui enlève presque toute son importance commerciale au ·traité. Un des articles reconnait en principe, il est vrai, le droit de l'Autriche à une future union douanière avec le Zollverein; mais ·cette clause n'est que J.a répétition affaib1ie de celle qui existait dejà dans la convention de 1853 et qui a été une veritable lettre morte pour les intérets autrichiens. Si, telle qu'elle va entrer en vigueur, la convention ne suffit pas à ces derniers, elle mettra du moins un peu à couvert l'amourpropre de l'Autriche, qui surtout dans les circonstances politiques du moment tenait essentiellement à ne pas terminer sa campagne commerciale avec la Prusse par une rupture trop compromettante des négociations (1).

(1) Cfr. n. 606.

608

PIO IX A VITTORIO EMANUELE II

(Ed. in PIRRI, vol. III, parte II, pp. 51-52)

L. Dal Vaticano, 10 marzo 1865.

Maestà. La Maestà Vostra non può dubitare quanto mi debba essere a cuore di provvedere alla vedovanza di tante Sedi Vescovili in Italia, e parecchi mesi addietro ne tenni discorso col signor Ambasciatore di Sua Maestà l'Imperatore dei

Francesi presso questa Santa Sede, che spontaneamente mi si mostrò propenso a trattare questo negozio per me importantissimo. Ora mi rivolgo a Lei direttamente per interessarla a voler valutare come essa merita la mia domanda, dandomi tutta l'assistenza, che è necessaria per ottenere lo intento. Una delle difficoltà, che per me è la più grave, si è scelta delle persone, giacché le tendenze del suo Governo sono così avverse alla Chiesa, per cui, consentendo anche a trattare, mi presenterebbe soggetti che io non potrei ammettere. Per questo motivo dissi al signor Ambasciatore che sarebbe stata cosa ben indicata che Sua Maestà mandasse qui persona di sua fiducia, che per parte mia desidererei che fosse un buono ed onesto secolare, piuttostochè un ecclesiastico di poco fermo carattere. Se dunque Vostra Maestà accetta la mia giusta domanda, darà a me un motivo di consolazione fra tante amarezze, e nel tempo ste:sso soddisfarà ad un dovere che nel suo interno, sono persuaso, Ella desidera di compiere. La persona da scegliersi potrebbe anche darmi una seconda consolazione, arrecandomi la notizia che sono svanite le difficoltà che finora impediscono i Vescovi, da me preconizzati in Concistoro, di recarsi alle loro Sedi. Insomma io La prego di fare tutto quello che può per asciugare qualche lacrima almeno alla travagliata Chiesa d'Italia, fatta segno di tanta e non meritata contradizione. Dio lo permette, e sia fatta la sua volontà! Del resto io prego per Vostra Maestà, lo amo di cuore, e possa Dio liberarla dalla dolorosa e lagrimevole situazione, nella quale si trova.

(1) II contenuto di questo rapporto venne comunicato da La Marmora a Londra e Parigi il 14 marzo.

609

IL GENERALE KLAPKA AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI

L. P. CONFIDENZIALE. Nizza, 10 marzo 1865 (1).

Je me permets de vous envoyer quelques lignes rélatives aux affaires hongroises. Je Vous serais on ne peut plus obligé, si vous vouliez bien les soumettre à MM. les Ministres, afin de faciliter la tache de notre ami le Conte de Csàky.

Je ne retournerai à Genève que vers la fin de la semaine prochaine.

ALLEGATO

Nizza, 10 marzo 1865.

Mon intention était de vous faiTe parvenir une note détaillée sur l'état actuel des choses en Hongrie et sur l'activité de notr.e Comité Central, auquel, avant de se sépaTer, l'opposition de la dernière Diète hongroise avait confié la direction de nos rapports avec l'Etranger et .l'organisation des forces nationales à l'Intérieur.

Le Comte Csciky ayant vu, ces dernieTs jours plusieurs personnes influentes, venant directement du pays, sera .plus à meme que moi de s'acquitter de cette tache. Il se rend à cet effet à Turin et je n'ai qu'à prieT MM. les Ministres de bien vouloir honorer ses rapports verbaux de l'attention qu'ils méritent.

Retenu plus longtemps que je ne le pensais par la maladie de ma femme à Nice, j'ai vu ici M. de Komciromy, le représentant officiel de notre Comité, qui

est venu me rejoindre et qui m'a apporté les nouvelles les plus récentes concernant l'ensemble de notre organisation.

D'après les preuves que j'ai sous les yeux, je puis affirmer que cette organisation existe dans toute son étendue, et qu'elle a pu etre conservée malgré les fàcheux incidents de l'année dernière et malgré l'emprisonnement de plusieurs de nos meilleurs et plus marquants Patriotes.

La situation de l'Europe et les graves questions qui préoccupent en ce moment l'Italie ne nous permettent pas de penser à une levée de boucliers en Hongrie. Il faut y renoncer pour cette année et conserver intactes les forces pour une meilleure occasion. Toutefois l'intérèt des deux pays, de l'Italie aussi bien que de la Hongrie, cxige la continuation suivie de leurs rapports et il serait malheureux si les préparatifs entamés avec tant de sacrifices en vue d'une action commune étaient brusquement interrompus.

Le Comte Csaky aura l'honneur de communiquer au Gouvernement Italien les voeux, les projets et les besoins urgents du Comité Centrai Hongrois. D'après mes conversations avec M. de Komaromy, je sais seulement qu'il est pressant que le Comité puisse disposer de certaines sommes:

sylvanie, qui pourraient autrement tomber entre les mains de nos adversaires.

2°. Pour fournir par des preuves évident es la preuve à nos compatriotes dans le pays, que ~e grand travai.l d'organisation de l'année àernière existe et se perfectionne.

3°. Pour des Missions chez les Serbes et les Croates afin d'arriver à une

entente définitive et de s'assurer de la coopération éventuelle de ces deux peuples.

Le Comité espère, il est sfrr, que, pouvant donner quelques signes de son acti

vité, l'opposition à la prochaine Diète, qui sera probablement convoquée pour

le printemps prochain, gagnerait de force et de moral, et qu'il lui ne serait pas

difficile de faire échouer les plans du Gouvernement de Vienne, ou au moins

trainer à l'infini les négociations entre la Diète et la Dynastie.

Je m'arrète, croyant par ces quelques lignes avoir suffisamrnent démontré la

importance de la mission de M. de Csaky, et je suis convaincu d'avance que MM. les

Ministres bien informés de la question dont il s'agit, ne voudront pas laisser tom

ber dans le néant un travail dont l'issue touche de si près à l'avenir mème de

l'Italie.

(1) Annotazione marginale: • Ricevuta li 12 detto per occasione particolare •.

l 0 Pour le transport et le dep6t d'armes arrivées à la frontière de la Tran

610

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, ALLE LEGAZIONI. AGLI AGENTI E CONSOLI GENERALI AD ALESSANDRIA D'EGITTO, BRUNO, A BUCAREST, STRAMBIO, A TUNISI, GAMBAROTTA, E AL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO

CIRCOLARE. Torino, 11 marzo 1865.

Le délai fixé par la loi du 11 Décembre pour la translation de la Capitale à Florence devait naturellement etre consacré à prendre les mesures nécessaires pour que la transition fut la plus facile possible pour les intérèts engagés, et à faire disparaitre les différences de régime administratif et de législation qui existaient encore entre quelques provinces du Royaume. L'apaisement de l'émotion réssentie en Piémont depuis 1la Convention du 15 Septembre indique que ces populations sont rassurées dans leurs intérets matériels par les marques de sollicitude que le Parlement et le Roi ont données et dans leurs sentiments par un noble échange de procédés affectueux avec le Souverain et avec les popula

tions des autres provinces; le Piémont voit donc avec une résignation patriotique s'approcher le jour où le Gouvernement aura 1suivi la Cour, déjà installée :actuellement à Florence. Entourée du respect de cette Cité qui va cesser d'ètre Capitale, la représentation nationale délibère activement sur les lois importantes que le pays tout entier attend d'elle. Cette première législature du premier parlement italien, avant de clore la longue session inaugurée dès le printemps de 1863, aura donné au Royaume une organisation sinon définitive dans toutes ses parties, du moins complète et pouvant fonctionner avec ordre et régularité. Les lois de réforme et d'unification administratives ont été votées par la Chambre et sont soumises aux délibérations du Sénat. Il en est de meme des lois d'unification législative, dont il faut excepter cependant le projet relatif à l'unité de la législation pénale, projet qui soulève la question de la peine de mort, et qui est en ce moment en discussion à la Chambre. Après ces lois viendra celle qui concerne la propriété ecclésiastique et les corporations religieuses, et celle de l'aliénation des chemins de fer de l'Etat. La lecture des comptes rendus des travaux législatifs vous aura servi sans doute, Monsieur, à vous former une idée .exacte et à vous mettre à meme d'éclairer au besoin l'opinion étrangère sur des objets qui ne peuvent ètre de peu d'intérèt pour les hommes d'Etat puisqu'ils offrent la preuve du ilibéralisme et de :la modération qui président à la reconstitutìon de l'Italie par elle-meme.

L'exposé de la situation financière que mon collègue des Finances s'est engagé à présenter, sera accueilli avec un intérèt exceptionnel en Italie, où le désir de réaliser dans le plus bref délai possible l'équilibre de la dépense et de la récette est peut-tìtre la plus vive des préoccupations du moment. Dejà les budgets rectifiés pour 1865 présentés au Parlement dénotent une diminution considérable du déficit. L'exposé attendu indiquera au pays les progrès accomplis dans l'amélioration de nos finances, et ce qu'il reste encore à faire pour établir l'équilibre du budget. Les populations ont prouvé d'avance qu'on pouvait compter sur elles pour atteindre le but. L'admirable empressement avec lequel elles ont avancé l'impòt foncier de 1865, les chiffres considérables auxquels ont été évalués, dans les déclarations mèmes des contribuables, les revenus de la richesse mobilière sujets à un nouvel impòt, la part enfin prise par les capitaux italiens à la souscription des obligations hypothéquées sur les biens domaniaux, témoignent des ressources et des bonnes dispositions du pays.

C'est donc avec résolution et confiance que le Gouvernement du Roi poursuit la ,tàche de l'organisation du Royaume sur des bases larges et solides. Cette oeuvre doit natureillement s'aocompJ.ir, autant qu'il dépendra de nous, dans des conditions de paix et de sage réserve à l'égard des affaires extérieures. Nous .constatons avec plaisir que le pays le sent, et que son activité se porte toute entière vers le développement des éléments de richesse et de puissance qu'il

possède. L'état intérieur de la péninsule atteste en effet que cette attitude expectan

te ne nous est pas imposée par un sentiment de malaise, mais suggérée au contraire par les bienfaits que ces quatre années de· paix réparatrice ont apportés au pays. L'année dernière encore les préoccupations qui se faisaient jour dans les assemblées politiques de France et d'Angleterre sur la situation de nos pro

!;~ -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. V

vinces méridionales, nous déterminaient à rétablir les faits dans leur réalité, et à signaler les progrès spéciaux réalisés dans le sud; aujourd'hui ces préoccupations ont disparu devant le spectacle d'une prospérité croissante, et nous n'aurions qu'à nous en référer aux statistiques générales pour démontrer, s'il en était besoin, l'égal et rapide mouvement de progrès moral et matériel qui s'accomplit dans nos provinces du Sud comme dans celles du Nord. Il n'est pas besoin d'ajouter que dans ces progrès il faut comprendre la consolidation de nos forces de terre et de mer, et que, au dedans comme au dehors, notre politique pacifique s'allie à la prévoyance des épreuves auxquelles des événements pourraient appeler le pays.

Le Ministère a donc été compris lorsque, dans ses déclarations au Parlement, il a voulu persuader l'opinion autant que possible qu'une solution pacifique de la question vénitienne 'POuvait se réaliser un jour, et qu'il failait plutot se confier en cette espérance que de toujours croire à des hostilités prochaines. S'il est vrai, comme on l'a dit, que la Convention du 15 Septembre a été regardée par les adversaires de l'Italie comme une occasion de nouveaux conflits, nos vues, pour notre part, sont toutes différentes. La situation créée par la Convention du 15 Septembre nous fait souhaiter la conservation d'une paix éminemment favorable aux progrès de nos relations extérieures, à l'achèvement de notre réorganisation administrative et financière, et j'ajouterai meme à la sincérité et au succès de la grande épreuve qui va s'accomplir au centre de la Péninsule. La confirmation donnée à notre politique par l'acte du 15 Septembre est elle-meme un gage qu'une solution satisfaisante pourra se produire également pour les difficultés, quelque graves qu'elles soient, qui nous restent à régler avec l'étranger. Chaque jour, pour ainsi dire, le Royaume d'Italie prend une piace mieux établie dans la politique des puissances les plus considérables d'Europe et notre unité nationale est de plus en plus reconnue comme l'un des éléments de l'équilibre européen. L'accueil fait à Pétersbourg et à Berlin aux Ministres de S.M. récemment accrédités auprès de ces deux Cours nous donne la confiance fondée que nos rapports avec les puissances du Nord deviendront plus amicaux encore. Quelque peu décisives que soient en ce moment les tendances de la plupart des cabinets, quelque persistante que soit l'incertitude qui plane sur les liaisons qui pourront se former entre eux, l'Italie est assurée de la bienveillance de ses amis naturels. Leurs intéréts essentiels sont d'accord avec les siens, et cette vérité tend à étre toujours mieux comprise de part et d'autre. Nous sommes convaincus que malgré le rapprochement factice qui a semblé s'opérer dans ces dernières années, entre l'Autriche et des puissances qui peuvent à bon droit étre regardées comme ses rivales naturelles, les situations véritables ne tarderont pas à r~endre ouvertement 1leur caractère normallsi aucune crise ne vient précipiter les événements dans le midi de l'Europe. Notre voeu sincère, c'est qu'une crise de ce genre soit évitée. Formé à la suite d'une guerre mémorable, le Royaume d'Italie s'affermit et se consolide dans la paix, et établit ainsi irrécusablement la bonté intrinsèque de sa cause, la légitimité de son oeuvre.

Un incident s'est produit dernièrement dans nos rapports avec Rome qui n'a pas été présenté partout dans son jour véritable par la publicité, et qu'il convient que vous connaissiez exactement.

* Par suite de la réunion au Royaume des provinces jadis pontificales un certain nombre de sujets actuels du St. Siège, condamnés par des tribunaux pontificaux pour des délits commis sur le territoire romain actuel, se sont trouvés dans les prisons du Royaume. Le Ministre Garde des Sceaux reçut de plusieurs d'entre eux des demandes en gràce adressées à S.M. et le Gouvernement eut à délibérer sur ce qu'il y avait à faire de ces individus. Les Autorités compétentes jugèrent qu'il ne pouvait etre le cas d'appuyer leurs recours, la gràce royale ne pouvant s'appliquer à des condamnations rendues par des Tribunaux étrangers d'après des lois étrangères, et concernant des individus et des faits qui ne relèvent 1pas de la justice du Royaume: que d'un autre d'>té le Gouvernement avait le droit de ne pas garder ces condamnés à sa charge, ce qui était d'ailleurs une irrégularité au point de vue légal; qu'en conséquence il fallait ou offrir de les livrer régulièrement aux Autorités pontificales, ou les expulser, si on ne pouvait s'en débarrasser autrement, par la frontière de l'Etat auquel ils appartenaient. Cependant des précédents singuliers avaient prouvé que le Gouvernement Pontificai n'entendait pas entrer en rapport avec le Gouvernement ltalien meme pour des affaires ordinaires d'extradition et de police judiciaire. Il était arrivé entre autres incidents qu'un individu né et habitant à Rome ayant volé dans cette ville à un autre sujet Romain une somme qui fut trouvée par nos autorités sur la personne du voleur arreté à Rieti, il fut impossible de faire accepter par les autorités pontificales, meme en forme non officielle, la livraison -qu'on leur offrit à plusieurs reprises du coupable et de la somme volée. La possibilité d'une extradition d'accord avec le Gouvernement Pontificai étant ainsi €xclue, l'on dut se borner à les faire expulser par la frontière pontificale, l'autorité militaire française étant naturellement chaque fois avertie afin qu'elle put prendre les mesures de sureté qu'elle jugerait nécessaires à leur égard. Cette .opération eut lieu successivement dans les mois de Juin et de Juillet 1864.

Au mois d'Aout suivant le Gouvernement Pontificai nous fit connaìtre à son tour par l'entremise du Gouvernement Français son intention de procéder à la livraison des condamnés détenus dans les prisons romaines mais originaires des provinces réunies au Royaume. Cette résolution inattendue du Gouvernement Pontificai ne pouvait qu'etre immédiatement acceptée par nous, quels que fussent les détours qu'elle prenait pour év1ter qu'elle n'eut le caractère d'une reconnaissance mème de fait du Royaume d'Italie. L'échange des prisonniers sur la base de la situation territoriale respective des deux Etats était en soi un principe qui ne pouvait soulever de notre part aucune objection. Effectivement, les détenus extradés par le Gouvernement Pontificai viennent de nous etre livrés au nombre de 590. Ceux dont la peine ne dépassait pas la durée de 10 ans nous ont été livrés par convois de quarante par jour, dans le mois de janvier, à la frontière de Ponte Felice et traduits à Rocca di Nami. Les condamnés à des peines plus graves ont été réunis à Civitavecchia, d'où un navire français le

• Grégeois • les a transportés à Porto Ercole, d'où ils ont été amenés à Génes ~par un navire de la marine Royale * (1).

Je passe, Monsieur, à d'autres affaires spéciales qui se sont présentées pendant les derniers mois dans nos relations extérieures.

Dans la Circulaire de ce Ministère aux Légations de S. M. en date du 17 Juin 1864 (1) il a été fait mention des troubles qui avaient éclaté dans le territoire de la République de l'Uruguay et de la rupture des rapports diplomatiques entre cette République et la République Argentine.

Depuis lors la situation a toujours empiré. Les bandes de Flores, jadis Président de Montévideo à l'époque où le parti colorado y était au pouvoir, ont continué à tenir la campagne et les tentatives d'arrangement entre les insurgés et le parti blanco qui a maintenant le dessus à Montevideo, appuyées d'abord par le Ministre Britannique auprès. de la République Argentine, puis par le Ministre d'Italie auprès des Républiques de la Plata, n'ont pu aboutir à des résultats effectifs. Pendant que la République Argentine se tenait dans la neutralité, sans renouer toutefois les relations interrompues avec la République Orientale, le Brésil, saisissant l'occasion pour faire valoir d'anciens griefs, ouvrait les hostilités contre le Gouvernement de Montevideo, et le Paraguay prenait parti activement au contraire pour celui-ci et envahissait la province brésilienne de MatoGrosso. *Les événements qui ont suivi sont assez connus: ils ont nui naturellement au commerce considérable que l'Italie entretient avec ces pays, et aux intérets qu'elle doit y protéger. Ainsi dans la seule ville de P~ysandu qui s'étant rendue à discrétion à la isuite de l'attaque combinée de la flotte brésilienne et de l'armée de Flores, a été fort maltraitée par les vainqueurs, presque la moitié de la population était italienne.

Le Ministre du Roi a reçu dans ces tristes conjonctures pour instructions d'observer la plus stricte neutralité, mais de protéger énergiquement les intérets de nos nationaux. La meme ligne de conduite a été suivie par les Agents diplomatiques des autres puissances à Montevideo. Le Ministre du Roi a à son disposition trois navires de la marine royale de guerre, dont deux corvettes à vapeur la • Fulminante » et l' • Ercole » et une canonnière à vapeur la • Veloce ». Les services rendus par ces navires non seulement aux sujets du Roi, mais aussi aux autres colonies étrangères dans les villes attaquées, ont été de nature à affermir la légitime influence dont 'l'Italie jouit dans ces :régions * {2).

Je n'ai pas besoin d'ajouter, Monsieur, que le Gouvernement du Roi conservera la meme attitude à l'égard des affaires de la Plata. La supposition admise par certains journaux américains, qu'il soit question d'un protectorat italien à accorder à la République de l'Uruguay, ou que le Gouvernement du Roi vise à fonder des établissements coloniaux dans ces contrés, est absolument dénuée de fondement. La concession faite par le Gouvernement orientai à la Marine Royale d'un petit ilòt situé en face de Montevideo, dit de las Ratas, n'était pas de nature à fournir meme un prétexte à des bruits de ce genre. La destination de cet emplacement est la meme que celle que la Marine des Etats Unis a donné au dépòt que le Gouvernement du Roi lui avait concédé dans le Golfe de la Spezia. Il s'agit d'ailleurs d'une simple location, pour laquelle nous payons une rédevance fixe am1Uelle et qui est révocable à des termes très-rapprochés.

En attendant que j'aie à vous signaler le résultat des négociations que le Gouvernement poursuit pour la conclusion de plusieurs conventions commerciales, postales et d'extradition, j'ai à mentionner un arrangement intervenu en Décembre dernier entre il.'admdnistration des Postes Italiennes et l'administration française au sujet du transport par la voie des paquebots français des correspondances échangées entre ~e Royaume d'Italie et les Etats de l'Amérique du Sud. Ce transport qui s'était effectué jusqu'ici sans la facilitation des plis clos avait donné lieu à des inconvénients que nos Agents diplomatiques et consulaires dans ces pays n'avaient cessé de signaler au Gouvernement du Roi. En vertu de l'arrangement convenu, le transport des correspondances en question a lieu en dépeches closes moyennant le prix de francs 4.57 par 30 grammes de lettres, et de francs 5.60 par kilogramme d'imprimés, soit pour prix du parcours sur le territoire français entre la frontière italienne et Bordeaux et les ports de l'Amérique du Sud desservis par les paquebots français.

L'échange des correspondances télégraphiques entre les différents Etats de l'Europe a été jusqu'ici réglé par les deux Conventions intervenues en 1859 à Bruxelles et à Berne, et auxquelles ont successivement adhéré plusieurs Puissances du Continent qui n'avaient point pris part à ~a signature de ces actes internationaux. D'après la faculté concédée par le dernier paragraphe de l'Art. 2 de la Convention de Berne, des Traités particuliers avaient été successivement stipulés par Je Gouvernement du Roi avec quelques Etats lim.itropheiSI pour la substitution du système de la taxe uniforme à celui des zònes, et pour l'abaissement du ·tarif des dépeches télégraphiques. Le Gouvernement Impérial de France avait de son còté conclu avec les Etats limitrophes des accords analogues, conseillés par le développement considérable des correspondances internationales. La situation créée par ces conventions télégraphiques particulières et l'expérience nouvellement acquise amenèrent les·Gouvernements intéressés à admettre l'opportunité de modifier les Conventions de Bruxelles et de Berne. Là dessus le Gouvernement français dénonça ces deux Conventions internationales, qui aux termes des articles 36 du Traité de Bruxelles et 42 du Traité de Berne n'étaient plus en vigueur que par tacite réconduction d'année en année. En nous notifiant cette dénonciation le Gouvernement Impérial nous a en meme temps conviés à des Conférences à tenir à Paris, et auxquelles toutes les Puissances de l'Europe pourraient se faire représenter dans le but d'arreter de nouveaux accords sur cette matière.

Nous avons adhéré à cette proposition, le but étant de faire prévaloir des principes qui sont les nòtres. Les Conférences auxquelles le Ministre du Roi à Paris prend part, assisté par un Délégué spécial nommé à cet effet par le Département Royal des Travaux Publics, ont commencé le ler Mars.

Le Traité à intervenir sera signé par les Représentants de chaque Puissance accrédités à Par.is; les dispositions techniques en seront ruaborées par une ( ,ommission composée des Délégués spéciaux de chaque Gouvernement. TI demeure entendu que tous les Gouvernements qui se seront fait représenter à la Conférence, auront, à l'avance, adhéré en principe à la substitution du système df's tarifs uniformes à celui des Zònes.

Le développement de nos rapports commerciaux à l'étranger a conseillé la fondation de nouveaux Consulats et Vice-Consulats de première Catégorie.

La navigation italienne dans la mer d'Azoff acquiert chaque jour une plus grande importance: déjà en 1863 un Consulat de deuxième Catégorie a été fondé à Taganrog, mais le titulaire de ce poste ne suffisant pas pour exercer une surveillance assez efficace sur les Délégations consulaires de son ressort, où le mouvement des navires nationaux est très considérable, notamment à Berdianska, un Consulat de première Catégorie a été institué dans cette dernière localité.

Le Gouvernement du Roi n'avait été jusqu'ici représenté dans la République de Venezuela par aucun officier de carrière. La protection des intérets nationaux y avait donc été insuffisante à cause de la difficulté soit de trouver des Agents locaux, soit de faire reconnaitre par ce Gouvernement dans leur qualité officielle des Agents n'appartenant pas à la nation qu'ils représentent. Un Consulat de première Catégorie a donc été établi à Caracas.

Un autre Consulat de première Catégorie érigé à Rosario de Santa Fé protégera la navigation italienne sur le Paranà, et les sujets du Roi qui dépassent le chiffre de douze à quinze mil.Jle dans la province argentine de Santa Fé.

Le Consulat de première Catégorie existant actuellement à Cardiff est transféré à Liverpool, où se porte surtout le courant commerciai provenant de l'Amérique du Nord, et où jusqu'ici le Consulat italien avait été confié à un Agent local: un Vice-Consul de première Catégorie gérera sous la direction du Consul de Liverpool le poste de Cardiff, devenu Vice-Consulat. Les nouveaux Vice-Consulats, établis à .&lep, à .Janina, à Soulina, à Newca~stle (upon Tyne), Elseneur et à Riga, sans avoir la meme importance, sont cependant appelés à rendre de notables services. Alep, situé dans le centre le plus remuant de la race musulmane en Syrie, est la résidence de sujets italiens qui se sont trouvés jusqu'ici sans protection efficace. .Janina est le chef-lieu du Pachalik ottoman qui comprend Vallana, point très-intéressant .pour nos communications avec la Turquie, et siège d'une station télégraphique italienne. Soulina et Newcastle sont des ports assez fréquentés par le paviHon nationaL A ELseneur et à Riga les nouveaux Vice-Consuls de première Catégorie géreront les Consulats établis depuis quelques années dans ces villes, et auront surtout pour mission d'empecher à l'avenir les abus dont jusqu'ici de capitaines italiens ne se sont que trop fréquemment rendus coupables, et qui ont fait tort à la réputation de la marine marchande nationale dans la mer Baltique.

(1) Il brano fra asterischi è edito in L V 8, pp. 106-107, sotto la data 15 febbraio.

(1) -Non pubblicata. (2) -Il brano fra asterischi è edito in L V 8, pp. 480-481.
611

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

D. 3 . Torino, 13-14 marzo 1865.

.Je vous accuse réception et vous remercie de vos intéressants rapports du 2 courant N. 2 Confidentiel et 10 Politique (1). Le Ministre du Roi à Paris m'a rapporté que les Ambassadeurs de Prusse et d'Autriche ont annoncé officiellement le 2 courant à S.E. le Ministre Impérial

des Affaires Etrangères l'établissement d'un modus vivendi provisoire pour les Duchés de Schleswig et de Holstein, dont la situation serait ainsi fixée jusqu'à un règlement de la question de suc,cession. MM. de Goltz et de Metternich ont demandé au nom de leurs Gouvernements au Gouvernement français:

I) La reconnaissance du pavillon adopté pour les Duchés, portant les couleurs bleu, blanc et rouge, avec une marque spéciale pour que la ressemblance n'en soit pas complète avec ceux de Suède et de Mechlembourg.

II) La continuation au bénéfice du commerce des Duchés des faveurs exceptionnelles accordées par la France au Danemark.

Le Gouvernement Français a admis sans difficulté la première demande par la raison que les Duchés ne pouvaient plus se servir ni du pavillon de la Monarchie danoise, à laquelle ils avaient cessé d'appartenir, ni du pavillon prussien ou de tout autre Etat allemand, auquel ils n'appartiennent pas.

La seconde demande des deux Puissances n'a pas été accueillie: le Gouvernement Français l'a considérée comme étant en contradiction avec la première, car les Duchés ont adopté un pavillon propre précisément parcequ'ils ont cessé d'appartenir au Danemark et d'avoir droit à invoquer les traitements de faveur qui peuvent lui etre acquis.

Le traitement exceptionnel accordé par la France au Danemark depuis longtemps et par des raisons spéciales, analogue à celui qu'elle a accordé à l'Espagne par suite du paote de famille, a été toujours l'objet d'une exception expresse dans les Traités conclus par la France avec les autres puissances meme les plus favorisées; et l'intention du Gouvernement F,rançais d'a,près leiS déclarations de

M. Drouyn de Lhuys aux Envoyés de Prusse et d'Autriche, serait de ne pas se départir de ce système de conduite. Une communication du Ministre des Affaires Etrangères de France a été

adressée à cet égard aux Ambassadeurs de l'Empereur à Berlin et à Vienne. En vous transmettant ces renseignements pour votre infOirlllation ...

P.S. Je vous accuse aussi réception de votre rappOTt N. 11 Politique, qui m'arrive à l'instant (1).

(1) Cfr. n. 602 e p. 606, nota l.

612

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R .12. Berlino, 14 marzo 1865 (per. il 18).

D'après des correspondances diplomatiques arrivées ici de Vienne à la suite de la réponse négative de l'Autriche aux propositions Prussiennes, il parait certain que, dans la question des Duchés, le Cabinet Impérial vient de faire un revirement politique des plus significatifs, et qui, en ce qui nous concerne surtout, a une extreme importance. Jusqu'à présent l'Autriche avait vivement insisté pour fixer le plus promptement possible, selon le droit fédéral et d'un commun accord

avec la Prusse, le sort des Duchés Allemands. Aujourd'hui elle change tout à coup système, et partageant pour la première fois sur ce point les idées de la Prusse, elle semble vouloir prolonger le provisoire actuel et laisser la question ouverte. Selon les correspondances plus haut mentionnées, la raison de ce soudain revirement serait que l'Empereur d'Autriche et son entourage so n t dans la persuasion que, avant la fin de l'année, l'état intérieur de l'Italie forcera le Gouvernement du Roi à entamer la guerre pour la possession de Venise, et qu'alors, mais alors seulement il serait le cas d'offrir à la Prusse l'annexion pure et simple des Duchés, à condition que cette Puissance la soutint dans une lutte où suivant l'opinion du Gouvernement autrichien, ies armées frança1ses seraient inévitablement amenées à prendre part. Jusqu'à la réalisation de cette éventualité, qu'il regarde comme très prochaine, le Cabinet de Vienne, se bornant à maintenir sa position de co-partageant dans les Duchés, serait résolu à opposer une résistance passive à toutes les tentatives annexionnistes de Qa Prusse et à contrecarrer ISystématiquement tous ses projets. Des ordres dans ce sens auraient été envoyés dans les Duchés au Commissaire Civii de l'Autriche, dont le désaccord

avec celui de la Prusse laissait cependant bien peu à désirer.

Il est très possible que le changement d'attitude de l'Autriche indiqué par sa dernière réponse à la Prusse, lui ait été inspiré par l'arrière-pensée qu'on lui prete, et qu'ainsi la question des Duchés ait encore à subir un nouveau temps d'arrèt plus ou moins prolongé. Mais lors meme que ses prévisions d'attaque en Vénétie viendraient à se réaliser, l'Autriche se fait d'étranges illusions sur la valeur et l'opportunité de ses offres intéressées; car d'un còté M. de Bismarck est trop avisé pour accepter une lutte avec la France qu'il a jusqu'à présent ménagée avec un soin extrème; et de l'autre, si l'Autriche se trouvait engagée dans une guerre avec l'Italie, la Prusse se passerait certainement de son assentiment pour opérer immédiatement et définitivement une annexion quÌn'offrirait plus alors la moindre difficulté.

Quoiqu'il en soit de ces prévisions que j'ai cru devoir soumettre à la haute appréciation de V.E., il est certain que, comme je le marquais dans ma dernière dépèche, M. de Bismarck n'a pas plus été sur:prts que contrarié de la réponse négative de l'Autriche. Le soir mème du jour où le Comte Karoly [ui avait donné lecture de la note autrichienne, il s'exprimait en ces termes avec un membre du corps diplomatique:

• Si l'Autriche avait voulu entrer en négociations sérieuses avec nous, et discuter amicalement les points de notre programme, nous étions disposés à rabattre beaucoup de nos demandes, tout en maintenant cependant intactes celles relatives aux besoins de notre Marine, sur lesquelles nous ne transigerons jamais; mais du moment que l'Autriche se renferme dans un silence énigmatique, nous ferons comme elle, nous attendrons; et en définitive nous verrons bien auquel des deux le maintien du statu quo profitera le plus •.

Certes, ce n'est pas là le langage d'un homme qui a des sympathies autricheinnes et voudrait pour la possession d'un petit territoire qu'il peut acquérir autrement, mettre l'armée prussienne au service des rancunes de l'Autriche en Italie. Mais d'un autre còté, il ne faut pas oublier que, dominé comme il l'est par l'idée fixe d'un agrandissement de la Prusse, M. de Bismarck ne reculera

dcvanl rien; et que la diversité des vues où il se place pour amener ce résultat, en apporte instantanément aussi dans ses opinions. Pour etre dans le vrai, il faut bien plus compter sur le bon sens de M. de Bismarck, pour le choix des moyens à employer, que sur ses sympathies, ou ses préférences politiques, qui toutes sont subordonnées aux l'eves d'un agrandissement prussien auquel il veut à tout prix attacher son nom.

(1) Cfr. n. 607.

613

IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 12. Pietroburgo, 15 marzo 1865.

J'ai l'honneur de remercier V. E. de sa dépeche du 2 courant (sans numéro) (1), sur l'agitation renaissante dans le Liban. De son còté le Cabinet de St. Pétersbourg avait également reçu l'avis de quelques signes précurseurs de nouvelles complications au sein des diverses tribus qui habitent cette partie de la Syrie.

Je n'ai pas manqué dans cette prévision de revenir à la charge pour établir nos droits de concourir à tout arrangement sur cette question, aussi bien qu'à toute autre question relative à l'Orient.

Le Vice-Chancelier a de nouveau invoqué les accords de 1840, 1842 et 1845, auxquels la Sardaigne n'avait pris aucune part. Notre titre ne pouvait également découler du traité de Paris auquel la question de Syrie était restée étrangère. Ensuite nous n'avions point participé aux conférences de 1861 pour l'organisation politique du Liban, et nos démarches n'avaient point été accueillies par la majorité des Puissances, quand leurs Plénipotentiaires se réunirent, en 1864, pour confirmer le choix de l'ancien Gouverneur Général Daoud Pacha et sur la durée du pouvoir aui lui serait confié. Dans cette dernière circonstance, la Russie consultée déclina notre demande, en se plaçant au point de vue de la stricte légalité.

J'ai répondu en développant 1es arguments que me fournissaient les correspondances du Comte de Cavour et du Général Durando, et en rappelant nos réserves formelles, notre interprétation du traité de Paris, etc.

Le Prince Gortchakow me dit alors qu'il y aurait peut-etre un moyen de tourner la difficulté: seulement il m'a prié de suggérer comme de moi-meme, sans y meler, d'aucune manière et vis-à-vis de qui que ce filt, son nom. Pourquoi la conférence à Constantinople, si elle devait se réunir pour les affaires de la Syrie, ne prendrait-elle pas elle-meme l'initiative, et ne passerait-elle pas aux voix? Ce ne serait plus alors la Sardaigne, ou plutòt l'Italie, qui aurait pris les devants, mais la Conférence elle-meme qui, en cas d'une majorité en notre faveur, convoquerait alors notre Plénipotentiaire. L'Angleterre est bien disposée. La Russie n'est au fond pas très méchante (sic). Dans la question de Syrie

elle s'est habituellement montrée d'accord avec la France. Il y aurait là des éléments qui pourraient faciliter une solution. Mais il conviendrait, bien entendu, que de son còté la Turquie se montrat favorable , car elle mettrait le Cabinet de St. Pétersbourg dans un grand embarras, si elle maintenait son opposition en alléguant, entre autres, qu'elle ne se soucie pas de se donner un tuteur de plus pour le Liban. Quant à la Prusse et à l'Autriche, il faut s'attendre qu'elles marcheront de concert. La Russie doit, il est vrai, user de ménagements vis-à-vis du Cabinet de Vienne, dont l'attitude en Syrie a été correcte, mais si la divergence devait se restreindre, comme pour l'acte de navigation du Danube, à sa seule répugnance d'admettre le délégué d'une Puissance qu'elle n'a pas encore reconnue, on serait ici assez d'avis qu'il est temps d'en finir avec ces susceptibilités, ces scrupules, quelque explicables qu'ils puissent paraìtre en se plaçant au point de vue autrichien.

Comme avant-propos, le Prince Gortchakow m'avait raconté une anecdote, cn me laissant le soin d'en tirer une application.

Il résidait à Florence e n qualité de Chargé d'Affaires, lors du mouvement insurrectionnel des Etats Pontificaux (1830). Devant l'occupation Autrichienne, le Prince Louis Napoléon s'était abrité à Ancòne, d'où il cherchait les moyens de se soustraire aux poursuites de la police mise à ses trousses. Un agent secret du Comte de Leu se présente à la Légation Impériale au nom de l'ancien Roi de Hollande qui, dans l'intél'et de son fils, avait vainement frappé à d'autres portes. Le Prince Gortchakow opposa officieHement un refus dicté par les convenances internationales, mais en son propre nom il indiqua sur une carte géographique la meilleure voie à suivre pour gagner le port de Livourne. Il fit méme comprendre au Ministre Fossombroni que mieux valait fermer les yeux sur le passage en Toscane de Louis Napoléon, que de se préparer des ennuis par son arrestation.

Le langage qui a suivi ce récit, a été empreint d'une parfaite bienveillance. Autrement je n'eusse pas manqué de faire observer que, si la morale de l'histoire n'avait pas échappé à mon esprit, je ne pouvais néanmoins admettre de faux-fuyants pour l'Italie, qui doit entrer dans les conférences par une porte grande ouverte, son mot de passe étant le droit et non la faveur. Mais l'intention était bonne, lors méme que la recommandation du secret le plus absolu, sur le biais susmentionné, indiquait assez que le Vice-Chancelier n'en acceptait pas la responsabilité vis-à-vis de tierces Puissances. En tout cas, s'il a été sincère, et je m'empresse d'ajouter que ce serait lui faire injure que d'admettre le contraire, il devra envoyer des instructions dans ce sens au Général Ignatieff, autrement il aurait l'air de donner d'une main pour reprendre de l'autre.

Je n'ai pas besoin d'insister sur le secret de cette dépéche, vis-à-vis des autres Puissances, et méme vis-à-vis du Général Ignatieff: car, s'il en connaissait le contenu, il ne manquerait pas d'en écrire ici, et le Ministre Impérial des Affaires Etrangères pourrait à bon droit m'accuser d'indiscrétion.

En accusant réception de la dépèche de V. E. en date du 31 Janvier, sans numéro, relative au préambule de l'acte de navigation du Danube... (1).

(1) Non pubblicato.

(1) Non pubblicato.

614

IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 13. Pietroburgo, 15 marzo 1865.

J'ai l'honneur d'accuser réception et de remercier V. E. de sa dépeche (Cabinet) en date du 27 Février échu, n. 2 (1). Le Prince Gortchakow, auquel j'ai donné lecture du premier article de cette dépikhe, m'a exprimé sa satisfaction d'entendre que mon rapport sur l'accueil qui m'avait été fait à la Cour de

S. Péte~sbourg, avait été de tout point ·conforme à la vérité des sentiments d'amitié dont on est animé ici envers le Roi et envers notre pays.

La cessation de l'insurrection dans le Royaume de Pologne et le changement qui s'en est suivi dans la situation politique de la Gallicie et du territoire de Cracovie, avaient conseillé au gouvernement Autrichien de se relacher des mesures de rigueur provoquées par les exigences du temps où l'agitation était grande dans les deux empires limitrophes.

Avis officiel en fut donné au Prince Gortchakow en mème temps que des suggestions plus ou moins directes sur la nécessité d'une amnistie qui permit aux réfugiés Polonais jusqu'ici soumis à l'internement, de rentrer dans leurs foyers au lieu de se rendre à l'étranger où bon nombre d'entre eux seraient exposés à retomber sous l'influence des comités secrets.

Cette démarche a produit ici quelque mécontentement. La Russie n'aurait pas voulu se laisser distancer par le Cabinet de Vienne pour des actes de clémence. Elle aurait voulu, assure-t-on, prendre elle-mème les devants à l'occasion du mariage prochain du Grand Due Héritier. Quoi qu'il en soit, elle a décliné pour le moment d'accéder au conseil d'une amnistie. En mème temps elle aurait repoussé, avec une certaine raideur la demande de rendre à la liberté au moins les prisonniers Polonais sujets Autrichiens.

Quant aqx insurgés internés sur le sol de l'Autriche et qui déjà ont franchi dans diverses directions les frontières pour gagner la Suisse, la France, etc. le Cabinet de S. Pétersbourg a cru devoir rappeler à Vienne l'engagement pris entre les trois puissances du Nord de se concerter entre elles avant de prendre une décision de quelque importance touchant les affaires Polonaises. Le Gouvernement Autrichien aurait répliqué que l'accord n'allait pas jusqu'à lier entièrement sa liberté d'action, et qu'il n'était tenu qu'à informer les Gouvernements limitrophes de ses décisions.

Bref, cet incident a jeté quelque froideur entre Vienne et Pétersbourg. Mais il ne faudrait pas s'en exagérer la portée. Par calcul plus que par penchant, la Russie tient à ménager l'Autriche aussi bien que la Prusse. Elle veut, meme au prix de quelques concessions d'amour propre, la conservation d'une paix qui lui est indispensable pour mettre ordre à ses finances, et pour conduire à bon terme d'autres réformes intérieures.

Elle se contente aujourd'hui, ou peut s'eu faut, du ròle modeste de confidente, de conciliatrice, elle ne brave de front aucune Puissance. Mais surtout elle vise à maintenir le mariage de raison entre les cours de Vienne et de Berlin de crainte d'etre entrainée e1le-m~me à :prendre parti le jour où une grave scission éclaterait. Aussi le Prince Gortchakow s'applique-t-il à user à leur égard des :plus grands ménagements.

Ainsi dans la question des Duchés, il n'a été possible à aucun de mes collègues de lui arracher un jugement quelconque sur les conditions assez exorbitantes moyennant lesquelles M. de Bismark consent à s'occuper du sort de ces Provinces, ni sur la réponse assez accentuée du Comte de Rechberg. Soit dit entre parenthèse, personne ici ne regarde ce refus forme! opposé aux propositions Prussiennes comme devant clore la série des négociations, et encore moins amener de sitòt une rupture déclarée entre les deux Puissances Allemandes. II ne faut pa:s rperdre de vue que leurs Souverains sont toujouDs dans les meilleurs termes, quelles que soient les discussions entre leurs Cabinets.

Je citerai encore un détail révélateur de la politique Russe, aussi bien que de celle de l'Empereur des Français, relativement aux Duchés de l'Elbe. Durant ,gon séjour à Berlin, le Baron de Talleyrand avait déjà fait auprès de

M. de Bismark des insinuations dans le sens de rendre au Danemark conformé· ment au principe des nationalités, la partie exclusivement danoise et d'annexer à la monarchie Prussienne le reste de ces Provinces. Ici égaJement l'Ambassadeur de France a sondé le terrain pour une semblable combinaison, mais le Prince Gortchakow, tout en se montrant d'ailleurs des mieux disposés pour le cabinet de Berlin, a glissé comme une anguille sans dévoiler le fond de sa pensée. Il n'a vas voulu se preter à lever le lièvre. C'était évidemment pém' égard à l'Autriche, si non il aurait trouvé là un excellent moyen de payer une dette de reconnaissance contraeree envers la Cour de Prusse lors de l'insurrection Polonaise, et de donner du meme coup une petite fiche de consolation à la famille Royale de Danemark.

Nous ne devons pas cependant cesser de suivre dans chacune de leurs phases, les rapports assez tiraillés existants entre la Prusse et l'Autriche. C'est de ce còté que surgiront tòt ou tard des complications et des combinaisons avantageuses à nos vues. Je me souviens toujours d'un propos qui m'a été tenu la veille de mon départ de Berlin par le confident le plus intime de M. de Bismark: " Nous parlerons bientòt avec vous des affaires les plus graves pour l'intéret de nos deux pays •.

L'Agence Reuter annonce que la noblesse de Pskow, s'inspirant des memes tendances que l'Assemblée de Moscou, aurait à son tour demandé des reformes dan:;; un sens oligavchique. Jusqu'ici nous n'avons rien appris de semblable. On sait seulement que ·cette Assemblée de Pskow s'est en e=ret réunie, mais que le Gouvernement Impérial a donné les ordres les :plus ;précis pour ~évenir des démonstrations à son avis intempéstives. Si d'une part une portion notable de la noblesse, renouvelant l'éternelle résistance de la tradition contre le progrès, critique l'oeuvre à laquelle Alexandre II a glorieusement attaché son nom; si elle n'y voit que le còté présent, c'est à dire un amoindrissement de ses prérogatives; si elle cherche à se ménager des compensations en échange des sacrifices .qui lui ont été imposés par l'abolition du servage; d'un autre còté il ne faut pas oublier que les paysans, malgré le bon sens dont ils ont fait preuve, n'ont -encore que des instincts en ce QUi concerne les droits et les devoirs dont chacun a la jouissance et les charges dans une société bien organisée. Il faudra l'oeuvre du temps et beaucoup de tact de la part des hommes d'Etat de ce pays pou:r transformer les instincts des paysans, et pour inspirer à la noblesse de meilleures idées sur ses véritables intérets reliés au bien etre des autres classes. D'ailleurs il manque au corps social un élément important pour donner une bonne assiette à un régime approprié aux temps modernes. Le tiers état existe dans les lois, mais il n'existe pas encore dans la nation, lol'ls meme qu'il y figure toute une classe d'individus qu'on intitule bourgeois. L'accès à la noblesse héréditaire ou personnelle, grace au système du tschinu est ·trop laissé à [a portée d'un chacun pour ne pas tenter outre mesure les fils des négociants, des bourgeois notables. Ceux-ci ne forment qu'un terrain en quelque sorte neutre où passent tous ceux

.qui ne sont plus serfs et qui ne sont pas encore nobles.

(1) Cfr. n. 595.

615

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 147. Parigi, 16 marzo 1865 (per. il 18).

Alcuni giornali annunziarono recentemente che il Conte di Sartiges ebbe un'udienza dal Santo Padre e che in Questa udienza l'Ambasciatore di Francia avrebbe fatto, per ordine del suo Governo, un~ comunicazione a Sua Santità relativamente alla convenzione del 15 settembre. Avendo oggi pregato il Signor Drouyn de Lhuys di dirmi se c'era qualche cosa di vero in queste notizie, S. E. mi rispose che il Conte di Sartiges era stato a far visita a S. S., com'è uso di fare a certi intervalli di tempo, ma che non era stato incaricato di fare, e non .aveva fatto nessuna comunicazione intorno alla Convenzione.

Ne informo l'E. V. per Sua norma.

616

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 72. Torino, 17 marzo 1865, ore 12,20.

Probable conférence Constantinople devra se réunir sous peu pour affaires Syrie. Représentant d'Angleterre a ordre s'abstenir si représentant italien pas admis. J'espère France voudra également appuyer notre admission. Parlez-en à Drouyn de Lhuys et faites moi connaitre ses dispositions.

617

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY

D. 3. Torino, 17 marzo 1865.

La Marquis Caracciolo m'ayant rapporté que le Ministre de Russie à Berne,

M. Ozeroff, avait exprimé le regret dans un entretien avec un de ses collègues, que plusieurs réfugiés polonais se fussent rendus de Suisse en Italie où des Comités révolutionnaires les enròleraient et leur passeraient des subsides, je lui ai fait connaitre l'inexactitude de ces suppositions, et je Vous transmets, pour Votre simple information, M. le Comte, les mémes renseignements.

Il faut dire d'abord que le Département Fédéral de Justice et de Police ayant dans le temps interpellé la Légation Royale à Berne sur ce qu'elle entendait faire au sujet des visas à apposer aux passeports des Polonais se dirigeant vers l'Italie, le Ministre du Roi eut pour instructions de répondre que la Légation italienne continuerait de viser comme à l'ordinaire les passeports à destination de l'Italie qui seraient délivrés par les Autorités fédérales à des individus quelconques; mais qu'elle suivrait comme par le passé les régles générales qui s'opposent à ce que des passeports italiens soient délivrés à des individus appartenant à d'autres nations.

Le Ministre du Roi à Berne fut ensuite prié à l'égard des réfugiés polonais qui se présenteraient à la Légation pour faire viser leurs passeports de se maintenir soigneusement dans les limites des attributions de la Chancellerie, en evitant particulièrement d'encourager des espérances de subsides, et de n'accorder méme le visa qu'aux réfugiés qui justifieraient d'avoir des moyens suffisants d'existence.

Ces dispositions eurent peu à peu pour résultat, comme je viens de le faire connaitre au Ministre du Roi à Berne, la cessation presque complète du mouvement d'émigration polonaise àe Suisse en Italie. En effet àepuis le ler Janvier dernier un seui réfugié polonais est venu àe Suisse en Italie par la province de Novara, 'Cinq réfugiés y ont pénétré par ·la province de Come, et deux voulant sortir du Royaume ont du y rentrer, ayant été repoussés à la frontière helvétique.

Quant'au réfugiés polonais établis depuis un certain temps en Italie soixante d'entre eux ont àemandé et obtenu des passeports [pour l'étranger et presque tous à destination de l'Amérique.

Je Vous accuse réception et Vous remercie de Vos intéressants Rapports de la Série Confidentielle NN. 7, 8, 9, 10 et 11 ainsi que de l'annexe chiffrée jointe à ce dernier (1).

618

IL CONTE CSAKY AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI

L. P. Torino, 18 marzo 1865.

Je viens de recevoir le dépéche suivante du Comité de Pesth • Rus,p<>li a écrit au Gouvernement Italien que Nous sommes décidés à résister à l'Autriche,

que nows approuvons tout ce que Vous arreterez avec le Gouvernement et que la Hongrie est plus éloignée encore qu'en 1864 de la reconciliation avec l'Autriche •. Après ce second avis reçu de Pesth je m'inquiète beaucoup de ce que Vous:

n'ayez pas encore reçu la lettre annoncée de Ruspoli.

J'ai parlé à Mordini il m'a promis d'entretenir aujourd'hui encore M. Sella et il croit ètre sur de produire une impreSS~ion favorable sur l'esprit de ce Ministre.

J'aurai l'honneur de venir Vous voir demain matin et je Vous prie en cas que M. La Marmora Vous parlàt ce soir encore de nos affaires de bien vouloir me le faire savoir.

(1) Cfr. nn. 587, 591 e 601. Gli altri rapporti non sono pubblicati.

619

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 150. Parigi, 19 marzo 1865 (per. n 20).

Il Senato approvò jeri a grandissima maggioranza il paragrafo dell'indirizzo relativo alla Convenzione del 15 settembre.

Quest'atto diplomatico fu attaccato con molta moderazione da Monsignor .Bonnechose, colla solita violenza dal Senatore Larochejaquelein. Entrambi con-eordi nell'asserire che, partiti i francesi, 500 o 600 rivoluzionarj basteranno a rovesciare il Pontefice, lo furono pure nel dichiarare che il Papa non può riescire ad organizzare un esercito. e che non gli rimarrà altro partito che d'uscire <la Roma coll'ultimo soldato imperiale. Entrambi deplorano l'unità d'Italia, la credono impossibile, revocano in dubbio la lealtà del Governo italiano ecc.

Il Governo fu difeso dal Signor Chaix d'Est-Ange, vice presidente del Con.siglio di Stato, e dal Signor Rouher, Ministro di Stato. ll dtscorso di quest'ultimo produsse grandissima impressione e gli procurò le felicitazioni di gran numero di senatori. Convinto, come sono, che V. E. vorrà leggerlo per intiero, mi asterrò dal riprodurre gli argomenti svolti dal Signor Rouher. Egli parlò dell'Italia in termini benevoli; difese naturalmente la lealtà ed il carattere serio dell'atto .diplomatico al quale l'Imperatore appose la sua firma. Egli ricordò che l'occupazione francese a Roma ebbe sempre un carattere temporario: che il renderla .definitiva sarebbe stato un colpo micidiale pel potere temporale del Papa: che la soluzione della questione romana, la consolidazione del nuovo ordine di cose in Italia erano problemi di capitale importanza pel Governo imperiale, problemi che l'Imperatore non deve lasciare insoluti al suo successore. Se l'occupazione ·era temporale, essa non poteva aver fine senza la stipulazione di guarentigie serie ed efficaci .pel Pontefice. Que1le contenute nella Convenzione sono tali, purché il Papa le accetti: egli lo può e lo deve. L'esistenza attuale d'una forza pontifi·Cia di 9 o 10 mila uomini dimostra che non è impossibile alla Corte di Roma di mantenere un esercito proprio. Essa può, senza riconoscere il Regno d'Italia nè

derogare ad alcun suo diritto, scaricarsi sul Governo italiano del pagamenw del debito afferente alle provincie perdute. Del resto, conchiuse il Signor Rouher v'hanno certo delle eventualità che non furono contemplate e per cui la Francia mantenne la sua libertà d'azione. Non chiedete in qual modo saranno risolte queste difficoltà: il Senato deve aver fiducia nell'Imperatore. Questi non puòdire che in caso di rivoluzione a Roma la Francia non interverrà più in favore· del Pontefice: sarebbe questo un incoraggiamento diretto al partito rivoluzionario. Ma esso non può dire neppure che la Francia interverrà, senza precluder l'adito a quelle riforme che devono sole assicurare il Governo del Pontefice, a quella riconciliazione fra la religione e la libertà che Pio IX stesso ha proclamata nei primi anni del suo pontificato.

Fra alcuni giorni incomincierà la discussione dell'indirizzo al Corpo legislativo. A quanto si può desumere dalle discussioni del Senato, le quali furono· anche da parte dei clericali assai menc violente d~ quelle degli anni scorsi, i discorsi alla Camera dei deputati saranno pure moderati. Esse non offriranno, per quello che riguarda le questioni italiane, che un episodio interessante: il discorso del Signor Thiers e la risposta che il Governo gli farà probabilmente per organo del Signor Rouher.

620

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 14. Berlino, 20 marzo 1865 (per. il 23).

J'ai eu l'honneur de recevoir les deux dépeches (Cabinet) que V. E. a bien voulu m'adresser sous la date du 27 février et 13 mars courant (1), et je La prie d'agréer tous mes remerciments pour les précieuses informations qu'elles renfermaient.

Malgré l'espèce de froideur qu'a nécessairement amenée entre les Cabinets de Vienne et de Berlin l'échange des dernières Notes rélatives aux Duchés, l'opinion générale du Cor:ps diplomatique ici est que non seulement 1'alliance est destinée a se maintenir par suite de la volonté arrètée des deux Souverains de ne pas en arriver à une rupture, mais QU'elle a encore des puissants éléments de durée dans J'action secrète et prépondérante de la Russie, et mème, assure-t-on, de l'Angleterre, qui, toutes deux poussées par un désir immodéré de la paix, arrivent toujours à point nommé dans les situations critiques pour precher la paix et la concorde. L'on sait bien, il est vrai, que M. Benedetti ici, comme M. de· Grammont à Vienne, ont reçu pour instructions spéciales de chercher par tousles moyens possibles à rompre l'alliance des deux grandes Cours Allemandes, dont I'accord, disent les diplomates Allemands, gene singulièrement les allures de la politique française, et paralyse son action extérieure, mais, ajoutent-ils, si dans le commencement de son arrivée ici, M. Benedetti a cru pouvoir annoncer

{l) Cfr. nn. 596 e 611.

pour bientòt la rupture de l'entente, il a du revenlr sur ses premières appréciations et se rendre à l'évidence des faits. Quant à M. de Grammont il n'a pu que transmettre périodiquement à son Gouvernement l'expression de la volonté bien arretée de I'Empereur François Joseph de maintenir dans leur intégrlté ses bons rapports avec le Roi Guillaume. Pour mieux assurer le succès de l'oeuvre de séparation entre les deux Cours, l'on assure également que M. de Talleyrand à Pétersbourg aurait eu pour mission de faire miroiter aux yeux du Gouvernement Russe les avantages d'une alliance avec la France, mais que l'Empereur Alexandre, outre qu'il a encore sur le coeur l'attitude du Cabinet des Tuileries dans la question Polonaise, ne consentirait à se rapprrocher de la France que sous la condition ex~ presse que celle-ci déclarerait forrmellement que la question Polonaise a cessé d'étre d'un ordre Européen pour ne plus avoir d'autre caractère que celui d'une simple difficulté intérieure. Or, comme 'l'Empereur Napoléon ne saurait en aucun cas,faire une pareille déclaration, l'on en tire la conclusion que la tentative· d'en arriver, parla Russie, à une rupture de l'entente Austro-Prussienne est parfaitement vaine et que à Paris l'on a du se convaincre que l'aUiance du Nord était beaucoup plus solide qu'on ne l'avait cru et espéré.

A l'appui de ce qui précède je doils ajouter un petit fait qui, quoique minime en apparence, a cependant sa signification. Hier soir j'ai rencontré le Ministre de Prusse à Francfort qui est venu ici se concerter avec M. de Bismarck sur l'attitude à prendre à la Diète dans la motion que se proposent de faire les Etats Sécondaires au sujet de la question de succession et qui viendra augmenter le nombre de leurs impuissantes tentatives: • Hé bien, lui ai-je dit, l'on prétend qu'il y a des nuages dans votre alliance avec l'Autriche ». • N'en croyez rien, m'a-t-il répondu sans hésiter; ce n'est rien de sérieux; il n'y a pas du reste de beau paysage sans nuages. L'Autriche sait parfaitement ce que nous voulons, et elle finira par nous l'accorder •.

A còté de ces appréciations optimistes en faveur du maintien de l'entente il y a cependant un fait certain, c'est que le plus grand désaccord règne au sein du Cabinet de Vienne, et que M. de Schmerling met tout en oeuvre pour la rompre et amener l'Empereur, ou à prendre hardiment la tète du mouvement anti-Prussien, qui se manifeste au sein des Etats Moyens, ou à s'allier avec la France. Mais pour s'allier avec la France il faudrait reconnaitre l'Italie et c'est là une condition dont, suivant les expressions employées par une personne de l'intimité de l'Empereur, et qui l'a écrit ici, Sa Majesté ne veut à aucun prix entendre parle1·.

La signature du traité Douanier entre l'Autriche et la Prusse a été retardée par suite d'une difficulté soulevée au dernier moment au sujet de l'importation de quelques produits rélativement insignifiants. Quant au traité Anglo-Prussien, le Gouvernement Prussien ayant obtenu pour ses produits et son commerce avec les Colonies Anglaises, le meme traitement que le Pavillon Anglais, la Convention peut etre considérée comme définitivement conclue.

P. S.-Je me propose de partir le 25 pour Francfort où je dois aller prendre Madame de Barrai que j'avais du laisser en arrière en attendant que mon installation ici rut complètement terrminée. Je serai de retour le 30.

621

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(A S Biella, Carte La Marmora; ed. in Carteggi Nigra, pp. 103-105)

L. P. Parigi, 20 marzo 1865.

Approfitto d'un'occasione particolare per darle le notizie del giorno.

L'indirizzo del Senato è votato. Il discorso di Rouher fu qui applauditissimo. A me non piace, e temo non piaccia in Italia; ma spero che non si vorrà dare soverchia importanza a queste discussioni. La morte di Morny fu una perdita grave per l'Imperatore e per noi. Risultò dall'autopsia, a quanto dicono, che nessun organo vitale era leso, ma che il sangue era impoverito come quello d'un centenario. Come sarà !sostituito? Nessuna determinazione fu presa finora. L'Imperatore è indeciso tra Walewski e Baroche, e fra i due vorrebbe scegliere un terzo, ma non è facile trovarlo. Credo che la scelta cadrà su Walewski.

È sempre questione del viaggio dell'Imperatore in Algeria nell'aprile. Ma eiò dipende anche dallo stato di salute in cui si troverà S. M., giacchè da qualche tempo soffre di nuovo pei suoi soliti dolori alle gambe. Ad ogni modo, se il viaggio ha luogo, desidererei sapere se devo fare qualche comunicazione all'Imperatore nel senso di quanto 1le scrissi tempo fa. Se il viaggio si fa, ho tutte le ragioni di credere che l'Imperatore accetterebbe l'invito fattogli dal Re di visitare il Golfo di Napoli e fors'anche Brindisi.

Il Duca di Persigny, accompagnato da sua moglie, andrà fra breve a Roma, e si recherà anche a Firenze e forse a Napoli. Egli mi disse che vuoi proporre al Papa una soluzione della questione romana. È un'idea tutta sua, ben inteso. Non mi disse quale sia quest'idea, ed io non glielo domandai. Ci basti il sapere che non ha nessuna missione dall'Imperatore. Passando a Firenze, il Duca domanderà di vedere il Re. La prego di prevenirne S. M. affinchè questo personaggio sia accolto come merita l'alta sua posizione, e la simpatia che sempre ha mostrato all'Italia.

Vengo ora alle decorazioni. Non credo che sia il caso di decorare ora il Prefetto di Chambéry. Credo che le difficoltà da noi incontrate nell'affare del Comune di Ferrera procedano in gran parte da lui. Cravosio sa!»'à s,piegarle tutta questa faccenda piena di malintesi, che i Francesi non hanno ancora voluto o potuto capire.

Mi permetta ora di rilevare quanto mi dice sulle domande da me trasmesse. Penso che vuole alludere alla lista rimessami dal Prefetto di polizia: giacché non mi ricordo d'altre liste mandate da me. Ora intorno a questa lista sono da osservare due cose:

l) L'origine ufficiale di essa; 2) i titoli su cui si ap_poggia, e che Ella è in caso di conoscere e di apprezzare. Queste due ragioni m'imponevano il dovere di trasmettere la domanda, e lo feci, annunziandole donde venisse e per quali ragioni. Ella ha quindi in mano tutti gli elementi per giudicare se convenga o no far diritto alla domanda del Signor Prefetto di Polizia. Devo soggiungere che da cinque anni, durante i quali (salvo una non lunga interruzione) rappresento il Re in Parigi, il Prefetto di polizia ci rese molti servizii del genere di quelli ch'Ella conosce, e che è la prima volta che domanda qualche cosa pei suoi impiegati. Sotto questo aspetto la posizione del R. Ministro a Parigi è delle più disgustose. Visto il numero infinito dei petenti, ecco la regola che ho seguito finora: l) Quanto ai militari rispondo sempre che c'è un accordo tra i due Governi, fatto all'epoca della guerra, mercè il quale fu convenuto che nessuna decorazione sarebbe accordata ad un militare se non sulla domanda del Ministero della Guerra del paese a cui appartiene. 2) Quanto agli altri', dò risposta negativa, allegando le istruzioni precise della Legazione. 3) Ma quando le decorazioni sono domandate dai Ministri dell'Imperatore o da funzionari equivalenti, credo obbligo del mio ufficio il riferirne al mio Governo. Del resto se questa linea di condotta non Le pare corretta, voglia dirmelo, e mi indichi quella che avrò a seguire.

Ella vedrà nel biglietto che Le unisco in qual grave imbarazzo io mi trovo di fronte a certe domande. Ella conosce la posizione di chi scrive il biglietto, e la circostanza particolare ch'egli invoca; ella sa egualmente i sentimenti favorevoli alla causa nostra da cui è animato e i servizi che può rendere. La prego di riflettere a queste cose e di mettermi in grado di rispondere. Ben inteso che il bigliettino non deve esser visto che da Lei, e poscia arso o rimandatomi.

Le confesso che mi ripugna il doverle parlare di queste miserie dell'umana vanità·. Ma chi deve trattar gli uomini, deve pigliarli come sono, colle loro virtù c coi loro difetti.

622

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI

D. 118. Torino, 23 marzo 1865.

Le notizie di Siria accennano al pericolo che nuove complicazioni possano prodursi nel Libano. Noi dobbiamo dunque prevedere sin d'ora il caso che la Conferenza di Costantinopoli sia di nuovo chiamata a regolare gli affari di quel paese.

Le dichiarazioni fatte ultimamente dal Governo Brittannico e le intenzioni già ufficialmente manifestate dal Governo Francese ci permettono di fare assegnamento sull'appoggio che l'Inghilterra e la Francia sono disposte a prestarci perchè il diritto nostro di prendere parte ad ogni deliberaz,ione sulle quistioni riflettenti la Siria, come sovra qualsiasi altra quistione che si riferisca al principio della integrità e della indipendenza dell'Impero Ottomano sia praticamente riconosciuto (1). Noi abbiamo pure ragione di credere che se la Russia in questo

e di Russia •·

momento non amerebbe forse di fare passi diretti per ottenere la nostra parte

cipazione agli assestamenti che s'avessero a concertare per le cose del Libano,

non esprimerebbe però opinione a noi contraria.

Quanto all'Austria dobbiamo aspettarci ch'essa farà tutta l'opposizione pos

sibile e la Russia non vorrà probabilmente nelle circostanze presenti offendere

l'Austria sostenendo il nostro diritto.

Quindi se la nostra ammissione dovesse dipendere dalla maggioranza de'

voti delle Potenze la decisione sarebbe in certo modo riposta nelle mani della

Turchia.

C'importa dunque grandemente di guadagnarci il voto del Governo Otto

mano, e l~ pratiche della S. V. Illustrissima dovranno esser indirizzate in que·

sto senso.

Però sarebbe prematuro per ora il fare comunicazioni ufficiali alla Porta e non converrebbe neppure per ora metterla nella necessità di farci una risposta decisiva.

Bisognerà piuttosto che la S. V. procuri di vedere prontamente e con qual

che altro pretesto S. A. Aali Pacha, cerchi di predisporlo in nostro favore ed in

ogni ipotesi ne presenta l'opinione e ce la faccia conoscere senza ritardo.

(1) Edito fin qui, con qualche leggera variante, in L V 8, pp. 354-355, seguito da questa frase: c Noi ci riserviamo altresì, ove la questione venga di nuovo recata innanzi dagliavvenimenti, di far valere i nostri incontestabili diritti presso i Governi amici di Prussia

623

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 153. Parigi, 23 marzo 1865 (per. il 25).

Ebbi a suo tempo H telegramma (1) con cui V. E. mi annunziava che il Rappresentante Inglese a Costantinopoli avea ricevuto istruzione d'astenersi dal pigliar parte alle conferenze sugli affari di Siria, ove il Rappresentante dell'Italia non vi fosse ammesso, e mi ordinava di fare nuove diligenze presso il Governo Imperiale, affinchè anche l'Ambasciatore di Francia presso la Sublime Porta appoggiasse efficacemente il nostro diritto di partecipazione alle conferenze stesse. In seguito a questo telegramma ho scritto particolarmente a S. E. il Signor Drouyn de Lhuys, ed oggi rinnovai verbalmente le istanze richiedendolo di voler impartire al Marchese di Moustier istruzioni nel senso desiderato dall'E. V. Non credetti di dover celare al Ministro Imperiale degli Affari Esteri quali fossero nel proposito le disposizioni dell'Inghilterra e le istruzioni inviate al Rappresentante Britannico.

S. E. il Signor Drouyn de Lhuys mi assicurò che si rinnoverebbe al Marchese di Moustier l'istruzione d'appoggiare in modo efficace la nostra domanda.

S. E. aggiunse che non credeva di poter pigliar l'impegno esplicito d'un'astensione in caso di non ammessione del Rappresentante Italiano, ma che non escludeva nemmeno questo caso.

(1) Cfr. n. 616.

624

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(A S Biella, Carte La Marmora; ed. in Carteggi Nigra, pp. 105-106)

L. P. Parigi, 23 marzo 1865.

Castiglione parte stasera. Gli confido i dispacci e questa lettera. Sulla politica estera non ho nulla da aggiungere a quanto ho scritto precedentemente ed a quanto scrivo nei dispacci. La tendenza è la medesima. Nella politica interna devo segnalarle ·la preoccupazione del Governo imperiale intorno alla nomina del Presidente del Corpo legislativo.

La probabilità continua ad essere per Walewski, per cui inclina l'Imperatore, e che è accettato dal Principe Napoleone ed anche dall'Imperatrice. Baroche è invece sostenuto da Rouher. Ma non pare che abbia simpatie nel seno stesso del corpo legislativo, in vista de' suoi antecedenti nel 1848. Se Baroche fosse stato nominato alla Presidenza del Corpo legislativo, non era impossibile il far entrare nel Gabinetto il Signor Ollivier, ben inteso con un programma liberale. Quest'idea era vagheggiata dal Principe, e pare che Rouher consentisse. Si sperava che l'Imperatore avrebbe finito per accettare questa combinazione. In questo caso Ollivier avrebbe avuto il portafoglio dell'Interno, e Boudet dall'Interno sarebbe passato alla Giustizia. Ma il discorso di Rouher al Senato spiacque al Principe e turbò l'accordo tra questi e quello. In ogni caso io son d'avviso che una tale combinazione avrebbe incontrato serii ostacoli nell'Imperatore. Si parlò anche e si parla ancora di Frémy all'Interno. Il Frémy è Governatore del Credito fondiario di Francia. È uomo d'ingegno e di convinzioni liberali ed anche amico nostro. Ma, lo ripeto, è più probabile che Walewski sia nominato alla Presidenza, e che non si faccia atltra mutazione. La prego di tenere per sè questi particolari.

Da qualche parola sfuggita a Castiglione mi parve di raccogliere che il Re sia di cattivo umore anche verso di me; non so troppo perchè, questo può affliggermi, ma non turbarmi, nè mutare la mia condotta, la quale obbedisce a regole di dovere e di coscienza; e chi fa il dover suo non deve temere disapprovazione. Le dico queste cose unicamente per sua informazione, e la prego espressamente di non farne caso e di non parlarne con nessuno. Conto adunque senza riserva sulla sua discrezione.

P. S. -Devo aggiungere che fra i nomi dei candidati alla Presidenza del Corpo legislativo si cita anche quello del Signor Magne. Ma la nomina di Magne trascinerebbe la dimissione di Fou1d. Nella discussione al Corpo legislativo due principali ammendamenti, in senso opposto, saranno presentati, cioè uno dal partito clericale perchè l'indirizzo si pronunzii sul mantenimento, in modo espresso, del potere temporale, l'altro perchè si dichiari che il Governo ritira immediatamente una parte della guarnigione di Roma. Questo secondo ammendamento è presentato dall'opposizione di sinistra.

Notizie giunte da Vienna recano che le disposizioni dell'Imperatore d'Austria sono più che mai ostili a noi. Queste notizie farebbero perfino supporre l'intenzione di un probabile progetto d'attacco contro l'Italia. Io non ci credo. Io penso

soltanto che l'Austria, essendosi creduta minacciata, ha voluto mettersi in mi

sura di difendel'si, e d'a51pettare momenti per lei più favorevoli. Chec,chè ne

sia, credo utile di chiamare la di Lei attenzione su queste notizie.

Mi si dice pure che i Borbonici di Roma si diano di nuovo qualche movi

mento, e mi si parla d'una Slpedizione che si pa:ogetterebbe per via di mare,

e che procederebbe probabilmente da Malta. Sono dicerie molto confuse, che

raccolsi qua e là. Non le credo serie. Ma anche su esse chiamo l'attenzione sua.

625

ISTRUZIONI DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, ALL'ONOREVOLE VEGEZZI (1)

(Ed. in L V 8, pp. 9-17)

Torino, 25 marzo 1865.

I. Provvista delle Sedi vacanti.

Sono vacanti nel regno d'Italia le Sedi Arcivescovili e Vescovili segnate

nell'unito elenco N. l.

Agli accordi fra il Governo del Re e la Santa Sede per la provvista delle

Sedi vacanti, devono precedere opportune intelligenze intorno al numero ed

alla circoscrizione delle Diocesi del regno.

Ove la Santa Sede non accettasse alcuna trattativa in proposito, non sa

rebbe il caso di far luogo ad alcuna proposta circa le Sedi vacanti.

Una nuova circoscrizione delle Diocesi del Regno è richiesta da ragioni economiche e politiche della maggiore evidenza. Basti il rammentare, che nel Regno d'Italia sopra una popolazione cattolica di circa 21 milioni si contano 44 Sedi arcivescovili e 183 Sedi vescovili, in tutto 227 Sedi, mentre in Francia, comprese l'Algeria e le Colonie, sopra una popolazione cattolica di circa 36 milioni si hanno soltanto 17 arcivescovadi e 71 vescovadi, in tutto 88 Sedi. Basti n rammentare ancora, che nell'Umbria sopra una popolazione di 492.829 abitanti ci sono 17 Diocesi con un arcivescovo e 16 vescovi, mentre in Lombardia una popolazione di 1.169.312 abitanti è soggetta a una sola diocesi, cioè a quella di Milano.

Se nell'argomento riescisse possibile venire ad un partito reciso, da parte del Governo del Re sarebbe da proporre * la civcoscrizione diocesana espressa nella tabella II. Essa è determinata * (2) dal concetto che una sede arcivescovHe

o vescovile ci sia in ogni centro amministrativo, e che siano conJservate quelle sedi, le quali vanno più distinte per insignì tradizioni ecclesiastiche, o che si trovano in particolare condizione di luoghi.

Quando siffatta circoscrizione fosse adottata, sarebbe da rimettere interamente alla Santa Sede il determinare le circoscrizioni metropolitiche.

Siccome però non è da sperare che si possa intorno a ciò venir per ora a definitivi accordi, così da parte del Governo del Re non sarà da ammettersi che la provvista delle Sedi vacanti * comprese sulla suddetta Tabella N. II * (1).

In tale concetto per la provvista delle Sedi vacanti vorrà promoversi il tra

sferimento del titolare d'una sede designata ad essere soppressa, ad una di quel

le che siano designate ad essere conservate.

*L'elenco N. III presenta specifiche proposte* (2) per la provvista di talune

fra le principali sedi vacanti. Dall'accoglimento che il Santo Padre sarà per fa

re a tali proposte si piglierà indirizzo per l'altre tutte che accorressero; intanto

che sarà da far rilevare come tali proposte escludano l'apprensione espressa dal

Santo Padre che il Governo del Re fosse per presentare soggetti non accettabili.

La Santa Sede non metterà difficoltà ad accogliere la presentazione da parte del Governo del Re per le sedi vacanti nelle antiche provincie e della Lombardia: ben è da prevedere che ne solleverà riguardo a quelle delle altre provincie, ed in ispecie riguardo a quelle delle provincie già pontificie. Su questo punto il Governo del Re non può, in massima, accettare alcun partito, che non implichi il riconoscimento almeno in via di fatto del regno d'Italia, e il conseguente passaggio, in via di fatto, nella persona del Re Vittorio Emanuele II di tutti i diritti e privi.J.egi, che nella materia competevano ai principi e governd, ai quali egli è succeduto. Ma siccome né si potrebbero far valere rimpetto al Santo Padre le ragioni derivanti dai Plebisciti, né gioverebbe tramescolare a questa speciale questione la grande controversia politica che si agita fra la do

minazione temporale pontificia e l'Italia, così bisognerà ricorrere su questo punto a qualche espediente conciliativo.

Movendo dal concetto della separazione fra Chiesa e Stato, che il Governo del Re vagheggia e coltiva da tanto tempo, concetto che, recato pienamente in atto, torrebbe alil.a podestà civile ogni ingerenza nella -provvista delle sedi vescovili, verrebbe opportuno il seguente partito, che sarebbe da proporsi come l'estrema concessione a che il Governo del Re potrebbe giungere neHa presente condizione d~lle cose, * intanto che vorrebbe destramente prodursi in mezzo* (3) come una prova del leale proposito in cui esso Governo è di rinunziare ad ogni maniera di diritti e privilegi in ossequio alla libertà della Chiesa, quando la Chiesa fosse disposta dal suo canto a rinunziare a ciò che riesce ora in impedimento della libertà dello Stato.

Il Governo del Re per questa volta, e salve le future definitive stipulazioni, rinunzierebbe all'espresso diritto di nomina alle sedi vacanti che ha nella Lombardia, nelle provincie parmensi e nelle napoletane e siciliane, e che potrebbe con validi argomenti allegar d'avere anche nella Toscana, come altresì in quelle provincie che già formavano parte del primo Regno d'Italia, sull'appoggio dell'art. 4 del Concordato 13 Settembre 1803 conchiuso fra la Santa Sede e la Repubblica Italiana e si restringerebbe alla semplice presentazione o raccomandazione come era in addietro praticata dai Reali di Savoia, purché nell'atto della preconizzazione dei proposti alle sedi vacanti e nelle relative Bolle, si fa

cesse menzione * del Re d'Italia, o per lo meno * (1) del Re Vittorio Emanuele II e si designassero le sedi * come esistenti nel Regno d'Italia o almeno in Italia * (1) senza alcun cenno dei precedenti Stati.

2. Vescovi assenti dalle loro sedi.

Nell'elenco N. IV sono specificati i Vescovi delle varie provincie che sono assenti dalle loro sedi, con l'indicazione di quelli che ne furono allontanati per disposizione governativa, di quelli che se ne ritrassero di proprio moto, di quelli che dimorano nel Regno e di quelli che dimorano fuori.

La causa generale del fatto è la ripugnanza chiarita da tali prelati ad accettare le nuove condizioni dello Stato e ad osservarne le leggi, e per molti altresì l'animosità spiegata verso di essi dai loro Diocesani.

Il Governo del Re già da tempo forte si preoccupò di un fatto tanto anormale, e prima ancora che ne fosse richiesto da parecchi dei P.relati medesimi studiò modo di farlo cessare. Il partito da esso adottato all'uopo era di far libero il ritorno a quanti vescovi tra quelli residenti nel Regno lo avessero chiesto, ed avessero dichiarato o con un indirizzo al Governo, o con una pastorale rivolta al clero e alt popolo della loro Diocesi, d'essere per osservare e far osservare le leggi del Regno. Confidava iJ. Governo che il fatto del ritorno alle sedi dei Vescovi dimoranti nel Regno avrebbe avuto efficacia su quelli dimoranti fuori ed avrebbe agevolato i modi di restituirli anche loro alle proprie sedi. Ma tali disposizioni non poterono recarsi in atto a cagione dei richiami che contro di esse si sollevarono dalle autorità locali, concordi a riferire che il ritorno alle sedi dei Vescovi assenti avrebbe fatto levare a tumulto le popolazioni, turbato gravemente l'ordine pubblico, messa in pericolo la sicurezza dei prelati stessi. Perciò appena poté il Governo conseguire che tornasse alla sua sede Monsignor De Bianchi Dottula, Arcivescovo di Trani e Nazaret, intanto che escivano al tutto vuote d'effetto le pratiche da esso lungamente condotte pel ritorno d'altri molti, e in ispecie dei Vescovi di Sessa, Teramo, Avellino, Trapani e del Cardinale Arcivescovo di Fermo; pratiche delle quali pur la Santa Sede deve aver avuto sentore e che rpel Cardinale di Fermo furono più volte riavviate, ma ruppero sempre contro gli ostacoli frapposti dalle autorità locali che riferirono, non poter dare guarentigia della incolumità del [prelato " nemmanco 'se si fosse ridotto a vivere nella sua villa, o in qualche remoto comune della Diocési * (1).

Il Governo del Re ha coscienza d'aver adoperato in questo proposito con la maggiore moderazione, dalla quale avvisa di non essere uscito neppure nel caso di que' procedimenti giudiziari che dovette lasciar iniziare dalle competenti autorità contro Ordinarii, parroci e sacerdoti secolari e regolari chiamati in colpa di trasgressione delle leggi dello Stato. In effetto esso procacciò sempre che fossero usati loro i maggiori riguardi, in molti casi ottenne che i procedimenti andassero tronchi e rimanessero senza effetto, e fu sollecita sua cura che l'efficacia della recente Reale Amnistia si allargasse a tutti i procedimenti giudiziari

:a carico del clero. Non reputa poi il Governo stesso di poter essere appuntato per l'applicazione a taluni membri del clero delle disposizioni promulgate nelle provincie Napoletane per la repressione del brigantaggio, dappoiché siffatta applicazione era richiesta da un'appo1sita ·legge, resa necessaria dalle deplorevoli condizioni di quelle provincie, e dappoiché ciascuno Stato ha diritto e dovere di provvedere alla propria difesa e sicurezza.

Il Governo del Re non ha mai cessato di tenersi nei termini della moderazione che ha tolto a regola della sua condotta, e ne diede espresse prove col sottrarsi alla pressione con che più volte si cercò di recarlo nel parlamento e fuori a provvedimenti rigidi e di eccezione a carico del clero *, e singolarmente quando apertamente combatté la proposta fatta dal Deputato Passaglia di costringere il clero a prestar giuramento * (1). Ma sarebbe stato pur convenevole che di siffatta moderazione gli si fosse tenuto alcun merito, e che si fosse altresì debitamente apprezzata la condizione in cui esso si trova a petto * delle parti effervescenti * (2). Ciò sciaguratamente non avvenne, e di giorno in giorno venne al rovescio rincrudendo sempre l'opposizione dei giornali che pre

.sumono difendere le ragioni e gli interessi della Santa Sede da cui vantano d'avere incoraggiamenti e presidii, tanto che a fronte dei trasmodamenti di siffatti giornali e di quella parte del clero che ad essi s'inspira, toccarono al Governo frequenti accuse di debolezza, mentre in più luoghi ebbe pure a veder compromesse le ragioni dell'ordine pubblico per le agitazioni promosse dalle improntitudini di tali giornali e di tal parte del clero.

È saldo proposito del Governo del Re di non deviare dal contegno fin qui tenuto, e vorrebbe darne evidente segno col procacciare il ritorno alle loro sedi ·dei Vescovi assenti. Ma in vista delle cose sovra esposte e delle presenti condizioni dello Stato, non può impegnarsi a promettere né l'immediato né il simultaneo ritorno di tutti cotesti Prelati. Dal canto suo opererà che siano l'uno dopo l'altro e in un termine breve al possibile restituiti alle sedi quei Vescovi a carico di cui non si sollevano difficoltà troppo gravi dalle autorità locali: sarebbe il caso che dal suo canto la Santa Sede venisse in soccorso al Governo per superare tali difficoltà, sia col consigliare ai Prelati, e massime a quelli che trovansi in Roma, d'assumere rimpetto al Governo e alle loro Diocesi un temperato contegno, sia col recarsi a fare senza repugnanza la dichiarazione di che è cenno più sopra, sia col suggerire dei partiti conciliativi, a cui il Governo possa ridursi senza detrimento di sua dignità, e senza pericolo della tranquillità dello Stato, partiti ai quali egli calerebbe di pieno buon grado.

* In ispecie la Santa Sede vorrebbe essere invitata a proporre tali partiti sul fatto dei Cardinali Arcivescovi di Napoli, di Fermo e di Benevento, tenuto riguardo che gravissimi sono gli ostacoli che si frappongono al ritorno dei due primi, e che quanto al Cardinale di Fermo, stimerebbe il Governo conveniente che dalla Santa Sede gli fosse consigliato di condursi a Roma, giovandosi di quella facoltà che il Governo stesso gli ha più volte dichiarato !asciargli in tal proposito * (1).

3. Vescovi proposti nel Concistoro del 21 Dicembre 1863.

L'elenco n. 5 porta i nomi di tali Vescovi. Il documento annesso n. 6 contiene la dichiarazione emessa in propositO' sulla Gazzetta Ufficiale del Regno del 23 Dicembre dello stesso anno.

Trovasi nelle condizioni stesrse il Cardinale Enrico Orfei Vescovo di Cesena proposto alla Sede Arci·Jescovile vacante di Ravenna con una provvisione pontificia dei primi mesi del 1860, alla quale non fu dato corso dal Governo della Emilia, e che posteriormente non fu più riprodotta.

Trovansi parimenti nelle stesse condizioni il Sacerdote Paolo Ballerjni preconizzato all'Arcivescovado di Milano, il Sacerdote Carlo Macchi al Vescovado di Crema, e Mons. Pietro Maria Ferrè, Vescovo di Crema preconizzato al Ves.covado di Pavia nel Concistoro del 20 giugno 1859; l'ultimo dei quali, dopo quell'epoca, senza assumere il titolo di Vescovo di Pavia, assunse quello di amministratore della Chiesa di Crema.

Pur contro alla preconizzazione alle anzidette tre sedi fu emessa formale dichiarazione protestativa nel giornale la Lombardia, che era allora il giornale ufficiale delle provincie Lombarde, la quale accennava singolarmente alla anormalità del fatto che la Santa Sede avesse proceduto alla provvista di tali sedi sopra proposta del Governo Austriaco, che all'epoca in cui seguì la preconizzazione aveva cessato di tener signoria in Lombardia.

Ardua assai è la questione riguardante la provvista delle sette sedi, massime che * le sedi di Rimini, di Osimo e Cingoli, di Cagli e Pergola, di Città di Castello, di Nocera e di Crema * (1) vanno tra quelle che negli intendimenti del Governo del Re dovrebbero essere soppresse.

Lo scioglimento perciò di questa questione dipende in gran parte dagli accordi generali a cui si potrà venire riguardo alla circoscrizione Diocesana del Regno.

Quanto alle sedi di Lombardia è da notare che la Santa Sede non mosse mai alcuno officio, né mai accennò all'idea di volere recare in atto la fatta preconizzazione, che anzi continuò pur sempre a corrispondere coi vicarii capitolari di Milano e di Pavia designandoli per tali senza alcuna speciale clausola o riserva.

In tutto questo spinoso argomento è da insistere che si rispettino i diritti e le convenienze del Governo del Re, ed è da cercare che la transazione a cui si venisse sia quasi il corrispettivo dell'arrendevolezza della Santa Sede sovra altri punti.

In ogni caso la transazione dovrebbe proporsi su queste basi:

l) desistenza della Santa Sede dalla provvista delle Sedi designate ad essere soppresse;

2) annuenza del Governo del Re alla provvista delle sedi di Milano, Ravenna, Bologna, Pavia e Loreto con Recanati; 3) desistenza della Santa Sede dalla provvista dell'arcivescovado di Milano nella persona '' del Sacerdote Ballerini * (2);

4) annuenza del Governo del Re alla provvista delle sedi di Ravenna e di Pavia nelle persone dei Vescovi di Cesena e di Crema;

5) * riserva della provvista delle sedi di Bologna e di Loreto nelle persone del Cardinal Guidi e di Monsignor Cardani, circa cui si prenderà un partito sopra l'esito delle trattative generali, dappoiché il Governo del Re non ha ancora assestate le sue idee circa la convenienza di tali nomine * (1).

Gioverà forse che per talune delle sedi che rimarranno vacanti * così della generale categoria come di questa speciale * (2) si proponga il partito che vengano commesse all'amministrazione di quell'ordinario viciniore alla cui Diocesi avverrà che s'incorpori la Diocesi vacante, ove sia adottata la nuova generale circoscrizione Diocesana del Regno.

Avvertenze generali.

Ove nel corso delle trattative cada il discorso sulla quistione politica, l'incaricato del Governo del Re si restringerà ad ascoltare senza esprimere alcun concetto, e solo piglierà impegno di riferirne.

Ove il dialogo versasse sulle leggi dello Stato risguardanti la polizia ecclesiastica, l'incaricato accennerà essere nei propositi del Governo del Re di modificarle nel senso più consono alla libertà della Chiesa, tosto che se ne offra l'oc-casione favorevole, la quale non potrebbe essere offerta che dalla soluzione della quistione politica, ed accennerà pure essere in tal caso negli intendimenti del Governo di rinunziare ad ogni maniera di privilegi e di giurisdizioni eccezionali * persino al privilegio della R. Legazia di Sicilia * (2), intorno a che però converrà che adopri la debita cautela, perché non ne sorga al Governo verun positivo impegno.

Circa le disposizioni concernenti alle corporazioni religiose e al patrimonio ecclesiastico, l'incaricato del governo eviterà la discussione, e stando sui generali se ne riferirà agli esempi antichi e recenti d'altri Stati cattolici, non lasciando di toccare delle condizioni speciali economiche del Regno, e dello Stato delle

opinioni correlative in tutta Italia (3). ALLEGATO (4) DIOCESI DA CONSERVARSI NEL REGNO D'ITALIA. Piemonte: Cuneo Vercelli (Arcivescovado) Torino Aosta Asti (Arcivescovado) Ligm·ia: Genova Savona (Arcivescovado) Casale? Sa.rzana"?

Sardegna: Pesaro Sinigallia

Cagliari (Arcivescovado) Sassari (Arcivescovado) Umbria: Alghero

Spoleto (Arcivescovado) Assisi

Lombardia:

Orvieto Milano (Arcivescovado) Perugia

Brescia

Sabina Bergamo

Provincie Napoletane:

Como Cremona Amalfi (Arcivescovado) Pavia Bari (Arcivescovado) Benevento (Arcivescovado) Provincie Parmensi: Capua (Arcivescovado) Chieti (Arcivescovado)

Parma Piacenza Cosenza (Arcivescovado)

Gaeta (Arcivescovado) P1·ovincie Modenesi: Napoli (Arcivescovado) Modena (Arcivescovado) Otranto (Arcivescovado) Reggio Reggio Calabria (Arcivescovado} Massa di Carrara Salerno (Arcivescovado)

Trani (Arcivescovado)

Toscana:

Aquino? Firenze (Arcivescovado) Aquila Lucca (Arcivescovado) Avellino Pisa (Arcivescovado) Caserta Siena (Arcivescovado) Catanzaro Arezzo Foggia Livorno Gerace? Pistoia Serino (Molise)

Volterra? Lecce Mileto?

Romagne:

Nola Bologna (Arcivescovado) Potenza Ferrara (Arcivescovado) Teramo Ravenna (Arcivescovado)

Sicilia:

Forlì Imola? Messina (Arcivescovado) Monreale (Arcivescovado) Marche: Palermo (Arcivescovado) Fermo (Arcivescovado) Siracusa (Arcivescovado) Ancona Caltanissetta Macerata Girgenti Loreto Trapani

(1) -L'incarico delle trattative con la Santa Sede era stato precedentemente offerto a Michelangelo Castelli e a Castellamonte che avevano rifiutato. (2) -In L V 8 invece delle parole fra asterischi • una circoscrizione diocesana determinata > (1) -In L V 8 • che dovrebbero secondo il concetto più sopra espresso, essere conservate». (2) -In L v 8 • L'incaricato del R. Governo sa quali proposte abbiano ad essere da noi fatte •. (3) -In L V 8 • e che sarebbe •·

(1) Le parole tra asterischi sono omesse in L V 8

(1) -Il brano fra asteris<'hi è omeoso in L V B. (2) -In L V 8 "dei partiti>. (1) -l n L V 8 • parecchie di esse • . (2) -In L V 8 «dell'attuale preconizzato ». (1) -In L V 8 «Riserva della nomina stata fatta all" sedi di Bologna e di Loreto •. (2) -Il brano fra asterischi è omesso in L V 8. (3) -Già il 19 novembre 1864 Checchetelli aveva scritto ad Artom (Copie Artom): « Dicesi ancora esservi stati alcuni cardinali che abbiano fatio osservare al Papa il grave danno in cui cade lo spirituale, nel gran numero dei Vescovi mancanti per le varie diocesi d'Italia; ci.:> che pure unito a tante difficoltà, fa credere ad alcuni di facile credenza che possa e debba un giorno esservi necessariamente per costoro alcun modo di trattare accordo, almeno per queste cose fra il regno d'Italia e il Papa ». (4) -Si pubblica fra gli allegati alle istruzioni solo il seguente, omesso in L V 8.
626

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI

D. 19. Torino, 28 marzo 1865.

Ringrazio la S. V. Illustrissima delle interessanti informazioni che mi ha somministrato coi Rapporti Confidenziali XXXVII e XXXVIII e colla lettera particolare in data del 12 marzo corrente (1).

Quanto Ella mi partecipa intorno alle disposizioni prevalenti a Vienna a nostro riguardo, concorda colle notizie pervenutemi da altre parti. Il Governo del Re ha fatto e continuerà a fare quanto è richiesto dai sentimenti di moderazione a cui s'iiliS[>ira, e daHa fiducia nella giustizia della propria causa, accennando di preferenza alla possibilità di soluzioni pacifiche. Che la Corte di Vienna persista invece in disposizioni affatto opposte, è tal fatto che non può sorprenderei e del quale giudicherà la coscienza generale.

Come V. S. Illustrissima ben sa, quantunque le proposte testè formulate dal Gabinetto di Berlino circa il modo di definire le condizioni di esistenza politica dei Ducati dell'Elba rimpetto alla Prussia siano state recisamente respinte dalla Corte di Vienna, i due Governi mostrano eguale avversione a rompere i negoziati e lasceranno che la Baviera porti in forma amichevole la Questione dinanzi alla Dieta; locchè in difetto di altro miglior risultato, avrà il vantaggio prezioso per le due maggiori Potenze Germaniche da far loro guadagnar tempo.

(1) Non pubblicati.

627

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. s. N. Francoforte, 28 marzo 1865 (per. l'1 aprile).

En l'absence du Comte Rati, je crois devoir venir rendre compte a V. E. de la séance d'hier de la Diète qui a produit une certaine sensation dans le monde diplomatique d'ici. La Bavière, la Saxe et la Resse Grand-Ducale ont présenté une motion tendant à ce que la Diète invite les deux Grandes Puissances Allemandes à reconnaitre les droits de Souveraineté du Due d'Augustenbourg sur les Duchés, en ajoutant que pour éviter les retards d'un renvoi aux comités H serait nécessaire que la haute assemblée formulat immédiatement son vote sur cette demande. Contrairement à il'attente générale, l'Autriche a appuyé de son vote cette motion, et par 9 voix contre 6 ('l'envoyé de Luxembourg s'étant abstenu) il a été décidé que l'Assemblée 'se prononcerait à cet égard dans la Séance du 6 Avril prochain.

L'envoyé Prussien !s'est élevé avec une extrème vivacité contre la proposition bavoroise en soutenant que l'on ne pouvait demander à faire reconnaitre les droits du Due d'Augustenbourg avant d'avoir examiné ceux de la Couronne de Prusse aussi bien que du Due d'Oldenbourg, et il a déclaré que pour le cas où la majorité de l'Assemblée adopterait la motion en question il se réservait de formuler une déclaration de son Gouvernement dont en attendant il maintenait tous les droits.

Sans vouloir méconnaitre l'importance d'une première divergence d'opinions au sein de la Diète entre la Prusse et .l'Autriche rélativement à la question des Duchés, je crois cependant qu'il faut bien se garder d'exagérer la valeur d'un incident qui porte bien plus sur la· forme que sur le fond de la question. En effet il n'importe pas grandement que contrairement à l'avis de la Prusse, l'Autriche consente à ce que la Di è te leur adresse la demande de reconnaitre les droits du Due d'Augustenbourg. Ce n'est là qu'une simple interrogation qui non seulement n'implique aucun engagement de la part de l'Autriche, mais encore peut servir à sa politique dans les moyens d'action sur le Cabinet de Berlin. Pour que le vote de l'Autriche eùt l'importance qu'on lui prete il faudrait qu'il préjugeàt de son intention de se joindre aux Etats secondaires pour faire prévaloir les droits du Due d'Augustenbourg; mais à cet égard l'on peut etre sùr que ìe Cabinet de Vienne est trop engagé avec la politique Prussienne pour adopter une d6cision qui déterminerait immédiatement une éclatante rupture.

Au reste, en présence d'une date aussi rapprochée que celle du 6 Avril prochain, il est inutil de se livrer à de plus longs commentaires; et l'on peut affirmer à l'avance, sans crainte de se tromper, que l'attitude de l'Autriche dans cette séance attendue avec impatience, viendra démontrer une fois de plus la solidité des liens qui l'attachent à la politique Prussienne (1).

P. S. J'ai trouvé à mon arrivée ici le télégramme que V. E. m'a fait l'honneur de m'adresser le 25 (2).

628

IL MINISTRO A MONTEVIDEO E BUENOS AIRES, ULISSE BARBOLANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 6. Montevideo, 28 marzo 1865 (per. il 6 maggio).

Il paese continua a vivere in pace o almeno in calma apparente; la fiducia comincia a rinascere e il commercio a rianimarsi, ma sarà necessario che scorra ancor qualche tempo perchè siano del tutto cicatrizzate le piaghe della passata guerra. L'ordine e il rispetto delle persone e delle proprietà si è mantenuto perfettissimo nella capitale e nelle città del litorale, ma non così nella campagna, ave succedono tuttavia ladronecci di bestiame, che in questi luoghi è la principale se non l'unica fonte di ricchezza. Non :pertanto la sommissione già seguita del Generale Mufioz e di alcuni altri capi di parte bianca, che ancor tenevano la campagna, al Governo Provvisorio, faciliterà il compito di quest'ultimo nella riorganizzazione dei dipartimenti.

Questo stato di cose dovuto, non tanto al trionfo del partito colorado quanto

all'intervento armato del Brasile non lascia però di esser provvisorio. Il Generai

Flores e i suoi Ministri sentono il lato debole della loro posizione e vorrebbero

uscirne con fare le elezioni generali anzi il tempo stabilito dalla Costituzione;

ma d'altra parte considerano che un atto così importante di politica nazionale

non si potrebbe convenientemente praticare mentre il paese è occupato da forze

straniere. Si può fin da ora preveder con certezza quando i Brasiliani sgombre

ranno dallo stato orientale [sic]. Se non vi saranno reclami di estere potenze

interessate alla indipendenza della Banda Orientale, egli è ben probabile che il

Brasile si servirà di questo paese come quartier generale e per dir meglio come

base di operazione per la guerra che va ad intraprendere contro il Paraguay,

e che, sia per le enormi distanze, sia per la neutralità dichiarata dalla Repubbli

ca Argentina, che farebbe d'uopo travelisare, non potendo essere condotta per

terra; è ben forza che sia guerreggiata pei fiumi del Plata, del Paranà e del

Paraguay. Infatti arrivano qui ogni giorno rinforzi di truppe da Rio di Janeiro,

le quali saranno poocia, con Ja lentezza abituale di questi luoghi, imbarcate e

trasportate al loro destino. A tal proposito stimo opportuno trasmettere a V. E.

un curioso decreto di questo Governo, che esenta da·l pagamento del dazio i ge

neri che vengono importati pel consumo dell'esercito Brasiliano. Ab uno disce

omnes. (Annesso N. 1).

L'influenza del Brasile è in questo momento onnipotente; e se non sarà

controbilanciata o neutralizzata durerà indefinitamente. Cosi il Brasile, facendo

le viste di restar fedele alle dichiarazioni fatte di rispettare l'indipendenza di

questo paese, vi eserciterà un protettorato di fatto e procederà insensibilmente

ad assorbirlo prima economicamente e poscia politicamente.

Le nostre relazioni cominciano già a risentirsi di questo stato di cose sì

poco soddisfacente.

Prima della conchiusione della pace o per dir meglio della capitolazione di Montevideo, mi avevano già avvertito che il Governo Brasialiano vedendo di mal occhio l'occupazione dell'Isola della Libertà per parte della nostra marina di guerra, ci avrebbe suscitato difficoltà in tempo opportuno (1). Ed infatti così è stato.

* Pochi giorni dopo la istallazione del nuovo Governo Provvisorio, il Ministro degli Affari Esteri, Signor de Castro, venne a dirmi da parte del Governatore che il Governo non intendeva mantenere il contratto di locazione dell'Isola della Libertà, perché non si poteva permettere che una parte del territorio Nazionale fosse sottratto alla giurisdizione della Repubblica e vi sventolasse una bandiera straniera * (2).

Egli osava dir ciò quando dal Forte di San José, nella stessa città di Montevideo, spiegavasi pomposamente alla vista di tutti la bandiera Brasiliana. Soggiungeva che prescindendo dalla quistione se il cessato Governo avesse

-o no la facoltà di fare un simile contratto, ciò che egli non credeva, pure l'attuale Governo * !imitavasi a profittare della clausola contenuta nel protocollo·

Questo Governo però, che, sebbene nel fondo del cuore non desidererebbe altro di meglio, pur non vede che sia il Governo di S. M. disposto finora a dare un tal passo, non vorrebbe assumere la parte odiosa dell'atto senza scorgerne un risultamento immediato. Egli è perciò che il Ministro degli Esteri dopo avermi promesso verbalmente la cessione dell'Isola. esitava a conchiudere il negozio, anzi cercava eluderlo proponendomi in vece il fitto di semplici magazzeni vicino alla Dogana.

Dall'annessa corrispondenza (Annessi nn. II, III, IV, e V) V.E. potrà scorgere il modo come poscia è terminato l'affare. Per quanto riguarda la parte tecnica il Comandante la

R. Stazione Navale darà al R. Ministro di Marina i necessari chiarimenti.

Abbiamo visto con la maggior soddisfazione giungere in queste acque le R. Navi da guerra "Ercole" e "Veloce". Il loro arrivo non poteva essere più opportuno. La numerosa ed imnortante colonia italiana qui stabilita· vede in ciò la prova irrefragabile della premura che pone il R. Governo nel tutelarne gl'interessi >.

di locazione, mercé la quale denunziandosi la rescisswne del contratto l'Isola doveva essere restituita nel termine di quattro mesi. Offriva però invece al R. Governo .oer uso della R. Marin'a dei magazzeni in terra ferma.

Risposi che non potevo ammettere gl'inconvenienti da lui segnalati in quanto alla giurisdizione territoriale, dacché il R. Governo aveva fatto concessioni di simil genere alla Russia ed agli Stati Uniti d'America; e Io stesso Brasile avea conceduto all'Inghilterra per venti anni l'uso del'Isola de' Serpenti, sita nel Golfo di Rio Janeiro, che la marina Britannica dovette poi abbandonare perché malsana. Lo ringraziai dell'offerta di magazzeni in terra ferma, dicendogli che se la R. Marina avesse creduto che locali di tal fatta potevano rispondere allo scopo propostosi, si avrebbe preso in fitto direttamente e senza aver bisogno dell'intermezzo del Governo. Da ultimo gli feci osservare che denunziando la cessazione del contratto nei termini stabiliti, il Governo stava certamente nel suo stretto diritto; ma io dovevo fargli riflettere che un tal passo dato così precipitosamente e senza un plauSJi.bile motivo non mancherebbe di essere interpretato come un atto di ostilità (1) dal Governo Italiano, il quale avrebbe ben ragione dal canto suo di non prendere quindinnanzi altra regola di condotta verso la Repubblica Orientale che lo stretto diritto.

Il Ministro si diffuse in proteste e dichiarazioni di non essere il Governo dominato da alcun sentimento ostile verso l'Italia; dolere a lui particolarmente di dover obbedire agli ordini ricevuti; e dovermi quindi prevenire che andava ad indirizzarmi una Nota per chiedere la rescissione del contratto, nella fiducia che io gli avrei risposto di esser pronto a riconsegnare l'Isola fra quattro mesi.

Gli dissi che poteva ben mandarmi la Nota, ma che in risposta io mi sarei limitato a fargli conoscere che l'avrei trasmessa al R. Governo *.

Aspettai la Nota per parecchi giorni ma non venne. * In cambio il Generai Flores mi fece pregare di passar da lui perché bramava parlarmi dell'affare dell'Isola. Mi ripeté le stesse cose dettemi dal Ministro *, soggiungendo che in quanto a lui egli avrebbe lasciato dormire questa faccenda, ma che doveva prendere in conto talune esigenze da cui non poteva prescindere. * Io gli ripetetti, e con maggior forza, gli argomenti che avevo opposti al Ministro degli Affari Esteri, specialmente per ciò che riguarda il significato che sarebbesi dato ad un tal atto, e questo parve gli facesse tale impressione, che fé chiamare innanzi a me il Signor de Castro e gli dette ordine di soprassedere allo invio della Nota e lasciar rper ora le cose nello statu quo. * (2).

Ottenuto questo primo vantaggio, non credetti in quel momento d'insistere oltre; ma comprendo bene che le cose non possono rimanere in condizione cos! indecisa ed indefinita. La R. Marina, se vuole che l'occupazione dell'Isola sia !)rofittevole, deve farvi certamente dei lavori e per conseguenza delle spese. È vero che queste, ai termini del contratto, dovrebbero essere compensate in caso di restituzione, ma si avrebbe sempre una inutile perdita di tempo ed una parte di lavoro, la quale non potrebbe mai essere risarcita.

Oltreacciò è mio dovere far notare a V. E. che la questione dell'Isola della Libertà è ormai una quistione di amor proprio, anzi di dignità nazionale. Secondo lo spirito del contratto il Governo non può rivendicarla che in caso di provata ed assoluta necessità: questo caso non esiste né può esistere. Consentendo quindi a sgombrare dall'Isola sarebbe pale:e agli oc·chi di tutti che cediamo innanzi alla influenza, alla pressione Brasiliana; il prestigio del Regno Italiano scapiterebbe talmente presso questi governanti e presso la nostra colonia, che in breve tempo il R. Governo si vedrebbe costretto, per riguadagnare il terreno perduto, a fare in questi luoghi·ciò che fa la Spagna nel Pacifico, ove per lo passato il nome di Spagnuolo era diventato sinonimo d'impotenza.

A me pare che al R. Governo non mancherebbero ragioni più che plausibili per ritenere l'Isola della Libertà, se non altro come pegno, infino a che non saranno soddisfatti pienamente tutti i nostri reclami passati e presenti. Sarei quindi di avviso, se V. E. dissentirà lsicJ, co:r:e s1pero, di procedere ai lavori necessari senza darci il menomo pensiero di ciò che potrà dire o non dire questo Governo; non parlo di fare, perché non potrà mai far nulla.

A tal proposito mi è d'uopo far osservare a V. E. che non tutti qui si rendono ben ragione della potenza italiana e non la tengono in quel conto che merita. Gli Italiani stessi, mancanti per la maggior parte da mollti anni dalla loro patria, sono i primi a dubitarne: e ne dubiteranno fino a che non ne avranno una prova palpabile in un fatto qualunque. Della stessa nostra marina non han veduto fin' ora che piccoli legni a ruote, mentre vedono vascelli e fregate francesi ad elica di stazione qui. La stessa Spagna ha cura di far passeggiare le sue fregate su queste coste e quelle del Pacifico, per ostentarvi le sue nuove forze marittime, ed ora abbiamo in rada la magnifica fregata corazzata Numancia.

Eppure a nessuna delle dette potenze può auesto paese interessare tanto come all'Italia a cui serve di salutare e proficuo sbocco, e dove gli elementi impuri che ne sgorgano si volgono in prezioso metallo; dove gli agenti di disordini e di misfatti, per l'alta retribuzione che può darvi il lavoro, si convertono in enti morali, industriali e pacifici, conservando sempre però vivo affetto verso la madre patria e per gli ordinamenti che vi prevalgono.

Questo paese già semi-italiano, diventerebbe a mio credere nel volgere di

pochi anni interamente italiano, senza che il R. Governo si desse la pena di farne

la conquista materiale, dalla qual cosa so bene che rifugge, sol che fosse dispo

sto a fare, ma senza perdita di tempo i due seguenti sagrifizi: D Ausiliare una

linea di grossi vapori transatlantici da Genova fino a Montevideo; 2) mantenere

in queste acque una stazione navale imponente, al pari di quelle delle principali

potenze marittime. Mentre il primo mezzo favorirebbe potentemente lo sviluppo

dell'emigrazione e del commercio; il secondo varrebbe ad infondere animo e si

curezza ai cittadini italiani e a tutelarne gl'interessi, e sarebbe in pari tempo pel

R. Governo un istrumento efficace di legittima e salutare influenza.

Chiedo scusa a V. E. se mi son permesso una così lunga digres,sione, che peraltro non si potrebbe dir che non si tocchi, uscendo per questa volta dalla ce;rchia di semrpli<ce relatore; ma spero che l'E. V. mi perdonerà in grazia dell'importanza dell'argomento; dappoiché credo di non errare osse·rvando che dopo i>l riacquisto della provincia italiana che ancor ci manca, non ci ha paese al mondo

23 -Documenti dipl.omatici -Serie I -Vol. V

che possa al pari di questo meritare tutta l'attenzione e l'interesse del R. Governo. Le relazioni fra la Repubblica Argentina e questo Governo sono ristabilite come potrà scorgere V. E. daiJ'annesso scambio di Note (Annesso N. Il). Il richiamo del Signor Paranhos ha allarmato alQuanto la vicina Repubblica, la quale incomincia a diffidar del Brasile. Tutti si domandano che mai voleva dippiù. Il Signor Paranhos parte domani per Rio de Janeiro, dopo aver rkevuto qui ovazioni e feste di ogni genere.

Il Ministro degli Affari Esteri ha dato un banchetto di trentotto persone in onor del Signor Paranhos e per solennizzare in pari tempo la pacificazione del paese. (Annesso N. Hl).

Ho l'onore di trasmettere a V. E. la lettera con cui il Generai Flores notifica a S. M. il Re di aver assunto il Governo Provvisorio della Repubblica. L'Imperatore del Brasile ha già risposto ad una consimile lettera.

A causa di taluni reclami d'Italiani residenti nel Paraguay ho dovuto scrivere una Nota officiosa a quel Ministro degli Affari Esteri, da cui ho ricevuto una gentile e rassicurante risposta. (Annesso N. IV).

In tale occasione stimo opportuno trasmettere a V. E. le note scambiate tra il Signor Berges e il Signor Elizalde sul passaggio delle truppe paraguayane pel territorio Argentino. (Annesso N. V).

(1) -Il contenuto di questo rapporto fu comunicato a Nigra con D. 103 del 3 aprile. (2) -Non pubblicato. (1) -La locazione dell'Isola della Libertà per uso della R. Marina era stata comunicata da Barbolani con R. 23 del 29 novembre 1864 di cui si pubblica il brano seguente: « Mi gode l'animo di poter annunziare a V.E. di aver conchiuso in modo soddisfacente e per un termine indefinito la cessione dell'Isola della Libertà, situata nel mezzo di questa rada, per uso della R. Marina. Né ciò mi è riuscito ottenere senza vincere molti ostacoli e scrupoli, nati ùa voci che si sono fatte spargere ad arte, specialmente nella vicina Repubblica Argentina, intorno alle mire del R. Governo verso questo paese. Si è detto perfino dai gio;:-nali dì Buenos Aires che il Governo Italiano, mettendo un piede sul territorio Orientale, inaugurava qui il suo protettorato.

(2) I brani fra asterischi sono editi, con qualche variante, in L V 8, pp. 507-508.

(1) -In L V 8 « un atto poco amichevele '. (2) -Con rapporto del 14 ar>rile Barbohni comunicò che il Governo dell'Uruguay avc\'3 definiti,·amente denunciato il contratto di locazione dell'isola della Libertà.
629

IL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. Belgrado, 29 marzo 1865, ore 13,49 (per. ore 22,50).

Le Colonel Milivoi est de retour. Il m'a dit qu'il sait d'une manière positive que dans quelques jours on permettra en Autriche la libre exportation des armes pour la Servie et peut etre pour la Roumanie. Si cette détermination si importante aura lieu je m'empresserai de vous le faire savoir.

Veuillez communiquer à Carrera que les mille francs sont les dépenses secrètes que j'ai eu de tous les Ministères.

630

IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 16. Pietroburgo, 29 marzo 1865.

Dans un rapport précédent, j'ai rendu compte de certain dissentiment survenu entre la Russie et l'Autriche à l'égard d es réfugiés polonais. Dans ces circonstances, il m'a paru à propos de donner lecture confidentielle au Prince

Gortchakoff de la dépeche que V. E. m'a fait l'honneur de m'adresser, en date du 17 courant, (Cabinet), sous le N. 3 (1).

Il m'en a exprimé tous ses remerciments, en me priant de lui laisser copie d'une dépeche qu'il soumettrait à l'Empereur, parcequ'elle témoignait de notre attitude de plus correctes, en meme temps que de notre vouloir vis-à-vis de la Russie.

• Confidence pour confidence, a-t-il ajouté, je vais vous lire à mon tour une circulaire que j'adresserai aux Ambassades et Légations Impériales à l'étranger, dès qu'elle aura reçu l'approbation de mon Auguste Maitre •.

En voici l'analyse. Il est de notoriété publique que des pretres, sous le manteau de la religion, ourdissent des complots contre la sureté de l'Etat. Pour parer à des intrigues qui ont de nombreuses ramifications à l'étranger, les missions Impériales sont invitées, avant d'apposer leur visa aux passeports des ecclésiastiques, à en référer en Pologne à l'autorité compétente, à laquelle iÌ ~st réservé le droit d'accorder ou de refuser.

Devinant peut etre le motif que m'avait induit à communiquer votre dépeche précitée du 17 Mars, * le Vice-Chancelier s'est apitoyé sur le Gouvernement Autrichien. Tout en tenant compte des difficultés de sa situation, il reprochait, dans des termes très adoucis cependant, à ses hommes d'Etat de vivre un peu au jour le jour, de se laisser trop diriger par les événements. Absence de programme: absence d'initiative. Il y avait presqu'à regretter M. de Rechberg. Son successeur, le Général Mensdorff, n'a pas les qualités requises pour la place éminente qu'il occupe. Il fait de la politique en amateur *.

Je plaçais l'observation que, dans ces dernières années, j'avais eu coutume de porter le deuil à chaque changement de Ministre des Affaires Etrangères en Autriche. Or, d'après 'le jugement que je venais d'entendre émettre ,par un personnage si compétent, je devrais tot ou tard reprendre le crepe.

Le Prince Gortchakoff, relevant l'allusion, me dit en souriant: • Vous me rappelez par là ce commandant en chef qui, lorsqu' il faisait prisonnier un général malheureux ou incapable n'avait rien de plus pressé que de le reliì.cher. En le laissant dans les rangs des ennemis, il se ménageait de nouveaux triomphes •.

* Feuilletant alors le registre de sa correspondance particulière avec les diplomates russes, il me cita cette phrase écrite au Comte Stackelberg: • Abstenez-voUis de toute réclamation... il est malaisé de remédier à des vices orga

niques •· Dans une autre lettre, d'une date antérieure, S. E. s'exprimait dans ce sens:

• Je vois avec regret que le Comte Mensdorff ne semble pas accorder aux rapports de nos Agents consulaires dans les Principautés-Unies, toute l'importance qu'ils méritent. Est-ce manque de gout, ou de perspicacité? Cependant les circonstances de la Moldo-Valachie sont bien de nature à intéresser l'Europe, et surtout les Puissances limitrophes. Ces documents ne seraient-ils destinés qu'à recueillir la poussière des archives? Le Ministre des Affaires Etrangères devrait au moi:ns les loger dans quelque coin de son cerveau, pour s'en rappeler un jour. Ne discontinuez pas moins de chercher à fixer son attention à cet égard •.

D'après ces données, existe-t-il xéellement quelque froideur entre Vienne et Pétersbourg, ou bien les confidences du Prince Gortchakow ne sont-elles qu'un calcul pour détourner l'attention du rapprochement entre les trois Cours du Nord? Pour se prononcer en pleine connaissance de cause, il faudrait des indications plus positives. C'est un point trop intéressant, pour que je le perde de vue. Je dirai seulement qu'ici la balance pèse davantage du còté de la Prusse, et que si Ja France xéussissait à effacer à Pétersbourg et à Berlin les traces des dernières affaires de la Pologne, ,1' Autriche ne tarderait pas à retomber dans le meme iJsolement où nous il.'avons trouvée, si non placée, en 1859 * (1). Il est vrai que le langage si peu mesuré tenu récemment par le Général de Roon devant les Chambres prussiennes, dont il excitait la défiance contre l'Empereur des Français, n'est pas de nature à encourager le Cabinet des Tuileries à faire les premiers pas dans une voie de conciliation.

A propos des discussions des Chambres prussiennes, les menaces assez clairement articulées d'un coup d'Etat, ont produit ici une impressione plutòt satisfaisante, tout aussi bien que les bruits de la retraite prochaine de M. de Schmerling. Le système constitutionnel, lors meme qu'il fonctionne très défectueusement dans les Pays voisins, n'est pas moins un embarras pour la Russie, en ce qu'il alimente des aspirations de liberté, auxquelles, d'après l'avis du Czar et de ses conseillers influents, il serait au moins prématuré de lacher le frein (2).

(1) Cfr. n. 617.

631

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA, AL MINISTRO A PIARIGI, NIGRA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in Carteggi Nigra, pp. 175-177)

L. P. Marzo 1865 (3).

Avendo alcune cose a dirle che non conviene consegnare alla posta, ho pensato spedire un corriere. Del resto, io dei corrieri non abuso. Intendo rispondere parttcolarmente alle due sue lettere del 20 e del 23 ( 4).

Comincio dal viaggio possibile dell'Imperatore in Algeria. Ella mi dice nella sua lettera del 20 che se l'Imperatore fosse dal Re invitato, è persuaso che accetterebbe di recarsi a vedere Napoli e fors'anche fino a Brindisi. Così posta la questione è impossibile riescire giacchè sono intimamente persuaso che il Re,

. . S. E. me laissa entendre qu'elle devrait à cet effet recueillir quelques données épar..

prllees dans la correspondance consulaire.

. J'ai ,ensui~e. demandé quel était le résultat des observations présentées à Viemoe pour van'!cre. l opposrtwn de l'Autriche, quant à n otre participation à la signature de l'acte de nav~gahon du. Danub~; ~vec le titre qui nous avait été reconnu par !es autres signataires du

Tra.Jté de Pans. Il m a eté répondu que le Comte de Mensdorff continuait à faire la sourde

orerlle •.

30 marzo.

a fronte di tante avversioni, cioè quella di allontanarsi, quella di tenere il mare, quella di fare gli onori e quella finalmente di dover trattare cose serie con chi è a lui tanto superiore, non solo si rifiuterà, ne sono certo, ma dirà cose dell'altro mondo, che non tarderebbero ad arrivare alle orecchie dei diplomatici. Ella non si può immaginare i spropositi, che sortono dalla bocca Reale, quando nostro Sire è di cattivo umore. Se l'Imperatore si decide andare in Algeria e che esterni lui il desiderio di vedere il Golfo di Napoli, comme ella mi rappresentò le cose la prima volta, in quel caso io costringerei il Re in modo che non si potesse più nè rifiutare nè svincolare. Così feci Quando si partì per Firenze. Ma ripeto che indurre il Re a far lui ·l'invito aH'Imperatore non è possibile. Né bisogna poi dissimularsi che la presenza dell'Imperatore nel mezzodì d'Italia ha anche i suoi inconvenienti; per riguardo massime a Roma. Andrebbe l'Imperatore a Roma? Desterebbe in Italia gravi sospetti, nè saprei come ci potrebbe andare senza qualche promessa o lusinga al Papa. Non vi andrebbe? Sarebbe troppo urtare non solo i clericali che diventerebbero furenti, ma anche i cattolici ,più moderati che riguarderebbero il fatto come una offesa alla Cattolicità. Ma passiamo ad altro. Del viaggio di Persigny molto parlano i giornali. Anche Malaret me ne ha parlato ed è persuaso che passerà per Torino. Non è impossibile che abbia una missione malgrado dica voler per conto suo fare una proposta al Papa. Comunque se passerà a Torino, procurerò di vederlo e farlo parlare. Se andrà solo a Firenze dopo essere stato a Roma, certo gli procurerò un'udienza del Re, ma a condizione ch'egli non lo metta in impegni di cui il Governo solo è responsabile. A proposito di Roma le dirò in segreto che il Papa ci dimostrò desiderio di trattare riguardo alle sedi vescovili vacanti. È probabile che questo non sia che un pretesto per intavolare trattative più serie. Stiamo studiando chi incaricare di questa importante missione (1). Ciò m'induce a parlare del viaggio recente di Castiglione a Parigi. Che cosa è egli andato a fare? S'egli è stato imprudentissimo riferendole che il Re, non era di buon umore con lei, del che io le parlerò in appresso, come qualificare un uomo che gode piena confidenza del Re e gli trasmette un dialogo ch'egli ha avuto col Principe Napoleone, che vero, falso, o quel che è più probabile, molto esagerato doveva almeno aspettar pochi giorni per riferirlo verbalmente anzichè scriverlo, e quel

che è più consegnar<lo alla posta?

Secondo Castiglione il Principe Napoleone avrebbe detto cose incredibili. Che io ero d'accordo per cedere al Papa la Sicilia (niente meno) che se non gli si cede al Papa, la Sicilia, o l'Elba (meno male) siccome Roma deve essere capitale d'Italia, il Re (proprio Vittorio Emanuele) deve mettersi alla testa di una riforma religiosa. Bisogna conoscere ben poco il nostro Sire, e meno ancora le popolazioni nostre per credere che l'Italia possa diventar protestante.

Più ci penso, e più mi persuado che il solo mezzo di sciogliere la gran questione, è di lasciar Roma al Papa come un Santuario; ben inteso la sola città che sarebbe amministrata da un Municipio eletto dalla popolazione. Il Papa avrebbe gli onori da Sovrano, ma non si mischierebbe che di Religione. La città dovrebbe essere aperta a tutti. Italiani e non Italiani. Il solo Vaticano sarebbe esclusivamente riservato al Papa, e presidiato da una guardia Papalina.

Questo è il mio modo di vedere: e come una tal soluzione dovrebbe molto convenire al Governo Francese, e massime all'Imperatore, noi dobbiamo rappresentarla, non come cosa che ci conviene. ma come un sacrifizio che siamo disposti a fare, qualora si possa contemporaneamente aver in un modo o l'altro la Venezia. So bene, che per trattare della Venezia il momento non è opportuno, essendo a Vienna più che mai contro noi furenti: ma le condizioni dell'Austria a mio avviso peggiorano ogni giorno, e per amore o per forza, bisogna che ceda la Venezia, per non cedere di più.

Siccome le promisi più sopra ritornerò su quanto le disse Castiglione. Sta di fatto che alcune volte in consiglio, il Re si lasciò sfuggire che ella non era adatta al posto di Parigi. Chi abbia messo in testa questa cosa al Re nol saprei; forse Vimercati, o lo stesso Castiglione, non mi stupirebbe, giacchè quelli e altri di quel calibro sono i suoi confidenti. Ma la posso assicurare che ogni qualvolta il Re esterna quel suo pensiero, io appoggiato dai miei colleghi, non ho mancato mai di ribattere energicamente .Je infondate asserzioni Rea.Ji, protestando che il Ministero aveva in lei piena fiducia.

Riguardo alle decorazioni parmi e me ne rincresce ch'ella abbia preso troppo sul serio la mia osservazione.

Mantengo che se ne danno troppe, che la lista che mi ha mandato per decorare in una volta 6 o 7 impiegati della polizia era esagerata, ma ciò non vuoi dire ch'io abbia da rifiutare quelle che crede assolutamente utile di dare. Io non conosco per nulla il Franceschi Pietro di cui le rinvio la strana domanda per cambio di decorazione. Se ella crede non ho difficoltà ad accordarlo. Per riguardo a quella di Grande Uffi.'Ciale proposta da Mollard per il prefetto di Chambery ella non mi dice se ne ha parlato con Mollard come io la pregavo. Ciò mi preme tanto più ch'io a Mollard non ho risposto, e contavo sulle spiegazioni ch'ella gli farebbe.

(1) I. brani ~ra as~erischi furono comunicati alla legazione a Parigi 1'11 aprile.

(2) _S1 Pl;lb~hca ~m un. br~no _del ~·. cor:fidenziale 17 di Launay, pari data: « Revenant sur certames m~muatwns qu1 m ava1ent ete fa1tes par le Vice-Chancelier à propos de quelques Agen~s secondatres .de. notre Go~v7rnement, j'ai demandé s'il ne serait pas à méme de me fourmr quelques det.alls plu~ precrs. Tout en 11?-e ré~~r_vant. le droit d'apprécier quel degrè de fondement pouvarent avmr de semblables gnefs, J aJoutms que ne manauerais cependant pas de !es transmettre à Turin à titre d'information. •

(3) -La minuta conservata in Carte La IV!armura e prrva di giorno; si !nsensce qui poiché, come risulta dal t. 77, non pubblicat0, la lett,;ra fu inviata per corriere a Nigra il (4) -Cfr. nn. 621 e 624.

(1) Le istruzioni a Vegezzi (cfr. n. 625) sono però del 25 marzo.

632

IL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CIFRATO S. N. Belgrado, 30 marzo 1865.

Le Colone! Milivoi est de retour. Il se loue de l'accueil reçu et de tout ce

qu'il a vu en Italie et en France, où il a été aux bals et diners de M. Drouyn

de Lhuys etc.

Il dit que l'Autriche possède une réserve de 2300 canons de campagne rayés

et 300.000 fusils, et que maintenant les Arsenaux ne travaillent pas beaucoup.

Qu'il sait d'une manière positive que dans quelques jours on permettra en Autri

che la libre exportation des armes pour la Serbie et peut ètre pour la Roumanie.

Si cette détermination si importante aura vraiment lieu je m'empresserai

de Vous le faire savoir (1).

(1) Annotazione marginale: « Segnato ricevuta con telegramma privato del Segretario Generale 5-4-65 •.

633

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(Ed. in L V 8, pp. 247-248)

D. 105. Torino, 3 aprile 1865.

Avvicinandosi il momento in cui una Convenzione telegrafica internazionale dovrà essere firmata a Parigi dai Rappresentanti di quelle Potenze che accettarono l'invito a tal fine loro diretto dal Governo Imperiale, stimo opportuno di darLe precise istruzioni per il caso in cui all'atto dèlla firma si sollevino difficoltà da alcuna di quelle Potenze che non hanno peranco riconosciuto il Regno d'Italia (1).

Un precedente già occorso in analoga circostanza, in occasione cioè dei negoziati relativi al Trattato pel riscatto del pedaggio della Schelda, potrà servirLe di regola per siffatta eventualità.

Nessuna difficoltà era stata sollevata a tale riguardo nella prima Conferenza tenutasi il 15 luglio 1863 in Bruxelles dai Rappresentanti degli Stati interessati: gli articoli del Trattato da firmarsi erano già stati redatti, allorquando il R. Ministro ebbe avviso dal Ministro degli Esteri del Belgio che il Barone Htigel, Ministro d'Austria, in seguito ad ordini ricevuti dal suo Governo. proponevasi di presentare alla Conferenza una protesta concepita nei termini seguenti: • Le Représentant de l'Autriche au moment de signer au nom de Son Gouvernement le Traité collectif avec le Représentant du Roi d'Italie, déclare qu'il doit le faire sous toute réserve et sans préjudicier en rien l'attitude de l'Autriche vis-à-vis de ce Souverain, qu'Elle ne reconnait que comme Roi de Sardaigne •.

Il Conte di Montalto dichiarò recisamente che non avrebbe accettata nè quella nè altra protesta consimHe, e ·che avrebbe considerato come ingiuria al suo Governo se il Presidente della Conferenza ne avesse permessa la presentazione. Essendosi intromessi i Ministri di Prussia e di Inghilierra, ed avendo il Ministro belga degli Affari Esteri inrsisti.to ;presso il Barone Hiigel, fu accettato da ambe [e parti che la difficoltà sopravvenuta fosse tolta di mezzo coll'inserire nel rendiconto della Seduta del1a Conferenza la seguente clausola: • que le Ministre des Affaires Etrangères avait fait observer que ce Traité ayant un caractère exclusivement commeTICial, doit avoir pour effet de faciliter les relations réciproques des divers. Etats qui y prennent part, sans préjudicier en rien, au point de vue politique, l'attitude réciproque des Gouvernements entre eux •.

Siffatta transazione che poneva in salvo tutti gli interessi e rispettava tutte le suscettività, fu accettata dal Rappresentante Italiano, cui fu significata indi l'approvazione del R. Governo.

Ella pertanto non si opporrà, Signor Ministro, a che sia dichiarato genericamente che col firmare la Convenzione telegrafica, d'indole puramente commerciale, non si pregiudica punto allo stato attuale dei rapporti politici esistenti fra

1e Potenze che vi prendono parte. Ma non potrà consentire a che in alcuno degli Atti di quella Convenzione sia inserita alcuna protesta o restrizione che tenda a contestare in Lei la qualità di Rappresentante del Re d'Italia.

* SegnandoLe ricevuta dei suoi pregiati Rapporti dal N. 149 al N. 161 di Serie Politica e del N. 68 (Affari Correnti) di cui diedi comunicazione al R. Ministero dell'Interno ... *' Cl).

(1) Nigra aveva richiesto queste istruzioni con una Lv. del 3() marw a La Marmon che non si pubblica (AS Biella, Carte La Marmora).

634

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, STRAMBIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 46. Bucarest, 3 aprile 1865 (per. il 14).

Il Principe Couza ci accordò prontamente l'udienza che gli avevamo chiesta il 30 marzo p.p. ed il giorno seguente potemmo perciò soddisfare presso S. A. all'incarico che ci era stato affidato dai Rappresentanti le rispettive nostre Corti in Costantinopoli relativamente alle dichiarazioni a farsi o meglio a ripetersi circa la validità e l'osservanza nei Principati Uniti delle Capitolazioni e dei trattati che furono o saranno dalle Potenze estere conclusi colla S. Porta.

In qual modo e forma e con quale successo siasi soddisfatto all'incarico sud

detto V. E. vorrà degnarsi rilevare dalla copia qui unita del Rapporto identico

che gli Agenti delle Potenze garanti spediranno ai Rappresentanti colla posta

di d&mani, ed io indirizzo al Conte Greppi; quale rapporto, dietro mia pro

posta, che venne con piacere dagli altri miei colleghi accolta, fu redatto dal

l'Agente di Francia che mostrò di gradirne volentieri l'incarico, dopochè, in

riunione che ebbe luogo immediatamente dopo l'udienza principesca, si ebbe pre

cisato d'accordo le parole state pronunziate da S. A. e gl'incidenti essenziali del

ricevimento.

Il risultato di questo cagionò stupore ai miei colleghi i quali gli attribuirono

gravità ed alcuno di essi disse che Couza vuoi precipitare l'ormai inevitabile

catastrofe.

Il giorno appresso l • corrente l'Agente di Francia avendo dovuto ritornare

al Palazzo per la presentazione di un personaggio francese, S. A., accennando

alla comunicazione dei Consoli, ha negato risolutamente di aver loro parlato

di principii di diritto delle genti e d'equità quali si praticano in Europa, mal

grado le meraviglie che faceva per questo diniego il Signor Tillos, osservando

che gli altri cinque suoi colleghi le avevano ben udite e poco dopo scritte queste

parole e le ripetevano in città, ove producevano il previrsto buon effetto, gli uffi

ciali di servizio che, con modo ovunque insolito, avevano assistito all'udienza.

S. A. replicò che, per mezzo di nota del Ministro degli affari esteri avrebbe meglio fatto esporre le risposte da lui date e le sue intenzioni, ma questa nota non l'abbiamo fin qui ricevuta e non sarebbe parsa d'altronde sufficiente a fronte della notorietà delle cose che si passarono in un'udienza pubblica intorno alla

quale il Principe si limiterà probabilmente a far comunicazioni ai Rappresentanti in Costantinopoli per mezzo del suo agente Signor Negry.

In convegno serale dello stesso giorno l o corrente incontratomi col Ministro degli affari esteri, questi volle invece ripetermi le dichiarazioni ufficiali di S. A., dicendomi che il Governo principesco non riconosce e non riconoscerà mai il principio della validità delle capitolazioni in questo paese cristiano e per quante concessioni di fatto siansi dovute fare fin qui e debbano ancora farsi in avvenire per la sola ragione che non si può resistere alla volontà di tutte le grandi; Potenze.

Così, non solo di giorno in giorno, ma d'ora in ora si mutano in questo paese i propositi e si fanno le dichiarazioni le più diverse o contrarie anche, in argomenti della maggiore importanza, e si toglie la base di relazioni serie su cui si possa fare il menomo assegnamento.

Quel che specialmente è a deplorare si è che invece di adoperare mezzi più leali ed onesti, quaili furono sempre da me particoJarmente consigliati e raccomandati e sarebbero riusciti più pronti e sicuri, per indurre le Potenze, coll'appoggio delle più benevole, all'abbandono di ogni diritto eccezionale, le autorità rumene abbiano invece eccitato tante ostilità contro i forestieri, sì manomessi i loro interessi, sprezzati i riguardi dovuti ai Rappresentanti esteri e condotte le cose di tal modo ed a tal punto che tutti i Governi abbiano dovuto unirsi, su questo terreno, a comune difesa e noi diventare gli alleati dell'Austria pel mantenimento di un regime che, se non esclusivamente, principalmente almeno all'Austria profitta.

.ALLEGATO

STRAMBIO A GREPPI

(copia)

Bucarest, 3 aprile 1865.

Après avoir tous reçu des Représentants de leurs Cours à Constantinople des instructions identiques qui leur prescrivaient de déclarer au Prince Couza:

• l o -Que les capitulations conclues entre leurs Gouvernements respectifs et la Porte Ottomane doivent conserver dans la Moldo-Valachie la force obligatoire qu'elles ont dans toute l'étendue de la Turquie, dont les Principautés-Unies font partie intégrante;

2" -Que les derniers traités qui règlent la position de leurs nationaux sous le rapport commerciai en Turquie doivent généralement rester en pleine vigueur dans les Principautés-Unies et s'y appliquer entièrement •;

les Agents des Puissances garantes se sont réunis afin de se consulter sur la forme qu'il convenait de donner à cette déclaration. Ayant écarté l'idée d'aller chez 1e Prince en corps et en uniforme, attendu qu'une démarche aussi solenneìle leur paraissait de nature à etre interprétée dans le public d'une façon facheuse pour le Prince et à créer des embarras à son Gouvernement, à cause du retentissement qu'elle aurait, ils sont convenus de faire demander une audience et, dès qu'ils l'auraient reçue, de se rendre· en habit chez le Prince et de se contenter de lui donner communication des deux paragraphes précités, sans lui lire le reste de la dépeche identique.

Cette audience ayant été accordée le 31 Mars, les Agents se sont rendus à deux heures chez S. A. où ils ont été reçus avec un appareil solennel et inusité, dans les grands appartements, les domestiques étant en grande livrée et le Prince entouré de ses aides de oamp et officiers de service et assisté de son Ministre des Affaires étrangères. Le Baron d'Eder, en sa qualité de doyen, porta la parole et dit au Prince que les Agents et Consuls généraux des Puissances garantes étaient chargés de lui faire une communication concernant les capitulations et les traités de commerce et lui donna lecture des deux paragraphes de la dépeche identique.

Le Prince lui répondit:

• La démarche que vous faites auprès de moi est très grave: c'est pourquoi, dit-il, en faisant allusion à la présence du Ministre des Affaires étrangères et des aides de camp, je l'ai entourée de toutes les formes •. Prenant alors des mains de son Ministre des affaires étrangères un exemplaire valaque de la Convention, il ajouta: • le but de votre démarche ne m'était pas inconnu, car rien ne reste secret ici: des bruits sinistres! m'étaient parvenus et j'ai miìrement réfléchi à la réponse que j'aurais à vous faire. Puis il nous traduisit l'art. 2 de la Convention qui porte qu'en vertu des capitulations émanées des Sultans Bajazet I, Mahomet II, Selim I et Soliman II, qui constituent leur autonomie en réglant leurs rapports avec la Sublime Porte, et que plusieurs hatti-schérifs, notamment celui de 1834 ont consacrés conformement aussi aux art. 22 et 23 du traité conclu à Paris le 30 mars 1856, les Principautés continueront de jouir, sous la garanti-e collective des Puissances contractantes, des privilèg,es et immunités dont elles sont en possession. Cet article -a dit en terminant S. A. -piace les Principautés dans une position exceptionnelle. Quelles sont les capitulations que l'on veut nous imposer, car je ne connais pas leurs pl'escriptions •?

Le doyen, sans entrer dans une discussion dans laquelle il aurait pu faire observer que les articles que le Prince venait de lil'e faisaient mention des capitulations conclues entre les Principautés et la Sublime Porte et non de celles conclues entre la Sublime Pol'te et les Puissances garantes, lui répondit que la démarche actuelle n'était qu'une démarche préliminaire, qui n'avait d'autre but que de poser un princirpe, mais que les Représentants des Puissances s'occupaient de la rédaction d'un travail qui spécifierait les droits des étrangers et les devoirs des autorités moldo-valaques. Alors, répondit le Prince, je ne prendrai aucune disposition en suite de votre démarche et jusqu'à la communication du travail que vous m'annoncez, je continuerai à procéder, comme par le passé, d'après les principes du droit des gens et de l'équité, tels qu'ils sont entendus et pratiqués en Europe. D'ailleurs j'ai chargé mon agent à Constantinople de donner des explications aux Représentants des Puissances.

Comme les Agents allaient se retirer, l'Agent de Russie ayant rappelé au Prince une réclamation qu'il lui avait adressée, S. A. lui répondit en souriant: • Soyez tranquille, cette affaire sera reglée non d'après les capitulations, que je ne connais pas, mais d'après le droit des gens et l'équité •.

Il est à remarquer que tandis ,que les Agents avaient évité de dom'ler à leur démarche une solennité ,embarrassante pour ,le Prince, S. A. au contraire les avait reçus avec un appareil dont il était facile de pénétrer l'intention. En paraissant recevoir, avec une solemnité qui pouvait etre interprétée par les Agents comme une preuve de déférence pour les Puissances garantes, une communication émanant de leurs Représentants, il s'était entouré de témoins devant les quels il tenait à prouver qu'il :avait répondu à cette communication avec une energie patriotique. Il est certain que tous ces personnages présents ne manqueront pas de répandre dans le public que le Prince a repoussé avec dédain des déclarations contraires à ses intentions nationales et ils ne manqueront pas d'exagérer l'énergie du Prince et de plaisanter, comme c'est l'habitude au palais, sur l'humiliation des Agents.

Il est également à remarquer que le Prince n'a rien répondu au paragraphe relatif aux traités de commerce conclus entre les Puissances garantes et la Sublime Porte.

(1) Il brano fra asterischi è omesso in L V 8.

635

IL SEGRETARIO DELLA LEGAZIONE A LONDRA, MAFFEI, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI

L. P. Londra, 3 aprile 1865.

L'agente Borbonico che è stato per varj giorni a Liverpool è venuto stamane

a dirmi che l'ultimo dei cinQue vapori acQuistati dai Borbonici parti or fa una

settimana ,per Trieste con armi e uomini destinati a raggiungere i depositi rea

zionarj che esistono nei dintorni di quella città. Ora, secondo quanto già le

annunciava, pare che dalle rive della Spagna sia per organizzarsi una spedi

zione contro l'Italia. Da Cartagena, Barcellona, Valencia, partirebbero i cospi

ratori e [ler quanto Ja cosa pOSISa parere improbabile, stando però al rapporto

che mi è stato fatto. sarebbe una fregata Austriaca trovantesi ora in quelle

acque che ne opererebbe il traS[lorto. Pretendesi che De Christen sia qui, e

dicesi pure, ma questo con molta riserva, che il famigerato Croceo trovisi a

Liverpool. Da questa città partì pure una quantità di carbone per il Comitato

Borbonico dd. Barcellona.

Circa i moti mazziniani sembra che non sia stata abbandonata l'idea di far

scoppiare tra breve un tentativo rivoluzionario nella Venezia. Mazzini sarebbe

da qualche giorno ritornato, e dicesi che siano sul punto di recarsi in !svizzera

varj agenti che dovranno dirigere il movimento.

Il Signor Wolff, mazziniano notissimo che era l'anno scorso arrestato per i

moti del Friuli, è qui da qualche tempo e mi vien riferito che anche egli sia

per partire alla stessa volta.

Mi venne inoltre rappresentato che in Sicilia continuasi a lavorare alacremente fra i membri del partito d'azione. Riccioli indicato come il segretario di Fabrizj, da Portici ove si trovava andò a Catania, e dicesi sia fra non molto aspettato a Londra. Il Cristini poi è sempre in questa città, ha ricevuto molto denaro dalla Sicilia, e non cessa di essere in comunicazione con tutti i comitati rivoluzionarj di Londra. A giorni devono essere spedite delle armi in Italia tanto dai Mazziniani che dai Borbonici, e spero potrò essere in grado di dare tali informazioni alla S. V. da farle cadere in mano alle autorità governative.

P. S. -Da Roma sarebbe stato mandato qui un tale Acquaviva per mettersi in rapporto col Comitato Borbonico di Cambridge. Sono di più informato che a Firenze in via Belle Donne N. 9 abita un polacco sedicente Principe Prianisnikoff il quale sarebbe un pericolosissimo agente Repubblicano. Costui andrebbe frequentemente a Parigi ed a Malta, e queste gite avrebbero tratto alle cospirazioni del suo partito.

636

VITTORIO EMANUELE II A PIO IX (Ed. in PIRRI, vol. III, parte II, pp. 52-53)

L. P. Torino, 5 aprile 1865.

Beatissimo Padre. Dal di, or sono cinque anni, che la Santità Vostra credette di dovermi per la seconda volta illaqueare delle censure della Chiesa, non ere

detti dover più scrivere alla Santità Vostra. Io mi considerava e mi considero come un istrumento mortale di ciò che talvolta Dio permette che accada, come ben mi scrisse la Santità Vostra, ed in presenza di fatti inevitabili mi parve, Beatissimo Padre, che la mia coscienza rimanesse tranquilla. Ma ora che Ella con quella paterna bontà, di cui già tante prove diedemi pel passato, volle con l'ossequiata sua lettera {l) farmi ,conoscere i suoi desiderj a riguardo delle Sedi vescovili vacanti nei miei Stati, l'anima mia riconoscente approfitta con giubbilo di quest'occasione per deporre ai piedi della Santità Vostra queste poche mie righe. Nessuna cosa più vivamente da me si desidera che di vedere aperta una via di conciliazione fra la Santa Sede ed il mio Governo, principalmente per quanto riguarda gli intere3si della Religione, che vorrei in ogni legittimo modo assicurati. Ora la Santità Vostra, trattando la questione delle Sedi Vescovili, per provvedere a quelle fra esse vacanti da maggior tempo e che più importa di riempire, non sarebbe certo per fare ostacolo la proposta dei soggetti, dacchè il mio Governo non ne proporrebbe di tali che non potessero essere accettati dalla Santa Sede. Bensì vorrebbesi all'uopo precorrere intelligenze e prendersi accordi, cui riesce opportunissimo il partito che la Santità Vostra ebbe la bontà di propormi. Io l'accetto di grand'animo e col leale desiderio che possa

avere un pieno buon successo. Invio adunque a tal fine a Vostra Santità il cavaliere avvocato Vegezzi, uomo di tutta rettitudine, scelto da me e mio amico particolare, munito delle istruzioni del mio Governo per trovare modo di appianare le difficoltà concernenti la provvista di queste Sedi Vescovili vacanti, ed anche per conoscere in genere gli intendimenti di Vostra Santità sovra ogni altro capo che risguardi gli interessi religiosi nei miei Stati. Io non dubito, Beatissimo Padre, della paterna benevolenza della Santità Vostra ed efficacia delle preghiere di Lei per la prosperità della mia Famiglia e del mio Regno. Voglia la Santità Vostra rimanere persuasa di mia filiale devozione, colla quale riverente Le chiedo la sua Apostolica Benedizione.

637

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 4. Costantinopoli, 5 aprile 1865 (per. il 14).

Il Marchese di Moustier ricevette coll'ultimo postale francese l'istruzione

dal Signor Drouyn de Lhuys di associarsi alle pratiche che verrebbero fatte dal

l'Incaricato d'Affari britannico, all'oggetto di appoggiare quelle che io avrei rin

novato presso la S. Porta, nell'intento di ottenere che il Rappresentante d'Italia

partecipi alle deliberazioni delle altre potenze garanti negli affari di Siria.

Interrogai il Signor Stuart se avesse ricevuto istruzioni recenti per solle

citare la Sublime Porta ad accettare la partecipazione dell'Italia nelle cose di

Siria. Mi rispose di no, facendomi però osservare al tempo stesso che l'istru

zione antica, di cui ebbi l'onore far parola all'E. V. col mio rapporto del 16 no

vembre 1864, N. 15 confidenziale (1), in cui gli veniva ingiunto di non prender

parte alle Conferenze per gli Affari di Siria nel caso che al Rappresentante

d'Italia fosse negato l'assistervi, era abbastanza precisa per credersi autorizzato,

a tempo opportuno, a farla valere rper appoggiare le nuove pratiche che io

intendessi di fm·e.

Sull'istesso argomento tenni discorso col Generale Ignatiew, il quale gentil

mente m'assicurò che il Gabinetto di Pietroburgo lo provvederebbe a suo tempo

d'istruzioni conformi a quelle dei suoi Colleghi di Francia e d'Inghilterra.

Il Marchese di Moustier mi fece sapere che avrebbe colto la prima occa

sione favorevole per far conoscere a S. A. Aali Pacha, che la Francia sarebbesi

associata all'Inghilterra per esigere la partecipazione dell'Italia alle conferenze

di Siria.

Quantunque le ultime notizie giunte di Siria facciano sperare che la calma non sarà così presto disturbata, tuttavia sarebbe vivamente a desiderarsi che sin da ora le potenze, che si dimostrano disposte a procurarci il posto a cui per trattato abbiamo diritto, si adoperassero a questo fine presso il Governo Ottomano e non si differissero i loro buoni offi.cj all'istante in cui, gli avvenimenti incalzando, non si fornisca motivo a rinnovare il pretesto posto innanzi nel 1860, per agire senza il nostro concorso.

A mio avviso l'i13tante per riprendere le nostre prattche sembrerebbe opportuno, stante che la Sublime Porta tiene la prova di mene austriache nella Bosnia e nell'Erzegovina tendenti a distaccare queste provincie dall'Impero Ottomano, e V. E. si degnerà rammentare che il timore di spiacere all'Austria fu uno de' moventi di Aali Pascià nei suoi procedimenti contro di noi.

(1) Cfr. n. 608.

638

L'INCARICATO D'AFFARI A FRANCOFORTE, RATI OPIZZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 98. Francoforte, 6 aprile 1865, ore 17,20 (per. ore 19).

Proposition de Bavière est adorptée par 9 voix contre 6 et une ablstention. Oldenbourg a protesté formellement à cause de cession de ses droits.

639

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA,

AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(Ed. in L V 8, pp. 109-112)

D. 107. Torino, 5-6 aprile 1865.

V. S. sa, rpe11ché ebbi incidentalmente a discomerne nel mio Dispaccio del 17 Marzo rp..p. N. 104 (Gab.) (2) .che fra i detenuti statici consegnati dal Governo

Pontificio per mezzo delle autorità francesi oltre a sessanta furono rimessi alle autorità italiane sciolti dalle catene, e qualificati {l) come .condannati politici. Senonchè il fatto ·che il Governo Pontificio si era fino ad al·lora costantemente rifiutato ad accondiscendere agli officii reiterati della Francia per la consegna al Governo Italiano dei detenuti politici oriundi delle provincie unite al Regno, e la memoria dei processi di Romagna nei quali la qualità di rei politici era stata sovente att11ibuita ad dndegni assassini (2) avendo fatto insospettire il R. Governo circa la realtà dello asserito carattere politico delle rispettive condanne, fu deliberato di sospendere ogni provvedimento definitivo circa quei supposti detenuti politici, finchè fosse ben chiarita la loro vera condizione.

E siccome era somma l'urgenza per non prolungare la prigionia di persone forse non imputabili di reati comuni, così fu ripetutamente sollecitato il Barone di Malaret, con Note del 15 e del 23 Febbraio * e del 9 Marzo * (3) affinché il Governo Imperiale vedesse di prontamente conseguire dal Governo Pontificio la comunicazione dei documenti relativi alla condanna di ciascuno fra gli indiyidui in questione.

Il Barone di Malaret * non mi fece peranco * (4) pervenire rilscontro alcuno a tal riguardo.

Intanto egli mi diede ieri comunicazione del contenuto d'un Dispaccio direttogli da S. E. il Signor Drouyn de Lhuys, nel quale questi sulla scorta di informazioni * ricevute direttamente dal Console Imperiale di Francia in Ancona * (5), enumera ventisette indiv;idui appartenenti alla setta degli • Ammazzatori • che nel 1856 e 1857 commise atroci misfatti nelle Marche e che ora furono compresi nella consegna fattaci dal Governo Pontificio ascritti alla Categoria dei condannati politici essendo la loro sentenza stata pronunciata per disposizione speciale del Governo Pontificio, dalla Sacra Consulta di Roma, Tribunale ordinario dei processi politici. Il Signor Drouyn de Lhuys conchiude il suo Dispaccio segnalando le gravissime conseguenze che potrebbero derivare dalla liberazione di quei pericolosissimi soggetti, e pregando il Barone di Malaret di voler richiamare su tale oggetto l'attenzione del R. Governo.

Io ringraziai il Ministro di Francia della sua comunicazione e gli feci osservare in pari tempo che le indicazioni e le considerazioni contenute nel Dispaccio del Signor Drouyn de Lhuys riuscivano appunto a viemmeglio dimostrare l'urgenza, da noi più volte rammentata, di ottenere dal Governo Pontificio la comunicazione di quei documenti per cui io aveva dovuto ripetutamente rivolgermi a Lui, e che avrebbero dovuto (6) esserci rimessi all'atto stesso della consegna dei detenuti.

*Diedi immediatamente comunicazione al Ministero dell'Interno delle informazioni statemi fornite, né occorre che io affermi che i ventisette individui segnalatimi dalla Legazione di Francia, saranno trattenuti fino all'aecertamento della loro condizione giuridica, e che in ordine agli altri detenuti tutte le mag

giori cautele saranno adoperate dalle RR. Autorità per evitare per quanto sta in loro ogni errore* (1).

Io prego intanto V. S. Illustrissima di voler direttamente esprimere a S. E. il Ministro Imperiale degli Affari Esteri la fiducia del R. Governo che a tutti i detenuti statici rimessi sotto qualsiasi designazione, saranno estesi, secondo il desiderio nostro, che il Signor di Malaret avrà ripetutamente riferito, gli officii che il Signor Drouyn de Lhuys accenna di aver fatto già pervenire a Roma per conseguire la comunicazione dei documenti processuali relativi ai ventisette individui cui si riferisce il suo Dispacoio. EI:la potrà far avvertire al Signor Drouyn de Lhuys quanta responsabilità incontri il R. Governo trattenendo in carcere con misura semplicemente amministrativa né punto giustificata (2) da documenti procedenti da competenti Autorità giudiziarie, individui, tra cui potrebbero trovarsi persone non imputabili di reati comuni (3). Ella vorrà soggiungergli altresì come al solo Governo Pontificio dovrebbe in seguito spettare la responsabilità di qualsivoglia errore che avesse per risultato la liberazione d'individui pericolosi, malgrado di ogni più scrupolosa accuratezza delle Autorità italiane, se non verrà acconsentita la comunicazione di documenti rimasti indubbiamente negli Archivi di Roma e che soli potrebbero esattamente chiarire la vera condizione di ciascuno fra i supposti condannati -politici.

*Segnandole ricevuta del suo pregiato Rapporto N. 162. Affari Politici....

P. S. -6 Aprile -Ho ricevuto fra i pieghi affidati al Corriere ViLla il Rapporto N. 163 Politieo* (4).

(1) -Cfr. n. 406. (2) -Non pubblicato. (1) -In L V 8 qui aggiunto: • senza però sufficienti indicazioni in proposito •. (2) -In L V 8 qui aggiunto: • ed altre circostanze ancora •. (3) -Omesso in L V 8. (4) -In L V 8: • non fu peraltro in grado di farmi •· (5) -In L V 8: • particolari •. (6) -In LV8 qui aggiunto: • secondo i principii generali e secondo concerti verbalmente presi •.
640

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY

D. 4. Torino, 6 aprile 1865.

Je vous accuse réception et vous remercie des expéditions que Vous m'avez :faites en date des 15, 19 et 29 Mars dernier, et qui me sont toutes régulièrement parvenues. La Série de vos Rapports Confidentiels reçue jusqu'à ce jour arrive au N. 17 inclusivement, et celle des Rapports politiques au N. 7.

La Neue Freie Presse de Vienne a publié un télégramme en date de Berlin 26 Mars ainsi conçu: • D'après des renseignements officiels venus de St. Pétersbourg, les Gouverneurs généraux de Sibérie et des Gouvernements où des Polonais sujet Autrichiens avaient été intérnés, ont reçu l'ordre de les acheminer vers la Pologne du Congrès. Le Lieutenant Comte de Berg a été chargé des mesures préliminaires pour leur livraison à l'Autriche •.

Cette nouvelle reproduite par la Gazette Officielle de Venise dans son numéro du 31 Mars, et ensuite par des journaux italiens, a été l'objet de la part de

ceux-ci de commentaires au sujet des malheureux italiens qui ont pris part à la dernière insurrection de Pologne, dont le sort inspire naturellement une grande préoccupation. Je ne sais dans quelle mesure il serait possible d'établir une similitude entre les insurgés aue la Russie restituerait à l'Autriche et les Italiens qui sont prisonniers ou déportés en Russie pour avoir pris part à l'insurrection. La nouvelle dont il s'agit prouverait cependant, si elle était exacte, que le Gouvernement du Czar croit pouvoir se départir de la tsévérité dont il faisait preuve à la date de votre dépéche confidentielle N. 13 (1). C'est en tout cas un point sur lequel je n'ai pas besoin d'ap:;eler \·otre attention, M. le Ivlinistre, après ce que vous m'avez fait connaitre par votre dépéche politique N. 4 (1). Je vous laisse donc juge de.s oppcrtunités qui nous permettraient de renouveler avec quelque chance de succès les appels déjà faits à la générosité du Gouvernement du Czar en faveur de ces infortunés.

(1) -Il brano fra asterischi è omesso in L V 8. (2) -In L V 8 qui aggiunto: • ai nostri occhi •. (3) -In L V 8 qui aggiunto: c per quanto siffatta misura sia provvisoriamente indispensabile per imperiose ragioni dì sicurezza pubblica, e sia conseguenza di una condizione di cose affatto anormale e che noi deploriamo •. (4) -Omesso in L V 8.
641

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 166. Parigi, 6 aprile 1865 (per. l'8).

Gli ultimi dispacci del Conte di Sartiges, Ambasciatore di Francia a Roma, parlano di disposizioni più favorevoli di quella Corte intorno al modo di giudicare la posizione fatta alla Santa Sede dalla Convenzione del 15 settembre.

Questi dispacci constatano diffatti che la Corte romana sta pigliando qualche disposizione per aumentare il corpo della Gendarmeria Pontificia. Essi poi stabiliscono che nè il Papa, nè il Cardinale Antonelli hanno mai lasciato prevedere finora alcuna intenzione di trasportare altrove il seggio del cattolicismo all'epoca della partenza della guarnigione francese. Il Cardinale Segretario di Stato, avrebbe anzi deriso, secondo che scrive il Conte di Sartiges, i propositi tenuti dai giornali e dai loro corrispondenti intorno a queste pretese intenzioni di Sua Santità di abbandonar Roma.

Queste cose mi furono dette oggi da S. E. il Signor Drouyn de Lhuys, e consuonano in sostanza, benchè in modo meno pronunziato, con quanto è scritto nel Monitem du soir di jeri.

Mi affretto a portarle a notizia di V. E .• per sua norma.

642

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 217/84. Londra, 6 aprile 1865 (per. il 9).

Il senso preciso delle parole pronunciate ultimamente da Lord Palmerston al Parlamento circa l'ipotesi che il papa potesse lasciar Roma e cercare asilo nei

dominii Inglesi, essenqo stato diversamente interpretato sopratutto da alcuni caporioni del partito protestante coi ouali ne parlai, ieri domandai a Lord Palmerston medesimo che mi dicesse in fondo come considerasse la questione. Non già che credessi il momento venuto o prossimo che il Papa lascerebbe Roma, ma ipoteticamente. Asserivasi dagli ultra protestanti che si frapporrebbe ogni possibile ostacolo alla venuta del papa o a Malta o in Inghilterra, ed inoltre aver detto Lord Palmerston che offrendo asilo a S. S. a Malta il signor Odo Russell aveva agito senza istruzioni. Infine che risiedendo il Papa nei dominii Inglesi, il Governo Britannico assumerebbe la responsabilità delle future encicliche ecc. Lord Palmerston mi disse che avendo pel primo il Papa aperto il discorso coll'Odo Russell sopra una possibi,le venuta a Malta anni sono, questi gli aveva risposto essere senza ~struzioni, ma tener per fermo che J.o 'si sarebbe accolto colla dovuta ospitalità. Scrittone a Londra gli venne dato per istruzione che dicesse che in tal caso sarebbe fornita al Papa una residenza adatta. Aggiunse Lord PaJ.merston che sicuramente non lo desideravano, poiché potrebbe simile venuta nell'isola essere cagione di non pochi imbrogli, come sopratutto se venisse in Inghilterra, ma non lo potrebbero impedire. Naturalmente sia a Malta che a Londra S. S. dovrebbe smettere ogni idea di fare atti di sovranità temporale; ed anche riguardo agli atti religiosi, egli dovrebbe sottomettersi al prescritto delle leggi Inglesi. Ma siccome pullulano dovunque conventi in Inghilterra, e non è da negarsi in questo momento un movimento nel senso cattolico, la venuta del Pontefice sarebbe veduta in generale con un certo timore di un aumento in quella direzione.

Ultimamente il Principe di Galles ha cercato di fare accrescere l'appannaggio che gli vien provvisto dalla nazione, da 100 mila lire sterline facendolo portare a 150 mila. So di certo che a tale uopo, egli cercò d'agire sul pubblico per mezzo di certi giornali; ma la Camera dei Comuni avutone sentore ne fece muovere a Lord Palmerston privata rappresentazione, e l'affare è andato a monte.

(1) Non pubblicato.

643

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY

D. 5. Torino, 7 aprile 1865.

Bien que les instructions o.ue je vous ai adressées lors de votre départ pour Saint-Pétersbourg eussent un caractère entièrement confidentiel, et que les vue.s du Gouvernement du Roi y fussent exa;>osées avec une entière liberté j'ai approuvé qu'ayant trouvé le Prince Vice-Chancelier disposé à entretenir avec vous des rapports de confiance réciproque, vous lui ayez donné communication en voie réservée de leur contenu. Je ne puis qu'approuver également que sur le désir exprimé par le Prince, vous ayez laissé confidentiellement entre ses mains ces instructions, pour etre soumises à S. M. l'Empereur. Comme vous l'observez avec raison, nous n'avons rien à cacher dans notre politia.ue et l'Italie ne fait mystère ni des principes qui la dirigent ni des amitiés qu'elle préfère; et s'il est des circonstances où un Envoyé peut se départir de la réserve que commandent les règles ordinaires, c'est sans aucun doute lorsqu'il rencontre chez le Souverain auprès duquel il a l'honneur de résider autant d'élévation de caractère et de vues, et chez le Ministre un si digne interprète du Souverain. La sympathie que S. M. l'Empereur a daigné vous exprimer lui-méme pour les sentiments et les tendances dont le Gouvernement du Roi vous a chargé d'ètre l'organe nous est d'autant plus précieuse qu'elle répond à notre vif désir de voir les affinités qui existent entre les deux puissances se traduire en un accord étroit et efficace, et vous avez très justement témoigné. M. le Ministre, combien le Gouvernement du Roi attachera de prix à ce qu'un tel résultat puisse étre atteint.

644

IL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CIFRATO S.N. Belgrado, [8 aprile 1865] (1).

Déchiffrez vous méme -M. Garachanine m'a dit que le Gouvernement Autrichien a fait offrir en vente au Gouvernement de Son Altesse plusieurs milliers de fusils qui les a refusés car dit-il je ne veux m'obliger en rien au Gouvernement Autrichen mais je pense en acheter quelques-uns seulement car nous n'avons pas trop d'argent chez une fabrique qui m'en a offert 30/mille et qui maintenant vient d'obtenir du Gouvernement Autrichien autorisation de les exporter n1ème en Serbie. Voila ·Continua Garachanine une occasion favorable qui ;peutetre ne se présente plus pour vous qui nécessitez avoir ici une arme [sic]. Moi dit-il je pourrais les acheter pour votre compte et je fairais faire la... (2) dans l'endroit de la Serbie que votre Gouvernement indique. Garachanine m'a assuré que cette facilité du Gouvernement Autrichien ne renferme aucun piège et il me l'a expliqué en tout cas on ne paye les armes que lorsque seront en Serbie. Garachanine attend réponse. Je vous enverrai par le courrier dépéche chiffrée sur reste de l'intéressante conversation Garachanine.

645

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(Ed. in L V 8, p. 79)

D. 109. Torino, 9 aprile 1865.

Risulta da informazioni segnalatemi dal VI Gran Comando Militare e dal R. Ministero dell'Interno, che il Governo Pontificio per iscopo di economia * e poco curandosi, siccome al solito. che il fatto suo riesca a porgere nuovo incre

mento al brigantaggio * (1), abbia disposto perchè siano posti in libertà, * o sia

quanto meno favorita l'evasione di * (1) non pochi malfattori, attualmente dete

nuti nelle carceri di Roma, e per cui le autorità militari italiane direttamente

si rivolsero alle francesi, per ottenerne la consegna corredando la domanda di

regolari mandati di cattura per reati comuni. Fra essi si troverebbero pericolo

sissimi soggetti come il noto Bernardino Viola, che fu ripetutamente oggetto di

carteggio colla R. Legazione, e non pochi seguaci di Chiavone: che anzi si sog-.

giungerebbe che di questi ultimi taluni benchè condannati a più anni di lavori

forzati per !l'eati commessi sul Pontificio siano riuSICiti già ad evadersi, conni

venti i custodi, dalla Fortezza di Civitavecchia ove stavano rinchiusi.

La gravità di tali fatti qualora realmente si avverassero è troppo evidente

perché io non stimassi opportuno di richiamare su di essi per mezzo di V.S. Illu

strissima l'attenzione del Governo Imperiale.

(1) -La data si ricava dal riferimento fatto a questo rapporto nel n. 647. (2) -Manca una parola, probabilmente • livraison •.
646

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 17. Berlino, 10 aprile 1865.

Ainsi que V. E. a di'i en etre informée de Francfort, l'Autriche maintenant, dans la dernière séance de la Diète, son adhésion à la motion Saxo-Bavaroise en faveur de la reconnaissance du Due d'Augustenbourg, s'est déclarée prete à céder ses droits de Copartageante au Prince, pourvu que de son còté la Prusse en fit autant et que d'autre part elle fut indemnisée de ses frais de guerre. La Prusse a de nouveau refusé nettement de s'associer à cette proposition en renouvelant sa déclaration primitive, d'après laquelle ilels droits de chacun des Prétendants, y compris ceux de la Prusse, devaient étre miìrement examinés avant de rien décider.

Quoique au premier abord une divergence d'opinions aussi tranchée entre les deux grandes Pruissances Allemandes qui jusqu'ici avaient marché d'accord, semblerait devoir modifier profondément leur attitud~ respective, l'on n'en persiste pas moins à croire, (et le langage tenu ici après le Vote par l'Envoyé d'Autriche confirme pleinement cette appréciation) l'on n'en persiste pas moins à croire, dis-je, que l'entente entre les deux Cours n'en sera point sensiblement altérée. En prétant son appui aux voeux exprimés par les Etats secondaires, qui sont aussi ceux de toute l'Allemagne libérale, l'Autriche avait le double but de s'acquérir de la popularité dans le parti national Allemand, et en méme temps de rendre la Prusse plus malléable, en lui faisant comprendre qu'elle ne peut rien sans l'appui de l'Autriche. Quant à vouloir heurter de front la Prusse, et la forcer à reconnaitre malgré elle les droits du Due d'Augustenbourg, l'Autriche a trop le sentiment de sa faiblesse et de ses cOtés vulnerables en Hongrie et en Italie, pour y avoir un seui instant pensé sérieusement, et vouloir provoquer un conflit dont le dernier mot serait la guerre. Ce que l'on regarde aujourd'hui

comme le plus probable après l'incident du vote de Francfort amené évidemment par les menées Autrichiennes, c'est que de nouvelles négociations vont recommencer entre les deux Cabinets de Vienne et de Berlin, et que la question va de nouveau rentrer dans une phase de tiraillements et de lenteurs oui sont autant dans les habitudes que dans les intérets des deux Parties. Seulement, comme par so n adhésion à la motion des petits Etats, l'Autriche en sa qualité de Grande Puissance semble avoir contracté l'engagement moral de faire quelque chose, c'est elle maintenant qui, sous peine de laisser voir son impuissance, devra prendre l'initiative de nouvelles propositions à adresser à la Prusse.

En attendant le Gouvernement Prussien, escomptant déjà à l'avance ses droits de Souveraineté en Holstein, vient de présenter à ses Chambres un projet de loi sur la Marine qui a eu un retentissement d'autant plus grand en Allemagne que le Ministre de la Guerre a nettement déclaré que, en tout état de cause, le Gouvernement Prussien était décidé à conserver et à fortifier le port de Kiel. Le projet de loi prévoit une dépense de 19 millions de thalers pour les six premières années qui seront couverts par les excédants de recettes et un emprunt. Reste à savoir l'accueil que fera à cette proposition la majorité de la Chambre, et si la perspective d'une aU>si magnifique position maritime à acquérir dans les mers du Nord ne la fera pas renoncer au moins une fois à son système d'opposition permanente. Quoiqu'il en soit, un Gouvernement ne s'aventure pas à faire une dépense aussi considérable pour un territoire qu'il n'est pas décidé à garder, et le projet de Ioi en question suffirait à lui seui pour donner la preuve convaincante des idé~s annexionnistes qui travaiHent le Ministère Prussien.

(1) I brani fra asterischi sono omessi in L V 8.

647

IL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CIFRATO S.N. Belgrado, 10 aprile 1865.

La personne que Garachanine d'accord avec Oreskovitch avait envoyé en Italie et en France pour connaitre la situation politioue et tater le terrain sur ce qu'on pense faire pour aider l'insurrection Hongroise et Jugo-Slave étant retournée, et sachant qu'elle avait vu quelqu'un de nos Ministres et le Prince Napoléon, je me suis rendu chez Garachanine pour avoir des nouvelles. Garachanine m'a dit n'avoir pas bien choisi l'homme pour une pareille mission et que n'étant pas satisfait de son rapport il enverrait prochainement une autre personne plus intelligente. L'émissaire ne m'a apporté, me dit-il, que des paroles mais rien de positif, rien d'arreté; toujours Ies memes mots: se préparer et attendre; mais pour préparer, dit-il, il faut commencer par réconcilier définitivement les Serbes de l'Autriche et les Hongrois. La Convention dont j'ai remis à M. Huszar il y a bientòt 16 mois une esquisse tend a ce but; cependant personne ne s'est présenté pour la conclure. Il faut faire des dépots d'armes dont vous m'avez parlé à plusieurs reprises et il parait que personne ne s'en soucie; il faut travailler en Croatie contre les menées actives de l'Autriche et j'ignore si on y pense. Le Gouvernement Autrichien travaille à isoler de plus en plus les

Magiares en faisant des concessions aux Croates; il pense convoquer bientòt la Diète d'Agram pour décider la Croatie à envoyer des députés à l'assemblée de Vienne. L'Autriche ne perd pas son temps; je ne sais si la meme chose arrive à Turin et à Paris; mais à en juger d'après ce que je vois je crois qu'on a perdu trop de temps. Je ne veux pas, poursuit-il, qu'on dise d'avance ce que peut etre on veut garder dans le secret le plus absolu; pour que eux mémes ignorent le jour de l'action; mais il faut qu'on m'aide à préparer les choses pour ce jour là. Il e1st néces.saire que nous soyons tous d'accord sur ce qu'il y a à faire pour se préparer et travailler de concert pour faire avancer les choses; alors seulement tout marchera bien et on réussira mieux. Quand tout sera fait nous pourrons attendre sans craindre que les événements nous devancent et nous prennent au dépourvu. lVIon émissaire a été à Paris et à Turin avec Turr; à Turin on lui a dit qu'on était bien disposé, mais au'il fallait attendre encore tout en se préparant avec activité et prudence pour étre prets lorsaue le moment favorable arrivera; on lui promit d',envoyer ici de l'argent et une personne de confiance. A Paris le Prince Napoléon lui a exprimé des voeux pour le triomphe de l'Hongrie, de la Croatie et des Serbes, beaucoup de sympathie pour ce pays et une grande antipathie contre l'Autriche, mais rien de substantiel. Préparer et attendre, très bien, dit-i!; mais, je le repète encore, il faut s'entendre pour se préparer. Je vous déclare, continua Garachanine, que je n'accepterai aucun argent s'il n'est pas accompagné d'instructions claires sur l'emploi que je dois en faire, et qu'un Agent du Gouvernement Italien contròle cet emploi. Le Serbie n'est pas riche, mais 1pour le moment elle peut bien se suffire. L'argent en ce moment est indispensable pour la Croatie et les Grenzer, et pour acheter des armes pour le dépòt que vous m'avez demandé de faire ici. L'occasion ne peut ètre plus favorable pour nous approvisionner d'armes. Un fabricant de Vienne m'a offert 30.000 fusils etc. (Vedasi il dispaccio cifrato dell'8 andante) (1) rimarchi questo: je pourrats les acheter pour vous au nom du Gouvernement de S. A. et vous les remettre dans l'endroit de la Principauté que votre Gouvernement m'indi

quera etc.

Vous savez combien de peine il faut pour faire arriver des armes en Serbie parla Mer Noire et le Danube. Dieu sait quand nous pourrons en recevoir 20.000; si je suis sur que ces fusils arrivent dans six meme dans neuf mois je ne vous dirais pas de profiter de cette occasion unique (vous savez que je vous l'ai déjà dit en répondant à une interpellation que vous m'avez faite il y a quelques jours et maintenant je vous le répète). Je vous en prete huit à dix mille de ceux du Gouvernement de S. A., mais si par quelque malheur les 20.000 n'arrivent pas je ne pourraìs remplacer ceux que je vous aurais pretés, ce qui serait bien facheux, méme dangereux pour nous qui ne possedons qu'une bien mince réserve, en comptant meme ceux que je pense d'acheter en Autriche, en comparaison du besoin que nous en avons. J'en achète une petite quantité en Autriche, car nos finances ne nous le permettent, afin d'etre à meme de répondre aux remontrances que on pourrait nous faire, surtout le Gouvernement Autrichien, sur notre armement et sa provenance. Je pense envoyer incessamment en Croatie des agents intelligents avec de l'argent pour contrecarrer les menées du Gouver

nement autrichien. Je lui ai fait observer que le Gouvernement du Roi s'occupe beaucoup et avec le plus grand intéret de ces affaires; que les événements intérieurs ont forcé le Gouvernement du Roi à un temps d'arret; que je pense ne sera pas long; que je crois que Agent Hongrois ne se fera pas attendre longtemps.

Milivoi Petrovitch, directeur de l'Arsénal de Kraguievatz a été à Paris, o n lui a témoigné beaucoup de sympathie pour la Serbie et on l'a chargé de recommander la prudence et d'attendre.

(1) Cfr. n. 644.

648

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 110. Torino, 11 aprile 1865.

Il R Agente e Console Generale in Tunisi mi annuncia (1) che il Generale Kereddin, quello stesso che fu recentemente in missione a Costantinopoli, partì il giorno 31 Marzo per Parigi, e che al suo ritorno verso il fine del mese corrente, passerà per Torino.

Il Cavaliere Gambarotta soggiunge constargli che lo scopo del viaggio è connesso alla questione del progettato Regolamento dei Rapporti tra la Sublime Porta e la Reggenza, ed agli interessi politici che formano l'argomento principale delle preoccupazioni del Governo Tunisino.

Recando un tal fatto alla conoscenza della S. V. Illustrissima, La prego di volermi tenere informato dell'andamento e dei risultati di quella missione. Segnandole ricevuta dei suoi pregiati Rapporti nn. 168 e 169 Politici... (2).

649

IL MINISTRO A WASHINGTON, BERTINATTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 216. New York, 11 aprile 1865 (per. il 2 maggio).

Quel che io avevo l'onore di farle presentire col mio dispaccio del 31 marzo .p.p. (3) si è avverato. Il Generale Roberto Lee col rimanente dell'esercito da lui comandato si è arreso finalmente al Generale Grant alle condizioni nell'unito estratto A (3) ind!icate! Così doveva finir questa ribellione, dopo la vita di quattro anni, ed in quanto non aveva oramai altro puntello tranne le forze capitanate da esso Lee, e fortemente trincerate a Petersbourg ed a Richmond. L'evacuazione di queste due città, e cra loro occupazione per parte dei federali lasciò l'armata già a mezzo disfatta del Generai Virginiano esposta agli assalti combi

nati dei varii corpi del Grant, le tolse ogni 'speranza di riscolssa, e rese dnevitabile una resa che tutti prevedevano imminente, dopo la caduta di Richmond, e che era precisamente nei voti del generale medesimo per la cui opera venne mandata ad esecuzione.

La gioja di questo paese dopo i fatti avveratisi dal 3 aprile in poi è incredibile. Si prevede di corto la resa del Generale Johnson alle mani del Generale Sherman, nello stesso modo con cui si crede che le forze ribelli disseminate qua e là in varii punti al di là del Mississippi, non men che quelle che oggi resistono in Mobile agli attacchi delle forze navali dell'Unione finiranno per seguir l'esempio del Lee per quindi inaugura·r issofatto un'era di pace e di riparazione.

Tale è almeno il pensiero del momento. Se i fatti debban rispondere immediatamente, od a breve intervallo alla pubblica aspettazione io non oserei guarì affermarlo se non potrò chiarir anzitutto qual linea politica sarà adottata dal Lincoln verso i ribelli cui ruppe il capo in modo sì subito, e sì umiliante. So che si soffia molto forte in questo incendio della ribellione; e v'ha ragion di temere che terribili vendette e rappresaglie possan tener dietro alla stupenda vittoria dei federati.

Intanto il buon Seward, l'uomo indispensabile in questo momento solenne, il solo per avventura fra i varii membri del Gabinetto cui le idee di conciliazione, e di perdono son sempre famigliari, e che mai si lascia andare al di là dei limiti della moderazione, giace sgraziatamente in letto con un braccio fratturato in seguito alla caduta dalla vettura, e con una guancia affetta da grave lesione. L'attuai critica condizione del Seward vien considerata qual pubblica sventura, e ben con ragione!

N o n vuol forse la provvidenza che chi tanto adoprò .per instaurar l'Unione

possa oramai metter la sua abile mano all'ardua impresa, e condurla a buon

fine. La pace immediata, od un periodo più o meno lungo di agitazione, e di

sangue, dipendono in gran parte, secondo me, dal risanar del Seward, e dal

seguir che si farà dei suoi consigli, oppure da chi, dilungandosi dalla savia di

lui condotta, si facci a camminar per diversa via.

Saprò ad ogni modo Qual tenor di politica si intende di adottare verso i

ribelli come tosto vedrò il Seward nella prossima settimana in cui mi propongo

di ricondurmi all'abituai mia residenza nella capitale federale.

P,·. S. -Unisco una mia lettera di partecipazione del matrimonio da me

recentemente contratto colla Signora Vedova E. Bass.

(1) -Cfr. n. 644. (2) -Non pubblicati. (3) -Non pubblicato.
650

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 102. Berlino, 12 aprile 1865, ore 16,30 (per. ore 18,45).

L'on m'a assuré qu'à la suite du dernier vote de Francfort M. d'Usedom a été chargé de vous faire, sous forme de conversation, certaines allusions aux

éventualités que pourrait entraìner pour l'Italie la rupture de l'alliance austroprussienne. Veuillez me faire savoir ce Qu'il y a de vrai dans cette assertion pour Que je puisse régler ma conduite.

651

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE S. N. Parigi, 12 aprile 1865 (per. il 14).

Ho ricevuto regolarmente il dispaccio dii Gabinetto N. 105 del 3 corrente (1), nel quale l'E. V. m'impartisce le occorrenti istruzioni pel caso in cui all'occasione della prossima firma della Convenzione telegrafica internazionale si sollevassero difficoltà da alcune di quelle Potenze che non hanno peranco riconosciuto il Regno d'Italia.

La ringrazio di queste istruzioni altrettanto precise, quanto opportune.

L'Ambasciatore d'Austria ha diffatti lasciato prevedere a questo Ministro Imperiale degli Affari Esteri che aveva l'istruzione di far delle riserve intorno al titolo di Re d'Italia adoperato nella Convenzione.

S. E. il Signor Drouyn de Lhuys nel farmi di ciò partecipe in via confidenziale, aggiunse che probabilmente l'Ambasciatore di Spagna avrebbe ricevuto istruzioni identiche. Il Ministro Imperiale degli Affari Esteri, che mi aveva pregato di passare oggd da lui, il che feci in questo momento, dopo avermi detto le cose suesposte, entrando egli pel primo in questo discorso, mi domandò, se io poteva accettare in questa circostanza, il medesimo modo di procedere che era stato adottato all'occasione della ,conclusione del Trattato di Bruxelles sul riscatto del pedaggio della Schelda.

Risposi al Signor Drouyn de Lhuys che, per quanto mi paresse inutile la ripetizione in questa circostanza della dichiarazione fatta dal Ministro degli Affari Esteri del Belgio, tuttavia io aveva istruzione di non oppormi a che il Ministro degli Affari Esteri di Francia dicesse quello che è iru::ontestato ed evidente, cioè osservasse nell'atto deJ.la firma, come la convenzione, avendo un carattere esclusivamente economico e commerciale, deve avere per effetto di facilitare i rapporti reciproci degli Stati contraenti senza pregiudicare in nulla, sotto if punto di vista politico, all'attitudine reciproca dei Governi fra di loro. Ma dichiarai recisamente a S. E. che io non poteva assolutamente consentire a che, in alcuno degli Atti della Convenzione, fosse inserita alcuna protesta o re~rizione che tenda a mettere in discussione la mia qualità di rappresentante di

S. M. il Re d'Italia.

II Ministro Imperiale degli Affari Esteri mi disse che non era ancora in grado di sapere, se si potesse ottenere che l'Austria rinunziasse a fare delle riserve, giacchè il Gabinetto di Vienna aveva biasimato l'operato del Barone Hiigel; ma mi assicurò che mi avrebbe appoggiato in questo modo di procedere.

Non occorre che io Le soggiunga che mi atterrò strettamente alle istruzioni da Lei impartitemi, e che, anzichè ammettere negli Atti della Convenzione, alcuna riserva, protesta o restrizione, all'infuori delle testuali parole sopra riferite, da pronunziarsi dal Ministro degli Affari Esteri di Francia, negherò la mia firma.

(1) Cfr. n. 633.

652

L'INCARICATO D'AFFARI A FRANCOFORTE, RATI OPIZZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 5. Francoforte, 12 aprile 1865 (per. il 16).

Après la séance du 6 de ce mois, dont V. E. aura appris le résultat par la voie du télégraphe (1), la Diète Germanique a clos ses séances qui seront reprises dans trois semaines.

La proposition de •la Bavière a abouti à une impasse, car la Prusse qui s'est déclarée hostile et l'Autriche Qui s'est déclarée favorable aux droits du Due d'Augustembourg, ont fini cependant par clore la fameuse séance du 6 déclarant en termes presque identiques que puisque on n'arrivait pas encore à s'entendre elles continueraient dans les Duchés le maintien de leurs droits respectifs.

Cette déclaration était à prévoir. Ainsi que j'ai eu l'honneur de l'écrire à

V. E. dans ma dernière dépeche du 17 Mars (2), la .solution de la question des Duchés ne dépend pas des diffkultés existantes entre la Prusse et la Confédération ge:rmanique, mais elle dépend des difficultés existantes entre les CabinetJs de Vienne et de Berlin qui n'ont pas encore pù tomber d'accord sur le marché qui se passe entr'eux.

Si donc M. von der Pfordten avait voulu agir dans le sens d'une solution prochaine et pratiQue, il aurait dù se poser en médiateur entre l'Autriche et la Prusse, et non pas en négociateur des Etats secondaires auprès du Cabinet de Vienne. Heureusement il a aimé mieux prendre le ròle d'entraineur de l'Autriche, et il a provoqué la séance du 6, séance qui a abouti à deux résultats qui nous sont assez favorables -d'aigrir davantage les rapports entre Vienne et Berlin -et de forcer la plus grande partie des Etats du Midi de l'Allemagne à un rapprochement avec les partis du • National Verein •.

Que résultera-t-il maintenant de tout ce gàchis fédéral, gàchis très humiliant

pour le prestige de la Diète germanique? J'avoue à V. E. que je ne saurais pas

le deviner, et j'ose dire qu'aucun Ministre Allemand ne le sait non plus. A moins

d'événements imprévus le provisoire du statu qua des Duchés se prolongera

encore pendant toute cette année.

Cette séance du 6, provoquée par M. von der Pfordten et par M. de Beust, au point de vue des Ministres Bavarois et Saxons. a été une faute. Si cette séance peut avoir un résultat ce serait celui de brouiller sérieusement l'Autriche et la Prusse. Par un pareil résultat je vois assez ce que l'Italie aurait à gagner, mais

je ne devine pas ce que pourraient y gagner les Etats secondaires de la Confédération germanique.

La position prise par M. von der Pfordten est une concession faite aux partis qui l'embarrassent à la Chambre. Ce Ministre, ne se sentant pas la force de les braver, a trouvé plus convenable de les complaire. Cependant si une rupture doit plus tard avoir lieu entre l'Autriche et la Prusse, cette rupture ne pourra que laisser un libre essort aux aspirations du • National Verein •, et si les tendances de ce parti auront un avenir, ce ne sont certes pas les Souverains qui siègent à Dresde et à Munich ceux qui en feront leur profit.

La Russie surveille plus qu'on ne pense toutes ces maladresses et toutes ces boutades de la politique intérieure allemande. Je sais que depuis plusieurs mois ses Légations en AHemagne pèsent de toutes leurs forces pour empecher une rupture entre la Prusse et l'Autriche. Cette entente Austro-Prussienne, qui a été l'oeuvre de la Russie lors des derniers événements de la Pologne, est trop nécessaire au Cabinet de St. Pétersbourg pour qu'il ne tache pas de la maintenir dans les circonstances d'aujourd'hui.

Je consigne la présente dépeche à M. le Chevalier Scotti qui se rend en Italie pour qu'il la mette à la poste aussitot au'il sera arrivé en Suisse.

(1) -Cfr. n. 638. (2) -Non pubblicato.
653

IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 8. Pietroburgo, 12 aprile 1865.

Non seulement j'ai eu le soin de faire recommander nos compatriotes exilés en Sibérie à une des premières autorités d'Irkoutsk, mais j'ai cherché à intéresser à leur sort le Prince B. Dolgorouki, chef de la haute Police, et qui siège à ce titre dans la Chancellerie privée de l'Empereur.

Ma démarche n'a eu qu'un caractère tout-à-fait rprivé. Jusqu'à ce que les circonstances deviennent plus propices pour obtenir une libération complète, je me suis borné à demander d'etre mis à meme de fournir aux familles respectives quelques renseignements sur les condamnés.

Je désirais savoir, entre autres, si ceux-ci étaient autorisés, et dans quelle mesure, à correspondre avec leurs plus proches parents, et s'il était permis de leur faire tenir quelques secours pécuniaires.

Le Prince Dolgorouki, avec une parfaite obligeance, s'est engagé à me pro

curer ces renseignements, seulement, vu les grandes distances, il faudra à cet

cffet un certain temps. En attendant, il croyait QU'il n'y aurait aucune difficulté

à permettre une correspondance (sans doute sous cachet volant), pourvu qu'elle

fùt limitée au strict nécessaire, et qu'elle n'eùt lieu qu'à de longs intervalles, par

exemple une fois par trimestre. Il en serait de méme pour les subsides, en se

conformant aux règles établies. Il se chargerait lui-méme de donner cours aux

lettres et secour,s qui lui 'seraient consignés par moi, abstraction faite de mon

caractère officiel.

Je m'empresse d'eu donner avis à V. E., pour le cas où Elle jugerait à propos de faire avertir les familles des intéressés. dont les noms se trouvent dans la dépeche de cette Légation, N. 46, en 1863.

Je sais que l'Ambassadeur de France, malgré les fins de non recevoir qui lui ont été opposées par le Prince Gortchacow, a, lui aussi, pris les voies indirectes en faveur de ses ·COIU[)atriotes (ils sont au nombre d'une quarantaine), internés dans quelques Gouvernements de la Russie d'Europe, ou exilés, comme nos ressortissants, en Sibérie à la suite des troubles de la Pologne. Et, profitant de la circonstance que nous venons d'entrer dans ·la Semaine. Sainte, célébrée ici avec une solemnité qui doit prédisposer l'ame aux meilleurs sentiments, le Baron de Talleyrand a écrit dans le13 termes les rplus chaleureux à un personnage influent à la Cour, pour faire appel à la clémence Souveraine. Il a meme glissé une phrase qui laisse entendre que ce serait là une coi:ncidence des plus heureuses avec le prochain retour de l'lmpératrice de Russie, qui venait de jouir de l'hospitalité française à Nice.

L'Ambassadeur supposait, comme moi, qu'une amnistie serait proclamée à l'occasion du mariage du Cesarevitch. Ce:pendant, comme il est à prévoir que cette amnistie, pour les plus coupables, ne sera en réalité qu'une diminution de la peine, il importerait dès aujourd'hui, de leur assurer le moins, pour qu'ils puissent, à l'époque susmentionnée, obtenir le plus.

V. E. verra Elle-meme, s'il ne serait pas opportun que le Roi profitat de sa rencontre avec Madame la Grande Duchesse Marie de Leuchtenberg, pour toucher adroitement quelques mots de cette affaire. L'objection qu'on nous présente, à juste titre j'en conviens, que le Gouvernement Russe ne peut traiter avec moins de rigueur que ses propres nationaux, des étrangers pr~s les armes à la main, ne saurait cependant avoir une valeur trop absolue dans ces Pay;> où le Souverain exerce encore un pouvoir assez arbitraire. D'ailleurs il ne s'agirait nullement de proposer une amnistie, mais tout au plus des gràces individuelles. Et meme, si le mot de grace n'était pas de mise, qu'on suggère une expulsion de la Russie, à grand renfort d'anathèmes, avec défense d'eu repasser à tout jamais les frontières, sous peine de condamnation à mort. Tout au moins qu'on sollicite l'internement dans un climat plus tempéré, ou quelque autre adoucissement aux travaux forcés.

Quoi qu'il en soit, lors mème que nos tentatives ne réussiraient pas immédiatement, nous nous ménagerions du moins plus de chances de succès dans l'avenir, quand ici on se persuaderait toujours davantage que nous ne perdons pas de vue cette affaire.

V. E. n'ignore pas, d'après mes rapports de la Série confidentielle, que l'Autriche, elle aussi, a élevé à 8t. Pétersbourg la voix en faveur de ses propres sujets. On prétend meme qu'elle a insisté pour une amnistie générale des condamnés politiques dans l'insurrection polonaise. Il ne faudrait pas, en dehors de toute considération d'humanité, que l'Italie se laissat distancer par le Cabinet de Vienne, et cela pour des motifs qui sautent aux yeux. Il serait trop heureux de chercher à se faire quelque mérite à notre détriment.

PJ. S. -Je reçois à l'instant un billet du Prince B. Dolgorouki, Qui me transmet dés à présent quelques uns des renseignements que j'avais réclamés de son obligeance. Nos compatriotes se trouvent dans la Province de Ba!kal. D'après la règle établie, les individus de la catégorie à laquelle MM. Caroli, Venanzio etc. appartiennent, peuvent correspondre avec leurs parents de trois mois en trois mois, sous la condition de confier leurs lettres ouvertes à l'autorité locale. On peut par la meme voie leur envoyer de l'argent, mais pas plus de 25 roubles argent par mois à chacun. Le Prince Dolgorouki se met à ma disposition pour des transmissions de ce genre.

654

IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 18. Pietroburgo, 12 aprile 1865.

Un article récent du Moniteur du Soir attribue des dispositions conciliantes à la Cour de Rome, qui se montrerait préte à profiter des avantages que lui offrent, à certains égards, les arrangements conclus entre la France et l'Italie.

Cet article ne cadrerait pas avec les notions suivantes, qui m'ont été données par un employé supérieur du Ministère Impérial des Affaires Etrangères.

En suite du dernier entretien entre le Pape et M. de Sartiges, quelques cardinaux se seraient réunis pour examiner la situation, et conseHier le parti à prendre. Fallait-il se décider à entrer résolument dans la voie des réformes? Convenait-il de faire passer à la charge de notre Royaume la part de la dette Romaine afférente aux anciennes Provinces du St. Siège? Etait-il le cas. en présence de la Convention du 15 Septembre, de solliciter en dehors du Gouvernement Français, l'appui d'autres Puissances catholiques?

Sur ce dernier point, deux membres du Sacré Collège se seraient prononcés pour l'affirmative, mais le Cardinal Antonelli prit la parole pour démontrer combien cette tentative, compromettante vis-à-vis de la France, aurait peu de chances de succès en Autriche, aussi bien qu'en Espagne. L'une et l'autre payeraient en bonnes paroles, mais reculeraient devant toute mesure trop absolue. Une semblable opinion ayant prévalu auprès de la majorité, le résultat de ces pourparlers aurait été de s'abstenir sur ce point, comme sur les deux autres, et d'attendre patiemment l'aide de la Providence pour sortir de ces graves e m barras.

Il est assez curieux, me disait mon interlocuteur, de constater que de son còté le Patriarche Grec résiste aux insinuations pressantes de la Russie pour l'induire à se preter à une transaction, moyennant indemnité, dans la question des couvents dédiés. Quand on cherche à lui démontrer l'utilité de sauver encore quelques débris du naufrage, quand on le met au pied du mur, il répond, à l'instar de Rome, par un non possumus, comme s'il calculait sur l'imprévu. sur un meilleur avenir, du jour notamment où l'Empereur Napoléon cesserait de vivre. Tant-i! est vrai, ajoutait ce fonctionnaire, que la fibre d'inertie domine chez les vieillards.

Je ne garantis aucunement l'exactitude de ces détails. Relata, refero.

A propos des affaires de Rome, le Prince Gortchakow m'a parlé du dernier opuscule de Monseigneur d'Orléans sur l'encyclique, dont il faisait de grands éloges au point de vue littéraire, et dont à ce titre il pouvait recommander la lecture. Il me preta un exemplaire de cette brochure. Ayant été interpellé quelques jours après sur mes impressions, je répondis au Vice-Chancelier que je me joignads à ses éloges lsur le style de l'auteur, mais que son livre avait soulevé en moi le meme dégoùt que les pamphlets du Prince Dolgorouki sm la Russie. Je rappelais en meme temps a.ue Monseigneur Dupanloup, ayant été sujet de Mon Auguste Souverain, donnait :par ses attaques passionnées contre le Piémont, un éclatant démenti à ces sentiments de délicatesse et de loyauté qui, disait-il, le poussaient à rendre publique sa manière de voir.

655

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

T. 87. Torino, 13 aprile 1865, ore 11,50.

Usedom absent. Bunsen venu ce matin m'entretenir affaires Rome et passeports pour frontière autrichienne, n'a rien dit de l'objet de votre télégramme (1). Détails par poste.

656

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

D. 4. Torino, 13 aprile 1865.

En l'absence de M. d'Usedom le Conseiller de la Légation de Prusse est venu me voir ce matin. Il m'a d'abord demandé des informations sur l'état actuel de nos relations avec Rome: des nouvelles adressées de Rome à Berlin a~ant, à ce qu'il m'a dit, indiqué des tendances à un rapprochement entre la Cour de Rome et le Gouvernement du Roi, il venait d'après le désir de son Gouvernement me demander ce au'il y avait de vrai à cet égard.

Après avoir dit à M. de Bunsen a.ue c'était pour moi une agréable surprise de voir que M. de Bismarck, au milieu de ses occupations actuelles, trouvàt le temps de s'intéresser aux affaires de Rome, je lui fis connai:tre a.u'il n'y avait pas jusqu'ici de symptomes positifs que sur le terrain politique la Cour de Rome tendit à se rendre aux désirs de conciliation constamment exprimés par le Gouverne~nt du Roi; que seulement il y avait eu dans ces derniers temps quelques signes d'une certaine possibilité d'en venir à un accord spécial sur la nomination d'éveques aux sièges épiscopaux actuellement vacants en Italie, mais qu'il n'y avait pas eu jusqu'ici de négociations officielles à cet égard.

M. -de Bunsen m'a ensuite entretenu assez longuement des difficultés dont quelques sujets italiens se sont plaint de la part des Autorités autrichiennes de la frontière, au sujet des passeports spéciaux dont l'usage a été admis par les deux Gouvernements pour les habitants d'une zòne déterminée sur les deux territoires limitrophes.

C'est un sujet qui n'a d'ailleurs qu'une importance de second ordre.

M. de Bunsen n'ayant point abordé spontanément les affaires d'Allemagne ni fait allusion à l'état actuel des relations de la Prusse avec l'Autriche ou aux conséquences qui peuvent en résulter, je n'ai pas jugé nécessaire d'ouvrir l'entretien sur ce sujet. Ce n'est naturellement que sur l'initiative expresse du Représentant prussien qu'il pourrait y avoir lieu, à un échange d'idées sur ce sujet.

Je vous remercie, M. le Ministre, de votre attention à suivre ce qui peut se passer d'intéressant pour nous entre l'Autriche et la Prusse ....

P'. S. -J'ai reçu les dépèches politiques que vous m'avez adressées de Francfort (le 28 Mars sans numéro) et de Berlin du N. 12 au N. 16 inclusivement, moins le N. 13 qui s'il n'y a pas d'erreur serait compris entre la dépèche N. 12 datée du 14 Mars, et la dépèche N. 14 portant la date du 20 du mème mois.

J'ai également reçu l'annexe chiffrée au Rapport affaires en général N. 6 en date du 24 Mars (1).

(1) -Cfr. n. 650.
657

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE S. N. Parigi. 13 aprile 1865 (per. il 15).

Oggi, terminata la seduta della Conferenza telegrafica internazionale, S. E.

il Signor Drouyn de Lhuys mi disse che jeri, dopo la mia visita, aveva avuto

quella degli Ambasciatori d'Austria e di Spagna.

Il Principe di Metternich, come aveva lasciato prevedere, venne ad annun

ziare al Ministro Imperiale degli Affari Esteri, ch'egli intendeva di fare, al mo

mento della firma deLla Convenzione telegrafica, una formale riserva intorno

al titolo di Re d'Italia.

Il Signor Drouyn de Lhuys spiegò all'Ambasciatore Austriaco gli inconve

nienti che susciterebbe un tal passo in seno alla Conferenza; gli fece osservare

che il Ministro d'Italia dovrebbe naturalmente fare alle di lui parole una risposta

che era facile a prevedere, e che egli, Ministro degli Affari Esteri di Francia

avrebbe dovuto dar ragione al rappresentante d'Italia. Propose quindi che egli

(Signor Drouyn de Lhuys) nella sua qualità di Presidente della Conferenza osser

verebbe, all'atto della firma, che • La Convenzione aveva per oggetto di faci

litare le communicazioni telegrafiche tra gli Stati contraenti senza pregiudicare

in nulla, sotto il punto di vista politico, l'attitudine reciproca dei Governi fra

di loro •.

Il Principe di Metternich si riservò di riferirne al suo Governo. L'Ambasciatore di Spagna, che fu introdotto dopo quello d'Austria, non parve opporsi alla proposta del Governo francese.

S. E. il Signor Drouyn de Lhuys nel dirmi queste cose, mi confermò quello che m'aveva detto jeri intorno all'appoggio che il Governo francese avrebbe dato al Governo del Re intorno a questo incidente.

Io dal mio canto rinnovai a S. E. le medesime dichiarazioni intorno alla mia ferma intenzione d'oppormi a qualsd:alsi clausola tendente a mettere in discussione il titolo del Governo del Re e del suo rappresentante.

(1) Cfr. nn. 612, 620 e 627. Gli altri rapporti non sono pubblicati.

658

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 174. Parigi, 14 aprile 1865 (per. il 17).

Il Signor Thiers pronunziò quest'oggi il suo discorso sulla questione Romana. Egli divise il suo soggetto in due parti: trattò dapprima dell'unità Italiana, quindi della Convenzione del 15 Settembre e del potere temporale. Dichiarò d'avere le maggiori simpatie per l'Italia di cui conosce la storia e la letteratura, ma d'essere convinto in pari tempo che l'unità Italiana è contraria alla politica tradizionale della Francia, la quale cercò sempre di circondarsi di Stati piccoli e divisi. L'unità Italiana ha inoltre pel Signor Thiers un altro peccato originale, essa impedisce l'alleanza fra la Francia e l'Austria. Quest'alleanza è a suo avviso indispensabile per impedire i tre pericoli che sovrastano all'Europa, cioè l'ingrandimento territoriale della Prussia, una nuova coalizione dell'Inghilterra e delle Potenze del Nord, ed una soluzione della questione Orientale che distrugge l'equilibrio Europeo. L'unità Italiana è essa possibile è dessa desiderabile per l'Italia stessa? Il Signor Thiers riconosce che tutti gli Italiani che hanno ingegno, influenza, patriottismo sono ora partigiani dell'unità: esso riconosce che il Governo Italiano seppe estendere la sua dominazione in tutta la penisola senza rinunciare alle istituzioni liberali di cui anzi seppe servirsi al suo fine, e qui rese un elogio tanto più sincero quanto disinteressato agli uomini di stato dell'Italia specialmente del Piemonte. Ma egli dubita che le popolazioni abbiano preso parte al moto un~tario: la creazione d'un gran regno trasse con sé le imposte, i miliardi di debito, la leva militare: le popolazioni che erano divise per tradizioni, per istinti, per temperamento subiscono l'unità più che non l'accettino, e si rassegnano a malincuore a perdere la loro autonomia. Secondo il Signor Thiers l'Italia avrebbe potuto senza la guerra del 1859 ottenere dai suoi princìpi istituzioni liberali e sarebbe stata più prospera e più felice. Mediante la guerra l'Imperatore ha provocato il moto unitario, che dapprima non volle e poi finì per accettare, e che dovrà rovinare contro i due grandi ostacoli la questione Veneta e la questione Romana, l'Europa militare e diplomatica ed il cattolicismo. Secondo il Signor Thiers l'Austria non rinunzierà mai alla Venezia, perché sente dietro sé l'appoggio di tutta la Germania.

Venendo alla questione Romana, il Signor Thiers dichiarò che i 35 mHioni di cattolici francesi avevano il diritto incontestabile di preservare l'unità della loro fede cattolica mediante la conservazione del potere temporale. Il Governo violando questo diritto viola la libertà di coscienza. Ora la Convenzione significa pel Signor Thiers la rovina del potere temporale. Egli citò alcuni brani del parlamento Italiano a questo proposito, e disse con frizzante ironia che il Ministro degli Esteri di Francia dovea essere felice che la costituzione gli vietasse di difendere egli stesso al Corpo Legislativo i sette punti del suo celebre dispaccio al Barone di Malaret con frasi acerbe e che spiacquero molto alla maggioranza egli disse che i Ministri aveano maggiori riguardi per le Assemblee del paese: che non era lecito di sostenere delle tesi assurde come quelle della Convenzione e che l'impossibile non è mai rispettabile.

Evacuar Roma è dunque pel Signor Thiers, acconsentire alla rovina del potere temporale, e questa conduce con sé la sostituzione di altrEttante chiese nazionali all'unità della Chiesa. Quanto alla Chiesa libera in libero stato è questa agli occhi del Signor Thiers una chimera cui non vale la pena d'esaminare. Certo diss'egli se l'anello d'Angelica esistesse se il Papa abitando il Vaticano potesse ignorare l'esistenza del Re al Campidoglio non vi sarebbe nulla a ridire, ma nello stato di cose attuale la libertà non può essere applicata ai rapporti fra la Chiesa e lo Stato. Tale non è la tendenza dominante negli Stati del Continente Europeo, e nell'America stessa la religione fondata dai Mormoni sarebbe stata soppressa dalle armi degli Stati Uniti senza la guerra civile che sopravenne.

La rovina del potere temporale è dunque :':econdo il Signor Thiers con

traria agli interessi della Francia ed a quelli della civiltà. È dessa contJ:aria ai

diritti dei Romani'? L'oratore riconosce che a Roma pochi amano il Governo

clericale, ma dice egli non bisogna mai pigliare in parola un popolo che è in

rivoluzione. Se i Romani hanno dei diritti, hanno dei doveri. Pbssono chiedere

d'essere ben governati, ma non di distruggere il potere temporale necessario

secondo il Signor Thiers all'esistenza del cattolicismo. Questo popolò Roma di

splendidi monumenti, ne fece la grandezza nel Medio Evo e nei tempi moderni

può dunque esigere dai Romani che si adattino all'esistenza del potere temporale.

Dopo aver parlato dell'Enciclica che esso deplora e che crede sia una con

seguenza della lotta che si fa alla Chiesa, l'oratore si rivolge ai suoi colleghi

del'la sinistra dai quali deve separarsi in quest'occasione e finisce esortandoli a

non porre in contrasto il sentimento religioso coll'amore delle istituzioni e dei

principii liberali.

L'Assemblea prestò molta attenzione a questo lungo discorso, ma gli fu

assai meno prodiga d'applausi che nelle altre occasioni. Rispose al Signor Thiers

il Signor Ollivier.

Rettificò le asserzioni del Signor Thiers rispetto all'Italia, negò che l'Au

stria fosse l'alleata naturale della Francia e che questa avesse d'uopo d'ispirarsi

nella sua politica estera a quei sentimenti d'egoismo ai quali il Signor Thiers

fece appello sì francamente. Il potere temporale non è un dogma nemmeno per

la Corte Romana. Esso appartiene a quelle materie delle quali la Chiesa disse:

in dubiis libertas. La Convenzione ha per iscopo di far cessare la rivendicazione

di Roma per parte degli Italiani, e di lasciare Roma al Papa ed ai Romani. Se

si possono mettere d'accordo, se il Governo temporale cessa d'essere secondo la parola di Lacordaire un gouvernement d'ancien régime, esso potrà continuare ad esistere: altrimenti cadrà, e la sua caduta dice terminando il Signor Ollivier non sarà fatale né alla religione né alla libertà.

Il breve discorso del Signor Ollivier ebbe buona accogJienza da una parte della maggioranza. Ma esso non ebbe le proporzioni neces~arie per rispondere al discorso del Signor Thiers. Il Signor Rouher Ministro di Stato s'alzò per dichiarare ch'era agli ordini della Camera, ma che l'ora essendo inoltrata proponeva il rinvio della discussione a sabbato. Questa proposta fu accettata dalla Camera.

659

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 175. Parigi, 16 aprile 1865 (per. il 18).

Ieri il Signor Rouher, Ministro di Stato, rispose eloquentemente al Signor Thiers. Risalendo alle origini della guerra d'Italia, rarrrmentò che l'Austria, non contenta dei possedimenti ottenuti nei trattati del 1815, aveva estesa la sua supremazia su tutta l'Italia; che i Governi della Penisola, ben lungi dal cedere alle legittime aspirazioni dei loro popoli, si servivano tutti, ad eccezione della Sardegna, della influenza austriaca per negare ogni concessione. Dopo aver brevemente toccato dei casi del 1848 e della guerra d'Oriente, disse che la Francia aveva cercato di evitare la guerra, che aveva accettato le proposte fatte dall'Inghilterra e dalla Russia a quest'intento, e che fu l'Austria che costrinse l'Imperatore a scendere in Italia, assalendo il Piemonte. La pace di Villafranca dimostra che l'Imperatore preferiva la confederazione all'unità; ma non perciò egli si credette in diritto di imporla contro il volere dei popoli. Negò che nei tempi attuali si possa fare ancora quella politica brutalmente egoistica che il Signor Thiers ha esposta; contestò che l'unità d'Italia possa essere più pericolosa per la Francia di quello che lo fosse la supremazia dell'Austria su tutta la Penisola. Dimolstrò con delle citazioni di discorsi del Signor Thiers ch'egli non era sempre stato così tenero dell'Austria, né così avverso come ora all'unità d'Italia: rammentò le sue grette idee sulle ferrovie, sul libero scambio, l'esito infelice dei suoi negoziati relativi alla questione orientale nel 1840. Queste recriminazioni personali provocarono violente interruzioni per parte del Signor Thiers e dei suoi amici e produssero grande agitazione nell'assemblea.

Venendo alla questione romana S.E. il Signor Rouher disse che il Governo francese aveva fatto il possibile per non suscitare questa questione la quale nacque specialmente per l'abbandono delle Legazioni fatto dalle truppe austriache e si sviluppò per l'ostinazione e le intemperanze dei partiti. Due sistemi, disse il Ministro, si presentavano: il richiamo della guarnigione francese da Roma, oppure l'occupazione indefinita, perpetua di essa. Entrambi sarebbero stati fatali al Papato ed alla. religione; rimaneva una via di mezzo che è appunto la Convenzione. La quale è un atto serio, che contiene le più efficaci guarenzie dell'indipendenza del Pontefice. Esso può senza derogare alla propria dignità

2~ -Documenti dip!omat~c! -Serie I -Vol. V

scaricarsi sul Governo italiano della porzione di debito afferente alle provincie perdute, e può organizzare un esercito, o per dire meglio, aumentare quello che ha già attualmente. L'Italia manterrà fedelmente i patti contenuti nella Convenzione; qualunque siano le speranze segrete dei partiti, la Francia li farà esegutre scrupolosamente. Per ciò appunto si riservò la libertà di azione: essa significa il desiderio che un'era di conciliazione e di pace succeda allo stato attuale. Ma perciò è d'uopo che i Romani ottengano le riforme cui hanno diritto; è d'uopo che la Corte di Roma cambi sistema, cessi d'osteggiare l'unità italiana, affinché il Governo italiano alla sua volta rispetti i diritti del Pontefice su Roma.

Questo discorso è troppo importante perché V.E. non voglia leggerne per intero il resoconto nel Moniteur. Io mi limito dunque a far osservare che se il Ministro di Stato fu molto esplicito sopra alcuni punti assai delicati, esso ha creduto probabilmente che ciò fosse inevitabile per impedire che la Camera accogliesse uno dei due emendamenti che affermavano esplicitamente la necessità di mantenere il potere temporale. Infatti il Signor Thiers, il quale prese la parola per replicare all'oratore del Governo, insisté con singolare tenacità su questo dilemma: o voi avete già deciso in cuor vostro di ceder Roma all'Italia, e questo è il vero significato della Convenzione; oppure siete sinceri nel desiderio che manifestate di conservar Roma al Pontefice; ed in questo caso dovete accettare un emendamento che renderà più forte e più netto il diniego che dovrete fare alle esigenze degl'Italiani.

Il Signor Rouher rispose che respingeva l'emendamento siccome inutile, e perché era un segno di sfiducia verso il Governo. Malgrado queste parole, gli autori dell'emendamento insisterono; si passò in mezzo all'agitazione generale allo scrutinio; l'emendamento ottenne 83 voti su 253 votanti e fu quindi respinto.

Questo voto è una grande vittoria pel Governo e pel Signor Rouher. È utile che le espressioni di • sovranità territoriale • • mantenimento del potere temporale • non si leggano nell'indirizzo. Ma come Ella vedrà dal resoconto, le espressioni generiche d'indipendenza del Pontefice ricevettero nel discorso dell'oratore del Governo una spiegazione assai precisa e determinata.

Fu votato quindi l'ultimo paragrafo ed approvato l'insieme dell'indirizzo. Questo sarà presentato oggi, alle due, all'Imperatore.

660

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(A S Biella, Carte La Marmora)

L. P. Parigi, 16 aprile 1865.

Il Signor Minotto, Commissario italiano per la conferenza telegrafica internazionale, parte stasera per Torino, e s'incaricherà di rimetterle la spedizione di oggi. La questione sollevata dall'Austria sulla riserva che intende fare al momento della firma della Convenzione si trova nello stato che Le esposi nei dispacci d'ufficio. La risposta di Vienna non è ancora giunta. Io non cederò

d'una linea da quanto ho dichiarato al Signor Drouyn de Lhuys, il quale del resto

mi ha assicurato positivamente che mi sosterrebbe. Spero quindi che la spunteremo. La terrò esattissimamente informato d'ogni incidente.

L'indirizzo del Corpo Legislativo fu finalmente votato jeri; ed oggi l'Imperatore riceverà la deputazione che deve rimetterglielo. Ella avrà letto il discorso di Thiers, come leggerà senza dubbio quello che gli fece jeri in risposta il Signor Rouher. Non gliene farò l'analisi, che sarebbe insufficiente, com'è insufficiente senza dubbio il rendiconto che gliene feci ~ella corrispondenza ufficiale. Non è che dalla lettura completa di questi due documenti che si può ricavare una giusta idea del loro contenuto. Il discorso di Thiers prova quanto l'Italia dovrèbbe aspettarsi da un Governo che avesse la di lui simpatia. Esso prova nel vecchio Ministro di Luigi Filippo una maestria senza pari nel maneggiar la parola, un'arte straordinaria di forma. E' impossibile l'udirlo e il non sentirsi sedotto, almeno esteriormente, da questa parola chiara, insinuante, finissima, lusinghiera. Ma questo discorso prova ad un tempo che la seduzione d'una forma elegante e speciosa non può far velo all'assurdità, all'inconseguenza di principi falsi ed illogici, alla grettezza delle idee. Non starò qui a dimostrare e a sviluppare questa tesi che si svolge di per sè alla lettura del discorso di Thiers e della ri@osta di Rouher. Ma noterò: l) un'intenzione assai visibdle nel Signor Thiers di ménager l'Italia e di renderle giustizia su molti punti importanti, no

terò in 2• luogo che la parte a noi più nociva, e dirò anzi la sola nociva del suo

discorso è quella ove tenta dimostrare che l'unità italiana è fatale alla Francia.

Questo punto è nocivo perchè constata, in un uomo eminente, come Thiers, l'esi

stenza di un pregiudizio che è partecipato da molti in Francia. Ma quello che si

deve notare !soprattutto si è che l'opposizione del Signor Thiers avrà :per effetto

di confermare l'Imperatore nella via contraria. Giacchè uno dei pensieri più di

frequente espressi dall'Imperatore è ch'egli non vuole imitare Luigi Filippo.

La risposta di Rouher è quale si poteva prevedere dal discorso già da lui

tenuto al Senato. E' stato esplicito nel dichiarare che la Convenzione non signi

fica l'abbandono e la distruzione del potere temporale. Ma riesci a far respin

gere l'emendamento proposto da membri della maggioranza, e tendente ad espri

mere in modo formale il mantenimento del ,potere temporale del Papa; il che è

una vera vittoria, tanto più considerevole quanto più si pensa allo spirito che

informa la maggioranza del Corpo Legislativo.

Passo ora ad altre cose. Il 25 corrente si inaugura l'apertura della ferrovia

che mette in comunicazione Parigi con Brest. Il Sindaco di Brest ha invitato

alla funzione una parte del Corpo diplomatico, fra cui me. E' possibile, ma no,n

certo, che l'Imperatore ci vada.

Se i miei colleghi ci andranno fo conto di andarci anch'io, salvo le di Lei

istruzioni in contrario. La informo di questo invito per ogni buon fine, e perchè,

ove lo creda, mi faccia sapere se devo andare o no. La gita, il soggiorno e il ri

torno, si farebbero, credo, in tre giorni.

Dal Ministero mi fu scritto in data del 10 aprile perché io domandi al Go

verno francese se non si oppone a che sia accordata la decorazione di Commen

datore di S. Maurizio al Generale Pelissier e quella di Cavaliere al Capitano

Alouche, ;per omaggio fatto al R. Ministero della Guerra d'un'o.pera su1l'artiglie

ria rigata della Marina, opera pubblicata dal Capitano Alouche sotto l'inspirazione del Generale Pelissier. Prima di dar corso alla domanda, bramerei ch'Ella ne sia informato anche da me, e ciò pel solo caso, in cui fra la massa degli affari correnti, la sua attenzione non si fosse soffermata su questa cosa. Adunque io La informo di questa domanda, e vi darò corso s'Ella non mi farà dir nulla in contrario.

Ho spiegato verbalmente al Generale Mollard le ragioni che renderebbero inopportuno l'accoglimento delle sue raccomandazioni in favore del Prefetto di Chambéry. Il Generale comprese l'importanza di queste ragioni e m'incaricò di ringraziarla delle parole benevole ch'Ella mi commise di dirgli a suo nome.

661

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 20. Berlino, 18 aprile 1865 (per. il 22).

L'attention politique se porte tout entière pour le moment sur la réponse que va faire la Prusse aux remontrances de l'Autriche rélativement à l'ordre de transfert de la marine Prussienne à Kiel. Dans un entretien qu'il a eu avec l'Envoyé Autrichien, M. de Bismarck lui a dit sommairement que dans la pensée du Gouvernement Prussien ce n'était point là un acte de nature à porter atteinte au droit de copossession de l'Autriche; que du reste de tout temps Kiel avait été promis à la Prusse; que la mesure en question n'avait qu'un caractère provisoire; qu'enfin de la meme manière que l'Autriche ne s'était point opposée dans le temps à l'envoi de renforts Prussiens dans les Duchés, il ne semblait pas qu'elle put davantage mettre obstacle à l'envoi de forces maritimes dans un port du littoral. Cette argumentation spécieuse n'a nullement été goutée par l'Envoyé Autrichien qui a répondu qu'il était impossible d'attacher un caractère provisoire à une mesure qui présentait toutes les apparences d'un établissement permanent; et que si l'Autriche avait promis à la Prusse la possession de Kiel, cet engagement était subordonné à la ratification du futur Souverain avec lequel la Prusse aurait à s'arranger. L'entretien s'est terminé par l'engagement pris par M. de Bismarck de faire parvenir prochainement une réponse motivée, par l'intermédiaire du Représentant Prussien à Vienne.

Si l'on en juge par la grande excitation qu'a produite parmi les membres du Corps diplomatique Allemand ce nouvel incident, l'on ne saurait douter de l'extrème hnportance qu'ils attachent à sa solution. En effet il s'agit de savoir la quelle des deux grandes Puissances reculera, et si les convoitises ardentes de l'une seront plus fortes que les resistances de l'autre. D'un autre còté, le Veto solenne! mis par l'Autriche à la prise de possession du port de Kiel par la marine Prussienne ne peut manquer d'avoir un grand retentissement en Europe; et suivant que le Cabinet de Vienne le maintiendra ou le retirera, l'on pourra se faire tout à la fois une idée assez exacte de la solidité des liens qui unissent les deux grandes Puissances et du prix secret que dans le dernier cas l'Au

triche aura mis à ses complaisances. La perspective d'une reculade de la part du Cabinet de Vienne met dans une véritable fureur les Envoyés des Etats secondaires: • Ce n'est pas du temps du Prince de Schwartzemberg, disait hier l'un d'eux, que l'on aurait pu voir un pareil manque de courage dans la politique Autrichienne; c'est la pusillanimité de Vienne qui donne tant d'audace à Berlin; mais si J.'Autriche ava!l.e encore ·celle-là (sic) aux yeux des Puissances Allemandes comme à ceux de toutes les Puissances Européennes elle a cessé d'etre une grande Puissance •.

Il y a une grande exagération dans la violence de ce langage qui prouve surtout la haine profonde que portent les petits Etats à la Prusse et le vif désir qu'ils auraient de voir enfin l'Autriche s'opposer carrément à ses ambitions territoriales. Ce qu'il y a seulement de vrai pour ce moment, c'est que, comme il ne parait pas douteux que la Prusse ne retirera positivement pas l'ordre de transfert de sa marine à Kiel qud est une conséquence forcée dè sa politique annexionniste, il va devenir effectivement très intéressant de voir à quels moyens vont avoir recours •les deux Grands Cabinets pour sortir d'un incident où se trouvent engagés leul's intérets et leur amour propre.

P. S. Je prie V. E. d'agréer tous mes remerciments pour la dépeche (Cabinet) qu'Elle a bien voulu m'adre.sser sou.s ·la date du 13 courant (1).

L'Ambassadeur de France a offert Samedi dernier à S. M. le Roi de P;russe, au nom de l'Empereur Napoléon, un exemplaire de la • Vie de César • (2).

662

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, PINNA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 1. Tunisi, 18 aprile 1865 (per. il 24).

Il Cav. Gambarotta nell'ultimo suo rapporto del l• a.prile (3) informava V. E. che il Generale Kerreddin era partito per Parigi, e che quindi dovea recarsi a Torino. A me ora spetta di soggiungere che lo stesso Kasnadar nel parteciparmi questo viaggio del suo genero, e dippiù -almeno per Torino -l'oggetto del medesimo che sarebbe di presentare a S. M. una lettera del Bey in ringraziamento della .parte presa dal Governo italiano ne' recenti fatti della reggenza, mi richiedeva di una mia commendatizia; sono quindi in dovere di prevenire V. E. che in data dell' 11 andante ho rimesso al Generaie Conte Raffo che partì la settimana scorsa per unirsi all'inviato di S. A. in qualità d'interprete, la desiderata lettera all'indirizzo del Ministro Signor Commendator Cerruti, trovando di salvare per tal modo le convenienze, e non pregiudicare menomamente colla medesima a quelle combinazioni che saranno per avventura credute del caso.

Nel corso della •lunga conve:rlsazione avuta •Col Kasnadar nulla trapelò da far supporre che il viaggio del Generale Kerreddin mirasse ad altro scopo; con tutto ciò non sarei lontano dal pensare che s'intenda di predisporre i Governi di

Francia e di Italia a far buon viso alle aperture dell'Inghilterra nella questione dello statu-quo, dicendosi tra le persone ordinariamente bene informate che siffatte missioni ufficiose siano state consigliate dal Console di quest'ultima potenza.

In questa circostanza fui grandemente soddisfatto delle spiegazioni seguite col Ministro del Bey; ma per conoscerne la sincerità e le buone intenzioni, aspetto che io abbia dato mano alle trattative per la diffinizione degli affari in corso.

Scambiata la visita ufficiale co' miei colleghi, i Signori Wood e de Bellecourt, si fecero premura di venire a trovarmi, ed intrattenermi sulla questione palpitante del giorno in Tunisi, cioè dello statu-quo, discorrendone ciascuno secondo le proprie vedute, e non tardai ad accorgermi che per quello il cavallo di battaglia era il fanatismo delle popolazioni indigene, ed il timore di una nuova insurrezione .che mettesse a repentagliio J.a vita e gl'interessi dei cristiani, mentre su questo pesava l'incubo che qualche cosa di simile si andasse preparando alla lontana da influenze straniere. Tant'è che l'un e 'l'altro si affaticarono in diverso senso a provarmi 'l'interesse dell'Italia di associarfsi. alle vedute dei loro Governi.

Nel rispondere mi attenni al senso delle istruzioni impartitemi, e sebbene non sia loro sfuggito questo mio prudenziale contegno, ho luogo nondimanco a credere che mi lasciarono entrambi contenti della nostra conversazione.

Non deggio per altro tacere a V. E. che il Console di Francia mi disse senza riserva essergli stato annunziato dal Signor Drouyn de Lhuys che le mie istruzioni si erano di andare in quest'affare perfettamente d'accordo con lui. Confesso il vero: ne rimasi alquanto imbarazzato; ma senza rispondervi direttamente mi arrestai sul nostro reciproco interesse a che lo stato attuale di cose nel Mediterraneo non venisse alterato, assicurandolo in pari tempo che ove non potessi agire apertamente seco-lui, non gli avrei mai fatto opposizione.

Nuovo del paese non sarei ancora in grado di giudicare se e sino a qual punto siano fondati i timori del Console inglese da una parte, e i sospetti di quel~ lo di Francia dall'altra. Io vi rivolgerò tutta la mia attenzione, e non mancherò di portare a notizia di V. E. quanto mi sarà dato di conoscere in proposito.

(1) -Cfr. n. 656. (2) -Notizie sui rapporti austro-prussiani desunte dai rapporti di Barrai furono inviate da La Marmora a D'Azeglio e Nigra con un dispaccio del 22 aprile. (3) -Non pubblicato.
663

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 112. Torino, 20 aprile 1865.

La Camera dei Deputati nella seduta di stamane, pur avendo applaudito ad un eloquente discorso del Barone Ricasoli, respinse alla quasi unanimità la proposta di sostituire nella discussione per l'abolizione delle corporazioni religiose il progetto della Commissione, dal medesimo presieduta, al nuovo progetto di Legge del Ministero (1). Non Le sfuggirà, Signor Ministro, l'importante si

gnificato di quel voto, il quale consiste in ciò, che la Camera qualunque sia il giudizio dei singoli Deputati sul merito dei concetti svolti dal Barone Ricasoli, si dichiari risolutamente avversa ad ogP..l provvedimento che pur da lontano potesse implicare una question~ di riforma religiosa od anche d'ordine meramente ecclesiastico. Non è inopportuno il notare come pure nelle presenti difficili circostanze per rispetto ai rapporti tra l'Italia e la S. Sede i Rappresentanti della Nazione intendono di astenersi scrupolosamente dallo introdurre neppure indirettamente in vertenze d'ordine politico alcuno di quei delicati argomenti che possono a buon diritto, in un senso o nell'altro, interessare le coscienze.

La Santa Sede fece testè conoscere al R. Governo di essere disposta ad addivenire ad un accordo speciale per la nomina di Vescovi alle Sedi attualmente vacanti nel Regno. Il Commendatore Xaverio Vegezzi ebbe l'incarico di trattare a Roma quel particolare argomento: la sua missione è del resto estranea a qualsiasi altra questione per cui non ebbe incumbenza nè ufficiale nè officiosa.

SegnandoLe ricevuta dei suoi pregiati rapporti di Serie politica dal N. 170 al N. 176 inclusivamente... (1).

P. S. Le segno pur ri·cevuta dei suoi Rapporti Commerciali di serie Confidenziale in data 12 e 13 aprile corrente (2).

(1) Cfr. Atti det Parlamento Itatiano, Camera dei Deputati, Discussioni, vol. X, p. 9.

664

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(A S Biella, Carte La Marmora; ed. in Carteggi Nigra, pp. 109-110)

L. P. Parigi, 20 aprile 1865.

Finalmente il viaggio dell'Imperatore in Algeria pare deciso. La partenza deve aver luogo fra otto giorni. L'Imperatore non porta con sè che 6 persone, fra cui il Generale Fleury.

Come le telegrafai, l'Imperatore di Russia viene a Nizza per vedere suo figlio che pare condannato dai medici. Era atteso a Parigi oggi, ma non passerà, a quanto mi si assicura che dopodomani. Non si fermerà qui, ma continuerà immediatamente il viaggio per Nizza.

Non ho ancora veduto il Signor Rouher dopo il suo discorso. Mi dicono che sia preoccupato dell'impressione che produrrà in Italia, e che desideri che non sia male interpretato. Credo anch'io che a noi convenga che non s'interpreti male. Il pensiero del Signor Rouher, e credo anche quello dell'Imperatore, si è che il Governo Italiano faccia in modo di mantenere la massima tranquillità, in qualsiasi caso, in Italia; che cioè eseguisca puntualmente la convenzione, impedendo ogni tentativo d'invasione e dando ai Romani il consiglio di tenersi tranquilli, sia che il Papa resti, sia che se ne vada, sia che muoia. L'opinione generale degli amici d'Italia in Francia si è che, quando non per colpa nostra, il Governo pontificio non possa reggersi, o quando il Papa lasciasse Roma, il

Governo francese proporrebbe esso medesimo che le truppe italiane siano chiamate a mantener l'ordine negli Stati Pontificii. Ma quali che possano essere le intenzioni della Francia nelle contingenze future che ho accennato, avvi questo di certo adesso, cioè che nessuna idea ben precisa è ancora germogliata nello spirito dell'Imperatore, e che ogni interpellanza in proposito sarebbe senza risultato.

La missione del Signor Vegezzi essendo stata accennata nei giornali, non vedo inconveniente a che io dica al Signor Drouyn de Lhuys se ne sono interpellato, lo scopo di questa missione. Tuttavia Le sarò grato s'Ella vorrà scrivermene anche in seguito. Ho tutte le ragioni di credere che il Governo dell'Imperatore non vede con dispiacere che si tenti di aprir negoziati colla Corte di Roma, e che questi non si limitino alle cose ecclesiastiche.

Sono lieto di poterle dire che sono assai soddisfatto del nuovo Addetto Conte Colobiano. È assiduo ed intelligente.

Il Generale Douay deve imbarcarsi il 27 corrente per andare a pigliare il comando del'esercito francese al Messico dove surrogherà il Maresciallo Bazaine. Deve condurre con sè due compagnie del corpo di gendarmeria arruolato in Francia per conto del'Imperatore Massimiliano.

Ieri vi fu un forte ribasso alla Borsa in seguito alle notizie giunte dagli Stati

Uniti, e che recano la completa disfatta di Lee. Questo fatto è Qui considerato

come la fine dela guerra americana. e produce una viva impressione nel pub

blico. Altri rumori concorsero al ribasso. Si sparse la voce che la rivoluzione era

prossima a scoppiare in !spagna; e che la borsa di Londra aveva scartato dalla

cotazione i valori italiani in seguito al rifiuto del nostro parlamento di dar se

guito alla protesta dei portatori del prestito Hambro.

Devo veder domani il Signor Drouyn de Lhuys. Le scriverò più a lungo

se occorre.

(1) -Cfr. nn. 658, 659. Gli altri rapporti non sono pubblicati. (2) -Analogo dispaccio in francese venne inviato il 23 aprile a Pietroburgo.
665

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 117. Berlino, 21 aprile 1865, ore 13,38 (per. ore 16,30).

Dans note officielle hier à Vienne. Prusse refuse nettement de retirer ordre de transfert de sa marine à Kiel. Situation se complique sans cependant etre encore alarmante.

666

L'ONOREVOLE VEGEZZI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

Roma, 21 aprile 1865.

Mercé i buoni e caldi uffici di Monsignor Cerruti di Varazze nostro concittadino Prelato Domestico di S. S. che ci fu cortese di ogni maniera di direzioni e di ajuti, e senza che sia stato necessario di dirigersi al Signor di Sartiges, jeri (20 Corrente) S. S. mi accordò l'udienza dimandata, e fu la prima che S. S. diede dopo le Feste sulle moltissime, che vennero chieste, per la tanta concorrenza di forestieri.

S. S. fu squisitamente gentile: volle che sedessi, riguardo che (fummi detto) non si usa che coi Cardinali vecchi o male in salute. L'udienza fu lunga assai: si parlò sui generali, e saltuariamente sui particolari, avendomi S. S. rimandato a trattarne col Segretario di Stato S. E. il Cardinale Antonelli, il quale stamattina (21) tiene ricevimento del Corpo Diplomatico, e ci accoglierà solamente stassera tardi.

Come fu previsto dal Ministero nelle instruzioni datemi, S. S. per ora ricusa di addivenire a soppressioni o riunioni di Sedi: ma probabilmente assentirà che per ora si facciano le nomine alle sedi sulle quali cade accordo di conservarle. Per le soppressioni o riunioni avvisa che occorrano attenti esami, studi esatti, con riguardo al numero della popolazione, ai mezzi di comunicazione. S. S. ascoltò i rilievi in genere che rassegnai sulla convenienza di venire a soppressioni o riunioni derivandole però dalle esigenze della stessa Chiesa: non ho potuto discendere su particolari, tranne per un solo ed a modo di esempio del quale ho conoscenza, mentre io non aveva elemento alcuno per gli altri tutti: ciò del resto mi avrebbe tratto di sovverchio per le lunghe. Sebbene S. S. ricusi dì entrare ora in questa materia, mi parve che se il Governo del Re non smà troppo stretto di accordi in questa prima occasione, si discenderà poi a trattarla. Sulle persone non si toccò che di volo di alcune, che S. S. per il primo nominò quali individualità che attendeva di vedere, e stanno di vero fra le proponende. Ho veduto avverate le previsioni che io aveva l'onore di esprimere anche a V. E. prima di partire. Disse che non potrebbe accogliere mai le proposte che si fa,cessero né dell'Abate Stellardi, che sa (sic) non essere capace di amministrare una Diocesi, né dell'Abate Vacchetta per altre considerazioni. Bene sta che io non abbia sin ora fatta a nome del Governo né del Re proposta alcuna.

Quanto al ritorno degli Ordinari allontanati dalle Diocesi mi parve che approvò in massima, che si provveda intanto per coloro dal ritorno dei quali non si temono gravi inconvenienti, e si sospenda per gli altri: la diversità emerse parlando delle specialità, e dei probabili inconvenienti. S. S. mostrò non sapersi piegare a partecipare ai timori concepiti dal Governo del Re, nel mentre che vuole tuttavia prenderli a calcolo: entrò a questo proposito su speciali riscontri e notizie raccolte da Lei. In ordine ai Prelati di Napoli, Fermo e Benevento, e sugli espedienti possibili per uscire d'impegno, S. S. ascoltò, non mi riuscì di penetrarne il pensiero, bensì mi è sembrato essere persuasa S. S. che molti degli allontanatisi volontariamente non avessero ragione sufficiente di così fare; che preferiscono di stare lontani, e S. S. noi vorrebbe, ed ama vedere tolte le scuse.

Intorno ai preconizzati nel 1859, nel 1860, nel 1863 ho trovato gravissime difficoltà, ricisa ripugnanza. Rispetto a Milano (se non mi faccio lusinga) direi potersi ritenere che S. S. si piega alle esigenze nelle quali è il Governo del Re, ma quanto ai nominati per le Diocesi staccate dal Pontificio, si mostrò irremovibile nel volerle attuate. Non dissentirà le soste per provvedere a che quel di Bologna, e quel di Loreto possano entrare senza dare occasione di dispiaceri; almeno così mi pare: ma in quanto al porre in disparte le cinque sedi di Osimo, Rimini, Cagli, Città di Castello, Nocera, che vorremmo soppresse ricisamente dissente. Il terreno era vulcanico, le lagnanze del Santo Padre ripetute sebbene dignitose sempre, non aspre mai: ma se il Governo su ciò non piega, non havvi accordo possibile; mentre in ordine alle riduzioni in altre provincie, se non in tutte, in parte almeno, dopo un primo concerto, pigliando nuovi trattati, sembrami che si potranno ottenere. Ora non vorrei che cinaue sedi mandassero a monte ogni concerto.

Nell'udienza dal Cardinale Segretario di Stato sentirò le più speciali intenzioni della S. Sede, e potrò vedere in quanto si possano far coesistere con quelle del Governo del Re.

Intanto le nozioni tutte raccolte da ogni parte hanno persuaso il mio Collega e me, che qui si osta ad ogni modo a che S. S. discenda a qualsiasi accordo con

S. M. -non havvi che il Papa che ne voglia: dagli altri si spera e molto dalla vacanza delle Diocesi: cosi se si vorrà arrivare a qualche scopo converrà stringere sollecitamente. A questo fine faccio preghiera a V. E. perché si degni significarmi tostissimamente l • Se si voglia consentire alla attuazione di tutte le nomine per le Diocesi nelle provincie che si staccarono dal Ppntificio; 2" se anche nelle altre Provincie, ritenuto il precedente aumento, si voglia ancora consentire ad alcune altre nomine oltre le comprese nella nota seconda; 3" una lista di nomi da proporre, perché possa essere luogo a qualche scelta: ovvero accennarmi se anche la scelta si debba lasciare alla S. Sede, salvo a proporli, dopo le scelte fatte, ritenendo bene inteso come norma che queste cadano preferibilmente sul personale delle Diocesi dello Stato, o su persone che almeno appartengono allo Stato.

È mio dovere in fine accennare che specialmente nelle previsioni di futuri contingenti più gravi, è assolutamente necessario che lo Stato abbia qui qualche prelato il quale ne vigili e ne promuova comunque senza carattere ufficiale gli interessi, come sogliono fare tutti gli altri Stati.

Rinnovando la preghiera di risposta la più sollecita che si possa....

667

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 120. Londra, 22 aprile 1865, ore 15,51 (per. ore 18,30).

L'agent que vous savez prétend avoir parlé hier à Mazzini à Newcastle où ce dernier se trouvait avec Wolff (1).

(1) Cerruti aveva chiesto con t. 91 del 21 aprile notizie circa la presenza di Mazzini a Londra.

668

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO

T. 93. Torino, 24 aprile 1865, ore 9,15.

Il nous est impossible pour le moment de prendre une détermination relativement à ce qui forme le sujet de vos deux intéressantes dépeches chiffrées (1). Bornez vous à surveiller la marche des affaires et à référer. Conduisez vous de façon à entretenir toujours les rapports les plus amicaux.

669

L'ONOREVOLE VEGEZZI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

Roma, 24 aprile 1865.

L'udienza che dovevamo avere la sera del 21 dal Cardinale Antonelli andò

circondotta per mala intelligenza di un suo Cameriere. Il Cardinale ne fece

per lettera le scuse, e ci accolse jeri all'una dopo mezzodì intrattenendoci a lungo.

Pareva dapprima che la legge ora in discussione sulla soppressione degli Ordini

religiosi, e sulla conversione dell'asse ecclesiastico, che nominava incamera

mento, ed i seminari chiusi nel napoletano potessero presentare un ostacolo alle

trattative, tuttavia si entrò in discorso.

In riassunto le basi sulle quali sembra che la S. Sede converrebbe sarebbero queste, che designo con un numero progressivo, affinché mi si possa dare riscontro affermativo o negativo anche per telegrafo a nostro governo senza ripetere le proposizioni.

lo Tutti i Vescovi allontanati dalle loro Sedi ritornino, quelli solo sospesi per ora che venisse a risultare non potere rientrare senza pericolo di gravi inconvenienti dal canto del Governo.

2° Il ritorno si faccia sensim sine sensu (espressione dell'Antonelli) gli uni e poi gli altri: l'ordine di ritorno si dia dalla S. S. e nel darlo mandi avviso al Governo nel modo in cui si concerterà onde possa provvedere a che si eviti ogni scandalo .

3o L'esecuzione di tali accordi si cominci dai Vescovi sul ritorno dei quali non si temono scandali, che indicai con nota al Cardinale.

4o I Vescovi dal cui ritorno possono nascere inconvenienti si rimandino per gli ultimi, ed intanto si prendano informazioni dal Governo e dalla S. Sede. Poi si comunichino i risultati di queste, e sulla scorta delle medesime d'accordo si concerti e si provveda sul da farsi. Con ciò si supera la difficoltà grave per i Prelati di Fermo, Napoli e Benevento.

5" A vece di esigere dai Vescovi nel loro ritorno una promessa per pastorale o lettera di rispettare le leggi dello Stato, la Santa Sede propone di scrivere a ciascun Vescovo di ben governarsi, di rispettare le autorità costituite, od altra frase da concertarsi, e ciò perché la S. S. non può sforzare i Vescovi a scrivere al Governo od a fare pastorali, perché la promessa di osservare le leggi è inutile, l'obbligazione esiste senza di essa; e perché in ultimo non potrebbe la

S. Sede richiedere se non la promessa dell'osservanza delle leggi non contrarie a quelle della Chiesa, e noi non vogliamo quest'ultima frase. 6" I vescovi che non ritorneranno dopo l'invito incorreranno la decadenza. 7" Per Milano quando non gradisca la S. S. le proposte del Governo come pare, procureremo la traslazione di un Cardinale Vescovo del Regno? s· La S. S. desidera che Ballerini sia provveduto di Vescovato in altra sede. È onesto, la S. S. non lo vuole umiliare. 9" Desidera la S. S. di conservare Macchi a Crema.

10" Consente la S. S. che Guidi a Bologna, Cardani a Loreto entrino per gli ultimi e dopo che il Governo possa avere fiducia, che non nasceranno tumulti; ci assicurano che sono pacifici, né tali da creare imbarazzi.

11" Le altre nomine alle sedi già Pontificie si vogliono mantenere. 12" Le sedi di Cervia, Sarsina, Sinigallia, ed Orvieto, che nella nota rimessaci sono designate vacanti, e non si trovano nelle nota delle provvisioni fatte, sono però provvedute, e si vogliono mantenere le provvisioni. 13• La S. S. consente che si facciano intanto le nomine a tutti i Vescovati, che sono consentite pure dal Governo. 14" Quanto agli altri Vescovadi che il Governo intende sopprimere la S. S. desidera che in alcuni almeno sia fatta la nomina. 15• In seguito ha dato fiducia la S. S. che studierà, e tratterà della riunione di alcuni vescovadi, che si manderanno ad effetto in occasione del,le successive vacanze. 16" La S. S. non riconosce patronato nel Re per la Lombardia e gli altri Stati: adduce la massima assentata con tutti, e singolarmente colle Repubbliche d'America che pretendevano i diritti già spettanti alla Spagna e l'esempio di Francia per Nizza e Savoja. Dopo la cessione l'Imperatore chiese alla S. S. che si dichiarasse in lui passato il patronato di Casa Savoia; lo stesso si sarebbe fatto col Re per la Lombardia, cioè la S. S. avrebbe assentito come alla Francia. 17• La S. S. tuttavia declina la nostra offerta, che essa faccia la scelta a:i Vescovadi, per i quali non facciamo proposte: non vuole assumersi la risponsabilità di tale scelta per evitare l'accusa che cerchi dei reazionari. Propone che tutto si faccia d'accordo compresi i Vescovadi Napolitani. Ciascuno formi una lista, si comunichino, e d'ac,coi~do si facciano le scelte. Con ciò in effetto si ha più che il patronato. 18" La S. S. sd preoccupa de'l giuramento di cui non è parola nelle instruzioni. Per i Vescovi delle antiche provincie propone l'antico: lo ammette anche per la Lombardia.

Per ouelli delle altre non. può ammetterlo.

Possiamo proporre che si ometta per tutti?

19" Per l'Exequatur alle bolle d'instituzione, ritenuto che le elezioni si faranno d'accordo, l'exequatur si darà sponte senza dimanda. Lo stesso sistema per questa volta potrebbe seguirsi per i già preconizzati.

20° Assicuriamo che ciascuna diocesi avrà il suo Seminario prescritto dal Concilio di Trento. 21o Quanto alla nomina concludiamo subito sulle proposte nostre accettate dalla Santa Sede?

22° Per le altre tutte abbiamo bisogno di una nota di nomi, specialmente per la Toscana, e per il Napolitano. Ci duole non essere in caso di fare per quei paesi alcuna proposta.

23° Stante che i due Governi non sono in rapporti, per trattare in seguito, debbo dire che si scriva a me? od a chi altro privato?

La stretta del tempo, m'impedisce di ragionare su tutto, volendomi valere del Cav. Gianotti, che ignora il contenuto in questa. Le persone sono difficili; pretendono se si ricusa: ricusano se si offre: ecco la tattica che vediamo della Corte Romana: la miglior prudenza sta a nostro avviso nel dare minor valore alle cose. Ho saputo che per il Re di Napoli si sta preparando una protesta contro le provvisioni ai Vescovadi: preme perciò far presto onde la S .Sede non possa indietreggiare. Favorisca rispondere intanto con dispaccio a questo modo: .sul numero l o si, o no: sul secondo si o no; od altra formola egualmente chiara .a nostro governo.

(1) Cfr. nn. 644 e 647.

670

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 23. Berlino, 24 aprile 1865 (per. il 28).

La grave difficulté soulevée entre les deux Cabinets de Vienne et de Berlin à propos du transfert de la Marine Prussienne à Kiel tend à s'aplanir. D'un còté, sur la réclamation énergique du Commissaire Autrichien dans les Duchés qui s'est opposé à ce qu'aucune décision ne soit prise sans sa participation, la Municipalité de Kiel a rapporté son ordonnance relative à l'établissement d'une Marine Prussienne à Kiel sans cependant s'opposer au stationnement de ses batiments dans le port. De l'autre, ainsi que j'avais l'honneur d'en informer

V. E. dans le P. S. de mon dernier rapport, l'Autriche pour faire acte de possession maritime a donné ordre à deux de ses navires stationnés à Geestemund (Port de Brème) de se rendre à Kiel où ils pourront se trouver tranquillement et au méme titre à còté de ceux de la Prusse. Les organes de l'Autriche se réjouissent de cette double démonstration qu'ils regardent comme un véritable triomphe. Mais si de fait, dans cette circonstance importante, l'Autriche a réussi à affirmer son droit de co-possession en cherchant tout à la fois à calmer les

Etats moyens et à encourager le parti Augustembourgeois, il n'en est pas moins

vrai que la Prusse a fait un pas en avant dans le sens de ses projets annexion

nistes. Seulement l'exécution en sera d'autant plus ralentie que la résistance

de l'Autriche coincide avec l'opposition de la Chambre Prussienne qui va pro

bablement refuser l'emprunt pour la Marine, dont les trois premiers millions

de Thalel'ls (12 millions de Francs) devaient ètre précisement consacrés à cette

installation dans le port de Kiel qui vient d'exciter tant de défiances.

Quant à l'entente entre Ies deux grands Cabinets Allemands qui vient de

subir une lsi rude épreuve, elle en traversera probablement bien d'autres encore,

et, de l'avis de tout le monde, il faut qu'elle tienne à des nécessités politiques

bien impérieuses pour résister à de pareilles secousses aussi souvent répétées.

671

IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 9. Pietroburgo, 26 aprile 1865 (per. il 3 maggio).

Samedi dernier, j'ai parlé au Prince Gortchacow dans le sens de Ja dépeche de V. E. en date du 6 courant, N. 4 Cabinet (1), dépèche qui s'est crotsée avec mon rapport poUtique N. 8 (2).

Il a tout d'abord donné un démenti forme! au télégramme publié par la Neue Freie Presse, reproduit par la Gazette Officielle de Venise. Ayant glissé quelques mots sur des ouvertures qui auraient été falites au Cabinet de St. Pétersbourg par la Légation d'Autriche, le Vice-Chancelier me répondit qu'en effet le Comte de Revertera avait été chargé de demander, aux termes du carte! en vigueur entre Ies deux Empires, I'extradition des sujets autrichiens, réfractaires ou déserteurs, qui avaient été condamnés à la déportation en Sibérie ou à l'internement. Comme la condamnation avait été parfaitement motivée par leur complicité dans les troubles de Pologne, le Gouvernement Russe avait opposé à cette demande une fin de non-recevoir. Mais si l'Autriche revenait à la charge, il se montrerait pret à respecter les olauises du carte!, sous la condition toutefois que le Cabinet de Vienne, conformément à sa propre Iégislation applicable aux crimes commis tout aussi bien à l'étranger qu'à l'intérieur, s'engageàt à punir, lui-meme, ses ressortissants coupables de haute trahison en Russie.

Je n'ai pas moins profité de l'occasion pour prècher nouvellement, et d'une manière officieuse, en faveur de nos malheureux compatriotes. Si leur faute était grande, ils l'avaient rudement déjà expiée, plus rudement mème que les polonais autrichiens et les sujets russes, mieux préparés que les notres à supporter les rigueurs du dimat de l'extreme Nord. Je croyais d'ailleurs me porter garant qu'ils ne tomberaient :plus en ~récidive, si l'Empereur Alexandre voulait

user à leur égard de cette générosité qui constitue un des plus beaux traits de son caractère. Les parents des exilés s'étaient bercés du doux espoir d'une amnistie dans le courant de cette année, à l'époque du mariage du Grand Due Héréditaire. Si l'état fort grave de S. A. I. ajourne, pour longtemps au moins, ce mariage, il n'en sera peut-ètre pas de mème de l'amnistie. Dans ses angoisses paternelles, le Czar comprendra mieux que personne la douleur d'autres familles, frappées elles aussi dans leurs affections, lors mème que ceux qui en sont les objets ne soient pas sans reproche.

A propos d'amnistie, le Prince Gortchacow me dit: • c'est là mon secret. Mais, si j'ai un conseil à donner, c'est celui de s'abstenir de toutes démarches. Elles compromettraient, plutot qu'elles ne favoriseraient, les intérèts des condamnés en Sibérie. Dernièrement le Baron de Talleyrand a écrit, en son nom particulier, pour intercéder en faveur de quelques français également compromis et déportés. Jusqu'ici je n'ai cru devoir répondre. Vous avez parlé avec raison de l'élévation de caractère chez l'Empereur. Il convient donc de lui laisser toute la spontanéité de ses actes ultérieurs •.

Au reste le Grand Due Héritier ayant depuis lors succombé à la maladie, son frère puiné, le Grand Due Alexandre, est devenu de fait et de droit Cesarévitch. Après la cérémonie funèbre, il y aura la prestation de serment en grande pompe. Ce se:rait là encore une occalsion propke pour exercer un acte de clémence.

(1) -Cfr. n. 640. (2) -Cfr. n. 653.
672

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 97. Torino, 27 aprile 1865, ore 16,30.

Quoique rien n'accrédite l'avis anonyme suivant, sans autre indication, adressé de Turin par la poste à ce Ministère, je vous en fais part immédiatement à toute bonne fin: • Avisez l'Empereur que le soir du 29 ou du 30 on doit attenter à sa vie • (1).

673

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, ALL'ONOREVOLE VEGEZZI

Torino, 27 aprile 1865.

In risposta al graditissimo officio della S. V. Illustrissima in data del 21 di questo mese (2)_. comincio dal congratularmi con Lei delle distinte e benevole accoglienze che ebbe dal Santo Padre, onde vorrei poter trarre buon augurio dell'esito della sua missione.

Tengo conto di tutti i particolari da Lei riferitimi circa il colloquio avuto

col Santo Padre, e attendo di contrapporre il concetto che me ne sono fatto

a quello che potrò formare sul ragguaglio del successivo di Lei colloquio col

Cardinale Segretario di Stato, di cui confido ch'Ella mi sarà cortese tra brevis

simo. Frattanto non Le taccio che m'ha prodotto impressione non buona il cenno

ch'Ella mi fa sull'opposizione che incontrano costì le disposizioni del Santo Pa

dre a calare a qualche accordo col Governo del Re. Se da ciò possiamo essere

indotti, com'Ella saviamente avvisa, a sollecitare l'esito delle pratiche diretta

mente i!lli.ziate dal Santo Padre, dobbiamo altresì esserne tratti a procedere con

ogni maggior cautela, affinché singolarmente non intervenga il caso che quegli

accordi, a cui il Governo del Re scendesse col Santo Padre, non escano vuoti

d'effetto per opera di coteste Cancellerie.

Sarà opportuno che la S. V. Illustrissima accenni, massime ne' suoi colloquii col Cardinale Antonelli, d'aver pigliato atto della buona disposizione manifestata in genere dal Santo Padre circa la circoscrizione delle diocesi del regno, e circa la soppressione e riunione delle sedi vacanti. Ella non insisterà punto per la pronta risoluzione d'una quistione di tanto rilievo, intorno alla quale dichiarerà, esser pure avviso del Governo del Re, che si faccia luogo a diligenti studii ed esami. IVJ:a starà fermo nel concetto, che ora non si proceda alla provvista, se non di quelle Sedi vacanti, che ne' propositi del Governo del Re son destinate ad essere conservate, salvi i temperamenti da prendere circa quelle delle provincie già pontificie, di cui Le dirò più sotto.

Quanto alla provvista delle Sedi vacanti, non è certo bisogno ch'io Le rammenti quel tratto delle sue Istruzioni, in cui è detto che nell'atto della preconizzazione dei proposti a tali sedi e nelle relative bolle di nomina sia fatta menzione del re d'Italia o per lo meno del re Vittorio Emanuele II, e che le sedi siano designate come poste nel regno d'Italia, o almeno in Italia senza alcuna indicazione dei precedenti Stati. Se questa condizione non fosse ammessa, non potrebbe aver seguito alcun'altra trattativa.

Riguardo a Vescovi assenti dalla Diocesi ho raccolto con soddisfazione che il Santo Padre abbia approvato in massima, che si provveda pel ritorno di quelli, per cui non ostano ragioni d'ordine pubblico, e si tenga in sospeso il ritorno degli altri. Su questo punto gioverà che Ella esplori l'avviso del Cardinale Antonelli, e che procacci conoscere quali siano quei Vescovi di cui il Santo Padre gradirebbe più pronto il ritorno, e quelli che per avviso del Santo Padre medesimo si sono allontanati dalle loro diocesi senza solide scuse.

Quanto agli arcivescovi cardinali di Napoli e di Benevento Ella si terrà in una prudente riserva, non disdicendo che in un tempo più o meno vicino possano essere restituiti alle loro Sedi, e non lasciando d'insinuare che per ora stanno meglio costì in Roma che altrove. Ma quanto al cardinale arcivescovo di Fermo insisterà nell'avviso, che, vietandosi da gravi ragioni d'ordine pubblico il ritorno di lui alla diocesi, fosse invitato dal Santo Padre a condursi a Roma. Se dopo il trasferimento della capitale il cardinale De Angelis dovesse qui trattenersi, ne potrebbero sorgere motivi d'imbarazzi al Governo, essendo egli notoriamente un degli inspiratori della parte clericale e retriva.

Mi giova dividere la fiducia della S. V. Illustrissima che il Santo Padre sia per piegarsi a'lle esigenze, nelle quali è il Governo del Re in ordine alla provvista della Sede vacante di Milano. Ella stia sull'avviso di escludere perentoriamente Monsignor Paolo Ballerini non solo da quella Sede, ma da qualsivoglia altra nel regno.

Or passando al difficile tema delle sedi, a cui il Santo Padre già provvide nelle Romagne, nelle Marche e nell'Umbria, e rimanendo fermo il concetto che nessuna difficoltà si frapporrebbe dal Governo del Re per quella di Ravenna, a cui fu nominato il cardinale Orfei, vescovo di Cesena, io ben veggo quanto debba riescire difficile il recare il Santo Padre a disdire la provvista di cinque fra le otto sedi in quelle provincie, a cui nominò dopo il 1860. D'altra parte: non può il Governo del Re agevolmente consentire che sia dato corso a tutte quelle provviste, e perché non appaia ch'egli si remova dagli intendimenti espressi nella dichiarazione inserita nella Gazzetta Ufficiale, con cui protestò contro la provvista di quelle sedi, alle quali il Santo Padre nominò nel Concistoro del 21 dicembre 1861, e perché cinque di esse sedi sono fra le designate ad essere soppresse, e sono per verità così esigue di popolazione, che non potrebbero essere conservate in qualsivoglia savio progetto di circoscrizione diocesana che mova da Quelle idee che preme al Governo di far prevalere.

Io non mi dissimulo la difficoltà di riesdre 'su questo punto a un temperamento, a che il Governo del Re possa ridursi senza scapito del suo decoro e di quegli interessi presenti e futuri, a cui è suo debito di provvedere. Sarà dell'abilità e della prudenza della S. V. Illustrissima il proporre o l'uno o l'altro dei due seguenti partiti, i quali tendono a salvare al possibile le reciproche conyenienze.

l" Consente la Santa Sede a lasciar vacanti le sedi di Cagli e Pergola, di Nocera e di Città di Castello, e il Governo del Re lascierà dar corso alle provviste per quelle di Rimini e di Osimo e Cingoli, ritenuto che alla diocesi di Rimini si unisca quella di Cesena, la quale rimarrà vacante col trasferimento del Cardinale Orfei alla sede di Ravenna, e che a quella di Osimo e Cingoli si unisca quella pure vacante di Macerata, con riserva della futura generale circoscrizione.

2" Consente il Governo del Re alla provvista di tutte cinque le sedi in questione, a patto che al Vescovo preconizzato per Cagli e Pergola si dia l'amministrazione della diocesi vacante di Sinigaglia, a quello di Nocera l'amministrazione della diocesi vacante di Orvieto, e a quello di Città di Castello l'amministrazione della diocesi vacante di Arezzo, ritenuta la riunione sopra divisata delle due diocesi di Cesena e di Macerata a quelle di Rimini e di Osimo e Cingoli, e con riserva sempre della futura generale circoscrizione.

Resta inteso che se si repugnasse al partito della riunione delle diocesi or ora menzionate, si potrà accettar quello ch'esse siano date in amministrazione temu:>oranea ai Vescovi di Rimin:i e di Osimo e Cingoli, così come pd.ù volte fu dalla Santa Sede praticato.

Tanto l'uno, quanto l'altro degli esposti temperamenti darebbe indizio d'un serio proposito di modificare nelle Romagne, nelle Marche e nell'Umbria la presente circoscrizione delle diocesi: di che il Governo del Re deve innanzi tutto preoccuparsi.

Probabilmente però dei due partiti solo il secondo potrà essere, non senza grandi difficoltà, accettato dal Santo Padre, che non si piegherà a consentire che rimanga vuota d'effetto alcuna delle sue nomine, né si ridurrà a trasferire i nominati ad altre sedi. Ad ogni modo 'la S. V. Illustrissima non offrirà il secondo partito, se non quando sia recisamente ricusato il primo, e si studierà di far risaltare la ·Condiscendenza del Governo nel cedere sovra un argomento dii tanto rilievo, ritenuto che, ove non si accogliessero le condizioni poste od altre consimili, Ella dovrebbe chiedere altre istruzioni, fatta in proposito ogni opportuna riserva.

Le cose qui discorse rispondono pienamente al primo dei quesiti che la

S. V. Illustrissima mi propone sul termine del suo officio.

Circa il secondo, non è intendimento per ora del Governo del Re di consentire ad altre provviste di Sedi vacanti fuori di quelle comprese nell'elenco N. II. Però Ella ha piena facoltà d'esplorare in proposito l'animo del Santo Padre e del Cardinale Segretario di Stato, ed io Le sarò grato, se mi farà conoscere quali sarebbero le Sedi che costì si bramerebbero riempite nelle varie provincie del regno.

Non Le mando per ora la lista di nomi ch'Ella mi richiede, dappoiché e vuoi essere compilata con tutta ponderazione, e non Le può essere d'urgente bisogno, dovendosi !Prima di veniil'e alla quistione delle pe1.1sone ventilare e decidere le quistioni sulle cose. Rimane inteso che non si faccia ulterior cenno di quelle due persone, sulle quali il Santo Padre ha promossa qualche eccezione.

Per ultimo mi è grato dichiararle che piglierò sollecito conto d'accordo co' miei Colleghi della proposta che la S. V. Illustrissima fa circa la convenienza anzi la necessità che il nostro Stato, come tutti gli altri Stati cattolici, abbia costi nn prelato, il quale, sebbene senza carattere ufficiale, ne vigili e ne promuova gli interessi: proposta assai rilevante, e che vuoi essere discussa maturamente.

E ringraziandola dell'opera intelligente e solerte che pone a sdebitarsi della sua missione...

P. S. Si è ricevuto il suo officio in data del 24 (1) che richiede ponderato esame. Si risponderà al più presto.

(1) -Drouyn de Lhuys richiese l'originale della lettera anonima che fu inviato il giorno seguente. (2) -Cfr. n. 666.
674

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(Ed. in L V 8, pp. 30-31)

R. 178. Parigi, 27 aprile 1865 (per. il 29).

Il Signor Drouyn de Lhuys mi parlò oggi della missione affidata dal R. Governo al Comm. Vegezzi in Roma, in modo da farmi conoscere la soddisfazione

del Governo francese nel vedere la possibilità di un accordo fra i Gabinetti di

Torino e Roma, benchè in sole materie ecclesiastiche; S. E. aggiunse che aveva

tnandato al Conte di Sartiges l'istruzione di mantenersi all'infuori di questi

negoziati. * Ma nel caso in cui il Cardinale Antonelli, o l'Inviato Italiano aves

sero invocato la di lui cooperazione, l'Ambasciatore di Francia ha ordine di pre

starla nello scopo di facilitare l'accordo * (1).

La notizia di questa missione fu accolta in Francia favorevolmente dall'opi

nione pubblica, e vi produsse buona impressione.

(1) Cfr. n. 669.

675

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE S. N. Parigi, 27 aprile 1865 (per. ii 29).

Il Miniistro Imperiale degli Affari Esteri mi ha annunziato oggi che il Duca di Gramont avea scritto da Vienna che l'Austria accondiscendeva alla proposta accettata dall'Italia ed appoggiata dalla Francia relativamente alla firma della Convenzione telegrafica internazionale, secondo la quale il Ministro Imperiale degli Affari Esteri farebbe al momento della firma l'osservazione identica che fu fatta dal Ministro degli Affari Esteri del Belgio al momento della firma del trattato di Bruxelles sul riscatto del pedaggio sulla Schelda.

676

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

D. s. N. Torino, 28 aprile 1865.

Le trasmetto qui acchiusa copia di un Dispaccio, col quale il Delegato d'Italia nella Commissione Europea del Danubio m'informa, che l'Austria, malgrado i consigli di varie fra le altre Potenze, continua a non voler consentire che i Protocolli e gli Atti della Commissione stessa rechino il titolo delle rispettive Potenze, come dapprincipio si praticava, e come è conforme agli usi internazionali in simile materia.

La ragione addotta dal Gabinetto di Vienna, che i precedenti invocati, come quello della Convenzione pel riscatto del pedaggio della Schelda costituiscono fatti nuovi, ma che a Galatz essa vuole mantenere una posizione acquisita, non regge ad un serio esame.

Quando si adottò provvisoriamente il sistema di non qualificare, come in origine si faceva, le Potenze rispettive negli Atti della Commissione del Danubio.

l'Italia non era riconosciuta che da due fra le sette Potenze rappresentate nella Commissione stessa, cioè dall'Inghilterra e dalla Francia.

Il titolo di Re d'Italia non si poteva dunque ritenere ancora come generalmente ammesso nei rapporti concernenti il Concerto Europeo. Ma le cose ora sono totalmente mutate. L'Austria è la sola fra le Potenze, che non abbia riconosciuto l'Italia, e sarebbe veramente in diplomazia un fatto nuovo, che per il rifiuto di una sola Potenza s'impedisse ed all'Italia, ed alle altre Potenze di far uso del loro titolo in atti collettivi, ed <::venti carattere internazionale.

Al punto in cui sono le cose la quistione piglia per la dignità del Governo Italiano un carattere, del quale dobbiamo tener conto.

Io spero che il Governo di S. M. Britannica, che si è chiarito favorevole alla tesi da noi giustamente sostenuta, vorrà continuare a prestarci il suo appoggio adoprandosi, perchè l'Austria receda dalla sua opposizione, salvo ad essa il fare in termini, e forme convenienti le sue riserve, e nel caso di persistente resistenza dell'Austria dando istruzione al Delegato Britannico nella Commissione Europea di esigere, che nei protocolli, ed atti da farsi si usi il titolare delle Potenze malgrado il riiiuto del Delegato Austriaco.

Procuri, Signor Marchese, d'indurre il Gabinetto di Londra a pigliare risoluzioni in questo senso, e si compiaccia tenermi informato dell'esito dei suoi passi (1).

ALLEGATO

STRAMBIO A LA MARMORA

R. 85. Bucarest, 18 aprile 1865.

Il mio collega di Russia mi riferì come, da comunicazioni pervenutegli, gli risulti che il Gabinetto di Vienna abbia fin qui resistito alle pratiche del Conte di Stakelberg, e degli •altri Rappresentanti aventi per oggetto il ripristino della forma regolare degli atti della Commissione Europea, coll'espressa qualificazione di tutte le Potenze. Il Conte Mensdorff avrebbe detto in •Sostanza che i precedenti che s'invocano costitui:scono fatti nuovi, che l'Austria accetta ed accetterà in avvenire, quando si ripresentino, ma che, a Galatz, vuole essa .mantenere una posizione acquisita.

Il Conte di Stakelberg avendo fatto insistenze e chiesto se quelle fossero le definitive risoluzioni che egli e gli altri capi di Legazione che trovavansi presenti, dovessero comunicare ai loro rispettivi. Governi, l'I. R. Ministro degli Affari Esteri avrebbe risposto che la questione sarebbe stata da lui ancora esaminata, dopo aver domandato ai suoi ufficii un nuovo rapporto; ma pare che le impressioni che ne risentirono i Rappresentanti suddetti siano state molto sfavorevoli.

Quando, dopo aver esaurito tutte le istanze e tutti i mezzi di conciliazione già a due riprese tentati, •l'Austria per.sistesse nel suo ·rifiuto, non rimarrebbe più che sperare che le altre Potenze secondo le esigenze della dignità loro conformi alle nostre, vogliano passar oltre e dare ai loro Delegati in Galatz ordini identici a quelli che già vennero trasmessi al Commissario Francese e che importerebbe mantener fermi in modo che, se non nella prima imminente, nella seconda almeno successiva riunione dei membri della Commissione Europea, il titolo nostro cessi di essere una questione.

(1) Il brano fra asterischi è omesso in L V 8.

(1) Dispacci analoghi a questo furono spediti in pari data ai ministri a Parigi, Berlino e Pietroburgo. Un riassunto di tali dispacci è edito in L V 8, pp. 294-295.

677

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A W ASHINGTON, BERTINATTI

(Ed. in L V 8, pp. 423-424)

D. 4. Torino, 28 aprile 1865.

La notizia dell'assassinio di Abramo Lincoln ha prodotto in Italia la più profonda e la più dolorosa commozione.

Il Parlamento italiano con pensiero spontaneo ha voluto esprimere in questa congiuntura quanta simpatia nutrisse la Nazione nostra per l'Uomo emimente che con tanta energia e con tanta sapienza diresse in supremi frangenti, la politica emancipatrice della nobile Repubblica nord-Americana, e far conoscere ad un tempo con quanto ribrezzo e con quanto cordoglio abbia udito il tristissimo annunzio.

La Camera dei Deputati nella seduta mattutina di ieri, sulla mozione dell'Onorevole Crispi e dietro proposta di altri Deputati, cui si associò pienamente il Ministero, deliberò unanime che la bandiera del Palazzo Carignano avesse ad essere velata a bruno per tre giorni, e che un messaggio di condoglianza fosse inviato al Congresso degli Stati Uniti.

Facendo pervenire al suo indirizzo quel messaggio stesso, statomi trasmesso dalla Presidenza della Camera dei Deputati (1) vorrà la S. V. Illustrissima esprimere in nome del Governo del Re al Magistrato Supremo degli Stati Uniti i sentimenti suscitati in Italia da quell'infausto avvenimento, ed i voti che noi facciamo per la prosperità della Repubblica.

678

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, ALL'ONOREVOLE VEGEZZI

(Ed. in L V 8, pp. 23-27)

Torino, 29 aprite 1865.

Per profittare di un corriere che parte oggi, debbo restringermi ad esprimerle chiaramente i concetti del Governo del Re intorno ai varii punti specificati nel graditissimo di Lei officio in data del 24 di questo mese (2), circa i quali Ella a buon diritto desidera pronta risposta, *rimandando ad altra comunicazione la dichiarazione de' principii, da cui tali concetti sono informati e che dal senno di Lei saranno fuor di dubbio indovinati e precorsi * (3).

Debbo 1premettere, che le cose esposte da Lei nel suo secondo officio, dopo il colloquio avuto col cardinale Antonelli, avendo chiarito meglio il Governo

13) Il brano fra asterischi è omesso in L V 8.

degli intendimenti della Santa Sede, lo hanno condotto a determinazioni pre

cise sopra taluni punti, intorno a' quali poteva essere, prima (1), più disposto

a componimenti e transazioni.

Debbo premettere ancora che, *in seguito alle interpellanze mosse sulla missione di Lei alla Camera dei Deputati, e di cui troverà cenno ne' giornali* (2), importa più che mai che alle ,trattative da Lei iniziate si mantenga il loro genuino carattere, e che esse, ristrette entro i lor determinati confini, non deviino da queste due norme capitali: che non vi si tramescoli alcuna quistione politica; che per alcun verso non ne possa derivare la menoma offesa alla sovranità nazionale, all'indipendenza del poter civile e al diritto pubblico ecclesiastico del regno.

Ciò premesso, palsso a risponderle sui val'ii punti da Lei indicati, seguendo per amor di brevità l'ordine in cui son posti nel suo offi.cio.

l. 'Si ammette in massima il ritorno dei Vescovi assenti dalle Diocesi.

2. -Si ammette il ritorno sensim sine sensu. Que' Vescovi, de' quali sarà di comune accordo determinato il ritorno, ne faranno domanda con un'istanza indirizzata al Re o al Ministro Guardasigilli. Da tale istanza si raccoglierà che ne abbiano avuto ordine dalla Santa Sede. 3. -Innanzi pigliare impegni positivi, *si compiaccia ,trasmettermi la nota dei Vescovi* (3), che ha rassegnata al Cardinale Antonelli. 4. -Il Governo del Re vuoi riservarsi piena libertà di decisione circa a que' Vescovi, di cui si tenga pericoloso il ritorno alle Sedi per ragioni di ordine pubblico. Si ammette che la Santa Sede assuma dal suo canto informazioni in proposito e che a Lei ne esponga il risultato, perché qui se ne possa aver pronta notizia, e se ne pigli indirizzo nelle definitive risoluzioni. Altra via di comunicazione per ora non può essere, se non la sua, fra la Santa Sede e il Governo del Re. 5. -Ella deve richiedere come condizione sine qua non la Pastorale, con cui i Vescovi annuncino dl loro ritorno alle sedi e promettano l'osservanza delle leggi. Un tale atto farà che tle [popolazioni accettino in buon grado il ritorno de' Vescovi, e che il Governo lo possa giustificare anche a fronte delle opinioni *più* (2) avverse. Resta inteso che le Pastorali devono essere succinte, chiare, senza alcuna allusione al passato, e non contener la frase da Lei giustamente ripudiata. 6. -Si desidera una dichiarazione esplicita sugli effetti della decadenza comminata ai Vescovi che non ritornassero. 7. -Si desidera conoscere qual sarebbe il Cardinale Vescovo del Regno che s1 designerebbe per la Sede di Milano. *Non pare che ce ne possa essere alcuno idoneo* (2). 8. -Nel regno il Ballerini non potrebbe essere provveduto d'alcur. vescovado: si potrebbe condiscendere che gli fosse fatto un assegno sulla Mensa di Milano nel caso che fosse nominato a qualche sede in partibus (4). 9. -La sede di Crema è destinata ad essere soppressa: si potrebbe consentire alla nomina del Macchi ad altra sede vacante, che sia da conservarsi, ad esempio a quella di Como. 10. -Si ammette (1). 11. -12. Sapevasi che la Sede di Sarsina è data in amministrazione al vescovo di Bertinoro, né si dissente che continui in tale stato, finché duri il titolare attuale: non sapevasi che dalla Santa Sede !si fosse provveduto anche alle sedi di Cervia, di Orvieto e di Sinigaglia. Si desiderano in proposito pronti ragguagli. Non trattasi dunque più di otto sedi già provviste nelle provincie già pontificie, ma di undici, tra le quali cinque sole, ne' propositi del Governo, sarebbero da conservarsi: *Ravenna, Bologna, Loreto, Sinigaglia, Orvieto* (2). Ciò posto, non possono più aver luogo •le combinazioni che in via di temperamento

o transazione si proponevano ""nella precedente nota del 27 di questo mese* (3). Converrà perciò che si dichiari non potersi dal Governo ammettere la provvista di quelle sedi che in una nuova circoscrizione diocesana si dovrebbero sopprimere o riunire, assentirsi da esso che la Santa Sede destini i nominati a sedi da sopprimersi ad altre sedi da conservarsi; potersi a tal uopo procedere sin d'ora dalla Santa Sede a quelle riunioni di cui già in massima avrebbe accolta l'idea. In tal proposito si potrebbe accennare, a dimostrazione della convenienzà del partito, che, riunendosi le tre diocesi vacanti nell'Umbria di Orvieto, Nocera e Città di Castello. si formerebbe una diocesi che avrebbe poco più di 100/m abitanti, e così dell'altre.

13. -Si ammette (4), salve le intelligenze sugli ·indiVidui, e salva la quistione sul tenore. delle Bolle, di cui è cenno nelle Istruzioni. 14. -Non si ammette (5): il Governo non può removersi dal concetto d'una nuova circoscrizione diocesana.

15.In correlazione alle cose esposte sopra ai nn. 11 e 12 conviene che la Santa Sede affretti le pratiche per la riunione delle diocesi ,e ne determini le basi. Ciò farà luogo a più pronti e facili accordi per le diocesi provviste nelle provincie già pontificie.

16. -Mentre non si dubita che la Santa Sede non sia per consentire al Re d'Italia per la Lombardia ciò che consenti all'Imperatore de' Francesi per Savoia e Nizza, è fermo proposito del Governo del Re, che siano pienamente riservati per tutte le provincie del regno i diritti e le prerogative della podestà civile quanto alla nomina, presentazione o raccomandazione dei Vescovi. 17. -Perciò nel caso delle nuove nomine deve risultare che le proposte muovono dal Re e sono ammesse dalla Santa Sede: di che deve constare dalle relative Bolle nei termini espressi nelle Istruzioni. 18. -Tutti i Vescovi devono prestare giuramento secondo un'unica formola, cioè secondo quella *che lsi trasmette e che è la formola del giuramento* (2) ricevuta nel regno. Non si vede ragione, per cui ne dovrebb'essere una speciale

nei Vescovi, dacchè il giuramento ch'essi prestano, è atto al tutto civile. La formola che si unisce, si ravviserà di fermo più dignitosa dell'altre che pur si trasmettono (1), che erano in uso neHe vecchie e in altre provincie del regno. Ella non lascierà di fare osservare, ove occorra, che non è riserva alcuna di ubbidienza alla Santa Sede nella formala sancita nel Concordato del 1803.

19. -Non si può prescindere circa la presentazione della Bolla per l'Exequatu?· dalle norme stabilite dalle leggi del regno. 20. -Si ammette che ciascuna diocesi abbia il suo Seminario, il quale però, per le scuole secondarie o classiche, deve andar soggetto alle leggi del regno.

21 e 22. Si facda mserva d'ogni quistione di persone, finché non siano assestate le quistioni di p.rincipii. Si manderà la richiesta lista (2), e si desidera conoscere immediatamente quali siano le nomine proposte accettate dalla Santa Sede.

23. Per tutto ciò che si riferisce a aueste trattative, ogni carteggio deve essere a Lei diretto.

Ringrazio Lei e il suo collega della intelligenza e solerzia che pongono in quest'ardua negoziazione. Rimane inteso, essere ne' propositi del Governo che non si faccia luogo ad alcun accordo su punti speciali, quando non si convenga nelle massime generali, e principalmente su quelle di maggior rilievo concernenti le diocesi da sopprimersi o riunirsi, il tenore delle Bolle, la provvista delle sedi nelle provincie già pontificie, il giuramento de' Vescovi e la presentazione delle Bolle per l'Exequatur.

*Ma poiché cotesti Signori, come Ella mi a()cenna, ,pretendono se si ricusa, e ricusano se ',si offre, Ella stia sull'avviso di non dar loro occasione né di pretendere, né di ricusare: lasci che si spieghino: non offra se non quando ce ne sia vero bisogno, e contrapponga pretensioni a pretensioni, rifiuti a rifiuti, attenendosi a quel savio concetto, da Lei sì felicemente espresso, che la miglior prudenza sta nel dare minor valore alle cose.

E riserbando ad altra Nota le dichiarazioni indicate sul principio di questa ...* (3).

(1) -Non si pubblica. Il giorno seguente La Marmora trasmise a Bertinatti anche un analogo indirizzo votato dal Senato. (2) -Cfr. n. 666. (1) -In L V 8 qui aggiunto: c forse •· (2) -Omesso in L V 8. (3) -In L V 8: • il R. Governo si riserva di riassumere in esame la nota dei vescovi, il cui ritorno non presenta inconvenienti •. (4) -In L V 8 questo capoverso è sostituito dal seguente: c Nel Regno l'attuale preconizzato alla sede di Milano non potrebbe esser provveduto di alcun vescovado •· (1) -In L V 8: • Si ammettono le disposizioni proposte per i vescovi di Bologna e Loreto •· (2) -Omesso in L V 8. (3) -In L V 8: • precedentemente •. (4) -In L V 8 qui aggiunto: c che si faccia fin d'ora la nomina per tutti i vescovati per cui v'ha consenso per parte del R. Governo •. (5) -In L V 8 qui aggiunto: c che si faccia intanto la nomina per alcuni dei v:escovati che il Governo non intende di conservare •.
679

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(A S Biella, Oarte La Marmora; ed. in Carteggi Nigra, pp. 112-113)

L. P. Parigi, 29 aprile 1865.

L'Imperatore deve passare questa sera a Lione e vi si fermerà la notte. È probabile che vi s'incontri coll'Imperatore di Russia e con tutta la di lui famiglia. Si fu lo stesso Czar che ha manifestato il desiderio di ringraziare personalmente l'Imperatore Napoleone dell'interesse da lui preso alla sventura che

colpì la famiglia imperiale di Russia. Quando lo Czar passò a Parigi, non vi fu tra lui e l'Imperatore Napoleone nessun colloquio politico. Non posso dirle lo stesso di quanto si passerà a Lione. Sono piuttosto inclinato a credere che a Lione il colloquio si aggirerà sulla politica e che vi saranno da ambo le parti dichiarazioni di buone disposizioni reciproche. Forse il colloquio andrà anche più in là. Ma è arrischiato il fare ipotesi fin d'ora. Quello che si può indurre si è che vi è una tendenza di riavvicinamento.

La missione Vegezzi fa credere a molte persone che tra Roma e Torino si tratti un accordo anche sulle questioni politiche.

H Conte Goltz, Ambasciatore di Prussia, mi domandò informazioni intorno a auesta missione. Gliele diedi nel senso del dispaccio ufficiale da Lei mandatomi. Evidentemente la Prussia, che fu sorpresa dalla notizia della convenzione del 15 settembre, dubita che un altro fatto di uguale importanza scaturisca ad un tratto dalla missione Vegezzi. Non credo però che vi sia una connessione molto intima fra questa curiosità o preoccupazione prussiana, e i rapporti attuali della Prussia e dell'Austria. Sventuratamente, a mio giudizio, si è ben lontani da una rottura tra le due grandi potenze germaniche.

In surrogazione del Generale Bougenel che era Cavalier d'Onore della Principessa Matilde e che morì poco fa, è nominato nella stessa qualità il Signor St. Marceau, attuale Prefetto di Versailles, ,che sarà fatto Senatore. Si annunzia pure la nomlina al Senato del Signor Sainte Beuve, distinto critico e letterato di :fama. Il Signor St. Marceau è amico all'Italia, e credo che questa nomina sia buona sotto tutti i rapporti.

Il Principe Napoleone, tornato ieri dalla Svizzera, si dispone a partire verso il lO maggio per la Corsica, ·ove assisterà all'inaugurazione delle statue di Napoleone l o e dei suoi fratelli.

P. S. -Il Conte Walewski si dispone ad andar prossimamente a Firenze coUa moglie, che è fiorentina, com'Ella sa. Il Conte Walewski non è fra quelli che approvino la Convenzione. Appartiene al partito di cui il giornale La France è organo principale. La sua opinione sulla questione romana si è che si dovrebbe provocare una guarentigia collettiva delle potenze cattoliche in favore del potere temporale.

(1) -Le formule di giuramento sono edite in L V 8, pp. 27-30. (2) -In L V 8 qui aggiunto: • per le proposte alle sedi •. (3) -In L V 8 invece del brano fra asterischi si trova il seguente: « Ma poiché a Roma pretendono se si ricusa, e ricusano se si offre, Ella stia sull'avviso di non dar loro occasione né di p:retendere, né di ricusare: lasci che si spieghino •.
680

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. R. CONFIDENZIALE 115. Torino, 30 aprile 1865.

Il R. Agente e Console Generale in Bukarest mi riferisce che il Principe Couza intende recarsi tra breve all'estero, allo scopo di cogliere l'opportunità di una cura consigliata dalle sue condizioni di salute per venire a far visita ai Sovrani garanti.

Il Principe Couza ha annunciato che partirebbe verso la metà di Giugno per Costantinopoli di dove si recherebbe a Parigi e quindi nelle altre Capitali, nella lusinga di rinvenire presso la Corte Imperiale di Francia favorevole accoglienza, che possa poi servire di norma e di esempio alle altre Corti. Il Principe dichiara che non avrebbe fatto difficoltà in argomento di etichetta e che non si sa~bbe neppure rifiutato, specialmente a Londra, di essere presentato dall'Inviato Ottomano.

Parrebbe naturale il supporre che il Principe Couza si proponesse nel suo viaggio di ottenere dalle Potenze garanti maggiore accondiscendenza nelle gravi questioni pendenti, e nuove concessioni che, rafforzando la sua posizione, spingessero sempre più innanzi il paese nella via della sua indipendenza.

Nondimeno il Cav. Strambio crede di essere autorizzato, da confidenze dell'ex Ministro Co-galniciano e da private dichiarazioni fatte dallo stesso Principe Couza a devoti suoi, a credere che questi si proponga sopratutto di assicurarsi una buona posizione privata nel caso in cui dovesse dismettere il potere, prendendo egli stesso l'iniziativa di sollecitazioni per lo stabilimento in Rumania d'una dinastia ereditaria forestiera.

Il R. Agente soggiunge però poter altresi supporsi che il Principe Couza creda impossibile che, a fronte della resistenza della Sublime Porta e delle rivalità esistenti tra le Potenze, si facciano gravi innovazioni allo stato di cose attuale, e ch'egli si lusinghi di ottenere con siffatte aperture, senza rischio, il consolidamento della sua posizione personale, e fol's'anche una maggiore probabilità di successo alle sue aspirazioni alla eredità del Trono.

Trasmettendole siffatti cenni confidenziali per semplice Sua informazione, La prego di voler poi tenermi esattamente informato di quanto venisse a cognizione di Lei intorno a quel delicato argomento, e specialmente di osservare per quale connessione esso potrebbe eventualmente venire riannodato alle questioni relative alla nostra situazione verso l'Austria.

681

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 135. Berlino, 1 maggio 1865, ore 14,37 (per. ore 19.25).

Bismarck m'a dit hier au soir que la Prusse n'a plus les Ìnémes motifs de délicatesse à apporter dans ses rapports avec Autriche, qu'il était prét à reprendre négociations pour conclusion d'un traité de commerce avec Italie. J'ai répondu dans le sens de mes instructions. Sur la demande que je m'autorisais à lui faire de pareille ouverture sur les nouvelles relations de la P russe avec l'Autriche à propos des duchés, M. de Bismarck m'a répondu que la Prusse ne pouvait arriver à une annexion complète, mais que le peu qui manquerait à la réalisation de ses désirs ne valait pas la peine qu'on la fit. Ce langage indique revirement important dans la politique prussienne, mais sans rupture avec l'Autriche.

682

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 136. Berlino, 1 maggio 1865, ore 20.30 (per. ore 24).

Revirement ou plutòt reculade de la Prusse dans la question des duchés s'explique par cette circonstance positive: que ministre prussien à Paris ayant été chargé de demander au ministère des affaires étrangères pour qui se prononcerait la France dans le cas d'une guerre avec l'Autriche, Drouyn de Lhuys a répondu que la France serait pour la Confédération germanique... De là viennent, il parait également, propositions et confidences qui m'ont été faites hier au soir par le comte de Bismarck, ne· venant aujourd'hui à nous que parce qu'il se sent isolé et arreté dans ses projets annexionnistes (1).

683

L'ONOREVOLE VEGEZZI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

Roma, 2 maggio 1865 (per. il 4).

Tengo a mie mani le note di V. E. del 27 e del 29 deLl'ora spirato a:prile (2)

che mi furono rimesse nello stesso tempo dal corriere arrivato jeri.

Nell'ultima Nota ai NN. 15 e 23 la E. V. mi scrive che altra via di comuni

cazione per ora non può essere se non la mia fra la S. Sede ed il Governo del

Re, che per tutto ciò che si riferisce a queste trattative ogni carteggio debba

essere a me diretto. Questo mezzo di disimpegno, che io proponeva, non però

come esclusivo, nell'officio del 24 aprile a V. E. prima di farne parola al Car

dinale Segretario di Stato venne da lui stesso proposto nell'ultima udienza

che avemmo, quale idea sua.

Ora che lo vedo approvato non solo, ma ordinato da V. E., lo accetto senza

indugio, perché con esso, e senza star qui continuamente, posso tenere aperte le

trattative; ed intanto il mio Collega ed io abbiamo facile il mezzo per venire

presso al Ministro al fine di concertare le basi dell'accordo, di raccorre i mate

riali per compierlo, concretarlo, ed eseguirlo, e principalmente al fine di avvisare

a superare le difficoltà che le ultime istruzioni ci recano.

* Esse di vero fanno più stretta la cer·chia delle cose che si vogliono concedere alla S. Sede, di quello che fosse nelle prime istruzioni.

Non lasciano alcuna agevolezza di azione a chi tratta, nemmeno quella, che io avevo richiesta prima di partire, e che mi era stata assentita concordando nella massima che 10 o 12 Vescovi di più o di meno non impedissero l'accordo.

Esigono che si venga in modo assoluto sin d'ora alla riunione di Diocesi, quando come accennai la S. Sede rifugge ora da questo terreno, che trarrebbe troppo tardi le provvisioni alle sedi e solo consente a fasciare un addentellato per l'occasione di successive vacanze.

Contengono esigenze recise, impreteribiH, sine quibus non, in ordine al giuramento, in ordine alle pastorali, in ordine al modo da seguirsi dai Vescovi per tornare nelle loro Diocesi, in ordine ai Vescovadi delle provincie ex-pontificie.

In complesso prescrivono una via nella quale non si sta più contenti alla ricognizione di fatto del Regno d'Italia, la quale emergerebbe compiuta dalla sola convenzione, ma si vogliono espresse ricognizioni di diritto, via che io rispetto, e che debbo osservare, ma per la quale il mio Collega ed io crediamo che non si potrà giungere a conclusione di un accordo; tanto più che trattandosi puri interessi religiosi, come mi fu ripetutamente prescritto, non si possono addurre ragioni politiche per ottenere quanto si vuole dai nostro Governo * (1).

In questa condizione di cose e perché lo spiegarsi per corrispondenza sarebbe forse soverchiamente difficile e lungo, e di troppo tedio a V. E., sembra al mio Collega ed a me, che l'unico partito da prendere per parte nostra sia quello di venire presso V. E. riferire il tutto minutamente, e nella stessa occasione sottoporle eziandio quelle considerazioni ,che lo studio della Città e delle persone ci suggerì, e che sarebbe grave nostra mancanza il non significare all'E. V. prima che, col significare al Cardinale Antonelli come impreteribili le esgenze prescritte coll'ultima nota, si dia al medesimo il mezzo di giustificare il rifiuto di ulteriori trattative a fronte di coloro che tanto le desiderarono.

Né ciò sarà cagione di ritardi, perché il Cardinale Antonelli ci osservò come gli occorresse qualche tempo per indicare nominativamente le sedi, oltre le accordate dal Governo, che bramerebbe la S. Sede fossero provvedute adducendone la ragione che si debbono studiare le località onde indicare quelle nelle quali il servizio religioso possa riuscire più utile. Lo stesso è a dirsi per la nota delle persone.

Ciò stante, anziché star qui inoperosi, riteniamo che sia utile, anzi necessario che veniamo costì. Essendo noi ora in qualche guisa a segno degli intendimenti della S. Sede, metteremo * in grado il Ministero di prendere le sue risoluzioni con migliore conoscenza di cose per quanto doveva avere ragguaglio da noi assai più sicuramente di quello che potesse fare su semplici nostre relazioni scritte * (1).

Perciò, persuasi di gradire all'E. V. faremo di vedere il Cardinale Anto

nelli il più tosto possibile: diremo che mentre egli raccoglie i materiali per il

trattato dell'accordo, noi ne faremo altrettanto recandoci presso il Governo del

Re: taceremo per ora le difficoltà che le istruzioni avute ci recarono; e venendo

presso V. E. col partire di qui dimani, se ci sarà possibile, esporremo lo stato

delle cose, rassegneremo le nostre considerazioni, l'E. V. poi ed il Consiglio

prenderanno quelle risoluzioni che terranno opportune.

(1) -Con D. 116 del 2 maggio La Marmora comunicò a Nigra Il contenuto di questo telegramma, chiedendogli di assumere informazioni in proposito. (2) -Cfr. nn. 673 e 678.

(1) I brani fra asterischi sono editi in MoRr, pp. 272-273.

684

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 26. Berlino, 2 maggio 1865 (per. il 6).

Je ne reviendrai pas sur ce que j'al eu l'honneur de mander par mes deux dépéches télégraphiques d'hier (1) à V. E. relativement aux motifs du revirement complet qui vient de se produire dans la politique prussienne à propos des Duchés. La convocation des Etats du Schleswig-Holstein, à laquelle l'Autriche donne son consentement, et qui maintenant pourront, sans que la Prusse s'y oppose et en dehors des autres questions administratives et financières, se prononcer également sur la question de souveraineté, prouve suffisamment que le Cabinet de Berlin sous l'empire de considérations .Politiques de la plus haute gravité, s'est viì. obligé de renoncer au moins momentanément à ses idées annexionnistes en reléguant à l'arrière plan tous les moyens qu'il avait jusqu'ici employés dans ce but. Le parti annexionniste est consterné, et ne s'explìque la reculade du Gouvernement que par la nécessité où il s'est vu placé de renoncer à ses projets ou de rompre ouvertement avec l'Autriche en courant les chances d'une lutte armée. Comme consolation ce parti dit bien, il est vrai, que si M. de Bismarck a pris la résolution ·subite d'en arriver à une entente avec les Duchés par la convocation des Etats, c'est qu'il espère évincer l'Autriche par les Duchés mémes, sauf ensuite à avoir plus facilement raison du Due d'Augustembourg qui entre ses habiles mains ne deviendrait bientot qu'un Préfet couronné. Mais à l'époque oiì. nous vivons, il est impossible de ne pas tenir compte des voeux de tout un peuple appelé à se prononcer sur ses destinées; et les Schleswig-Holsteinois réclamant le Due d'Augustembourg avec cette ténacité Allemande que tout le monde connait, il faudra bien le leur donner. Ce qu'il y a de vrai aujourd'hui dans les espérances du parti annexionniste Prussien, (et la part est déjà assez belle), c'est que en définitive la Prusse obtiec..dra le port et la rade de Kiel, l'ìle d'Alsen, la forteresse de Rendsbourg, le Canal maritime et plusieurs autres avantages au point de vue militaire et maritime. A ces importantes concessions il faut ajouter le remboursement intégral des frais de guerre, et tout cela réuni forme une assez large compenSl!.tion pour une campagne d'à peine quatre mois. Quoi qu'il en soit du plus ou moins grand aliment qui sera accordé au.x appétits de la Prusse, un fait reste acquis à la situation du moment, c'est que la politique annexionniste de la Prusse vient de subir une profonde moàification et que les moyens violents pour arriver à un but d'absorption des Duchés ouvertement avoué est indéfinitivement écarté. Il n'est pas besoin d'ajouter que les Représentants des Etats secondaires ici sont dans la jubilation de l'échec subi par la Prusse, et que meme ceux dont les Gouvernemens avaient, uniqucment par peur, voté en sa faveur dans;

la mémorable Séance du 6 avril dernier à Francfort ne cachent pas leur joie à propos de ce qu'ils appellent la gmnde reculade de la Prusse.

En ayant l'honneur de remercier V. E. de sa dépeche circulaire du 14 avril dernier (1) aux prescriptions de 'laquelle je ne manquerai pas de me conformer en adressant directement à partir dn 15 courant la correspondance de cette Légation à Florence...

(1) Cfr. nn. 681 e 682.

685

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, PINNA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 2. Tunisi, 2 maggio 1865 (per. l'8).

Il Generale Kerreddin è ritornato jeri l'altro direttamente da Genova sul piroscafo tunisino Bescir, e mi affretto ad informare V. E., che da quanto sinora ho inteso dal Generale Conte Raffo, S. A. il Bey ed il Kasnadar ft~rono grandemente soddisfatti dell'accoglienza usatagli in Torino. Lo stesso Conte Raffo mi aggiunse in pari tempo che non meno contenti si addimostrarol10 entrambi nel sentire il sunto della conversazione passatasi tra lui ed il Ministro Signor Comm. Cerruti. Da parte mia ne sono pure lietissimo, e mi approfitterò di queste buone disposizioni del Bey e del suo Ministro per intavolare subito dopo le imminenti feste del Courban-B'lyram le trattative dell'affare Debbasche e di quello de' crediti dei Principi, quali vado intanto bel beLlo studiando.

Nella scorsa settimana è rientrato il così detto Bey del Campo dalla solita

annuale escursione nelle provincie meridionali della Reggenza, traendo seco

un 400 prigionieri nella massima parte colpevoli di delitti comuni. Le imposi

zioni sarebbero state questa volta esatte prontamente e senza difficoltà, ciò che

proverebbe come il paese sia tranquillo, e quelle popolazioni piuttosto in istato

di prosperità. Le quali circostanze mi vennero d'altronde confermate dalle RR. De

legazioni Consolari, cui ne richiesi espressamente in seguito dei timori manife

statimi dal Signor de Bellecourt che sogna sempre rivolte e qualche brutto giuoco

dalla parte deLl'Inghilterra. Io non dirò che gli ultimi avvenimenti non abbiano

lasciato del malcontento, e forse lo stesso desiderio di radicali mutazioni nel

l'amministrazione; ma per qualche tempo si può essere sicuri che senza nuove

cause impellenti non verrà punto la pace turbata nella Tunisia.

Le truppe sono tuttora accampate presso del Bardo. S. A. le passò l'altro

giorno in rassegna, dispensando decorazioni agli ufficiali e doni in danaro ai

soldati; e siccome non ha dato per anco l'ordine di levare le tende, si vuole che

debbano riemettersi in marcia per l'altra [parte della Reggenza.

686

IL MINISTRO A LONDRA D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 137. Londra, 3 maggio 1865, ore 17,10 (per. ore 19.50).

Lord Russell communique aujourd'hui à Vienne, et va vous communiquer également, proposition de souscrire à Galatz double Convention, l'une avec

vous, l'autre avec l'Autriche. Il s'est entendu à cet égard avec la France. Ne sachant comment sortir autrement des difficultés, il ne croit pas par conséquent pouvoir forcer la main à l'Autriche quant aux protocoles et aux autres actes.

(1) Non pubblicato.

687

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(Ed. in L V 8, pp. 298-299)

D. 118. Torino, 4 nwggio 1865.

Il R. Ministro in Londra mi annunzia telegraficamente (1) che Lord Russell ha scritto jeri a Vienna proponendo come mezzo termine per eliminare ogni difficoltà relativa alla firma dell'Atto Pubblico del Danubio, che si firmino a Galatz due Convenzioni separate ed identiche, nelle quali i singoli Commissarii si varrebbero dell'espressa designazione della Potenza che ciascuno di essi rappresenta, astenendosi però dall'una il Delegato Austriaco, dall'altra il Delegato Italiano. Analoga comunicazione dovrebbe essere fatta pervenire tra breve dal Governo Inglese al Governo del Re. Il Marchese d'Azeglio soggiunge che l'Inghilterra disperando di poter indurre l'Austria a maggiore pieghevolezza, né sapendo come altrimenti uscire di impaccio, si è previamente concertata in ordine a tal proposta colla Francia, e che per ora si lascerebbe in disparte la questione relativa alla assunzione dei titoli rispettivi negli Atti correnti e nei Protocolli ordinarii della Commissione.

V. S. Illustrissima sa, che l'attuale proposta è quella stessa che fu posta innanzi in sul principio del 1864 dalla stessa Inghhlterra, e che fu in allora respinta per ragioni facili a comprendersi così dall'Austria come da noi (2) *benché in sostanza tutte le potenze si sarebbero trovate efficacemente e vicendevolmente legate, meno l'Italia e l'Austria tra loro, e benché fossero invocati taluni precedenti storici in appoggio. Essa sarebbe poi attualmente ancor meno accettabile per parte nostra, poiché al precedente della firma del Trattato pel pedaggio dell'Escaut sta per aggiungersi il fatto della prossima firma della Convenzione telegrafica internazionale, cui prenderanno parte col Rappresentante Italiano Rappresentanti di Potenze che non ci hanno peranco riconosciuto, senz'altra formalità tranneché una dichiarazione generica che riservi l'attitudine reciproca delle potenze contraenti * (3).

Non credo giunto il momento di determinare a qual partito si appiglierebbe il Governo del Re ove un tale espediente venisse adottato dalla maggioranza delle Potenze.

La prego intanto, Signor Ministro, di voler anzitutto accertarsi se e fino a qual punto il Governo Imperiale consenta col Governo Britannico in ordine alla presente transazione, e di sollecitamente ri.ferirmene.

(1) -Cfr. n. 686. (2) -In L V 8: • V.S. Illustrissima sa che l'attuale proposta è quella stessa che fu postainnanzi già in sul principio del 1864 e che fu in allora respinta da noi per ragioni facili a comprendersi •. (3) -Il brano fra asterischi è omesso in L V 8.
688

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, ALL'ONOREVOLE VEGEZZI (1)

Torino, 4 maggio 1865.

Sciolgo la promessa della mia ultima nota, e mi reco a debito di soggiungerle in questa le dichiarazioni di massima di cui quella aveva bisogno, e che le gioveranno a fare un più sicuro apprezzamento dei propositi, a' quali n Governo del Re ha inteso e intende attenersi nelle pratiche iniziate con la Santa Sede e commesse all'alto senno e coscienzioso di lei patriotismo.

Accogliendo la ultronea proposta del Santo Padre, il Governo del Re ha voluto fare un atto di giusta deferenza al venerato Capo della Chiesa, dimostrare il conto in cui tiene le ragioni e gli interessi de' Cattolici, significare il suo costante intendimento, già solennemente espresso in più congiuntare, di non frapporre alcun ostacolo al legittimo esercizio della podestà Ecclesiastica nell'ordine spirituale. Credette con ciò d'adempiere ad un dovere, d'interpretare i desiderj della gran maggioranza della Nazione, e di promuovere altresì un bene dello Stato col provvedere alla maggiore tranquillità delle coscienze.

Ma nel tempo stesso il Governo del Re non sl dissimulò tutte le difficoltà d'una negoziazione colla S. Sede così in ordine allo stato delle sue relazioni col Governo Pontificio ed alle consapute pretenzioni della Corte di Roma circa l'estensione della sua autorità e giurisdizione, come in ordine a quegli intendimenti che dal Governo del Re si sono già in più incontri manifestati intorno all'assestamento delle cose ecclesiast1,che. Parimenti non s~ rimase dal riflettere ai pericoli di siffatta negoziazione rimpetto alle esigenze che in tutto quanto risguarda le materie ecclesialstiche si metton fuori da una ragguardevole frazione del partito liberale, e rimpetto altresì alla suscettività della gran maggioranza della Nazione, che sebbene propensa a veder composte le controversie religiose, poteva, a cagione di tale negoziazione, accogliere timori e dubbiezze circa il completo eseguimento del nazionale programma. Di ciò era il Governo in apprensione sin dal primo istante in cui deliberò di dar seguito all'officio del Santo Padre e ben dovette accorgersi che le sue preoccupazioni erano fondate, al manifestarsi dei vari giudizi della pubblica opinione, appena fu escito suono delle trattative avviate.

Le istruzioni che a Lei furono date (2), erano dirette a removere siffatte difficoltà e siffatti pericoli. Ora, sebbene dal tenore delle graditissime sue comunicazioni emerga che Ella vi si è scrupolosamente attenuta, io non credo inopportuno l'entrare su tal proposito in maggiori particolari ,traendone pur argomento dalle sue comunicazioni medesime.

Appare da esse, che non ci fu alcun cenno esplicito della quistione politica che si agita fra noi e la Santa Sede e dello stato delle nostre relazioni col Governo Pontificio. Noi negoziamo col Capo della Chiesa Cattolica, non già

col Sovrano dello Stato Pontificio; noi negoziamo per interessi della Chiesa, che abbiamo comuni con tutti gli altri Stati cattolici, e che sono indipendenti da qualsivoglia controversia politica. Non sembra però che la Santa Sede sia disposta a mantenersi dal suo canto su questo terreno, e ne darebbero prova le eccezioni promosse circa la promessa che i Vescovi reduci alle Diocesi dovrebber fare d'o:sservare le leggi del Regno, le difficoltà circa il giuramento dei Vescovi, massime nelle provincie Napoletane, le riserve intorno all'esercizio della Regia Prerogativa per la presentazione dei Vescovi nelle varie parti dello Stato: eccezioni, difficoltà e riserve, le quali dimostrano che la Santa Sede rifugge da qualsivoglia atto, onde possa indursi che riconosca il nuovo assetto d'Italia, eccettoché nella Lombardia.

Or bene, se nel concetto del carattere speciale delle iniziate trattative è da escludersi qualsivoglia cenno di quistioni politiche, non devesi nemanco permettere che pel fatto di esse patiscano detrimento que' principj in che sta la forza del Governo Nazionale, e da cui esso non può prescindere senza venir meno al proprio decoro, e senza compromettere dentro e fuori dello Stato i suoi sostan

ziali diritti e i suoi vitali interessi. Accennare nell'occasione di queste trattative ad un riconoscimento da parte della S. Sede del Governo di S. M. il Re d'Italia, sarebbe un far perdere alle trattative stesse il loro vero carattere d'un tentativo

,d'accordi intorno a quistioni risguardanti strettamente il reggimento spirituale della Chiesa Cattolica. Ma nel tempo stesso non si può né si deve ammettere che il risultato delle trattative, e nel complesso e sopra qualsivoglia punto, porti o all'espresso diniego di tale riconoscimento, o ad un equivoco, in quanto o si tacesse il nome del Re nelle bolle, o si ricorresse a qualche espediente che involgesse una rinuncia a qualsiaisi parte delle regie prerogative, o si adottasse qualche formula ambigua. Su questo particolare converrà ch'Ella metta la maggior insistenza, e che non si arrenda se non a un partito chiaro, definitivo e che non lasci luogo a varietà d'interpretazioni.

Ove costì, come ne dà qualche sentore l'ultimo di Lei foglio, si voglia trattare con noi nel modo, con che, in ,capo ai savj avvedimenti di Papa Leone XII, si trattò con le nuove Repubbliche d'America, Ella non dissenta, dappoiché non ci potrebbe dolere che la Santa Sede riconoscesse il governo di Sua Maestà come il governo di fatto di tutti i già Stati della penisola che entrarono a formare il nuovo Regno. In tal caso però Ella dovrebbe richiedere che un tale trattamento ci si facesse per tutte le provincie; perché se nelle condizioni presenti noi non pretendiamo a un formale riconoscimento da parte della Santa Sede, del quale d'altronde non abbiamo punto bisogno, non dobbiamo prestarci a verun atto che possa tradursi a significare la menoma rinuncia all'esercizio di tutti i diritti della Sovranità in qualunque parte del Regno. Certamente dobbiamo apprezzare il vantaggio che ci deriverebbe dall'essere il Governo del Re riconosciuto dalla Santa Sede come il governo di fatto delle varie provincie che costituiscono il Regno d'Italia e dal venire con esso la Santa Sede medesima ad accordi, in forza de' quali cesserebbero d'aver valore ed efficacia i principali appunti di cui lo gravò dopo gli avvenimenti del 1859. Ma dobbiamo prendere in più seria considerazione il pessimo effetto che si produrrebbe nel paese e all'estero dall'ammettersi una diversità di trattamento per talune provincie e principal

25 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. V

mente per quelle già Pontificie. Che se la Santa Sede move da una sincera sollecitudine degli interessi spirituali della Chiesa, non vorrà certo per una quistione affatto politica mettere il Governo del Re nell'impossibilità di secondaria, mentre dovrà pur far ragione alla gravità dei motivi, su cui tale impossibilità sarebbe fondata, i quali si immedesimano al principio sostanziale del governo stesso.

Dopo averLe così distesamente spiegato gli intendimenti del Governo del Re stù punto più rilevante delle trattative a Lei confidate, potrò essere più breve sugli altri punti, sebbene gravissimi anch'essi in correlazione allo stato delle opinioni correnti in paese, e alla natura dei disegni, che dal Governo si coltivano intorno al riordinamento delle cose ecclesiastiche.

Non occorre di fermo che m'indugi a toccarLe né delle condizioni poste al ritorno de' Vescovi assenti, né della formola del giuramento, né dell'Osservanza delle leggi dello Stato sull'Exequatur. Ella avrà senza più apprezzate le ragioni, per cui dal Governo del Re si devono mantenere fermi i propositi manifestati. Prescindendo daHe considerazioni ·che toccherebbero i principj, è evidente che se il Governo piegasse su quei punti ad alcuna transazione, tutto il partito liberale se gli renderebbe avverso e ne sorgerebbe nel paese occasione a turbamenti gravissimi. Il Governo del Re desidera trovar modo di migliorare le condizioni della Chiesa Cattolica nel Regno; ma per ciò né potrebbe rinunciare a quelle guarentigie e prerogative che hanno quasi tutti gli altri Stati Cattolici, né saprebbe esporsi a sfidare sovra alcun punto la pubbLica opinione, onde ripete tanta parte della sua forza. Intorno a che gioverà che Ella, massime nei suoi colloquj * col Ca1·dinale Antonelli, si studi di esporre qual sia la vera condizione delle cose in Italia, quale lo stato dei partiti, quali le tendenze dello spirito pubblico, ad ottenere che questo eminente Prelato si persuada essere· necessario che la S. Sede cali a temperati propositi * ove intenda ad assicurare i veraci e più preziosi interessi della religione e della Chiesa. Fuor di dubbio, se costì si sta a fidanza dei giornali clericali d'Italia e d'oltre Alpi, Ella non troverà facile ascolto; ma ci son fatti da contrapporre a tutte le declamazioni di tai giornalisti; ed ove Ella rammenti taluno di tali fatti, ad esempio l'attitudine del paese e del Parlamento in occasione delle discussioni sul matrimonio civile e sulle Corporazioni :religiose, avverrà fortse che il Cardinale Antonelli riconosca doversi pur dalla S. Sede tener conto del gran mutamento intervenuto nelle disposizioni generali degli spiriti :in tutta Italia, e ;procedere, così come sapientemente procedette rispetto alla Francia dopo i grandi avvenimenti della Rivoluzione.

Per tutte le esposte considerazioni il Governo del Re deve persistere nel proposito di non assentire alla provvista di Sedi Vescovili destinate ad essere soppresse, nemmeno nelle provincie Pontificie. Esatti computi statistici che ha di nuovo instituito e di cui Le trasmetto il risultato, lo recano a disdire assolutamente che si provveda a sedi vescovili affatto esigue, poste in comuni non punto riguardevoli e non raccomandate da veruna speciale circostanza; alle quali provviste non potrebbe indursi neppure per sedi poste nelle provincie già Pontificie, a non accreditare l'idea che colà sia costretto a seguire altre norme che nel rimanente del Regno. Tuttavolta è disposto a prendere in esame quei tem

peramenti che dalla S. Sede fossero reputati più convenevoli, tenuto ogni possibile riguardo delle persone su cui è caduta la provvista delle Sedi, e partendo dal concetto d'una riunione di Sedi o definitiva o mercé l'espediente dell'amministrazione temporanea; riunione che sia determinata da un giusto apprezzamento delle condizioni di località, di popolazione, di facilità nelle comunicazioni ecc. Ella vorrà porre nella debita evidenza le cose qui esposte, e se viene a capo delle necessarie intelligenze sui punti di massima, non lascerà di dichiarare che il Governo del Re non porrà tempo in mezzo ad assentire che si pro.ceda tra breve alla provvista delle sedi più .riguardevoli o da maggior tempo vacanti come sarebbero quelle di Torino, di Ravenna, di Milano, di Alessandria, di Messina, di Catania, di Girgenti, di Lecce, per le quali vo raccogliendo i necessarj elementi per inviarle la desiderata nota de' nomi; ma terrà fermo che prov

vista non segua di Sedi destinate ad essere soppresse o riunite.

Del rimanente il Governo del Re fa pieno assegnamento sulla sperimentata di Lei sagacia e prudenza. Arduo è il compito che Le fu commesso; ma io non dispero che Le possa esser dato di superare le molteplici difficoltà che già Le si sono attraversate, e che se Le attraverseranno più fitte, ove appena si sappia che la sua missione sia per avere buon successo a cagione delle diverse passioni ed influenze, che costi si agitano ed a vicenda si combattono. Che *se .pure la mia speranza dovesse andar delusa, rimarrà al Governo del Re il merito d'aver colta la prima occasione di venire a una conciliazione con la Santa Sede sul terreno neutrale degli interessi della Chiesa* (1), e a Lei l'onore d'aver posto a si nobile intento il suo ingegno, la sua dottrina e la sua devozione verso il'Italia

.ed il Re.

(1) -Annotazione marginale di pugno di Cerruti: • Lettera comunque approvata in consiglia, non fu spedita, avendo saputo che il Comm. Vegezzi partiva da Roma, per venire a Torino». (2) -Cfr. n. 625.
689

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(Ed. in L V 8, pp. 295-296)

R. 182. Parigi, 4 maggio 1865.

Giusta le istruzioni contenute nel pregiato dispaccio del 28 aprile scorso, senza numero (2), pail'l].ai oggi a S. E. il Signor Drouyn de Lhuys della persistenza del Governo austriaco nel suo rifiuto a permettere che negli atti della commissione europea del Danubio i delegati sieno designati col titolo delle rispettive potenze, e lo pregai a rinnovare al rappresentante del Governo imperiale le istruzioni favorevoli a noi che gli erano già state impartite. S. E. il Ministro degli Esteri mi disse che avrebbe continuato ad appoggiare la nostra domanda.

(1) -I brani fra asterischi sono editi in MORI, pp. 404-405. (2) -Analogo al n. 676.
690

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

R. 1 ( 1). Berlino, 5 maggio 1865.

Au moment où comme j'ai eu l'honneur d'en informer V. E. par mon télégramme du l•r de ce mois (2), le Chef du Cabinet de Bel'lin a pris ['inìitiative pour nous demander d'entamer de nouvelles négociations pour la conclusion d'un Traité de commerce entre la Prusse et l'Italie, je crois très à propos de mettre sous les yeux de V. E. l'article ci-joint de la Gazette nationale paru hier qui, en témoignant des sent.iments favorables à cet égard des Plénipotentiaires du Zollverein réunis ici en conférence, me semble en meme temps refléter la pensée du Gouvernement. En effet. le moment est venu où la Prusse redevenue· libre de ses mouvements et n'ayant plus les mémes ménagements à garder envers l'Autriche par suite de la tournure anti-annexionniste qu'a prise tout à coup la question des Duchés, doit comme compensation à l'opinion publique, tacher de donner autant d'extension que possible au commerce du Zollverein. C'est là un intérét politique autant que commerciai, et si dans un moment où elle cxoyait pouvoir réaliser ses projets d'ahsorption territoriale en Schleswig. elle a sacrifié la conclusion à peu près terminée d'un Traité avec l'Italie au désir peu excusable et à coup sùr peu louahle d'étre agréable au Cahinet de Vienne, aujourd'hui en revanche son intérét le plus immédiat est de reprendre son ancien ròle d'antagonisme vis-à-vis de sa rivale en procurant au commerce allemand des avantages qui sont en méme temps une revanche politique.

Dans ces conditions exceptionnelles et créées entièrement par le fait de la politique Prussienne, c'est à la Prusse à agir, soit que forte de l'assentiment de tous les membres du Zollverein elle traite directement avec l'Italie, et les oblige implicitement à reconnaitre le nouveau Royaume, soit qu'elle conclue seule un Traité auquel adhéreraient [es Gouvernements faisant partie de l'Union Douanière et dont l'adhésion deviendrait nécessairement une reconnaissance.

L'action décisive qu'a récemment exercée Ja Prusse sur les Etats moyens·. opposés presque tous au Traité Franco-Prussien prouve qu'elle a sur eux des moyens de pression auxquels ils ne peuvent se soustraire; et son influence sera d'autant plus efficace qu'en les engageant à ouvrir avec l'ltalie des relations commerciales elle ne fera que se rendre l'interprète des vreux de toutes les représentations nationales et de toutes les Chamhres de commerce de l'Allemagne.

Quant à ce qui concerne plus particulièrement notre attitude vis-à-vis des ouvertures qui viennent de nous étre faites, si V. E. veut bien me permettre de Lui exprimer mon opinion, il me semble que notre ròle est tout tracé à l'avance. Jetant généreusement le voile de l'oubli sur les négociations interrompues l'année dernière, nous n'avons qu'à attendre les nouvelles propositions du Cahinet de Berlin et ne consentir à y donner suite que en vue de la conclusion d'un Traité forme! avec la Prusse agissant au nom et avec les pleins pouvoirs du Zollverein. Il faudrait surtout bien se garder d'accep

ter et de laisser établir sur nos frontières un modus vivendi qui s'appuyant sur l'application du traitement de la nation la plus favorisée inséré dans le Traité Franco-Prussien et apportant à peu près les memes avantages qu'un Traité au Commerce allemand, mettrait singulièrement à l'aise les Etats moyens, en leur permettant d'ajourner indéfiniment la reconnaissance du nouveau Royaume d'ltalie. Ce serait là, je crois, une grande erreur dont il serait impossible de revenir pendant toute la durée du traité avec la France. Ainsi dans mon opinion, que je soumets du reste entièrement à la haute appréciation de V. E., à toutes les propositions de la Prusse nous n'avons qu'une réponse à faire: Nous ne demandons pas mieux que d'ouvrir des relations commerciales avec l'Allemagne, mais nous tenons à n'en consacrer la réalisation que par un Trai:té forme! sur les bases de celui passé avec la France. Cette réponse impliquc en elle-meme la reconnaissance du Royaume d'Italie par les Etats moyens sans que dans l'intérèt de notre dignité il soit nécessaire d'en formuler la demande.

Je serai très reconnaissant à V. E. de vouloir bien me faire connaitre la manière de voir du Gouvernement du Roi dans une affaire aussi importante, et en Lui en offrant d'avance tous mes remerciements...

P. S. -J'ai reçu ce matin et me suis empressé de transmettre par le courrier anglais qui part ce soir pour Pétersbourg la dépeche destinée au Comte de Launay.

ALLEGATO

ESTRATTO DELLA GAZZETTA NAZIONALE DI BERLINO DEL 4 MAGGio 1865

Nous apprenons que dans 1le sein de la Commission des Plénipotentiaires pour le Zollverein on a agité la question de conclure un Traité de commerce avec l'Italie. La difficulté de conclure un pareil acte international de !a manière ordinaire se trouve dans la circonstance qu'une grande partie des Etats composant le Zollverein n'ont pas reconnu le Royaume d'Italie. Naturellement cette circonstance ne pourrait arreter la Prusse d'ajoutcr un si vaste marché à l'activité commerciale du Zollverein, et si la majorité des Gouvernements de l'Union persistaient à refuser la conclusion du traité à cause de cette circonstance, on pourrait proposer vis-à-vis de l'Italie un échappatoire semblable à celui dont on s'est servi l'année dernière pour condure le Traité de commerce avec ,}a Belgique. La Prusse se chargerait seule des négociations. Dans le développement ul!térieur de ces pourparlers, il faudra qu'on en arrive à décider si les Gouvernements qui n'ont pas encore reconnu le Royaume d'Halie veulent sa,crifier les intérèts matériels dP leurs sujets à une politique à contre-sens, (verkehrten Politik). La Prusse paraìt au reste entièrement préte à mener toute seule les négociations d'un Traité de commerce avec l'Italie.

(1) -I rapporti relativi al trattato di commercio con la Prussia hanno una numerazionea parte (affari commerciali). (2) -Cfr. n. 681.
691

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AI MINISTRI A LONDRA, D'AZEGLIO, E A PARIGI, NIGRA

T. 106. Torino, 7 maggio 1865, ore 15.30.

Barn:l télégr:::phie (1) que Bismarck a donné ordre délégué prussien Galatz insister pour que protocoles portent qualité du représentant de chaque

puissance et qu'au besoin on se passera de la signature délégué autrichien. Les instructions russes nous sont aussi favorables.

(per Parigi) Il serait fàcheux que proposition anglaise prévalùt.

(per Londra) Je crains que proposition anglaise ne soit inopportune.

(1) Con t. 140, pari data, ore 9,45, per. ore 12, non pubblicato; ma cfr. n. 695.

692

L'ONOREVOLE VEGEZZI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

Torino, 7 maggio 1865.

A seconda de' suoi cenni ho l'onore di rassegnare la memoria in scritto che concez:tai col mio collega Cav. Maurizio. Ho poste due note di specialità per agevolare all'E. V. l'intelligenza della nota medesima, e la cognizione dello stato di fatto della pratica.

P. S. -I miei scritturali non possono copiare queste note: non ne ho il doppio.

ALLEGATO

Torino, 7 maggio 1865.

Le indagini fatte i<n Roma ci hanno persuaso, che i concerti, che si stanno trattando colla S. Sede, sebbene rigorosamente ristretti ad oggetti prettamente religiosi hanno colà, nel comune apprezzamento degli uomini, tanto di una che di altra opiniune, una grande importanza ,politi<ca, e si presume che saranno fonte di notevoli politiChe conseguenze. In riassunto:

La Santa Sede tratta, sebbene in modo anormale col Re Vittorio Emanuele.

Tratta per interessi, che stanno nelle provinde d'Italia comprese nelle cessate dominazioni, ed anche di quelli che sono nelle provincie già Pontificie. In fatto riconosce cessati i diritti delle cessate dominazioni. In fatto riconosce ,la dominazione nuova. In fatto accetta la ~ngerenza della nuova dominazione nella elezione dei prelati, la quale in effetto equivale esercizio di patronato.

Si dà causa a radicare la confidenza che il Governo del Re vuole la sicurezza non solo ma la libertà della religione nella sfera propria del suo esercizio. Si mostra la confidenza che il Governo ha in se medesimo, e nelle sue forze. Si rassicurano gli amici della un~tà italiana, che sono meticolosi per considerazioni religiose, ed in Roma sono non pochi: restano possibili futuri accordi.

L'argomento più adoprato dai nemici perde gran parte della sua importanza.

Se al Governo del R-e queste considerazioni sembrano di rilievo egli vorrà, che le trattative siano inspirate e condotte da viste politiche, che in esse si proceda con un fare largo per arri'vare a sicura conclusione, che non si dia gran peso alle modalità formaU di esecuzione, le quali, stanti le condizioni abnormali dei rapporti d'oggidì, presenterebbero ostacoli insuperabili quando si usasse la misura di calcolo, che solevasi in condizioni normali, dai cessati Governi.

Le trattative in corso hanno cinque principali oggetti:

Il ritorno dei Vescovi assenti.

Le nomine alle Sedi vacanti.

L'ammessione dei preconizzati nel 1860 e dopo: e le elezioni.

L'exequatur.

Il giuramento.

Sul ritorno dei Vescovi assenti:

È dimandato dalla S. Sede l'assenso al ritorno: questo rimarrà fatto acquisito.

I concerti, si crede, che riusciranno a conclusione anche in effetto di esecuzione, quando: Il ritorno si accordi in massima generale. Non sia negato, ma ritardato, il ritorno di quelli che si tema potere dare

occasione di disordini, od inconvenienti gravi.

Si designino nominativamente i Vescovi dei quali si sospende il ritorno per tema di inconvenienti, come già furono indicati nella nota che il Ministero rimise all'incaricato di portare la lettera al Pontefice.

In conseguenza si designino i Vescovi ai quali il ritorno è fatto libero. Il ritorno si stabilisca doversi fare in modo separato degli uni e poi degli altri, successivamente, insensibilmente per quanto possibile. O si determini fin d'ora l'ordine del ritorno, od almeno si prenda accordo che l'una, o l'altra delle Parti farà la designazione.

Non avendo ciò importanza in sé, sembra, che cotesta designazione possa essere lasciata alla S. Sede con intelligenz,a di preavviso, atteso specialmente che a molti sarà necessario dare precetto di ritorno.

Non si pretenda da cadun Vescovo che faccia dimanda al Governo di ritornare, ritenendo che la dimanda è fatta per tutti dal Pontefice.

Non si pretenda dai Vescovi la emissione di pastorali colla promessa di osservare, e fare osservare le leggi dello Stato, ritenendo che l'obbligo esiste, e per non fornire pretesti a coloro, che ostassero all'ordine di ritornare, col rifiuto di questa promessa.

Si faccia menzione nelle basi di concerto in qualche modo della decadenza stabilita in diritto per chi non va alla sua sede.

Del ritorno di coloro che si teme possa cagionare disordini si prenda accordo che debba farsi oggetto di informazioni, e comunicazioni reciproche, e di successivi concerti ma diretti a procurare (1) il ritorno.

Nel concordio di1 tutte queste modalità si lasci agl'incaricati, se vnolsi andare a conclusione una qualche libertà di azione.

Sulle nomine alte Sedi vacanti.

Verrà ammessa in fatto la ingerenza del Governo nelle nomine: questo rimarrà fatto acquisito. Le trattative si crede arriveranno a conclusione quando: Non si esiga, che in ora si facciano nuove circoscrizioni, che richiederebbero la previa ricognizione in diritto del Regno d'Italia.

Basti, che in ora col non ~are tutte le provvi,sioni si riconosca in massima la opportunità di cangiare le circoscrizioni, da attuarsi poi gradatamente in successive vacanze, preparando intanto il Governo gli esami e gli studi necessari.

Nella circostanza che la S. Sede desidera, e dimanda tutte le nomine; che il Governo vorrebbe solo consentirne alcune, prendasi una via di mezzo né tutte consentendole, né stando ristretti alle consentite sin ora, come provvedimento transitorio richiesto dallo stato delle cose.

Vedasi la nota l delle specialità in fine di questa memoria.

Sull'ammessione dei preconizzati dopo il 1860.

La S. Sede dimandò la loro ammessione: l'instanza complessiva dell'exequatur rimarrà fatto acquisito.

Anche ammesso il rifiuto del preconizzato per Milano Mons. Ballerini, dal quale rifiuto fu ricisamente detto che non si può recedere, sembra che le trattative andranno a buon esito se in questa parte si largheggerà, stante la insistenza del

S. Pontefice.

Nelle provincie già pontificie le preconizzazioni fatte sono 13, vedasi la nota in fine, che diversifica da quella avuta dal Ministero. Il S. Pontefice dice: mi avete tolto gli Stati: almeno lasciate le nomine: sono esercizio di giurisdizione religiosa. Si calcoli la condizione anormale durante la quale le preconizzazioni furono fatte. Per le specialità vedasi la nota in fine sovradetta segnata 2 (1).

Sulle elezioni.

L'accordo conterrà l'ammessione della ingerenza diretta del Governo nelle nomine od elezioni che di:r si voglia; sarà fatto acquisito. La conclusione andrà a buon esito, se si dirà: Che la scelta facciasi di comune accordo, né abbia luogo la nomina che dei graditi dal Governo.

Che in questa medesima circostanza dei trattati il Governo procuri formare qualche lista anche maggiore del numero delle sedi a provvedersi per agevolare il concordia, e lasciare luogo a scelte reciproche, come fu già fatto per alcune.

Con ciò si ha trattamento migliore che non sia fatto alla Russia, alla Prussia dalla S. Sede (2).

Sull'exequatur.

I trattati in corso, e l'accordo che debbe precedere l'emanazione .delle Bolle, rendono inutile, e senza ragione una speciale ,singolare dimanda di exequatur. Se il rigore delle forme lo esige, il Governo lo emanerà d'ufficio trattandosi di cosa fatta col suo concorso da se stesso (3).

Sul giuramento dei Vescovi.

Questo è capo delle maggiori difficoltà.

Le provincie antiche, e la Lombardia stanno all'infuori di questo incaglio.

La S. Sede non può accettare che s'imponga questa obbligazione ai Vescovi nelle provincie già Pontificie. Sarebbe dicesi una ricognizione espressa del diritto, quando si assentisse la ricognizione di fatto solamente. La correlazione mette la S. Sede nella necessità di non potere assentire al giuramento anche per Ie provinde degli altri Stati cessati.

Una diversità tra Vescovi e Vescovi non si può ammettere dal Governo.

Non si sa vedere altra via di composizione transitoria, che il non richiederne alcuno (4). Il Governo nel suo Sovrano apprezzamento vedrà, se gli accordi ai quali la

S. Sede sembra consentire, e le conseguenze politiche che si possono sperare facciano sufficiente bilancio a cotest·a dispensa.

Ad ogni modo e sovra tutti i capi se il Ministero determina che si avvisi di conseguire esito di accordo, sarà necessario che segni in modo preciso i limiti massimi lasciando dentro di essi agl'incaricati una qualche notevole facoltà di azione.

È pretensione ardita di non meritata confidenza, ma pur troppo è risultato di necessità onde potere conchiudere ~enza lasciare andare la conclusione a lungo troppo.

Con consiglio compiutamente conforme del Cav. Avv. G. Maurizio.

I• NoTA

Sedi Vacanti

Le note che il Ministero rimise al latore della lettera al Pontefice indicano

vacanti:

1°. In Piemonte 9 sedi, fra queste una Arcivescovile.

Il Governo consentì alle provvisìoni in 5 -Torino -Alessandria -Aosta Asti -Cuneo. La S. Sede desidera Saluzzo che ha 140/m diocesani; Vigevano che ne ha 138/m.

Liguria ha una sede consentita provvedersi.

Sardegna ne ha 8, delle quali 2 arcivescovili.

Il Governo vorrebbe ridotte tutte le sedi a 3 sole: consente alla nomina di 2.

L'ampiezza del territorio, la mancanza di comunicazioni, sono le ragioni per le quali la S. Sede dimanda un numero in più: forse a 3 in più starebbe contenta, dicesi forse. La Lombardia ha tre sedi nelle quali è consentita la nomina. Parmigiano: la sede di S. Donnino non è vacante, fu fatta la preconizzazione nel 1863. Appartiene alla nota dei preconizzati. Nel Modenese è vacante la sede di Carpi; sembrò nelle ultime sedute che consente la S. Sede a non provvedere. In Toscana sono vacanti 8 sedi: Il Governo vorrebbe ridurle tutte a solo 8 comprese le provviste: consente alla nomina di 3 delle vacanti.

Una di esse, Livorno, ha solo un Amministratore Apostolico.

La Santa Sede chiede la nomina almeno ancora di altre 3 fra le quali Inesole e Modigliana, questa singolarmente per riguardo personale a Pio IX essendo stata eretta da lui. Nelle Romagne, Marche ed Umbria la nota rimessa dal Ministero indica vacanti 12 sedi comprese quelle alle quali furono fatte le preconizzazioni dopo il 1860. Nell'occasione delle prime sedute il Cardinale Segretario di Stato non aveva

bene presenti i fatti.

Occorse qualche equivoco, che fu rettificato con nota poscia rimessaci.

Le sedi vacanti assolutamente sono 3: cioè Sinigaglia, Macerata, Foligno; quest'ultima non è nella nota del Ministero: nelle altre sono fatte le nomine: vedi la nota seguente. Il S. Padre insiste su queste tre nomine: mi si lascino almeno le nomine, dice (1). Nel Napoletano le sedi vacanti sono 20 sulle quali 3 arcivescovili. Il Governo, tutte comprese, le vuole ridurre a 25 -consentì alla provvigione per 6 delle vacanti. La S. Sede vuole un numero maggiore: non disse il quanto preciso: parve che siano 6 altre, cioè il doppio dell'accordato (2).

Non le designò, prese riserva dicendo che occorre esame per scegliere i luoghi nei quali torni più utile, più commoda per considerazioni di luoghi, di comunicazioni ecc.

In Sicilia sono vacanti 4 sedi: è ammessa la nomina per tutte. Riassunto: non compresi i preconizzati dal 1860 in poi, le sedi vacanti sono 57. n Governo consente ana nomina di 23. La S. Sede vorrebbe l'a nomina in tutte. Pare possibile accordare che si contenti ancora con 18, o 19 che farebbero 41, o 42 rimarrebbero non provviste avviate ad annessione fin d'ora 15 o 16 sedi o diocesi (3).

il Ministro Sella fa anche per questo delle riserve. Se il resto va bene si può cedere su Sinigaglia e Modigliana •·

2• NOTA Preconizzati dopo il 1860

Al 20 giugno 1859: Milano Ballerini escluso Al 20 giugno 1859: Pavia Ferré accettato Al 20 giugno 1859: Crema Macchi Il Governo vorrebbe non si eseguisse la nomina: sta ferma sulla dimanda di ammessione la S. Sede. Al 20 giugno 1859: Borgo S. Donnino Bonasi Non contemplata nelle note del Ministero come provveduta, che la S. Sede chiede sia mantenuta. 23 marzo 1860: Ravenna Card. Orfei accettato 21 dicembre 1863: Bologna 'Card. Guidi accettato 23 marzo 1860: Cesena M o retti 23 marzo 1860: Cervia Monetti 23 marzo 1860: Comacchio Bufarini 21 dicembre 1863: Rimini + Clementi 21 dicembre 1863: 21 dicembre 1863: Osimo+ Loreto Vitelleschi Cardoni (questo non andrà) 21 dicembre 1863 : Cagli e Pergola + Andreoli 21 dicembre 1863: Città di Castello Micalle!: 21 dicembre 1863: Nocera + Pettinari 27 marzo 1865: Orvieto Marino Marini 23 marzo 1860: Ripatransone Spoglia

Il Governo espresse la intenzione che siano soppresse le sedi segnate qui

con croce + Cesena, Cervia, Comacchio, Orvieto non sono state indicate come provvedute nelle note del Ministero, che certamente ignorava le provvisioni; è a ritenere però che meno Cervia, le altre le ritenne come occup::~te, non vacanti: così pure Ripa transone (1).

(1) Annotazione marginale di La Marmora: • per quanto possibile •·

(1) -Annotazione di La Marmora a margine di questo paragrafo: « Si ammette in massima salvo quelle eccezioni che il Governo dovrebbe fare per non compromettere la sicurezza pubblica •. (2) -Annotazione di La Marmora a margine di questo paragrafo: " Presentare lista dei candidati. Mettersi d'accordo sui nomi e quindi il Governo del Re farà la presentazione, per mezzo del Comm. Vegezzi delegato a ciò dal Governo del Re •· (3) -Annotazione di La Marmora a margine di questo paragrafo: • Non si può ced'!re sull'exequatur. Si vorrà esaminare la formula •. (4) -Annotazione marginale di La Marmora: c Tener fermo •. (1) -Annotazione di La Marmora a margine di questo paragrafo: • Si ammettano i preconizzati per riguardo al S. Padre prima della lettera, anche Orvieto ma nulla più •. (2) -Annotazione marginale di La Marmora: • Tener fermo per 6 soltanto •. (3) -Annotazione marginale di La Marmora: • Si consente sui 23 come maximum ma
693

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(Ed. in L V 8, pp. 300-301)

R. 184. Parigi, 7 maggio 1865 (per. il 9).

A seconda delle istruzioni contenute nel dispaccio di Gabinetto del 4 corrente n. 118 (2), mi sono informato presso S.E. il Signor Drouyn de Lhuys

su tutto, si può autorizzare il Vegezzi a trattare per quelle sedi principali sulle quali non vi è contestazione •.

se e fino a qual punto il Governo Imperiale approvasse la proposta messa in campo, o per meglio dire, rinnovata dal Conte Russell per rilsolvere la questione della firma dell'Atto pubblico del Danubio e secondo la quale si firmerebbero a Galatz due Convenzioni separate ed identiche in cui i singoli Commissari si varrebbero della espressa designazione della Potenza che ciascuno di essi rappresenta, astenendosi però dall'una H Delegato Austriaco, dall'altra il Delegato Italiano.

Nel domandare questa informazione ho creduto di dover rammentare al Ministro Imperiale per gli Affari Esteri che questa identica proposizione era stata rigettata nel 1864 sia dall'Italia, sia dall'Austria (1).

Il Signor Drouyn de Lhuys mi disse che aveva avuto comunicazione di questa proposta per parte del Governo Inglese e che era sua opinione che essa fosse ingegnosa e pratica. Soggiunse che per conto suo consiglierebbe l'Italia ad accettarla, siccome quella che ha per effetto di collocare l'Italia e l'Austria in una posizione affatto identica rispettivamente.

Riservai, com'era naturale, intero il giudizio e l'azione del Governo del Re in proposito.

(1) Annotazione marginale di La Marmora: c Quando non si potesse andare d'accordo

(2) Cfr. n. 687.

694

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 187. Parigi, 7 maggio 1865 (per. il 9).

A suo tempo ho ricevuto il dispaccio di Gabinetto che l'E. V. mi fece l'onore di dirigermi il 2 corrente sotto il n. 116 (2), per domandarmi informazioni intorno ad una risposta che S. E. il Signor Drouyn de Lhuys avrebbe fatto all'Ambasciatore di Prussia intorno alla questione seguente: • Per chi si pronunzierebbe la Francia in caso d'una rottura fra la Prussia e l'Austria? •

Secondo i ragguagli pervenuti all'E. V. da Berlino, il Signor Drouyn de Lhuys avrebbe risposto che la Francia terrebbe per la Confederazione Germanica.

Benchè il tenore stesso della domanda e della risposta mi paresse di tal natura da escludere un fondamento di verità, ho interpellato oggi S. E. il signor Drouyn de Lhuys a questo proposito.

Il Ministro Imperiale degli Affari Esteri mi disse in modo molto esplicito che nessuna domanda di tal natura gli era stata fatta dall'Ambasciatore di Prussia e che perciò egli non aveva fatto e non avea potuto fare la risposta che gli si attribuiva, e che anzi non aveva detto nulla che potesse avvicinarsi ad una tale risposta.

S. E. aggiunse che fin dal principio della questione dano-germanica, e durante tutto il corso della questione fino al giorno di oggi il Governo Francese aveva sempre fatto la stessa ed unica risposta seguente, cioè:

• Che la questione dano-germanica non toccava direttamente ed in modo speciale la Francia.

Che il Governo Francese avrebbe aderito a quella soluzione che avesse il carattere d'una maggiore stabilità e presentasse le maggiori guarentigie di pace.

Che, a suo giudizio, presenterebbe tali ,caratteri quella soluzione, la quale più soddisfacesse ai due principli di nazion!1lità e della volontà delle popolazioni.

Che l'adelsione della Francia sarebbe stata proporzionata al soddisfacimento più o meno completo di questi principii, senza preoccuparsi se questo soddisfacimento fosse procurato dall'uno o dall'altro pretendente al possesso dei Ducati: senza preoccuparsi se anche per ottenere questo soddisfacimento venissero ad aumentarsi i possessi d'una grande Potenza Germanica di primo ordine, come la Prussia »

Queste cose mi furono dette dal Ministro Imperiale degli Affari Esteri con molta osservanza e nel modo il più esplicito, e siccome esse concordano col linguaggio tenutomi da lui costantemente, com'ebbi l'onore di scriverLe altre volte, non esito ad affermare che tale è il vero sentimento del Governo Francese in ordine a questa questione.

Aggiungerò che, a meno di avvenimenti che sono ben lontani da ogni previsione, la Francia non si allontanerà dal sistema di riserva che ho precedentemente segnalato all'E. V. (1).

(1) -In L V 8: • era stata rigettata nel 1864 dall'Italia •. (2) -Cfr. p. 703, nota 1.
695

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 2. Berlino, 7 maggio 1865 (per. l' 11).

A la suite de la conversation que j'ai eue hier soir avec M. de Bismarck à propos des protocoles de la Commission du Danube, il est venu à me parler de nouveau du projet d'une Convention commerciale entre la Prusse et l'Italie, projet, a-t-il ajouté, dont M. d'Usedom avait du tout récemment entretenir V. E .

• Si nous n'avons pas donné suite plus tòt à nos projets de l'année dernière, m'a de nouveau répété M. de Bismarck, c'est que notre action mllitaire dans les Duchés étant intimement liée à celle de l'Autriche, nous n'aurions pu conclure avec vous une Convention comreerciale qui aux yeux du Cabinet de Vienne eut passé pour un acte de déloyauté et aurait infailliblement brisé les vitres (sic). Mais aujourd'hui que nous n'avon,s plus les memes raisons de ménager les susceptibilités de l'Autriche nous entendons reprendre notre pleine et entière liberté d'action •.

Sans vouloir entrer en discussion sur les motifs qui avaient engagé le Gouvernement Prussien à ne pas donner suite à des négociations dont il avait pris lui-meme l'initiative, je me suis borné à répétcr, à mon tour à M. de

(l} II contenuto di questo rapporto fu comunicato a Barrai con D. 5 del 14 maggio.

Bismarck que tout en étant disposé à entrer dans de nouvelles relations commerciales avec la Prusse, le Gouvernement du Roi préférait entamer à nouveau d'autres négociations sans les rattacher à celles de l'année dernière.

• Mais quel avantage trouvez-vous, m'a dit M. de Bismarck, à cette combi

.naison qui en rendant inutile le travail déjà fait demandera nécessairement béaucoup plus de tellliDS? •.

• -L'année dernière, lui ai-je répondu en tachant de me tenir sur les généralités, les Etats moyens n'avaient point encore donné leur adhésion à la reconstitution du Zollverein sur la base du Traité Franco-Prussien, et il ne s'agissait entre nous que d'un simple protocole; mais aujourd'hui que la situation s'est sensiblement modifiée, il me semble qu'il serait plus convenable d'en arriver à la conclusion d'un Traité qui en ayant une signification et une portée plus étendue demande évidemment de nouvelles études •. • -A ·èe point de vue, m'a aussitot répliqué M. de Bismarck, Vous avez parfaitement raison de désirer un Traité qui, en étant accepté par les Etats moyens, la Bavière et la Saxe en tete, impliquerait nécessairement la reconnaissance du nouveau Royaume d'Italie par ces Puissances. A Votre piace j'en agirais de meme; et de notre coté nous n'avons aucune difficulté de donner cette forme à l'inauguration de nouvelles relations commerciales avec votre pays; seulement comme je Vous il.'ai déjà fait observer ce sera plus long··

La conversation s'est terminée là, et j'ose espérer que V. E. voudra bien

.approuver ma réponse à la question imprévue qui m'a été posée par M. de Bismarck. Au reste je ne puis qu'insister sur la convenance absolue qu'il y a pour nos intérets (p()litiques aussi bien que •Commerciaux de n'entamer de négociations que sous la condition expresse et avec la perspective assurée

·d'un Traité formel liant tous les Gouvernements faisant partie de l'Union douanière Allemande et dont l'adhésion serait l'affaire exclusive de la Prusse pour les démarches à faire et la pression à exercer.

Dans tous les cas je serai très obligé à V. E. de vouloir bien me faire parvenir des instructions que la nouveauté de la situation aussi bien que la necessité de connaìtre exactement les intentions du Gouvernement du Roi me feraient désirer de recevoir aussi promptement que possible.

Je remets à demain de faire part à V. E. des intéressantes informations que m'a donné dans le meme entretien, M. de Bismarck sur la convocation .des Etats du Holstein et les intentions que le Cabinet de Berlin y attache (1).

696

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 141. Parigi, 8 maggio 1865, ore 13,05 (per. ore 14,05).

Quand j'i reçu hier votre télégramme (2) sur l'acte du Danube j'avais .déjà expédié ma dépèche que vous recevrez demain (3). M. Drouyn de Lhuys

trouve proposition anglaise pratique et acceptable. Je vous prie de me dannerà cet égard des instructions très précises et m'indiquer jusqu'à quel point je· dois accentuer mon langage auprès du Gouvernement français.

(1) -Il presente rapporto è edito, profondamente modificato, in L V 8, pp. 178-180. (2) -Cfr. n. 691. (3) -Cfr. n. 693.
697

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 142. Londra, 8 maggio 1865, ore 17,17 (per. ore 20).

Lord Russell a répondu à mes pressantes instances qu'à moins de semettre mal avec l'Autriche, il ne voit réellement pas d'autre moyen de tourner la difficulté à Galatz. En tout cas il croirait peu digne, ayant formulé une proposition, de paraìtre tout à coup changer d'avis avant d'avoir" reçu une réponse.

698

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

ANNESSO CIFRATO (1). Berlino. 8 maggio 1865 (per. il 12).

Le Roi et M. de Bismarck sont dans un état de profonde irritation contre l'Autriche. Bismarck accuse Metternich d'avoir desservi à Paris la Prusse auprès de Napoléon dans l'affaire des Duchés et le traite d'intrigant.

699

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(A S Biella, Carte La Marmora)

L. P. Parigi, 8 maggio 1865.

Ella si ricorderà che in una mia lettera particolare La informai che era giunto a mia notizia per via indiretta essere desiderio del Signor Rouher di ottenere che l'Imperat-ore desse una posizione ufficiale al Signor Thouvene1. Difatti pesa molto al Signor Rouher che un uomo come Thouvenel, con cui è molto legato per amicizia e per comunione d'idee, e col quale aveva in certo modo promesso di far causa comune nel Gabinetto, rimanga affatto all'infuori d'ogni pubblico uffizio. Rouher aveva pensato di proporre il suo antico collega alla nomina di rappresentante della Francia presso la nostra Corte, sia col titolo di Ambasciatore, sia con quello di semplice Ministro, se se ne accontentava.

Io seppi questo desiderio dal Signor Rouher molto indirettamente, come

le dissi. Nè l'Imperatore, nè Drouyn de Lhuys, nè lo stesso Rouher mi dis

sero affatto nulla in proposito. Non ebbi perciò occasione di pronunziarmi

nè avrei potuto farlo, senza le di Lei istruzioni. Ora vengo a sapere, anche

pel medesimo canale indiretto, che Rouher fece presentire l'Imperatore, pri

ma della partenza, intorno a questa sua idea, e che l'Imperatore si mostrò re

dsamente opposto. S. M. avrebbe detto che non crede utile mutare la posi

zione attuale, e che la nomina di Thouvenel avrebbe per risultato d'accen

tuare la situazione della questione romana, il che non intende fare per adesso.

Ne la informo per ogni buon fine, profittando dell'occasione di Cavriani

per farle pervenire questa lettera.

(1) Al R. 28, che non si pubblica.

700

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

D. 33. Torino, 9 maggio 1865.

Il R. Ministro in Parigi mi ha fatto sapere in ordine all'opinione del

•Governo di Francia circa la proposta già respinta dall'Austria e dall'Italia nel 1864 ed attualmente riprodotta da Lord Russell, per eliminare le difficoltà ·che si oppongono alla firma dell'Atto Pubblico del Danubio, che S. E. il Signor Drouyn de Lhuys trova quel mezzo termine attuabile.

Non mi soffermerò ad esamdnare (vedi Dispaccio N. 120 a Parigi (1), stessa .data fino alle parole • firmato tra le altre Potenze e l'Italia •).

Non posso però dispensarmi dallo esprimere il nostro rammarico che la proposta di cui si tratta sia stata riprodotta senza che il Governo del Re ne sia stato informato, e nel momento appunto in cui la Prussia e la Russia .dimostrano di volerei efficacemente appoggiare.

Il Primo Segretario di Sua Maestà Britannica per gli affari esteri non sembra vedere altra via per toglier di mezzo l'insorta difficoltà. Or bene, un mezzo conveniente e regolare nel tempo stesso per sciogliere la difficoltà stessa esiste, e quel che è più l'Austria difficilmente potrebbe ricusarvisi. V. S. Illu'l>trissima sa che difficoltà analoghe a quelle di cui si tratta erano state sollevate dall'Austria in occasione della firma della Convenzione di Bruxelles del 16 luglio 1863 pel riscatto del pedaggio dell'Escaut. Ella sa inoltre che quelle difficoltà furono appianate mediante una dichiarazione fatta dal Ministro Belga degli Affari Esteri nella seduta in cui ebbe luogo la firma, che cioè:

• la Convenzione avendo un carattere esclusivamente economico e commerdale, doveva avere per effetto di facilitare i rapporti reciproci degli Stati contraenti senza pregiudicare in nulla, sotto il punto di vista politico, alla attitudine reciprocà dei Governi tra di loro •.

Una Convenzione telegrafica alla quale in un coll'Italia prendono parte l'Austria, la Spagna nonchè altri Governi minori che non ci hanno peranco riconosciuto, sta per essere firmata a Parigi. Il Cav. Nigra avendo avuto con

fidenzialmente dal Ministro Imperiale degli Affari Esteri l'avviso che le stesse difficoltà sarebbero state suscitate in tale circostanza da quelle Potenze, dichiarò al Signor Drouyn de Lhuys in seguito a formali istruzioni del R. Governo che avrebbe acconsentito a che quella dichiarazione testé riferita fosse ripetuta all'atto della firma della Convenzione telegrafica, ma non avrebbe mai ammessa altra forma di atti, protesta o restrizione tendente a mettere in discussione la sua qualità di Rappresentante di S. M. il Re d'Italia. L'Austria avendo fatto conoscere che avrebbe aderito a che il modo di procedere dell'Atto di riscatto dell'Escaut fosse riprodotto nella presente circostanza a Parigi, si osserverà la stessa forma che già Iu osservata a Bruxelles.

Riesce quindi difficile il concepire come si possa consentire dalle Potenze amiche d'Italia alla suscettibilità dell'Austria una maggiore ostinazione a Galatz, che non abbia quel Governo stesso spiegata né a Bruxelles né a Parigi.

La dichiarazione ammessa dal R. Governo nei due casi precedenti, e che pur sarebbe da esso accolta nel caso di cui si tratta, mentre esprime un principio più che vero evidente, pone in salvo tutti gli interessi e tutte le suscettibilità, senza ferire la dignità di alcuna fra le Potenze contraenti.

Voglia, Signor Ministro, ersprimere al Primo Segretario della Regina la nostra speranza che, posta in disparte la combinazione testé ripresentata, le potenze amiche d'Italia si accordino per far prevalere anche in questa congiuntura quel partito che prevalse per l'Atto di riscatto del pedaggio dell'Escaut, e sta per prevalere per la Convenzione internazionale telegrafica di Parigi.

Segnandole ricevuta dei suoi pregiati Rapporti politici N. 85, 86, 87 e 88 ... (1).

(1) Cfr. n. 701.

701

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(Ed. in L V 8, pp. 301-303)

D. 120. Torino, 9 maggio 18S5.

Mi pervenne regolarmente il suo pregiato Rapporto N. 184 Affari Politici in data 7 maggio corrente (2).

Il mezzo termine riproposto dal Governo Britannico nell'intento di eliminare le difficoltà che si oppongono alla firma dell'Atto pubblico del Danubio sarebbe dunque giudicato da S. E. il Signor Drouyn de Lhuys ingegnoso e pratico, e tale che egli ne consiglierebbe l'accettazione al Governo del Re, siccome quello che avrebbe per effetto di collocare l'Italia e l'Austria in una posizione affatto identica rispettivamente.

Non mi soffermerò ad esaminare quanto sarebbe per nuocere alla solennità e forse alla stessa legalità dell'atto stipulato in forma così insolita ed irregolare la mancanza della condizione elementare e sostanziale d'ogni accordo· così pubblico come privato, che cioè l'obbligo della osservanza si assuma reci

procamente da tutti, senza eccezione, i contraenti. Sono questi riflessi che· spetta non men che a noi a tutti i Governi interessati di ponderare. Né pur vorrò prevenire il giudizio che possano recare le altre Potenze amiche d'Italia sulla convenienza, rispetto a se stesse, d'una tale condiscendenza a suscettibilità d'indole politica recate in odio nostro in un atto di carattere esclusivamente commerciale ed economico: mentre poi non può essere dubbio che quando prevalesse la proposta di cui si tratta, l'Austria avrebbe ragione di tenersi soddisfatta, sapendo che la forma inusitata e la deroga alla pratica ordinaria sono concessioni fatte alle sue pretese, ed avendo essa d'altronde ottenuto pienamente lo scopo di escludere la firma del Rappresentante del Re d'Italia da atto conchiuso tra essa e le altre Potenze senza poi curarsi dell'altro atto firmato tra le altre Potenze e l'Italia.

Non posso però dispensarmi dall'esprimere il mio rammarico che a Parigi si faccia buon viso alla proposta riprodotta dal Governo Britannico, senza che il Governo del Re sia stato presentito, in un momento appunto in cui la Prussia e la Russia dimostrano di volerei efficacemente appoggiare, ed anzi in cui sta per porgersi, l'Austria consenziente, nuova sanzione ad un mezzo legale e regolare di eliminare le difficoltà diplomatiche nascenti dalla attitudine politica rispettiva di Potenze che debbono intervenire in uno stesso accordo d'indole commerciale.

Nel far presenti a S. E. il Ministro Imperiale degli Affari Esteri le suespo:::te considerazioni, V. S. Illustrissima vorrà ad un tempo manifestargli la speranza del R. Governo che la progettata combinazione non sia per venire adottata, e che invece le Potenze amiche dell'Italia vorranno far prevalere nella firma dell'Atto di Navigazione del Danubio quel partito che prevalse per l'atto di riscatto dell'Escaut e sta per prevalere nella Convenzione telegrafica e che concilia gli interessi e pone in salvo i diritti di ciascuna delle potenze contraenti.

*L'appoggio benevolo dato da S. E. nella congiuntura della firma della Convenzione telegrafica internazionale ci dà ferma fiducia che vorrà adoperare la sua alta influenza perché sia adottato a Galatz il mezzo di soluzione che forse contemporaneamente sarà applicato a Parigi.

SegnandoLe pur ricevuta dei Suoi pregiati Rapporti n. 185, 186 e 187 ... *{1).

(1) -Non si pubblica un analogo, più breve dispaccio dell'8 maggio ad Elliot. (2) -Cfr. n. 693.
702

IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 25. Pietroburgo, 10 maggio 1865.

Conformément à la Circulaire du 14 Avril, j'ai notifié au Vice-Chancelier qu'à partir du 15 Mai le Ministère Royal des Affaires Etrangères serait instaHé à Florence.

En me prévalant des arguments contenus dans la dépeche (Cabinet) du 23 Avril (1) et des notions que j'avais puisées dans les débats de nos Chambres et dans une Circulaire récente du Ministre de l'Intérieur aux Préfets, j'ai expliqué les motifs du retrait du projet de loi relatif aux corporation:s religieuses.

S. E. trouvait fort juste la ligne de démarcation tracée entre les questions politiques et les questions religieuses. La Russie n'agissait pas autrement.

J'ai brièvement aussi exposé l'objet de la mission de M. le Commandeur Vegezzi. Quant à M. de Persigny, le Prince m'a dit avoir reçu des dépeches de son agent à Rome, le Baron de Meyendorff. Leur contenu ne serait guère de nature à donner une entière satisfaction à ceux qui voudraient, à l'expiration de la Convention du 15 Septembre, voir sortir définitivement l'élément français des Etats du St. Siège. Si le langage de M. de Persigny a été bien compris, son idée serait celle de remplacer les troupes actuelles par des soldats et des officiers recrutés en France. Elles ne seraient plus, il est vrai, sous le drapeau de leur patrie, mais elles ne jouiraient pas moins en France d'une popularité et d'une sympathie qui profiteraient à leur prestige et à leur autorité. Au reste, d'après l'avis du Vice-Chancelier, les diplomates français envoyés à Rome dans ces derniers temps ne seraient pas de force à lutter, comme les Dossat sous Henri IV, contre la finesse et l'habilité de la Chancellerie Romaine (2).

(1) È pubblicato solo il R. 187 al n. 694. Il brano fra asterischi è omesso in L V ~

703

IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA (3)

R. 13. Pietroburgo, 10 maggio 1865.

J'ai donné lecture au Prince Gortchakow, avant-hier, de la dépeche de V. E. en date du 28 Avril échu (4).

L'Ambassadeur d'Angleterre venait précisément de lui parler d'une idée dont l'exécution n'était point encore arretée et qui, selon Lord Russell, fournirait peut-etre un moyen de tourner la difficulté d'une entente pour le règlement de l'acte de navigation du Danube. Il s'agirait, au lieu d'une convention d'en signer deux; l'une entre l'Autriche et les Etats, sauf l'Italie, parties contractantes du Traité de Paris, et une seconde, à l'exclusion de l'Autriche, entre l'Italie et les autres signataires de ce traité. Le Vice-Chancelier s'était réservé de se prononcer quand une proposition aurait été formulée. En attendant il s'était montré animé du vif désir de voir enfin écartés les derniers obstacles

3. un arrangement définitif.

Il me dit à ce sujet que l'opposition de l'Autriche était puérile du moment surtout où elle s'était en quelque sorte désarmée par le précédent de l'Escaut. Le Gouvernement Impérial avait déjà fait itérativement des remontrances à Vienne. Il ne serait pas le cas de les renouveler tant qu'il n'y aurait pas de meilleures chances de succès. Un sic volo, sic jubeo ne serait pas de mise. Il se

permettait seulement de nous conseiller d'induire la France et l'Angleterre, ces premières Puissances qui nous ont reconnu, à se mettre sur la breche par une proposition formelle qui pourrait etre soumise à la Conférence de Constantinople.

Sans me prononcer sur la valeur légale et pratique de la combinaison de Lord Russell, j'ai dit à mon tour que nous comptions toujours sur l'appui de la Russie dont l'acte de reconnaissance nous avait été aussi précieux que celui des Puissances Occidentales. En meme temps j'ai insisté pour qu'on passat outre sur les prétentions de l'Autriche. J'ai combattu son argument de maintenir à Galatz une position acquise. Par là ne laisse-t-elle pas entrevoir des arrièrepensées? Tout en cherchant querelle à l'Italie, elle vise surtout à éviter autant que possible de contracter vis-à-vis de l'Europe des engagements de nature à admettre un partage quelconque dans cette infl.uence exclusive qu'elle voudrait un jour obtenir sur le cours du Danube. Le moment serait d'autant plus opportun pour revenir à la charge, que le Cabinet de Vienne ne se sentirait soùtenu par aucun Etat, pas meme par la Prusse. S'il est vrai, selon les assertions des journaux, que M. de Bismarck se plaigne avec quelque aigreur de l'attitude de l'Autriche dans les affaires du Schleswig-Holstein, et qu'il ait fait à Turin des ouvertures commerciales, il devrait, dans ce cas, commencer par se montrer vis-à-vis de nous plus accommodant sur d'autres questions sacrifìées jusqu'icì. au désir de complaire au co-possesseur des provinces de l'Elbe.

Le Ministre Impérial des Affaires Etrangères s'est borné à répondre que la Russie persisterait dans son point de vue entièrement favorable à nos justes exigences, mais en désignant la France et l'Angleterre comme les deux puissances les mieux indiquées pour émettre une proposition catégorique au sein de la conférence à Constantinople. Quant à la Prusse, il se pourrait qu'ellemodifìat ses allures à notre égard, mais gare au jeu de bascule! Relativement à la Syrie, le Prince Gortchakow considérait cette question comme réglée dans sa partie essentielle. Ainsi notre participation n'était pas actuellement d'un intéret immédiat. Mais, comme je l'ai fait observer à S. E., des complications pouvaient surgir d'un moment à l'autre, et d'ailleurs dans un temps donné les Puissancels seraient derechef appelées à examiner ce qui concernait le choix et l'administration du Gouverneur dans le Liban. Nous ne saurions donc nous abstenir de continuer à faire valoir nos droits d'admission aux futures conférences. Je ne sais si V. E. songe à donner suite à l'idée suggérée à cet égard dans mon rapport confìdentiel n. 12 (1).

(1) -Cfr. p. 683. nota 2. (2) -Annotazione marginale: • Comunicare officiosamente a Parigi •. (3) -Un riassunto di questo rapporto, in italiano e con profonde modifiche. è edito in L V 8, p. 298. (4) -Cfr. p. 696, notn.
704

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

T. 110. Torino, 11 maggio 1865, ore 16,30.

J'approuve votre langage avec Bismarck sur négociation traité commerce entre Italie et Zollverein (2). Usedom m'a en effet parlé de l'opportunité de

vous autoriser à traiter, et je lui avais tenu à peu près le meme langage. Laissez Bismarck prendre initiative propositions formelles, et qu'il indique lui-meme comment il entend assurer d'avance adhésion des petits états, condition indispensable des négociations qui pourraient s'ouvrir.

(1) -Cfr. n. 613. (2) -Cfr. n. 695.
705

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 147. Parigi, 11 maggio 1865, ore 18,50 (per. ore 19,45).

R.eçu dépéche f'èlr l'acte du Danube (ll, j'ai tenu à Drouyn de Lhuys lang:J.ge que vous m'avez indiqué; M. Drouyn de Lhuys nous conseille à attendre d'abord la signature de la convention télégraphique qui doit avoir lieu incessamment pour avoir ainsi deux précédents au lieu d'un seul, une fois cela fait Drouyn de Lhuys écrira à Londres P<JUr proposer la solution que nous désirons. Tàchez d'agiir sur le Gouvernement anglais dans 'le meme sens et faites lui connaitre confidentiellement ce que Drouyn de Lhuys vient de me dire.

706

L'INCARICATO D'AFFARI A FRANCOFORTE, RATI OPIZZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 6. Francoforte. 11 maggio 1865 (per. il 14).

Depuis ma dernière dépeche en date du 28 du moi:s dernier (2), la Diète Ger

manique doit tenir aujourd'hui une nouvelle séance sur des intérets adminis

tratifs et fìnanciers de la Confédération.

La question des Duchés continue dans son état chronique, et des personnes

très bien renseignées doutent fort que les Assemblées des Duchés puissent etre

convoquées de sitòt. En effet la Prusse voulait bien les convoquer pour leur

faire entendre que l'indépendance et l'autonomie politique leur couteraient fort

chères. Car l'indemnité pour les frais de guerre monterait à 60 millions de tha

lers pour la Prusse, à 12 millions pour l'Autriche, et à 12 autres millions pour

les troupes fédérales qui sont restées l'arme au bras. A ces 84 millions il fau

drait encore ajouter la quote-part de la dette Danoise que le traité de paix signé

dernièrement à Vienne porte à la charge de ces deux pays. lVIalgré cette men&ce

financière, I\i. de Bismarck a craint que les délégués cles Duchés passeraient

outre, et qu'il aurait bien pu se faire que ces Etats convoqués pour entendre

ce qu'ils devraient payer, ne commen~·as.,cnt d'abord par proclamer par qui ils

'728

,entendent etre .gouvernés. De là l'échange des notes qui ont eu lieu dernièrement

entre Vienne et Berlin.

Ainsi maintenant à Berlin on s'occupe beaucoup moins de la convocation

de ces Assemblées, et on tàche beaucoup plus d'enguirlander le Due d'Augus

tembourg. Ce prince est prèt à passer sous toutes les fourches caudines qu'on

voudra; peu lui importe s'il deviendra Souverain des Duchés par la grace de

Dieu, du peuple ou de M. de Bismarck.

Les Etats moyens de la Confédération lassés et fatigués de cette lutte per

sistante poussent méme à présent au compromis « d'un Due du Holstein, vassal

de ln Prusse ". Pourvu qu'ils ne soient pas trop malmenés dans la forme, ces

Etats sont préts à transiger sur le fond de la question. C'est sur cette lassitude

que compt;; M. de Bismarck. Lasser et lasser toujours est le pivot de sa poli

tique intérieure et extérieure, et je ne crois pas me tromper en pensant que

par la lassilude il finira par l'emporter sur les Chambres à Berlin, et sur h

Diète à Francfol't.

Reste l'Autriche. Cette Puissance a, avant tout, besoin de tranquillité et

de ,repos. Elle peut bien regretter à présent l'entrep~tse où •la politique du Comte

de Rechberg a engagés les intérets Autrichiens, ma;is il est trop tard pour s'en

dégager.

En 1864 la Prusse a tenu l'Autriche par l'Italie. Pour courrir après un

appui très problématique, l'Empereur François-Joseph, découragé par l'opposi

tion qu'il rencontrait à Berlin et subissant les influences Russes, a lui-méme

brisé le plan qu'en 1863 il était venu proposer personnellement à l'Assemblée

des Princes ici à Francfort. Par les faits qui ont eu lieu depuis lors, l'Autriche

ne peut plus se mettre franchement à la téte des Etats moyens de la Confédé

ration, ni rompre avec la Prusse. A-t-elle gagné par là les intéréts Prussiens

à ses embarras en Italie? Je ne le pense aucunement. L'Autriche en est encore

à marchander avec la Prusse ses droits égaux dans les Duchés, or si on était

d'accord pour le cas d'attaque en Italie, le Cabinet de Vienne se garderait bien

de chicaner celui de Berlin sur la politique en Allemagne.

Je joins ici une lettre particulière à l'adresse de M. le Secrétaire général.

(1) -Cfr. n. 701. (2) -Non pubblicato.
707

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI

T. 111. Torino, 12 maggio 1865, ore 10,15.

En faisant part à Lord Russell du contenu dépeehe cabinet 33 (1), ajoutez que signature conventlon télégraphique devant avoir lieu prochainement, il n'y a qu'à différer toute décision pour avoir deux précédents au lieu d'un. Lord Russell aurait ainsi le temps de se àégager envers l'Autriche. Faites connaitre confidentiellement à lord Russell que Drouyn de Lhuys a dit à Nigra qu'après signature de convention télégraphique il écrirait à Londres pour proposer solution que nous désirons.

(1) Cfr. n. 700.

708

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 148. Londra, 12 maggio 1865, ore 20,55 (per. ore 22,15).

Je ne puis voir lord Russell avant lundi étant à Windsor. J'ai parlé au sous secrétaire qui lui soumettra notre proposition et moi-meme je lui écrirai. J'ai pourtant trouvé beaucoup d'obstacles et je n'ai pas grand espoir de réussir,

709

IL MINISTRO RESIDENTE AD ATENE, DELLA MINERVA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE S.N. Atene, 12 maggio 1865,

Il dispaccio ch'Ella mi diresse il 22 aprile scorso (1) affinché io chiamassi l'attenzione del Governo Ellenico sulla singolare intimità che sembrava esistere fra il V. Console Greco in Messina ed il Zaverio Prato, sedicente Principe Scanderb&g, mi offrì occasione di avere col signor Brailas Ministro degl,i Affari Esteri una conversazione della quale è mio dovere renderle conto.

Questo signore mi disse aver ricevuto dal Ministro di Grecia a CostantiI10poli ripetute notizie di pretese cospirazioni che si fanno in Italia sia per invadere l'Albania ottomana, sia per isconvolgere l'ordine attuale nel regno ellenico. Queste notizie porterebbero persino essere negl'intendimenti del R. Governo di favorire un rivolgimento nelle Isole Ionie il cui effetto sarebbe di staccare di nuovo queste provincie dal Regno greco per porle in dipendenza d'Italia. Non ebbi difficoltà a comprendere che la sorgente principale di queste notizie trovasi alla Sublime Porta e che la diffidenza sospettosa di Aali-Pacha cerca di seminare discordia fra il Governo Greco e l'Italia profittando di queste voci che certamente gli giungono dagli Agenti ottomani in Italia. Non ebbi difficoltà a persuadere il signor Brai1as dell'insussistenza dei fatti ch'egli mi narrava e soprattutto a renderlo persuaso delle intenzioni amichevoli del Governo del Re verso la Grecia per la qual cosa, convien ch'io dica, il dispaccio di V. E. sovra ricordato non poteva giungere più opportuno.

Intanto io debbo informare l'E. V. d'un fatto che potrebbe avvalorare i sospetti degli agenti Esteri in Italia e che concide pur anche colla presenza segnalatami dello Scanderberg in Messina.

Un tale Machmet Bey Caplambey, suddito ottomano già Colonnello nell'armata Turca che viveva confinato a Zante, persona sospetta assai a questa Legazione Ottomana, chiese ieri al nostro Consolato il visto d'un passaporto Greco per recarsi a Messina. Egli, a quanto mi assicura, non è ancor partito

a quella volta, epperò, nella previsione ch'Egli abbia ad effettuare questo suo viaggio, stimo conveniente che V. E. sia preventivamente informata perché possa prendere quelle disposizioni e misure che le sembreranno suggerite dalle cir

costanze (1)

(1) Non pubblicato.

710

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 39. Baden, 12 maggio 1865.

Je crois important appeler particulièrement l'attention de V. E. au sujet du futur traité Italo-Allemand, qui rattache ainsi que j'ai eu occasion de l'ohserver à plusieurs reprises dans mes dépeches, aux intérets Commerciaux avec l'Allemagne des résultats hautement politiques.

Par ma récente dépeche n. 35 (Politico) (2) j'ai eu l'honneur d'informer le Gouvernement du Roi que la Prusse s'était refusée dernièrement à négocier ce Traité par échange de Notes, malgré les désirs exprimés par des Membres de la Commission du Zollverein siégeante à Berlin dans le but de tourner ainsi la difficulté des ratifications Souveraines des Etats Confédérés, lesquelles impliqueraient de droit et de fait la reconnaissance de l'Italie.

Le Baron de Roggenbach, qui l'année dernière dès la reconstitution du Zollverein se montra très favorable à un prompt traité Italo-Allemand, revenant hier spontanément sur ce thème me dit ètre ~orté à croire d'après des nouvelles récentes de Berlin que la Prusse tout en maintenant son refus quant à l'échange de Notes, serait disposée à négocier avec nous soit par Traité, soit par Protocole en son propre nom, quoique représentant le Zollverein. S. E. croit ce biais possible et utile envisageant comme tout aussi avantageux pour nous que ces Traités se fassent avant tout.

En effet la Constitution du Zollverein réclame pour que les Traités puis

sent entrer en exécution dans les différents Etats, Membres du Zollverein que

ces derniers y adhèrent par ratification Souveraine et il s'ensuit qu'aussi long

temps que ces adhésions n'ont pas été données par tous les Etats particuliers

il y aurait impossibilité de mettre le tarif stipulé dans le Traité en vigueur

vis-à-vis de l'Italie. M. de Roggenbach croit bon conseil que dans cet état de

choses le Gouvernement Italien ne devrait pas reculer devant une mesure selon

lui très efficace pour faire avancer la reconnaissance de l'Italie par tous les

membres du Zollverein qui l'ont refusée jusqu'à présent. L'Italie agirait donc,

selon le Ministre Badois avec une politique sage et prévoyante si elle mettait

de son còté en exécution le tarif stipulé par les Traités pour les droits d'entrée

disdngnoso •.

entre le Zollverein et l'Italie vis-à-vis de tous les Gouvernements Allemands qui voudraient déclarer leur adhésion au Traité par ratifications Souveraines. Les sacrifices que le Trésor Italien serait obligé de faire par cette mesure semblent au Baron de Roggenbach plus apparents que réels et certainement bien au dessous de l'avantage politique qui pourraìt en résulter pour l'Italie. Il s'agirait d'établir un système de certificats d'origine et d'appliquer le nouveau tarif en faveur des Etats qui auraient ratifié le Traité Italo-Prussien, nonobstant la non réciprocité du Zollverein et de ces mèmes Etats privés de leur libre action par les lois de la communauté dans la quelle ils se trouvent.

J'ai observé premièrement au Ministre Badois, que, quelle que soit la forme des négociations à Berlin, soit Traité, soit Protocole, me semblaient indispensables, sous tous les rapports, les ratifications Souveraines des Etats Confédérés qui voudraient adhérer à ces Traités, point sur lequel mon interlocuteur est entièrement d'accord.

Deuxièmement, que tout en ignorant l'opinion et les dispositions de mon Gouvernement et sans discuter l'utilité de concessions Commerciales, mème apparentes, de notre part au profit de l'utilité politique, il faudrait que la non réalité de ces concessions fiì.t bien prouvée d'avance, car étant un Pays strictement Constitutionnel il fallait compter avec le Parlement, lequel refuserait son approbation sans la conviction que les intérèts Italiens avaient été sauvegardés, intérèts du reste que les Conseillers de la Couronne eux-mèmes ne voudraient ni pourraient jamais compromettre. Deuxième point sur lequel lVI. de Roggenbach m'a aussi donné raison, en ajoutant: • Je vous assure qu'après ce Traité avantageux Italo-Prussien en exercice, les Etats Confédérés qui n'y auront pas adhéré de suite ne tiendront pas six mois sans en faire autant ».

Après ces observations qui m'ont semblé majeures, quoique sans portée officielle, ayant eu soin de déclarer d'avance que je ne le faisais qu'à mon point de vue particulier, j'ai prié M. de Roggenbach, en lui avouant franchement mon peu d'expérience en pareille matière, de vouloir bien développer lui mème dans une lettre particulière à mon adresse, quc je m'empresserai de transmettre sous la mème forme à V. E., le but et la portée des observations de sa part qui avaient trait à notre conversation, surtout celles tendant à démontrer l'apparence et la non réalité des sacrifices Italiens.

A ce titre de non réalité, ainsi qu'à celui de toutes les ratifications Souveraines, ai-je dit a S. E., je pourrais seulement me permettre, et le ferai avec empressement, de recommander particulièrement ces vues à V. E. sans engager pour cela en rien les décisions du Gouvernement du Roi.

J'ai l'honneur de transmettre ci-joint une pièce chiffrée et une lettre particulière pour V. E.

ALLEGATO

ANNESSO CIFRATO

Des informations particulières reçues par le Baron de Roggenbach et confìrmées par le Comte d'Usedom au Baron Schweitzer affìrment que la Prusse ne serait guère disposée à gérer ultérieurement les affaires de l'Autriche en Italie.

(1) Annotazione marginale di pugno di Cerruti: c Si consulti il Ministro Generale La Marmora per conoscere se non convenga negare recisamente questo ingiurioso" sospetto •. Altra annotazione marginale: • S.E. autorizza respingere tali supposizioni nel modo più

(2) Non pubblicato.

711

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, STRAMBIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 86. Bucarest, 12 maggio 1865.

Ricevetti il riverito dispaccio di V. E. in data 27 aprile p.p. s.n. (1) e me Le professo gratissimo per quanto degnassi significarmi e ben volle ancora riservarsi di farmi utilmente conoscere intorno alla forma degli atti della Conferenza internazionale telegrafica di Parigi.

La sessione plenaria di questa primavera ebbe termine il 1° corrente, dopoché la pluralità dei Commissarii, fra i quali trovomi compreso, ebbe fatto una ~scursione nel Canale e fino all'imboccatura del S. Giorgio e visitato il nuovo faro che la Commissione ha stabilito sopra l'isoletta di recente formazione che sta di fronte alla punta meridionale dell'isola inferiore di Olinka.

I protocolli, che sono sotto stampa, e avrò l'onore di trasmettere con alcune particolari annotazioni a V. E., Le faranno conoscere le decisioni state prese dalla Commissione e lo stato di molti affari e di questioni che la concernono.

Può tuttavia interessare che io non frapponga indugio a riferire a V. E. quanto è avvenuto in ordine a quello che riguarda la forma degli atti della Commissione; ed a tal fine sottopongo anzitutto all'E. V. l'estratto del protocollo

n. 173 in data 26 aprile p.p. dal quale risulta che il Commissario austriaco ha richiesto l'inserzione in esso della sua nota del 25 marzo, con cui fece osservazioni e riserve riguardo al titolo d'Italia attribuitomi in alcuni atti della Commissione ed io dovetti per conseguenza domandare che si facesse altrettanto della mia responsiva dell'8 aprile (v. precedente mio rapporto in data 11 apri

.le n. 84) (1); che gli altri Commissari confermando lo stato attuale deHe cose, quale venne da me constatato nella mia nota predetta, dichiararono volerlo mantenere fino a che, per accordo dei Governi, venga risolta la questione principale; che infine il Delegato austriaco accettò queste osservazioni ad referendum, rinnovando le sue dichiarazioni come io ripetei le osservazioni mie e le mie riserve.

Vane furono le insistenze usate per far recedere il cav. de Kremer dal proposito di sollevare in protocollo, per la prima volta ed alla vigilia forse di una soluzione, la questione di forma, osservandoglisi come potesse bastare che la sua nota e la mia fossero state viste e parafate dagli altri Commissari e poste fra gli atti ufficiali della Commissione. Il Signor de Kremer volle fare intendere che libera non fosse, nè in questa circostanza, nè in altre precedenti, la sua volontà, pur protestando delle buone sue disposizioni personali. Ma o tanto severe debbono essere le sue istruzioni o sì viva in lui la paura di compromettersi, che, dopo aver reclamato l'inserzione in protocollo della sua nota, la quale trascinò seco la mia, si oppose egli a che nello stesso se ne facesse, come era già in pronto ed è di regola, il riassunto, dicendo che questo, al suo punto di vista, non gli conveniva, che egli faceva una differenza fra il testo dei protocolli ed

i loro annessi e che bastava che nel testo si citassero appena le due note, la cui sostanza avrebbe potuto conoscersi col far ricerca di esse fra gli annessi, in realtà e per sottinteso onde impedire che il nome d'Italia in alcuna guisa apparisse nel testo dei protocolli. Ed in seduta e prima di essa il Commissario austriaco a me stesso indirizzavasi perché io non avversassi la sua domanda, protestando che in caso contrario non avrebbe potuto firmare il protocollo.

Non ravvisando io che convenisse che, per questione sì incidentale, si giungesse a tali estremi, !risposi che non mi vi trovavo interessato che quanto gli altri miei colleghi, pur non sapendo ammettere differenza tra il testo dei protocolli e gli annessi suoi, che debbano farne parte integrante, nè darmi ragione dell'importanza che il Signor de Kremer attribuiva alla mutazione di quella parte del progetto; ma che, in definitiva, non trattavasi che di un affare di redazione ed io abbandonava questa facilmente al giudizio della Commissione ed alla solita abilità del Segretario generale, purché si evitasse lo sconcio di ammannire un lungo paragrafo senza che da esso neanco apparisse di che precisamente si trattasse.

Gli altri Commissari approvarono o parlarono in egual senso e trovata la frase per cui, al principio del paragrafo, dopo il cenno delle note, si aggiungesse • et relatives à la forme des actes de la Commission • si passò oltre.

Secondo il giudizio de' miei colleghi il successo sarebbe stato intiero da parte mia, ed io debbo attribuirne il merito al Commissario austriaco il quale spinse, colle sue pretese, o volontarie o forzate siano, a questo risultato di far cioè constatare formalmente, in protocollo, il suo isolamento, il simpatico appoggio che fu a me dato da tutti gli altri membri della Commissione ed il voluto mantenimento, fino al termine della questione, della posizione nostra attuale, quale io l'ho affermata e la tolsi.

Epperciò potei mostrarmi più distintamente cortese, acconsentendo a che gli altri miei colleghi, ad allontanare il sospetto od il pretesto di cattive comuni disposizioni, facessero, per la prima volta, uffici presso 1'Austriaco, e rprendendo io stesso parte, più tardi, a questi colloquii, onde fargli riconoscere tutti gli inconvenienti dello stato attuale delle cose ed indurlo a cooperare con noi per porvi un termine conveniente; locchè il Signor de Kremer ha promesso di fare, pur dicendo diffidare dell'efficacia dei suoi tentativi, ma mostrandosi bene impressionato della dimostrazione datagli di buona volontà.

Rimanevami a soddisfare al desiderio dl conoscere più precisamente per quale motivo il Gabinetto di Vienna continuasse, con tanta pertinacia, la sua opposizione nella Commissione europea. Trassi perciò su questo terreno l'I. R. mio Collega, il quale mi rispose che èredeva che il suo Governo volesse mantenere in Galatz l'istessa posizione che mantiene in Costantinopoli ed ha mantenuto in Belgrado, ovunque noi siamo in virtù del trattato di Parigi e di altri più antichi ai quali l'Italia non è intervenuta, quale di fatto e con riserve, potrebbe, in fatti nuovi ed in nuovi trattati, l'Austria ammettere. Al che fu ovvio a me e ad alcuni dei miei colleghi dì rispondere.

Siccome però non tutti questi avevano ricevuto istruzioni sufficienti, così

dovetti abbandonare Galatz !asciandovi le cose in sospeso.

Al nostro ritorno in Bucarest l'Agente e Console Generale e Delegato prus

siano ricevè un telegramma dal suo Governo che lo autorizza a firmare nella forma solenne ed in modo incondizionato. Precedentemente il Signor St. Pierre era. già stato autorizzato a sottoscrivere in tale forma, ma solo nel caso che la pluralità degli altri Commissari dichiarasse di poter fare altrettanto, ben inteso quand'anche l'Austria protestasse e si astenesse od uscisse perfino dalla Commissione.

Se. si conferma la notizia che il Signor Drouyn de Lhuys abbia proposto al Governo inglese questa soluzione che pare la migliore per vincere l'ostina

-zione dell'Austria e non rimanerne vittima, di firmare cioè, lasciando aperti i protocolli per l'Austria stessa, e se istruzioni così perentorie ed incondizionate. come già pervennero al Prussiano, verranno date agli altri Commissari, sarebbe a sperare che in breve tempo, l'atto importante che regolar deve la navigazione del basso Danubio potrebbe venir conchiuso e sarebbe ben inteso che la stessa forma regolare che per l'atto stesso verrebbe in seguito ristabilita e adoperata pei protocolli e gli altri atti della Commissione, senza il pericolo, che pure era da alcuni temuto, che l'esistenza di questa possa venir minacciata dall'astensione o dall'uscita del Delegato austriaco, perché quest'astensione od uscita non può essere convalidata e legalmente ammessa per ragioni che siano accettabili e l'Austria potrebbe quandochessia, come gliene si lascerebbe facoltà, aderire con atto speciale alla Convenzione internazionale, e direttamente ai protocolli che verrebbero firmati senza il suo concorso, ma che si terrebbero aperti per essa.

Sarebbe questo, a mio avviso, un importante risultato, perché l'Austria, vinta a Galatz, lo sarebbe pure a Costantinopoli ed ovunque altrove e queste spiacevoli questioni di forma colle quali essa si sforza di osteggiare l'influenza ed il prestigio del nuovo Regno d'Italia, non potrebbero più in altre identiche occasioni riprodursi.

Io rimango dunque colla speranza che grazie al buon indirizzo stato dato alle pratiche diplomatiche ed alla insistenza di queste, gli altri Governi siano per trasmettere ai loro Commissari le stesse istruzioni che già pervennero al Prussiano, senza più preoccuparsi delle intenzioni e delle decisioni dell'Austria.

(1) Non pubblicato.

712

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

T. 114. Torino. 14 maggio 1865, ore 15.15.

M. Usedom vient de me déclarer que Prusse est prete à demander. aux autres états du Zollverein reconnaissance politique de l'Italie pour conclusion d'un traité formel entre celle-ci et Zollverein. Le Gouvernement du Roi dans l'intérèt des deux pays et en témoignage de ses bonnes dispositions envers Prusse, agrée cette offre, dont la réalisation assurera succès définitif des négociations, en écartant les difficultés d'ordre politique qui rendent aujourd'hui douteuse l'adhésion des Etats secondaires au traité commerce qui serait négocié entre l'Italie et la Prusse.

713

IL PRESIDENTE DEL CONSIGUO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL (Ed. in L V 8, pp. 180-183)

D. s. N. Torino, 14 maggio 1865.

Les ouvertures qui Vous ont été faites par S. E. M. de Bismarck pour la conclusion d'accords commerciaux entre l'Italie et le Zollverein, et les propositions qul m'étaient faites en mème temps et dans le mème sens par M. d'Usedom, d'ordre de son Gouvernement, ont été reçues avec plaisir par le Gouvernement du Roi, comme un acheminement à l'établissement de meilleurs rapports commerciaux et économiques entre l'Italie et l'Allemagne.

J'ai entièrement approuvé le langage que Vous avez tenu dans cette circonstance au Ministre des Affaires Etrangères de S. M. le Roi Guillaume; de mon cOté j'avais fait à peu-près les mèmes observations à M. le Comte d'Usedom. Il nous parait incontestable que la seule forme désormais admissible pour !es arrangements commerciaux à intervenir entre le Zollverein et l'Italie, c'est la conclusion d'un traité forme! qui serait régulièrement accepté par Ies autres Etats de l'Union douanière Allemande. Je vois avec plaisir que M. de Bismarck a reconnu que ce polnt de vue est de notre part le plus nature! et le plus vrai, et qu'il ne se refuse pas à s'y piacer avec nous.

Cela établi, il reste à déterminer d'un commun accord, et dans le but d'as

surer le succès définitif des négociations les conditions à défaut des quelles le

résultat final en pourrait ètre compromis malgré le bon vouloir du Gouverne

ment Prussien et le notre.

Je m'empresse, M. le Ministre, de déclarer qu'en ce qui concerne les pouvoirs que la Prusse exerce au nom du Zollverein, sauf ratifications de la part des Etats qui le composent, pour la négociation des Traités dè Commerce avec d'autres pays, le Gouvernement du Roi n'entend nullement les contester, et qu'il ne demande pas à cet égard des garanties plus amples que celles que trouvent les autres Etats dans leurs négociations commerciales avec le Gouvernement prussien comme représentant du Zollverein.

Il existe un seui obstacle exceptionnel à l'adhésion finale des autres Etats du Zollverein au traité à conclure entre la Prusse et l'Italie. Cet obstacle, qui peut, tant qu'il existera, rendre illusoires les engagements dont la Prusse et l'Italie traiteraient en ,toute loyauté, c'est la non reconnaissance du Royaume d'Italie de la part de la majeure partie des Etats qui composent ie Zollverein.

C'est précisément en vue d'assurer un résultat sérieux aux négociations

dont la Prusse prend l'initiative et afin de montrer à S. E. M. de Bismarck ma

confiance dans les bonnes dispositions qu'il nous témoigne, que je vous ai donné

pour instructions, par le télégraphe, de vous en remettre à lui mème du soin

d'indiquer * comment il entend garantir que l'adoption du traité par le ZoHve

rein ne soit pas empéchée * (1) par les difficultés d'ordre politique existantes

cntre le Gouvernement Italien et la plnpart des Gouvernements membres de

l'Union douanière Alìemande.

En laissant à S. E. M. de Bismarck toute latitude à cet égard le Gouvernement du Roi était d'ailleurs conséquent avec la résolution qu'il a constamment maintenue de ne faire aucune démarche ni directe ni indirecte pour hàter la reconnaissance de l'Italie de la part des Etats qui ne croient pas encore devoir suivre à cet égard l'exemple des premières puissances d'Europe.

J'ai maintenant à Vous faire connaitre que M. le Comte d'Usedom, au nom de son Gouvernement est venu ce matin me déclarer que la Prusse est pret-e si l'Italie le désire à demander aux autres Etats membres du Zollverein la reconnaissance politique du Royaume d'ltalie en vue de la conclusion d'un traité forme} entre le Royaume et le Zollverein.

Cette communication, M. le Ministre, témoigne que la Prusse partage notre· opinion sur la convenance d'assurer aux négociations à suivre entre l'Italie et la Prusse les memes conditlons pratiques de succès définitif qui existent pour les négociations commerciales entre la Prusse et les Etats Etrangers que reconnaissent les Gouvernemens membres du Zollverein. T'est à ce point de vue seulement que le Gouvernement du Roi veut envisager la déclaration que M. d'Usedom vient de lui transmettre. Dans ces termes je reconnais qu'eHe est de nature a donner aux négociationis à intervenir les garanties nécessaires. * Je ne verrais meme pas d'inconvénient, si S. E. M. de Bismarck le demandait, à ce qu'un engagement préliminaire fllt pris entre les deux Gouvernements pour qu'un traUé de commerce formel soit négocié et conolu entre eux, sur des bases à déterminer, lorsque la Prusse aurait écarté, par les démarches qu'elle se montre disposée à faire, les obstacles exceptionnels qu'oppose d'avance aux ratifications d'un traité italo-allemand l'état actnel des relations diplomatiques èntre la plupart des Etats moyens et l':Italie.

Veuillez donc, M. le Ministre, Vous exprimer dans ce sens dans les entretiens que Vous aurez avec * (1) S. E. M. de Bismarck. et lui laisser du reste le soin de donner à ses ouvertures la suite qu'il jugera convenable.

(1) In L V 8 invece del brano fra asterischi: " quelle assurance !es deux Gouvernements peuvent avoir que !es stipulations à intervenir entre eux ne seront pas rendues illusoires •.

714

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(A S Biella, Carte La Marmora)

L. P. Parigi, 14 maggio 1865.

Come le scrissi, il Principe Napoleone partì avantjeri per Ajaccio. Intorno a questo viaggio che durerà da 12 a 15 giorni non ho da aggiungere che una cosa, ed è che è possibile che il Principe faccia una corsa in Sicilia per veder l'Etna.

Veuillez, M. le Ministre, donner communication du contenu de cette dépèche à •.

Persigny è tornato. Non l'ho ancor visto. lVIi si dice che si loda molto dell'accoglienza avuta in Napoli e nelle altre città d'Italia. Sta preparando uno scritto sulla questione romana che pubblicherà fra 7 od 8 giorni.

Per l'affare dell'atto di navigazione del Danubio bisogna pur ammettere che la proposta inglese è venuta a complicare la questione invece di accomodarla. Drouyn de Lhuys trovò questa proposta ingegnosa e pratica, perché qualsiasi proposta che abbia per effetto di troncare in un modo o in un altro una questione nojosa per la Francia, parrà sempre buona a' suoi occhi. Ad ogni modo quando io gli dissi esplicitamente che il Governo del Re non approvava una tale soluzione e gliene esposi le ragioni, si mostrò benissimo disposto ad abbandonare la proposta inglese. Mi consigliò a scriverle che intanto era bene aspettare la conclusione della convenzione telegrafica di Parigi, perché così invece d'un solo precedente a noi favorevole, ne avremo due. Quando ciò fosse fatto, il Signor Drouyn de Lhuys scriverebbe a Londra e si pronuncerebbe nel senso desiderato da noi. La Convenzione telegrafica sarà firmata mercoledì prossimo.

Io credo che se a Londra noi teniamo lo stesso linguaggio tenuto qui a

Parigi, finiremo per ispuntarla.

Passò di qui Cialdini dil-etto per la Spagna. Serbò interamente l'incognito

~ non si lasciò vedere alla Legazione. Sono pure qui per la riunionP. della So

cietà delle ferrovie Lombarde i Signori D'Adda Cario, Restelli, e Bignami

Enea.

(1) Il brano fra asterischi è sostituito in L V 8 dal seguente: « Le Gouvernement du Roi veut du reste demeurer si étranger à toute action qui serait exercée envers les Etats moyens en vue de la reconnaissance de l"Italie, que par les garanties dont il est question ici, il entend uniquement !"engagement que prendrait naturellement la Prusse en traitant avec nous, et son intérét à faire aboutir à un résultat l>ratique des négociations dont l'initiative n'aurait pascessé de lui appartenir.

715

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 150. Londra, 15 maggio 1865, ore 18.20.

Je viens de voir Lord Russell et [aprèsl beaucoup de difficultés il a consenti à attendre signature convention télégraphique et il renouvelera alors instances .à Vienne en faveur de notre proposition (1).

(1) Di questo telegramma fu data comunicazione a Nigra con D. 123 del 17 maggio.

<
APPENDICI

APPENDICE I

LEGAZIONI DEL REGNO D'ITALIA ALL'ESTERO

(Situazione al 15 aprile 1865)

BADEN

Carlsruhe -OLDOINI marchese Filiprpo, ministro residente; CoLOBIANo ARBORIO, Francesco, segretario; LITTA BIUMI RESTA conte Balzarino, addetto.

BELGIO

Bruxelles -LuPI DI MoNTALTO conte Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SPINOLA marchese Federico, segretario; SAN MARTINO DI CASTELLAMONTE conte Pietro, addetto.

BRASILE Rio de Janeiro -FÉ D'OsTIANI conte Alessandro, ministro residente.

CITTA ANSEATICHE Amburgo -GALATERI DI GENOLA Gabriele, incaricato d'affari e console generale.

CONFEDERAZIONE GERMANICA

Francoforte -DE BARRAL DE MoNTEAUVRARD conte Camillo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Berlino); RATI 0PIZZONI conte Luigi, consigliere, incaricato d'affari; FRANCHETTI Leone Giulio, addetto.

DANIMARCA

Copenaghen -DoRIA DI PRELÀ conte Rodrigo, ministro residente; GERBAIX DE SoNNAZ Carlo Alberto, segretario.

f6 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. V

FRANCIA

Parigi -NIGRA Costantino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario ~ ARTOM !sacco, consigliere; BoYL DI PuTIFIGARI conte Alberto, segretario; SoRMANI-MORETTI conte Luigi, addetto; DE GREGORIO Leopoldo, duca di Noja, addetto; REsSMAN Costantino, addetto; CoLoBIANO ARBORIO Luigi, addetto; VIMERCATI conte Ottaviano, addetto militare col titolo di consigliere onorario di legazione.

GRAN BRETAGNA

Londra -TAPARELLI n'AZEGLIO marchese Vittorio Emanuele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MAFFEI DI BoGLIO conte Carlo Alberto, segretario; MAROCHETTI barone Maurizio, segretario; DI SAN GERMANO marchese Casimiro, addetto; BALBI SENAREGA marchese Giacomo, addetto.

GRECIA

Atene -PEs DI SAN VITTORIO conte della Minerva, Domenico, ministro residente~ ToRNIELLI BRUSATI conte Giuseppe, ~egretario.

MESSICO

Messico -SALLIER DE LA TouR conte Vittorio, ministro residente, accreditato in qualità di inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CuRTOPAssr Francesco, segretario.

PAESI BASSI

Aja -CARUTTI DI CANTOGNO Domenico, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; FAVA barone Saverio, segretario.

PERU'

Lima -MIGLIORATI marchese Giovanni Antonio, ministro residente; GoNELLA Alfonso, segretario.

PORTOGALLO

Lisbona -TAGLIACARNE marchese Andrea, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CovA Enrico, segretario.

PRUSSIA

Berlino -DE BARRAL DE MoNTEAUVRARD conte Camillo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; QUIGINI PuLIGA conte Efisio, consigliere; ScoTTI Alberto, addetto; GALVAGNA barone Francesco, addetto.

REPUBBLICA ARGENTINA

Buenos Ayres -ULISSE BARBOLANI Raffaele, ministro residente.

RUSSIA

Pietroburgo -DE LAUNAY conte Edoardo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; INCONTRI marchese Ludovico, segretario; Tosi Antonio, segretario; CoRBELLI-FERRARI Leopoldo, addetto; CAVRIANI marchese Giovanni, addetto onorario.

SASSONIA

DE LAUNAY conte Edoardo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Pietroburgo).

SPAGNA

Madrid -N. N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CAVALCHINI GAROFOLI barone Alberto, ministro residente, incaricato di reggere la legazione; CENTURIONI marchese Enrico, segretario; ZANNINI conte Alessandro, segretario; ARESE conte Marco, addetto.

STATI UNITI

Washington -BERTINATTI Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MARTUSCELLI Ernesto, segretario; CANTAGALLI Romeo, addetto.

SVEZIA E NORVEGIA ,Stoccolma -CoRTI conte Luigi, ministro residente; DE MARTINO Renato, segretario; CoTTA Francesco, addetto.

SVIZZERA

Berna -CARACCIOLO DI BELLA marchese Camillo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; JOANNINI CEvA or S. MICHELE conte Luigi, segretario; PATELLA Salvatore, segretario; RIVA Alessandro, addetto; VISCONTI D'ORNAVASSO barone Carlo Alberto, addetto.

TURCHIA Costantinopoli -N. N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GREPPI conte Giuseppe, ministro residente, incaricato di reggere la legazione; DELLA CRocE DI DoJOLA conte Enrico, consigliere; PRAMPERO conte Ottaviano, addetto; PATERNÒ Michele, addetto; VERNONI Alessandro, interprete; GRAZIANI Edoardo, interprete; BARONE Antonio, intel"Prete; CHABERT AJ:berto, alunno interprete. URUGUAY

Montevideo -ULISSE BARBOLANI Raffaele, ministro residente.

APPENDICE II

UFFICI DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI CONSIGLIO DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO

(Situazione al 15 aprile 1865)

MINISTRO

LA MARMORA Alfonso, Presidente del Consiglio, deputato.

SEGRETARIO GENERALE

CERRUTI Marcello, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, incaricatodelle funzioni di Segretario generale.

GABINETTO PARTICOLARE

BLANC Alberto, Segretario di Legazione di Ja classe, Capo del Gabinetto.

UFFICIO I

Corrispondenza politica riservata e confidenziale -Corrispondenza particolare del Ministro -Lettura ed annotazione dei giornali.

MALVANO Giacomo, applicato di 4a classe; ABRO barone Carlo Raffaele, addetto di legazione.

UFFICIO II

Corrispondenza in cifra e telegrafica -Apertura delle corrispondenze Ordini del giorno -Udienze del Ministro.

RADICATI DI BROZOLO conte Casimiro, applicato di Ja classe; JACQUIER Vittorio, applicato di 2a classe.

DIVISIONE I DELLE LEGAZIONI

CRAVOSIO barone Luigi Bartolomeo, Direttore Capo di Divisione di la classe.

Corrispondenza coi RR. Agenti diplomatici accreditati in Belgio, Francia, Gran Bretagna e Spagna, e cogli Agenti diplomatici degli Stati suddetti accreditati presso il R. Governo -Corrispondenza relativa coi Ministeri, Autorità dello Stato e privati -Cm·rispondenza relativa agli affari ecclesiastici.

GAL Giovanni Battista, Capo Sezione. DE GoYzuETA (dei marchesi di Toverena) Francesco, Segretario di la classe; PucCI BAUDANA Eugenio, segretario di 2a classe; MARTIN LANCIAREZ Eugenio, applicato di 4a classe; BIANCHI Francesco, volontario (carriera interna).

DIVISIONE II DELLE LEGAZIONI CoRso Edoardo, direttore capo di divisione di 2a classe.

Corrispondenza coi RR. Agenti diplomatici accreditati in Russia, Austria, Baviera, Prussia, Confederazione Germanica e Svizzera, e cogli Agenti diplomatici degli Stati suddetti acc1·editati presso il R. Governo -Corrispondenza relativa coi Ministeri, Autorità del Regno e privati.

FALCONET Giuseppe, capo sezione. TROYSI Cesare, segretario di la classe; ScHMUCKER barone P0ffi!P€0, segretario di la classe; CAVACECE Emilio, segretario di 2a classe; CAPUCCIO Alessio, applicato di 4a classe.

DIVISIONE III DELLE LEGAZIONI SusiNNO Romano, direttore capo di divisione di Ia classe.

Corrispondenza coi RR. Agenti diplomatici accreditati in Baden, Brasile, Città Anseatiche, Danimarca, Grecia, Portogallo, Paesi Bassi, Perù, Repubblica Argentina, Svezia e Norvegia, Stati Uniti d'America, cogli Agenti diplomatici degli Stati suddetti residenti presso il R. Governo, e colla Commissione Europea del Danubio -Corrispondenze relative coi Ministeri, Autorità del Regno e privati -Contenzioso diplomatico.

ScHIARI conte Domenico, capo sezione; SANTASILIA Nicola, segretario di la classe; BIANCHINI Domenico, segretario di 2a classe; BoBBIO Ettore, volontario (carriera interna); CATALANO Tommaso, volontario (carriera interna).

DIVISIONE CONSOLARE

NEGRI Cristoforo, console generale di l" classe dirigente la divisione.

SEZIONE I

Corrispondenza cogli Agenti consolari di S. M. all'estero -Istruzioni Notizie e successioni di Nazionali all'estero -Atti di Stato Civile - Exequatur agli Agenti consolari esteri nei Regii Stati -Personale Consolare. Nomine e promozioni.

ARNAUD DI CHATEAUNEUF Felice, capo sezione; BRASCHI conte Daniele, segretario di 2a classe; CATTANEO Angelo, segretario di 2a classe; BARRILIS Diego Lorenzo, segretario di 2a classe; CAPELLO Carlo Felice, applicato di la classe; MoNTERSINO Francesco, applicato di 2" classe; BAZZONI Augusto, applicato di 2a classe; MARGARIA Augusto, applicato di 2a classe; PRoMr.s Vincenzo, applicato di 3a classe; SoLANELLI Gaetano, volontario (carriera consolare); VrcoNr Giorgio, volontario (carriera diplomatica); CLARETTA conte Federico, volontario (carriera interna); 0RFINI conte Ercole, volontario (carriera interna); SALVINI Luigi, console generale di 2a classe.

SEZIONE II

Trattati e commercio -N ego ziati concernenti la stipulazione delle Convenzioni commerciali, di navigazione, consolari, di estradizione, ecc. -Con·ispondenze relative a tali stipulazioni cogli Agenti di

S. M. all'estero, cogli Agenti Este1·i nei RR. Stati, coi Ministeri, ecc. Pubblicazioni commerciali -Bollettino Consolare.

PEIROLERI Augusto, capo sezione; BoREA D'OLMO marchese Giovanni Battista, applicato di la classe; DE MARI marchese Giovanni Maria, applicato di 4a classe; PANSA Alberto, volontario (carriera interna).

DIVISIONE AMMINISTRATIVA

CAPUCcro Alessandro, direttore capo di divisione di la classe.

SEZIONE I

Archivi -Protocollo Generale -Cancelleria diplomatica -Notariato della Corona -Ce1·imoniale di Corte -Segretariato dell'Ordine della SS. Annunziata -Ordini esteri e nazionali -Biblioteca -Personale del Ministem -Esami.

CANTON Carlo, capo sezione;

Mo Alberto, segretario di la classe;

BERTOLLA Giuseppe, segretario di la classe;

LATTES Giuseppe, applicato di la classe;

BROFFERIO Tullio, volontario (carriera interna);

GAZELLI DI RosSANA conte Alberto, volontario (carriera interna);

RovATI Gaetano, scrivano;

TROSSI Giuseppe, direttore capo di divisione onorario, incaricato delle attribuzioni relative al Notariato della Corona, al Cerimoniale di Corte, ecc.

SEZIONE II

Bilancio -Contabilità generale dei Regii Agenti diplomatici e consolari all'Estero -Corrispondenza relativa -Mandati -Spogli.

CAVALLI n'OLIVOLA Giovanni, capo sezione; CARRERA Angelo, segretario di la classe;

MIRTI DELLA VALLE Achille, segretario di 2" classe;

PAPINI Andrea, applicato di 2a classe; BERNONI Luigi, applicato di 3a classe; BIANDRATE DI S. GIORGIO conte Luigi, applicato di 3a classe; 0DETTI DI MARCORENGO Edoardo, applicato di 4a classe; D'ONciEux DI CHAFFARDON conte Paolo, volontario (carriera diplomatica);

GLORIA conte Gaspare, volontario (carriera consolare); FossATI Giuseppe, scrivano.

UFFICIO I

Contabilità speciali -Contratti -Spese d'ufficio -Servizio interno Cassa -Corrieri di Gabinetto -Uscieri.

FESTA Carlo Stefano, segretario di la classe;

LONGO VASCHETTI Giovanni, applicato di 3a classe;

CICERO Carlo, applicato di 3a classe.

UFFICIO II

Passaporti -Legalizzazioni -Corrispondenza e Contabilità relativa.

PoNS Eusebio Emanuele, segretario di la classe; DORIA DI DoLCEACQUA marchese Andrea, applicato di la classe.

CORRIERI DI GABINETTO

Corrieri di Gabinetto di la classe: BALLESIO Giovanni Battista, ARMILLET Giuseppe, ANIELLI Eugenio. Corrieri di Gabinetto di 2a classe: VILLA Antonio, LoNGO Giuseppe.

USCIERI

Primo capo usciere: ScHOULLER Giuseppe Maria. Capi uscieri: TRAVAGLINO Carlo, CAVAGNINO Pietro, FERRERO Antonio. Uscieri: BRUNETTI Martino, FERRERO Giacinto, CARELLO Giuseppe, CELSA Gaetano, Rossr Antonio, MoNGE Giuseppe, RosTAIN Cesare, SAROGLIA Giuseppe, Bo Ignazio, BRUNERI Michele, DANZINO Domenico.

CONSIGLIO DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO

PRESIDENTE

DESAMBROIS DI NEVACHE Luigi, ministro di Stato, presidente del Consiglio di Stato, senatore del Regno.

VICE PRESIDENTE

PrNCHIA Carlo, consigliere di Stato.

CONSIGLIERE -SEGRETARIO

SusiNNO Romano, capo divisione nel Ministero degli Esteri.

CONSIGLIERI

BARBARoux Carlo, consigliere della Corte d'appello di Piemonte; MANCINI Pasquale, professore e deputato; ALFIERI DI MAGLIANO conte Carlo, deputato; GuERRIERI-GONZAGA marchese Anselmo, deputato; D'ONDES-REGGIO barone Vito, deputato e professore; CERRUTI Marcello, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

APPENDICE III

LEGAZIONI ESTERE IN ITALIA

(Situazione al 15 aprile 1865)

Baden -ALESINA voN ScHWEIZER barone Ferdinand, incaricato d'affari.

Belgio -SoLVYNS visconte Henri, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BARTHOLEYNS DE FossELAERT, primo segretario; 0RBAN Henri, secondo segretario.

.Brasile -DE BRITO Tomas, incaricato d'affari.

Danimarca -RosENKRANTZ, barone de, ministro residente.

Francia -MALARET Joseph, barone de, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; TREILHARD, visconte, primo segretario; LE SoURD Georges, secondo segretario; HocMELLE Paul, terzo segretario; PoNTOI DE PoNTCARRÉ, visconte, addetto; BASSANO, marchese de, addetto; LAssus Pierre, barone de, addetto; Du CASSE barone Georges Hermann, cancelliere.

Gran Bretagna -ELLIOT Henri George, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; HERRIES Edward, primo segretario; JocELYN William Nassau, secondo segretario; RussELL James Ferguson, secondo segretario; FANE Edmund Douglas Veitch, terzo segretario; SMALLWoon capitano Edward, c:ancelliere.

Messico -BARANDIARAN Gregorio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Paesi Bassi -HELDEWIER Mauritius, ministro residente.

Perù -MESONES Luis, incaricato d'affari; FINAJEROS, addetto; MEDINA Beniamino, addetto.

Portogallo -FERREIRA BoRGES DE CASTRO José, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE SousA LoBo Joao, primo segretario; ALVES GuERR,A Manuel, secondo segretario; DE SousA HoLSTEIN, addetto; DE PROENçA VIEIRA Joaquim José, addetto; FAUSTO, addetto; DE BREDERADE DA CUNHA Antonio Zaverio, addetto.

P1·ussia -UsEDOM Karl Georg, conte von, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BuNSEN Karl, von, consigliere; DoENHOFF Karl, conte von, segretario; BRINCKEN, barone von, segretario; WEBER, addetto.

Repubblica Argentina -BALCARCE Mariano, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Parigi).

Russia -KxssELEv Nikolae, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; OSTEN SACKEN Nikolae, conte de, primo segretario; FoNTON Nikolae, de, secondo segretario; MEYENDORV Ernst, secondo s~gretario; GEREBzov Andrej, addetto; HASFORT Wsewolod, de, maggior generale, addetto militare; NECAEV Andrej, colonnello, addetto militare.

Spagna -REMON ZARco DEL VALLE Mariano, incaricato d'affari; MARTI Y PuJALS Francisco, addetto.

Stati Uniti -PERKINS MARSH George, inviato straordinario e ministro pleni.potem;iario; GREEN Clay, segretario; ARTONI Giuseppe, addetto.

Svezia e Norvegia -HocHSCHILD barone Karl Ferdinand Lothar, ministro residente; KLEEN Richard, addetto.

Svizzera -PxoDA Giovanni Battista, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Turchia -RusTEM bey, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Venezuela -RAMON DE LA PLAZA generale, incaricato d'affari; SANCHEZ DE AGREDA, J, colonnello, segretario

TAVOLA. METODICA(1)

(1) I numeri rinviano ai documenti.

I. -QUESTIONI

Alleanza fra le tre potenze del Nord (voci di) 3, 7, 9, 10, 11, 15, 16, 19, 20, 28, 35, 36, 61, 65, 91, 245.

Borbonici (attività dei), 163, 283, 394, 419, 529, 576, 582, 624, 635.

Commissione europea del Danubio, 26, 464, 488, 498, 523, 527, 548, 553, 555, 564, 572, 578, 587, 600, 676, 686, 687, 689, 691, 693, 696, 697, 700, 701, 703, 705, 707, 708, 711, 714, 715.

Convenzione telegrafica internazionale, 610, 633, 651, 657, 660, 675, 700.

Danubiano -balcanica politica:

l) Principati Danubiani, 5, 21, 25, 45, 56, 76, 89, 96, 103, 107, 126, 132,

139, 149, 156, 158, 2U. 2) Serbia, 103, 107, 465, 495, 563, 581, 629, 632, 644, 647, 668. 3) Ungheria, 4, 41, 74, 76, 96, 108, 167, 198, 208, 212, 239, 272, 295, 333,

335, 417, 465, 491, 495, 537, 552, 569, 577, 609, 618.

Garibaldi, attività di. 4, 6. 13, 38, 195.

Libano, 8, 12, 17, 30, 39, 49, 64, 73, 85, 86, 93, 99, 109, 111, 155, 160, 162, 224, 227, 252, 273, 313, 340, 347, 357, 362, 366, 374, 406, 430, 431, 445, 453, 553, 587, 600, 613, 616, 62,2, 623, 637.

Mazzini, attività di, 279, 354, 356, 360, 376, 474, 561, 565, 568, 575, 584, 635, 667.

Prigionieri italiani in Russia, 640, 653, 671.

Principati Danubiani:

l) Confisca beni dei conventi, 330, 532, 553, 572, 594, 654. 2) Violazione delle capitolazioni, 589, 634.

Riconoscimento del Regno d'Italia da parte di:

l) Austria, 415, 418, 426, 469. 2) Baviera, 152, 244, 277, 390, 512. 3) Sassonia, 16. 4) Spagna, 334, 348, 415, 554. 5) Wiirtemberg, 16, 101, 15,2, 411, 423, 424, 431, 438, 457, 500, 523, 586,

593, 603.

Romana questione :

l) In generale, 37, 641, 654, 658, 659, 660, 664, 702. 2) Convenzione di settembre, 2, 13, 22, 38, 48, 57, 75, 77, 78, 79, 83,. 92, 100, 102, 104, 105, 106, 112, 113, 117, 119, 120, 121, 122, 123, 125, 127, 130, 133, 135, 136, 137, 140, 143, 144, 145, 147, 148, 150, 151, 153, 154, 157, 161, 164, 165, 168, 172, 173, 174, 175, 178, 179, 182, 186, 188. 189, 196, 197, 201, 203, 206, 207, 210, 213, 214, 215, 217, 220, 222, 225, 226, 230, 231, 233, 236, 243, 244, 246, 247, 2·50, 251, 253, 255, 258, 262, 271, 276, 277, 278, 280, 281, 286, 287, 290, 291, 292, 293, 294, 296, 297, 298, 299, 300, 301, 302, 303, 306, 307, 308, 309, 310, 312, 314, 315, 316, 317, 318, 322, 325, 326, 3,218, 329, 330, 332, 334, 336, 337, 338, 33'9, 340, 342, 343, 345, 349, 351, 352, 353, 355, 357, 361, 362, 363, 364, 365, 366, 367, 368, 369, 370, 371, 372, 373, 375, 378, 380, 381, 382, 383, 385, 386, 387, 388, 389, 3·91, 393, 395, 396, 397, 398, 399, 403, 407, 418, 506, 546, 579, 582, 583, 605, 610, 615, 619, 658, 65'9. 3) Missione Vegezzi, 349, 608, 625, 631, 636, 656, 663, 666, 669, 673.. 674, 678, 679, 683, 688, 692, 702. 4) Scambio di detenuti col Governo pontificio, 452, 470, 610, 639. 5) Ipotesi di abbandono di Roma da parte del Papa, 641, 642. 6) Eventualità di morte del Papa, 551.

Schleswig-Holstein, questione, l, 20, 24, 31, 42, 43, 44, 46, 50, 52, 54, 5'9, 61, 62, 65, 66, 81, 87, 88, 95, 115, 323, 344, 349, 366, 379, 433, 437, 438, 440, 450, 451, 454, 455, 461, 473, 492, 503, 512, 517' 520, 525, 527' 528, 530, 533, 544, 547, 550, 555, 562, 565, 57·9, 585, 601, 602, 603, 606, 607, 611, 612, 620, 626, 627, 638, 646, 652, 661, 66·5, 670, 681, 682, 684, 694, 706.

Situazione intenw italiana:

l) In generale, 13, 38, 48, 77, 78, 136, 168, 218, 231, 254, 263, 264, 265, 266, 267, 268, 269, 278, 297, 341, 357, 475, 476, 492, 509, 541, 595, 610, 663, 702. 2) Moti di Torino, 256, 257, 260, 261, 267, 268, 269, 270, 274, 276, 302,. 311, 328, 541, 542, 560, 567, 570, 573, 590, 595. 3) Condizioni delle provincie meridionali, 468. 4) Brigantaggio, a) in generale, 170, 183, 193, 194, 202, 209, 400, 421, 492, 645; b) commutazione della pena capitale ai briganti del-l'< Aunis •, 434, 435, 441, 447, 456, 460, 462, 478, 479, 481, 501, 513, 522.

Trasferimento della capitale, 22, 57, 105, 120. 122, 125, 145, 147, 150. 151. 154, 157, 161, 162, 164, 165, 168, 169, 178, 179, 188, 197, 20l, 206, 207,. 213, 214, 215, 217, 225, 226, 232, 233, 237, 243, 248, 251, 253, 262, 271,. 276, 280, 282, 284, 286, 289, 299, 302, 322, 328, 342, 388, 389, 466, 492, 610, 702. Vedi anche Romana questione, convenzione di settembre.

Trattative commerciali con la Prussia, 18, 23, 27, 29, 72, 84, 114, 190, 191, 305, 309, 319, 390, 413, 416, 429, 442, 444, 461, 473, 519, 528, 530, 540, 553, 681, 690, 695, 704, 710, 712, 713.

Tunisi, 14, 40, 53, 58, 68, 69, 70, 80, 94, 97, 98, 110, 134, 204, 205, 221, 228, 234, 235, 242, 249, 259, 275, 304, 318, 321, 340, 402, 422, 446, 449, 472, 482, 485, 487, 489, 493, 496, 497, 499, 502, 504, 505, 507, 508, 511, 514, 515, 516, 531, 536, 539, 543, 545, 549, 551, 557, 559, 598, 648, 662, 685.

Veneta, questione:

l) In generale, 328, 341, 463, 473, 510, 517, 521, 525, 527, 535, 553, 556, 565, 592, 596. 2) Tentativi del partito d'azione, 346, 354, 360, 377, 384, 392, 410, 414, 432, 463, 474.

3) Voci di garanzia prussiana della Venezia all'Austria, 11, 15, 28, 35, 68, 72, 82, 85, 91, 171, 184, 190, 191, 192, 199, 200, 229, 349, 362, 366, 437, 451, 454, 461, 477, 503, 510, 547, 550.

4) Cessione pacifica, 301, 328, 330, 341, 389, 399, 401, 414, 420, 426, 427, 428, 433, 436, 445, 459, 463, 467, 469, 471, 473, 490, 504, 517, 535, 539.

Viaggio del principe Umberto, 34, 55, 63, 67, 71, 100, 118, 131, 138, 142, 146, 152, 159, 162, 166, 180, 229, 310.

II. -RAPPORTI DEL REGNO D'ITALIA CON LE POTENZE

Argentina, 340, 610.

Austria, 60, 99, 291, 301, 309, 319, 323, 341, 350, 379, 401, 414, 415, 418, 426, 433, 451, 463, 469, 473, 510, 517, 520, 521, 530, 535, 548, 553, 565, 622, 624, 626, 633, 651, 675, 676, 711.

Baden, l, 61, 152, 180, 244, 277, 315, 320, 324, 390, 457, 463, 492, 517, 535, 540, 547, 586, 592, 710.

Baviera, 152, 244, 277, 390, 457, 512, 556.

Belgio, 633.

Brasile, 628.

Città Anseatiche, 251, 316, 393.

Colombia, 340.

Danimarca, 146, 159, 176, 216, 238, 425.

Egitto, 558, 588.

Francia, 2, 11, 12, 13, 22, 37, 38, 57, 63, 67, 71, 73, 75, 83, 92, 100, 102, 104, 105, 106, 112, 113, 117, 119, 120, 121, 12,2, 123, 125, 127, 135, 136, 137, 144, 145, 147, 148, 150, 151, 153, 154, 157, 161, 164, 165, 166, 168, 170, 172, 173, 174, 175, 178, 179, 182, 183, 186, 188, 189, 193, 194, 196, 197' 201, 203, 204, 205, 206, 207, 210, 213, 214, 2115, 217, 222, 225, 226, 233, 234, 235, 236, 243, 247, 248, 250, 253, 255, 262, 271, 280, 282, 284, 286, 289, 293, 294, 297, 299, 300, 302, 3{)3, 306, 307, 308, 310, 312, 317, 328, 329, 332, 337, 338, 339, 340, 341, 342, 343, 349, 351, 352, 353, 355, 361, 363, 364, 365, 367, 368, 369, 370, 371, 372, 373, 375, 378, 380, 381, 382, 383, 385, 386, 387, 388, 389, 391, 395, 396, 397, 396, 400, 403, 404, 408, 409, 412, 414, 415, 418, 430, 432, 434, 435, 4:19, 441, 447, 449, 452, 453, 456, 460, 462, 466, 470, 471, 475, 478, 479, 48,1, 482, 483, 484, 485, 486, 490, 499, 501, 506, 509, 511, 532, 534, 542, 551, 555, 564, 573, 578, 579, 583, 600, 604, 605, 610, 616, 619, 621, 622, 623, 631, 637, 639, 645, 651, 657, 658, 659, 660, 664, 672, 674, 675, 687, 689, 693, 696, 700, 701, 70p, 707, 714.

Germanica Confederazione, 61, 229, 287, 291, 301, 433, 463, 518, 535.

Grecia, 195, 709.

InghiLterra, 11, 17, 28, 30, 64, 73, 86, 90, 111, 118, 124, 131, 138, 142, 155, 162, 229, 240, 241, 246, 258, 276, 287, 288, 2.90, 292, 313, 317, 318, 330, 357, 362, 366, 389, 399, 406, 414, 420, 427, 428, 430, 431, 436, 443, 445, 459, 467, 469, 482, 487, 490, 496, 497, 498, 502, 504, 514, 516, 536, 539, 543, 545, 582, 594, 610, 616, 622, 623, 637, 642, 676, 686, 687, 691, 697, 700, 707' 708, 715.

Messico. 124, 135, 162, 187, 340, 538, 542.

Paesi Bassi, 411, 424, 500, 593.

Perù, 340.

Principati Danubiani, 21, 25, 47, 132, 149, 156, 211, 589, 634, 680.

Prussia, 18, 19, 23, 27, 29, 72, 73, 84, 99, 114, 171, 190, 191, 281, 287, 291, 294, 305, 309, 3.19, 32{), 413, 416, 429, 442, 444, 461, 463, 473, 477, 490, 503, 510, 518, 519, 525, 527, 528, 530, 553, 596, 602, 610, 650, 653, 655, 656, 679, 681, 690, 691, 695, 704, 710, 711, 712, 713.

Russia, 32, 33, 85, 91, 287, 296, 322, 327, 331, 337, 357, 359, 366, 407, 488, 503, 523, 532, 555, 570, 571, 572, 587, 591, 595, 600, 610, 613, 614, 617, 622, 630, 637, 640, 643, 671, 702, 703.

Serbia, 465, 495, 629, 632, 644, 647. 668.

Spagna, 202, 209, 334, 348, 448, 480, 503, 554.

Stati Uniti, 187, 340, 597, 677.

Svizzera, 314, 340, 376, 561, 565, 568, 575, 617.

Tunisi, 14, 40, 70, 97, 98, 134, 204, 221, 234, 235, 249, 275, 304, 340, 405, 482, 487, 489, 493, 499, 508, 515, 516, 531, 539, 543, 545, 549, 557, 598, 648, 662, 685.

Turchia, 8, 17, 39, 49, 64, 73, 93, 109, 111, 155, 160, 224, 227, 252, 273, 340,.. 347' 357, 362, 366, 374, 430, 431, 464, 498, 508, 548, 622, 637.

Uruguay, 129, 177, 223, 597, 599, 610, 628.

Venezuela, 340, 610.

Wilrtemberg, 152, 411, 423, 424, 431, 438, 457, 500, 523, 535, 586, 593, 603.

III. -POTENZE ESTERE : SITUAZIONE INTERNA E RAPPORTI INTERNAZIONALI

Austria:

l) situazione interna, 62, 323, 350, 358, 366, 526, 630, 647.

2) rapporti con Baden, 152; Baviera, 323, 503, 520, 627, 652; Danimarca, 43, 50, 52, 59, 81, 87, 88, 95, 344; Francia, 298, 309, 325, 341, 358, 379, 389, 412, 428, 471, 506, 550, 583. 611, 620, 651, 657, 658, 659, 675, 682, 694; Germanica Confederazione, 61, 66, 152; Inghilterra, l, 17, 30, 285, 288, 292, 301, 318, 330, 337, 399, 427, 428, 436, 445, 459, 467, 490, 504, 686, 687. 707; Princtpati Danubiani, 46, 589, 629, 630, 632, 634; Prussia, 3, 9, 11, 15, 16, 19, 28, 35, 52, 62, 68, 72, 82, 91, 99, 115, 152, 171, 181, 184, 185, 190, 191, 192, 194, 199, 200, 229, 244, 245, 281, 309, 349, 366, 379, 390, 428, 433, 437, 438, 440, 450, 451, 454, 455, 458, 461, 477, 510, 520, 525, 527, 528, 533, 539, 544, 547, 550, 553, 555, 562, 565. 585, 601, 602, 603, 606, 607, 611, 612, 620, 626, 627, 646, 650, 652, 656, 661, 665, 670, 679, 681, 682, 684, 698, 706; Russia, 3, 9, 11, 15, 16, 19, 28, 62, 91, 245, 350, 550, 587, 601, 614, 630, 640, 652, 653, 671, 703; Santa Sede, 325, 349, 379, 654; Serbia, 629, 632, 644; Tunisi, 531, 549; Turchia, 594, 637; Wiirtemberg, 324.

Baden, rapporti con : Baviera, 586; Francia, 244; Prussia, 152, 492, 503; Santa Sede, 517.

Bav,iera:

l) ~ituazione interna, 323, 433, 652; 2) rapporti con: Prussia, 305, 503, 627, 652.

Brasile, rapporti con: Inghilterra, 4S9, 5~2; Uruguay, 129, 177, 223, 599, 628.

Città Anseatiche, rapporti con: Prussia, 437.

Danimarca:

l) situazione interna, 31, 81;

2) ~apporti con: Francia, 43, 51, 54, 579, 611, 614; Inghilterra, l, 20, 46, 51; Prussia, 20, 24, 31, 44, 50, 59, 81, 87, 38. 95. 344; Russia, 176, 216, 238; Svezia, 24.

Francia:

l) situazione interna, 37, 481, 551, 579, 621, 624, 679, 689;

2) rapporti con: Germanica Confederazione, 61, 682, 694; Inghilte!'l'a, 16, 20, 35, 65, 92, 96, 100, 141, 204, 205, 389, 436, 471, 482, 485, 499, 504, 505, 506, 507, 510, 514, 515, 531, 536, 549, 582; Portogallo, 116; Principati Danubiani, 139, 156, 211, 589, 634, 680; Prussia, 19, 61, 99, 194, 281, 305, 309, 320, 325, 349, 362, 390, 506. 550, 555, 564, 585, 611, 614, 620, 682, 694, 698; Russia, 19, 320, 32?, 325, 331, 337, 342, 350, 357, 358, 359, 390, 506, 572, 653, 679; Santa Sede, 116, 298, 300, 325, 412, 494, 509, 524, 546, 551, 574, 580, 583, 615, 619, 621, 639, 654, 658, 659, 674, 702; Spagna, 116, 398, 325, 334, 412, 506; Tunisi, 14, 68, 70, 110, 134, 179, 204, 205, 228, 234, 235, 249, 275, 318, 321, 340, 402, 405, 422, 446, 449, 472, 482, 485, 487, 489, 493, 499, 511, 531, 549, 551, 557, 559, 662; Turchia, 73, 242, 430, 453, 511, 623, 637.

Germanica Confederazione, rapporti con: Inghilterra, 530; Prussia, 61, 66, 152, 454, 652: Svizzera, 390.

Grecia:

l) ;situazione interna, 503, 523; 2) rapporti con: Russia, 523.

Inghilterra:

l) situazione interna, 642:

2) rapporti con: Messico, 128, 131, 141; Principati Danubiani, 330; Pmssia, l, 440, 512, 620; Santa Sede, 642; Tunisi, 14, 178, 249, 275, 304, 318, 340, 446, 482, 485, 487, 493, 499, 502, 504, 507, 508, 511, 515, 531, 539, 549, 557, 662; Turchia, 64, 73, 86, 155, 204, 205, 313, 362, 366, 406, 430, 431, 453, 507, 508, 511, 515, 539, 549, 637.

PoTtogallo, rapporti con: Santa Sede, 116.

PTincipati Danubiani. rapporti con: Russia, 46, 589, 630, 634; Turchia, 634.

PTussia:

l) situazione interna, 440, 585, 630;

2) rapporti con: Russia, 3, 9, 15, 16, 19, 28, 91, 245, 315, 320, 550, 601, 614, 630, 652; Santa Sede, 510; Wiirtemberg, 305.

Russia:

l) situazione interna, 601, 614;

2) rapporti con: Turchia, 594; Wiirtemberg, 457.

Spagna:

l) situazione interna, 116; 2) rapporti con: Santa Sede, 116, 3,25, 480, 654.

Stati Uniti, situazione interna, 649, 664, 677.

Tunisi:

l) situazione interna, 14, 53, 58, 69, 80, 94, 97, 98, 110, 134, 304, 321, 340, 531, 685; 2) rapporti con: Turchia, 221, 228, 234, 249, 259, 402, 405, 422, 446, 472, 482, 485, 487, 489, 493, 496, 497, 499, 502, 504, 505, 507, 508, 515, 516, 531, 536, 545, 549, 557, 559.

Uruguay, situazione interna, 129, 177, 223, 599, 610, 628.

Wiirtemberg, situazione interna, 324.

I N D I C E D E I N O M I <t>

(1) I numeri rinviano alle pagine.

'ABD UL-'Azi'z, sultano ottomano, 48, 60, 75, 369, 387, 399, 442, 457, 460, 466, 470, 489, 510, 511, 513, 515.

ABRO, CARLO RAFFAELE, barone, VOlontario diplomatico, addetto al Gabinetto del ministro degli Esteri, 298, 300.

ACQUAVIVA, membro del comitato borbonico di Cambridge, 655.

AGUIRRE, ATANASIO CRUZ, presidente della Repubblica uruguayana, 111, 163, 202, 203, 598.

ALBA, MARIA FRANCISCA STUART FITZ· JAMEs, duchessa d', nata conteiSISa di Montijo, 151.

ALBICINI, CESARE, conte, professore di diritto costituzionale all'università di Bologna, 488.

ALBINI, GIAMBATTISTA, conte, vice ammiraglio, 9, 63, 80, 83, 188, 189, 190, 201, 215, 219, 230, 238, 255, 256.

ALESSANDRO l, zar di Russia, 584.

ALESSANDRO II, zar di Russia, 17, 19, 26, 75, 258, 267, 272, 284, 291, 292, 295, 296, 303, 304, 310, 311, 321, 327' 330, 331, 332, 342, 354, 360, 374, 477, 565, 566, 567, 584, 585, 587, 592, 594, 605, 624, 629, 647, 648, 661, 662, 670, 671, 683, 690, 691, 700, 701.

ALi pascià, MEHEMED EMIN, ministro degli Esteri ottomano, 5, 7, 15, 31, 38, 58, 65, 66, 72, 79, 87, 95, 96, 97, 139, 146, 147, 204, 214, 234, 235, 2,55, 282, 315, 324, 335, 338, 345, 373, 397, 398, 399, 411, 434, 458, 471, 505, 522, 632, 657.

ALONZI, LUIGI, detto CHIAVONE, capo brigante, 663.

ALoucHE, capitano francese, 679, 680.

AMARI, MicHELE, ministro della Pubblica Istruzione, 246.

AMBROSOLI, sacerdote milanese, 363.

AMoRE, NrcoLA, questore di Napoli,

363.

ANDREOLI, FRANCESCO, VeSCOVO preconizzato di Cagli e Pergola, 693, 718.

ANDREUZZI, ANTONIO, rnazziniano, 348,

444.

ANGIOLETTI, DIEGO, 'luogotenente generale, ministro della Marina, 437,

643.

ANTONELLI, GIACOMO, cardinale segretario di Stato, 325, 501, 527, 579, 660, 672, 685, 686, 687, 692, 694, 695, 697, 698, 703, 704, 710, 717.

APPONYI, RuDOLF, ,conte, ambasciatore d'Austria a Londra, 3, 13, 30, 96, 177, 333, 392, 394, 404, 461, 462,

479.

ARANJUEZ Y BERZABAL, inviato straordinario e ministro plenipotenziario del Messico a Bruxelles, 122.

ARESE, FRANCESCO, conte, 206.

ARISTARCHI bey, JEAN, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di Turchia a Berlino, 87, 505.

ARRAZOLA, LORENZO, ministro di Grazia e Giustizia spagnolo, 553.

ARTOM, !sAcco, capo gabinetto del mini~stro degli Esteri, poi segretario della legazione a Parigi, 39, 41, 176, 186, 191, 196, 199, 231, 246, 254, 275, 296, 298, 299, 301, 308, 312, 323, 364, 365, 382, 411, 426, 504,

639.

AsiNARI DI SAN MARZANO, ERMOLAo, se.gretario di 'legazione di 2" classe,

444.

AssENSI, TH., de, direttore dei Consolati a1l ministero degli Esteri spagnolo, 416.

AUGUSTENBURG, vedi Slesvig-HolsteinSonderburg-Augustenburg.

AvETA, CARLO, segretario generale all'Interno, 347, 363, 385, 573.

AZEGLIO, VITTORIO EMANUELE TAPARELLI, marchese d', inviato straordinario e min1stro pienipotenziario a Londra, 3, 5, 7, 12, 14, 15, 30, 34, 40, 44, 72, 74, 96, 121, 140, 148, 149, 177, 185, 216, 223, 229, 237, 256, 257, 258, 260, 261, 263, 264, 286, 288, 2,89, 301, 333, 335, 338, 357, 363, 367, 378, 382, 385, 386, 387, 392, 393, 397, 403, 405, 410, 411, 413, 424, 433, 436, 437, 439, 441, 457, 461, 469, 470, 475, 476, 477, 479, 482, 486, 489, 490, 495, 508, 520, 522, 527, 556, 559, 562, 576, 581, 591, 593, 660, 681, 686, 695, 706, 707, 713, 722, 723.

BADEN-DURLACH, KARL, principe, 491.

BADEN-DURLACH, MARIA MAXIMILIANOVNA RoMANOVSKA, principessa, nata Leuchtenberg, 491.

BADEN-DURLACH, WILHELM, prindpe, 166, 491, 492, 518, 530.

BAJEZID I, sultano ottomano, 654.

BALAN, HERMANN, diplomatico prussiano, 168, 172, 173, 175.

BALBO, CESARE, storico e uomo politico, 488.

BALIGOT, segretario del principe Cuza,

143.

BALLERINI, PAOLO, arciveSCOVO preconizzato di Milano, 638, 688, 693, 698, 715, 718.

BALLIAC, proprietario del giornale rumeno Buciumula, 23.

BARANDIARAN, GREGORIO, inviato straordinario e ministro plenipotenziario del Messico a Torino, 117, 169.

BAROCHE, PIERRE-JULES, ministro della Giustizia e del Culto francese, 501, 630, 633.

BARRAL DE MONTEAUVRARD, CAMILLO, conte, ministro residente a Francoforte, poi inviato straordinario e mini,stro plenipotenziario a Berlino, l, 73, 89, 160, 168, 176, 177, 178, 186, 217, 365, 400, 417, 430, 450, 465, 493, 497, 526, 529, 535, 540, 554, 559, 560, 581, 591, 595, 605, 606, 609, 614, 618, 619, 628, 641, 663, 667, 673, 680, 681, 684, 689, 696, 702, 703, 705, 712, 713, 720, 722, 727, 735, 736.

BARROT, ADOLPHE, ambasciatore di Francia a Madrid, 309.

BASTGEN, H., 3, 7, 24, 37, 50, 97, 119, 124, 126, 136, 144, 152, 161, 164, 165, 170, 180, 210, 336.

BATTLE, LoRENZO, colonnello, ministro della Guerra uruguayano, 603.

BAZAINE, FRANçors-ACHILLE, mare>sciallo, comandante delle truppe francesi in Messico, 684.

BEAULIEU, NAPOLÉON-ALCINDOR, barone, inviato straordinario e ministro plenipotenziario del Belgio a Francoforte, 89.

BEAuvAL, de, console generale di F·rancia a Tunisi, 10, 11, 39, 61, 62, 69, 80, 83, 84, 96, 115, 116, 189, 215, 219, 230, 256, 276, 288, 290, 369, 371, 372, 373, 387, 388, 413, 414, 416, 442, 460, 467, 510, 511, 512, 514, 523, 532.

BEDFORD, WILLIAM RUSSELL, go duca di, 113, 139.

BELLANGER, MARGUERITE, 535.

BELLAZZI, FEDERICO, deputato al Parlamento, 418.

BENAVIDES, ANTONIO, ministro degli Esteri spagnolo, 451, 553.

BENEDEK, LUDWIG AUGUST, von, generale austriaco, comandante generale della circoscrizione militare del Veneto, Tirolo, Carinzia, Carniola e Litora:le, 53, 2H3.

BENEDETTI, PAULINE, 36.

BENEDETTI, VINCENT, conte, ambasciatore di Francia a Berlino, 79, 428, 442, 484, 537, 554, 561, 562, 568, 605, 619, 628, 681.

BENZI, RAFFAELE, console generale a Nizza, 332, 564, 608.

.BERG, FRIEDRICH WILHELM RAMBERT, conte, generale russo, governatore generale e comandante militare della Polonia, 659.

BERGES, JosÉ, ministro degli EJsteri del Paraguay, 646.

BERNSTORFF, ALBRECHT, conte VOn, ambasciatore di Prussia a Londra, 3, 5, 6, 35, 462.

BERTANI, AGOSTINO, deputato al Parlamento, 446.

BERTI, DOMENICO, deputato al Paviamento, 246.

BERTINATTI, GIUSEPPE, inviato straordinario e ministro pleni,potenziario a Washington, 169, 597, 666, 697.

BEUST, FRIEDRICH FERDINAND, barone von, presidente del Consiglio, ministro degli Esteri e de~li Interni di Sassonia, 55, 669.

BEVILACQUA, MARINO, aderente al partito d'azione, 348.

BEZZI, ERGISTO, patriota, 329, 348, 349, 353, 361.

BIAGI, GIUSEPPE, ·COnsole a Melbourne, 317.

BIANCHI DOTTULA, GIUSEPPE, monsignore, arcivescovo di Trani e Nazaret, 636.

BIANCHIS DI POMARETTO, LUIGI, luogotenente generale, comandante generale della divtsione territoriale di Napoli, 167.

BIGNAMI, ENEA, .ingegnere e letterato,

738.

BILLE, ToRBEN, barone van, inviato 'Straordinario e ministro plenipotenziario di Dan1marca a Londra, 44.

BISEO, CAMILLO, aderente al partito d'azione, 348.

BISMARCK-SCHONHAUSEN, OTTO, principe von, presidente del Consiglio e ministro degli Esteri prussiano, 3, 5, 15, 16, 17, 18, 26, 27, 29, 35, 41, 46, 47, 54, 55, 58, 59, 64, 71, 73, 82, 87, 89, 98, 99, 100, 160, 168, 172, 173, 174, 175, 176, 177, 216, 228, 229, 265, 272, 277, 279, 280, 284, 289, 290, 303, 325, 326, 327, 335, 337, 350, 359, 401, 406, 407, 408, 409, 411, 419, 420, 428, 442, 443, 447, 448, 449, 450, 466, 476, 484, 487, 492, 493, 494, 495, 503, 504, 505, 506, 507, 525, 529, 540, 542, 543, 546, 547, 554, 559, 563, 581, 604, 605, 606, 609, 610, 620, 621, 624, 629, 673, 680, 702, 703, 705, 712, 713, 720, 721, 722, 727, 728, 729, 736, 737.

BLACKSTONE, sir WILLIAM, giurista inglese, 488.

BLANC, ALBERTO, capo gabinetto del ministro degli Esteri, 311, 364, 382,

411.

BLOOMFIELD, JOHN ARTHUR DOUGLAS, zo barone di, ambasciatore di Gran Bretagna a Vienna, 265, 325, 413.

BLUHME, CHRISTIAN ALBRECHT, presidente del Consig.Uo e ministro degli Esteri danese, 33, 45, 52, 196.

BOGGIO, PIER CARLO, deputato al Parlamento, 346, 357, 385.

BoGusz, negoziante rumeno, 21.

BoiTTELLE, SYMPHORIEN, direttore generale della Pubblica Sicurezza francese, 630, 631.

BOLOGNINI, NEPOMUCENO, aderente al partito d'azione, 348.

BONAPARTE, CLOTILDE, moglie del principe Napoléon detto Jéròme, nata

principessa di Savoia, 49, 150, 154, 342, 367.

BoNAPARTE, MATHILDE, vedi Demidov di San Donato.

BONAPARTE, NAPOLÉON-EUGÈNE, principe imperiale dei francesi, 366.

BoNAPARTE, NAPOLÉON-Louis-JosEPHJÉRÒME, principe, 71.

BoNAPARTE, NAPOLÉON-JOSEPH-CHARLES-PAUL, principe, detto Jéròme, 40, 49, 57, 68, 71, 81, 82, 88, 145, 152, 153, 154, 165, 178, 192, 206. 236, 237, 244, 250, 281, 288, 353, 367, 521, 536, 591, 609, 633, 649. 664, 665, 701, 737.

BoNASI, FRANCEsco, vescovo preconizzato di Borgo S. Donnino, 718.

BONNECHOSE, HENRI -MARIE -GASTON, ca•rdinale, arcivescovo di Rouen,

627.

BONNIÈRES DE WIERRE, E. segretario· dell'ambasciata di Francia a Costantinopoli, incaricato d'affari, 235,

531.

BoRBONE, ENRIQUE, duca di Sevilla,

88.

BORBONE, FRANCESCO DI PAOLA, conte di Trapani, 333, 334.

BORBONE, FRANCISCO D'ASSISI, princi-· pe consorte di Spagna, 57, 59, 63, 87, 88, 92, 101, 196.

BoRBONE, GAETANO, conte di Girgenti, 333, 334.

BORGHETTI, garibaldino, 348.

BoRJES, NICABIO, colonnello uruguayano, 601.

BoRROMEO, Gumo, conte, segretario generale alle Finanze, 68, 69, 105,

268.

BORZYSLAWSKY, CARLO, patriota galiziano, 42, 43, 74, 91, 130, 184.

Bosco, FERDINANDO, generale borbonico, 3~33, 572.

Bossi, colonnello garibaldino, 348.

BossuET, JAcQUEs-BÉNIGNE, 468.

BouDET, PAUL, ministro dell'Interno francese, 633.

BOUET DE WILLAUMEZ, LOUIS-ÉDOUARD, conte, vtce ammiraglio francese, 61, 62, 223, 230, 238.

BouGENEL, generale francese, cavaliere d'onore della principessa MatHde, 701.

BoUILLARD, generale belga, 136.

BowYER, sir GEORGE, deputato inglese,

528.

BoYARD, reggente l'agenzia consolare di Francia a Bucarest, 142, 143.

BOYL DI PUTIFIGARI, CARLO ALBERTO, segretario della legazione a Parigi,

278.

BRAGANZA, lSABEL, principessa ereditaria del Brasile, 321.

BRAGANZA, LEOPOLDINA, principessa del Brasile, 321.

BRAILAS, PETROS ARMENI, ministro degli Esteri greco, 730.

BRASSIER DE S. SIMON VALLADE, MARIA ANTON JosEF, conte, inviato straordinario e ministro rplenipotenziario di Prussia a Costantinopoli, 5, 64, 505, 550.

BRICHERASIO, vedi Cacherano di Briche1·asio.

BRIGANTI BELLINI, deputato a'l Parlamento, 452.

BROWN, corrispondente del Morning Post da Parigi, 312.

BRUCK, KARL LUDWIG, barone von, ex ministro del Commercio austriaco,

485.

BRUNNOV, FILIPP lVANOVIC, barone, ambasciatore di Russia a Londra, 16, 35.

BRuNo, GIOVANNI DoMENICO, agente e console generale ad Alessandria d'Egitto, 261, 313, 557, 587, 612.

BRUSCO 0MNIS, VINCENZO, giornailista,

517.

BUCHANAN, sir ANDREW, ambasciatore di Gran Bretagna a Berlino, poi a Pietroburgo, 302, 303, 726.

BuDA, SÀNDOR, maggiore ungherese,

24.

BUDBERG, ANDREJ, barone de, ambasciatore di Russia a Parigi, 605.

BUFARINI, FEDELE, VeSCOVO preconizzato di Comacchio, 718.

BUFFETTI, PIETRO, vescovo di Bertinoro, 699.

BULWER, sir HENRY LYTTON, ambasciatore di Gran Bretagna a Costantinopoli, 5, 15, 31, 32, 39, 58, 65, 72, 73, 74, 75, 95, 97, 139, 146, 149, 302, 411, 512, 531, 532, 550, 589.

BuNSEN, KARL, von, consigliere della 'legazione di Prussia a Torino, 673,

674.

BUOL-SCHAUENSTEIN, KARL FERDINAND, conte von, ex primo ministro e ministro degli Esteri austriaco, 409.

BusTAMANTE, JosÉ CANDIDo, segretario interinale del Governo provvisorio uruguayano, 601.

CACHERANO DI BRICHERASIO, LUIGI, VOlontario diplomatico, 444.

CADOLINI, GIOVANNI, deputato al Parlamento, 361.

CADORE, vedi Champagny.

CAGNIS DI CASTELLAMONTE, J.\.liCHELE, conte, 634.

CAIROLI, BENEDETTO, deputato al Parlamento, 130, 348, 361, 444.

CAMPO, CLODOVEO, conte, vice console a Belgrado, 131.

CAPLAN, MACHMET bey, ex colonneHo turco, 730.

CAPURRO, G.B., cittadino italiano residente a Montevideo, 602.

CARABALLO, FRANCISCO, generale uruguayano, 162, 163, 601.

CARACCIOLO DI BELLA, CAMILLO, marchelse, dnviato straordinario e ministro plenipotenziario a Berna, 365, 411, 5·59, 562, 564, 570, 626.

CARAFA, DOMENICO, cardinale, arciveSCOVO di Benevento, 637, 685, 687,

692.

CARDONI, GIUSEPPE, monsignore, veISCOVO preconizzato di Loreto, 639, 686, 688, 699, 718.

CARLO I, re del Wurtemberg, 14, 89, 134, 135, 376, 388, 389, 398, 422, 473, 583, 593.

CARLO XV, re di S.vezia e Norvegia,

48.

CAROLI, LUIGI, colonnello gadbaidino,

672.

CARRERA, ANGELO GUSTAVO, segretario di 2• C'lasse nella divisione amministrativa del ministero degli Esteri,

646.

CARRERAS, ANTONIO, de las, ministro degli Esteri uruguayano, 202.

CARUTTI DI CANTOGNO, DOMENICO, ministro :residente a L'Aja, 376, 389, 423, 473, 592.

CASANOVA, LUDOVICO, profesisore, 488;

CASTELLAMONTE, vedi Cagnis di CasteHamonte.

CASTELLANE, PIERRE, de, console di F:rancia ad Ancona, 658.

CASTELLI, MICHELANGELO, senatore del Regno, 246, 536, 634.

CASTELLINARD, AD?LFO, console generale a Marsiglia, l 78.

CASTIGLIONE, FRANCESCO VERASIS, conte di, luogotenente di cavaUeria, ufficiale d'ordinanza effettivo di Vittorio Emanuele II, 42, 43, 238, 244, 633, 649, 650.

CATTOLI, VINCENZO, conte, aderente al partito di azione, 517.

CAVALCHINI GAROFOLI, CARLO ALBERTO, incaricato d'affa·:ri a Madrid, 100, 101, 188, 192, 308, 324, 325, 415, 451, 552, 591.

CAVOUR, CAMILLO BENSO, conte di, 8, 38, 90, 97, 98, 127, 128, 180, 197, 206, 207, 208, 212, 213, 214, 215, 219, 222, 232, 240, 242, 246, 251, 297, 300, 305, 306, 312, 334, 339, 341, 342, 356, 357, 384, 464, 585, 586, 588, 621.

CENTURIONE, ENRICO, maTchese, segretario della legazione a F~ancoforte, incaricato d'affari, 260, 263, 264, 272, 293, 337, 350, 402.

CERRUTI, GIOVANNI BATTISTA, monsignore, prelato domestico di Sua Santità, 684.

CERRUTI, GIOVANNI BATTISTA, console a San Francisco, 317.

CERRUTI, MARCELLO, segretario generale agli Esteri, l, 4, 28, 39, 42, 49, 68, 72, 74, 81, 94, 96, 145, 151, 179, 185, 194, 200, 222, 253, 255, 267, 298, 300, 305, 308, 309, 332, 333, 342, 363, 376, 382, 385, 402, 437, 442, 454, 461, 469, 504, 507, 517, 521, 558, 559, 561, 564, 565, 571, 573, 576, 581, 591, 593, 602, 611, 625, 626, 650, 655, 681, 686, 691, 706, 708, 729, 731.

CHAIX n'EsTE ANGE, GusTAVE-LouisADOLPHE-VICTOR-CHARLES, senatore francelse, vice 'Presidente del Consiglio di Stato, 627.

CHAMPAGNY, Louis, duca di Cadore e di Betliluno, primo segretario della ambasciata di Francia a Londra, incaricato d'affari, 122, 123, 177, 187, 266, 301.

CHAZAL, PIERRE-EMMANUEL, barone, ex ministro della Guerra be·lga, 136.

CHECCHETELLI, GIUSEPPE, deputato al Pal'lamento, 639.

CHIALA, L., 67, 94, 101, 247, 323.

CHIASSI, GIOVANNI, colonnello garibaldino, 348.

CHIAVONE, vedi Alonzi.

CHIGI-ALBANI, FLAVIO, arcivescovo di Mira, in partibus, nunzio apostolico a Parigi, 569, 570, 575, 576, 578,

580.

CHOTEK VON CHOTKOVA, BOHUSLAV, conte, consigliere della legazione d'Austria a Berlino, inca·ricato d'affari, 504, 561.

CHRISTEN, THÉODULE, conte de, legittimi,sta francese, 655.

CIALDINI, ENRico, duca di Gaeta, generale, comandante del IV dipartimento miilitare, 155, 156, 220, 221, 243, 565, 738.

CiccoLo, VINCENZO, vescovo di Teramo, 636.

èiCERIN, VASILIJ NIKOLAEVIC, consi~liere delil'ambasciata di Russia a Parigi, incaricato d'affari, 295.

CITO DI TORRECUSA, LUIGI, conte, inviato straordinario e min~stro plenipotenziario delle Due Sicilie e Monaco di Baviera, 134.

CLARENDON, GEORGE WILLIAM VILLIERS, 4" earl of, uomo politico inglese, ·cancelliere del ducato di Lanca~e~ 13, 82, 89, 122, 123, 261, 263, 264, 265, 266, 272, 288, 301, 311, 367, 368, 395, 413, 462.

CL!I.RENDON, KATHERINE VILLIERS, lady. nata Grimston, vedova Foster Barham, 264.

CLARET Y CLARA, ANTONIO MARIA, prelato spagnolo, 101.

CLEMENTI, LUIGI, vescovo preconizzato di Rimini, 718.

CLERCQ, ALEXANDRE-JEAN-HENRI, diJ,Jlomatico francese, 449.

CoEN, GrusEPPE, 155, 358.

CoLOBIANO ARBORIO, LUIGI, addetto alla legazione a Parigi, 684.

CoNNEAU, HENRI, medico di Napoleone III, 451, 452.

CoNSTANT DE REBECQUE, BENJAMINHENRI, scrittore francese, 488.

CoNTI, CHARLES-ÉTIENNE, segretario capo del Gabinetto di Napoleone III, 450, 452.

CoRDOVA, FILIPPO, deputato al Pal'lamento, 236.

CoRIO, marchese, consigliere della legazione del Messico a Roma, 521.

CoRTE, CLEMENTE, aderente al partito d'azione, 446.

CoRTI, LuiGI, conte, ministro residente a Stoccolma, 28, 36, 47.

CowLEY, HENRY RicHARD CHARLES WELLESLEY, earl of, ambatsciatore di Gran Bretagna a Parigi, 72, 78, 89, 166, 357, 358, 380, 395, 403, 414, 425, 439, 441, 453, 455, 458, 466, 471, 472, 520, 525, 582.

CRAVOSIO, LUIGI BARTOLOMEO, barone, direttore capo della divisione I delle Legazioni, 630.

CRISPI, FRANCESCO, deputato al Par,lamento, 446, 697.

CRISTIANO IX, re dì Danimarca, 32, 33, 49, 52, 59, 70, 126, 162, 196, 221, 389, 420.

CRISTINI, FRANCESCO, aderente al partito d'azione, 655.

CRoceo, vedi Donatelli.

CSAKY, THEODORE, conte, patriota ungherese, 4, 40, 43, 67, 68, 83, 94, 154, 191, 192, 194, 222, 253, 308, 310, 382, 463, 521, 538, 565, 573, 611, 612, 626.

CUGIA, EFISIO, maggior generale, ministro delrla Marina, 188.

CURTOPASSI, FRANCESCO, segretario della legazione a Londra, 424.

CUZA, ALEXANDRU JoAN I, principe di Moldavìa e Va,laochia, 4, 20, 22, 23, 24, 28, 41, 42, 43, 44, 49, 72, 74, 75, 83, 91, 107, 108, 114, 129, 130, 141, 142, 143, 154, 184, 193, 194, 302, 304, 412, 464, 539, 550, 551, 568, 589, 590, 591, 652, 653, 654, 701, 702.

DAccò, garibaldino, 348.

D'ADDA, CARLO, senatore del Regno,

738.

D'AMORE, vedi Amore.

DARBOY", GEORGES, arcivescovo di Parigi, 281.

DA SILVA PARANHOS, JosÉ MARIA, inviato brasiliano in missione speciale presso la Repubblica argentina, 599, 600, 602, 646.

DAUD pascià, governatore del Libano, 551, 621.

D'AVANZO, GIOVANNI, brigante, 414.

DAVID, CHRISTIAN GEORG NATHAN, ministro delle Finanze danese, 33.

DAVIS, JEFFERSON, uomo politico americano, presidente degli Stati Confederati del Sud, 477, 577.

DÉAK, FÉRENC, uomo politico ungherese, 561, 576.

DE ANGELIS, FILIPPO, cardinale, arciVeiSCOVO di Fermo, 636, 637, 685, 687, 692.

DE CAsTRO, CARLO, ministro degli Esteri uruguayano, 602, 643, 644,

646.

DE GUBERNATIS, ENRICO, vice console a Susa, 62, 63, 84.

DELLA MINERVA, DoMENICO P Es DI SAN VITTORIO, conte, ministro residente ad Atene, 750.

DELLA RoccA, vedi Morozzo della Rocca.

DELLA ROVERE, ALESSANDRO, luogotenente generale, ministro della Guerra, l, 4, 105, 155, 222, 246.

DEL RE, LEOPOLDO, ex ministro degli Esteri borbonico, 333, 572.

DEMIDOV DI SAN DONATO, MATHILDE, moglie del principe Anatolij, nata Bonaparte, 14, 536.

DERBINGHEM, contrammiraglio francese, 61, 511.

DE RENZIS DI MONTANARO, FRANCESCO, barone, ufficiale d'ordinanza di VittoTio Emanuele II, 227.

DE SoNNAZ, vedi Gerbaix de Sonnaz.

DINA, GIACOMO, diretto•re dell'Opinione, 246, 323.

DI STEFANO, GIOVANNI, brigante, 151.

DOLGORUKI, VASILIJ ANDREEVIC, principe, capo della polizia russa e direttore della terza sezione della cancelleria privata dello zar, 670, 671, 672, 673.

DONATELLI, CARMINE, detto CROCCO, capo brigante, 160, 178, 188, 192,

655.

DORIA DI PRELÀ, RODRIGO, conte, ministro residente a Copenaghen, 32, 33, 48, 49, 70, 80, 114, 125, 145, 161, 196, 221, 322, 389.

DouAY, FÉLIX-CHARLES, generale, comandante dell'esercito francelse in Messico, 684.

DRAco, capitano, seguace dell'ex re Ottone di Grecia, 333.

DREUX-BREZÉ, PIERRE-SIMON-LOUISMARIE, vescovo di Moulins, 501, 570.

DROUYN DE LHUYS, ÉDOUARD, ministro degli Esteri francese, 13, 14, 36, 41, 46, 49, 50, 52, 58, 60, 66, 68, 72, 77' 78, 82, 88, 89, 90, 96, 100, 117' 120, 127, 128, 135, 136, 137, 143, 145, 164, 165, 166, 167, 168, 171, 178, 180, 187, 188, 189, 190, 192.. 197, 204, 205, 206, 207, 208, 209, 210, 211, 212, 213, 214, 219, 240, 241, 242, 243, 244, 246, 252, 260, 266, 267, 268, 269, 270, 271, 273. 274, 275, 278, 282, 283, 287, 299, 300, 301, 306, 312, 313, 320, 321. 322, 325, 326, 327, 328, 329, 334, 335, 336, 337, 339, 340, 341, 342, 343, 344, 349, 351, 352, 353, 354, 355, 356, 357, 360, 361, 362, 364, 365, 366, 367, 368, 370, 371, 375, 377, 378, 380, 381, 382, 397, 399. 400, 410, 413, 414, 416, 418, 419, 426, 428, 433, 436, 439, 440, 441, 452, 453, 455, 458, 466, 468, 469, 471, 472, 478, 479, 486, 489, 495, 501, 508, 509, 515, 534, 536, 537, 538, 558, 568, 569, 570, 577, 578, 579; 580, 589, 618, 619, 625, 632, 650, 658, 659, 660, 668, 669, 674, 675, 676, 679, 682, 684, 691, 694, 695, 703, 711, 718, 719, 720, 721, 723, 724, 725, 728, 729, 735, 738.

771.

Duss, JAKOB, :Presidente della Confederazione Elvetica, 346, 347.

Du CAMP, MAXIME, letterato francese, 537.

DUCHESNE DE BELLECOURT, agente e console generale di Francia a Tunisi, 110, 467, 472, 510, 513, 514, 556, 682, 706.

DUPANLOUP, FÉLIX-ANTOINE-PHILIBERT, monsignore, vescovo di Orléans, 527, 528, 529, 537, 569, 570, 576, 673.

DuRANDO, GIACOMO, generale, ex ministro degli Esteri, ex inviato straordinario e ministro plenipotenziario a Costantinopoli, 39, 45, 80, 207, 208, 220, 221, 312, 315, 551, 552,

621.

DURIO, EuGENIO, console a Scutari,

387.

EBER, FERDINAND, genera<!e, patriota ungherese, 40, 42, 67, 68, 83, 154, 183, 185, 308, 310, 311, 383.

EDELSHEIM, LEOPOLD, barone von, generale del Baden al servizio dell'Austria, 492.

EoER, KARL, barone von, agente politico e console generale d'Austria a Bucarest, 24, 91, 129, 130, 549, 654, 689, 696, 719.

ELIA, FRANCESCO, prefetto di Cuneo,

167.

ELISABETTA, imperatrice d'Austria,

175.

ELIZALDE, RUFINO, de, ministro degli Esteri argentino, 648.

ELLIOT, 1sir HENRY GEORGE, inviato straordinario e ministro plenipoten

ziario di Gran Bretagna a Torino, 73, 266, 372, 386, 405, 411, 424, 436, 470, 471, 531, 724.

ENRICO IV, re di Francia, 726.

ERSKINE, EDWARD MORRIS, incaricato d'affari di Gran Bretagna a Costantinopoli, poi min~.stro ad Atene, 32.

Eu, conte d', vedi Orléans, Louis.

EuGENIA, imperatrice dei Francesi, 63, 88, 126, 151, 154, 165, 227, 258, 281, 284, 295, 304, 366, 447, 535, 536, 538, 633.

FABRE, contrammiraglio francese, 62.

FABRIZI, NICOLA, deputato al Parlamento, 655.

FANTI, MANFREDO, generale, ex ministro della Guerra, 384.

FAZY, JEAN-JAcos, detto James, economista e uomo politico svizzero, 4,

222.

FEDERICO Il, re di Prussia, 544.

FE' D'OSTIANI, ALESSANDRO, conte, ministro residente a Rio de Janeiro,

597.

FEDERICO I, granduca del Baden, 166, 227, 258, 284, 294, 491, 492, 493, 518, 529, 530, 592.

FEDERICO GUGLIELMO Il, re di Prussia, 99.

FEDERICO GuGLIELMO III, re di Prus·Sia, 544.

FEDERICO GUGLIELMO IV, re di Prustsia, 544.

FERRARIO, aderente al partito d'azione, 333.

FERRE', PIETRO MARIA, monsignore, vescovo di Crema, (preconizzato al vescovato di Pavia, 638, 639, 718.

FEUILLET, aiutante di campo di Napoleone III, 61.

FLEURY, ÉMILE-FÉLIX, genera>le francese, aiutante di campo di Napoleone III, 321, 683.

FLORES, VENANCIO, generale, presidente della Repubblica dell'Uruguay, 111, 162, 163, 201, 202, 203, 598, 599, 600, 601, 602, 616, 642, 644,

646.

FLORESCU, JoHANN EMANUEL, generale, ministro della Guerra rumeno,

83.

FORGÀCH voN GHYNES UND GAcs, ANTON, conte, cancelliere .per il'Ungheria del'impero d'Austria, 53.

FoRTIS, LEONE, scrittore e patriota, 13.

FORTUNATO, CHERUBINO, marchese, di,plomatico borbonko, 151, 571, 572.

FOSSOMBRONI, VITTORIO, conte, primo ministro del Granducato di Toscana, 622.

FouLD, AcHILLE, ministro de1Ie Finanze francese, 358, 633.

FRANCESCHI, PIETRO, 650.

FRANCEsco II, ex re delle Due Sicilie, 134, 151, 199, 206, 213, 333, 334, 507, 571, 689.

FRANCESCO GIUSEPPE, imperatore d'Austria, 19, 53, 75, 76, 160, 169, 172, 198, 265, 279, 322, 326, 327, 331, 368, 380, 383, 431, 443, 483, 484, 485, 496, 497, 503, 504, 507, 529, 530, 534, 562, 563, 604, 609, 620, 624, 628, 629, 633, 729.

27 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. V

FRANK, KARL, von, ministro della Guerra austria,co, 498.

FRÉMY, Lours, governatore del Oredito Fondiario di Francia, 633.

FRIGERIO, ANTONIO, aderente al partito d'azione, 348, 517.

FRIGYESSY, GUSTAV, patriota unghere'Se, 4, 20, 21, 22, 23, 24, 28, 41, 68, 74, 91, 129, 130, 184.

FRIZ, G., 12.

FUAD, MEHEMED, pascià, gran visir ottomano, 556.

GABRIELE, M., 12.

GALATERI DI GENOLA E DI SUNIGLIA, GABRIELE, ,console generale ad Amburgo e inca,ricato d'affari pres,so le Città Anseatiche, 18, 233, 234, 285, 361, 405, 406.

GALLO, FRANCESCO, VeSCOVO di Avellino, 636.

GAMBA, aderente al partito d'azione,

348.

GAMBAROTTA, CARLO FRANCESCO, agenJte e console generale a Tunisi, 9, 39, 48, 52, 60, 69, 80, 83, 84, 86, 95, 115, 189, 201, 215, 219, 230, 255, 256, 261, 276, 289, 290, 313, 314, 369, 371, 387, 388, 442, 460, 466, 472, 489, 490, 509, 523, 526, 532, 533, 555, 557, 597, 612, 666,

681.

GANESCO, GREGORY, direttore del giornale L'Europa di Francoforte, 498.

GARASANIN, ILIJA, presidente del Consiglio e ministro degli Esteri serbo, 469, 561, 662, 664, 665.

GARIBALDI, GIUSEPPE, 4, 8, 9, 21, 22, 25, 37, 38, 42, 68, 91, 113, 130, 137, 179, 349, 446, 508.

GARIBALDI, MENOTTI, 329, 348, 369.

GERBAIX DE SoNNAZ, ETTORE, generale d'armata, 220, 221, 332.

GIANOTTI, CARLO FELICE, consigliere dela legazione a Pietroburgo, incaricato d'affari, poi a di8posizione del ministero, 72, 75, 689.

GINGO, dtplomatico mes.sicano, 150.

GIOIA, LUIGI EDOARDO, ingegnere, 589.

GIORGIO I, re di Grecia, 226, 500.

GIOVANNI, re di Sassonia, 670.

GIRARDI, FERDINANDO, veSCOVO di Sessa, 636.

GLADSTONE, g,tf WILLIAM EWART, cancelliere deMo Scacchiere britannico, 303, 330.

GOLIFI, ANTONIO, partigiano borbonico, 151.

GoLTZ, RoBERT H. LunwiG, conte von, ambasciatore di Prussia a Parigi, 17, 70, 166, 176, 284, 295, 618, 619, 701, 719.

GoMEZ, JuAN RAMON, ministro del'le Finanze uruguayano, 603.

GoNZALEZ Y GoNZALEZ, ANTONIO, marchese di Valdeterrazo, uomo politico spagnolo, M2, 553.

GORCAKOV, ALEKSANDR MICHAILOVIC, .principe, vice cancelHere e mini,stro degli Esteri russo, 34, 47, 58, 72, 76, 82, 267, 291, 292, 303, 304, 305, 310, 326, 330, 338, 360, 373, 374, 499, 500, 501, 554, 565, 566, 567, 568, 584, 586, 587, 591, 592, 604, 605, 621, 622, 623, 624, 647, 648, 661, 662, 671, 673, 690, 691, 725, 726, 727.

GRAMONT, ANTOINE-AGÉNOR-ALFRED, duca de, ambasciatore di Francia a Vienna, 562, 563, 578, 593, 619, 628, 629, 695.

GRANT, ULYSSES SIMPSON, generale, comandante in capo delle truppe degli Stati Uniti, 666, 667.

GRANVILLE, GRANVILLE GEORGE LEVESON-GOWER, 2° earl of, lord presidente del Consiglio britannico, 229.

GRECO, GIUSEPPE, mazziniano, 517.

GREPPI, GIUSEPPE, conte, incaricato d'affari a Costantinopoli, 5, 7, 15, 38, 39, 45, 58, 65, 72, 74, 75, 79, 95, 97, 139, 140, 145, 146, 149, 204, 214, 234, 235, 238, 255, 282, 315, 324, 335, 338, 344, 345, 346, 365, 373, 397, 398, 399, 434, 459, 467, 470, 471, 472, 482, 490, 515, 530, 550, 552, 561, 574, 589, 590, 591, 603, 631, 652, 653, 656, 657, 707,

719.

GRESTI, OoooNE, de, vice console ad Alessandria, 28, 29.

GREY, WILLIAM GEORGE, segretario dell'ambasciata di Gran Bretagna :et Parigi, incaricato d'affari, 269.

GUALTERIO, F'ILIPPÒ, marchese, prefetto di Genova, 42.

GUASTALLA, ENRICO, aderente al partito d'a.zione, 361, 446 .

GuEttZONI, GrusEPPE, garibaldino, 348, 349, 361' 446.

GUGLIELMO l, re di Prussia, 15, 17, 19, 26, 28, 47, 64, 75, 76, 87, 99, 100, 160, 168, 172, 174, 175, 229, 248, 258, 272, 295, 401, 406, 448, 449, 484, 495, 505, 506, 507, 525, 529, 530, 540, 542, 554, 559, 562, 563, 581, 595, 604, 624, 628, 629, 681, 722, 736.

GUGLIELMO l, re del Wurtemberg, l, 59, 376.

GUIDI, FILIPPO MARIA, cardinale, arcivescovo preconizzato di Bologna, 639, 686, 688, 699, 718.

GULDENKRONE, barone de, 45, 46.

HAIDER effendi, commissario ottomano a Tuni1si, 12, 189, 190, 201, 215, 219, 223, 230, 238, 255, 511, 512,

532.

HAMILTON, MARIA, duchessa di, naia principessa del Baden, 227.

HAMMOND, EDMUND, sottosegretario agli Esteri britannico, 108.

HAMUDA, bey di Tunis:i, 513.

HANSEN, C. F., generale, ministro della Guerra danese, 33.

HELTZEN, E. S.E., ministro della Giustizia danese, 33.

HERRERA, JUAN JOSÉ, ministro degli Esteri uruguayano, 111, 162, 163.

HERRERA Y 0BES, lVIANUEL, uomo politko uruguayano, 600, 602.

HIDALGO, JosÉ MARIA, inviato straordinario e ministro plenipotenziario del Mei3•sico a Parigi, 187.

HocK, KARL, barone von, capo sezione al ministero delle Finanze austriaco, 484, 485, 604.

HoHENZOLLERN, FmEDRICH KARL, von, principe, 509, 522, 526, 529, 534, 559, 562, 603.

1-IOHENZOLLERN, FRIEDRICH WILHELM, von, principe ereditario di Prussia,

401.

HoHENZOLLERN, GEORG, von, principe,

172.

HoLDER, deputato del Wiirtemberg, 583, 592.

HOLSTEIN-GOTTORP, NICOLA FEDERICO PIETRO, granduca di Oldenburg, l, 19, 47, 54, 186, 228, 350, 641, 657.

HOWARD OF WALDEN AND SEAFORD, CHARLES AUGUSTUS ELLIS, barone di, inviato straordinario e ministro .plenipotenzia~io di Gran Bretagna a Bruxeliles, 651.

HUBERT, di·rettore della Società di Commercio di Stoccarda, 473.

HuGEL, KARL, barone, inviato straordinario e ministro plenipotenziario d'Austria a BruxeHes, 651, 668.

HUGEL, KARL EUGEN, barone von, milllistro degli Esteri del Wiirtemberg,

89.

HuszAR, JANos, barone, patriota ungherese, 664.

IGNATIEV, NIKOLAJ PAVLOVIC, generale. inviato straordinario e mini1s1tro plenipotenziario di Russia a Costantinopoli, 39, 458, 515, 516, 550, 551, 568, 586, 590, 59!, 593, 603, 605, 622, 657.

INCONTRI, Lonovrco, marchese, segretario della legazione a Pietroburgo, 554.

IsABELLA II, regina di Spagna, 41, 38, 101, 308, 451, 571.

IsMAIL, vicere d'Egitto, 588.

ISNARDI, LORENZO, scolopio, .precettore di Vittorio Emanuele II, 167.

lSTURITZ Y MONTERO, FRANCISCO SAVERIO, ambasdatore di Spagna a Parigi, 269, 270, 668, 674, 675.

JACINI, S.TEFANO, ministro dei Lavori Pubblici, 258, 364, 390, 437, 465.

JOCTEAU, ALESSANDRO, inviato straordinario e ministro plenipotenziario a Berna, 200, 282, 283, 329, 346,

347.

J OHANNSEN, ministro dello Schleswig danese, 33.

JoHNSON, EDWARD, generale americano sudista, 667.

JoLrsors, EuGÈNE, prefetto della Savoia, 630, 650, 680.

JuANrco, uomo politico uruguayano,

603.

KARL ALEXANDER, .granduca di Sassonia-Weimar, 227.

KAROLIJ VON NAGY-KAROLY, ALOYS, conte, inviato rstraordinario e ministro .plenipotenziario d'Austria a Berlino, 417, 609, 620, 663, 680.

KEREDDIN, .vedi Khair ad-Din.

KERESTELY, colonnello ungherese, 23.

KHAIR Ao-DrN, generale ed uomo politico tunisino, 369, 371, 372, 387, 413, 416, 442, 453, 457, 459, 460, 467, 470, 471, 478, 479, 490, 512, 513, 532, 556, 666, 681, 706.

KHALIL, CHERIF bey, inviato straordinario e ministro .plenipotenziario di Tur,chia a Pietroburgo, 374.

KIBRISLI, MEHMED, pascià, ex gran visk ottomano, 551.

KINGLAKE, ALEXANDER WILLIAM, deputato e storico inglese, 108, 122,

123.

KISELEV, NIKOLAJ DMITREVIC, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di Russia a Torino, 33, 477, 565, 587, 594.

KrsELEV, PAVEL DMITREVIC, ex ambasciatore di Russia a Parigi, 34.

KrsELEV, moglie di Nikolaj, nata Ru13poli, 33.

KLAPKA, GYORGY, generale, patriota ungherese, 4, 21, 23, 28, 29, 39, 41, 43, 49, 67, 68, 81, 94, 141, 142, 181, 185, 194, 222, 254, 267, 309, 611.

KNUSEL, JosEF MARTIN, capo del dipartimento di Giustizia e Polizia elvetico, 562, 564.

KOGALNICEANU, MIHAIL, presidente del Consiglio rumeno, 21, 22, 24, 129, 130, 142, 143, 184, 702.

KoMAROMY, GYORGY, patriota ungherese, 154, 182, 192, 194, 222, 308, 310, 521, 611, 612.

KossuTH, LAYOS, patriota ungherese, 21, 40, 183, 504.

KoTZEBUE, generale, 22.

KREMER, ALFRED, von, comn1issario austriaco neHa commissione europea del Danubio, 707, 714, 719, 733, 734, 735.

KUBECK, ALOYS KARL, barone VOTI, presidente della Dieta di Francoforte, 178, 400, 607.

KuPA, FIDEL, patriota ungherese, 40,

68.

LA CoRDAIRE, HENRI-DOMINIQUE, predicatore e pubblicista francese, 677.

LA GALA, CIPRIANo, bl)1gante, 410, 414, 415, 425, 429, 430, 451, 452, 474.

LA GALA, GIONA, brigante, 414, 415, 425, 429, 430, 451, 452.

LA GuÉRONNIÈRE, Loms-ÉTIENNE-.ARTHUR DuBREUIL-HÉLION, visconte de, uomo .politko francese, 468.

LA MARMORA, ALFONSO FERRERO, de, generale, presidente del Consiglio e ministro degli Esteri, 4, 7, 25, 37, 44, 50, 68, 69, 91, 93, 101, 103, 105, 106, 112, 114, 117, 118, 121, 123, 124, 131, 132, 135, 136, 137, 152, 167, 168, 200, 218, 236, 239, 241, 245, 246, 248, 249, 255, 258, 259, 260, 261, 263, 264, 266, 267, 268, 270, 271, 272, 273, 276, 278, 280, 282, 284, 285, 286, 288, 289, 290, 293, 294, 295, 296, 298, 299, 300, 301, 305, 308, 310, 312, 313, 320, 322, 323, 324, 325, 326, 328, 329, 330, 331, 332, 334, 335, 336, 337, 339, 341, 342, 343, 344, 346, 347, 349, 350, 351, 352, 353, 354, 355, 357, 359, 360, 361, 364, 365, 366, 367, 368, 369, 370, 371, 373, 375, 376, 377, 378, 380, 382, 383, 386, 387, 388, 389, 390, 392, 393, 396, 397, 398, 399, 400, 402, 403, 405, 407, 408, 410, 411, 413, 414, 415, 416, 417, 419, 421, 423, 424, 425, 427, 429, 430, 432, 434, 435, 436, 438, 439, 440, 441, 442, 444, 447, 450, 451, 452, 455, 456, 457, 458, 459, 461, 465, 466, 468, 469, 470, 471, 473, 474, 475, 476, 479, 480, 482~ 483, 486, 487, 488, 489, 490, 491, 493, 495, 497, 498, 499, 501, 502, 505, 506, 508, 509, 515, 516, 518, 520, 521, 522, 524, 525, 526, 527, 529, 530, 532, 534, 535, 540, 552, 554, 555, 557,

558, 560, 561, 562, 564, 565, 566, 567, 569, 570, 574, 575, 576, 578, 581, 583, 584, 585, 587, 589, 591, 592, 593, 595, 597, 598, 603, 605, 606, 608, 609, 610, 612, 618, 619, 621, 623, 625, 626, 627, 628, 630, 631, 632, 633, 634, 640, 641, 642, 646, 648, 651, 652, 656, 657, 659, 660, 661, 662, 663, 664, 666, 667, 668, 669, 670, 672, 673, 674, 675, 677, 678, 680, 681, 682, 683, 684, 686, 687, 689, 690, 691, 694, 695, 696, 697, 700, 701, 702, 703, 705, 706, 707, 708, 711, 712, 713, 714, 715, 716, 717, 718, 719, 720, 721, 722, 723, 724, 725, 726, 727, 728, 730, 731, 733, 735, 736, 737, 738.

LANDAU, HORACE, rapprels,entante dei banchieri Rothschild a Torino, 323.

LANGIEWICZ, MARIAN, patriota polacco, ex dittatore della Polonia, 42.

LANGLAIS, JACQUES, consigliere di Stato francese, 570.

LANZA, GmvANNI, mini1stro delil'Interno, 238, 246, 247, 258, 268, 336, 346, 363, 382, 437, 454, 474, 565, 573, 726.

LAROCHEJAQUELEIN, HENRI-AUGUSTEGEORGES DU VERGIER, senatore francese, 627.

LA TouR, VITTORIO, vedi SaHier de

La Tour.

LA TouR D'AuvERGNE-LAURAGAIS, HENRI -GODEFROI -BERNARD -ALPHONSE, prindpe de, ambasciatore di Fìl'ancia a L,ondra, 6, 13, 14, 47, 48, 122, 405, 413, 453, 455, 457, 461, 462, 467, 469, 472, 475, 478, 479, 480, 482, 486, 523, 562, 577.

LAUNAY, LUIGI MARIA EDOARDO, conte de, inviato IStìl'aordinado e ministro plenipotenziario a BerHno, poi a

MENABREA, LUIGI FEDERICO, luogotenente generale, ministro dei Lavori Pubblici, 67, 91, 94, 126, 131, 132, 133, 138, 144, 148, 152, 153, 154, 161, 164, 165, 168, 170, 171, 172, 179, 187, 188, 190, 191, 192, 194, 195, 211, 212, 240, 243, 244, 245, 250, 296, 299, 307.

MENSDORFF-POUILLY, ALEXANDER, conte von, ministro degli Esteri austriaco, 327, 331, 337, 350, 351, 409, 420, 449, 476, 495, 504, 506, 525, 526, 554, 562, 563, 607, 647, 648,

696.

MERCIER DE LOSTENDE, HENRI, ambasciatore di Francia a Madrid, 309.

MERLATo, G., console generale d'Austria a Tunisi, 11, 413, 514, 533.

METTERNICH-WINNEBURG, KLEMENS WENZEL LoTHAR, principe von, statista austriaco, 409.

METTERNICH -WINNEBURG, RICHARD, principe von, ambasciatore d'Au,stria a Parigi, 269, 327, 358, 395, 618, 619, 668, 674, 675.

MEYENDORFF, FELIX, barone de, segretario della legazione di Russia a Roma, incaricato d'affari, 726.

MICALLES, PAoLo, vescovo preconizzato di Città di Castello, 718.

MICELI, LUIGI, deputato a1l Parlamento, 361, 446.

MIGLIORATI, GIOVANNI ANTONIO, mar'chese, ministro ·residente a Lima,

597.

MILELLA, MICHELE, vescovo di Teramo, 636.

MILIVOI, colonnello serbo, ex comandante dell'artiglieria, 435, 646, 650.

MINGHETTI, MARCO, presidente del Consig1lio e ministro deUe Finanze, 2, 3, 4, 7, 14, 24, 34, 37, 44, 50, 58, 67, 68, 69, 71, 79, 89, 91, 92, 93, 97, 101, 102, 105, 106, 107, 108, 114, 117, 118, 119, 121, 123, 124. 126, 131, 133, 135, 136, 137, 138, 144, 148, 152, 154, 155, 156, 160, 161, 164, 165, 166, 167, 168, 170, 172, 179, 180, 187, 188, 190, 191, 192, 194, 195, 200, 210, 218, 220, 221, 230, 236, 237, 238, 239, 240, 241, 243, 244, 246, 247, 249, 251, 253, 257, 266, 268, 287, 300, 305, 306, 308, 312, 313, 323, 393, 402, 474, 488, 538, 539.

MINGHETTI, RosA, nata SARTI, madre di Mar,co, 155.

MINOTTO, GIOVANNI, ingegnere, commissario alla confeéfenza telegrafica internazionale, 617, 678, 707.

MISSORI, GIUSEPPE, colonnello gadbaldino, 348, 361.

MITRE, BARTOLOMÉ, generale, presidente della Repubblica aéfgentina,

111.

MocQUARD, JEAN-FRANçois-CoNSTANT, 'Capo gabinetto di Napoleone III, 13, 94, 241.

MOLLARD, PHILIBERT, generale, aiutante di campo di NéJiPoleone III, 154, 650, 680.

MoLTKE, KARL, ·conte, ministro senza portafoglio danelse, 33.

MOLTKE-HUITFELDT, GEBHARD LEON,

•conte von, inviato straordinario e .minist'ro plen1potenziario di Danimarca a Parigi, 49.

MoN, ALEJANDRO, presidente del Consiglio spagnolo, poi ambasdatore di Spagna a Parigi, 192, 309.

MoNETTI, GIOVANNI, vescovo rpreconizzato di Cervia, 718.

MoNRAD, DITLEY GoTHARD, prestdente del Consiglio danese, 32.

MONROE, JAMES, ex presidente degU Stati Uniti, 170, 597.

MoNTALTO, vedi Lupi di Montalto.

MoNTEBELLO, GusTAVE-OLIVIER LANNES, 'conte de, generale, comandante del corpo di spedizione francese a Roma, 50, 168, 209, 321.

MoNTEBELLo, NAPOLÉoN-AUGUSTE LANNES, duca de, amba:sdato~e di Francia a Pietroburgo, 17.

MoNTI, A., 126, 167, 238, 296, 317.

MORDINI, ANTONIO,. deputato al Parlamento, 9, 446, 627.

MoRETTI, vescovo preconizzato di Cesena, 718.

MoRI, R., 132, 133, 247, 704, 711.

MORNY, CHARLES-AUGUSTE-LOUIS-JoSEPH, duca de, ,presidente del Corpo Legislativo fmncese, 630.

MOROZZO DELLA RoccA, ENRICO, generale, comandante del I dipartimento militare, 22.0, 221, 237, 238, 248,

249.

MosTo, ANTONIO, mazziniano, 444.

MoUSTIER, LIONEL-DESLE-MARIE-FRANçors-RENÉ, marchese de, ambasciatore di Francia a Costantinopoli, 5, 7, 66, 72, 95, 472, 482, 486, 490, 550, 561, 574, 589, 590, 603, 632, 656,

657.

MUHAMMAD ALI, vlcerè d'Egitto, 588.

MUHAMMAD Il, bey di Tunisl, 513,

532.

MUHAMMAD III AS-SADIQ, bey di Tunisi, 11, 12, 39, 48, 52, 60, 61, 62, 69, 80, 83, 84, 85, 86, 96, 115, 116, 189, 190, 201, 288, 290, 314, 369, 371, 372, 373, 387, 413, 414, 416, 453, 454, 457, 460, 466, 470, 486, 489, 510, 511, 512, 513, 514, 515, 521, 527, 532, 533, 537, 555, 556, 598, 681, 706.

MtiLINEN, RuDOLF, conte von, consigliere dell'ambasciata d'Austria a Pa11igi, incari·cato d'affa,ri, 269, 270.

Mu:Noz, genera,l€ uruguayano, 642.

MusTAFÀ Kasnadar, primo min~stro tunisino, 10, 11, 39, 61, 62, 84, 96, 115, 116, 201, 371, 372, 387, 510, 511, 512, 513, 514, 533, 556, 681, 682, 706.

MusuRus bey, ambasciatore di Turchia a Londra, 412, 522.

NAGLE, GAETANO, ma.ggiore, 221.

NAPHTALI, TEODORO, viee console, reggente H consolato a Pietroburgo,

292.

NAPIER AND ETTRICK, FRANCIS, [ord, amba~sciatore di Gran Bretagna a Pietroburgo, poi a Berlino, 75, ·76, 77, 302, 303, 374, 417, 428, 442, 486, 487.

NAPOLEONE I, imperatore dei francesi, 157, 701.

NAPOLEONE III, 1mperatore dei fran·cesi, 2, 3, 8, 14, 17, 18, 25, 34, 36, 37, 38, 41, 49, 50, 51, 52, 55, 57, 60, 61, 63, 67, 68, 69, 75, 77, 78,

79, 81, 8:2, 87, 88, 89, 90, 91, 93, 94, NICOTERA, GIOVANNI, deputato al Par98, 100, 101, 102, 103, 104, 105, lamento, 446. 106, 107, 109, 110, 114, 115, 117, 118, 119, 120, 123, 124, 126, 127, NIEUWJ;;CKF.RCKE, ALFRED -ÉMILIEN, 128, 131, 132, 133, 135, 136, 137, ·Conte de, SOVtrintendente ane Belle 138, 144, 145, 152, 153, 154, 155, Arti, direttore generale dei Musei 157, 158, 160, 161, 164, 165, 167, 168, Imperiali francesi, 281. 170, 171, 172, 178, 179, 180, 187, 188, 190, 191, 192, 194, 195, 197, NIGRA, CosTANTINo, inviato straordi198, 199, 204, 205, 206, 207, 209, nario e ministro plenilpotenz1arrio a

210, 211, 212, 213, 214, 219, 224, Parigi, 2, 7, 8, 13, 24, 33, 34, 40, 231, 233, 234, 235, 238, 240, 241, 41, 49, 50, 52, 57, 58, 59, 60, 63, 242, 243, 244, 245, 246, 249, 250, 67, 70, 83, 84, 88, 90, 91, 93, 97, 251, 252, 253, 258, 259, 260, 261, 102, 103, 104, 106, 107,114,117,118, 263, 266, 268, 271, 272, 273, 274, 119, 120, 123, 127, 131, 133, 135, 275, 279, 280, 281, 282, 283, 285, 138,144,152,153,159,160, 161,16~ 286, 292, 295, 296, 297, 298, 299, 16G, 167, 170, 178, 179, 180, 195, 303, 304, 306, 307' 309, 310, 312, 196, 199, 201, 204, 205, 206, 208, 317, 318, 319, 320, 321, 322, 325, 217, 218, 219, 223, 229, 230, 239, 327, 331, 332, 336, 342, 343, 344, 240, 241, 242, 243, 244, 245, 246, 349, 350, 351, 352, 353, 354, 355, 251, 259, 260, 263, 268, 270, 271, 357, 358, 366, 367, 370, 373, 374, 273, 275, 278, 280, 281, 282, 295, 375, 384, 395, 402, 403, 409, 410, 206, 298, 299, 300, 305, 307, 310, 414, 415, 421, 425, 426, 429, 430, 311, 312, 317, 320, 322, 323, 325, 439, 441, 444, 447, 450, 451, 452, 328, 329, 331, 334, 339, 341, 342, 454, 456, 462, 474, 480, 481, 482, 343, 344, 346, 347, 349, 351, 352, 483, 484, 485, 486, 487, 489, 497, 353, 354, 355, 360, 361, 362, 365, 498, 502, 506, 516, 528, 529, 535, 366, 367, 368, 370, 375, 377, 378, 536, 537, 538, 561, 569, 574, 575, 380, 382, 383, 387, 390, 392, 397, 576, 580, 582, 584, 588, 608, 609, 399, 402, 405, 407, 410, 414, 416, 622, 624, 627, 628, 629, 630, 633, 417, 419, 421, 425, 429, 430, 433, 648, 649, 650, 672, 675, 677, 679, 436. 437, 438, 439, 440, 441, 444, 681, 683, 684, 688, 691, 699, 700, 447, 450, 451, 454, 456, 468, 471' 701, 722, '723. 476, 480, 483, 486, 487, 493, 496, 499, 501, 506, 508, 509, 515, 516, NATOLI, GIUSEPPE\ ministro della 517, 521, 524, 525, 527, 532, 534, Pubblica Istruzione, 437. 535, 557, 569, 574, 575, 578, 589, 591, 603, 608, 617, 618, 625, 627, NEGRI, KosTANTIN, agente dei Pdnci-630, 632, 633, 642, 648, 651, 657, patì Danubiani a Costantinopoli, 660, 662, 666, 668, 674, 675, 677,

653. 678. 681, 682, 683, 691, 694, 695, 696, 700, 701, 703, 707, 711, 713, NrcoLA I, zar di Russia, 17, 327. 718, 719, 721, 723, 724, 725, 728, 729, 737, 738. NICOLAY, NIKOLAJ, barone de, inviato straordinario e ministro plenipoten-NIGRA, GIOVANNI, conte, mini,stro deNa ziario di Russia a Copenaghen, 161. Rea·l Casa, 250.

NoCIFERA, SANTE, partigiano borbonico, 508.

NORMANBY, CoNSTANTINE HENRY PHIPPS, l o marchese di, uomo politico inglese, 528.

NoTHOMB, JEAN -BAPTISTE, inviato strao:rdinario e ministro pleni:potenziario del Belgio a BeDlino, 488.

NovrKov, EuGHENJI, consigliere della legazione di Russia a Costantinopoli, incaricato d'affari, 75.

NYsSEN, H., console dei Paesi Bassi a Tunisi, 11.

0BRENOVIé, MICHELE Hl, princi1Pe di Serbia, 154, 464, 539.

0' DoNNELL Y YORRIS, LEOPOLDO, conte di Lucena e duca di Tetuàn, uomo politico spagnolo, 101, 552.

0FFENBERG, HEINRICH, barone VOn, ~console generale e ag,ente politico di Russia a Bucare1st, 24, 654, 696..

0LDENBURG, gmnduca di, vedi Hol.stein-Gottorp.

0LDOINI, FILIPPO, marchese, ministro residente a Carlsruhe, l, 54, 59, 121, 123, 133, 166, 187, 226, 258, 284, 290, 294, 330, 3Sl, 338, 359, 374, 376, 388, 407, 421, 430, 465, 466, 487, 491, 499, 518, 524, 529, 555, 583, 591, 592, 595, 640, 731.

0LGA, regina del Wi.irtemberg, 407, 422, 473.

0LIPHANT, LAURENCE, d1plomatico in~lese, 178, 186.

0LLIVIER, ÉMILE, uomo politico francese, 126, 633, 676, 677.

0LOZAGA, SALLUST!ANO, uomo politico spagnolo, 83.

0RESKOVIé, ANTONIJE, maggiore croato, 561, 664.

ORFEI, ENRICO, cardinale, arcivescovo di Cesena, preconizzato all'arcivescovato di Ravenna, 638, 693, 718.

0RLÉANS, LOUIS-PHILIPPE-MARIE-FERDINAND-GASTON, principe, conte d'Eu, 321.

0RLBANS, MARIE-CLÉMENTINE-CAROLINE-LÉOPOLDINE-CLOTILDE, principessa, 321.

0SSAT, ARNAUD, d', ecclesiastico e diplomatico francese, 726.

OTTONE l, ex re di Grecia.. 333.

OuBRIL, PAVEL PETRovrc, d', inviato !straordinario e ministro plenipotenziario di Russia a Berlino, 447, 504.

OxHoLM, W. T., d', maggior generale, gran maresciallo della Corte danese, 32.

0ZEROV, ALEKSANDR, d', inviato straordinario e ministro pil.enipotenziario di Russia a Berna, 626.

PACHECO, JOAQUIN FRANCISCO, mini'Stro degli Esteri g,pagnolo, poi ambasciatore di Spagna a Roma, 100, 101, 188, 192, 309.

PAILLA, brigante, 151.

PAIVA, FRANCISCO JosÉ, visconte de, inviato straordinario e ministro plenLpotenziario di Portogallo a Parigi, 154, 536.

PALASCA, segretario dell'ex re Ottone di Grecia, 333.

PALMERSTON, EMILY, lady, moglie di Henry John, 6.

i-~ALMERSTON, HENRY JoHN TEMPLE, 3" visconte di, :primo min~stro inglese, 5, 6, 7, 12, 13, 18, 31, 34, 35, 72, 73, 74, 75, 78, 96, 97, 108, 109, 113, 123, 141, 149, 151, 186, 216, 223, 257,263,264,265,266,288,289,303, 357, 358, 368, 374, 386, 392, 393, 394, 396, 403, 404, 411, 412, 414, 424, 439, 480, 482, 523, 576, 577, 660, 661.

PAPA, DoMENico, brigante, 414.

PARANHos, vedi Da Silva Paranhos.

PAUMGARTEN-FRAUENSTEIN, LUDWIG, conte von, segretario della legazione di Baviera a Londra, 217.

PASOLINI, GIUSEPPE, conte, ex ministro degli Esteri, 37, 136, 208, 393, 410, 439, 474.

PASSAGLIA, CARLO, abate, deputato al Parlamento, 637.

PATROCINIO, vedi Qttiroga.

PÉLJSSIER, PHILIPPE-XAVIER, generale francese, 679, 680.

PEPOLI, GIOACCHINO NAPOLEONE, marchese, inviato straordinario e mini'stro plenipotenziario a Pietroburgo, poi deputato al Parlamento, 2, 4, 8, 25, 50, 51, 59, 67, 71, 77, 88, 93, 94, 97, 98, 101, 102, 103, 104, 105, 107, 117, 120, 124, 126, 127, 131, 137, 138, 144, 148, 152, 153, 155, 161, 171, 190, 191, 192, 195, 196, 204, 205, 206, 209, 210, 211, 212, 213, 214, 215, 235, 236, 237, 238, 239, 247, 249, 250, 251, 275, 281, 2.96, 299, 301, 303, 306, 307, 310, 311, 313, 322, 323, 349, 353, 354, 365, 498, 585.

PEREZ, ANTONIO MANUEL, ministro delllie Finanze uruguayano, 163.

PEREZ, LUIS EDUARDO, colonnello, ex ministro della Guerra uruguayano,

112.

PERSANO, CARLO PELLION, 1conte di, ammiraglio, deputato al Par,lamento, 220, 221.

PERSIGNY, JEAN-GH.BERT-VICTOR FIALIN, duca de, senatore francese, membro del Consiglio privato, 426, 630, 649, 726, 738.

PERSIGNY, ALBINE-MARIE-NAPOLÉONE EGLÉ, duchessa de, moglie di JeanGilbcrt, nata Ney de la Mol3kowa,

630.

PERUZZI, UBALDINO, ministro dell'Interno, 2, 9, 67, 69, 79, 92, 105, 138, 179, 200, 219, 236, 239, 243, 246, 323, 363, 385, 474.

PETITTI BAGLIANI, AGOSTINO, conte di Roreto, luogotenente generale, ministro della Guerra, 135, 246, 247, 258, 384, 437.

PETRUCCELLI DELLA GATTINA, FERDINANDO, deputato al Parlamento, 346.

PETTINAR!, ANTON MARIA, vescovo preconizzato di Nocera, 718.

PEYER IM HoF, di,rettore della Compagnia industria.le svizzera, 40, 222, 382, 383.

PFORDTEN, LUDWIG, barone von der, ministro presidente e ministro degli Esteri di Baviera, 54, 360, 401, 402, 423, 476, 487, 495, 555, 584, 607, 669, 670.

PHILIPSBORN, direttore della sezione Affari Commerciali e Diritto Pubblico del ministero degli E1steri pTussiano, 26, 27, 29, 173, 546.

PHILIPSBORN, direttore generale delle Poste al ministero del Commercio, dell'Industria e dei Lavori Pubblici prus,siano, 444.

PIE, L uDovrc-FRANçOis-DÉSIRÉ-ÉDo-UARD, monsignore, vescovo di Poitiers, 501, 569, 570, 576.

PINELLI, AUGUSTO FERDINANDO, tenente generale, deputato al Parlamento, 385.

PINNA, GIUSEPPE LUIGI, agente e console generale a Tunisi, 681, 706.

Pro IX, papa, 37, 50, 51, 65, 78, 90, 93, 97, 100, 101, 102, 103, 104, 108, 118, 120, 136, 137, 180, 199, 204, 205, 207, 208, 209, 210, 211, 213, 232, 240, 241, 242, 245, 253, 257, 259, 261, 262, 269, 271, 272, 274, 281, 295, 296, 306, 309, 311, 325, 334, 341, 358, 362, 377, 468, 469, 489, 501, 502, 527, 528, 536, 537, 569, 577, 579, 580, 610, 625, 627, 628, 635, 639, 649, 655, 656, 660, 661, 672, 676, 677, 678, 683, 685, 686, 691, 692, 693, 694, 708, 709, 715, 716, 717.

PIRRI, P., 610, 655.

PISANELLI, GIUSEPPE, ministro di Grazia e Giustizia e dei Culti, 474, 475.

PLEVANI, GIACOMO, aderente al partito d'azione, 348.

PLENER, lGNAZ, von, ministro delle Finanze austriaco, 53, 535.

POLIGNAC, AUGUSTE-JULES-ARMANDMARIE, 1prinC'ipe di, uomo politico ~rancese, 82.

POMARETTO, vedi Bianchis di Poma

retto.

PoMBA, GIUSEPPE, editore, 535.

PoNIATOWSKI, JosEPH-MICHEL-FRANçois, principe, senatore francese,

154.

PORCIA, ALFONSO, principe, 56.

PORTALIS, JoSEPH-MARIE, de, :magi,srtrato e uomo politico francese, 570.

PRANDINA, GIOVANNI BATTISTA, mediCO, aderente a:l partito d'azione, 348.

PRATO, SAVERIO, 730.

PRIANISNIKOFF, ·polacco, agente repubblicano, 655.

PRIM Y PRATS, JuAN, conte di Reus, marchese di Lo:s CastHleios, generale e uomo politico spagnolo, 101.

PRIM, informatore della legazione a Londra, 333, 335, 336, 363, 385, 386, 571, 581.

PROKESCH-0STEN, ANTON, barone von, internunzio e ministro plenipotenziario d'Austria a Costantinopoli, 7, 39, 139, 434, 532, 550, 590, 593.

PROUDHON, PIERRE-JOSEPH, pensatore politico ed economi.sta francese,

537.

PRZYBILSKY, VALERIJAN, patriota polacco, 183, 184.

PuLIGA, vedi Quigini Puliga.

QUAADE, GEORGE JOACHIM, ministro .senza 1portafog1io danese, 32, 48, 65.

QUADRIO, MAURIZIO, pubblicista, mazziniano, 516.

QUIGINI PULIGA, EFISIO, conte, segretario della legazione a Berlino, poi consi~liere della legazione a Pietroburga, incaricato d'affari, 176, 263, 267, 290, 330, 373, 398, 458, 499,

506.

SASSONIA-COBURGO E GoTHA, LUDWIG AucusT MARIA EuDEs, principe, duca di Sassonia, 321.

SAULI, FRANCESCO MARIA, ex inviato straordinario e ministro plenipotenziario di Sardegna a Pietroburgo,

551.

SAVIGNY, KARL FRIEDRICH, VOn, ministro plenipotenziario di Prussia a Francoforte, 272, 641.

SAVOIA, ELISA,BETTA, di, duchessa di Genova, nata principessa di Sassonia, 14.

SAVOIA, EUGENIO, di, principe di Carignano, 218, 220, 221, 300.

SAVOIA, UMBERTO, di, principe di Piemonte, 34, 49, 57, 58, 59, 63, 79, 87, 88, 93, 102, 113, 121, 123, 125, 126,133, 13~ 145,150,152, 153,15~ 162, 164, 165, 166, 196, 216, 221, 249, 250, 281, 321, 389, 473.

ScARAMUZZA, FoRTUNATO, capitano borbonico, 151.

ScHENK, KARL, presidente della Confederazione elvetica (per il 1865,

564.

SCHERTOSSZ, ARTHUR, conte, patriota ungherese, 28, 29, 41, 42, 43, 49, 74, 107, 114, 121, 141, 142, 143, 145, 184, 193, 194.

SCHMERLING, ANTON, ritter VOn, ministro di Stato austriaco, 198, 327. 331, 535, 629, 648.

ScHMID, C.W., partigiano borbonico,

260.

ScHRENK, KARL, barone von, ministro della Casa del Re e degli Este:rci bavarese, poi ambasciatore di Baviera a Francoforte, 294, 607.

SCHWARZENBERG, FELIX, principe ZU, uomo politico austriaco, 485, 681.

SCHWEIZER, FERDINAND ALESINA, barone von, incaricato d'affari del Baden a Torino, l, 226, 732.

SciAMAF, ing,egnere della Compagnia del Canale di Suez, 589.

SCLOPIS DI SALERANO, FEDERICO, conte, presidente del Senato, 154.

ScOTTI, CARLO ALBERTO, addetto di legazione a Francoforte, poi a Berlino, 670.

S.couFos, PETRos, vice console, reggente il consolato di Grecia a Messina, 730.

ScovAsso, STEFANO, console generale a Belgrado, 94, 254, 261, 310, 313, 383, 435, 469, 561, 576, 612, 646, 650, 662, 664, 687.

SÉGUR D'AGUESSEAU, RAYMOND-JoSEPH-PAUL, senatore francese, 609.

SELIM I, sultano ottomano, 654.

SELIM IH, sultano ottomano, 513.

SELLA, QurNTINO, ministro delle Finanze, 246, 247, 258, 281, 323, 364, 437, 613, 627, 717.

SEREs, esule ungherese, 24.

SERRACANTE, brigante, 119.

SERRANO Y DOMIIl"GUEZ, FRANCISCO, conte de la Torre, uomo politico spagnolo, 552.

SLWARD, WILLIAM HENRY, segretario di Stato degli Stati Uniti, 169, 170,

667.

SHERMAN, WILLIAM TECUMCH, generale t.:;tatunitense, 667.

SLESVIG-HOLSTEIN-SONDERBURG-AUGUSTENBURG, FREDERIK CHRISTIAN AuGUST, duca di, l, 3, 19, 46, 54, 99, 134, 228, 401, 407, 424, 427, 466, 487, 492, 495, 507, 560, 641, 642, 663, 669, 705, 729.

SLESVIG-HOLSTEIN -SONDERBURG-GLUCKSBURG, DAGMAR, :principessa, 221.

SLESVIG-HoLSTEIN-SONDERBURG-GLUCKSBURG, JoHANN, principe, 18, 28, 33, 52.

SLYTHE, RoBERTO, console a Malta,

508.

SOFIA, regina dei Paesi Bassi, 264, 376,

473.

SoKULSKY, agente polacco a Costantinopoli, 42.

SPAVENTA, SILVIO, segretario generale all'Interno, 200, 236.

SPITZEMBERG, KARL, barone von, incaricato d'affari del Wiirtemberg a Pietroburgo, 500.

SPITZEMBERG, ba:ronessa von, mogiie di Karl, nata Varnbiiler, 500.

SPOGLIA, PAOLO ALESSANDRO, vescovo preconizzato di Ripatransone, 718.

SPONNECK, conte, ciambeHano del Re di Grec,ia, 500.

SPREAFICO, PAOLO, ingegnere, 517.

STABEL, ANTON, von, presidente del ConsigLio del Baden, 493.

STACKELBERG, ERNEST, conte di, inviato straordinario e ministro pleni:potenz.iario di Hulssia a Vienna, 647,

696.

28 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. V

STEFFENS, barone von, .incaricato d'affari di Prussia a Costantinopoli, 39, 66, 87, 97.

STELLARDI, VITTORIO EMANUELE, abate, 685.

STOKEs, sir JoHN, maggiore, commissario britannico nella commissione europea per il Danubio, 696.

STRAMBIO, ANNIBALE, agente e console genemle a Bucarest, 20, 28, 29, 42, 44, 49, 74, 75, 91, 94, 107, 114, 121, 129, 141, 142, 193, 261, 313, 531, 549, 550, 589, 603, 612, 652, 653, 695, 696, 701, 702, 733.

STRATFORD DE REDCLIFFE, STRATFORD CANNING, l o visconte, dip~omatico inglese, 13.

STUART, WILLIAM, segretario dell'81mbasciata di Gran Bretagna a CostantinopoLi, incaricato d'affari, 32, 73, 235, 255, 282, 338, 373, 397, 399, 411, 433, 470, 471, 522, 603, 625, 632, 656, 657.

SuLEIMAN II, sultano ottomano, 654.

SUTHERLAND, GEORGE GRANVILLE WIL· LIAM LEVESON-GOWER, duca di, 8,

38.

TAGLIAFERRI, AMBROGIO, 517.

TALIACARNE, ANDREA, marchese, inviato straordinario e minilsrtro plenLpotenziario a Lisbona, 591.

TALLEYRAND, CHARLES-ANGÉLIQUE, barone de, inviato straoirdinario e ministro plenipotenziario di Fmncia a Bel1lino, poi a Pietroburgo, 16, 17, 18, 47, 63, 64, 86, 87, 100, 360, 493, 495, 508, 568, 624, 628, 671,

691.

THAON DE REVEL, GENOVA GIOVANNI, maggior generale, primo aiutante di ·campo del principe di Piemonte, 121, 123, 125, 221, 249, 250, 255,

281.

THIERS, Louis-ADOLPHE, uomo politico francese, 502, 529, 628, 675, 676, 677, 678, 679.

THILE, KARL HERMANN, von, sottosegretario agli Esteri prusl3iano, 15, 16, 18, 26, 27, 64, 65, 87, 174, 276, 277, 289, 483, 503, 505, 506.

THORNTON, sir EDWARD, ministro plenipotenz.iario di Gran Bretagna a Buenos Aires, 616.

THOUVENEL, ÉDOUARD-ANTOINE, uomo politico francese, 36, 77, 78, 79, 127, 207, 537, 722.

THUMB-NEUBOURG, barone VOn, incaDicato d'affari del Wiirtemberg a Carlsruhe, 376, 388, 407, 422, 473.

TrLLisca, F. F., ministro dell'Interno danese, 33.

TILLos, HENRI, agente politico e console generale di F.rancia a Bucarest, 193, 590, 652.

TOLAZZI, FRANCESCO, aderente al partito d'azione, 444.

TORELLI, LUIGI, ministro deH'Agricoltura, Indus·tria e Commercio, 437.

ToRRENTEROS, GIOVANNI, de, partigiano borbonico, 572.

ToRTORA, DoNATO, capo brigante, 151.

Tosi, ANTONIO, seg.retario della legazione a Pietroburgo, 603.

Tosi, RAFFAELE, ex ufficiale garibaldino, aderente al partito d'azione,

517.

ToULARD, de, capitano di vasceHo :llran·cese, 600.

TREOSSI, FEDERICO, garibaldino, 517.

TROPLONG, RAYMOND-THÉODORE, presidente del Senato fDancese, 608, 609.

TuLrN, G. A., ·console g,enerale di Svezia e Norvegia a Tunisi, 11.

TtiRR, lsTVÀN, generale, patriota ungherese, 23, 435, 521, 561, 665.

ULISSE BARBOLANI, RAFFAELE, ministro residente a Montevideo e Buenos Aires, 111, 162, 201, 598, 616, 642, 643, 644.

URQUIZA, JusTo JosÉ, de, generale e uomo politico argentino, 202.

UsEDOM, KARL GEORG RoBERT Guwo, conte von, inv.iato straordinario e ministro plenipotenziario di Prussia a Torino, 248, 483, 595, 667, 673, 720, 732, 735, 736, 737.

VAccA, GIUSEPPE, ministro di Grazia e Giustizia e dei Culti, 410, 437,

615.

VACCHETTA, abate, 685.

VARNBULER, KARL FRIEDRICH GOTTLOB, barone von, ministro degli Esteri del Wiirtemberg, 422, 423, 473, 519, 520, 583, 584, 592, 593.

VEGEZZI, FRANCESCO SAVERIO, deputato a'l Par•lamento, 634, 649, 656, 683, 684, 687, 691, 694, 697, 701, 703, 708, 714, 716, 718, 726.

VENANZIO, ALESSANDRO, prigioniero politico in Russia, 672.

VERNONI, ALESSANDRO, interprete di l 0 .classe della legazione a Costantinopoli, 234, 235, 255.

VERSARI, NICOLA, gariba;ld~no, 517.

VETTER VON DOGGENFELD, A., generarle, ;patriota ungherese, 184, 194, 222.

VICARI DI SANT'AGABIO, ALESSANDRO, , console ad A'lgeri, 43.

VIDAL, FRANCISCO ANTONIO, ministro dell'Interno uruguayano, 603.

VIGNALE, LoRENZO, console a Galatz,

23.

VILLA, ANTONIO, corriere di gabinetto, 420, 430, 659.

VILLALBA, TOMMASO, uomo poHtico uruguayano, 598, 599, 600, 601, 602,

603.

VIMERCATI, CAROLINA, conteiSJSa, mo,glie di Ottaviano, vedova D'Adda Salvaterra, nata Cusani, 77.

VIMERCATI, OTTAVIANO GALEAZZO, conte, addetto militare col titolo di con

•si@iere onorarto del1la legazione a Parigi, 36, 77, 91, 165, 200, 217, 227, 236, 321, 439, 536, 650.

VIOLA, BERNARDINO, brigante, 663.

VISCONTI VENOSTA, EMILIO, ministro degli Esteri, 2, 3, 5, 6, 7, 9, 12, 13, 15, 18, 20, 26, 28, 29, 30, 32, 33, 34, 36, 38, 39, 40, 41, 44, 45, 47, 48, 49, 50, 52, 54, 56, 57, 58, 59, 60, 63, 65, 67, 69, 70, 72, 73, 74, 75, 77, 79, 80, 83, 84, 86, 88, 89, 91, 94, 95, 96, 97, 98, 100, 102, 103, 104, 107, 108, 111, 112, 113, 114, 115, 117, 121, 122, 123, 125, 127, 129, 131, 133, 139, 141, 145, 146, 148, 153, 154, 155, 159, 160, 161, 162, 164, 166, 167, 168, 169, 172, 173, 174, 176, 178, 179, 180, 181, 185, 187, 188, 189, 191, 193, 195, 196, 200, 201, 204, 206, 214, 215, 216, 217, 218, 219, 221, 223, 226, 227, 229, 230, 231, 233, 2314, 236, 238, 239, 240, 241, 246, 248, 250, 255, 256, 263, 266, 272, 277, 287, 298, 299, 300, 3(}5, 310, 311, 312, 321, 323, 338, 343, 345, 357, 365, 378, 402, 410, 439, 489, 531.

VISCONTI VENOSTA, GIOVANNI, 238,

248.

VITELLESCHI, SALVATORE NoBILI, dei marchesi, vescovo preconizzato di Osimo e Cingoli, 718.

VITTORIA, regina di Gran Bretagna, 14, 75, 77, 102, 109, 113, 117, 121, 122, 123, 150, 151, 216.

VITTORIO EMANUELE Il, ire d'Italia, 2 11, 34, 37, 79, 88, 93, 98, 101, 102, 103, 104, 105, 106, 107, 108, 117, 125, 126, 131, 132, 133, 137, 138, 144~ 145, 148, 152) 153, 155, 161, 164, 165, 167, 169, 170, 171, 172, 179, 187, 188, 191, 192, 195, 196, 197, 200, 201, 204, 205, 210, 211, 212, 214, 218, 219, 220, 223, 224, 225, 226, 232, 233, 236, 237, 238, 239, 240, 241, 243, 244, 245, 246, 247, 248, 249, 250, 251, 252, 253, 255, 256, 257, 262, 266, 269, 270, 272, 276, 296, 297, 307, 313, 317, 318, 319, 320, 326, 331, 345, 346, 355, 362, 389, 402, 410, 414, 415, 416, 418, 421, 426, 429, 436, 447, 450, 451, 465, 474, 483, 486, 487, 521, 540, 549, 558, 559, 564, 565, 566, 569, 573, 587, 591, 592, 593, 594, 595, 610, 611, 612, 615, 616, 623, 630, 633, 635, 636, 646, 648, 649, 650, 651, 655, 671, 673, 674, 676, 686, 688, 692, 698, 699, 709, 711, 714.

VIVIANI, GIOVANNI BATTISTA, console a Corfù, 179.

VotsiN, lingegnere deltla compagnia del canale di Suez, 589.

VRIÈRE, ADOLPHE-PIERRE, barone de, ex ministro degli Esteri belga, 374.

WALEWSKI, ALEXANDRE-FLORIAN-JO SEPH CoLONNA, conte, senatore f· cese, membro del Consiglio ,.. 630, 633, 701.

WALEWSKI, MARIF moglie di Al·

701.

79.

WIELOPOLSKI, ' chese Gr strazi' Cr

·•